FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 – Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 50/C del 16/06/2003 n. 2 e sul sito web: www.figc.it – 2 – APPELLO DELL’A.C. CHIEVO VERONA AVVERSO LA DELIBERA DELLA COMMISSIONE VERTENZE ECONOMICHE INERENTE LA COMMISURAZIONE ECONOMICA DELLA RISOLUZIONE DEL DIRITTO DI PARTECIPAZIONE EX ART. 102 BIS N.O.I.F. RELATIVA AL CALCIATORE LUCIANO SIQUEIRA DE OLIVEIRA DOVUTA DALLA RECLAMANTE AL F.C. BOLOGNA (Delibera della Commissione Vertenze Economiche – Com. Uff. n. 26/D dell’1.4.2003)
FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 - Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 50/C del 16/06/2003 n. 2 e sul sito web: www.figc.it -
2 - APPELLO DELL’A.C. CHIEVO VERONA AVVERSO LA DELIBERA DELLA COMMISSIONE VERTENZE ECONOMICHE INERENTE LA COMMISURAZIONE ECONOMICA DELLA RISOLUZIONE DEL DIRITTO DI PARTECIPAZIONE EX ART. 102 BIS N.O.I.F. RELATIVA AL CALCIATORE LUCIANO SIQUEIRA DE OLIVEIRA DOVUTA DALLA RECLAMANTE AL F.C. BOLOGNA
(Delibera della Commissione Vertenze Economiche - Com. Uff. n. 26/D dell’1.4.2003)
1. Con reclamo del 18 febbraio 2003 la società Bologna F.C. adiva la Commissione Vertenze Economiche per ottenere la corresponsione, dalla consorella A.C. Chievo Verona, della somma, pari a e 6.217.171,71 offerta da quest’ultima per la risoluzione, mediante buste, dell’accordo di partecipazione relativo al calciatore brasiliano Luciano (già noto come Eriberto). In effetti, il 28 giugno 2002 e quindi al termine della stagione sportiva 2001/2002, non avendo raggiunto un accordo per la risoluzione della compartecipazione, le due società avevano azionato la prescritta procedura delle offerte in busta, al cui esito l’offerta dell’A. C. Chievo Verona era risultata superiore di ben quasi 700.000 Euro. La vertenza nasceva dalla circostanza che, successivamente, a fine agosto 2002, la società veronese aveva comunicato all’originaria reclamante di ritenere annullata la propria offerta, sul presupposto dell’accertata “mancanza di una qualità promessa fondamentale ovvero essenziale” in capo al calciatore acquistato, di cui nel frattempo, come è noto, erano emerse le vere identità e generalità. Le difese del Chievo Verona, che terminato il 26 gennaio 2003 il periodo di squalifica inflitto al calciatore, aveva continuato ad usufruire delle prestazioni del suddetto, e che aveva respinto anche alcune proposte transattive provenienti dalla sponda bolognese non valevano ad impedire che, con l’articolata decisione impugnata, la Commissione specializzata emettesse un responso di fondatezza circa le pretese della società Bologna. 2. Così ragionava, in sintesi, la C.V.E.: - preliminarmente, le domande sostanzialmente riconvenzionali del Chievo Verona, l’una, in via principale, avente ad oggetto l’annullamento dell’“accordo” di risoluzione ai sensi dell’art. 1429, commi 1 e 2, c.c., con conseguente mantenimento della titolarità del contratto e permanenza, avente ad oggetto il riconoscimento della garanzia ex art. 1492 c.c., con conseguente diritto alla riduzione dell’importo dovuto, dovevano entrambe essere dichiarate infondate; - nell’un caso, in quanto non poteva attribuirsi alla procedura di risoluzione del diritto di partecipazione mediante offerte in busta, fattispecie assolutamente atipica disciplinata dall’art. 102-bis delle N.O.I.F., una natura squisitamente contrattuale, al punto di consentire l’applicazione della disciplina dell’errore di cui agli artt. 1427 ss. c.c.; - nell’altro caso, in ordine alla richiesta subordinata, in quanto, permanendo seri e circostanziati dubbi sulla configurabilità in termini contrattuali della fattispecie atipica relativa alla risoluzione dell’accordo di partecipazione a norma del citato art. 102-bis, ad ogni modo la garanzia per vizi della cosa venduta, in quanto rimedio tipico della compravendita, non poteva trovare applicazione diretta, né per analogia, laddove, come nel caso di specie, non si controvertesse in tema di cessione di contratto, bensì di mera risoluzione di accordo di partecipazione attraverso il peculiare meccanismo delle offerte in busta; - il reclamo del Bologna, a fronte dell’infondatezza delle eccezioni formulate, in termini di domande riconvenzionali, dall’A.C. Chievo Verona, meritava pertanto integrale accoglimento, essendo tra l’altro la Commissione Disciplinare giunta alla conclusione che la scoperta della reale identità ed età del calciatore Luciano rappresentasse in realtà solo l’occasione, non già la causa effettiva, dell’impugnazione della risoluzione dell’accordo di partecipazione con il Bologna F.C.; di qui, in definitiva, in accoglimento del reclamo, la formale declaratoria dell’obbligo della società Chievo Verona di corrispondere alla società Bologna F.C. 1909 il complessivo importo di e 6.217.171,71 oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda. 3. Con il reclamo in trattazione, peraltro molto articolato, il Chievo Verona torna ad insistere sulla fondatezza delle proprie pretese ed in particolare sulla natura autonoma e contrattuale della procedura di risoluzione dell’accordo di partecipazione, e quindi sull’applicabilità a tale segmento procedimentale dei principi dell’annullamento per vizi della volontà. Il Bologna F.C., destinatario dell’appello, si è costituito ed ha presentato atti per resistere al gravame, in difesa dell’impugnata decisione della C.V.E.. 4. Il reclamo del Chievo Verona, relativamente al quale la controparte vanamente ha eccepito l’inammissibilità atteso che sono chiaramente individuabili i profili di censura in relazione alle argomentazioni della decisione impugnata, non può essere, in ogni caso, favorevolmente definito, meritando conferma i capisaldi che sostengono la decisione della Commissione Vertenze Economiche, pertanto particolarmente dettagliata e ben argomentata. Le istanze dell’appellante, da qualificarsi probabilmente in prime cure - più propriamente - come eccezioni riconvenzionali e non come autonome domande riconvenzionali, perseguono un duplice obiettivo: la richiesta principale ha ad oggetto l’annullamento dell’accordo di risoluzione della partecipazione per errore essenziale, secondo quanto in generale previsto dall’art. 1429 c.c.; la richiesta subordinata ha, invece, a oggetto la riduzione del prezzo, prevista in alternativa alla risoluzione del contratto di compravendita, causa “vizi” della cosa venduta, a norma dell’art. 1492 c.c. Come accennato in narrativa, il responso di infondatezza formulato dalla C.V.E. si è basato sui seguenti presupposti: a) con riferimento ad entrambe le domande, in quanto la risoluzione dell’accordo di compartecipazione non sarebbe un vero e proprio contratto, ma una “fattispecie atipica disciplinata dall’art. 102-bis delle N.O.I.F.”, con la conseguenza dell’inapplicabilità tanto della disciplina sull’annullamento del contratto quanto di quella di cui agli artt. 1490 ss. c.c.; b) con riferimento alla domande di annullamento, in quanto comunque l’errore non potrebbe ritenersi essenziale; c) con riferimento, infine, alla domande subordinata, in quanto in ogni caso difetterebbero i presupposti di fatto tanto per l’applicazione (anche solo analogica) della garanzia per vizi prevista in tema di compravendita, quanto per far valere un presunto precedente obiter dictum della C.V.E. nell’ambito del procedimento per l’equo indennizzo riguardante Chievo e S.S. Lazio. 5. Orbene, le conclusioni raggiunte dall’Organo di prime cure in ordine al punto di cui alla lettera a) sono assai difficilmente revocabili in dubbio ed assumono portata dirimente nell’indurre l’attuale Collegio a confermare la pronunzia contestata. In realtà, può dirsi, mutuando in parte le parole della controparte resistente in giudizio, che l’impianto argomentativo messo in piedi dal Chievo Verona sia affetto da un sostanziale errore di prospettiva. Non si assiste infatti, nel caso del meccanismo di risoluzione dell’accordo di partecipazione mediante offerte in busta, all’instaurarsi di una autonoma fase contrattuale, trattandosi di un effetto, seppur peculiare e in tal senso “atipico”, che deriva dalla manifestazione originaria del consenso espressa dalle parti nel contratto di cessione del calciatore e nella contestuale firma dell’accordo di partecipazione; e questo a differenza, ad esempio, del caso della risoluzione anticipata dell’accordo di partecipazione, di cui all’art. 102- bis, comma 4, delle N.O.I.F., per il quale sì interviene un’ulteriore manifestazione di volontà con effetto risolutorio (anticipato). La società qui reclamante non ha mai messo in discussione la validità del contratto originario di cessione del giocatore (a quel tempo Eriberto), risalente al giugno 2001, ed infatti, nel frattempo (fino al recentissimo trasferimento ad altra società consorella), facendo forza anche sulla pronunzia in data 20 gennaio 2003 della Corte Federale circa la perdurante validità ed efficacia del tesseramento del calciatore Luciano in suo favore, ha continuato ad avvalersi delle prestazioni dello stesso, anche dopo la squalifica patita per i noti fatti, ha stipulato con il calciatore un contratto triennale in data 31 agosto 2002 (con sostanzioso ritocco di ingaggio), ha richiesto ed ottenuto dalla C.V.E., in misura incrementata da questa C.A.F., un equo indennizzo dalla S.S. Lazio per il mancato trasferimento alla società da ultimo citata. Il meccanismo di risoluzione dell’accordo di partecipazione mediante buste è privo di autonomia causale e negoziale e quindi non può andare incontro, in sé considerato, all’annullamento per vizi del consenso, come l’errore essenziale, ovvero costituire (in disparte le difficoltà di applicazione al caso specifico) base per invocare le azioni edilizie per vizi della cosa compravenduta, con riguardo in particolare all’azione estimatoria (riduzione del prezzo), in alternativa all’azione redibitoria (risoluzione del contratto). Esso si risolve, dunque, in una fase effettuale del tutto necessitata e puntualmente regolamentata dalle norme sportive di settore, senza ulteriori manifestazioni di volontà delle parti, e la cui fonte e matrice di esistenza (non autonoma) va fatta risalire all’originario contratto di cessione del calciatore con accordo di partecipazione, la cui validità non è stata intaccata da azioni e reclami della società veronese. In altri termini, la presentazione delle offerte in busta chiusa da parte delle società parti di un accordo di partecipazione, estrapolata dalla sequenza procedimentale da cui trae origine, non può essere considerata un’autonoma fattispecie contrattuale a cui applicare il regime ordinario dell’invalidità (annullabilità) per vizi della volontà o, tanto più, un’ipotesi di compravendita cui applicare il regime della garanzia per vizi del bene venduto, con particolare riguardo all’azione quanti minoris di cui all’art. 1492 c.c.. Pertanto, di fronte ad un siffatto quadro ben poco vi è da aggiungere a quanto peraltro già lungamente e doviziosamente evidenziato dalla C.V.E. e conseguentemente recedono, necessariamente, in secondo piano le pur pregevoli argomentazioni della reclamante circa la teorica “essenzialità” dell’“errore”, per il quale non dovrebbe porsi, altresì, un problema di “riconoscibilità”. 6. Spetta, dunque, per l’intero al Bologna il corrispettivo dovuto in relazione alla risoluzione dell’accordo di partecipazione mediante buste. Per questi motivi la C.A.F. respinge l’appello dell’A.C. Chievo di Verona come sopra proposto e dispone incamerarsi la tassa versata.
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