CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 26 marzo 2012 promosso da: Atalanta Bergamasca Calcio SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 26 marzo 2012 promosso da: Atalanta Bergamasca Calcio SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio I L C O L L E G I O A R B I T R A L E Pres. Bartolomeo Manna Presidente Prof. Avv. Luigi Fumagalli Arbitro Prof. Avv. Massimo Zaccheo Arbitro nominato ai sensi dell’art. 6, comma 3 del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport riunito in conferenza personale in Roma, presso la sede dell’arbitrato, in data 26 marzo 2012 ha deliberato all’unanimità il seguente L O D O A R B I T R A L E nel procedimento di arbitrato n. 532 promosso (con istanza prot. n. 2150 del 15 settembre 2011) da: Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., con sede in Zingonia-Ciserano (BG), corso Europa 46, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, sig. Antonio Percassi, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Franco Coppi di Roma, Gian Pietro Bianchi ed Enzo Morelli di Milano e Luigi Chiappero di Torino, ed elettivamente domiciliata nello studio dell’avv. Chiappero in Torino, via Vela 3, come da delega allegata all’istanza di arbitrato ricorrente contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), con sede in Roma, via Allegri 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, dott. Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Panama 58, giusta delega in calce alla memoria di costituzione resistente * * * * * * * * * FATTO E SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO ARBITRALE A. Le parti 1. La Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. (la “Atalanta”, la “Società” o la “Ricorrente”) è una società di calcio professionistico attualmente militante nel campionato di Serie A, a seguito di promozione dalla Serie B ottenuta nella stagione sportiva 2010/2011. 2. La Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) (la “FIGC” o la “Resistente”), associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, è l’ente di governo dello sport del calcio in Italia, avente lo scopo di promuovere, regolare e sviluppare l’attività calcistica italiana. Essa è l’associazione delle società e delle associazioni sportive che praticano, promuovono o organizzano lo sport del calcio, agonistico e amatoriale, in Italia. B. La controversia tra le parti 3. A seguito di indagini svolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cremona, aventi ad oggetto un’ipotesi di associazione per delinquere ed episodi di scommesse su partite di calcio e di frode in manifestazioni sportive, la Procura Federale presso la FIGC, ottenuta copia degli atti, svolgeva un’autonoma attività di indagini conclusa con il deferimento, in data 25 luglio 2011, di svariati tesserati e delle società di appartenenza, per rispondere dinnanzi agli organi federali di giustizia sportiva delle violazioni disciplinari loro imputate. 4. Per quanto qui rileva, le indagini svolte portavano la Procura Federale ad ipotizzare la commissione di illeciti finalizzati ad alterare il risultato degli incontri, del campionato di Serie B 2010/2011, Ascoli-Atalanta del 12 marzo 2011 e Atalanta-Piacenza del 19 marzo 2011, e dunque a disporre il deferimento, tra gli altri, della Ricorrente, per rispondere: in relazione alla prima partita a titolo di responsabilità oggettiva per gli addebiti mossi al suo tesserato Thomas Manfredini (“Manfredini”); e in relazione alla seconda partita a titolo di responsabilità oggettiva per gli addebiti mossi al suo tesserato Cristiano Doni (“Doni”) e a titolo di responsabilità presunta per “l’illecito sportivo commesso a suo vantaggio da persone ad essa estranee”. 5. Con decisione pubblicata nel C.U. n. 13/CDN del 10 agosto 2011 la Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC (la “CDN”), ritenuta la commissione degli illeciti ipotizzati dalla Procura Federale, affermava la responsabilità dei soggetti deferiti, infliggendo alla Ricorrente la sanzione della penalizzazione di sei punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2011/2012 “per responsabilità oggettiva della Società in ordine agli illeciti contestati ai suoi tesserati relativamente alle gare Ascoli – Atalanta del 12.3.2011 e Atalanta – Piacenza del 19.3.2011 e per la responsabilità presunta nell’illecito commesso in suo favore relativamente alla gara Atalanta – Piacenza del 19.3.2011” (sottolineature aggiunte). In particolare, alla CDN, “valutata l’aggravante contestata, sanzione congrua” è apparsa “quella della penalizzazione di 6 punti in classifica (4 punti per responsabilità oggettiva, 1 per la responsabilità presunta ed 1 per l’aggravante di cui all’art. 7 comma 6 CGS)”. 6. Nella motivazione a sostegno di siffatta decisione, la CDN così, tra l’altro, argomentava: “Nel caso in questione emergono comportamenti palesemente incompatibili con i principi di lealtà, correttezza e probità, ai quali l’ordinamento sportivo non può abdicare, pena la sua irrimediabile caduta di credibilità e persino la sua stessa sopravvivenza. Si tratta, in particolare, di comportamenti di intrinseca gravità, che svuotano di significato l’essenza stessa della competizione sportiva, al di là di ogni valutazione in ordine alla intensità dell’elemento psicologico che ha connotato l’agire dei singoli deferiti, alla condotta preesistente, simultanea e successiva degli illeciti disciplinari e alle motivazioni che li hanno ispirati. Va sottolineato, inoltre, il fatto che la vicenda si caratterizza per quel clima “omertoso” che troppo spesso permea i rapporti tra i tesserati, nonché tra i tesserati e il “sottobosco” di vari pseudo appassionati. … Dagli atti ufficiali (documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Cremona e audizioni dei tesserati effettuate dalla Procura federale) e dalle risultanze del dibattimento emerge che diversi tesserati hanno svolto attività preordinate ad alterare lo svolgimento e il risultato di competizioni sportive, in violazione dell’art. 7, comma 1, 5 e 6, CGS e dei principi di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art. 1 CGS. … Gara: Ascoli-Atalanta del 12.3.2011 Tre giorni prima della gara un soggetto non tesserato (M.P.) comunicava a BUFFONE di essere in procinto di incontrarsi con alcuni tesserati dell’ASCOLI per pianificare con loro la sconfitta nella partita casalinga in programma con l’ATALANTA. Nella stessa giornata veniva intercettata anche una telefonata tra ERODIANI e PARLATO nella quale si prospettava di alterare il risultato della partita. Una successiva conversazione tra altro soggetto non tesserato (M.P.) e SOMMESE, calciatore dell’ASCOLI, confermava la diretta partecipazione di quest’ultimo all’illecito progetto. Nel prosieguo manifestava interesse all’illecito anche MICOLUCCI, calciatore dell’ASCOLI. Nonostante queste esternazioni, successivamente emergeva la volontà dei giocatori dell’ASCOLI di non voler perdere la partita. Solo il calciatore MICOLUCCI confermava la propria piena disponibilità a condurre da solo la gara verso il risultato combinato. Emergeva anche un’ipotesi di accordo con il calciatore DONI dell’ATALANTA prospettata da BUFFONE, direttore sportivo del RAVENNA, per il tramite di SANTONI, allenatore di base tesserato per il RAVENNA, ma poi in concreto assolutamente non confermata, tant’è che la gara finiva con il risultato di 1-1. A questo punto, però, emerge quanto riferito da MICOLUCCI in ordine a una proposta ricevuta personalmente in campo da MANFREDINI, calciatore dell’ATALANTA, per pareggiare l’incontro. Proposta che spiazza MICOLUCCI visto che il suo approccio alla partita era per una sconfitta e non per il pareggio. A tale proposta MICOLUCCI aderiva, pur chiedendo tempo per riferirla ai compagni di squadra, i quali però non accettavano la proposta illecita. In ordine alla responsabilità del MANFREDINI va rilevato che l’illecito posto in essere si è pienamente realizzato nel momento in cui è stato proposto e il fatto che sia stato poi rifiutato dai giocatori dell’Ascoli non può certo valere per escludere il comportamento ormai concretizzatosi. Tali comportamenti integrano la violazione degli artt. 7, commi 1, 5 e 6, CGS. Alla affermazione della responsabilità di ERODIANI, BUFFONE, SOMMESE, SANTONI e MANFREDINI segue quella oggettiva delle Società di appartenenza PINO DI MATTEO, RAVENNA, ASCOLI e ATALANTA. … Gara: Atalanta-Piacenza del 19.3.2011 L’incontro di calcio è oggetto delle attenzioni illecite di numerosi soggetti. Esso viene dapprima pianificato in data 15.3.2011 a Bologna dove, presso lo studio Professionisti Associati, si svolge un incontro (confermato dalle risultanze di specifici controlli e appostamenti della Polizia di Stato) al quale partecipano ERODIANI, BELLAVISTA, SIGNORI e i due commercialisti di quest’ultimo. Nel corso di tale incontro viene progettato - anche con riguardo alle somme da investire e da garantire ai calciatori coinvolti - un tentativo di alterazione del risultato finale per consentire di “guidare” un considerevole, anche economicamente, numero di scommesse effettuato, tra gli altri – secondo le dichiarazioni rese da ERODIANI alla Procura federale in data 7.7.11 – anche dal Gruppo degli zingari e dal Gruppo dei bolognesi, che farebbe capo allo stesso SIGNORI. E proprio quest’ultimo, nell’audizione davanti alla Procura federale del 11.7.11, riferisce del citato incontro del 15 marzo e dell’oggetto dello stesso. Dall’esame delle intercettazioni delle telefonate effettuate fra PARLATO, ERODIANI e BELLAVISTA, emerge che il risultato combinato che si va a ricercare è la vittoria dell’ATALANTA con l’Over. Di ciò danno conto anche SIGNORI e ERODIANI, nelle citate deposizione rese, e lo stesso BELLAVISTA che risulta avere avuto un ruolo di raccordo fra i principali scommettitori. Nella organizzazione dell’illecito un ruolo rilevante viene poi svolto da PARLATO, il quale, conversando con ERODIANI, afferma che l’incontro era “alla sua portata” e che lo stava preparando con un amico di DONI, che risulta essere SANTONI. In una telefonata del 15.3.2011 PARLATO, conversando con SANTONI, conferma che i calciatori coinvolti sono tre o quattro e gli chiede di sincerarsi sull’avvenuto accordo. Lo stesso SANTONI - nella audizione del 7.7.2011, nella quale ammette anche di aver scommesso sulla gara in oggetto euro 30.000,00 - dichiara che, in un’altra telefonata, PARLATO gli ha fatto i nomi di alcuni giocatori del PIACENZA coinvolti nella “combine”, fra i quali GERVASONI. Per quanto riguarda l’ATALANTA, invece, il referente dell’accordo risulta essere proprio DONI, come si evidenzia dall’esame dell’intercettazione della telefonata del 18.3.11, avvenuta fra SANTONI e PARLATO, nella quale il primo, tra l’altro, precisa che è tutto a posto. In proposito, ancora SANTONI ha dichiarato, in sede di audizione, di avere sì detto a PARLATO di avere coinvolto DONI, ma di averlo fatto solo per avvalorare la bontà dell’informazione fornita allo stesso PARLATO. Quest’ultima dichiarazione del SANTONI, tuttavia, non risulta credibile posto il tenore estremamente chiaro della su citata conversazione telefonica e della complessiva condotta dallo stesso tenuta, compresa anche l’ingente scommessa effettuata. D’altra parte, lo stesso ERODIANI, nella propria audizione, riferisce che DONI è il principale referente per combinare le gare. A dimostrazione dell’accordo illecito raggiunto, poi, nella telefonata datata 17.3.11, ERODIANI dice al suo interlocutore PARLATO di avere concordato con GERVASONI – contattato dall’ex compagno di squadra PAOLONI – che questi debba andare in campo a stringere la mano a DONI. Nella telefonata del giorno seguente, invece, è PARLATO che comunica a ERODIANI che GERVASONI deve andare da DONI per dirgli che è tutto a posto. Dopo la gara, SANTONI consegna anche euro 40.000,00 a PARLATO, somma che era tra gli stessi stata concordata - come risulta da altre intercettazioni telefoniche - da consegnare ai giocatori del PIACENZA partecipi dell’illecito. Tale circostanza, al di là delle discordanze sull’entità della somma concretamente consegnata a PARLATO, che si spiegano con l’interesse di SANTONI a riferire all’esito delle scommesse la consegna dell’importo, è particolarmente significativa poiché ricalca i termini dell’accordo telefonicamente raggiunto tra SANTONI e PARLATO, costituendone il puntuale perfezionamento. La scommessa effettuata anche da GERVASONI per euro 10.000,00 è altro elemento che avvalora il convincimento in ordine al perfezionamento dell’illecito e, in particolare, al coinvolgimento dello stesso (chiamato in causa da ERODIANI e PARLATO) nella “combine”. Tali comportamenti integrano la violazione dell’art. 7, commi 1 e 5, del CGS, come contestato nell’atto di deferimento. Alla affermazione della responsabilità di ERODIANI, SANTONI, DONI e GERVASONI segue quella oggettiva delle Società PINO DI MATTEO, RAVENNA e PIACENZA e quella oggettiva e presunta della Società ATALANTA, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del CGS, per l’illecito sportivo commesso a vantaggio della stessa da persone a essa estranee”. 7. Contro tale decisione l’Atalanta (così come, con separati atti, molti dei soggetti sanzionati) proponeva appello alla Corte di Giustizia Federale (la “CGF”). 8. Con decisione pubblicata dapprima nel solo dispositivo il 19 agosto 2011 (C.U. n. 030/CGF) e poi in forma integrale il 4 ottobre 2011 (C.U. 056/CGF), la CGF disattendeva tutte le censure sollevate dalla odierna Ricorrente e confermava la sanzione irrogata. In tale decisione la CGF così, per quanto qui rileva, argomentava: “In via preliminare sono opportune alcune brevi considerazioni … con riguardo alla responsabilità oggettiva delle società di appartenenza dei tesserati. Orbene, come già puntualmente osservato dalla giurisprudenza sportiva della C.A.F. (Com. Uff. n. 7/C Stagione Sportiva 2004/2005), va ricordato che nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata in primo luogo a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti. L’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. Come fedelmente riportato dalla decisione della C.D.N. in questa sede gravata, la detta giurisprudenza ha ricordato che nell’ordinamento calcistico le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari Se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. Al contrario, si è osservato dalla parte dei più, la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (decisione C.A.F. sul caso del calciatore Luciano, Com. Uff. n. 12/C del 4 novembre 2002). Non potendosi mettere in discussione la piena vigenza, nel sistema attuale, della responsabilità oggettiva della società, che consegue in modo automatico a quella personale del tesserato che ha posto in essere la condotta giuridica (reclamo Nordauto Virtus, Com. Uff. n. 9/C 5 ottobre 2001; il tutto senza poter attribuire rilievo, per definizione, alla sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito: reclamo A.S. Marigliano, Com. Uff. n. 5/C 21 luglio 2003), le considerazioni da ultimo formulate in via generale contribuiscono a non consentire di ridurre la sanzione inflitta alla società nel senso auspicato dalla medesima reclamante. Pur essendo venuta meno infatti, come si vedrà, la responsabilità connessa alla partita Ascoli/Atalanta del 12 marzo 2011, per la quale non risulta pienamente provato il perpetrarsi di illecito da parte del calciatore Manfredini, particolarmente grave e qualificato soggettivamente risulta il comportamento dei tesserati della società orobica, in particolare del calciatore Doni, relativamente alla partita Atalanta/Piacenza del 19 marzo 2011. Il dispiegarsi di tale incontro rivela, infatti, non solo avuto riguardo alla responsabilità dei singoli protagonisti, contorni nel loro complesso francamente inquietanti, alieni da ogni corretto principio sportivo ed in grado di minare la credibilità del fenomeno sportivo calcio, con modalità dunque che non possono non riverberare ai danni della società calcistica coinvolta. La sanzione congrua da irrogarsi alla società reclamante non può essere dunque minore di quella inflitta in prime cure. … … [P]er quanto concerne la responsabilità oggettiva dell’Atalanta - in relazione alle considerazioni più sopra svolte - non ritiene la Corte di poter modificare la sanzione già disposta dalla Commissione Disciplinare Nazionale. Si ribadisce, infatti, che se è pur vero che l’assoluzione del Manfredini potrebbe, ad un superficiale esame, indurre a ritenere che la responsabilità oggettiva debba essere proporzionalmente compressa, in realtà la gravità del comportamento del calciatore Doni è comunque tale da convincere, operando le opportune compensazioni, circa la congruità della misura della sanzione inflitta in primo grado”. C. Il procedimento arbitrale C.1 Lo svolgimento dell’arbitrato 9. Con istanza in data 14 settembre 2011, rivolta al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (il “TNAS”) ai sensi degli art. 9 ss. del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (il “Codice TNAS”), la Ricorrente dava avvio al presente arbitrato, invocando la clausola compromissoria recata dall’art. 30, comma 3 dello Statuto della FIGC. In tale atto, la Ricorrente rilevava la (all’epoca) non ancora intervenuta pubblicazione delle motivazioni della decisione della CGF, e pertanto si limitava a riprodurre le argomentazioni già svolte nell’atto di appello proposto avverso la decisione della CDN, chiedendo comunque, in riforma della decisione della CGF, l’annullamento, o in subordine la riduzione, della sanzione da questa confermata. 10. Nella stessa istanza di arbitrato, la Ricorrente designava quale arbitro il prof. avv. Luigi Fumagalli. 11. Con memoria datata 19 settembre 2011, la FIGC si costituiva nel procedimento arbitrale così avviato, chiedendo il rigetto della Ricorrente. In data 4 ottobre 2011, poi, la FIGC depositava una serie di documenti. 12. A seguito della mancata accettazione dell’arbitro originariamente designato, in data 30 settembre 2011 la Resistente indicava quale arbitro il prof. avv. Massimo Zaccheo. 13. Gli arbitri designati dalle parti nominavano quale Presidente del Collegio Arbitrale il pres. Bartolomeo Manna, che in data 10 ottobre 2011 accettava l’incarico. 14. Con lettera in data 5 ottobre 2011, la Ricorrente indicava la intervenuta pubblicazione delle motivazioni della decisione della CGF e chiedeva la riunione del procedimento arbitrale da essa avviato con altro procedimento, pendente di fronte ad organo arbitrale TNAS in medesima composizione, avviato da Doni avverso la sanzione irrogatagli (arbitrato n. 533, Doni / FIGC), sussistendo “evidenti ragioni di connessione”, nonché “ovvie ragioni di economia processuale”. 15. Il 24 ottobre 2011 si teneva in Roma la prima udienza di discussione della controversia. Rivelatosi infruttuoso l’esperito tentativo di conciliazione, il Collegio disponeva la prosecuzione del giudizio, concedendo termini alla Ricorrente per il deposito di memoria e alla Resistente per il deposito di replica, e fissando successiva udienza di discussione. 16. Nei termini fissati dal Collegio Arbitrale le parti (in data 8 novembre 2011 per quanto riguarda l’Atalanta, e in data 21 novembre 2011 per quanto riguarda la FIGC) depositavano le rispettive memorie autorizzate. 17. All’udienza del 2 dicembre 2011, fissata per la discussione, le parti illustravano le rispettive posizioni, anche in relazione all’istanza formulata dall’Atalanta di riunione delle procedure arbitrali pendenti di fronte a questo Collegio Arbitrale (ossia del presente arbitrato n. 532, Atalanta / FIGC, e dell’arbitrato n. 533, Doni / FIGC). Sul punto, interpellate le parti e preso atto dell’opposizione della FIGC, il Collegio Arbitrale, dopo breve camera di consiglio, decideva di mantenere separati i due procedimenti arbitrali, pur dovendone trattare, previo accordo delle parti, congiuntamente alcuni aspetti. Le parti, riguardo alla individuazione degli aspetti di connessione, si rimettevano alla decisione del Collegio Arbitrale. Nel merito della controversia il Collegio invitava le parti a chiarire i contenuti della conversazione telefonica intervenuta il 18 marzo 2011 (vigilia della partita Atalanta-Piacenza). Il sig. Doni, presente in aula, rilasciava una dichiarazione riguardante le modalità di “ritiro”, confermando che il sabato 18 marzo 2011 era in ritiro e di non averlo lasciato. La difesa dell’Atalanta chiedeva al Collegio Arbitrale di far rilasciare in udienza una dichiarazione dai vertici dell’Atalanta presenti in aula (Presidente e Direttore tecnico) circa la possibilità, in base al regolamento societario, per Doni di lasciare il ritiro per incontrare un soggetto estraneo alla Società, oppure di ricevere quest’ultimo in ritiro. La difesa della FIGC non si opponeva alla richiesta, ma faceva notare che le modalità proposte implicavano una rinnovazione della fase dibattimentale e che pertanto, nel rispetto delle regole processuali, si sarebbero dovuti ascoltare anche i responsabili della telefonata oggetto di attenzione. Dopo breve camera di consiglio, il Collegio Arbitrale dichiarava che non poteva negarsi alla parte la facoltà di rilasciare proprie dichiarazioni. La dichiarazione del Presidente dell’Atalanta veniva riportata a verbale e comunque era nel senso che i giocatori sono controllati, in quanto in ritiro sono presenti i responsabili della squadra e tutto lo staff tecnico, e solo i soggetti autorizzati possono accedere al ritiro. Il Collegio Arbitrale invitava quindi alla discussione; i legali delle parti si riportavano agli atti. All’esito, le parti dichiaravano di essere soddisfatte dallo svolgimento del procedimento arbitrale, dando atto della piena osservanza del principio del contraddittorio. Il Collegio, ritenuta allo stato la causa matura per la decisione, si riservava. 18. Peraltro, nelle more delle deliberazioni, ampio risalto mediatico veniva data alla circostanza, divenuta così vero e proprio fatto notorio, che nelle prime ore del giorno 19 dicembre 2011 era stata eseguita un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa in data 9 dicembre 2011 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Cremona. Sulla base di tale ordinanza, in particolare, veniva catturato e tratto nel carcere di Cremona anche Doni. 19. Pertanto, in data 23 dicembre 2011 il Collegio Arbitrale emetteva ordinanza con la quale, rilevato, quale fatto notorio, che erano “emersi nuovi elementi apparentemente relativi ai fatti sui quali verte il presente procedimento o comunque idonei ad influire sulle argomentazioni dedotte o sulle conclusioni già formulate dalle parti”, e “ritenuta l’opportunità di concedere alle parti termini per illustrare la loro posizione in relazione all’impatto di tali fatti sul presente procedimento arbitrale, ed in particolare circa una eventuale riapertura della fase istruttoria”, fissava termine alle parti per depositare brevi memorie “intese ad a illustrare la loro posizione in relazione all’impatto di tali fatti sul presente procedimento arbitrale, ed in particolare circa una eventuale riapertura della fase istruttoria”. 20. In data 27 dicembre 2011 la FIGC e in data 29 dicembre 2011 l’Atalanta chiedevano un differimento del termine fissato per il deposito delle memorie di cui all’ordinanza collegiale del 23 dicembre 2011. La FIGC depositava altresì copia della ordinanza di custodia cautelare del 9 dicembre 2011. 21. Alla luce di tali istanze, dunque, il Collegio Arbitrale, con ordinanza in data 11 gennaio 2011, fissava un’udienza “per discutere modalità e tempistica relative alla prosecuzione della procedura arbitrale”. 22. La terza udienza dell’arbitrato aveva dunque luogo il 18 gennaio 2012. In tale occasione, veniva discussa l’opportunità di acquisire agli atti del procedimento ulteriori documenti, ritenuti di interesse per la controversia, ed in particolare copia dei verbali degli interrogatori raccolti a seguito dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare del 9 dicembre 2011. Inoltre, le parti prorogavano al 31 marzo 2012 il termine di pronuncia del lodo. 23. In data 3 febbraio 2012, il Collegio Arbitrale emetteva ordinanza del seguente tenore “rilevato quanto emerso nel corso della terza udienza del 18 gennaio 2012 circa l’esigenza di acquisire documenti, raccolti nell’ambito del procedimento penale (n. 3628/2010) pendente di fronte al Tribunale di Cremona a carico di una serie di imputati, tra cui il sig. Cristiano Doni, di interesse per la controversia in corso; ritenuto di procedere all’acquisizione di siffatti documenti, facendone istanza al Procuratore Federale presso la FIGC, specificatamente, dei verbali di deposizione presso l’Ufficio del GIP nonché di fronte al Procuratore della Repubblica del Tribunale di Cremona relativi ai Sigg.ri Cristiano Doni, Carlo Gervasoni, Nicola Santoni e Antonio Benfenati; ritenuto, altresì, di concedere alle parti i nuovi termini per illustrare la loro posizione in relazione alla nuova documentazione già acquisita (ordinanza di custodia cautelare emessa nel menzionato procedimento penale) e quella da acquisire; IL COLLEGIO ARBITRALE • fa istanza al Procuratore Federale presso la FIGC per il rilascio alla Segreteria del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport di copia dei verbali di deposizione presso l’Ufficio del GIP nonché di fronte al Procuratore della Repubblica del Tribunale di Cremona relativi ai Sigg.ri Cristiano Doni, Carlo Gervasoni, Nicola Santoni e Antonio Benfenati; • fissa alle parti il termine di giorni dieci dall’acquisizione degli atti per il deposito di brevi memorie; …”. 24. Con nota in data 28 febbraio 2012 il Procuratore Federale, riscontrando l’ordinanza collegiale del 3 febbraio 2012, ed acquisite le autorizzazioni sia del Giudice per le indagini preliminari che del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cremona, trasmetteva al Collegio i verbali di interrogatorio sia di fronte al Giudice per le indagini preliminari che di fronte al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cremona di Nicola Santoni, di Doni e di Carlo Gervasoni, nonché il verbale dell’interrogatorio di fronte al Giudice per le indagini preliminari di Antonio Benfenati, non interrogato dal Procuratore della Repubblica. 25. Acquisita ulteriore conferma ed autorizzazione dagli uffici giudiziari di Cremona, in data 13 marzo 2012 il Collegio Arbitrale disponeva la trasmissione alle parti dei documenti depositati dalla Procura Federale. Fissava quindi un’udienza per il giorno 26 marzo 2012. 26. In data 23 marzo 2012 le parti depositavano le memorie autorizzate dal Collegio con l’ordinanza del 3 febbraio 2012. 27. Il 26 marzo 2012 aveva luogo la quarta udienza dell’arbitrato. In tale occasione le parti illustravano gli argomenti già sviluppati negli atti depositati, anche in riferimento alla documentazione trasmessa dalla Procura Federale. Le parti, inoltre, autorizzavano il Collegio al deposito, entro il 31 marzo 2012, del solo dispositivo del lodo, prorogando al 30 aprile 2012 il termine per il deposito del lodo completo di motivazione. All’esito dell’udienza il Collegio si riservava. 28. In data 31 marzo 2012 il Collegio Arbitrale emetteva il dispositivo del presente lodo. C.2 Le domande delle parti a. Le domande dell’Atalanta 29. La Ricorrente, nella memoria dell’8 novembre 2011, ha precisato in questi termini le proprie domande, già recate dall’istanza di arbitrato e quindi confermate nei successivi scritti: “Voglia il Collegio Arbitrale, in riforma della decisione della Corte di giustizia Federale F.I.G.C. del 19 luglio [rectius: agosto] 2011, a) in via principale, dichiarare inesistente e/o nulla e/o comunque annullare, in tutto o in parte, l’impugnata decisione emessa dalla Corte di Giustizia Federale; b) in via subordinata, ridurre e/o commutare la sanzione inflitta dalla Corte di Giustizia Federale; c) in ogni caso, con il favore di spese di lite, onorari e competenze tutte, oltre IVA e CPA come per legge”. b. Le domande della FIGC 30. Nella propria memoria di costituzione, la FIGC ha chiesto “il rigetto della istanza avversaria. Con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alla rifusione delle spese del presente procedimento e dei diritti amministrativi versati”. 31. Siffatta richiesta è stata confermata anche negli scritti successivi. C.3 La posizione delle parti 32. Il seguente riassunto della posizione delle parti è svolto a mero titolo illustrativo e senza alcuna pretesa di completezza. Il Collegio ha infatti attentamente preso in esame tutti gli atti dell’arbitrato e tutti gli argomenti esposti dalle parti anche ove non ne sia stata fatta espressa menzione nel presente lodo. a. La posizione del Atalanta 33. A sostegno della propria richiesta di annullamento della sanzione subita, la Ricorrente ha sviluppato, negli atti depositati in arbitrato, un’ampia serie di argomenti, la cui successione merita di essere ricapitolata. a.1 Istanza di arbitrato in data 14 settembre 2011 34. In tale atto, l’Atalanta ha espresso doglianza per la mancata pubblicazione a quella data delle motivazioni della decisione della CGF, facendo espressa riserva di dedurre ulteriori motivi di gravame a seguito del loro deposito, quando fosse intervenuto. Quindi, la Ricorrente si è limitata a richiamare tutte le argomentazioni svolte nel precedente grado di giudizio presso la CGF. a.2 Memoria in data 8 novembre 2011 35. In tale atto, l’Atalanta ha ribadito i motivi di gravame proposti alla CGF, il cui rigetto non ha trovato, a parere della Ricorrente, sufficiente motivazione, e ne formula di ulteriori, derivanti pecificamente dalla decisione impugnata. In particolare: i. la Ricorrente espone, nell’ambito di una articolata “premessa”, il quadro difficile nel quale si sono potuti esercitare i diritti della difesa durante la fase procedimentale innanzi alla CGF, con conseguente compressione delle legittime aspettative della difesa. Detta “premessa” trova conclusione con l’esposizione di quelli che la Ricorrente cita come “criteri generali” espressi in punti di penalizzazione indicati dal Procuratore Federale nel proprio intervento, ai quali ci si sarebbe dovuti attenere per quantificare le pene da applicare alle società calcistiche implicate nel procedimento per illecito sportivo innanzi alla CGF, poi disattesi – ad avviso della Ricorrente – per l’Atalanta; ii. nella parte centrale della memoria difensiva trovano invece puntuale esposizione i motivi di gravame, con cui si denuncia: a) “la omessa pronuncia della CGF circa l’asserita responsabilità presunta a carico dell’Atalanta”. Secondo la Ricorrente mancherebbe nella decisione della CGF, su questo specifico aspetto della sanzione inflitta dalla CDN, una anche minima motivazione, nonostante l’impugnazione sul punto proposta dalla Società. La integrale omissione, sia in fatto, sia in diritto, di una motivazione sulla sussistenza o meno della responsabilità presunta, costituisce una “grave patologia” della decisione, tale da comportarne una forma di “inesistenza”, o quanto meno di “nullità”. Pertanto, a parere della Ricorrente, il punto di penalizzazione, inflitto dalla CDN per la responsabilità presunta dell’Atalanta, “deve essere automaticamente restituito”; b) “l’impossibile concorso di responsabilità oggettiva e presunta in relazione alla medesima fattispecie”. A parere della Ricorrente, anche a prescindere da altre argomentazioni, non può sussistere nel caso concreto una responsabilità presunta dell’Atalanta. Argomenta infatti la Ricorrente che “se vi è direttamente il coinvolgimento di un tesserato è ontologicamente incompatibile attribuire una responsabilità presunta a prescindere dal coinvolgimento nella medesima fattispecie ‘anche di persone estranee’”. In altre parole, a parere dell’Atalanta non è possibile una duplicazione dei titoli di responsabilità e delle sanzioni per la medesima fattispecie a carico del medesimo soggetto; c) “l’insussistenza, nel caso di specie, degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la responsabilità presunta”. La Ricorrente sostiene che la previgente norma sulla responsabilità presunta (art. 9 comma 3 del Codice di giustizia sportiva della FIGC: il “CGS”) prevedeva che dovesse essere la società sportiva a fornire la prova positiva della propria estraneità (inversione dell’onere della prova): secondo tale disposizione, la “presunzione di responsabilità” si aveva per “superata se dalle prove fornite dalla società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini o dal dibattimento risulti … che la società non ha partecipato all’illecito o lo ha ignorato”. In base alla norma novellata (ora divenuta art. 4 comma 5 CGS), invece, “le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone ad esse estranee. La responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato”. Ad avviso della Ricorrente, per effetto di siffatta modifica, alle società non si richiede più di fornire la prova a propria discolpa, ma l’onere grava su chi esercita l’azione disciplinare. Prova non fornita dalla Procura Federale, ma da questa ribaltata sull’Atalanta, in un contesto in cui quello che prevale sono i “dubbi di innocenza” e non i “dubbi di colpevolezza”. L’Atalanta argomenta ancora, e comunque, che non sussistono le condizioni per l’applicazione della responsabilità presunta nei suoi confronti: i soggetti estranei non hanno agito per un vantaggio dell’Atalanta, poiché l’interesse degli scommettitori si concentrava soltanto sul loro esclusivo lucro; i soggetti coinvolti, i fatti, le condotte e le affermazioni dei terzi sono assolutamente indeterminati; non esistono elementi che portino ad affermare che l’Atalanta possa aver conosciuto o partecipato all’illecito; d) “proscioglimento di Manfredini nella partita Ascoli/Atalanta, aberrante e contraddittoria motivazione circa una nuova, aggravata valutazione della responsabilità di Doni nella partita Atalanta/Piacenza”. La Ricorrente, riferendosi ancora ai criteri e ai principi stabiliti dalla Procura Federale circa le modalità di calcolo delle sanzioni – fatti propri dalla CDN – argomenta che la CGF avrebbe dovuto ridurre di almeno due punti la sanzione nei confronti dell’Atalanta. Per giustificare il mantenimento dei complessivi punti inflitti, la CGF ha introdotto, a parere della Società, “un’infondata, nuova e più grave valutazione del comportamento di Doni”, e “un’inammissibile reformatio in pejus in violazione dei parametri indicati dall’art. 37 co. IV C.G.S. necessari per poter addivenire, in assenza di specifica impugnazione sul punto, ad un aggravamento della pena”. Sotto il primo profilo, dunque, la Ricorrente allega l’infondatezza della diversa e più grave valutazione del comportamento di Doni, operata dalla CGF sulla base di considerazioni generiche ed astratte che non hanno alcuna pertinenza con la posizione di Doni e dell’Atalanta, nonché adducendo circostanze palesemente false e smentite per tabulas. Tra l’altro, la Ricorrente, dall’esame della documentazione processuale ricavata dalle indagini della Procura della Repubblica di Cremona e da quella della Procura Federale, evidenzia che non risulta una “ammissione” da parte di Doni di legami o conoscenza con Erodiani, Parlato, Gervasoni o Pirani. In quanto alle “frequentazioni” di Doni, la Ricorrente esclude che vi sia stato alcun contatto o relazione, oltre a quelle già escluse sopra, con Bellavista, Paoloni e Signori. La Ricorrente evidenzia infine un errore di fatto in cui sarebbe incorsa la CGF riportando tra virgolette, nelle motivazioni della decisione, le affermazioni fatte da tale “Marco Paolini” in data 11 luglio 2011 (“sono sicuro del suo coinvolgimento nella partita Atalanta/Piacenza” del 19 marzo 2011), non fondate, in quanto Marco Paolini non esiste. Il riferimento della CGF forse voleva essere a Marco Paoloni, che però aveva firmato un verbale di deposizione in data 6 luglio e non 11 luglio 2011. Invero, tali affermazioni possono essere ritrovate nell’interrogatorio reso da Marco Pirani al Procuratore della Repubblica di Cremona in data 7 giugno 2011, ma sono riferite a soggetto diverso e non a Doni. a.3 Memoria in data 23 marzo 2011 36. In tale atto la Ricorrente illustra di aver preso atto “suo malgrado”, alla luce dei verbali acquisiti dal Collegio, del coinvolgimento di Doni nei fatti relativi alla partita Atalanta-Piacenza del 19 marzo 2011, dichiara di essere “consapevole che l’accertamento della responsabilità del proprio tesserato comporti in capo alla società sportiva un titolo di responsabilità oggettiva”. Tuttavia, a parere della Ricorrente, tale fattispecie “non altera gli ulteriori e diversi motivi di censura formulati dall’Atalanta”. In particolare, richiamati e confermati tra gli altri i motivi legati ai vizi motivazionali della decisione impugnata e ai profili relativi alla responsabilità presunta e alla responsabilità oggettiva (in relazione agli addebiti al tesserato Manfredini), l’Atalanta deduce: i. sulla responsabilità presunta, che dall’esame dei nuovi verbali emergono ulteriori elementi a suo favore, che dimostrano la sua mancata consapevolezza del presunto illecito e la finalità perseguite dai sodali nell’illecito, estranee a quelle sportive dell’Atalanta. Sul punto la Ricorrente trae elementi anche dalla giurisprudenza TNAS; ii. sulla responsabilità oggettiva per la partita Atalanta-Piacenza, la Ricorrente ribadisce che “l’attenta lettura dei nuovi verbali … non consente di irrogare nei confronti dell’Atalanta una penalizzazione superiore a quella richiesta dalla Procura Federale (tre punti), riconosciuta dalla Commissione Disciplinare (tre punti) e poi inopinatamente aumentata dalla Corte Federale (cinque punti)”. b. La posizione della FIGC 37. La FIGC si oppone al ricorso dell’Atalanta, deducendone l’infondatezza, con argomentazioni sviluppate negli atti depositati in arbitrato. b.1 Memoria di costituzione in data 19 settembre 2011 38. Con tale atto, la FIGC ha in sostanza formulato una riserva di opporre le proprie repliche alle argomentazioni che la Ricorrente avrebbe addotto dopo la pubblicazione delle motivazioni della decisione impugnata, all’epoca non ancora depositate dalla CGF. 39. A tal proposito, la FIGC ha precisato, in merito all’azione avversaria diretta ad ottenere l’annullamento della decisione resa dalla CGF, che il procedimento instaurato presso il TNAS non deve ritenersi un “terzo grado di giudizio” rispetto a quello endoassociativo, automaticamente devolutivo della cognizione dell’intera intera controversia, dovendosi invece confrontare con lo specifico contenuto delle deduzioni critiche del ricorrente, delimitative dell’ambito della devoluzione. b.2 Memoria di replica in data 21 novembre 2011 40. In siffatta memoria, la Resistente ha replicato alle deduzioni svolte dalla Ricorrente nello scritto del 8 novembre 2011, ed in particolare ai principali motivi di doglianza illustrati dall’Atalanta, e dunque in ordine: all’omessa pronuncia della CGF sul motivo di ricorso volto a contestare la ricorrenza di una ipotesi di responsabilità presunta, nonché all’assenza di presupposti di tale incolpazione; e all’aggravamento – che la Ricorrente afferma illegittimo – della sanzione ad essa irrogata a titolo di responsabilità oggettiva per l’illecito addebito al tesserato Doni. 41. Preliminarmente, peraltro, la FIGC replica alla “premessa” critica svolta dalla Ricorrente (e relativa al quadro nel quale si sono potuti esercitare i diritti della difesa durante la fase procedimentale innanzi alla CGF), facendo richiamo al CU n.181/A del 14 giugno 2011 recante la deliberazione del Presidente Federale con cui sono state introdotte particolari modalità procedurali, nonché l’abbreviazione dei termini. Tali determinazioni presidenziali vanno ascritte alla necessità (pressante allora, ma sempre valida) di garantire il tempestivo avvio ed il regolare svolgimento del successivo campionato. 42. La FIGC affronta quindi la questione della responsabilità presunta, contestata dalla Ricorrente, indicando i tre fondamenti della stessa, ossia a. la commissione di un illecito sportivo, b. il vantaggio della società, c. l’opera di soggetti a questa estranei. A tal proposito, la Resistente sottolinea che la convergenza dei tre elementi citati, da provarsi ad opera della Procura Federale, implica una responsabilità iuris tantum della società, superabile soltanto in presenza di elementi, offerti dall’incolpata, che possano far sorgere un ragionevole dubbio sulla sua non partecipazione o ignoranza dell’illecito. Ebbene, ad avviso della FIGC, mentre sarebbero stati provati gli elementi costitutivi (l’illecito in Atalanta-Piacenza è stato provato, da esso è derivata una vittoria per 3-0 a favore della Ricorrente, l’illecito è stato commesso anche da soggetti a questa estranei, i sigg. Parlato, Santoni, Erodiani e i giocatori della squadra avversaria), non sarebbe stato provato l’elemento impeditivo della estraneità alla vicenda. L’Atalanta, ad avviso della Resistente, infatti, oltre a non fornire una prova liberatoria, neppure avrebbe addotto convincenti argomentazioni, laddove illustra che la vittoria dell’Atalanta contro il Piacenza era stata organizzata dagli autori dell’illecito solo per loro tornaconto, poiché la norma presuppone solo un concreto vantaggio che alla società derivi dall’illecito sportivo, a nulla rilevando le ulteriori motivazioni che possano aver spinto alcuni dei compartecipi a pianificare la combine. 43. La FIGC confuta poi la tesi secondo cui la decisione gravata è inficiata da nullità o inesistenza per vizio motivazionale. Ad avviso della Resistente, infatti, non è mancata la motivazione (che le applicabili norme di giustizia sportiva vogliono “sintetica”), in quanto essa è ritraibile dalla condivisione che la CGF fa della motivazione esternata in primo grado sui punti confermati in appello. 44. La Resistente affronta quindi il tema del concorso di responsabilità oggettiva e presunta in relazione alla medesima fattispecie, applicato dai giudici federali e contestato dalla Ricorrente. In particolare, la Resistente confuta l’assunto, introdotto dall’Atalanta, secondo il quale la responsabilità presunta avrebbe natura meramente residuale rispetto alle altre forme di responsabilità (oggettiva e diretta): ad avviso della FIGC, il CGS non esplicita tale alternatività; ed inoltre, l’elemento della presenza di un vantaggio deve essere riscontrato solo per la responsabilità presunta e non anche per quella oggettiva. Non essendo le due ipotesi omologabili, deve ritenersi che esse possano concorrere. E nel caso dell’Atalanta, la Ricorrente risponde a titolo di responsabilità presunta non per la condotta di Doni (dal cui illecito deriva ad essa solo una responsabilità oggettiva), ma per gli illeciti posti in essere da soggetti estranei alla Società. 45. La Resistente affronta quindi la questione della responsabilità oggettiva, sia in termini generali, sia con riguardo al caso concreto, quale derivante dall’illecito di Doni, in questi termini: i. i presupposti individuativi di detta responsabilità si focalizzano nel nesso formale che lega l’autore materiale dell’infrazione alla società di appartenenza e nella collocazione dell’infrazione compiuta (o che possa trovar causa o possibilità di realizzazione) nell’espletamento dell’attività cui il tesserato è contrattualmente tenuto. L’accertamento di tale responsabilità prescinde – per definizione – dalla sussistenza in capo all’agente dell’elemento psicologico in termini di dolo o colpa. La responsabilità oggettiva trova particolare applicazione in presenza di attività con alta rischiosità per la collettività e rispetto alle quali, quindi, è maggiormente avvertita l’esigenza di meccanismi di identificazione delle responsabilità, quasi per erigere un baluardo dissuasivo: la punizione della società finisce poi per avere una funzione riparatoria dell’ordine violato. La FIGC evidenzia infine che non è possibile porre in discussione la legittimità della normativa federale relativa alla responsabilità oggettiva facendo leva su talune presunte dissonanze con lo statuto della responsabilità oggettiva così come disciplinata dal diritto comune; ii. nel caso di specie gli organi della giustizia endoassociativa hanno fatto corretta applicazione dell’istituto della responsabilità oggettiva. D’altra parte, il coinvolgimento di Doni, tesserato dell’Atalanta, nell’illecito risulta da una pluralità di elementi ed in particolare da una serie di intercettazioni telefoniche. b.3 Memoria in data 23 marzo 2011 46. In tale atto la FIGC esamina le risultanze dei documenti acquisiti agli atti dell’arbitrato, illustrando che essi suffragano la correttezza dell’affermazione della responsabilità di Doni e dell’Atalanta e mettono in luce la non corrispondenza alla realtà dei fatti di talune affermazioni rilasciate nel corso dell’udienza del 2 dicembre 2011 da Doni e dai dirigenti dell’Atalanta, e ciò con riguardo in particolare alla possibilità di accedere al centro sportivo dove la squadra era in ritiro prima della partita Atalanta-Piacenza. MOTIVI DELLA DECISIONE A. Premessa 1. Al Collegio appare opportuno in via preliminare svolgere alcune considerazioni in riferimento ad alcune osservazioni proposte dalla Ricorrente quale premessa alla propria memoria in data 8 novembre 2011, in quanto consentono, tra l’altro, di ribadire alcuni profili che caratterizzano l’arbitrato presso il TNAS, e che rilevano anche nell’ulteriore esame delle domande della Ricorrente. 2. In via preliminare la Ricorrente espone infatti alcune doglianze in merito alla abbreviazione dei termini dei giudizi disciplinari, che avrebbe “completamente annullato il diritto di difesa” innanzi alla CGF. 3. In relazione a tale assunto, va peraltro osservato che nel procedimento endofederale hanno necessariamente trovato applicazione le norme adottate dalla FIGC in data 14 giugno 2011 e pubblicate con C.U. n. 181/A, contenenti “abbreviazioni dei termini procedurali dinanzi agli organi di giustizia sportiva per i procedimenti riguardanti gli illeciti e le violazioni di cui all’art. 6 del C.G.S.”, (divieto di scommesse) al fine di soddisfare la “specifica esigenza di dare sollecita conclusione agli eventuali procedimenti riguardanti gli illeciti” di che trattasi e quelli previsti dall’art. 7 del medesimo CGS. Questo Collegio dunque non può che constatare la corretta applicazione, da parte della CGF, della normativa regolamentare richiamata, intesa ad operare in modo non irragionevole un delicato bilanciamento tra opposte – e parimenti commendevoli – esigenze. 4. Allo stesso tempo, ma in via più generale, appare a questo Collegio opportuno richiamare la giurisprudenza ormai consolidata degli organi arbitrali presso il TNAS, in ordine ai poteri dell’organo giudicante: come confermato da svariate pronunce, il Codice TNAS infatti conferisce all’arbitro un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati. In particolare, il procedimento TNAS ha natura pienamente devolutiva: di conseguenza, irregolarità procedurali, che possano essersi verificate di fronte agli organi disciplinari federali o endoassociativi, non comportano di per sé l’annullamento del provvedimento impugnato (ed eventualmente La rimessione della questione agli organi disciplinari per un nuovo giudizio), se (e nella misura in cui) lo svolgimento dell’arbitrato TNAS (e la piena osservanza in esso dei diritti della difesa) consente di ritenere sanato il dedotto vizio. 5. Siffatte osservazioni consentono al Collegio Arbitrale di ritenere dunque assorbite le osservazioni svolte dalla Ricorrente in relazione alla compressione dei diritti della difesa nel procedimento di appello di fronte alla CGF. Infatti, lo svolgimento del presente arbitrato e il potere di questo Collegio di valutazione de novo della controversia, nel pieno e non ristretto contraddittorio delle parti, ha offerto alla Ricorrente la possibilità di ottenere piena tutela, senza subire conseguenze pregiudizievoli derivanti dalle pronunce degli organi disciplinari della FIGC. 6. Dunque, nessuna conseguenza può essere tratta, sul piano della valutazione della correttezza della decisione impugnata, dalla “compressione” dei diritti della difesa nel procedimento di fronte alla CGF. B. Sulle domande della Ricorrente B.1 Sulla “responsabilità presunta” dell’Atalanta 7. Un primo gruppo di censure svolte dalla Ricorrente in questo arbitrato riguarda la sua “responsabilità presunta”, prevista dal comma 5 dell’art. 4 CGS (“Le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone a esse estranee. La responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato”), riconosciuta dalla CDN e confermata dalla CGF a carico dell’Atalanta, con la conseguente irrogazione di una penalizzazione di un punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2011/2012. 8. La Ricorrente contesta, in primo luogo, “la omessa pronuncia” da parte della CGF sulle censure da essa mosse sul punto alla decisione della CDN. Ad avviso della Ricorrente, la “integrale omissione” di una motivazione, sia in fatto sia in diritto, sulla sussistenza o meno della responsabilità presunta costituisce una “grave patologia” della decisione della CGF, tale da comportare una forma di “inesistenza” o quanto meno di “nullità” della decisione impugnata. La Ricorrente chiede di conseguenza che questo Collegio si pronunci sulla richiamata inesistenza o, in via alternativa, che proceda ad annullare in tutto o in parte l’impugnata decisione, con restituzione automatica del punto sanzionato. A tale argomentazione la Resistente replica sostenendo che la decisione della CGF debba ritenersi correttamente emanata nel rispetto dei Principi di Giustizia Sportiva del CONI (i “Principi CONI”) e del CGS, ispirati entrambi al concetto di “sintesi”. 9. A tal riguardo, il Collegio Arbitrale sottolinea come la già richiamata natura del presente procedimento consente di ritenere assorbita siffatta censura: anche assumendo una carenza di motivazione nella decisione della CGF in ordine ai profili di impugnazione svolti dall’Atalanta in relazione alla ritenuta responsabilità presunta, da ciò non deriverebbe automaticamente un annullamento della decisione impugnata ed un’assoluzione della Ricorrente dall’addebito ad essa mosso in base all’art. 4 comma 5 CGS. Infatti, nonostante l’asserita carenza motivazionale, la Ricorrente ha comunque potuto di fronte a questo Collegio far valere nel merito le critiche alla addebitata responsabilità presunta, senza subire alcuna restrizione. E ciò soprattutto se si considera che oggetto del procedimento arbitrale TNAS non è già la sola decisione impugnata, ma direttamente la controversia che ha dato ad essa origine. 10. In ogni caso, il Collegio non condivide la censura svolta dalla Ricorrente e sottolinea come la CGF abbia pronunciato sui dedotti profili di impugnazione, respingendoli in una forma (sintetica) consentita dalle norme applicabili. 11. Occorre infatti preliminarmente osservare che la normativa di riferimento, richiamata da entrambe le parti, è contenuta nell’art. 4 comma 3 dei Principi CONI e nell’art. 34 comma 2 CGS. Il primo dispone che “le decisioni, anche se succintamente, devono essere motivate”; il secondo, riferendosi specificamente alle decisioni degli organi di giustizia sportiva propri della FIGC, prevede che queste “devono essere motivate in modo sintetico”. Dunque, il principio della “sinteticità” o essenzialità della motivazione è contenuto in entrambi i testi normativi, anche se più puntuale e circoscritta appare la norma rivolta agli organi di giustizia propri della FIGC, i quali “devono” motivare in modo sintetico. La motivazione appare congrua, pertanto, se da essa traspare la linea argomentativa a sostegno della decisione, pur in difetto di un’analitica esposizione di tutte le prospettazioni avanzate dalle parti (cfr. ex plurimis sul vizio motivazionale rilevante Cass. n. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 18885/2008, Cass. n. 6064/2008). Il riconoscimento di siffatto principio appare ben giustificato nel sistema sportivo, essendo funzionale allo scopo di consentire, pur nel rispetto dei principi generali di diritto, la celebrazione di procedimenti adeguati e tempestivi. 12. Alla luce dei principi enunciati, va constatato che la motivazione delle decisioni rese dalla CDN e dalla CGF nei confronti dell’Atalanta è adeguata agli scopi cui è deputata, consentendo l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto alla base delle stesse sul punto, censurato dall’Atalanta, relativo alla responsabilità presunta. 13. Nella decisione di primo grado, infatti, la CDN – dopo aver illustrato (p. 39-40) gli elementi che a suo avviso consentivano di affermare la commissione di un illecito sportivo avente ad oggetto la partita Atalanta-Piacenza – ha ritenuto che “alla affermazione della responsabilità di Erodiani, Santoni, Doni e Gervasoni segue quella … presunta della Società Atalanta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del CGS, per l’illecito sportivo commesso a vantaggio della stessa da persone ad essa estranee” (p. 41). Tanto che è stato infine precisato (p. 51), al momento della determinazione della sanzione, che un punto di penalizzazione veniva inflitto “per la responsabilità presunta nell’illecito commesso in suo favore da terzi relativamente alla gara Atalanta-Piacenza del 19.3.2011”. A fronte di ciò, la CGF ha ritenuto di confermare integralmente, per quanto riguarda l’Atalanta, le determinazioni della CDN, e dunque anche nella parte concernente la “responsabilità presunta”, dopo aver richiamato il principio secondo il quale “le società … sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee” e ribadita “la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito”. 14. In altre parole, sebbene la CGF si sia limitata a condividere, senza ulteriori argomentazioni, le ragioni sinteticamente esposte dalla CDN, all’evidenza non ritenute scalfite dai motivi di impugnazione articolati dall’Atalanta, al Collegio pare che la ratio sottostante alla decisione di sanzionare la Ricorrente in ragione di una sua “responsabilità presunta” possa ricavarsi da un esame complessivo delle decisioni degli organi disciplinari della FIGC. Dunque, il Collegio non ritiene che la CGF sia censurabile per una “omessa pronuncia” o “omessa motivazione” sul punto concernente la “responsabilità presunta”. La richiesta di dichiarare inesistente la decisione impugnata o di annullarla, in tutto o in parte, non può pertanto essere accolta. 15. La Ricorrente contesta, poi, le pronunce degli organi della FIGC che hanno ritenuto la sussistenza di una responsabilità presunta sotto un secondo, diverso profilo. L’Atalanta eccepisce infatti “l’impossibile concorso di responsabilità oggettiva e presunta in relazione alla medesima fattispecie”, argomentando al riguardo che “se vi è direttamente il coinvolgimento di un tesserato è ontologicamente incompatibile attribuire una responsabilità presunta a prescindere dal coinvolgimento nella medesima fattispecie ‘anche di persone estranee’”. A tale tesi replica la FIGC, osservando che “va escluso che la responsabilità presunta abbia carattere residuale, non prevedendo il CGS alcuna alternatività fra le due distinte ipotesi, che ben possono concorrere fra loro proprio in ragione della loro ontologica diversità”. 16. A fronte di siffatte deduzioni, pregevolmente argomentate dalle parti, il Collegio osserva che responsabilità oggettiva e responsabilità presunta sono previste dall’ordinamento della FIGC, quali forme di attribuzione ad una società dell’illecito commesso da soggetti che non la rappresentano ai fini federali, da norme distinte e con ambiti applicativi differenti: le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei propri tesserati (art. 4 comma 2 CGS), e presuntivamente per gli illeciti commessi a loro vantaggio da soggetti ad esse estranei (art. 4 comma 5 CGS). Le due forme di attribuzione di responsabilità rispondono poi a finalità tra loro differenti: laddove la responsabilità oggettiva appare poggiarsi sulla necessità di conseguire con immediatezza lo scopo perseguito dall’organizzazione sportiva, ossia la regolarità della gara, addossando anche alla società le conseguenze disciplinari dell’illecito commesso da un proprio tesserato, la responsabilità presunta mira ad impedire che la società commetta illeciti, o tragga vantaggio da illeciti da essa non ignorati, commessi da soggetti ad essa estranei, dei quali non debba altrimenti rispondere. 17. Da tali indicazioni, in buona sostanza condivise dalle parti, non possono però trarsi le conseguenze suggerite dalla Ricorrente, e ciò soprattutto in relazione a vicende che, come nel caso in esame, diano luogo ad una pluralità di illeciti. In tali casi appare infatti al Collegio che con una responsabilità oggettiva derivante ad una società per l’illecito commesso da propri tesserati ben possa concorrere anche una responsabilità presunta per il distinto illecito commesso da terzi. Le diverse fattispecie, che contengono fatti diversi (atti commessi da tesserati, dirigenti e soggetti indicati dall’art 1 comma 5 CGS, per la responsabilità oggettiva; illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da terzi, per la responsabilità presunta) non possono determinare alcuna “incompatibilità ontologica”; il medesimo fatto può essere uno degli elementi, insieme ad alcuni fatti ulteriori, di una fattispecie complessa; così come il medesimo fatto, insieme ad altri fatti, può comporre una diversa fattispecie, da cui derivino effetti totalmente diversi o ulteriori rispetto alla prima fattispecie. Ne discende che la partita Piacenza-Atalanta può generare due diverse fattispecie, con diversi effetti se, accanto a quel fatto, assumano rilevanza altri fatti, che compongono due diverse fattispecie, con effetti diversi (responsabilità diretta e responsabilità presunta). 18. Ed invero il Collegio rileva, come già sottolineato dalla CDN, che la partita Atalanta- Piacenza è stata “oggetto delle attenzioni illecite di numerosi soggetti”, tra cui il “Gruppo degli zingari” e il “Gruppo dei bolognesi”, nonché, tra gli altri, di Erodiani, Parlato, Benfenati e Gervasoni: di soggetti, cioè, estranei all’Atalanta, che hanno commesso un illecito sportivo che ha, oggettivamente, determinato un vantaggio per l’Atalanta stessa (la vittoria 3-0). 19. Sotto un terzo profilo, la Ricorrente eccepisce, infine, “l’insussistenza, nel caso di specie, degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la responsabilità presunta”. L’Atalanta sostiene tale assunto argomentando che dopo l’introduzione dell’art 4 comma 3 CGS, sostitutivo del previgente art. 9 comma 3 CGS, alle società non si richiede più di fornire la prova a propria discolpa della sussistenza di un dubbio che essa non abbia partecipato o abbia ignorato l’illecito, laddove l’onere di provare l’esistenza del dubbio sulla partecipazione o la conoscenza graverebbe su chi esercita l’azione disciplinare. A siffatta prospettazione la Resistente replica sostenendo che la convergenza dei tre elementi da provarsi ad opera della Procura Federale (ossia la commissione di un illecito sportivo, il vantaggio della società e l’opera di soggetti a questa estranei), implica una responsabilità iuris tantum della società, superabile soltanto in presenza di elementi, offerti dall’incolpata, che possano far sorgere un ragionevole dubbio sulla sua non partecipazione o ignoranza dell’illecito. La Ricorrente, nella memoria autorizzata del 23 marzo 2012, ha ribadito il suo punto di vista confortata, a suo avviso, da una recente decisione del TNAS – lodo 20 gennaio 2012, Viareggio c. FIGC. 20. Il Collegio nota invero che in virtù dell’art. 4 comma 5 CGS i. sono elementi cumulativamente costitutivi della “responsabilità presunta” di una società • la commissione di un illecito sportivo, • la estraneità alla società delle persone che commettono l’illecito, e • il vantaggio per la società derivante da siffatto illecito; mentre ii. elemento impeditivo del suo insorgere è dato da • la sussistenza di una prova, o di un ragionevole dubbio, che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato. 21. A fronte di ciò il Collegio ritiene che nel caso oggetto del presente arbitrato le circostanze costitutive dell’addebitabilità all’Atalanta di una “responsabilità presunta” si siano integralmente verificate: un illecito sportivo in riferimento alla partita Atalanta-Piacenza è stato senz’altro compiuto; ad esso hanno partecipato soggetti estranei alla Società (ossia tutti i soggetti diversi da Doni indicati in atti); l’illecito ha prodotto un vantaggio per la Società, vittoriosa “sul campo” per 3-0. Né vale, a tal proposito, invocare la seconda proposizione del novellato art. 4 CGS che, secondo la difesa dell’Atalanta, avrebbe invertito l’onere probatorio rispetto alla norma precedente. Ad avviso del Collegio, invece, proprio l’interpretazione dell’art. 4 conduce ad altro esito. Testualmente l’art. 4 è aperto dalla seguente proposizione: “Le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone ad esse estranee”. Ne discende che il dato oggettivo è il vantaggio che la società abbia tratto da un illecito sportivo commesso da persone ad essa estranee. Tale dato è indiscutibile nel caso che ci occupa. La norma prosegue prevedendo poi: La responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato. Il verbo “risultare” ha il significato di “derivare come esito di una indagine”: come dire che, all’esito di un attento esame dei documenti e delle risultanze probatorie, non risulti ovvero sia davvero dubbia la partecipazione all’illecito della Società. Ebbene, nel caso che ci occupa, proprio il risultato ottenuto (favorevole all’Atalanta), le numerose dichiarazioni degli indagati, nonché l’equivoco incontro di Doni con Benfenati sulla porta del centro di Zingonia, lasciano presumere che quel fatto “risulti” accaduto. Altrettanto va osservato a proposito del “ragionevole dubbio” che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato. Infatti, sia l’applicazione delle norme civili che quelle penali conducono al medesimo risultato. Quanto alle prime, la prova in ordine al superamento della presunzione grava sul soggetto che intende evitare l’effetto presuntivo (e, dunque, quel soggetto è l’Atalanta); quanto al secondo, si tratterebbe di un esimente, che non può essere provata da altri se non dal soggetto che la invoca; prova invece del tutto assente, che impone di confermare la decisione assunta proprio in virtù del procedimento presuntivo indicato dal legislatore sportivo. 22. In senso contrario, su tale ultimo punto, non appare utilmente invocabile da parte della Ricorrente la recente pronuncia di altro organo arbitrale TNAS. Nel lodo 20 gennaio 2012, Viareggio c. FIGC, infatti, si è esclusa la sussistenza di un vantaggio per la società cui era stata addebitata una responsabilità presunta non tanto perché gli autori dell’illecito perseguissero essenzialmente un proprio tornaconto, ma perché la ideata alterazione del risultato della partita in questione non contemplava (anche se per procurare un profitto agli scommettitori) la vittoria della squadra imputata, essendosi questa solo realizzata ex post. Tale vicenda realizza una situazione ben diversa da quella oggetto del presente arbitrato, in cui la vittoria dell’Atalanta contro il Piacenza era stata proprio il risultato perseguito dagli scommettitori. B.2 Sulla “responsabilità oggettiva” dell’Atalanta 1. Un secondo gruppo di censure svolte dalla Ricorrente in questo arbitrato riguarda la sua “responsabilità oggettiva”, quale ritenuta e sanzionata a suo carico dagli organi disciplinari della FIGC. 2. In particolare, la Ricorrente contesta la ritenuta “aberrante e contraddittoria motivazione circa una nuova, aggravata valutazione della responsabilità di Doni nella partita Atalanta/Piacenza” conseguente al proscioglimento di Manfredini nella partita Ascoli-Atalanta. L’Atalanta si richiama, per sostenere la propria tesi, ai criteri e ai principi stabiliti dalla Procura Federale circa le modalità di calcolo delle sanzioni – fatti propri dalla CDN – argomentando che la CGF avrebbe dovuto ridurre di almeno due punti la sanzione nei confronti dell’Atalanta. Per giustificare il mantenimento dei complessivi punti inflitti, la CGF ha introdotto, a parere della Società, “un’infondata, nuova e più grave valutazione del comportamento di Doni”, ossia operato “un’inammissibile reformatio in pejus in violazione dei parametri indicati dall’art. 37 co. IV C.G.S. necessari per poter addivenire, in assenza di specifica impugnazione sul punto, ad un aggravamento della pena”. Ad avviso del Collegio le censure mosse dall’Atalanta sono infondate. Come è noto nel sistema TNAS le indicazioni recate, pur nel sistema previgente, già dal lodo del 25 febbraio 2002, (Ferrigno c. Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), e più di recente dalle decisioni pronunciate il 27 ottobre 2006, nei casi Fiorentina, Juventus, Lazio e Milan in ordine ai poteri dell’organo giudicante, sono state confermate da ormai svariate pronunce (per tutte Alessandro Bognetti/Associazione Italiana Arbitri (AIA). Anche il Codice TNAS appare infatti conferire all’arbitro un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati. In particolare, il procedimento TNAS appare avere natura pienamente devolutiva: di conseguenza il potere di cognizione dell’organo adito si esercita direttamente sulla violazione attribuita al soggetto ritenuto responsabile e non è limitato alla verifica della legittimità formale della decisione impugnata. Dunque, questo Collegio Arbitrale può conoscere dei fatti sui quali è intervenuta la pronuncia contestata e giudicare sulla sussistenza della responsabilità dell’Atalanta. Ne discende che, anche alla luce degli elementi probatori acquisiti nel corso del procedimento in contraddittorio tra le parti, la sanzione irrogata all’Atalanta appare assolutamente congrua, e dunque meritevole di essere integralmente confermata, tenuto conto del paramento della gravità dell’illecito commesso dal tesserato Doni quale elemento rilevante ai fini della determinazione della sanzione da irrogare per responsabilità oggettiva e della circostanza che l’illecito era oggettivamente a vantaggio della Società (cfr. i lodi resi da altri organi arbitrali TNAS nel caso Benevento c. FIGC il 30 gennaio 2012 e nel caso Ascoli c. FIGC il 6 dicembre 2011), in cui la sanzione è stata determinata dalla considerazione che in quelle vicende l’illecito (“a perdere”) non prefigurava alcun vantaggio per la società, diversamente da quanto accaduto nel caso oggetto di esame. 3. Alla luce di quanto precede, questo Collegio ritiene che la decisione assunta dalla CGF sia conforme alla lettera ed allo spirito della norma richiamata e che la sanzione irrogata sia appropriata, come confermato dai riscontri emergenti dalla documentazione acquisita agli atti in corso di arbitrato. C. Sulle spese 4. Le spese di lite e quelle arbitrali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione: 1. respinge l’istanza di arbitrato presentata dall’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. e conferma l’impugnata decisione della Corte di Giustizia Federale F.I.G.C., meglio indicata in motivazione; 2. condanna l’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. al pagamento delle spese di lite in favore della Federazione Italiana Giuoco Calcio nella misura complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre IVA e CPA come per legge; 3. . condanna l’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., fermo il vincolo di solidarietà, al pagamento degli onorari e delle spese degli Arbitri, liquidati complessivamente in € 6.000,00 (seimila/00), e al rimborso delle spese documentate sostenute dal Collegio Arbitrale, nella misura che sarà separatamente comunicata dalla Segreteria del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, oltre IVA e CPA come per legge; 4. condanna l’istante al pagamento dei diritti amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport; 5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deciso in Roma, in data 26 marzo 2012, e sottoscritto in numero di tre originali nel luogo e nella data di seguito indicata. F.to Bartolomeo Manna F.to Luigi Fumagalli F.to Massimo Zaccheo
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