F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 220/CGF del 12 Aprile 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 245/CGF del 04 Maggio 2012 2) RICORSO PER REVOCAZIONE E/O REVISIONE EX ART. 39 C.G.S. DEL SIGNOR AMBROSINO MARCELLO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 1 E MESI 6 INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 6.8.08)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 220/CGF del 12 Aprile 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 245/CGF del 04 Maggio 2012 2) RICORSO PER REVOCAZIONE E/O REVISIONE EX ART. 39 C.G.S. DEL SIGNOR AMBROSINO MARCELLO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 1 E MESI 6 INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 6.8.08) Con ricorso, pervenuto in data 5.3.2012, il signor Marcello Ambrosino ha chiesto, ai sensi dell’art. 39 C.G.S., la revocazione e/o revisione della pronuncia della Commissione Disciplinare Nazionale, pubblicata con Com. Uff. n. 13/CDN del 6.8.2008, confermata da questa Corte con decisione, pubblicata con Com. Uff. n. 53/CGF del 27.10.2008, con la quale era stata inflitta allo stesso la sanzione della squalifica per anni 1 e mesi 6. Il ricorrente era stato dichiarato responsabile della violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza sanciti dall’art. 1, comma 1, C.G.S., a cagione della asserita disponibilità, da parte dello stesso, di due schede telefoniche svizzere che sarebbero state acquistate da Luciano Moggi, mediante le quali sarebbe stato «[…] possibile intrattenere comunicazioni riservate nel contesto della rete protetta predisposta e organizzata dal Moggi stesso […]». Nel ricorso per revocazione e/o revisione, si sottolinea che lo stesso è stato proposto in quanto ricorrono le condizioni previste dall’art. 39 C.G.S. citato, consistenti nella sussistenza di “prove riconosciute false dopo la decisione e/o comunque inconciliabili con altra decisione”. Più in particolare, il ricorrente evidenzia di essere stato assolto, con sentenza del Tribunale di Napoli – Sezione Nona Penale, depositata in data 3.2.2012, in ordine alle contestazioni dai reati di associazione per delinquere e di frode sportiva, perché «[…] unitamente ad altre persone ivi identificate ed allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di frode in competizioni sportive condizionava l’esito dei campionati di calcio di serie “A”, con particolare riguardo a quello del 1999/2000 […]».. Il ricorso - peraltro non connotato da chiarezza circa l’individuazione del rimedio esperito (revocazione ovvero revisione) nonché in ordine ai presupposti dello stesso (vengono menzionati un presupposto della revocazione ed uno della revisione) - si appalesa inammissibile per le seguenti ragioni. In via preliminare, si evidenzia come il sig. Marcello Ambrosino abbia, a suo tempo, proposto istanza di arbitrato al TNAS, impugnando le decisioni, rese dagli Organi di giustizia sportiva della F.I.G.C., più sopra indicate; la predetta istanza arbitrale è stata rigettata con il lodo depositato in data 23.6.2009. Orbene, l’art. 28 del Codice dei giudizi innanzi al TNAS, intitolato «Azioni di nullità dinanzi alla Corte d’appello», così recita: «I lodi arbitrali aventi ad oggetto controversie rilevanti anche per l’ordinamento della Repubblica sono sempre impugnabili, in conformità di quanto disposto nell’art. 12 ter, comma 3, dello Statuto C.O.N.I., anche in presenza della c.d. clausola di giustizia eventualmente contenuta negli statuti, regolamenti e accordi di cui all’art. 2, commi 1 e 3, con i mezzi previsti dal codice di procedura civile». L’art. 831 c.p.c., come è noto, prevede la possibilità di impugnare per revocazione il lodo arbitrale davanti alla Corte di Appello nella cui circoscrizione ha sede l’arbitrato. Alla luce di quanto sopra, il ricorso non può sfuggire a declaratoria di inammissibilità. Ma ove anche si volesse superare la predetta eccezione, ritenendo, da un lato, esperibili nei confronti dei lodi pronunciati dal TNAS esclusivamente le azioni di nullità e qualificando, dall’altro, il ricorso, proposto dal sig. Ambrosino, in termini di istanza di revisione e non di revocazione, la conclusione cui si dovrebbe, comunque, pervenire sarebbe sempre quella dell’inammissibilità del ricorso che ci occupa. L’odierno ricorrente, al di là della imprecisione dei termini utilizzati, chiede la revisione delle pronunce, più sopra menzionate, in quanto, dopo la decisione di condanna, sarebbero sopravvenute nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il sanzionato doveva essere prosciolto. Al proposito, merita di essere ricordato che questa Corte, con decisione resa a Sezioni Unite e pubblicata sul Com. Uff. n. 190/CGF del 20.5.2009, ha evidenziato che “la struttura letterale e la stessa impostazione finalistica della norma federale (art. 39, comma 2, C.G.S.: N.d.E.) ricalcano quelle che il codice di procedura penale disciplina all’art. 630: è, allora, inevitabile che la norma processualpenalistica costituisca lo sfondo di riferimento anche per il giudizio sportivo, non ravvisandosi ragioni per affermare una applicazione derogatoria, attesa la sostanziale identità delle condizioni al cui ricorso è subordinato l’utile esperimento del rimedio”. Ebbene, l'art. 637, comma 3, c.p.p. stabilisce che il giudice non può pronunciare il proscioglimento del condannato esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio, ponendo in tal modo un limite invalicabile alla revisione nel divieto di riesame degli stessi elementi che furono valutati nel processo conclusosi con il giudicato. Trattasi di previsione, la cui applicazione impone a questa Corte di dichiarare l’inammissibilità del ricorso per revisione, proposto dal signor Ambrosino. Ed invero, dalla lettura delle motivazioni della sentenza del Tribunale penale partenopeo, più sopra menzionata, emerge che l’assoluzione dell’Ambrosino non è stata pronunciata sulla base di nuove prove (sopravvenute o comunque scoperte successivamente alle decisioni assunte dagli organi di giustizia sportiva) bensì sulla base di una diversa valutazione dei medesimi elementi di prova. Più in particolare, i giudici penali hanno ritenuto che il possesso di una scheda telefonica straniera da parte dell’Ambrosino non fosse, di per sé, un elemento decisivo ai fini dell’affermazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della responsabilità penale dello stesso per i reati associativo e di frode sportiva, esprimendo, peraltro, semplici perplessità sul metodo usato dagli investigatori per l’attribuzione del possesso della scheda all’odierno ricorrente (viene, in particolare, stigmatizzata la mancata verifica dell’esistenza, nella località di Torre del Greco, di altri soggetti, operanti, a vario titolo, nel mondo del calcio ai quali potesse essere attribuito il possesso della scheda telefonica straniera). A quest’ultimo proposito, si evidenzia che il TNAS, nel pronunciarsi sull’istanza di arbitrato, proposta dal signor Ambrosino, ha espressamente affrontato il tema, esercitando il potere di revisione piena delle decisioni endo-federali, attribuito al predetto Organo (cfr., sul punto, da ultimo, TNAS, lodo arbitrale, depositato in data 2.4.2012 nel giudizio Amodio Roberto e Juve Stabia c/ F.I.G.C.), pervenendo alla conclusione che sulla base degli elementi indiziari raccolti, “si può escludere con ragionevole certezza che il soggetto utilizzatore delle schede possa essere uno di quelli indicati dal signor Ambrosino”. A quanto sopra, si aggiunga che costituisce pacifico principio giurisprudenziale (sia in ambito endo-federale che in quello eso-federale) quello secondo il quale, ai fini della affermazione della responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva “non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr., ad es., l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del C.O.N.I., in vigore dal 1° gennaio 2009). A tale principio deve assegnarsi una portata generale, sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr., da ultimo, TNAS, lodo arbitrale, depositato in data 2.4.2012 nel giudizio Amodio Roberto e Juve Stabia c/ F.I.G.C., sopra citato). Per questi motivi la C.G.F. dichiara inammissibile l’istanza, qualificata come istanza di revisione, come sopra proposta dal signor Ambrosino Marcello. Dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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