F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 219/CGF del 12 Aprile 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 247/CGF del 07 Maggio 2012 2. RICORSO DEL CALCIATORE MAIORINO PASQUALE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. – NOTA N. 3938/1692PF09-10/AM/MA DEL 15.12.2011 – (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 3. RICORSO DEL CALCIATORE ARIGÒ DAVIDE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. – NOTA N. 3938/1692PF09-10/AM/MA DEL 15.12.2011 – (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 4. RICORSO DEL CALCIATORE FERRARI NICOLA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. – NOTA N. 3938/1692PF09-10/AM/MA DEL 15.12.2011 – (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 5. RICORSO DEL CALCIATORE CARMINATI DE OLIVERA BARROS RAPHAEL AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 6. RICORSO DEL CALCIATORE DI TORO ELIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 7. RICORSO DEL CALCIATORE MARRUOCCO VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 8. RICORSO DEL CALCIATORE MORO SOLDERA JONATAS AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 219/CGF del 12 Aprile 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 247/CGF del 07 Maggio 2012 2. RICORSO DEL CALCIATORE MAIORINO PASQUALE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. – NOTA N. 3938/1692PF09-10/AM/MA DEL 15.12.2011 – (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 3. RICORSO DEL CALCIATORE ARIGÒ DAVIDE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. – NOTA N. 3938/1692PF09-10/AM/MA DEL 15.12.2011 – (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 4. RICORSO DEL CALCIATORE FERRARI NICOLA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. – NOTA N. 3938/1692PF09-10/AM/MA DEL 15.12.2011 – (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 5. RICORSO DEL CALCIATORE CARMINATI DE OLIVERA BARROS RAPHAEL AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 6. RICORSO DEL CALCIATORE DI TORO ELIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 7. RICORSO DEL CALCIATORE MARRUOCCO VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) 8. RICORSO DEL CALCIATORE MORO SOLDERA JONATAS AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA DA SCONTARSI IN GARE UFFICIALI INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1, C.G.S. E 92 N.O.I.F. (NOTA N. 3938/1692 PF 09-10/AM/MA DEL 15.12.2011) (Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 78/CDN del 2.4.2012) Con separati ricorsi i sigg.ri Maiorino Pasquale, con gli avv.ti Vittorio Rigo e Massimo Diana, Arigò Davide e Ferrari Nicola, con gli avv.ti Alessandro Calcagno e Alessio Piscini, Carminati De Olivera Barros Raphael, Di Toro Elio, Marruocco Vincenzo, Moro Soldera Jonatas, con l’avv. Carmine Fabio La Torre hanno proposto reclamo avverso la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale pubblicata sul Com. Uff. n. 78 del 2.4.2012. Con nota in data 10.5.2010 la Lega Pro segnalava alla Procura Federale la possibile violazione dell’art. 1 C.G.S. da parte della società S.S. Manfredonia Calcio S.r.l., perché in occasione della gara di campionato Brindisi/Manfredonia del 9.5.2010 non avrebbe messo in campo la migliore formazione. Infatti, ad eccezione di uno, tutti i calciatori che hanno preso parte alla gara in questione risultavano tesserati per l’attività giovanile. La Procura Federale disponeva, pertanto, gli opportuni accertamenti in esito ai quali emergeva, in sintesi e per quanto qui rileva: - che sono stati i calciatori della società S.S. Manfredonia Calcio S.r.l. a rifiutarsi unanimemente di partire per la trasferta di Brindisi per disputare la gara sopra indicata, come atto di protesta in ordine al mancato pagamento delle spettanze maturate dai giocatori fino a quel momento; - che tale decisione dei calciatori fu anche affidata alla stampa locale con un apposito comunicato; - che il signor Michele Balzamo, presid. del Manfredonia Calcio, ha dichiarato, in sede di audizione: 1) che i calciatori hanno assunto la decisione di non prendere parte alla trasferta di cui trattasi dopo aver ricevuto, nella tarda mattinata del 8.5.2010, comunicazione del fatto che le loro spettanze non sarebbero state corrisposte; 2) di ritenere, comunque, giustificato il comportamento dei predetti calciatori, non percependo gli stessi stipendi da circa 5 mesi a causa delle croniche difficoltà finanziarie della società, aggravate dal venir meno di alcuni soci e sponsor durante il campionato; - che il calciatore Lorenzo Fortunato ha dichiarato di non aver preso parte alla gara di cui trattasi perché comunque infortunatosi in data 23.4.2010, affermando, quindi, la sua estraneità alla decisione dei colleghi; - che i calciatori Di Toro Elio e Nossa Devis ribadivano la difficile situazione economica nella quale si erano venuti a trovare a seguito delle ripetute inadempienze della società, situazione dalla quale era appunto scaturita la decisione di non disputare la partita in trasferta a Brindisi, anche considerato che ciò non avrebbe compromesso la classifica, essendo ormai la società matematicamente salva; - che il signor Mancano Lorenzo, allenatore della squadra Berretti, evidenziava come è venuto a conoscenza della decisione della società di far scendere in campo la squadra Berretti solo il sabato precedente la gara e di non aver avuto dubbi che occorreva far giocare quei calciatori, che rappresentavano la miglior formazione possibile in quel momento, per non far incorrere la società nella sconfitta a tavolino con le conseguente prevista sanzione della penalizzazione; - che il signor Bucaro Giovanni, allenatore del Manfredonia Calcio, dichiarava di aver deciso con il Direttore sportivo Matteo Lauriola, stante la raggiunta salvezza, la stanchezza e demotivazione dei calciatori titolari, di premiare i ragazzi del settore giovanile, schierandoli nell’incontro con il Brindisi, ritenendo altresì legittimo che in panchina sedesse il loro allenatore che, peraltro, meglio li conosceva; - che il signor Giorgetti Filippo, arbitro della gara Brindisi/Manfredonia, dichiarava di non aver avuto alcuna comunicazione ufficiale da parte della società dell’intenzione di far scendere in campo i calciatori della squadra Berretti. Per questi fatti la Procura Federale deferiva innanzi alla Commissione Disciplinare Nazionale: - i calciatori che si erano rifiutati di scendere in campo, tra cui gli odierni reclamanti, per la violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. in via autonoma ed anche in relazione all’art. 92 N.O.I.F., essendosi rifiutati di scendere in campo in spregio alle norme emanate dalla F.I.G.C. e dalla Lega di appartenenza e creando grave nocumento alla regolarità del campionato, essendo il Brindisi impegnato nei play-off; - la società Manfredonia Calcio S.r.l. ed il suo presidente Balzamo Michele, ai sensi degli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 16, comma 4, lett. c), N.O.I.F., per non aver corrisposto gli emolumenti ai propri tesserati; nonché a titolo di responsabilità oggettiva ex art. 4, comma 2, C.G.S., per e condotte ascritte ai propri suddetti tesserati. Nei termini assegnati, i deferiti, con l'eccezione del signor Luigi Pisa, del signor Michele Balzamo e della SS Manfredonia Calcio S.r.l., facevano pervenire proprie memorie difensive. Alla riunione innanzi la C.D.N. compariva il rappresentante della Procura Federale, avv. Lorenzo Giua, il quale chiedeva il proscioglimento del signor Ferrante, mentre, per quanto qui particolarmente interessa, insisteva per la dichiarazione di responsabilità nei riguardi di tutti gli altri soggetti individuati in seno all'atto di deferimento, formulando le seguenti richieste sanzionatorie: -1 mese di squalifica a carico dei Sigg. Salvatore Arcuri, Davide Arigò, Raphael Carminati De Olivera Barros, Gaetano Carrieri, Giuseppe Di Pasquale, Elio Di Toro, Nicola Ferrari, Pasquale Maiorino, Vincenzo Marruocco, Jonatas Moro Soldera, Nicola Napolitano, Devis Nossa, Giampaolo Parisi, Giuseppe Pirrone, Luigi Pisa, Sergio Sabatino, Francesco Stella e Aniello Vitiello; -1 anno di inibizione a carico del signor Balzamo; - € 20.000,00 di ammenda a carico della S.S. Manfredonia Calcio S.r.l.. La C.D.N. riteneva che all'esito dell'attività inquirente condotta dalla Procura Federale, erano emerse, in maniera del tutto pacifica, due precise circostanze, peraltro comprovate per tabulas: - il rifiuto opposto da tutti i calciatori della prima squadra tesserati in forza alla S.S. Manfredonia Calcio S.r.l. di prendere parte alla trasferta in occasione della gara Brindisi/Manfredonia del 9.5.2010, valevole per l'ultima giornata del campionato di Seconda Divisione Lega Pro Stagione Sportiva 2009/2010 (cfr. comunicato stampa diffuso dai calciatori, dal Direttore Sportivo, dallo staff tecnico e dallo staff sanitario della S.S. Manfredonia Calcio S.r.l. - all. 7 a corredo dell'atto di deferimento-); - la reiterata e perdurante inadempienza contrattuale manifestata dalla società sportiva deferita e, per essa, dal suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, signor Michele Balzamo, in ordine alle obbligazioni contrattuali (di natura economica) assunte nei riguardi dei propri tesserati i quali, proprio a causa della grave situazione che li aveva coinvolti, si erano determinati ad attuare una decisa protesta nella forma indicata. Ciò posto, la C.D.N. nel vagliare le singole posizioni dei deferiti e nell'individuare eventuali rispettivi profili di responsabilità a loro carico, esaminava anzitutto quelle riferibili ai calciatori sigg. Arcuri, Sabatino e Ferrante, così decidendo: «… quanto ai primi due tesserati, alla luce della documentazione versata in atti emerge che questi ultimi, a causa di infortunio, regolarmente certificato dai propri sanitari di fiducia, non avrebbero comunque potuto prendere parte alla gara Brindisi/Manfredonia del 9.5.2010. Ne discende che a loro carico alcuna responsabilità può essere ascritta, anche in considerazione di quanto prescrive l'art. 13 dell'Accordo Collettivo di Categoria A.I.C./Lega Pro, per il quale “Il calciatore è tenuto a partecipare, salvo i casi di malattia o infortunio accertati, a tutti gli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla Società, nonché a tutte le gare ufficiali o amichevoli che la società stessa intenda disputare tanto in Italia quanto all’estero”. Evidenziava la C.D.N., come, «del resto, un altro calciatore tesserato in forza alla SS Manfredonia Calcio S.r.l., signor Lorenzo Fortunato, il quale aveva riferito agli inquirenti dell'impossibilità di scendere in campo in occasione della partita Brindisi/Manfredonia a causa di un infortunio, non è stato nemmeno sottoposto a procedimento disciplinare». Per quanto concerne la posizione del signor Ferrante, osservava la C.D.N. «come essa si manifesti del tutto irrilevante sotto il profilo disciplinare, atteso che il predetto calciatore non solo aveva preso parte alla gara Brindisi/Manfredonia del 9.5.2010 ma, addirittura, aveva anche realizzato l'unica rete del Manfredonia al 24' del secondo tempo (Brindisi/Manfredonia 4-1)». Con riferimento alle posizioni degli altri soggetti deferiti la C.D.N. osservava «che ben dodici dei diciotto tesserati costituitisi in giudizio (i Sigg. Arigò, Carrieri, Carminati De Olivera Barros, Di Toro, Ferrari, Maiorino, Marruocco, Moro, Napolitano, Nossa, Stella e Vitiello), nel giustificare il proprio comportamento, hanno invocato a sostegno delle proprie difese da un lato il principio relativo al legittimo esercizio del diritto di sciopero (art. 40 Cost.), dall'altro l'applicabilità alla fattispecie in argomento dell'art. 1460 c.c. (c.d. eccezione di inadempimento)». Riteneva la C.D.N. che, «in particolare, con riferimento al primo arresto difensivo, afferente ad un asserito legittimo esercizio del diritto di sciopero da parte dei calciatori in occasione della mancata partecipazione alla richiamata gara di campionato, l'odierno Organo giudicante, pur prendendo atto della puntualità e della pregevolezza delle argomentazioni sviluppate in seno agli scritti defensionali e pur riconoscendo la gravità della situazione generatasi a causa del mancato pagamento delle spettanze economiche da parte del sodalizio sportivo di appartenenza dei deferiti, ritiene, tuttavia, che gli assunti prospettati non possano trovare accoglimento in questa sede. Infatti é notorio che il lavoro sportivo trovi la sua specifica disciplina nella L. n. 91/1981 (c.d. legge sul professionismo sportivo) la quale, però, nulla dispone in materia sindacale (se non operando un generico riferimento, in tema di predisposizione dell'Accordo Collettivo di Categoria, ai “rappresentanti delle categorie interessate”), quindi nemmeno relativamente all'esercizio del diritto di sciopero da parte degli sportivi professionisti. Lo sciopero, sotto il profilo concettuale, sottende l'astensione concordata dall'attività lavorativa da parte di più lavoratori per la tutela di interessi collettivi e, nel contempo, esso gode di un presidio giuridico di rango costituzionale consacrato in seno all'art. 40 Cost. Detto precetto riconosce l'esercizio del diritto di sciopero in capo a ciascun individuo, ma ne circoscrive la concreta operatività nell’ambito delle leggi che lo regolano. In definitiva, lo sciopero deve essere necessariamente ricondotto a un diritto individuale esercitabile in forma collettiva, ovvero a un diritto la cui titolarità é propria di ogni singolo lavoratore, mentre la relativa esplicazione, che attiene alla tutela di un interesse comune, si manifesta collettivamente». Osservava, inoltre, la C.D.N. che, con specifico riferimento alla fattispecie, «il rapporto di lavoro sportivo, oltre che nell'alveo dell'Ordinamento statuale, ricade diffusamente in quello settoriale proprio. Pertanto, ai fini dell'esatta individuazione dei termini e delle modalità secondo cui si possa ritenere legittimo e legittimato l'esercizio del diritto di sciopero in ambito sportivo professionistico, ha certamente rilievo determinante la disciplina domestica, munita di proprie regole e fondata su specifici principi regolamentari ispiratori. Ne discende che l’interprete deve procedere ad un’attenta opera di raccordo della disciplina speciale con quella generale che tenga conto della specialità del rapporto di lavoro sportivo professionistico disciplinato, il quale, atteggiandosi all'interno di una duplice dimensione ordinamentale, impone di individuare un punto di equilibrio nel rapporto e nel contemperamento tra le fonti interne di diritto sportivo e le fonti statuali». Così, quindi, «individuato il perimetro esegetico all'interno del quale deve essere vagliata, in senso generale, la legittimità o meno dell'esercizio del diritto di sciopero da parte dei calciatori professionisti, appare ragionevolmente fondato assumere che, un'eventuale astensione dal rendere la prestazione sportiva debba essere inquadrata esclusivamente quale astensione collettiva dal lavoro indetta dall’associazione sindacale rappresentativa di categoria (A.I.C.), alla stregua di quanto verificatosi, ad esempio, in occasione dell'ultimo (in ordine di tempo) sciopero proclamato e concretamente attuato (la prima giornata del campionato di Serie A Stagione Sportiva 2011/2012 non é stata disputata), per il tramite dell'A.I.C., dai calciatori tesserati appartenenti alla Lega Nazionale Professionisti Serie A in relazione alle note vicende che avevano caratterizzato l'iter di rinnovo dell'Accordo Collettivo di Categoria». Pertanto, «qualunque altra forma “anomala” di sciopero analoga a quella oggetto dell'odierno deferimento, collettivamente attuata solo in ragione del numero dei calciatori aderenti e specificamente interessati a rivendicare diritti e posizioni del tutto personali, senz'altro esula dallo schema giuridico che caratterizza l'astensione concertata dal lavoro e si risolve in una condotta costituente violazione dei doveri di lealtà sportiva e correttezza sportiva (art. 1, comma 1, C.G.S.), oltre che, per altro verso, di quelli di natura contrattuale nei confronti della compagine societaria di appartenenza». Peraltro, osservava ancora la C.D.N. come «da un articolo di stampa prodotto a corredo dell'atto di deferimento (cfr. cit. All. 7) risulta che la “squadra” del Manfredonia si era fermata “già due volte nel corso della regular season”, senza considerare che, all'epoca dei fatti, il Brindisi era in piena lotta per guadagnare l'accesso ai play-off di categoria, per cui la vittoria conseguita con il largo punteggio di 4-1 nei confronti del Manfredonia si può ragionevolmente ritenere agevolata dalla evidente inferiorità tecnica della squadra avversaria, scesa in campo con i calciatori della categoria “D. Berretti” e non con quella che avrebbe dovuto costituire il migliore e più affidabile “undici” possibile. Ebbene, le richiamate circostanze non fanno che connotare di ulteriore gravità il comportamento tenuto dai calciatori deferiti, senz'altro connesso, lo si ribadisce, ad una vicenda umanamente ed emotivamente comprensibile ma, per quanto osservato, non giustificabile in relazione ad uno stato di fatto rispetto a cui i deferiti avrebbero potuto in ogni caso, ad esempio, attivarsi utilizzando i rimedi previsti dall'Accordo Collettivo di Categoria, ma che invece hanno ritenuto opportuno gestire diversamente, per ciò stesso venendo meno anche ai propri doveri di tesserati (cfr. art. 92 N.O.I.F.)». Riteneva, poi, la C.D.N. che «nemmeno il principio sancito dall'art. 1460 c.c. (c.d. eccezione d'inadempimento) e invocato al fine di giustificare il proprio comportamento può trovare accoglimento; e ciò, sia in ragione di quanto prescrive il già richiamato art. 13 dell'Accordo di Categoria A.I.C./Lega Pro (sotto altro profilo e a fini esimenti nei riguardi della posizione di altri due calciatori deferiti) vigente all'epoca dei fatti, per il quale “Il calciatore è tenuto a partecipare, salvo i casi di malattia o infortunio accertati, a tutti gli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla Società, nonché a tutte le gare ufficiali o amichevoli che la Società stessa intenda disputare tanto in Italia quanto all’estero”, sia alla luce degli artt. 16 e 17 del medesimo Accordo Collettivo i quali legittimano ampiamente ogni calciatore a promuovere l'attivazione di un procedimento ad hoc, dinanzi al Collegio Arbitrale competente, ai fini della tutela delle proprie ragioni creditorie nei confronti della Società sportiva di appartenenza, anche mediante la richiesta di risoluzione contrattuale qualora ne ricorrano le condizioni previste in seno all'indicato corpus normativo regolamentare domestico». «Per mera completezza espositiva», aggiungeva la C.D.N., «si ritiene opportuno brevemente argomentare anche in ordine ad una particolare eccezione sollevata dalla difesa dei calciatori Arigò e Ferrari (individuabili tra i dodici deferiti de quibus) relativamente alla violazione loro ascritta sic et simpliciter ex art. 1, comma 1, C.G.S. (oltre che ex art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione all'art. 92 N.O.I.F.). In sostanza, secondo la difesa, la violazione ex art. 1 C.G.S. ascritta a carico di entrambi gli indicati soggetti sarebbe tamquam non esset, in assenza di una differente norma che imponga un determinato comportamento e in cui il medesimo art. 1 CGS si sostanzi, solo in tal caso potendo esso fungere da fattispecie incolpatrice. Al riguardo, invero, si fa solo rilevare come detta eccezione risulti priva di qualsivoglia pregio atteso che, per pacifica giurisprudenza sportiva di settore, la citata norma sanzionatoria, al contrario, si configura a contenuto libero, non vincolato, con la conseguenza che può realizzarsi una violazione del precetto in essa contenuto con una molteplicità di comportamenti non altrimenti tipizzabili (cfr. Com. Uff. n. 211/CGF del 5.6.2008)». Quanto sopra premesso la «Commissione Dsciplinare Nazionale, in parziale accoglimento del deferimento, dispone a carico dei Sigg. Davide Arigò, Raphael Carminati De Olivera Barros, Gaetano Carrieri, Giuseppe Di Pasquale, Elio Di Toro, Nicola Ferrari, Pasquale Maiorino, Vincenzo Marruocco, Jonatas Moro Soldera, Nicola Napolitano, Devis Nossa, Giampaolo Parisi, Giuseppe Pirrone, Luigi Pisa, Francesco Stella e Aniello Vitiello la sanzione della squalifica per 2 giornate da scontarsi in gare ufficiali, a carico del Sig. Michele Balzamo quella dell'inibizione per 6 mesi e a carico della SS Manfredonia Calcio S.r.l. l’ammenda di € 5.000,00. Dispone il proscioglimento nei riguardi dei Sigg. Salvatore Arcuri, Antonio Ferrante e Sergio Sabatino». Avverso la suddetta decisione hanno proposto distinti reclami, innanzi a Questa Corte, i sigg.ri: -Maiorino Pasquale, con avv.ti Vittorio Rigo e Massimo Diana; -Arigo’ Davide e Ferrari Nicola, con avv.ti Alessandro Calcagno e Alessio Piscini; -Carminati De Olivera Barros Raphael, Di Toro Elio, Marruocco Vincenzo, - Moro Soldera Jonatas, con avv. Carmine Fabio La Torre. In particolare, nel proprio gravame, Maiorino Pasquale ribadisce quanto già prospettato nel giudizio di prime cure e cioè, di avere legittimamente esercitato «un proprio diritto, anzi due distinti diritti: quello di sciopero, costituzionalmente garantito – segnatamente dall’art. 40 della Carta – e quello riconosciutogli dall’art. 1460 c.c.». Sotto tale profilo, censura la decisione della C.D.N. secondo cui per aversi legittima astensione dalla prestazione occorre necessariamente la sua proclamazione da parte dell’A.I.C., anche considerato che «al concreto esplicitarsi dell’astensione collettiva, alla quale non possono e non sono posti limiti tranne quelli previsti dalla normativa statale, per certo superiore alle disposizioni dell’ordinamento sportivo, la cui autonomia, mai può spingersi fino a negare ai propri associati un diritto costituzionalmente garantito». In ogni caso, dovrebbe essere comunque dichiarato il proscioglimento per effetto della disposizione di cui all’art. 1460 c.c., anche tenuto conto che la condotta di cui trattasi «non si tradusse in alcun danno sostanziale: non per la Squadra già salva, con il mantenimento della categoria di appartenenza, non per la regolarità del Campionato, rispetto alla quale l’esito della partita Brindisi – Manfredonia non determinò alcuna variazione di classifica sostanziale, rispetto alla giornata precedente all’esito della quale tutte le posizioni si erano già definitivamente delineate». Ferma restando la richiesta di proscioglimento, il suddetto reclamante censurava comunque l’eccessiva onerosità della sanzione comminata, instando, in subordine, per una sua riduzione. Nel reclamo proposto dai sigg.ri Ferrari Nicola e Arigò Davide si censura la decisione di primo grado per i seguenti motivi: «a) violazione di un diritto costituzionalmente garantito nel sovraordinato ordinamento statale; b) assenza di una norma incriminatrice e, comunque, di qualsivoglia normativa che descriva come illegittima la condotta dei calciatori; c) inesistenza dell’elemento soggettivo della violazione in uno con l’esistenza di scriminanti e/o esimenti, anche sotto il profilo putativo». Secondo i predetti reclamanti «l’autonomia dell’ordinamento sportivo non può giungere sino alla compressione di un diritto costituzionalmente garantito dall’ordinamento statuale». Di conseguenza, «correttamente inquadrato il diritto di sciopero all’interno dell’ordinamento statale e valutata la sua esistenza nell’ambito dell’attività dei calciatori […] solare diventa l’impossibilità per l’ordinamento di settore di prevedere ed ancor più irrogare una qualsivoglia sanzione disciplinare per il comportamento dei calciatori stessi nell’esercizio del richiamato diritto collettivo. In ogni caso, sottolineano i predetti calciatori, vi è stato «l’intervento dell’associazione di categoria per il tramite del suo rappresentante aziendale, sig. Elio di Toro […] con ciò dovendosi intendere lo sciopero comunque come associativamente connotato», e mancherebbe, poi, ad ogni buon conto, l’elemento soggettivo dell’illecito, palese essendo l’assenza di colpa, in relazione sia «all’esercizio del diritto (quantomeno sotto il profilo putativo, palesemente applicabile, quale scriminante, nel caso di preteso esercizio di sciopero in modalità non legittima […], sia per errore inevitabile sulla normativa disciplinare dovuto a buona fede qualificata da oggettiva oscurità del quadro normativo (per le aporie e l’oggettivo contrasto tra il quadro normativo statale e la pretesa interpretazione difforme in sede sportiva)». Instano, quindi, i predetti reclamanti, perché sia disposto il loro proscioglimento. Sostanziali analoghe argomentazioni difensive sono rinvenibili nel diverso unico atto con il quale hanno proposto reclamo i sigg.ri Carminati de Olivera Barros Raphael, Di Toro Elio, Marruocco Vincenzo e Moro Soldera Jonatas, come in atti rappresentati e difesi. I predetti reclamanti ribadiscono quanto già dedotto nel corso del procedimento di primo grado, sottolineando, in particolare, lo stato di «decozione avanzato della società, con riflessi economici negativi sugli stessi tesserati» che non percependo emolumenti da diversi mesi sono stati in qualche modo “indotti” «per stato di bisogno» a proclamare ed esercitare il diritto di sciopero loro costituzionalmente garantito. Evidenziano, inoltre, che lo stesso Presidente della società, sentito dalla Procura Federale, ha avuto modo di segnalare come i calciatori di cui trattasi abbiano sempre messo le proprie energie lavorative a disposizione del datore di lavoro, allenandosi regolarmente e, da ultimo, preavvisando la società della necessità di risolvere “l’annoso problema economico che ha contraddistinto in negativo la stagione” e che, di conseguenza, non sarebbero partiti per la trasferta di Brindisi in difetto di garanzie concrete ed immediate. Censurano, poi, i predetti reclamanti, la decisione della C.D.N. deducendo che nel diritto di sciopero costituzionalmente garantito «può rientrare qualsiasi forma di astensione collettiva dal lavoro, disposta da una pluralità di lavoratori». Del resto, si tratterebbe di un diritto «spettante ai lavoratori “uti singuli”» che «deve essere esercitato con modalità di partecipazione plurima in rapporto alle finalità rivendicate» e in relazione al quale «l’approvazione o l’iniziativa dell’associazione sindacale è ininfluente giacché finalizzata a rendere più agevole la prova della rilevanza collettiva di questo mezzo di autotutela (cfr. Cass. Civ., sez. lav., 08.08.1987, n. 6831)». Nella fattispecie, a dire dei reclamanti, rileva soltanto che lo sciopero sia stato preannunciato, ciò che sarebbe appunto avvenuto nel caso di specie, atteso che a fronte del perdurare dello stato di insolvenza della società, attestato dal mancato pagamento degli emolumenti ai dipendenti che hanno sempre messo a disposizione del datore di lavoro le energie lavorative, «è stata preannunciata la possibilità dello sciopero con ben 4 (quattro) giorni di anticipo della gara Brindisi – Manfredonia». Peraltro, la C.D.N. avrebbe errato nel ritenere che l’astensione di cui trattasi ha avuto ripercussioni sulla regolarità del campionato, atteso che, come anche segnalato dalla stessa «attività d’indagine eseguita dalla Procura Federale […] “la squadra del Brindisi vincendo con la squadra giovanile “Berretti” non si è avvantaggiata in alcun modo in quanto era già in zona playoff, mentre tutte le altre squadre del Campionato hanno mantenuto invariate le loro posizioni. La vittoria sulla formazione Berretti è servita soltanto a scalare di un posto la classifica finale, anche in virtù della sconfitta, a Siracusa, del Barletta». Infine, la decisione gravata viene censurata anche sotto il profilo del mancato accoglimento delle deduzioni difensive in ordine alla applicabilità, al caso di specie, della disposizione di cui all’art. 1460 c.c., ben potendo, «in virtù del principio inademplendi non est adimplendum, il rifiuto del lavoratore ad adempiere la prestazione lavorativa in caso di inadempimento o di ritardo del datore di lavoro nell’adempimento retributivo, costituire una forma di tutela volontariamente scelta dal contraente adempiente in sostituzione della normale tutela giurisdizionale». Si impone, pertanto, secondo i riferiti ricorrenti, «l’invocata riforma della decisione della Commissione Disciplinare Nazionale, statuendo la legittimità della protesta dei calciatori cui consegue il proscioglimento per l’esercizio del diritto di sciopero». Alla seduta innanzi a questa C.G.F. tenutasi il giorno 12.4.2012 sono comparsi il rappresentante della Procura Federale, nonché gli avv.ti Diana, Calcagno e La Torre, per i reclamanti. Procura e Collegio difensivo hanno ribadito e precisato le rispettive loro posizioni. Dato preliminarmente atto della riunione dei procedimenti relativi ai ricorsi come separatamente proposti, questa Corte ritiene che la decisione della C.D.N. meriti conferma. I reclami, infatti, e le argomentazioni, pur pregevoli e, per certi versi, suggestive negli stessi contenute non possono trovare accoglimento. Occorre, anzitutto, precisare che questa C.G.F. dubita dell’esatto inquadramento (operato dai reclamanti) dei fatti che ci occupano, nell’ambito della fattispecie “diritto di sciopero”. Dubbio tra le righe rinvenibile in qualche passaggio della stessa decisione impugnata, laddove, ad esempio, la C.D.N. ritiene «ragionevolmente fondato assumere che, un'eventuale astensione dal rendere la prestazione sportiva debba essere inquadrata esclusivamente quale astensione collettiva dal lavoro indetta dall’associazione sindacale rappresentativa di categoria (A.I.C.)». Sotto tale profilo, occorre rapidamente ricordare che per sciopero si intende l'astensione collettiva dal lavoro da parte di lavoratori dipendenti allo scopo di rivendicare diritti, per motivi salariali, per protesta, per solidarietà, ecc. Il diritto di sciopero va riconosciuto in capo a ciascun lavoratore, ma, trattandosi, come detto, di astensione collettiva dal lavoro, il problema si pone in termini di modalità del suo esercizio. Diverse sono siffatte modalità, non tutte, peraltro, legittime. Pur essendo, oggi, ammesse le cd. forme “anomale” di sciopero, rimane il fatto che i limiti alle concrete modalità del suo esercizio non sono ancora del tutto chiari e tradotti in specifiche norme di legge, atteso che, come noto, il nostro legislatore, per una precisa scelta politica, non ha ancora dato attuazione all’art. 40 della Costituzione. Del resto, lo sciopero è fenomeno di così ampie dimensioni che difficilmente si lascerebbe “imbrigliare” da una specifica disciplina di portata generale. Se in astratto, dunque, qualunque modalità di esercizio del diritto di sciopero, che non si traduca in condotta vietata dall’ordinamento penale, può ritenersi legittima, in concreto non può revocarsi in dubbio che numerosi siano i limiti che di fatto lo stesso incontra nel suo effettivo esplicarsi. Ad iniziare dai cd. limiti “esterni”, riconosciuti anche in sede giurisprudenziale, rinvenibili, anzitutto, nei diritti parimenti tutelati dalla Carta Costituzionale: e, così, ad esempio, il diritto alla vita ed all'integrità fisica, ma anche altri, tra i quali, la libertà di iniziativa economica sancita dall'art. 41 della stessa Costituzione, in relazione al quale è stata affermata la sua illeceità «se, ove non effettuato con gli opportuni accorgimenti e cautele, appare idoneo a pregiudicare irreparabilmente - in una determinata ed effettiva situazione economica generale o particolare - non la produzione, ma la produttività dell'azienda, cioè la possibilità per l'imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica» (cfr. Cassazione, 30.1.1980, n. 711). Solo con riferimento ai servizi di pubblica utilità (quali quelli rintracciabili nel settore della sanità o in quello dei trasporti, ecc.) l’esercizio del diritto di sciopero è regolamentato da apposita disciplina legislativa (legge 12 giugno 1990, n 146, come modificata e innovata dalla legge 11.4.2000, n. 83), volta a stabilirne modalità e tempi di attuazione ed a sanzionarne le eventuali violazioni. Scopo della legge n. 146/1990, che per la prima volta introduce nel nostro ordinamento una regolamentazione di fonte legislativa dell’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, è quello di contemperare l’esercizio del diritto medesimo con il godimento dei diritti fondamentali della persona, costituzionalmente tutelati. Ecco perché, nella prospettiva del “bilanciamento” tra i diritti di rilievo costituzionale, sono state previste limitazioni anche incisive, all’esercizio del diritto, in una vasta area del settore terziario dei servizi, anche in considerazione della forte “conflittualità” nello stesso registrata. In sintesi, il diritto di sciopero, attesa la necessaria genericità della sua nozione comune presupposta dal precetto costituzionale e la mancanza di una legge attuativa di questo, al di fuori della disciplina relativa all’ambito di cui si è detto, «non ha altri limiti se non quelli che si rinvengono in norme che tutelino posizioni soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quanto meno paritario, quali il diritto alla vita e all'incolumità personale, nonché la libertà dell'iniziativa economica. L'accertamento al riguardo va condotto caso per caso dal giudice, in relazione alle concrete modalità di esercizio del diritto di sciopero ed ai parimenti concreti pregiudizi o pericoli cui vengono esposti il diritto alla vita, all'incolumità delle persone e alla integrità degli impianti produttivi» (così Cassazione 26.6.1987, n. 5686). Del resto, come detto, il diritto di iniziativa economica dell'imprenditore, garantito dall’art. 41 cost., persiste anche in presenza di uno sciopero indetto dalle organizzazioni sindacali, trovando, nondimeno, in tale iniziativa - anch'essa costituzionalmente garantita ex art. 40 cost. - il suo limite; ed anzi, avendo entrambi i diritti - quello dell'iniziativa economica e quello di scioperare - un'uguale dignità essendo l'uno condizione di esistenza dell'altro (l'impresa consente il lavoro e il lavoro consente l'impresa), il limite deve intendersi reciproco (cfr. Cassazione 16.12.2009, n. 26368). In definitiva, lo sciopero deve ritenersi legittimo, indipendentemente dalle sue modalità, quando risultino rispettati i limiti cd. esterni, sopra richiamati, posti dalla concorrente tutela giuridica su un piano prioritario di posizioni soggettive eventualmente confliggenti. Ciò premesso occorre ora verificare come i suddetti principi generali in materia possano tradursi nell’ambito sportivo che ci occupa, allo scopo di individuare gli eventuali limiti specifici cui va incontro l’esercizio del diritto di sciopero, per finalità economiche, del calciatore, e, segnatamente, la sua concreta compatibilità con la specificità dell’ordinamento sportivo e con i principi cui lo stesso si ispira, tra i quali, quello del regolare svolgimento dei campionati e delle competizioni sportive. In tal ottica, come ricordato dalla C.D.N., «é notorio che il lavoro sportivo trovi la sua specifica disciplina nella L. n. 91/1981 (c.d. legge sul professionismo sportivo) la quale, però, nulla dispone in materia sindacale». I principi generali elaborati in ordine alla libertà sindacale e alla contrattazione collettiva non sempre risultano applicabili, specie in modo automatico, al mondo dello sport, in generale e del calcio, in particolare. Infatti, quello che possiamo definire “sindacalismo sportivo” presenta caratteri anche di accentuata peculiarità in ragione della specialità del rapporto di lavoro. Basterà, ad esempio, ricordare come, a differenza dei contratti comuni che vincolano soltanto gli iscritti al sindacato che sottoscrive il contratto, attesa la mancata attuazione dei principi di cui all'art. 39 Cost., l'accordo collettivo in ambito sportivo è dotato di efficacia erga omnes. O, ancora, sarà sufficiente rammentare la norma di cui all'art. 41, comma 1, della legge n. 91/1981, in ordine alla stipulazione di un accordo per la predisposizione di un contratto tipo, cui quelli individuali tra le società e i professionisti sportivi sono doverosamente chiamati ad uniformarsi. Occorre, poi, rammentare che se lo sciopero è espressione di un diritto individuale, l’astensione, perché si abbia effettivo esercizio del diritto, deve essere collettiva. Anzi, laddove si valorizzi l’aspetto collettivo, oltre al contenuto pubblicistico, del fenomeno, si potrebbe anche giungere a definire lo sciopero come diritto collettivo ad esecuzione individuale, esecuzione, cioè, che si concretizza, appunto, nelle singole astensioni, senza con ciò necessariamente presupporre l’affermazione della contitolarità -in capo all’organizzazione sindacale ed al lavoratore- del diritto (il primo, titolare della “potestà” di sospendere il rapporto di lavoro, il secondo, titolare della libertà di aderire o meno allo sciopero), affermazione che, per vero, incontra nella mancata individuazione legislativa dei soggetti collettivi “abilitati” alla proclamazione dello sciopero, un ostacolo insormontabile per una sua ricostruzione sistematica. Sotto tale profilo, pertanto, coglie nel segno la C.D.N. nel momento in cui rileva come, nel caso di specie, non ci si trovi innanzi alla fattispecie dell’astensione collettiva dal lavoro indetta dall’associazione sindacale di categoria. Infatti, la proclamazione, specie nella tipologia lavorativa qui in rilievo, viene a rappresentare una sorta di negozio di “autorizzazione” all’astensione dal lavoro da parte dei singoli, ferma, ovviamente, restando la libertà di ciascuno di aderirvi o meno. Insomma, lo sciopero spetta al singolo, ma lo stesso è legittimamente esercitato se collettivamente proclamato. Ma, ad ogni buon conto, anche a voler prescindere dall’assunto della proclamazione quale conditio sine qua non ai fini della qualificazione, quale sciopero, dell’astensione dal lavoro, non vi è dubbio che la stessa venga ad assumere quantomeno il più limitato effetto della dimostrazione della rilevanza collettiva dell’iniziativa dei lavoratori. Del resto, lo sciopero deve essere inquadrato nella logica del conflitto collettivo e lo stesso non può che essere esercitato per finalità che interessano un’intera collettività di lavoratori. Di conseguenza, seppur non mancano, in generale, decisioni della giurisprudenza del lavoro secondo cui l'esercizio del diritto di sciopero è attribuito direttamente ai lavoratori, in quanto titolari del diritto, e che, quindi, la legittimità dello sciopero non può essere subordinata all'iniziativa ed alla proclamazione da parte delle organizzazioni sindacali (cfr., ad esempio, Pretura di Milano, 19.8.1996), il difetto di proclamazione, nel caso di specie, dell’asserito sciopero da parte dell’ organizzazione sindacale del calciatori, attese le peculiarità del lavoro del calciatore (e della relativa regolamentazione), sopra in rapida sintesi ricordate (e, segnatamente, la disciplina della rappresentanza sindacale nel lavoro sportivo), induce a ritenere che si versi, in realtà, al di fuori della fattispecie dell’esercizio del diritto di sciopero. Nel senso che, se lo sciopero dei lavoratori è legittimo qualora realizzi un'astensione dal lavoro intesa a tutelare un interesse professionale collettivo dei lavoratori e non se persegue finalità pretestuose e il soddisfacimento di contingenti esigenze di singoli dipendenti (cfr. Cassazione 23.7.1991, n. 8234), deve dubitarsi che nel caso di specie, per quanto detto, ci si trovi in presenza di una vera e propria astensione collettiva dal lavoro intesa, appunto, quale sciopero, meglio lasciandosi, invece, inquadrare la fattispecie che ci occupa nell’ambito di una ipotesi di astensione dalla singola prestazione lavorativa effettuata contestualmente e con modalità concordate da più lavoratori. In parole semplici, appare preferibile parlare, nel caso di specie, di una sospensione del lavoro realizzata da una pluralità di lavoratori per il soddisfacimento di contingenti esigenze personali (cfr., per fattispecie analoga, Tribunale di Milano, 10.3.1990; Pretura di Frosinone, 19.6.1990). Peraltro, che si tratti di vero e proprio esercizio del diritto di sciopero è posto in dubbio dalla stessa semplice considerazione che, se è vero che per sciopero deve intendersi unicamente la sospensione temporanea, ma totale, dell'attività di prestatori d'opera e non già l'astensione da taluno soltanto degli adempimenti compresi nella prestazione lavorativa (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 25.3.1997, n. 301), nel caso di specie risulta dedotta soltanto la mancata partecipazione dei calciatori alla gara in questione e non anche l’astensione dalle ulteriori prestazioni dovute dagli stessi alla società presso cui erano tesserati. Sotto tale profilo, dunque, occorrerebbe anche verificare se, nel caso concreto, la mera (i.e. sola) astensione dalla partecipazione alla gara in questione, sia qualificabile in termini di astensione dal lavoro o non invece quale rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute, con l’effetto che, nel primo caso, la fattispecie non potrebbe, comunque, essere qualificata come sciopero ai sensi dell'art. 40 Cost., bensì assimilata allo schema dell’inadempimento parziale della prestazione dovuta (cfr., sul tema in generale considerato, Cassazione 12.1.2011, n. 547). Del resto, come autorevolmente evidenziato in dottrina, lo sciopero deve investire l'intera attività del lavoratore al quale non è consentito selezionare i compiti da svolgere e quelli da sospendere, pena un'inammissibile invasione della sfera organizzativa del datore di lavoro. Lo sciopero, cioè, non può concettualmente consistere nella contrazione unilaterale di più elementi della prestazione lavorativa contrattualmente dovuta o in una mera alterazione della sua qualità, astensione, questa, cd. parziale o selettiva che verrebbe, invece, a rappresentare un inadempimento contrattuale, considerato che, se il lavoratore ha la facoltà (i.e. libertà) di scegliere se lavorare o scioperare, non sembra possa, invece, rendere una prestazione diversa da quella dovuta. Se ne ricava, dunque, un quadro in cui l’astensione dal lavoro oggetto del presente giudizio sembra potersi considerare collettiva solo in ragione della pluralità dei calciatori che la stessa hanno posto in essere, peraltro, come correttamente evidenziato dalla C.D.N., «specificamente interessati a rivendicare diritti e posizioni del tutto personali». Condotta, quella dei reclamanti che esula, dunque, dallo schema giuridico proprio del diritto di sciopero, traducendosi, in definitiva, in una violazione dei doveri di lealtà e correttezza sportiva cui ciascun tesserato è tenuto ad improntare il proprio comportamento, a maggior ragione laddove si rammenti come la prestazione di lavoro sportivo richieda, anche in relazione alla specialità del suo concreto atteggiarsi, una particolare diligenza nelle modalità della sua attuazione, considerata la spiccata connotazione in termini di intuitus personae. Quella dedotta in giudizio, dunque, come detto, più che sciopero vero e proprio, può essere meglio definita come una ipotesi di astensione volontaria dalla singola prestazione di lavoro adottata contestualmente da più lavoratori per interessi specifici e personali. È evidente che non è questa la sede per una compiuta disquisizione in ordine alla differenza, specie in termini di effetti giuridici, tra le due fattispecie, anche considerato che la distinzione tra forme di protesta collettiva e strumenti individuali di autotutela, semplice sul piano teorico, diventa progressivamente più complessa via via che dal piano della teoria ci si sposta a quello della realtà e che, quindi, in date ipotesi quali, tipicamente, quella dell'astensione plurima dal lavoro come reazione alla mancata corresponsione delle retribuzioni, diventa molto più difficile tracciare una chiara linea di confine tra sciopero e forme di autotutela individuale come l'eccezione di inadempimento. Neppure vi è la pretesa di enucleare gli elementi distintivi perché la condotta materiale dell'astenersi dal lavoro possa essere sottratta alla dimensione civilistica dell'inadempimento rilevante sul piano negoziale. Ma, a ben vedere, la suddetta diversa ricostruzione appare aderire con maggior coerenza concettuale allo stesso assunto difensivo dei reclamanti, nel momento in cui gli stessi invocano “l’ombrello protettivo” dell’art. 1460 c.c. Come ricordato, infatti, secondo i ricorrenti la condotta posta in essere dagli stessi troverebbe giustificazione e legittimazione nell’eccezione di adempimento di cui alla norma prima richiamata che così recita: «1. Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto. 2. Tuttavia non può rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede». Previsione, quella ora citata, non classificabile quale strumento di protesta, considerato che, invece, assolve principalmente una funzione difensiva, volta a preservare l'equilibrio del sinallagma contrattuale. Orbene, tale prospettazione appare, per vero, non coerente con quella dell’esercizio di un legittimo diritto, quale quello di sciopero, costituzionalmente garantito. Premesso che l’exceptio non rite adimplenti contractus, di cui all'art. 1460 c.c., postula comunque la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, ma in relazione alla oggettiva proporzione degli inadempimenti stessi, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto ed alla buona fede (Tribunale di Bari, 5.10.2011, n. 3095) e che, in generale, il rifiuto, da parte del lavoratore, di rendere la propria prestazione nel caso di inadempimento o di ritardo del datore di lavoro nell’adempimento retributivo, costituisce una forma di tutela volontariamente scelta dal contraente adempiente in sostituzione della ordinaria tutela giurisdizionale (cfr. Cassazione n. 5940/1981; Pretura di Firenze, 26.11.1990), occorre osservare, con riferimento alla particolare tipologia negoziale di cui trattasi, come l’ordinamento federale abbia espressamente previsto e disciplinato l’ipotesi della mancata corresponsione ai tesserati, da parte della società di appartenenza, degli emolumenti contrattualmente dovuti e le relative specifiche modalità di tutela. Infatti, per quanto qui particolarmente rileva, nel caso in cui la società non abbia puntualmente corrisposto le mensilità previste dal contratto, il calciatore ha la facoltà di inoltrare apposito ricorso al Collegio Arbitrale previsto negli Accordi tra associazione italiana calciatori e le varie Leghe. Segnatamente, l’Accordo collettivo tra Associazione Italiana Calciatori, F.I.G.C. – Lega Nazionale Professionisti e Lega Professionisti di Serie C, dispone, all’art. 16: «Il calciatore ha diritto di ottenere, con ricorso al Collegio Arbitrale, il risarcimento del danno e/o la risoluzione del contratto quando la società abbia commesso violazioni degli obblighi contrattuali cui è tenuta nei suoi confronti». Ed il successivo art. 17 precisa che «costituisce, comunque, motivo di risoluzione del contratto la morosità della società nel pagamento del rateo mensile degli emolumenti fissi, qualora si protragga oltre il ventesimo giorno successivo al termine previsto nel precedente art. 7. In tale caso, il calciatore, in deroga alle modalità procedurali previste dall’art. 15, ottiene la risoluzione del contratto, sempre che abbia provveduto a mettere in mora la società stessa con lettera raccomandata a.r. inviata in copia alla Lega competente e spedita dopo maturato l’intero periodo della morosità». Tutto ciò in un complessivo quadro normativo e federale particolarmente attento alle ragioni (anche di natura economica) dei tesserati e dei calciatori. Così, ad esempio, la già sopra ricordata necessità della forma scritta degli accordi collettivi dello sport, imposta dalla lettera dell'art. 4 della legge n. 91/1981, strumento, quello della forma vincolata, che consente alle Federazioni sportive nazionali di esercitare un controllo sul contenuto della contrattazione e degli accordi-tipo. Oppure, la norma di cui all’art. 93 N.O.I.F. in forza della quale i «contratti che regolano i rapporti economici e normativi tra le società ed i calciatori “professionisti” o gli allenatori devono essere conformi a quelli “tipo” previsti dagli accordi collettivi con le Associazioni di categoria e redatti su appositi moduli forniti dalla Lega di competenza». O, ancora, la sottoposizione delle società professionistiche ad un penetrante controllo sui bilanci, sul rispetto di alcuni parametri patrimoniali e sul corretto adempimento delle obbligazioni di contenuto retributivo e tributario-contributivo, che, condizionando la stessa partecipazione delle società ai campionati di competenza, garantisce una corretta gestione delle società medesime e, indirettamente, una efficace tutela dei crediti da esse assunti verso i terzi e verso i propri dipendenti, riducendo in tal modo il pericolo di insolvenze sovente, invece, rinvenibili in altri settori del lavoro di tipo dipendente. Peraltro, occorre ricordare come in materia di obbligazioni viga un impegno di cooperazione alla realizzazione dell'interesse della controparte a cui l'obbligato — in relazione alla natura del rapporto, alle qualità soggettive del debitore stesso e al complesso delle circostanze del caso concreto — è tenuto. Con la conseguenza che il lavoratore, a giustificazione della mancata prestazione, invochi la rilevanza scriminante del putativo esercizio del diritto di sciopero, l'inadempimento è incolpevole solo se il convincimento dello stesso si sia accompagnato ad un comportamento idoneo ad integrare un impegno di cooperazione (cfr. Cassazione 3.5.2011, n. 9714). In definitiva, alla luce del complessivo quadro normativo e regolamentare sopra ricordato, i calciatori in questa sede reclamanti, astenendosi dalla propria prestazione lavorativa relativamente alla gara Brindisi – Manfredonia del 9.5.2010, hanno violato la disposizione di cui all’art. 1 C.G.S., secondo cui «le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». In relazione a tale angolo visuale, per inciso, del tutto infondata appare la tesi agitata da alcuni reclamanti in ordine alla mancanza, nell’ordinamento sportivo, di una specifica norma che imponga un determinato comportamento da parte del tesserato, nell’ambito della quale, quindi, possa ricondursi e si sostanzi la citata previsione normativa che, in difetto, rimarrebbe generica e tamquam non esset. Infatti, come già affermato da questa stessa Corte di Giustizia Federale e ricordato nella qui appellata decisione, la predetta disposizione sanzionatoria «è norma a contenuto libero, non vincolato, con la conseguenza che può realizzarsi una violazione del precetto in essa contenuto con una molteplicità di comportamenti non altrimenti tipizzabili, e, forse, potrebbe fondatamente sostenersi anche che essa costituisce norma di chiusura nei confronti di attività non sussumibili in differenti tipi di illecito disciplinare» (Com. Uff. n. 211/CGF del 5.6.2008). Peraltro, la condotta posta in essere dai calciatori di cui trattasi quale reazione alla grave situazione in cui l’inadempimento della società in ordine alla mancata corresponsione degli emolumenti li ha costretti, pur comprensibile sul piano della correlata vicenda umana ed emotiva, la quale merita sicura solidarietà, come correttamente anche rilevato dalla C.D.N., non resta scriminata e la mancata partecipazione alla gara di cui si è detto si traduce in una evidente, quanto rilevante violazione dei doveri di ciascun associato alla F.I.G.C.. Doveri quali anche consacrati nell’art. 92 N.O.I.F., ai sensi del quale «i tesserati sono tenuti all’osservanza delle disposizioni emanate dalla F.I.G.C. e dalle rispettive Leghe nonché delle prescrizioni dettate dalla società di appartenenza. I calciatori “professionisti” e gli allenatori sono tenuti altresì all’ottemperanza degli accordi collettivi e di ogni legittima pattuizione contenuta nei contratti individuali. Nei casi di inadempienza si applicano le sanzioni previste in tali contratti». Gravità e rilevanza del comportamento attestata anche dall’alterazione della regolarità del campionato, che, sebbene involge un giudizio da effettuarsi ex ante, nel caso di specie è, ad abundantiam, confermata anche da una valutazione ex post, considerato che, il Brindisi, superando agevolmente il Manfredonia nell’incontro di cui trattasi, come affermato da alcuni degli stessi ricorrenti, ha scalato una posizione in classifica, con evidente ripercussione sul successivo prosieguo dei play-off. E non è certo necessario rammentare che il principio dell’ordinato e regolare svolgimento delle competizioni sportive è uno dei principi fondamentali cui è improntato l’ordinamento sportivo ed al quale deve ispirarsi l’attività di ogni tesserato. In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati, con piena conferma, per l’effetto, della decisione impugnata, congrua, in considerazione della particolarità della fattispecie e tenuto conto delle ragioni sottese all’iniziativa assunta dai calciatori, anche con riferimento alla determinazione della sanzione. Per questi motivi la C.G.F. riuniti preliminarmente i ricorsi come sopra proposti dai calciatori: Maiorino Pasquale, Arigò Davide, Ferrari Nicola, Carminati De Olivera Barros Raphael, Di Toro Elio, Marruocco Vincenzo, Moro Soldera Jonatas, li respinge. Dispone addebitarsi le rispettive tasse reclamo.
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