F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sui Comunicati ufficiali n. 002/CGF del 2 -3- 5 e 6 Luglio 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 13/CGF del 20 Luglio 2012 7) RICORSO DEL CALC. MARIO CASSANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 9, 7 COMMI 1, 2, 5 E 6, 1 COMMA 1, E 6 C.G.S. IN RELAZIONE ALLE GARE ALBINOLEFFE – PIACENZA DEL 20.12.2010 E ATALANTA – PIACENZA DEL 19.3.2011, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sui Comunicati ufficiali n. 002/CGF del 2 -3- 5 e 6 Luglio 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 13/CGF del 20 Luglio 2012
7) RICORSO DEL CALC. MARIO CASSANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 9, 7 COMMI 1, 2, 5 E 6, 1 COMMA 1, E 6 C.G.S. IN RELAZIONE ALLE GARE ALBINOLEFFE – PIACENZA DEL 20.12.2010 E ATALANTA – PIACENZA DEL 19.3.2011, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)
Con atto dell'8 maggio 2012 il Procuratore Federale – ricevuta la relazione del proprio ufficio del giorno precedente – deferiva, tra gli altri, alla Commissione Disciplinare Nazionale Luigi Sartor (che riteneva assoggettato alla giurisdizione disciplinare federale, ai sensi dell'art. 4 del Regolamento FIFA sullo status e sul trasferimento dei calciatori, per le condotte poste in essere fino al 19 ottobre 2011, e cioè allo spirare dei trenta mesi decorrenti dalla disputa della sua ultima gara per la società Ternana Calcio S.p.A.), Alessandro Zamperini (analogamente sottoposto alla giurisdizione federale per le condotte poste in essere fino al 26 ottobre 2011, e cioè allo spirare dei trenta mesi decorrenti dalla disputa della sua ultima gara per la Società G.S. Fidene) e Mario Cassano (tesserato, tra il 2005 ed il 2010, per le Società Piacenza F.C. S.p.A., Reggina Calcio S.p.A e U.C. Sampdoria S.p.A, questi due ultimi trasferimenti in prestito dalla prima società) per la violazione dell'art. 9 C.G.S. per essersi associati tra loro ed anche con altri soggetti (alcuni dei quali già definitivamente giudicati in sede federale), allo scopo di commettere una serie indeterminata di illeciti disciplinari, fra i quali illeciti sportivi ex art. 7 C.G.S. ed effettuazione di scommesse illecite ex artt. 1 e 6 C.G.S., avvalendosi di un assetto stabile e della distribuzione di ruoli (a titolo di responsabilità oggettiva venivano chiamate a rispondere anche le società per le quali i deferiti erano stati durante il periodo rilevante tesserati). Ai deferiti Zamperini e Cassano venivano contestati, nel medesimo atto di deferimento, ulteriori condotte illecite, rispettivamente consistenti nella violazione dell'art. 7 C.G.S. in relazione alla gara di Coppa Italia Cesena – Gubbio del 30 novembre 2011 (in vista della quale avrebbe infruttuosamente preso contatti diretti allo scopo alterativo del risultato della gara con il calciatore del Gubbio Simone Farina) ed in quella degli articoli 1 e 6 dello stesso codice (per aver accettato ed essersi adoperato per effettuare scommesse quale interposta persona in relazione alla gara Albinoleffe – Piacenza del 20 dicembre 2010) e, quanto a Cassano, nella violazione dell'art. 7, comma 6, CGS in relazione alla gara prima indicata ed alla gara Atalanta - Piacenza del 19 marzo 2011 (della violazione veniva chiamato a rispondere in concorso con altri tesserati) e degli articoli 1 e 6 CGS in relazione alla sola menzionata gara Albinoleffe – Piacenza. Nell'atto di deferimento, dopo il richiamo alle pronunce definitive rese nell'agosto 2011 in ambito federale con riguardo ad altri, connessi procedimenti per violazioni analoghe, si dava conto degli esiti fino ad allora prodotti dall'indagine svolta dagli uffici giudiziari di Cremona ed in particolare dell'attività d'indagine anteriore e successiva all'emanazione, in data 9 dicembre 2011, da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di quella sede, di un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti, tra gli altri, di Luigi Sartor ed Alessandro Zamperini, cui veniva contestato, con altre persone sottoposte ad indagini, il delitto associativo di cui agli articoli 416, commi 1,2,3 e 5 c.p. e 3 e 4 L. 16 marzo 2006 n. 146 rivolto allo scopo di realizzare, anche a livello transnazionale, delitti di frode in competizione sportiva, alterandone i risultati, sì da conseguire vincite in scommesse effettuate avvalendosi dello strumento della “corruzione” di partecipanti a vario titolo alle competizioni. Nel provvedimento giudiziario, analiticamente illustrato nell'atto di deferimento, si contestava: a) a Zamperini l'attività di reclutamento di calciatori per la manipolazione delle partite su cui scommettere – come nel caso, peraltro non coronato da successo, della gara Cesena – Gubbio – nonché di aver intrattenuto numerosi contatti telefonici con altri associati (Gervasini, Tan Seet , Ilievski), “con evidenti finalità corruttive”; b) a Sartor di avere costituito il contatto stabile tra il gruppo italiano (facente capo a Giuseppe Signori, già dichiarato responsabile delle violazioni ascrittegli in sede disciplinare sportiva nell'agosto 2011) e quello di Singapore dei partecipanti al sodalizio nonché di aver accompagnato dall'aeroporto di Milano alla abitazione bolognese di Signori l’altro associato Kheng Pho Hock. Sulla base di queste premesse il Procuratore Federale poneva in rilievo, da un canto, il carattere internazionale dell'associazione per cui si procedeva penalmente e della quale avrebbero
fatto parte i deferiti Zamperini e Sartor, e, d'altro canto, l'articolata struttura, determinata secondo i canoni della previsione dell'art. 9 CGS, dell'organizzazione, di cui si sottolineavano le ramificazioni territoriali, le forme di finanziamento e di promozione delle attività illecite, la distribuzione dei compiti tra i partecipanti. Veniva anche sottolineato l'apporto interattivo sussistente tra il ramo italiano dell'associazione ed il suo centro ideativo ed operativo, sito in Singapore, che operava anche attraverso agenti slavi. Quanto a Sartor si diceva dei frequenti contatti con cittadini di Singapore e della conversazione telefonica con altra persona (Antonio Bellavista), già condannata lo scorso anno in sede sportiva; nell'atto di deferimento si richiamavano, inoltre, le dichiarazioni di Massimo Erodiani (anch'egli interessato dal precedente giudizio disciplinare), che aveva appreso dal gruppo dei “bolognesi” (su cui si sono soffermate le decisioni del 2011) che Sartor intratteneva per il gruppo rapporti con gli affiliati di Singapore ed altri contatti telefonici (inizialmente avvenuti con utenze, nel tempo abbandonate). Quanto a Zamperini il Procuratore Federale fondava, in primo luogo, la propria pretesa punitiva sulla denuncia del calciatore Simone Farina del Gubbio in merito all'offerta – immediatamente denunciata – di somme di denaro in vista dell'alterazione della gara di Coppa Italia con il Cesena. Veniva, ulteriormente, segnalata la copiosa attività di contatti telefonici con altri accusati in sede penale di partecipazione all'associazione (Gervasoni). Quanto a Cassano, il deferimento si concentrava sulla gara Atalanta – Piacenza e sulla circostanza – appresa attraverso le dichiarazioni di Zamperini – che egli presentò allo stesso Zamperini il calciatore (e concorrente) Gervasoni: quanto alla ricorrenza delle fattispecie di cui all'art. 7 CGS in relazione alle gare in questione, ed alla nozione di illecito associativo in ambito federale, si faceva rinvio ai precedenti provvedimenti del 2011. In ordine alla posizione assunta in fase istruttoria dagli incolpati il Procuratore Federale precisava che: a) Zamperini confermava l'incontro con Farina, pur negando qualsiasi finalità illecita e chiarendo di essersi limitato a prospettare all’altra parte l'interesse di alcuni scommettitori a “fare dei regali”; b) Sartor escludeva la sussistenza della giurisdizione sportiva, in quanto privo di tesseramento all'epoca di commissione dei fatti rilevanti; c) Cassano respingeva ogni addebito e negava di aver riferito a Gervasoni circa accordi alterativi del risultato di Albinoleffe – Piacenza nonchè di aver scommesso, tramite Zamperini, su tale gara. Nel corso delle udienze davanti alla Commissione Disciplinare Nazionale tutti i deferiti respingevano le accuse, mentre Sartor ribadiva preliminarmente il difetto di giurisdizione federale. Con decisione pubblicata il 18 giugno 2012 la CDN dichiarava tutti e tre i deferiti colpevoli delle violazioni loro ascritte e condannava ciascuno alla squalifica per cinque anni con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.. Osservavano i primi giudici che era da ritenersi provata la ricorrenza dell'associazione prevista dall'art. 9 CGS e la partecipazione ad essa dei tre deferiti, in forma organica e non occasionale, alla stregua delle risultanze delle indagini penali e della Procura Federale. In particolare, quanto alla posizione di Cassano la C.D.N. rilevava che il suo ruolo associativo si desumeva dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti il 2 febbraio 2012 dal GIP del Tribunale di Cremona per il delitto di associazione per delinquere in cui gli veniva rivolta l'accusa di aver, nell'aprile del 2011, messo in contatto, al fine di consentire la manipolazione di partite di calcio di serie A, il coincolpato Zamperini e Hristian Ilievski, appartenente al gruppo dei cosiddetti “zingari” (e sottoposto, a propria volta, ad indagini penali a Cremona sempre per delitti associativi). Altri elementi assertivi della responsabilità di Cassano erano costituiti, ad avviso della C.D.N., dalle seguenti circostanze: a) la dichiarazione giudiziale di Zamperini secondo cui Cassano gli aveva presentato Gervasoni attraverso il collegamento Skype, allo scopo di creare una rete di collegamento con altri calciatori; b) le dichiarazioni giudiziali di Gervasoni secondo cui egli stesso e Cassano avrebbero raggiunto accordi con Alma Gegic (sottoposto ad indagini penali per delitti associativi in materia di frode sportiva) per l'alterazione della gara Atalanta – Piacenza del 19 marzo 2011, ricevendone una somma compresa tra 80.000 e 90.000 euro, nonché con altra “cordata”; c) la partecipazione del deferito ad altra condotta alterativa di gara, esattamente quella tra Albinoleffe e Piacenza del 20 ottobre 2010, in concorso con altri tesserati, sulla quale anche Cassano aveva effettuato scommesse per interposta persona. Quanto alla responsabilità di Sartor ex art. 9 CGS la C.D.N., premessa la giurisdizione federale alla luce della giurisprudenza di questa Corte e dell'art. 4 del regolamento FIFA, poneva in rilievo le seguenti circostanze:
a) la provata (in sede di indagini penali) serie di contatti con Giuseppe Signori ed Antonio Bellavista, già condannato ai sensi dell'art. 9 C.G.S. in via definitiva;
b) la altrettanto provata ricorrenza di contatti, anche in Italia, con cittadini di Singapore, appartenenti all'associazione internazionale contro cui si procede penalmente;
c) la frequenza di comunicazioni telefoniche con utenze del paese asiatico;
d) la natura della conversazione telefonica del 24 marzo 2011 con Bellavista in cui si esprimono delusione per taluni inattesi risultati di gare e preoccupazioni per i possibili riflessi;
e) dalle dichiarazioni del consulente fiscale di Signori e da quelle di Erodiani – già condannato definitivamente ex art. 9 C.G.S. in sede sportiva – che ne mettevano in rilievo, rispettivamente, la funzione di “contatto con Signori” e di “contabile del gruppo” incaricato di “gestire in prima persona i rapporti con i soggetti di Singapore”;
f) il cambio di utenze telefoniche dopo la diffusione della notizia dell'esistenza di indagini penali. Quanto alla responsabilità di Zamperini in ordine all'illecito associativo i primi giudici ravvisavano le seguenti circostanze:
a) la deposizione di Simone Farina con riguardo alla proposta corruttiva di circa € 200.000,00 per un risultato Over rivoltagli, alla presenza di altra persona, dal deferito per la gara Gubbio – Cesena, con la precisazione che vi era “un gruppo di persone che scommetteva in Asia e che il capo era un indonesiano, che a sua volta si avvaleva di un macedone”;
b) l’ammissione di contatti con Gervasoni e Ilievski grazie all’iniziativa di Cassano;
c) la conoscenza di particolari sulla vita dell'associazione solo accessibili a chi ne faccia attivamente parte. Quanto alla responsabilità di Cassano in relazione alla gara Albinoleffe – Piacenza del 20 dicembre 2010 la C.D.N. ha ritenuto provato, alla stregua in particolare delle dichiarazioni (sostenute dal riscontro di altre) rese da Gervasoni sia all'autorità giudiziaria sia alla Procura Federale, che egli – come avrebbe confidato allo stesso Gervasoni – avrebbe concordato con altri coincolpati il risultato della gara, comunicando la decisione al proprio Direttore sportivo, per poi scommettere direttamente sul relativo esito. Sempre con riguardo alla gara da ultimo menzionata è stata in primo grado affermata, sulla base delle medesime dichiarazioni accusatorie appena citate, la responsabilità di Zamperini per aver accettato, ed essersi adoperato per effettuare, scommesse quale soggetto interposto di altri scommettitori. Ed infine, la responsabilità di Cassano quanto all'alterazione del risultato Albinoleffe - Piacenza è stata affermata alla luce degli elementi di giudizio già espressi da questa Corte nella propria decisione definitiva del 18 agosto 2011 e delle dichiarazioni accusatorie di altri coincolpati, a propria volta munite di ulteriore riscontro. Contro la decisione del 18 giugno 2012 ciascuno dei deferiti ha proposto autonoma impugnazione a questa Corte, chiedendone l’integrale riforma. Con il proprio appello Cassano ha in primo luogo impugnato le ordinanze dibattimentali con cui sono state rispettivamente respinte dai primi giudici le richieste di sospensione del procedimento disciplinare per la pregiudiziale influenza di quello penale e di svolgimento di attività istruttoria essenziale al fine del pieno esercizio del diritto di difesa. Nel merito l’appellante contesta i criteri applicati dalla C.D.N. ai fini della ricostruzione degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 9 C.G.S. e, in particolare, la mancata estensione dei principi propri del diritto penale alla corrispondente materia disciplinare. Nel merito si contestava che sussistessero mezzi di prova diretta, o forme di riscontro alle altrui dichiarazioni accusatorie, dimostrativi dell’esistenza di collegamenti tra l’appellante e l’associazione. In particolare, venivano considerate inattendibili e calunniose le dichiarazioni rese nel tempo dal tesserato Gervasoni. Eguali censure venivano mosse con riferimento alle due gare della cui alterazione l’appellante era stato chiamato a rispondere in concorso con altre persone. Quanto alla gara Atalanta – Piacenza del 19 marzo 2011 veniva rilevato che le dichiarazioni
accusatorie di Gervasoni e Doni erano tra loro contraddittorie, così come si sottolineava che l’incontro tra Gervasoni e Zamperini, che l’appellante avrebbe agevolato, fu posteriore allo svolgimento della partita. Analogamente si deduceva la inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie di Gervasoni con riferimento alla gara Albinoleffe – Piacenza. All’udienza di discussione del 2 luglio 2012 entrambi i difensori dell’appellante svolgevano oralmente i propri argomenti, rinnovando le istanze istruttorie e le richieste di merito formulate nell’atto di impugnazione. Essi producevano una copia dell’ordinanza del Tribunale di Riesame di Brescia data 28 giugno 2012 relativa alla posizione del tesserato Bertani nonché ordinanza del G.i.p presso il Tribunale di Cremona del 23 giugno 2012 che disponeva la revoca dell’obbligo di firma a carico di Cassano. Dal primo dei due documenti giudiziari la difesa faceva discendere
l’insussistenza dell’ipotesi associativa a suo carico. La Procura Federale analiticamente confutava gli argomenti difensivi, sostenendo l’ineccepibilità della decisione impugnata, di cui chiedeva la conferma.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via logicamente preliminare, va esaminata la questione, sollevata con i primi motivi d’appello, della legittimità delle ordinanze dibattimentali di primo grado con cui, rispettivamente negata la sussistenza della pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo e riaffermata l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dal Codice di Giustizia Sportiva, sono state rigettate le richieste difensive – oggi ribadite – di sospensione del presente giudizio e di ammissione di mezzi di prova, in particolare consistenti nell’escussione di coincolpati. La Corte non ha dubbi nel ritenere che le ordinanze non meritino alcuna censura, essendosi motivatamente mosse nel solco della costante giurisprudenza federale. Ed infatti, è storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia degli ordinamenti settoriali riconosciuti, come l’ordinamento sportivo, da quello generale debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orienta,menti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazione che si dovessero verificare al suo interno. E’, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare in linea generale la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta
ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Non vi è, quindi, alcun bisogno di sospendere il procedimento disciplinare se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio già giudicato dagli organi di giustizia sportiva congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate, senza subordinare all’esito di un procedimento che si svolge in ambiti e tempi sensibilmente diversi, con parametri e criteri di raccolta e valutazione degli elementi di giudizio non coincidenti, la propria esigenza di pronto ristabilimento dell’ordine violato, a beneficio degli altri consociati ed a difesa del bene comune. D’altra parte, la tesi dell’obbligatoria sospensione del procedimento sportivo in attesa della definizione con sentenza irrevocabile di quello penale non riesce a superare la controprova logica della sua fondatezza, e cioè della diretta vincolatività per l’ordinamento sportivo di ogni pronuncia penale e della conseguente, obbligatoria conformazione ad essa: una costruzione così radicale finirebbe per contraddire o vanificare l’essenza stessa dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, degradandolo a semplice recettore di regole e disposizioni eteronome. Non può, in ogni caso, dimenticarsi che, nell’ipotesi di sopravvenuto mutamento del quadro fattuale posto a fondamento dei provvedimenti degli organi di giustizia sportiva, l’Ordinamento federale – in ciò
spontaneamente adattatosi alle scelte compiute da quello generale – ha saputo predisporre rimedi adeguati, quali la revisione e la revocazione dei provvedimenti giustiziali. Sulla scorta delle precedenti considerazioni, la Corte risolutamente esclude che il presente procedimento debba essere sospeso e rileva che, tra i valori fondativi dell’ordinamento sportivo, campeggia quello della celere definizione dei procedimenti disciplinari: tale valore, che palesa l’esigenza di certezza e stabilità delle posizioni soggettive dei tesserati, dati i loro riverberi sull’assetto dell’intero ordinamento, sarebbe sicuramente compromesso dalla soluzione opposta. Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riguardo alle richieste istruttorie ripetute dall’appellante. Ad esse ha esattamente, ed in omaggio ad una giurisprudenza che ha resistito nel corso di lunghi anni, replicato la Commissione di primo grado osservando che le regole del procedimento sportivo, cui gli organi di giustizia sono tenuti ad uniformarsi, non prevedono il dovere del giudicante di allargare l’orizzonte del materiale probatorio già acquisito, se questo soddisfa a suo avviso le esigenze del giudizio, né di sottoporre – come nel caso di specie – ad interrogatorio altri coincolpati, in ipotesi indisponibili a sostenerlo. Del resto, è appena il caso di osservare che l’eventuale insufficienze del materiale probatorio non potrebbe che risolversi negativamente per l’accusa, nel caso essa non riuscisse a provare la colpevolezza del deferito alla luce degli atti e dei documenti prodotti: su essa naturalmente grava l’onere di dimostrazione della responsabilità dei tesserati. Da questo punto di vista, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova mediante produzione documentale, come è reiteratamente accaduto nei due gradi del presente giudizio. Venendo adesso al merito, il primo compito che attende la Corte riguarda la individuazione del filo conduttore che deve guidare l’interprete nella ricerca degli elementi costitutivi della fattispecie di illecito associativo previsto e punito dall’art. 9 C.G.S.. La questione ha già trovato esame e risposta da queste Sezioni Unite nel corso dei procedimenti svoltisi davanti ad essa il 18 agosto 2011, poi definiti con una pluralità di decisioni. In particolare, come emerge dal Com. Uff. n. 30/CGF della medesima data, relativo alla posizione del tesserato Marco Paoloni, è da ritenere che a dar vita al sodalizio riconducibile alla previsione dell’art. 9 più volte citato concorre una pluralità di elementi materiali, psicologici, causalmente orientati, strumentali, finalistici (rinvenibili nell’uso di mezzi idonei a favorire la costante e assidua comunicazione tra gli associati, nella pluralità di contatti tra essi, nel ricorso a modalità comunicative auspicabilmente capaci di sfuggire a captazione o decifrazione, nella consapevolezza del fine e del perimetro dell’azione propria e di quella degli associati – o dell’associato – di riferimento, nella vastità e cospicuità degli interessi patrimoniali implicati nell’attività di scommessa, nell’abitualità di quest’ultima, nella finalizzazione ad essa – ed ai desiderati benefici pecuniari - delle condotte degli associati in modo tanto intenso da caratterizzarla come stile di vita). Da questa giurisprudenza, cui, sia pur senza esplicitamente menzionarla, si sono sostanzialmente attenuti i Giudici di primo grado nelle premesse al proprio provvedimento e nell’esame delle posizioni dei singolo accusati di partecipazione all’associazione illecita, occorre, pertanto, tener conto nella decisione del presente appello. Va, peraltro, ricordato che è stato, altresì affermato, da queste Sezioni Unite nella prima ricordata pronuncia che né la lettera né lo spirito della disposizione di cui all’art. 9 C.G.S. predicano la necessità che tra ciascuno degli associati debbano intercorrere rapporti diretti e che il vincolo nascente dal sodalizio debba stringere ognuno dei partecipanti con tutti gli altri, essendo, piuttosto, necessaria la stipulativa convergenza di più energie individuali verso un comune scopo illecito, conseguibile attraverso apporti personali variamente combinati tra loro e certo non postulanti la simultanea partecipazione ad ogni dispiegamento di condotta. È , quindi, da ritenere che la radice della figura di illecito federale di recente conio consista nella esigenza punitiva di condotte frutto di un patto antigiuridico, rivolte al conseguimento, tramite circoscritti apporti individuali, da un comune, illecito vantaggio. Si è parimenti affermato da queste Sezioni Unite che la comunanza di scopi e la solidità dell’assetto costituiscono, nel disegno della normativa federale, gli elementi costitutivi della figura di cui si tratta. Va preliminarmente osservato che il riferito orientamento giurisprudenziale endofederale si pone in linea di continuità con il consolidato indirizzo assunto a proposito del delitto di cui all’art. 416 c.p. dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria. E ciò sia con riguardo agli elementi costitutivi ed alla struttura dell’illecito sia con riguardo al rapporto tra illecito-mezzo ed illecito-fine sia, infine, con riguardo ai canoni probatori utilizzabili nel processo di verifica della sussistenza degli elementi costitutivi dell’associazione. Quest’ultima notazione esclude, come potrà agevolmente rilevarsi dal prosieguo del ragionamento, l’ipotesi di inconciliabilità tra principi posti dalla giurisprudenza ordinaria e criteri di giudizio stabiliti da quella sportiva, anche in relazione ai rapporti di inerenza al sodalizio di singole condotte illecite sfociate nella commissione di atti costituenti mezzo per la consecuzione del progetto vietato. Ciò premesso in via generale è da rilevare che, in merito alla specifica posizione dell’appellante in seno all’associazione, le ragioni incriminatrici sono state individuate nei termini che di seguito ci si accinge ad esporre. E ciò, anche grazie a dichiarazioni accusatorie provenienti da altri appartenenti all’associazione, come Gervasoni, la cui credibilità intrinseca va dedotta non soltanto dall’assenza di ragioni di malanimo o rancore nei confronti delle persone (come l’appellante) di cui hanno contribuito a rivelare o chiarire aspetti di condotte illecite e dalla ricchezza delle narrazioni e dei dettagli, tipicamente riferibili ai conoscitori della vita dell’associazione per averne fatto parte. La credibilità è ulteriormente rafforzata dai significativi riscontri che le dichiarazioni hanno ottenuto in forma oggettiva, come quelli relativi alle gare Atalanta – Piacenza e Piacenza – Albinoleffe, per ciò che attiene - come già - visto sia alle testimonianze di Doni, Erodiani e Federico Cossato sia all’accertata anomalia dell’ammontare di scommesse effettuate sulle seconda delle due partite. In primo luogo, è da rilevare che nella prospettazione accusatoria – che ha trovato suffragio nella decisione impugnata – si è vista attribuire uno speciale rilievo la somma degli elementi desumibili dall’articolato procedimento penale in corso a Cremona ( N. 3628/10 R.G. N. R.). Come è noto, nel corso di tal procedimento il Giudice per le Indagini Preliminari ha emesso, in data 2 febbraio 2012, un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Mario Cassano, accusato, in concorso con altre persone (tra le quali i co-incolpati Luigi Sartor ed Alessandro Zamperini), del delitto di cui all’art. 416 commmi 1,2, 3 e 5 del c. p. e di cui all’art. 4 della legge 16 marzo 2006 n. 146. In particolare, al Cassano veniva contestato di aver fornito, in via permanente fino alla data della misura restrittiva della libertà personale, uno stabile contributo al sodalizio criminoso, desunto dai seguenti aspetti comportamentali:
a) aver messo in contatto nell’aprile 2011, al fine di consentire la manipolazione di partite di calcio della serie A, Alessandro Zamperini e Hristian Ilievski, entrambi appartenenti al gruppo associato e già colpiti da analoga misura alla fine del 2011;
b) aver ricevuto insieme all’altro associato Carlo Gervasoni ed al tesserato Catinali, 20.000 euro per aver contribuito al raggiungimento del risultato Over al termine della partita Siena – Piacenza del 19 febbraio 2011;
c) aver contribuito all’alterazione del risultato della partita Atalanta – Piacenza, disputata il 19 marzo 2011 e terminata con il risultato di 3 a 0 a favore della squadra di casa, fornendo al tesserato dell’Atalanta Cristiano Doni indicazioni su come avrebbe dovuto eseguire il calcio di rigore per trasformarlo ai danni della squadra di cui la persona sottoposta ad indagini era il portiere in campo;
d) aver contribuito all’alterazione del risultato della partita Albinoleffe – Piacenza del 20 dicembre 2010, terminata con il risultato di 3 a 3. Nel proprio provvedimento, il G.i.p. di Cremona poneva in rilievo che Cassano aveva svolto per un periodo di tempo apprezzabile attività di intermediazione tra il braccio operativo dell’organizzazione, i cosiddetti “zingari”, e i calciatori corrotti o da corrompere. Al riguardo, si citano le dichiarazioni rese dal coincolpato Zamperini davanti al pubblico Ministero il 27 dicembre 2011 in cui si riferiva della conoscenza, fatta dal dichiarante attraverso Cassano, con il coincolpato Gervasoni, che disse – conformemente a quanto anticipato da Cassano – che “voleva farmi parlare con delle persone”. Zamperini aggiunse anche di aver successivamente avuto contatti con lo Ilievski che gli disse “che aveva necessità di conoscere quanti più possibile giocatori di calcio in quanto lui ed altre persone intendevano proporre la manipolazione di alcune partite”. Nell’ordinanza veniva anche tratteggiata la figura di Cassano per ciò che attiene alla partita Atalanta – Piacenza della stagione sportiva 2010/2011. A questo proposito venivano citati i seguenti elementi di accusa:
a) la conversazione telefonica registrata alle 19,37 del 18 marzo 2011 intercorsa tra Massimo Erodiani (già condannato in via definitiva in sede sportiva) ed il commercialista bolognese Francesco Giannone nel corso della quale il primo interlocutore informava l’altro che, con riguardo alla gara, il portiere “aveva fame”, avendo chiesto la corresponsione di € 10.000,00 in più. Nel resoconto della trascrizione della conversazione gli inquirenti notano che Erodiani così si esprime: “quello te lo garantisco io che te lo fanno fare il goal..di’ al portiere che 10 in più ce li ha… e no no quelli ve lo fanno fare il goal… di’ al portiere che dieci in più ce li ha”;
b)l’interrogatorio reso al Pubblico Ministero di Cremona il 22 giugno 2011 da Massimo Erodiani il quale, sempre con riferimento alla gara Atalanta – Piacenza, disse di aver appreso dal tesserato Paoloni (già condannato con sentenza definitiva alla più grave delle pene sportive) che “il portiere Cassano del Piacenza non era disposto ad incassare quattro goal ma al massimo tre. In caso contrario avrebbe preteso altri € 10.000,00 solo per lui”; in conseguenza della inaspettata pretesa del Cassano Erodiani dichiarò di essersi dovuto rivolgere ad una terza persona, anch’essa definitivamente condannata in sede sportiva per l’associazione di cui all’art. 9 C.G.S., perché verificasse la disponibilità dei giocatori dell’Atalanta a lasciar segnare un goal agli avversari, si da produrre il risultato finale con le quattro reti necessarie ad integrare il successo della scommessa Over;
c)le dichiarazioni rese da Cristiano Doni in data 11 gennaio 2012 davanti al Procuratore della Repubblica che, dopo aver preso atto dell’interrogatorio di Erodiani, disse che, dopo l’assegnazione di un calcio di rigore per l’Atalanta che lo stesso Doni si accingeva a battere, era stato avvicinato da Cassano che lo aveva invitato “ a tirare al centro”. Doni raccolse il suggerimento, tirando al centro e trasformando: egli aggiunse che il portiere “si è gettato di lato con largo anticipo, rendendomi ancor più evidente che effettivamente le cose stavano come mi avevano detto”. Secondo il provvedimento restrittivo la descrizione dei fatti effettuata da Doni aveva trovato conferma nella diretta visione della registrazione dell’incontro;
d) dichiarazioni rese da Nicola Santoni nel corso del proprio interrogatorio davanti al P.M. in data 11 gennaio 2012. Il coincolpato riferì di avere appreso dal compartecipe Parlato che il Piacenza avrebbe perso la partita contro l’Atalanta, essendo stato il risultato combinato per effetto del coinvolgimento dei calciatori Gervasoni, Cassano e Conteh;
e) le dichiarazioni rese da Carlo Gervasoni nel corso dell’interrogatorio davanti al G.i.p di Cremona in data 22 dicembre 2011. Gervasoni disse di avere appreso dal compagno di squadra Rikler che “ c’era la possibilità di prendere dei soldi per perdere una partita”. Tra i beneficiari della somma di € 80.000,00 – 90.000,00 percepiti dall’accusato di concorso di delitto associativo di nome Gegic vi era, oltre Gervasoni, anche Cassano. Gervasoni proseguì dicendo che analoga promessa era stata fatta dai fratelli Cossato, anch’essi tesserati, che però non diedero seguito al pagamento della pattuita somma di denaro, allegando a propria scusa il fatto che vi fossero “i conti bloccati”;
f)le dichiarazioni rese sempre da Gervasoni al P.M. di Cremona in data 27 dicembre 2011. Gervasoni disse di aver appreso da Cassano che il risultato dell’incontro Piacenza – Albinoleffe del 20 dicembre 2010 era stato alterato per effetto di un accordo tra i calciatori: Cassano avrebbe scommesso una somma di denaro sull’esito della partita attraverso Zamperini (autonoma scommessa avrebbero effettuato i fratelli Cossato). Nel corso del medesimo interrogatorio Gervasoni proseguì affermando di avere appreso sempre da Cassano di alterazioni di risultati di partite riguardanti il Mantova nella stagione 2008/2009: la squadra lombarda avrebbe superato le difficoltà di classifica grazie al versamento di denaro a calciatori di squadre avversarie che avrebbero favorito il successo dello stesso Mantova;
g) dichiarazioni rese il 21 dicembre 2011 dal coincolpato Nicola Santoni al G.i.p di Cremona. Santoni disse che Cassano gli presentò Zamperini, aggiungendo che egli stesso con Cassano diedero al compartecipe Gegic il numero di Zamperini, nei cui confronti l’Autorità Giudiziaria procedeva per il delitto associativo con misura restrittiva della libertà personale. Per quanto attiene agli elementi di prova raccolti nel corso dell’indagine federale è da rilevare che il tesserato Federico Cossato, nel corso dell’audizione del 26 aprile 2012, ha parlato di un incontro avvenuto con Gervasoni e Cassano alla presenza di Rikler, a distanza di due o tre settimane da uno precedente. Nel corso del secondo incontro, secondo Cossato, Gervasoni gli si sarebbe rivolto con tono alterato formulando la richiesta che il fratello Michele Cossato estinguesse un debito verso di lui. Alla scena il Cassano avrebbe assistito in silenzio. Nel corso dell’audizione del 13 aprile 2012 il calciatore Kewullay Conteh disse al Procuratore Federale, in un intendimento di azione ispirata a piena collaborazione, di aver notato in occasione di Atalanta – Piacenza un comportamento insolito di Cassano al termine della gara, ravvisando nel portiere un umore allegro visto che “sorrideva e cantava”. Cassano non avrebbe replicato alla rimostranza di Conteh che aveva recriminato sull’atteggiamento ilare malgrado la grave sconfitta. L’odierno appellante ha protestato la propria estraneità ai fatti sia nell’interrogatorio reso al G.i.p. di Cremona il 6 febbraio 2012 sia allorché fu sentito dalla Procura Federale il successivo 12 marzo. Nella prima occasione Cassano si limitò ad ammettere di conoscere per ragioni lecite tanto Gervasoni quanto Zamperini. Negava di aver conosciuto Gegic e di aver parlato con Doni a scopi alterativi del risultato di Atalanta – Piacenza; negava, altresì, che esistessero ragioni di astio o inimicizia nei confronti di Carlo Gervasoni. Il tesserato Cristiano Doni, sentito il 29 febbraio 2012 dalla procura federale, ribadiva che, allorché si accingeva a calciare il primo rigore per l’Atalanta nella partita interna contro il Piacenza, fu avvicinato dal portiere avversario Cassano che gli disse: “tiralo centrale”. Egli accolse l’invito segnando dopo che il portiere si era tuffato in anticipo rispetto al tiro. In data 13 aprile 2012 Gervasoni esponeva che, allorché era tesserato con il Piacenza assieme a Cassano, questi gli aveva detto di avere degli amici a Roma, tra cui Zamperini, “con cui scommetteva su partite di calcio”. Gervasoni illustrava anche l’episodio in cui Cassano, utilizzando il suo cellulare, si mise in contatto con Zamperini. Nel corso delle dichiarazioni rilasciate al procuratore federale Cassano smentiva Gervasoni relativamente all’alterazione della gara Albinoleffe – Piacenza ed alla effettuazione di scommesse circa il relativo risultato. Diceva di conoscere anche Santoni, oltre Gervasoni e Zamperini. Esaurita l’opera di ricostruzione del contesto fattuale che qui rileva e richiamati i principi di diritto in materia di illecito associativo, la Corte afferma con assoluta tranquillità che l’appello deve essere rigettato in ciascuno dei suoi profili di merito in quanto la decisione impugnata regge ad un rigoroso esame volto ad escludere in essa carenze argomentative o erronea ed inadeguata valutazione delle prove di responsabilità di Cassano: responsabilità che sussiste senza ombra di dubbio in relazione a ciascuna delle gravissime contestazioni mossegli. Dagli atti del procedimento emerge in modo circostanziato ed inequivocabile che Cassano ha stabilmente fatto parte di un sodalizio votato, sulla base di un patto scellerato, al compimento sistematico di atti fraudolenti in ambito sportivo e che egli è anche colpevole delle violazioni degli artt. 7, 6 e 1 ascrittegli. Per ciò che concerne la partecipazione dell’appellante alla temibile organizzazione, insieme anche al coincolpato Zamperini, si sono già analiticamente riferiti profili dimostrativi, in larga parte riferibili alle accuratissime e minuziose indagini penali ed alle acute analisi compiute dagli Organi inquirenti e dall’Autorità Giudiziaria. È qui sufficiente ricordare il grave episodio di cui l’appellante fu protagonista nel corso della partita Atalanta – Piacenza. Va ancora richiamata la puntuale dichiarazione accusatoria di Santoni, che ha trovato riscontro in quelle di Gervasoni e Conteh. Nello stesso senso si è ripetutamente espresso Gervasoni, che ha pure denunciato di aver tratto vantaggio, assieme allo stesso Cassano, di una ingente somma di denaro rivolta al fine alterativo dell’incontro Piacenza – Albinoleffe. Ed anche a trascurare, in quanto non suffragata in questo procedimento da ulteriori approfondimenti istruttori, la precisa accusa di Gervasoni in merito alle rivelazioni fattegli da Cassano circa illeciti connessi ad incontri del Mantova nella stagione 2008/2009, è da considerare che le dichiarazioni sono rilevanti non in quanto certamente dimostrino la effettiva commissione degli illeciti in parola (sui quali in questa sede non è possibile né necessario esprimere un giudizio, data la loro estraneità al presente procedimento), ma in quanto testimoniano del profondo grado di inerenza del Cassano al mondo dell’illecito sportivo e dell’elevato grado di conoscenza che egli poteva al riguardo vantare. D’altronde, le dichiarazioni di Cassano riguardanti il Mantova non possono certo essere ignorate o sottovalutate sotto l’aspetto di un possibile movente di rancore, difettando del tutto una prova in tal senso. Né potrebbero razionalmente spiegarsi in termini di vanteria nei confronti di Gervasoni: ancora una volta mancherebbe il movente, in quanto resterebbe da comprendere e provare la ragione induttiva o il vantaggio che Cassano potrebbe aver tratto dall’estensione di un’accusa così grave ad una società che non era stata in alcun modo oggetto di accordi o confidenze con Gervasoni. Ed ancora, va attribuito il peso che meritano alle dichiarazioni dell’altro associato Santoni circa la presentazione che egli ebbe di Zamperini attraverso Cassano e, soprattutto, circa i rapporti di entrambi con il perno dell’associazione criminale Gegic, cui fu dato sempre da loro il numero telefonico di Zamperini. Di non minore interesse è poi il racconto di Gervasoni, non smentito nei suoi profili storico logistici da Federico Cossato, circa un incontro svoltosi a Piacenza tra lo stesso Cossato, Gervasoni, Cassano avente ad oggetto un regolamento di conti che nei confronti dell’associazione avrebbero dovuto essere saldati da Michele Cossato. Ed infine, si pone come conferma chiara ed informata, provenendo da persona già definitivamente condannata in ambito sportivo, la deposizione di Massimo Erodiani nella quale egli ammise l’importante circostanza che l’altro promotore dell’associazione, Marco Paoloni, aveva addebitato a Cassano non solo la piena partecipazione all’illecito commesso in Atalanta – Piacenza, ma la effettuazione della esosa richiesta di essere retribuito con una cifra supplementare di € 10.000,00 allo scopo di incassare un quarto goal in modo da facilitare il risultato sportivo meglio remunerato tra le scommesse. L’aggregazione di ciascuno degli elementi probatori appena passati in rassegna, e di quelli descritti tanto nella parte espositiva quanto all’inizio di quella motiva, conducono la Corte alla seguente, inconfutabile conclusione. In primo luogo, sono con certezza provati, alla stregua delle osservazioni prima svolte, gli episodi alterativi di gare contestati all’appellante: egli percepì somme di denaro e nella seconda gara in ordine di tempo mise a disposizione la propria energia agonistica per tradire, in cambio di utilità personali, l’interesse della propria squadra e le regole di comportamento federali. La seconda conclusione è che questi singoli comportamenti non hanno carattere isolato o occasionale ma costituiscono le modalità attuative dell’articolato e adeguatamente strutturato disegno criminoso, alla cui realizzazione egli partecipò con altri associati all’evidente scopo di attuare il programma sociale di illecita locupletazione da competizioni sportive alterate e, in ogni caso, oggetto di indebite scommesse direttamente effettuate o per interposta persona. Il patto associativo è logicamente dimostrato dalle modalità dell’azione di Cassano, consone e sintoniche rispetto a quella degli altri associati Gervasoni e Zamperini nonché degli estranei alla federazione; ogni condotta dei singoli associati appare perfettamente coerente e funzionale agli interessi dell’associazione e non ne rappresenta solo l’inveramento ma ne prova anche l’attitudine a rafforzare l’organizzazione, basata proprio sulla fedeltà al patto dei singoli associati. Anche i mezzi, indiscutibilmente accertati nei termini prima riportati, utilizzati dall’associazione si sono rivelati cospicui e proficui, come è dimostrato dall’ampia rete di collegamenti endoassociativi, dalla facilità e dal numero dei collegamenti tra gli intranei, dall’irradiamento dell’organizzazione al di fuori dei confini nazionali. La protrazione nel tempo delle condotte esecutive del patto associativo dimostra, infine, la stabilità endemica dell’associazione: è appena il caso di osservare incidentalmente che nessun rilievo contrario a questa statuizione può assumere il provvedimento endoprocedimentale del Tribunale del Riesame di Brescia reso con riferimento alla posizione di altra persona sottoposta alle indagini in nessun modo collegata a quella di Cassano. In conclusione, appaiono pienamente provati, e riferibili alle condotte dell’appellante, gli elementi costitutivi dell’associazione di cui all’art. 9 C.G.S.; altrettanto è da dirsi, alla luce degli argomenti già esposti, con riguardo alle violazioni dell’art. 7 e degli articoli 1 e 6 C.G.S.. Da questo punto di vista nessuna delle censure proposte con l’appello coglie nel segno, così come l’impianto decisorio della sentenza impugnata non può che essere confermato. Quanto alla pena essa non può che consistere nella dichiarazione di assoluta, definitiva, irredimibile incompatibilità della permanenza nei ranghi federali di una persona proclive alla violazione sistematica e per puro calcolo di convenienza delle regole di comportamentali di etica sportiva. Le condotte del tipo di quelle qui esaminate costituiscono una grave minaccia per la credibilità dello sport, per il regolare svolgimento delle sue manifestazioni, per la buona fede di appassionati e sostenitori, per le legittime aspettative degli scommettitori secundum legem: l’autore non può, pertanto, che essere radicalmente e definitivamente rimosso dall’ordinamento che ha dimostrato senza mostrare scrupoli o segni di resipiscenza di disprezzare. Anche sotto questo profilo la decisione impugnata va senza riserve confermata. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Mario Cassano e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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