F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sui Comunicati ufficiali n. 002/CGF del 2 -3- 5 e 6 Luglio 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 13/CGF del 20 Luglio 2012 8) RICORSO DEL CALC. LUIGI SARTOR AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 9, 7, 1 E 6, C.G.S., SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sui Comunicati ufficiali n. 002/CGF del 2 -3- 5 e 6 Luglio 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 13/CGF del 20 Luglio 2012 8) RICORSO DEL CALC. LUIGI SARTOR AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 9, 7, 1 E 6, C.G.S., SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Con atto dell'8 maggio 2012 il Procuratore Federale – ricevuta la relazione del proprio ufficio del giorno precedente – deferiva, tra gli altri, alla Commissione Disciplinare Nazionale Luigi Sartor (che riteneva assoggettato alla giurisdizione disciplinare federale, ai sensi dell'art. 4 del Regolamento FIFA sullo status e sul trasferimento dei calciatori, per le condotte poste in essere fino al 19 ottobre 2011, e cioè allo spirare dei trenta mesi decorrenti dalla disputa della sua ultima gara per la Società Ternana Calcio S.p.A.), Alessandro Zamperini (analogamente sottoposto alla giurisdizione federale per le condotte poste in essere fino al 26 ottobre 2011, e cioè allo spirare dei trenta mesi decorrenti dalla disputa della sua ultima gara per la Società G.S. Fidene) e Mario Cassano (tesserato, tra il 2005 ed il 2010, per le Società Piacenza F.C. S.p.A., Reggina Calcio S.p.A e U.C. Sampdoria S.p.A, questi due ultimi trasferimenti in prestito dalla prima società) per la violazione dell'art. 9 C.G.S. per essersi associati tra loro ed anche con altri soggetti (alcuni dei quali già definitivamente giudicati in sede federale), allo scopo di commettere una serie indeterminata di illeciti disciplinari, fra i quali illeciti sportivi ex art. 7 C.G.S. ed effettuazione di scommesse illecite ex artt. 1 e 6 C.G.S., avvalendosi di un assetto stabile e della distribuzione di ruoli (a titolo di responsabilità oggettiva venivano chiamate a rispondere anche le società per le quali i deferiti erano stati durante il periodo rilevante tesserati). Ai deferiti Zamperini e Cassano venivano contestati, nel medesimo atto di deferimento, ulteriori condotte illecite, rispettivamente consistenti nella violazione dell'art. 7 CGS in relazione alla gara di Coppa Italia Cesena – Gubbio del 30 novembre 2011 (in vista della quale avrebbe infruttuosamente preso contatti diretti allo scopo alterativo del risultato della gara con il calciatore del Gubbio Simone Farina) ed in quella degli articoli 1 e 6 dello stesso codice (per aver accettato ed essersi adoperato per effettuare scommesse quale interposta persona in relazione alla gara Albinoleffe – Piacenza del 20 dicembre 2010) e, quanto a Cassano, nella violazione dell'art. 7, comma 6, C.G.S. in relazione alla gara prima indicata ed alla gara Atalanta - Piacenza del 19 marzo 2011 (della violazione veniva chiamato a rispondere in concorso con altri tesserati) e degli articoli 1 e 6 C.G.S. in relazione alla sola menzionata gara Albinoleffe – Piacenza. Nell'atto di deferimento, dopo il richiamo alle pronunce definitive rese nell'agosto 2011 in ambito federale con riguardo ad altri, connessi procedimenti per violazioni analoghe, si dava conto degli esiti fino ad allora prodotti dall'indagine svolta dagli uffici giudiziari di Cremona ed in particolare dell'attività d'indagine anteriore e successiva all'emanazione, in data 9 dicembre 2011 da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di quella sede, di un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti, tra gli altri, di Luigi Sartor ed Alessandro Zamperini, cui veniva contestato, con altre persone sottoposte ad indagini, il delitto associativo di cui agli articoli 416, commi 1,2,3 e 5 c.p. e 3 e 4 L. 16 marzo 2006 n. 146 rivolto allo scopo di realizzare, anche a livello transnazionale, delitti di frode in competizione sportiva, alterandone i risultati, sì da conseguire vincite in scommesse effettuate avvalendosi dello strumento della “corruzione” di partecipanti a vario titolo alle competizioni. Nel provvedimento giudiziario, analiticamente illustrato nell'atto di deferimento, si contestava: a) a Zamperini l'attività di reclutamento di calciatori per la manipolazione delle partite su cui scommettere – come nel caso, peraltro non coronato da successo, della gara Cesena – Gubbio – nonché di aver intrattenuto numerosi contatti telefonici con altri associati (Gervasi, Tan Seet , Ilievski), “con evidenti finalità corruttive”; b) a Sartor di avere costituito il contatto stabile tra il gruppo italiano (facente capo a Giuseppe Signori, già dichiarato responsabile delle violazioni ascrittegli in sede disciplinare sportiva nell'agosto 2011) e quello di Singapore dei partecipanti al sodalizio nonché di aver accompagnato dall'aeroporto di Milano alla abitazione bolognese di Signori l’altro associato Kheng Pho Hock. Sulla base di queste premesse il Procuratore Federale poneva in rilievo, da un canto, il carattere internazionale dell'associazione per cui si procedeva penalmente e della quale avrebbero fatto parte i deferiti Zamperini e Sartor, e, d'altro canto, l'articolata struttura, determinata secondo i canoni della previsione dell'art. 9 C.G.S., dell'organizzazione, di cui si sottolineavano le ramificazioni territoriali, le forme di finanziamento e di promozione delle attività illecite, la distribuzione dei compiti tra i partecipanti. Veniva anche sottolineato l'apporto interattivo sussistente tra il ramo italiano dell'associazione ed il suo centro ideativo ed operativo, sito in Singapore, che operava anche attraverso agenti slavi. Quanto a Sartor si diceva dei frequenti contatti con cittadini di Singapore e della conversazione telefonica con altra persona (Antonio Bellavista), già condannata lo scorso anno in sede sportiva; nell'atto di deferimento si richiamavano, inoltre, le dichiarazioni di Massimo Erodiani (anch'egli interessato dal precedente giudizio disciplinare), che aveva appreso dal gruppo dei “bolognesi” (su cui si sono soffermate le decisioni del 2011) che Sartor intratteneva per il gruppo rapporti con gli affiliati di Singapore ed altri contatti telefonici (inizialmente avvenuti con utenze, nel tempo abbandonate). Quanto a Zamperini il Procuratore Federale fondava, in primo luogo, la propria pretesa punitive sulla denuncia del calciatore Simone Farina del Gubbio in merito all'offerta – immediatamente denunciata – di somme di denaro in vista dell'alterazione della gara di Coppa Italia con il Cesena. Venivano, ulteriormente, segnalata la copiosa attività di contatti telefonici con altri accusati in sede penale di partecipazione all'associazione (Gervasoni). Quanto a Cassano, il deferimento si concentrava sulla gara Atalanta – Piacenza e sulla circostanza – appresa attraverso le dichiarazioni di Zamperini – che egli presentò allo stesso Zamperini il calciatore (e concorrente) Gervasoni: quanto alla ricorrenza delle fattispecie di cui all'art. 7 C.G.S. in relazione alle gare in questione, ed alla nozione di illecito associativo in ambito federale, si faceva rinvio ai precedenti provvedimenti del 2011. In ordine alla posizione assunta in fase istruttoria dagli incolpati il Procuratore Federale precisava che: a) Zamperini confermava l'incontro con Farina, pur negando qualsiasi finalità illecita e chiarendo di essersi limitato a prospettare all’altra parte l'interesse di alcuni scommettitori a “fare dei regali”; b) Sartor escludeva la sussistenza della giurisdizione sportiva, in quanto privo di tesseramento all'epoca di commissione dei fatti rilevanti; c) Cassano respingeva ogni addebito e negava di aver riferito a Gervasoni circa accordi alterativi del risultato di Albinoleffe – Piacenza nonchè di aver scommesso, tramite Zamperini, su tale gara. Nel corso delle udienze davanti alla Commissione Disciplinare Nazionale tutti i deferiti respingevano le accuse, mentre Sartor ribadiva preliminarmente il difetto di giurisdizione federale. Con decisione pubblicata il 18 giugno 2012 la C.D.N. dichiarava tutti e tre i deferiti colpevoli delle violazioni loro ascritte e condannava ciascuno alla squalifica per cinque anni con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.. Osservavano i primi giudici che era da ritenersi provata la ricorrenza dell'associazione prevista dall'art. 9 C.G.S. e la partecipazione ad essa dei tre deferiti, in forma organica e non occasionale, alla stregua delle risultanze delle indagini penali e della Procura Federale. In particolare, quanto alla posizione di Cassano la C.D.N. rilevava che il suo ruolo associativo si desumeva dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti il 2 febbraio 2012 dal GIP del Tribunale di Cremona per il delitto di associazione per delinquere in cui gli veniva rivolta l'accusa di aver, nell'aprile del 2011, messo in contatto, al fine di consentire la manipolazione di partite di calcio di serie A, il coincolpato Zamperini e Hristian Ilievski, appartenente al gruppo dei cosiddetti “zingari” (e sottoposto, a propria volta, ad indagini penali a Cremona sempre per delitti associativi). Altri elementi assertivi della responsabilità di Cassano erano costituiti, ad avviso della C.D.N., dalle seguenti circostanze: a) la dichiarazione giudiziale di Zamperini secondo cui Cassano gli aveva presentato Gervasoni attraverso il collegamento Skype, allo scopo di creare una rete di collegamento con altri calciatori; b) le dichiarazioni giudiziali di Gervasoni secondo cui egli stesso e Cassano avrebbero raggiunto accordi con Alma Gegic (sottoposto ad indagini penali per delitti associativi in materia di frode sportiva) per l'alterazione della gara Atalanta – Piacenza del 19 marzo 2011, ricevendone una somma compresa tra € 80.000 e 90.000, nonché con altra “cordata”; c) la partecipazione del deferito ad altra condotta alterativa di gara, esattamente quella tra Albinoleffe e Piacenza del 20 ottobre 2010, in concorso con altri tesserati, sulla quale anche Cassano aveva effettuato scommesse per interposta persona. Quanto alla responsabilità di Sartor ex art. 9 C.G.S. la C.D.N., premessa la giurisdizione federale alla luce della giurisprudenza di questa Corte e dell'art. 4 del regolamento FIFA, poneva in rilievo le seguenti circostanze: a) la provata (in sede di indagini penali) serie di contatti con Giuseppe Signori ed Antonio Bellavista, già condannato ai sensi dell'art. 9 C.G.S. in via definitiva; b) la altrettanto provata ricorrenza di contatti, anche in Italia, con cittadini di Singapore, appartenenti all'associazione internazionale contro cui si procede penalmente; c) la frequenza di comunicazioni telefoniche con utenze del paese asiatico; d)la natura della conversazione telefonica del 24 marzo 2011 con Bellavista in cui si esprimono delusione per taluni inattesi risultati di gare e preoccupazioni per i possibili riflessi; e) dalle dichiarazioni del consulente fiscale di Signori e di quelle di Erodiani – già condannato definitivamente ex art. 9 C.G.S. in sede sportiva – che ne mettevano in rilievo, rispettivamente, la funzione di “contatto con Signori” e di “contabile del gruppo” incaricato di “gestire in prima persona i rapporti con i soggetti di Singapore”; f) il cambio di utenze telefoniche dopo la diffusione della notizia dell'esistenza di indagini penali. Quanto alla responsabilità di Zamperini in ordine all'illecito associativo i primi giudici ravvisavano le seguenti circostanze: a) la deposizione di Simone Farina con riguardo alla proposta corruttiva di circa € 200.000,00 per un risultato Over rivoltagli, alla presenza di altra persona, dal deferito per la gara Gubbio – Cesena, con al precisazione che vi era “un gruppo di persone che scommetteva in Asia e che il capo era un indonesiano, che a sua volta si avvaleva di un macedone”; b) l’ammissione di contatti con Gervasoni e Ilievski grazie all’iniziativa di Cassano; c) la conoscenza di particolari sulla vita dell'associazione solo accessibili a chi ne faccia attivamente parte. Quanto alla responsabilità di Cassano in relazione alla gara Albinoleffe – Piacenza del 20 dicembre 2010 la C.D.N. ha ritenuto provato, alla stregua in particolare delle dichiarazioni (sostenute dal riscontro di altre) rese da Gervasoni sia all'autorità giudiziaria sia alla Procura Federale, che egli – come avrebbe confidato allo stesso Gervasoni – avrebbe concordato con altri coincolpati il risultato della gara, comunicando la decisione al proprio Direttore sportivo, per poi scommettere direttamente sul relativo esito. Sempre con riguardo alla gara da ultimo menzionata è stato in primo grado affermata sulla base delle medesime dichiarazioni accusatorie appena citate, la responsabilità di Zamperini per aver accettato, ed essersi adoperato per effettuare, scommesse quale soggetto interposto di altri scommettitori. Ed infine, la responsabilità di Cassano quanto all'alterazione del risultato Albinoleffe - Piacenza è stata affermata alla luce degli elementi di giudizio già espressi da questa Corte nella propria decisione definitiva del 18 agosto 2011 e delle dichiarazioni accusatorie di altri coincolpati, a propria volta munite di ulteriore riscontro. Contro la decisione del 18 giugno 2012 ciascuno dei deferiti ha proposto autonoma impugnazione a questa Corte, chiedendone l’integrale riforma. Con il proprio atto di impugnazione rivolto a questa Corte Luigi Sartor eccepiva, in primo luogo, il difetto di giurisdizione federale; muovendo, in subordine, censure di merito alla decisione impugnata, cui rimproverava l’erronea opinione circa la sussistenza delle condizioni per giudicare l’impugnante quale appartenente all’associazione di cui all’art. 9 C.G.S., in particolare sotto il profilo della carenza di prove circa le finalità illecite possedute dai vari incontri a lui contestati. Quanto all’insussistenza della giurisdizione federale, l’appello si incentrava sulla inapplicabilità al caso di specie della pronuncia del 5 aprile 2011 di queste Sezioni Unite, resa in materia di tesseramento, in quanto essa non indicava il termine finale della perpetuazione della giurisdizione federale. Termine, nel caso di specie ed in conformità alle disposizioni regolamentari Fifa , spirato al momento del deferimento, con la conseguente consumazione del potere di proroga della giurisdizione federale. Né, d’altro canto, potrebbe soccorrere, ad avviso dell’appellante, al recupero della giurisdizione la norma di cui all’art. 19 c. 1 C.G.S. che proroga la giurisdizione federale in caso di violazioni commesse in costanza di tesseramento anche da chi non sia più tesserato al momento del giudizio. E ciò perché le contestazioni mosse all’appellante si riferiscono ad un tempo posteriore a quello del suo ultimo tesseramento con la Ternana Calcio S.p.A. In sede di discussione dibattimentale il difensore produceva un estratto del codice disciplinare Fifa del 2011 il cui art. 3 non menziona gli ex tesserati tra i soggetti sottoposti alla giurisdizione calcistica e richiamava l’ordinanza del Tribunale di Riesame di Brescia del 28 giugno 2012 relativa al tesserato Bertani, quale dimostrazione logica dell’insussistenza dell’illecito associativo. Insisteva in ogni altro argomento e tesi, chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Procura Federale ribadite la propria posizione assertiva, in linea di principio, dell’esattezza della impostazione motivazionale dei Giudici di primo grado eccepiva la immunità da vizi della decisione impugnata, di cui chiedeva la conferma. MOTIVI DELLA DECISIONE Il primo compito che attende la Corte riguarda l’accertamento della sussistenza della propria giurisdizione nei confronti dell’appellante, il cui tesseramento è cessato al termine della stagione sportiva 2008/2009 e la cui ultima gara fu disputata il 19 aprile 2009. Con un duplice, articolato mezzo di censura l’appellante critica la decisione impugnata per aver statuito la sussistenza della giurisdizione federale sulla base del principio della relativa perpetuazione sancito dall’art. 4 del regolamento FIFA, alla cui osservanza la Federazione Italiana è statutariamente tenuta, con la conseguente soggezione del tesserato alla giustizia federale per i trenta mesi successivi alla cessazione del tesseramento. L’appellante contesta, in particolare, che sia conferente alla fattispecie il principio espresso da queste Sezioni Unite nella decisione di cui al Com..Uff. n. 229/CGF della stagione sportiva 2010/2011 del 5 aprile 2011. Va ricordato che in quella decisione queste Sezioni Unite avevano ritenuto direttamente applicabile nel nostro ordinamento sportivo la disposizione di cui all’art. 4 del codice FIFA, in quanto norma di un organismo internazionale cui la Federcalcio aderisce, tesa ad evitare che i comportamenti tenuti da tesserato non più vincolato con Società sportive italiane sfuggano a giudizio ed eventuale punizione. Ad avviso dell’appellante, la pronuncia richiamata non indica, come sarebbe stato necessario ai fini della sua applicazione al caso di specie, il termine finale della proroga di giurisdizione nei confronti di un non più tesserato. Secondo l’impugnante, la norma FIFA, nell’individuare un periodo di ultrattività del tesseramento fino ai trenta mesi successivi alla sua cessazione, implica che, al sopravvenire di tale scadenza, venga meno la giurisdizione federale. Peraltro, la norma internazionale avrebbe una efficacia circoscritta alla materia del tesseramento e troverebbe come proprio presupposto l’ipotesi che, nell’arco temporale prima richiamato, il tesserato riprenda, comunque, l’attività agonistica. La interpretazione proposta dall’appellante porterebbe alla conclusione che, se l’attività riprendesse dopo il decorso dei trenta mesi, verrebbe meno la giurisdizione federale anche nel periodo intermedio, con l’ulteriore conseguenza della inassoggettabilità dell’atleta al potere disciplinare federale per i fatti commessi in quell’arco di tempo. Né a recuperare la giurisdizione federale – venuta meno al compimento dei trenta mesi, e cioè alla data del 19 ottobre 2011 – gioverebbe la norma di cui all’art. 19 c. 1 C.G.S. secondo cui permane la giurisdizione federale nei confronti dei non tesserati chiamati a rispondere di fatti commessi in costanza di tesseramento. La norma sarebbe estranea alla presente fattispecie, in quanto la condizione che ne legittimerebbe la estensione, e cioè che il calciatore fosse tesserato al momento del compimento dei fatti rilevanti, non ricorre nel caso in questione, essendo i fatti contestati al Sartor venuti in essere dopo la cessazione del suo tesseramento. In altri termini, ciò che conterebbe ai fini del perpetuarsi della giurisdizione federale sarebbe il dato essenziale della costanza del tesseramento, in difetto del quale la giurisdizione va esclusa. Ciò premesso, la Corte è dell’avviso che sussistendo la giurisdizione federale la complessa eccezione non possa trovare accoglimento. Ed invero, un corteo di elementi conduce alla conclusione che sul punto la pronuncia impugnata meriti conferma seppur con le seguenti integrazioni argomentative. Il punto fondamentale destinato a governare la fattispecie consiste nello stabilire se la cessazione del tesseramento, per fatto volontario del titolare, comporti automaticamente e immediatamente l’esonero di questo dallo statuto comportamentale concepito dall’Ordinamento federale. Come è noto, la questione ha ottenuto chiara e piana soluzione nell’ipotesi che la cessazione del tesseramento sia conseguita alla commissione di atti o fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo in costanza di tesseramento. Lo stesso appellante opportunamente richiama la disposizione dell’art. 19 c. 11 C.G.S. che disciplina l’ipotesi appena considerata nel senso della permanenza della potestà disciplinare e, se del caso, punitiva, dell’ordinamento di settore. Il caso di cui oggi si discute riguarda, piuttosto, la fattispecie relativa a (eventuali) violazioni poste in essere successivamente al venir meno del tesseramento. Come i primi Giudici hanno esattamente rilevato, la giurisprudenza di queste Sezioni Unite (vedi decisione pubblicata in Com. Uff. n. 229/CGF del 5 aprile 2011 nel caso Oshdogan), intervenute per decidere circa la perdurante efficacia della normativa federale nazionale nei confronti di un calciatore svincolato dal proprio tesseramento con società italiana e poi tesserato per compagine straniera, ha affrontato il tema sottoposto prendendo le mosse dal previo inquadramento della disciplina sportiva nazionale nell’ambito dell’ordinamento transnazionale: ricostruzione sistematica, questa, imposta dalla doppia considerazione, di fonte istituzionale nonché di stretto diritto positivo, secondo cui non è appropriato pensare all’attività agonistica come “settorializzata all’interno delle singole federazioni nazionali, dovendo essa collocarsi “in un contesto più ampio nel quale non possono essere individuate soluzioni di continuità ma che va costruito su base unitaria”. La seconda considerazione, legata al dato normativo richiamato da queste Sezioni Unite nel precedente citato, riguarda l’immediata applicabilità in linea di principio nell’ordinamento federale nazionale della normativa promanante dall’organo calcistico mondiale, la FIFA, in virtù del suo cogente recepimento per effetto dell’impegno statutariamente assunto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (e riprodotto nelle sue disposizioni particolari). L’ovvio esito di questa visione unitaria e transnazionale del fenomeno calcistico, in quanto risultante dall’interazione tra ordinamenti e dalla loro reciproca integrazione in ragione dell’adesione ai principi di un meta ordinamento sovranazionale, è quello della immediata vigenza nell’ordinamento federale italiano della norma di cui all’art. 4 del regolamento FIFA che determina l’ultrattività degli effetti del tesseramento nazionale per il periodo di trenta mesi dalla sua cessazione. La norma va – al contrario di quanto sostenuto dall’appellante – considerata quale espressione di una generale linea di tendenza dell’ordinamento FIFA a postulare la sopravvivenza, per un tempo dato e ad ogni fine, della normativa sportiva allo scioglimento del rapporto di tesseramento. Non è difficile né incerta da scorgere la ragione di questa previsione: impedire il fenomeno della calcolata sottrazione agli obblighi ordinamentali o l’approfittamento ovvero la spendita della precedente posizione di tesserato per trarre indebiti vantaggi futuri. Così si spiega la congrua durata del periodo di ultravigenza della normativa calcistica diretta a prevenire brusche ed irreparabili soluzioni di continuità tra la condizione di tesserato e quella di estraneo all’ordinamento federale. In altri termini, deve individuarsi un tempo ulteriore che riconduce le condotte dell’ex tesserato sotto la giurisdizione federale indipendentemente dalla sussistenza del tesseramento. Ed in tale spazio di tempo, le condotte dell’ex tesserato rilevanti per l’ordinamento federale continuano ad essere governate da questo e ad essere suscettibili di sussunzione nel pertinente perimetro normativo. La norma dell’art. 4 citato, mentre determina, con un disposizione dall’evidente carattere sostanziale, il tempo entro il quale le condotte degli ex tesserati mantengono rilevanza per l’ordinamento federale, non contempla alcuna previsione di natura processuale, tale da introdurre una forma di decadenza dell’eventuale azione disciplinare circoscritta allo stesso periodo di ultrattiva applicazione delle norme sostanziali in materia calcistica. A ben vedere, la norma in parola nulla dispone circa il termine per l’utile celebrazione del procedimento disciplinare e nemmeno sancisce la coincidenza tra termine sostanziale (effettivamente previsto) e termine decadenziale, di cui non si occupa in alcun modo. Ciò che, quindi, rende ammissibile e ricorrente la giurisdizione federale, costituendone condizione necessaria e sufficiente, è la circostanza che le condotte contestate siano state poste in essere nel periodo di trenta mesi dalla cessazione del tesseramento, mentre - contrariamente alla tesi dell’appellante - rimane privo di rilevanza che il procedimento disciplinare – già dal suo avvio attraverso l’atto di deferimento sino alla conclusione con pronuncia definitiva degli organi di giustizia – si protragga anche oltre tale termine, purché abbia ad oggetto fatti commessi nell’intervallo temporale prima indicato. Alla stregua di queste osservazioni non può, pertanto, che affermarsi la giurisdizione federale nei confronti dell’appellante. Così affrontata la questione pregiudiziale, l’ulteriore compito che la Corte deve assolvere riguarda la individuazione del filo conduttore che deve guidare l’interprete nella ricerca degli elementi costitutivi della fattispecie di illecito associativo previsto e punito dall’art. 9 C.G.S.. La questione ha già trovato esame e risposta da queste Sezioni Unite nel corso dei procedimenti svoltisi davanti ad essa il 18 agosto 2011, poi definiti con una pluralità di decisioni. In particolare, come emerge dal Com. Uff. n. 30/CGF del 18 agosto 2011, con riferimento alla posizione del tesserato Marco Paoloni, è da ritenere che a dar vita al sodalizio riconducibile alla previsione dell’art. 9 più volte citato concorre una pluralità di elementi materiali, psicologici, causalmente orientati, strumentali, finalistici (rinvenibili nell’uso di mezzi idonei a favorire la costante e assidua comunicazione tra gli associati, nella pluralità di contatti tra essi, nel ricorso a modalità comunicative auspicabilmente capaci di sfuggire a captazione o decifrazione, nella consapevolezza del fine e del perimetro dell’azione propria e di quella degli associati – o dell’associato – di riferimento, nella vastità e cospicuità degli interessi patrimoniali implicati nell’attività di scommessa, nell’abitualità di quest’ultima, nella finalizzazione ad essa – ed ai desiderati benefici pecuniari - delle condotte degli associati in modo tanto intenso da caratterizzarla come stile di vita). Da questa giurisprudenza, cui, sia pur senza esplicitamente menzionarla, si sono sostanzialmente attenuti i Giudici di primo grado nelle premesse al proprio provvedimento e nell’esame delle posizioni dei singolo accusati di partecipazione all’associazione illecita, occorre, pertanto, tener conto nella decisione del presente appello. Va, peraltro, ricordato che è stato, altresì affermato, da queste Sezioni Unite nella prima ricordata pronuncia che né la lettera e né lo spirito della disposizione di cui all’art. 9 C.G.S. predicano la necessità tra ciascuno degli associati debbano intercorrere rapporti diretti e che il vincolo nascente dal sodalizio debba stringere ognuno dei partecipanti con tutti gli altri. Essendo, piuttosto, necessaria la stipulativa convergenza di più energie individuali verso un comune scopo illecito, conseguibile attraverso apporti personali variamente combinati tra loro e certo non postulanti la simultanea partecipazione ad ogni dispiegamento di condotta. È , quindi, da ritenere che la radice della figura di illecito federale di recente conio consista nella esigenza punitiva di condotte frutto di un patto antigiuridico, rivolte al conseguimento, tramite circoscritti apporti individuali, ad un comune, illecito vantaggio. Si è parimenti affermato da queste Sezioni Unite che la comunanza di scopi e la solidità dell’assetto costituiscono, nel disegno della normativa federale gli elementi costitutivi della figura di cui si tratta. Va preliminarmente osservato che il riferito orientamento giurisprudenziale endofederale si pone in linea di continuità con il consolidato indirizzo assunto a proposito del diritto di cui all’art. 416 c.p. dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria. E ciò sia con riguardo agli elementi costitutivi ed alla struttura dell’illecito sia con riguardo al rapporto tra illecito-mezzo ed illecito-fine sia, infine, con riguardo ai canoni probatori utilizzabili nel processo di verifica della sussistenza degli elementi costitutivi dell’associazione. Quest’ultima notazione esclude, come potrà agevolmente rilevarsi dal prosieguo del ragionamento, l’ipotesi di inconciliabilità tra principi posti dalla Giurisprudenza Ordinaria e criteri di giudizio stabiliti da quella sportiva, anche in relazione ai rapporti di inerenza al sodalizio di singole condotte illecite sfociate nella commissione di atti costituenti mezzo per la consecuzione del progetto vietato. Ciò premesso in via generale è da rilevare che, in merito alla specifica posizione dell’appellante in seno all’associazione, le ragioni incriminatrici sono state individuate nei termini che di seguito ci si accinge ad esporre. Dell’odierno appellante, tesserato per la Società Ternana Calcio s.p.a. tra il 25 luglio 2008 e il 30 giugno 2009 (con disputa dell’ultima gara il 19 aprile 2009), gli atti del presente procedimento segnalano, alla stregua soprattutto dell’indagine penale a seguito della quale fu applicata a Sartor in data 9 dicembre 2011 la misura della custodia cautelare in carcere per partecipazione ad associazione per delinquere internazionale rivolta al fine della frode in competizioni sportive in vista della realizzazione di vincite in scommesse, il ruolo di contatto stabile tra il gruppo guidato da Giuseppe Signori e quello dei Singaporesi. L’accusa era che a questo scopo egli si fosse recato a Singapore per gli illeciti rapporti concernenti la manipolazione delle partite, che egli avesse ricevuto appartenenti al gruppo dello Stato asiatico nel corso dei loro viaggi in Italia: in particolare si segnalava l’incontro del 26 febbraio 2011 con Keng Pho Hock, accolto all’aeroporto di Malpensa e condotto a Bologna a casa di Signori. Di specifico interesse ai fini del presente giudizio è la ricostruzione effettuata dal G.i.p. nel provvedimento prima citato. Si da, infatti, conto delle dichiarazioni rese da Manlio Bruni il 7 giugno 2011 secondo le quali Sartor “è un contatto di Signori per le giocate a Singapore”. Si citava poi la deposizione di Erodiani del 22 giugno 2011 da cui si ricava che Sartor, direttamente conosciuto dal dichiarante, “era la persona che insieme ad un altro intratteneva i rapporti con quelli di Singapore”. Sempre Erodiani ricordava di avere appreso da Signori di un viaggio a Singapore di Sartor in occasione del quale l’appellante “ era stato trattato con il massimo riguardo”. Erodiani riferiva ancora di un pranzo con Sartor di Bellavista e Signori, già condannati definitivamente in sede sportiva. L’ordinanza di custodia cautelare, nel ricostruire l’assetto della associazione per delinquere internazionale, ne sottolineava il carattere violento e pericoloso. Quanto alla frequentazione dell’incolpato con il cittadino di Singapore prima indicato l’ordinanza confermava che l’incontro avvenne “con la specifica finalità di avviare contatti e/o definire accordi con il “gruppo dei bolognesi” (riconducibile al noto Signori Giuseppe e allo stesso Sartor) in ordine a scommesse illecite da far confluire su siti asiatici”. La riconducibilità del cittadino di Singapore al sodalizio criminale veniva desunta dalla circostanza che sullo stesso volo diretto a Milano viaggiassero con lui altri due connazionali appartenenti all’organizzazione e i cui nomi compaiono ai numeri 1 e 2 del provvedimento restrittivo della libertà personale. Si poneva, inoltre, in evidenza che durante la permanenza in Italia di Keng Pho Hock Sartor tenne costanti comunicazioni telefoniche con Signori e Bellavista. Dalla ricostruzione effettuata grazie all’apporto di cospicue conoscenze tecnologiche (telefoniche e satellitari) si arguiva che il tragitto automobilistico compiuto dall’appellante era in direzione dell’abitazione bolognese di Signori. Ed ancora, la conversazione telefonica intercorsa il 24 marzo 2011 tra Sartor e Bellavista veniva considerata indicativa del ruolo ricoperto da Sartor nell’organizzazione: di ciò l’Autorità Giudiziaria traeva conferma in virtù di quel passaggio nel quale l’incolpato si mostrava preoccupato per le possibili reazioni degli scommettitori asiatici, delusi per infruttuosi investimenti su esiti di gare diversi da quelli concordati. In questo senso si confidava col Bellavista. Sul tema la conversazione tra i due va avanti con reciproci scambi di battute. L’indagine penale sottolinea anche che dopo la notorietà acquisita dal procedimento penale, Sartor avesse cessato di utilizzare le schede telefoniche nella sua disponibilità. Veniva, in ogni caso, intercettata e trascritta una conversazione telefonica del 14 luglio 2011 con la madre nel corso della quale l’incolpato palesa il proprio timore di essere sottoposto ad indagini (“mentre quello di Cremona … quello di Cremona sta facendo l’indagine penale”). Nel corso del colloquio madre e figlio parlano di Signori, con il figlio che lo definisce uno che “ha sempre scommesso”. Sartor dice alla madre anche che “ loro parlano di questa combriccola di cui farei parte anche io”. Ed ancora l’incolpato, parlando di partite che “non sono mai andate a buon fine”, diceva “risponderò per quello che devo rispondere! Quando mi chiameranno!... perché tanto mi chiameranno eh …”; egli riconosceva che “può essere che abbia scommesso o abbia voluto sommettere su delle partite che gli dicevano che erano …”, consentendo alla madre di aggiungere “truccate”. Sempre preoccupato si mostra Sartor nella conversazione del 25 luglio successivo con Roberto Molinari cui diceva: “però adesso … la nostra, la mia più grande paura è di andare sotto indagine”. Sartor negava qualunque responsabilità nell’interrogatorio reso al P.M. di Cremona il 29 dicembre 2011, chiarendo di essere amico da tempo di Signori, di avere avuto rapporti a Singapore di natura esclusivamente e lecitamente commerciale, di essere estraneo al mondo delle scommesse, di conoscere effettivamente Antonio Bellavista, con il quale si era messo in contatto per risolvere la questione relativa ad un investimento in termini di scommesse nel calcio italiano di persone di Singapore. Ammetteva di aver ricevuto più messaggi da stranieri relativi a scommesse lecite, argomento che avrebbe potuto sviluppare attraverso comunicazioni telefoniche con una particolare scheda, che poi risultò idonea a stabilire i contatti con Antonio Bellavista, poi intercettati. Ammetteva ancora di avere ricevuto una telefonata da uno dei due commercialisti di Signori (Giannone o Bruni), trattandosi dell’unica persona cui aveva riferito della questione delle scommesse emersa a Singapore. Aggiungeva anche di aver ricevuto dal suo conoscente Luca Burini l’invito per conto di cittadini di Singapore ad adoperarsi presso scommettitori italiani che non avrebbero onorato i propri impegni. Il contatto telefonico che egli stabilì con la scheda, prima menzionata, fornitagli fu proprio con il Bellavista. Il Sartor riferiva, infine, che proprio sul tema delle scommesse, “l’atteggiamento di quelli di Singapore sempre secondo quanto mi ha riferito Burini è diventato preoccupante dopo che si è verificato questo inconveniente relativo a questa scommessa. In particolare, Burini mi ha riferito che questi dicevano che i soldi in una maniera o nell’altra dovevano essere comunque recuperati nel senso che avremmo comunque dovuto rispondere di persona, con il nostro patrimonio, di quanto dovuto”. La Procura Federale, coordinati gli elementi probatori derivanti dall’indagine penale, in sede di deferimento del Sartor per la violazione dell’art. 9 più volte citato, gli ascriveva un ruolo di notevole rilievo, adottando come elemento d’accusa i ripetuti contatti personali e telefonici con cittadini di Singapore ed altri partecipi all’associazione, i viaggi in quello Stato e le conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione. Ciò premesso, la Corte osserva che la decisione impugnata non meriti alcuna delle censure mosse e che, pertanto, debba essere confermata, per effetto del rigetto dell’impugnazione. Ed invero, le approfondite e capillari indagini penali, utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, hanno consentito di acclarare la piena, fattiva, stabile, particolarmente rilevante partecipazione dell’appellante al sodalizio illecito punito dall’art. 9 C.G.S.. La analitica esposizione compiuta nelle parti precedenti delle forme di estrinsecazione della adesione di Sartor al programma associativo dà incontrovertibilmente ragione dell’importanza del contributo che egli fornì alla compagine e della costante e fedele adesione ad essa. Solo a titolo riepilogativo delle circostanze prima menzionate – che dimostrano la robustezza del fondamento dell’accusa – deve ricordarsi il saldissimo legame dell’appellante con le componenti straniere della pericolosa organizzazione internazionale dedita alla facilitazione degli esiti delle scommesse grazie all’alterazione dei risultati delle competizioni agonistiche. Lo stesso Sartor non ha negato di godere delle fiducia di cittadini di Singapore, ammettendo di essere stato insistentemente destinatario delle loro richieste di appianamento di conti con altri appartenenti all’associazione. Di straordinaria portata si rivela la non disconosciuta – né disconoscibile – intensità di rapporti con Bellavista, di cui è ormai definitivamente acquisita, con sentenza sportiva con autorità di cosa giudicata, la prova della partecipazione all’associazione illecita. Fu lo stesso Bellavista, peraltro, a divenire il punto terminale della catena di comunicazioni in materia di debiti da scommesse illecite intercorse tra le persone di Singapore e Sartor, cui dai primi fu consegnata una scheda telefonica atta alla diretta comunicazione con il tesserato barese. Di non secondaria importanza sono, sotto diverso ma concorrente angolo visuale, le dichiarazioni di Giannone e Bruni, commercialisti di altra persona già definitivamente condannata in sede sportiva, Giuseppe Signori, in merito al ruolo cruciale svolto da Sartor nell’ambito organizzativo, soprattutto per ciò che attiene alla contabilizzazione dei rapporti tra il suo referente Signori ed i cittadini di Singapore. Da questo punto di vista, i frequenti, e riconosciuti, viaggi dell’appellante a Singapore non sono suscettibili di plausibili spiegazioni diverse da quella, che ha trovato l’avallo delle indagini penali, del rassodamento dei rapporti tra componente italiana e componente internazionale dell’associazione e di regolamento dei flussi delle scommesse. Le modalità di comunicazione di Sartor con altri associati, affidate ad uno scaltro uso di schede telefoniche che si auspicava essere incontrollabili, appaiono connotative della ricchezza di espedienti nella conduzione dell’associazione e della programmatica adozione di cautele dirette all’elusione di qualsiasi rischio di scoperta delle condotte antigiuridiche. Quanto prezioso fosse l’apporto di Sartor nel tessuto organizzativo e nel sistema relazionale tra l’Italia e l’estero è poi in modo vividissimo dimostrato dal completo asservimento dell’appellante all’interesse del cittadino di Singapore di cui prima si è detto ad incontrare Signori: Sartor dedicò molte ore di una giornata non all’adempimento di doveri di ospitalità, cui egli non era tenuto in forma diretta, quanto alla agevolazione dell’incontro con Signori nella sua residenza bolognese. L’appellante svolse funzioni di autista, accompagnatore, fidato interlocutore, efficiente cooperatore di Signori. La grave esposizione al rischio di queste reiterate, plurime, orientate in senso illecito, condotte ben dovette essere presente alla mente dell’appellante quando, soprattutto nella allarmatissima conversazione telefonica con la madre, rende chiaro il suo stato d’animo afflitto e preparato al peggio in termini di sopportazione delle conseguenze del proprio operato. È nitida, perfetta e completa in tutte le sue componenti, l’immagine della piena e solidale adesione di Sartor al programma associativo nonché la prova del compimento da parte sua di ogni azione utile al raggiungimento del risultato, al quale egli tese con la paziente opera di saldatura tra i vari gruppi e di completa messa a disposizione delle proprie energie in un vortice di colloqui, incontri, viaggi. Nessun rilievo contrario a questa statuizione può assumere il provvedimento endoprocedimentale del Tribunale del Riesame di Brescia reso con riferimento alla posizione di altra persona sottoposta alle indagini in nessun modo collegata a quella di Sartor. Nessun dubbio può, pertanto, ragionevolmente sussistere circa la sua colpevolezza, esattamente affermata dai primi Giudici. Pienamente condivisibile è, infine, la natura e l’entità della pena applicata, anch’essa da confermare. Ed infatti, la sanzione non può che consistere nella dichiarazione di assoluta, definitiva, irredimibile incompatibilità della permanenza nei ranghi federali di una persona proclive alla violazione sistematica e per puro calcolo di convenienza delle regole di condotta. Le condotte del tipo di quelle qui esaminate costituiscono una grave minaccia per la credibilità dello sport, per il regolare svolgimento delle sue manifestazioni, per la buona fede di appassionati e sostenitori, per le legittime aspettative degli scommettitori secundum legem:l’autore non può, pertanto, che essere immediatamente rimosso da quel mondo che ha dimostrato, senza mostrare scrupoli o segni di resipiscenza, di disprezzare. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Luigi Sartor e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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