CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 26 luglio 2012 promosso da: Sig. Marjan Zefi / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 26 luglio 2012 promosso da: Sig. Marjan Zefi / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Avv. Dario Buzzelli (Presidente) Prof. Avv. Maurizio Cinelli (Arbitro) Avv. Enrico De Giovanni (Arbitro) nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (“Codice”) riunito in conferenza personale in Roma in data 26 luglio 2012, ha deliberato all’unanimità il seguente LODO nel procedimento di arbitrato (prot. n. 0875 del 10.4.2012) promosso da: Sig. Marjan Zefi, nato a Tirana (Albania) il 25.7.1985, e residente in Savona, c.f. ZFE MJN 85L25Z100W, rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Iovino e con lui elettivamente domiciliato in Savona, via Paleocapa n. 18/26; - parte istante - contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito per brevità, anche F.I.G.C.), con sede in Roma, Via Gregorio Allegri n. 14, Codice Fiscale 05114040586, partita IVA 01357871001, in persona del Presidente, Dott. Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Gallavotti e Stefano La Porta ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Po n. 9; - parte intimata - Fatto e svolgimento del giudizio arbitrale 1. Con provvedimento di cui al C.U. n. 37 del 19.1.2012 il Giudice sportivo ha inflitto al sig. Marjan Zefi, all’epoca dei fatti giocatore della A.S.D. Varazze 1912 Don Bosco, la sanzione della squalifica per cinque anni in quanto egli, al termine della gara di prima Categoria, tra la predetta A.S.D. Varazze 1912 Don Bosco e la A.S.D. Dianese, disputatasi il 15 gennaio 2012 ad Arenzano, «una volta raggiunti gli spogliatoi, si scagliava contro alcuni giocatori della squadra avversaria, colpendone uno violentemente con un pugno al volto; successivamente si recava nel proprio spogliatoio, ove prendeva un oggetto tagliente, con la cui lama feriva alla nuca un altro calciatore avversario, provocandogli un evidente taglio». 2. Avverso tale decisione proponevano reclamo sia l’odierno istante che la A.S.D. Varazze 1912 Don Bosco. 3. Con provvedimento prot. n. 52 di cui al C.U. 50 del 8.3.2012, la Commissione Disciplinare Regionale riuniva i due reclami e li rigettava. Nella motivazione del provvedimento della Commissione Disciplinare si legge che: «il giudizio sportivo si incardina esclusivamente sul rapporto dell’arbitro al quale è attribuito, quando redatto in forma chiara e univoca come nel caso di specie, valore di prova privilegiata e intangibile, questo giudicate ha ritenuto di convocare egualmente l’ufficiale di gara che non ha avuto difficoltà a confermare quanto riferito negli atti ufficiali. L’arbitro ha altresì precisato di essersi recato, su invito dei carabinieri di Varazze, al Comando dell’Arma dove ha riferito i fatti come da lui rilevati e riportati negli atti. Osserva la Commissione Disciplinare come il comportamento del calciatore Zefi Marjan racchiuda quei connotati di grave violenza che toccano l’acme col ferimento dell’avversario con un corpo tagliente, così raggiungendo persino risvolti di carattere penale; il tutto ben individuato dal primo giudice nella declaratoria di condanna alle cui motivazioni non bisogna aggiungere altro. La sanzione inflitta in primo grado appare pertanto appropriata e va confermata e i due reclami respinti». 4. Contro tale provvedimento il Sig.Zefi ha proposto istanza di arbitrato (protocollata al n. 0875 del 10.4.2012), nominando quale arbitro il Prof. Maurizio Cinelli e rassegnando le seguenti conclusioni: «piaccia all’Ill.mo Tribunale Nazionale d’Arbitrato per lo Sport adito, in accoglimento del presente ricorso, respinta e disattesa ogni diversa istanza e/o domanda, previa adozione degli incombenti istruttori richiesti e/o opportuni, in via principale annullare la squalifica fino al 19.1.2017, per i motivi esposti in narrativa, sospendere anche con provvedimento inaudita altera parte l’esecuzione dello stesso; sempre in via principale, per i motivi tutti esposti in narrativa riformare la decisione impugnata e conseguentemente ridurre la squalifica in misura equamente rapportata all’effettiva gravità del fatto». L’istante ritiene che la squalifica di cinque anni non sia proporzionata al reale accadimento dei fatti, i quali sarebbero stati travisati dall’arbitro in quanto verificatisi in un clima di generale confusione e nervosismo tra diversi giocatori e dirigenti delle diverse formazioni. Ammette che il comportamento di cui si è reso responsabile è stato grave e non consono alle normali regole di comportamento, seppur dettato da uno stato di ira, ma lamenta che non sia stata tenuta nella giusta considerazione la circostanza per la quale egli non ha mai riportato squalifiche per comportamenti violenti. Evidenzia, inoltre, che nessun procedimento penale è stato aperto a suo carico e che, diversamente da quanto opinato dal direttore di gara, nessun giocatore sarebbe stato ferito a causa dell’utilizzo di forbici da parte dell’istante, che sarebbero state invece utilizzate solo per tagliare le fasciature alle caviglie. Precisa, ancora, di essere stato istigato da diversi giocatori avversari sia durante la partita che al termine della stessa, e che, per tale motivo, il suo comportamento non sarebbe stato caratterizzato da dolo ma, al più, da colpa, non avendo egli avuto alcuna intenzione di ledere l’integrità fisica degli avversari. Da qui – sempre secondo l’istante – la sproporzione tra la squalifica comminata e il reale accadimento dei fatti. In via istruttoria, l’istante produceva «copia dichiarazione presidente società Sportiva Danese» e chiedeva «l’ammissione dei testi signori Spondre Luca, presidente della società sportiva Danese; e dei due giocatori feriti signori Ramoini Dario e Almonti Davide». 5. Con memoria in data 11 aprile 2012 si costituiva la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) nominando quale arbitro l’Avv. Enrico De Giovanni e chiedendo il rigetto delle domande dell’istante «previo rigetto delle istanze di prova avversarie e previa declaratoria di inammissibilità / inutilizzabilità della ‘dichiarazione testimoniale scritta’ prodotta dalla difesa avversaria, il tutto ai sensi dell’art. 35 C.G.S.». La Federazione deduce che i fatti riportati nel referto (ossia, l’aggressione perpetrata dall’istante in danno di giocatori avversari, anche con l’uso di forbici) si sarebbero svolti sotto gli occhi dell’arbitro; il quale ne descriveva lo svolgimento nel proprio referto, e che il contenuto degli atti ufficiali di gara non possono essere posti in discussione in ragione del valore di fonte di prova privilegiata che l’art. 35 del Codice di Giustizia Sportiva assegna a tali atti, non sarebbero pertanto ammissibili istanze istruttorie volte a rideterminare la realtà storica sulla base della quale valutare la congruità del trattamento sanzionatorio inflitto al Sig. Zefi. In ordine alla congruità della sanzione, la Federazione intimata deduce l’irrilevanza della mancata attivazione di un procedimento penale, in quanto il procedimento disciplinare sportivo si svolge in modo del tutto autonomo rispetto alle eventuali iniziative della magistratura inquirente, non potendosi peraltro escludere che quest’ultima abbia effettivamente aperto un fascicolo con riguardo all’accaduto. Neppure l’assenza di precedenti sanzionatori potrebbe valere – secondo l’intimata – quale attenuante generica alla luce del sistema sanzionatorio vigente nell’ordinamento federale. 6. Costituitosi il Collegio arbitrale, composto dal Prof. Avv. Maurizio Cinelli e dall’Avv. Enrico De Giovanni, nonché dall’Avv. Dario Buzzelli, dai primi due nominato quale terzo arbitro con funzioni di presidente, all’udienza del 20 giugno 2012 veniva esperito senza esito il tentativo di conciliazione, l’istante insisteva nelle richieste istruttorie avanzate nella domanda di arbitrato e produceva certificato dei carichi pendenti datato 29 febbraio 2012, ed il Collegio si riservava la decisione anche in ordine alla prosecuzione del giudizio. 7. Alla successiva udienza del 26 luglio 2012 il Collegio rigettava le richieste istruttorie avanzate dall’istante, e su richiesta del difensore dello stesso istante, acquisiva certificazione ex art. 335 c.p.p. delle iscrizioni nel registro delle notizie di reato del Sig. Marjan Zefi del 14 giugno 2012. I difensori delle parti quindi procedevano alla discussione, illustrando le proprie tesi difensive e replicando a quelle avversarie MOTIVI DELLA DECISIONE 8. Il Collegio ritiene di dover procedere ad una ricostruzione dei fatti come emergenti dagli elementi probatori legittimamente acquisiti al procedimento. Al riguardo assume preminente rilievo il referto arbitrale, nel quale si legge testualmente che: «a fine partita negli spogliatoi il numero 11 del Varazze Zefi Marjan si scagliava contro vari calciatori della squadra avversaria colpendone uno violentemente al volto. Non pago, entra nello spogliatoio della sua squadra e prende un oggetto tagliente con la cui lama ferisce dietro la nuca un calciatore della squadra avversaria prima di essere fermato e portato via dai calciatori presenti. La ferita da taglio riscontrata dal calciatore della Dianese non è grave ma comunque evidente». Rispetto a tali emergenze, l’istante contesta la ricostruzione dell’arbitro e asserisce di essere stato provocato da diversi giocatori avversari nel corso della partita, sicché alla fine della gara, trovandosi in uno stato d’ira, avrebbe minacciato diversi giocatori, rendendosi così responsabile di un fatto grave e non consono alle normali norme di comportamento e di vita, senza però aggredire e colpire nessuno con delle forbici, che aveva invece impugnato al solo fine di tagliare le fasciature all’ossido di zinco poste alle sue caviglie. Onde dimostrare il proprio assunto l’istante ha chiesto l’ammissione della prova testimoniale, nei termini più sopra testualmente richiamati. L’istanza istruttoria così avanzata non è stata ritenuta meritevole di accoglimento ed è stata pertanto rigettata dal Collegio all’udienza del 26 luglio 2012. E ciò in quanto diretta a dimostrare circostanze contrarie o difformi rispetto al contenuto del referto arbitrale, che gode di efficacia probatoria privilegiata ai sensi dell’art. 35, comma 11, C.G.S. circa il comportamento tenuto dai tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Tale norma attribuisce, come è noto, ai referti arbitrali un valore probatorio simile a quello riservato dall’art. 2700 c.c. agli atti pubblici. In questo senso si esprime la costante giurisprudenza di questo Tribunale, sin dal Lodo ASD Palleronese/FIGC del 11.11.2009, ove si è statuito che «in base al predetto art. 35, punto 1.1., i rapporti dell’arbitro “fanno piena prova circa il comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare”. Da tale chiara e inequivocabile previsione discende, pertanto, che il Collegio non può ammettere una prova testimoniale, che sebbene sia prevista come mezzo di prova dall’art. 22 del Codice, è nel caso specifico diretta unicamente a confutare il rapporto arbitrale. Il Collegio non può neanche chiedere ulteriori chiarimenti al Direttore di Gara, perché si tratterebbe di un’eccezione alla regola dell’efficacia di “prova piena” del rapporto arbitrale, non espressamente contemplata dal citato articolo 35 CGS, che deve ritenersi, invece, di stretta interpretazione». Tale efficacia probatoria si estende non solo al tempo e al luogo della gara strettamente intesi (ossia, tempo di gara e rettangolo di gioco), ma a tutti gli eventi che siano collegati alla gara stessa, atteso che l’espressione “in occasione dello svolgimento della gara” contenuta nell’art. 35, comma 11, C.G.S. si riferisce chiaramente a tutte circostanze che, trovando “occasione” nella gara, assumono rilevanza per l’ordinamento sportivo. Così, il referto arbitrale mantiene la sua efficacia anche laddove i fatti descritti siano avvenuti a gara terminata (come nel caso deciso nel Lodo Pucci/FIGC del 21.11.2011), negli spogliatoi, a bordo campo o sugli spalti/gradinate. 9. Quella appena indicata essendo la valenza probatoria del referto arbitrale, il Collegio osserva che, nella fattispecie in esame, il contenuto del referto dell’arbitro descrive un comportamento dell’istante non limitato a semplici minacce ma spinto fino a comportamenti violenti che hanno causato lesioni ad un altro giocatore. Se, dunque, la versione fornita dall’istante, sotto l’indicato profilo, risulta chiaramente smentita dal contenuto del predetto referto, ritiene tuttavia il Collegio che, ai fini di una più compiuta ricostruzione della vicenda, debbano essere prese in considerazione anche altre emergenze. Innanzitutto occorre considerare che dallo stesso referto arbitrale si ricava che l’ambiente di gara era già molto agitato durante le fasi di gioco, all’esito delle quali vi sono stati ben nove giocatori ammoniti, di cui quattro militanti nella squadra dell’istante e i restanti in quella avversaria. Tale circostanza, se non può certamente elidere la portata dei fatti contestati all’istante, vale tuttavia a delineare il contesto nel quale gli stessi fatti si sono verificati. Inoltre, e quel che più rileva, dall’esame del verbale di pronto soccorso del 15-1-2012 relativo al giocatore aggredito (Dario Ramoino) emerge che, all’esame obiettivo, i sanitari hanno riscontrato una ferita lacero contusa del cuoio capelluto, il che induce quindi ad escludere che la lesione sia stata provocata con l’uso di un oggetto tagliente, risultando invece essa maggiormente compatibile con un pugno sferrato nel corso dell’aggressione. Il quadro complessivo della vicenda, alla luce delle circostanze di fatto ora descritte, pur risultando obbiettivamente grave, non presenta a giudizio dal Collegio, «quei connotati di grave violenza» («ferimento dell’avversario con un corpo tagliente»), evidenziati invece nel provvedimento impugnato. Inoltre, se è certamente vero che l’ordinamento sportivo impone all’atleta e a ogni tesserato obblighi di comportamento più rigidi di quelli imposti dalla comune convivenza civile, non può non considerarsi che nel caso di specie lo stesso istante ha sostanzialmente riconosciuto di averli violati, mostrando in tal modo una sostanziale resipiscenza. Meritano inoltre considerazione l’assenza di precedenti squalifiche in capo all’istante, il che avvalora l’ipotesi di un gesto isolato, avulso dalla personalità dell’atleta e dovuto ad un particolare stato emotivo. L’assenza di conseguenze penali della vicenda - allo stato desumibile, più che dalla documentazione prodotta dall’istante (la certificazione ex art. 335 c.p.p. risulta rilasciata dalla Procura di Savona, mentre i fatti si sono verificati in Arenzano, territorio che rientra nella competenza della Procura di Genova), dall’inesistenza di un riscontro positivo in tal senso – se non è rilevante per l’accertamento dei fatti, va pur sempre apprezzata in quanto indica che la vicenda non ha lasciato strascichi extrasportivi, ed è probabile segno di una riappacificazione postuma tra i protagonisti della vicenda. 10. Tutte tali circostanze inducono a ritenere eccessiva la sanzione irrogata all’istante, che inciderebbe in maniera determinante sulla vita agonistica dell’atleta (di classe 1985), privandolo della possibilità di gareggiare proprio negli anni della sua piena maturità sportiva, e comportando quindi una compromissione definitiva delle sue potenzialità quale atleta. Ritiene, pertanto, il Collegio che la sanzione da infliggersi all’istante possa essere ridotta a tre anni e sei mesi di squalifica, misura che appare sufficientemente afflittiva rispetto alla obiettiva gravità dei fatti, ma non tale da determinare una definitiva espulsione dello stesso dall’ambito sportivo. 11. La domanda formulata dal ricorrente è stata parzialmente accolta. Sussistono dunque giusti motivi per porre le spese di arbitrato (per onorari e spese del Collegio), liquidate in dispositivo, a carico di entrambe le parti, nella misura del 2/3 quanto al Sig. Zefi e di 1/3 quanto alla F.I.G.C. 12. Ritiene infine, il Collegio che sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di assistenza legale. P.Q.M. definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, in parziale accoglimento delle domande proposte dal Sig. Marjan Zefi, ed in riforma della impugnata decisione della Commissione Disciplinare Regionale, meglio indicata in motivazione: a) infligge al Sig. Marjan Zefi la sanzione della squalifica per anni tre e mesi sei; b) condanna il Sig. Marjan Zefi, nella misura pari a 2/3 e la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), nella misura pari a 1/3, al pagamento, con il vincolo di solidarietà, degli onorari del Collegio liquidati in € 2.900,00, oltre accessori; c) dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite; d) dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti; e) manda alla segreteria del TNAS di dare comunicazione del presente lodo alle parti. Così deciso in Roma, in data 26 luglio 2012, e sottoscritto in numero di tre originali. F.to Dario Buzzelli (Presidente) F.to Maurizio Cinelli (Arbitro) F.to Enrico De Giovanni (Arbitro)
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