F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 002/CGF del 02-03-05 e 06 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 023/CGF del 7 agosto 2012 e su www.figc.it 46) RICORSO DEL CALC. SALVATORE MASTRONUNZIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 4, INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, 5 E 6, C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE, ALBINOLEFFE – ANCONA DEL 30.5.2009 E ANCONA – MANTOVA DEL 30.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 002/CGF del 02-03-05 e 06 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 023/CGF del 7 agosto 2012 e su www.figc.it 46) RICORSO DEL CALC. SALVATORE MASTRONUNZIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 4, INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, 5 E 6, C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE, ALBINOLEFFE – ANCONA DEL 30.5.2009 E ANCONA – MANTOVA DEL 30.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Il sig. Salvatore Mastronunzio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Rodella e Andrea Pasini, ha proposto ricorso avverso la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale pubblicata sul Com. Uff. n. 101/CDN (2011/2012) del 18 giugno 2012, con la quale, per quanto qui rileva, la predetta C.D.N., in esito al relativo deferimento del Procuratore Federale della F.I.G.C., ha inflitto al reclamante la sanzione della squalifica per anni 4, per violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5, C.G.S., con l’aggravante di cui al comma 6, in relazione alle gare Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009 ed Ancona/Mantova del 30 maggio 2010. Come noto, l’indagine federale ha preso avvio dalle notizie di stampa relative all’attività giudiziaria svolta dalla Procura della Repubblica di Cremona in ordine alla individuazione e conseguente repressione di una organizzazione, alquanto articolata e ramificata, essenzialmente finalizzata a ricavare illeciti profitti su scommesse da effettuarsi su partite di calcio. Di tale organizzazione facevano parte diverse persone, alcune delle quali soggette alla giurisdizione della F.I.G.C.. Aperto, pertanto, uno specifico procedimento, la Procura Federale provvedeva a richiedere, alla Procura della Repubblica di Cremona, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 401/1989, in relazione all’art. 116 c.p.p., copia degli atti di possibile interesse sportivo, correlativamente procedendo ad una propria «autonoma attività istruttoria, consistente, fra l’altro, nell’analisi e nell’approfondimento della copiosa documentazione ricevuta e nell’audizione dei soggetti coinvolti e/o informati sui fatti» (cfr. atto di deferimento). L’esame del materiale processuale trasmesso dalla Procura di Cremona, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività investigativa svolta dalla Procura Federale, consente di ritenere sussistenti, secondo la prospettazione accusatoria, consistenti elementi probatori atti a comprovare la illiceità delle condotte dei soggetti deferiti e ad escludere una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto d’indagine. Nell'atto di deferimento, dopo il richiamo alle pronunce definitive rese nell'agosto 2011 in ambito federale con riguardo ad altri, connessi, procedimenti per violazioni analoghe, si dava conto degli esiti fino ad allora prodotti dall'indagine svolta dagli uffici giudiziari di Cremona ed in particolare dell'attività investigativa anteriore e successiva all'emanazione, in data 9 dicembre 2011 da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di quella sede, di un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di alcuni imputati, cui veniva contestato, con altre persone sottoposte ad indagini, il delitto associativo di cui agli articoli 416, commi 1, 2, 3 e 5 c.p. e 3 e 4 legge 16 marzo 2006, n. 146 rivolto allo scopo di realizzare, anche a livello transnazionale, delitti di frode in competizione sportiva, alterandone i risultati, sì da conseguire vincite in scommesse effettuate avvalendosi dello strumento della “corruzione” di partecipanti a vario titolo alle competizioni. Sul piano generale, osservava la Procura Federale, come nella complessiva valutazione degli elementi emersi in sede di indagini e di giustizia sia ordinaria sia sportiva occorra considerare che le condotte poste in essere dai tesserati sono risultate finalizzate all’alterazione del risultato delle gare o per motivi di classifica o per l’effettuazione di scommesse dall’esito assicurato, evidenziando, anzi, come, talvolta, le due finalità sopra indicate erano perseguite congiuntamente dagli stessi soggetti agenti. Nella richiamata “Relazione d’indagine” unita all’atto di deferimento la Procura Federale ricordava, poi, come la stessa Procura della Repubblica di Cremona abbia evidenziato che «il quadro che scaturisce da questa seconda parte delle indagini non è quello di una semplice disonestà a livello locale da parte di giocatori e di allenatori bensì quello dell’operatività di una rete a livello internazionale, facilitata dalla “globalizzazione” delle scommesse tramite internet, ed in grado di agganciare i giocatori infedeli disposti a truccare le partite e rendere concreto il loro desiderio di facili guadagni». Comportamenti, quelli oggetto d’indagine, posti, peraltro, in essere da tesserati in grado di poter contare su una serie molto ramificata di contatti in diverse società e in ambienti legati alle scommesse, appunto, finalizzati alla realizzazione di accordi illeciti volti alla alterazione dei risultati delle gare, per gli scopi prima ricordati. Riteneva, in definitiva, la Procura Federale, che all’esito del complessivo ed articolato procedimento istruttorio siano apparse realizzate molteplici condotte finalizzate alla alterazione dello svolgimento e del risultato delle gare, in ordine alle quali, peraltro, l’eventuale mancato conseguimento del risultato “combinato” non può assumere alcun rilievo ai fini della integrazione dell’illecito previsto e punito dagli artt. 7 e 4, comma 5, C.G.S., in virtù della anticipazione della rilevanza disciplinare anche riguardo ai meri atti finalizzati a conseguire tali effetti. In particolare, per quanto qui di rilievo, la Procura federale deferiva i sigg.ri.: - Roberto Colacone, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Alberto Comazzi, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Filippo Cristante, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Giuseppe Magalini, all’epoca dei fatti, Direttore Sportivo della Società A.C. Mantova S.r.l.; - Salvatore Mastronunzio, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Maurizio Nassi, tesserato dal 5.9.2007 al 1.2.2009 quale calciatore della società A.C. Ancona S.p.A.; dal 2.2.2009 al 30.8.2009 quale calciatore della Società Calcio Brescia S.p.A.; dal 31.8.2009 al 21.7.2010 quale calciatore della Società A.C. Mantova S.r.l.; dal 27.9.2010 al 30.6.2011 quale calciatore dell’A.S. Cittadella S.r.l.; dal 25.10.2011 al 30.6.2011 quale calciatore dell’U.S. Alessandria Calcio 1912 S.r.l.; - Andrea De Falco, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Mirko Bellodi, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società A.C. Mantova S.r.l.; - Tomas Locatelli, all’epoca dei fatti, calciatore tesserato per la società A.C. Mantova S.r.l.; - Carlo Gervasoni, tesserato dal 21.8.2007 al 30.8.2009 quale calciatore della Società U.C. Albinoleffe S.r.l.; dal 31.8.2009 al 21.7.2010 quale calciatore della Società A.C. Mantova S.r.l.; dal 26.7.2010 al 19.1.2011 quale calciatore dell’U.S. Cremonese S.p.A.; dal 20.1.2011 al 30.6.2011 tesserato in prestito dal Piacenza F.C. S.p.A.; dal 1.7.2011 al 26.8.2011 quale calciatore dell’U.S. Cremonese S.p.A.. - Filippo Carobbio, tesserato dal 1.7.2007 al 30.6.2009 per la società U.C. Albinoleffe S.r.l., dal 1.7.2009 al 30.8.2009 per la Società A.S. Bari S.p.A., dal 31.8.2009 al 30.6.2010, in prestito dal Bari, per la società U.S. Grosseto F.C. S.r.l., dal 1.7.2010 all’8.7.2010 per la Società A.S. Bari S.p.A., dal 9.7.2010 al 6.7.2011 per la società A.C. Siena S.p.A. (scadenza contrattuale 2013) e attualmente tesserato, in prestito dalla società A.C. Siena S.p.A., per la società Spezia Calcio S.r.l., dal 7.7.2011; - Marco Turati, tesserato dal 31.8.2007 al 26.7.2009 quale calciatore della società A.C. Cesena S.p.A., dal 27.7.2009 al 30.6.2011 quale calciatore della Società U.S. Grosseto FC S.r.l., dal 25.7.2011 al 30.6.2012 quale calciatore della Società Modena FC S.p.A.. Le gare, di rilievo nel presente giudizio, cui si riferisce la contestazione della Procura Federale sono quelle complessivamente di seguito specificate. Ancona/Albinoleffe del 17.1.2009 – Stagione Sportiva 2008/2009: Gervasoni, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società U.C. Albinoleffe S.r.l., Comazzi, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A., Mastronunzio, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A., e Nassi, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A., per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S. per avere, prima della gara Ancona/Albinoleffe del 17.1.2009, in concorso fra loro, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta, prendendo contatti ed accordi diretti allo scopo sopra indicato e, fra l’altro: Gervasoni, prendendo contatti, anche per conto di soggetti non appartenenti all’ordinamento federale, con Comazzi al fine di verificare la possibilità di combinare la partita per conseguire un pareggio con “over”; Comazzi, aderendo alla proposta e facendosi latore della stessa presso i propri compagni di squadra; Mastronunzio e Nassi per aver inizialmente aderito alla proposta. Accordo non perfezionatosi per il successivo ripensamento di questi ultimi. Con l’aggravante - di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. - della pluralità degli illeciti posti in essere. Albinoleffe/Ancona del 30.5.2009 – Stagione Sportiva 2008/2009: Gervasoni, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società U.C. Albinoleffe S.r.l., Mastronunzio, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A., Comazzi, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A., Turati, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A., e Colacone, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A., per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S. per avere, prima della gara Albinoleffe/Ancona del 30.5.2009, in concorso fra loro e altri soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta, prendendo contatti ed accordi diretti allo scopo sopra indicato, e, fra l’altro: Comazzi, Colacone, Turati e Mastronunzio, prendendo contatti con Gervasoni al fine di verificare la possibilità di combinare la partita con vittoria dell’Ancona per far conseguire alla medesima società un vantaggio in classifica, offrendo la somma di € 15.000,00 per garantire l’impegno a perdere, poi dagli stessi consegnata a Gervasoni a risultato ottenuto, unitamente ad ulteriori € 5.000,00; Gervasoni garantendo e conferendo il proprio apporto in occasione della gara ed accettando la complessiva somma di € 20.000,00 per il fine indicato. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, del conseguimento del vantaggio in classifica, nonché della pluralità degli illeciti posti in essere. Carobbio, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società U.C. Albinoleffe S.r.l., per violazione dell’art. 7, comma 7, C.G.S. per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura Federale, omettendo di denunciare i fatti. Ancona/Mantova del 30.5.2010 – Stagione Sportiva 2009/2010: Gervasoni, Locatelli, Nassi e Bellodi, all’epoca dei fatti calciatori tutti tesserati per la società A.C. Mantova S.r.l., nonché Magalini, all’epoca dei fatti Direttore Sportivo della medesima società, per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S. per avere, prima della gara Ancona/Mantova del 30.5.2010, in concorso tra loro e altri tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara suddetta, prendendo contatti diretti con i tesserati dell’A.C. Ancona S.p.A., Mastronunzio, Colacone, De Falco e Cristante e offrendo loro somme di denaro. Con l’aggravante, per Gervasoni e Nassi, di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. per la pluralità di illeciti posti in essere. Mastronunzio, Colacone, De Falco e Cristante, all’epoca dei fatti calciatori tutti tesserati per la società A.C. Ancona S.p.A., per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S. per avere, prima della gara Ancona/Mantova del 30.5.2010, in concorso tra loro e altri tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta portando avanti contrattazioni con i predetti tesserati dell’A.C. Mantova. Con l’aggravante, per i soli Mastronunzio e Colacone, di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. per la pluralità di illeciti posti in essere. Nell’atto di deferimento venivano, poi, passate analiticamente in rassegna le gare con riguardo alle quali, per quanto qui interessa, sarebbe stata posta in essere la concorrente attività alterativa illecita degli incolpati. Con provvedimento del Presidente della C.D.N. l’inizio del dibattimento è stato fissato per il giorno 31 maggio 2012. Nei termini assegnati nell'atto di convocazione sono pervenute, per quanto qui particolarmente rileva, memorie difensive da parte degli incolpati Bellodi, Carobbio, Colacone, Comazzi, Cristante, De Falco, Magalini, Mastronunzio, Nassi, Turati. In particolare, Mastronunzio ha eccepito l’infondatezza del capo di incolpazione e l’inattendibilità delle dichiarazione di Gervasoni, rilevando la necessità di sentire sia quest’ultimo che il Carobbio in contraddittorio, così concludendo: «Piaccia all’Ecc.ma Commissione adita, per le ragioni di fatto e di diritto che precedono: a) Quanto alla gara Ancona/Albinoleffe del 17 gennaio 2009: rigettare tutti gli addebiti mossi dalla Procura Federale con l’atto di deferimento n. 8011/33pf11-12/SP/blp dell’8 maggio 2012 e, per l’effetto, proscioglierlo integralmente dalle relative incolpazioni; b) Quanto alla gara Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009: rigettare tutti gli addebiti mossi dalla Procura Federale con l’atto di deferimento n. 8011/33pf11-12/SP/blp dell’8 maggio 2012 e, per l’effetto, proscioglierlo integralmente dalle relative incolpazioni; c) Quanto alla gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2012: in via principale, rigettare tutti gli addebiti mossi dalla Procura Federale con l’atto di deferimento n. 8011/33pf11-12/SP/blp dell’8 maggio 2012 e, per l’effetto, proscioglierlo integralmente dalle relative incolpazioni; in via subordinata, ove ritenuto, previa riqualificazione dei fatti oggetto di deferimento sotto la specie dell’art. 1 comma 1 C.G.S. (violazione obblighi lealtà, correttezza e probità), irrogare a Salvatore Mastronunzio la sanzione minima che sarà ritenuta di giustizia; In via istruttoria si chiede: - l’audizione personale anche con il ministero del proprio legale di fiducia; - che venga ammessa l’audizione, in contraddittorio delle parti, dei calciatori Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio sulle circostanze ed i fatti di cui ai capi di incolpazione oggetto del presente procedimento disciplinare, già segnatamente indicate» (cfr. memoria difensiva depositata nel giudizio di primo grado). La C.D.N. ha esaminato le richieste di rinvio, di sospensione e/o di stralcio della posizione e di acquisizione di ulteriore documentazione attinente al processo penale pendente presso l’A.G. di Cremona proposte da alcuni deferiti, tra cui Mastronunzio e Turati, sulle quali ha provveduto con le ordinanze n. 2 e 3, disponendo, per quanto qui è suscettibile di rilievo, lo stralcio della posizione di Turati. In seguito, alcuni deferiti, tra cui, sempre per quanto possa utilmente, in qualche modo, rilevare ai fini del presente procedimento, Carobbio, Andrea De Falco, Gervasoni, hanno presentato istanza di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 23 e 24 C.G.S.. Su dette istanze la C.D.N. ha provveduto con l’ordinanza n. 4, così disponendo: per il Sig. Filippo Carobbio, applicazione ex artt. 23 e 24, C.G.S. della squalifica per mesi 20 (venti); per il Sig. Andrea De Falco, applicazione ex artt. 23 e 24, C.G.S. della squalifica per mesi 6 (sei); per il Sig. Carlo Gervasoni, applicazione ex artt. 23 e 24, C.G.S. della squalifica per mesi 20 (venti). La C.D.N. ha, quindi, esaminato le istanze istruttorie proposte dai deferiti, sulle quali ha provveduto con l’ordinanza n. 5, ammettendo la produzione documentale, ma respingendo tutte le richieste di prove testimoniali e quelle di interrogatorio dei deferiti e di confronto con altri deferiti, non essendo previsto «come mezzo di prova nell’ordinamento federale, né, d’altra parte, i deferiti possono essere qualificati come testimoni dei fatti, essendo essi stessi incolpati sulla base delle proprie dichiarazioni» (cfr. dec. C.D.N.). Illustrate le ragioni del deferimento, la Procura Federale ha chiesto la dichiarazione di responsabilità dei deferiti e l’irrogazione, per quanto interessa ai fini del presente giudizio, delle seguenti sanzioni a carico di Mastronunzio Salvatore: squalifica di 4 anni e 6 mesi, così determinata: squalifica di 3 anni per l’illecito sportivo + 6 mesi per l’aggravante (come da incolpazione sub 20: gara Ancona/ Albinoleffe del 17.1.2009 per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S., con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. della pluralità degli illeciti posti in essere) e ulteriori 6 mesi di squalifica per ogni illecito sportivo (come da incolpazioni sub 30 e 62: gara Albinoleffe/Ancona del 30.5.2009 per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S., con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, del conseguimento del vantaggio in classifica, nonché della pluralità degli illeciti posti in essere, e gara Ancona/Mantova del 30.5.2010 per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S., con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. per la pluralità di illeciti posti in essere). In dibattimento, i difensori dei deferiti hanno, quindi, illustrato e integrato le rispettive difese, precisando le proprie conclusioni. Nel corso della discussione, anche i deferiti Locatelli e Bellodi presentavano istanza di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 23 C.G.S., in ordine alle quali la C.D.N. così disponeva: per Bellodi Mirko, applicazione ex art. 23 C.G.S. della squalifica per anni 2 (due); per Locatelli Tomas, applicazione ex art. 23 C.G.S. della squalifica per anni 2 (due). Al termine della discussione, la Commissione ha dichiarato chiuso il dibattimento e rinviato per la Camera di consiglio, all’esito della quale, ha emesso l’impugnata decisione di cui al Com. Uff. n. 101/CDN «in conformità con il principio di sinteticità sancito dall’art. 34, comma 2, C.G.S.». In via preliminare, la C.D.N. ha ritenuto dover «ribadire le considerazioni generali espresse in occasione del procedimento definito con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011, rilevando ancora una volta come, nel caso in questione, emergano comportamenti palesemente incompatibili con i principi di lealtà, correttezza e probità, ai quali l’ordinamento sportivo non può abdicare, pena la sua irrimediabile caduta di credibilità e persino la sua stessa sopravvivenza. Si tratta, in particolare, di comportamenti di intrinseca gravità, che svuotano di significato l’essenza stessa della competizione sportiva, al di là di ogni valutazione in ordine alla intensità dell’elemento psicologico dei singoli deferiti, alla condotta preesistente, simultanea e successiva degli illeciti disciplinari e alle motivazioni che li hanno ispirati: comportamenti che sono espressione di quel clima “omertoso” che troppo spesso permea i rapporti tra i tesserati, nonché tra i tesserati e il “sottobosco” di vari pseudo appassionati e spesso – addirittura – di esponenti della malavita» (cfr. dec. C.D.N.). La C.D.N. ha, poi, evidenziato come «gran parte delle difese dei deferiti sollevano eccezioni e propongono istanze sulla base di un presupposto erroneo. Pretenderebbero infatti di applicare al procedimento sportivo norme e principi propri dell’ordinamento penale. Nel processo penale, fondato sul sistema accusatorio, la prova si forma nel dibattimento. Al contrario nel procedimento sportivo ha valore pieno di prova quanto acquisito nella fase delle indagini o prima ancora dell’apertura di esse (ad esempio, i rapporti arbitrali che godono perfino di fede privilegiata) o da indagini svolte in altro tipo di procedimento (ad esempio, atti inviati dall’A.G.). Non può essere reclamata, pertanto, l’applicazione al presente procedimento delle norme previste dal libro terzo del codice di procedura penale. Il principio del contraddittorio si realizza nel rispetto delle forme previste dal C.G.S. e non in base al codice di procedura penale che regola posizioni e diritti di tutt’altra natura e rilevanza. Come più volte ribadito in recenti decisioni del TNAS più avanti citate, lo standard probatorio richiesto per pervenire alla dichiarazione di responsabilità a carico dell’incolpato è diverso da quello richiesto dal diritto penale ed è sufficiente un grado di certezza inferiore ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti» (cfr. dec. C.D.N.). Quanto, specificamente, alla fattispecie della violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 5 e 6, C.G.S., la Commissione di prime cure ritiene che «dagli atti ufficiali (documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Cremona e audizioni dei tesserati effettuate dalla Procura Federale) e dalle risultanze del dibattimento emerge che diversi tesserati hanno svolto attività preordinate ad alterare lo svolgimento e il risultato di competizioni sportive, in violazione dell’art. 7, comma 1, 5 e 6, C.G.S. e dei principi di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art. 1 C.G.S.. In particolare, ciò risulta provato, tra l’altro, dalle circostanze di seguito evidenziate, anche in considerazione del fatto che, per irrogare una condanna di un illecito sportivo, è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita, né il superamento del ragionevole dubbio: ciò in relazione alla finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni (da ultimo, TNAS, Signori/FIGC del 15.9.2011; Amodio/FIGC del 6.12.2011; Spadavecchia/FIGC del 2.1.2012)» (cfr. dec. C.D.N.). Nel merito, all’esito della camera di consiglio, la C.D.N. ha ritenuto, per quanto qui interessa, che in relazione alla gara Ancona/Albinoleffe del 17.1.2009, vi sia effettivamente stato un tentativo di alterazione posto in essere da Gervasoni, all’epoca dei fatti calciatore dell’Albinoleffe e da Comazzi, all’epoca dei fatti calciatore dell’Ancora. Ritiene la C.D.N. che vi siano prove più che sufficienti a far ritenere che i deferiti Comazzi e Gervasoni «abbiano posto in essere le condotte loro ascritte, che integrano la violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5, con l’aggravante di cui al comma 6, per Comazzi…. Per quanto riguarda, invece, la posizione di Mastronunzio e Nassi non sussistono elementi sufficienti per rendere certa la commissione dei fatti loro addebitati, atteso che non risulta provato che costoro si siano attivati con i compagni di squadra per l’alterazione della gara. Generico e non riscontrato, per gli stessi, appare il riferimento alla “combine” di cui è stata oggetto la gara di ritorno tra le medesime squadre» (cfr. dec. C.D.N.). Quanto alla gara Albinoleffe - Ancona del 30.5.2009, premesso che la posizione di Turati, per effetto dello stralcio, viene esaminata soltanto in via di accertamento incidentale, la C.D.N. «osserva come risulti dagli atti del deferimento che, in due distinte occasioni, Comazzi e Turati hanno telefonato a Gervasoni per chiedere di vincere la gara. Gervasoni ha manifestato la propria disponibilità e ne ha parlato con i compagni, i quali, però, non si sono trovati d'accordo. In seguito, prima Colacone, Turati e Mastronunzio hanno consegnato a Gervasoni circa € 15.000,00 nella zona di Legnano e, poi, Colacone e Turati ne hanno consegnati altri € 5.000,00 all'uscita del casello di Lainate. Anche Carobbio è stato richiesto di partecipare all’illecito, ma si è rifiutato. In definitiva, Comazzi, Colacone, Turati e Mastronunzio hanno preso contatti con Gervasoni al fine di verificare la possibilità di alterare la gara con vittoria dell’Ancona, offrendo la somma di € 15.000,00 per garantire l’impegno a perdere, poi dagli stessi consegnata a Gervasoni a risultato ottenuto, unitamente a ulteriori € 5.000,00. Gervasoni ha garantito il proprio apporto, accettando la complessiva somma di € 20.000,00. Carobbio, invece, non ha partecipato all’illecito, ma ha omesso di denunciare i fatti alla Procura Federale» (cfr. dec. C.D.N.). Tali circostanze, a dire della Commissione di primo grado, hanno trovato riscontro nelle circostanziate dichiarazioni di Gervasoni e Carobbio, che consentono di superare «l’eccezione di “vuoto probatorio” sollevata dalla difesa di Mastronunzio, costituendo invece prove più che sufficienti a far ritenere che nel caso in esame si sia verificata la violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5, con l’aggravante di cui al comma 6» (cfr. dec. C.D.N.). Anche con riferimento alla gara Ancona/Mantova del 30.5.2010, ad avviso della C.D.N. «è stata raggiunta la prova di un tentativo di alterazione posto in essere da Gervasoni, Locatelli, Bellodi, Nassi, all’epoca dei fatti calciatori del Mantova, e Magalini, all’epoca dei fatti direttore sportivo del Mantova, nei confronti di Mastronunzio, Cristante, De Falco Andrea e Colacone, all’epoca dei fatti calciatori dell’Ancona. La prova dei fatti suesposti si trae dalle dichiarazioni rese da Gervasoni alla A.G. di Cremona in data 12.3.2012 e reiterate alla Procura federale in data 13.4.2012. Tali dichiarazioni sono munite di riscontri intrinseci ed estrinseci. Esse infatti sono dettagliate, coerenti e reiterate. Inoltre, sono confermate dalle parziali ammissioni di Locatelli, De Falco e Cristante che hanno confermato gli incontri con i calciatori avversari anche se hanno cercato di attenuare le rispettive responsabilità. La circostanza che gli incontri furono due conferma, inoltre, che in un primo momento Mastronunzio non escluse la possibilità di raggiungere l’accordo. Tra l’altro, in occasione del secondo incontro, furono i giocatori dell’Ancona a recarsi presso l’albergo di quelli del Mantova che li seguirono con la macchina messa a disposizione da Magalini fino a “un parcheggio un po’ nascosto”. Le modalità clandestine degli incontri sono l’ennesima conferma del loro contenuto illecito. Viene così smentita la tesi difensiva di Mastronunzio, secondo la quale egli fin dal primo incontro avrebbe sdegnosamente rifiutato la proposta di illecito. Se così fosse stato, non ci sarebbe stato motivo di accettare un secondo incontro allargato ad altri compagni di squadra, spostandosi perfino presso l’albergo dei corruttori. La ricostruzione “minimalista” della sua partecipazione ai fatti offerta da Nassi nella memoria difensiva viene smentita non solo dalle dichiarazioni di Gervasoni e Locatelli, ma anche da quelle di Cristante, De Falco e Mastronunzio […] Le condotte di cui sopra integrano la violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5, per Nassi, Magalini, Mastronunzio, Colacone e Cristante, con l’aggravante di cui al comma 6 per Nassi, Mastronunzio e Colacone» (cfr. dec. C.D.N.). Quanto alla determinazione delle sanzioni rileva, in via generale, la C.D.N. «che, ai sensi dell’art. 16, comma 1, C.G.S., gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva. Ai fini della concreta quantificazione delle sanzioni nel caso in questione, la Commissione deve evidenziare in via generale come le modalità stesse dei comportamenti illeciti suscitino un rilevante allarme generale, tanto più a fronte delle implicazioni che il campionato di calcio comporta sul piano sociale, economico e dell’ordine pubblico. In particolare, in relazione alle singole posizioni, la Commissione ritiene che, quanto al tesserato Mastronunzio, assuma specifico rilievo la partecipazione agli illeciti sportivi aggravati relativi alle gare Albinoleffe/Ancona del 30.5.2009 e Ancona/Mantova del 30.5.2010 e, per l’effetto, ha inflitto, a suo carico, la squalifica per 4 (quattro) anni. Avverso la suddetta decisione della Commissione Disciplinare Nazionale ha proposto ricorso il sig. Salvatore Mastronunzio, come in atti rappresentato e difeso. Pur prendendo atto «con moderata soddisfazione, del fatto che il Giudice di prime cure ha ritenuto di dover» proscioglierlo dal capo di incolpazione sollevato a suo carico relativamente alla gara Ancona/Albinoleffe del 17.1.2009, censura, anzitutto, il ricorrente, la pronuncia per la sua ingiustizia ed iniquità, ritenendo la stessa «fin troppo stringata e succinta rispetto alla peculiarità e portata delle questioni sottoposte al vaglio, apparendo financo affetta da vistosi vizi logici e giuridici, oltreché a dir poco lacunosa per omessa motivazione su alcuni profili assolutamente decisivi» (cfr. reclamo). Proprio muovendo dalla gara di andata Ancona/Albinoleffe del 17.1.2009, in ordine alla quale la C.D.N. ha ritenuto che per la posizione di Mastronunzio non sussistessero elementi sufficienti, apparendo «generico e non riscontrato» il riferimento alla “combine” «di cui è stata oggetto la gara di ritorno tra le medesime squadre (vale a dire, proprio Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009) … era lecito attendersi (anzi, sembrava addirittura scontato) che la CDN pervenisse, anche con riguardo alla» predetta gara di ritorno «a medesime conclusioni assolutorie essendo sembrata, la considerazione di cui sopra, una vera e propria anticipazione di giudizio» (cfr. reclamo). «Senonchè», si legge in reclamo, «del tutto imprevedibilmente (ma, davvero, con insufficienza e scarsezza di argomenti degni di nota!) la C.D.N. ha virato a 360° e, in un vero trionfo di coerenza, solo 6 pagine dopo (cfr. pagina 55 e ss. decisione impugnata) è giunta a conclusioni di senso diametralmente opposto a quelle che aveva lasciato presagire, finendo per affermare la responsabilità del Mastronunzio ex art. 7, comma 1, 2 e 5 C.G.S. con l’aggravante del comma 6, relativamente alla gara Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009» (cfr. reclamo). Lamenta, il reclamante, che i “riscontri probatori” indicati dal Giudice di prime cure risiedano in realtà esclusivamente nelle dichiarazioni di Gervasoni e Carobbio. Critica la “celebrazione” da parte dell’organo inquirente, prima e della C.D.N., poi, della «presunta credibilità del Gervasoni»: peccato che entrambi i predetti organi si siano dimenticati, a dire dell’appellante, «quel che il Gervasoni raccontava all’incirca 10 mesi fa (giorno più giorno meno, comunque non molto tempo fa) allorquando, intento a difendersi nell’ambito della prima trance del presente procedimento, contestava ogni addebito si muovesse nei suoi confronti e negava tutto ciò che era possibile negare ed anche di più» (cfr. reclamo). Per Mastronunzio appare, dunque, davvero troppo tacciare «di credibilità tout court il buon Gervasoni e, per di più, di credibilità “intrinseca” a prescindere […] Si tratta di dichiarazioni niente affatto genuine, bensì ponderate, studiate, ben calcolate. È per questo che vi è, in Mastronunzio, l’insopprimibile bisogno di confrontarsi con lui […] Senza tacere del fatto che risulta assai difficile ritenere credibile un soggetto (il Gervasoni) che per sua stessa ammissione ha cominciato all’età di 27 anni (cfr. verbale interrogatorio GIP di Cremona del 22.12.2011 nel quale afferma: “tutto è nato quando ero nell’Albinoleffe, dove ho militato dal 2007 al 2009 …” a “combinare” partite, vale a dire quando era nel pieno della sua carriera agonistica ed anziché profondere il massimo impegno in campo per ottenere “correttamente” i migliori risultati possibili, preferiva cimentarsi in attività illecite e fraudolente ispirate alla menzogna. La bugia, la finzione, la falsità come vero e proprio stile di vita, dunque (quanto meno stile di “vita sportiva”) in spregio a quei principi di lealtà, correttezza e probità sanciti dal Codice di Giustizia Sportiva ai quali tutti i tesserati devono uniformarsi. Come può, allora, credersi a Gervasoni? Come si può ritenere “attendibile” il Gervasoni?» (cfr. reclamo). Evidenzia, peraltro, in tal ottica, il reclamante, come Gervasoni riferisca «in ordine ad una cinquantina di partite», chiedendosi, quindi, come faccia a ricordarsi «di tutte le combinazioni di risultato pattuite, di tutti i calciatori coinvolti, delle somme di denaro concordate, erogate e/o restituite, dei giorni e degli alberghi delle presunte intese, delle quote di denaro spettanti all’uno ed all’altro dei compartecipi, della telefonata dell’uno e/o dell’altro, di quel messaggio telefonico e/o di quell’altro, di un’utenza straniera piuttosto che di un’altra, e chi più ne ha più ne metta se tutto ciò, poi, è cominciato la bellezza di (circa) tre anni fa? Come si può affermare, con tale convinzione e tale forza, che ciò che racconta Gervasoni è sicuramente vero?» (cfr. reclamo). Con specifico riferimento alle incolpazioni elevate a Mastronunzio per la gara Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009, fondate «solo ed esclusivamente sulle inopinate affermazioni di Carlo Gervasoni [ ] non c’è nessun riscontro (né logico né tanto meno giuridico) […]. È davvero assurdo, allora, oltreché paradossale e di inaudita gravità, che Salvatore Mastronunzio debba discutere della (anzi debba difendere la) sua vita professionale e non, a causa (solo) delle false (e questa volta pure incerte e fantasiose) affermazioni di Carlo Gervasoni» (cfr. reclamo). Ragioni, queste, che spingono il reclamante ad invocare a gran voce un confronto con Gervasoni, anche in considerazione del fatto che l’autonomia dell’ordinamento sportivo deve mantenersi nei limiti dei principi costituzionali, quali quelli in materia di tutela della persona e diritti di difesa dell’incolpato. Peraltro, nel reclamo viene posto in risalto il fatto che Gervasoni, «(interrogato per ben tre volte in ordine alla partita in esame) arricchisce, di volta in volta, la sua deposizione condendola di “gustosi” particolari» (cfr. reclamo). A dire del reclamante, ad ogni buon conto, la ricostruzione di Gervasoni è e rimane confusa (2 o 4 incontri con i calciatori dell’Ancona e con quali di essi?). Del resto, «le dichiarazioni “autoaccusatorie” sono connotate da un carattere di maggiore attendibilità (ma non assoluta) solo con riferimento alla responsabilità di chi si “autoaccusa” (cioè di chi accusa se stesso) non già – e non certo – potendo dispiegare medesimi effetti nei confronti di chi (soggetti terzi) sia investito delle stesse» (cfr. reclamo). Analoghe censure di inattendibilità l’appellante, poi, rivolge alle dichiarazioni di Carobbio, che sarebbero peraltro rilasciate “de relato”, sottolineando come le stesse vadano “a braccetto”, nel senso che una volta sarebbe Gervasoni a parlare e Carobbio che fa da contraltare e la volta successiva avverrebbe il contrario. Carobbio, si legge nell’atto di appello, «in buona sostanza, non riferisce fatti di cui ha conoscenza diretta ma fatti che gli vengono raccontati da altri (il Gervasoni)». La conseguenza, dice il reclamante, richiamando Cass. penale 7 maggio 2012, n. 16939, è che le dichiarazioni de relato rilasciate da coindagati divengono inutilizzabili mettendo in discussione l’intero impianto accusatorio, in assenza di riscontri oggettivi. Nel merito delle dichiarazioni di Carobbio, comunque, ritiene il reclamante che le stesse non costituiscano neppure quel riscontro esterno alle dichiarazioni di Gervasoni che la C.D.N. postula a base della propria decisione. Anche con riguardo alla gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010, ritiene l’appellante che l’accoglimento da parte della C.D.N. della propettazione accusatoria sia quantomai debole ed incerta. Ricordato il “personaggio” Mastronunzio («si tratta, senza ombra di dubbio, del calciatore più rappresentativo e di quello che, più di ogni altro, è rimasto nel cuore dei tifosi», le cui «prestazioni straordinarie» gli hanno consentito, «-in uno con il suo irreprensibile comportamento (anche) al di fuori del campo- di guadagnare la stima ed il massimo rispetto da parte di tutta la piazza (Società, tifosi, colleghi, stampa) nonché di meritare, a furor di popolo la qualifica di capitano della squadra. Salvatore Mastronunzio, del resto, impersonifica alla perfezione la figura del “capitano”: personalità, rendimento, carisma, attaccamento ai colori sociali, ascendente sui compagni di squadra. Sa rimproverarli, questi ultimi, quando è giusto farlo; sa proteggerli ove necessario, esponendosi sempre in prima persona. Quel che si dice: un vero e proprio “leader di spogliatoio”»), la difesa, pur ammettendo il contatto da parte dei calciatori del Mantova, evidenzia come «l’esponente, senza mezzi termini, rispose immediatamente che loro dell’Ancona avrebbero giocato con il massimo impegno, così spegnendo sul nascere (almeno così gli era sembrato) ogni eventuale aspettativa di senso contrario». «Fatto ritorno presso il proprio ritiro», si legge in reclamo, «il Mastronunzio volle parlare dell’accaduto con i suoi compagni di squadra […] Senonché, il giorno dopo (29 maggio 2010) l’esponente venne contattato ancora una volta da Nassi che lo invitava ad incontrarsi di nuovo con loro. Fu così che, prevedendo che i colleghi del Mantova sarebbero tornati ancora sull’argomento e non volendo più incontrarli da solo, ne parlò dapprima con Colacone (altro calciatore “rappresentativo” all’interno della squadra) e poi, con questo, decise di farsi accompagnare anche da Cristante e De Falco. Anche durante il secondo incontro – come emerge nitidamente da tutti gli atti di causa – venne ribadito ai calciatori del Mantova la ferma intenzione di profondere il massimo impegno e di giocarsi fino in fondo la partita» (cfr. reclamo). Insomma, l’addebito mosso nei confronti di Mastronunzio sarebbe del tutto infondato e, semmai, il tentativo di illecito sarebbe stato posto in essere solo dai calciatori del Mantova, ma immediatamente stoppato da quelli dell’Ancona e tra loro, in primis, dal reclamante. Deduce, ancora, il ricorrente come non sia proprio possibile porre «sullo stesso piano il comportamento di chi (in ipotesi) “propone” la (presunta) combine e chi tale proposta si limita a “ricevere”, rifiutandola immediatamente e reiteratamente» e come sia comunque certo che «nessun “atto diretto a” il Mastronunzio ha mai compiuto, né al fine di alterare il risultato della partita Ancona/Mantova del 30 maggio 2010 né al fine di assicurare a chicchessia un vantaggio in classifica» (cfr. reclamo). «Posto che nessuna somma di denaro», aggiunge, poi, il reclamante, «è mai stata offerta al Mastronunzio ed ai calciatori dell’Ancona, né alcun altro vantaggio (di qualsivoglia natura) è mai stato loro prospettato da quelli del Mantova si capisce che, in verità, la vicenda in esame gravita al di fuori dell’ipotesi astratta di cui all’art. 7 C.G.S.. Tratterebbesi, in altre parole, di atti “diretti a” inidonei a configurare l’ipotesi dell’illecito sportivo anche solo tentato. Più che una proposta, più che una richiesta, quella dei calciatori del Mantova sembra piuttosto una mera “aspettativa” pur sempre disdicevole ed indegna, sicuramente da censurare, pur tuttavia incapace di produrre gli effetti tipici vietati dalla normativa di riferimento. È noto, del resto, che il requisito imprescindibile ed irrinunciabile per la ricorrenza del cosiddetto “illecito sportivo tentato” sia l’idoneità degli “atti diretti a” condurre verso la consumazione dell’illecito sportivo» (cfr. reclamo). In definitiva, «il presunto illecito contestato a Salvatore Mastronunzio» non ha trovato «alcun “dignitoso” riscontro probatorio né, tanto meno, può dirsi fondato» su quella prova solida di cui parla la giurisprudenza della Corte di Giustizia Federale. Peraltro, «l’insussistenza del benché minimo riscontro probatorio (…) è nel caso di specie, riferibile ad entrambe le ipotesi di illecito sportivo previste dall’art. 7 C.G.S.: tanto a quella di “illecito consumato” – di cui si è già detto – quanto a quella di mero “illecito tentato”, per la quale valgono le medesime conclusioni» (cfr. reclamo). Chiede, pertanto, la difesa del ricorrente, la riforma integrale della decisione della C.D.N. assunta nei confronti di Salvatore Mastronunzio, così concludendo: «a) quanto alla gara Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009, accogliere i presenti motivi di appello perché del tutto fondati sia in fatto che in diritto e, per l’effetto, prosciogliere Salvatore Mastronunzio da ogni addebito, annullando e/o revocando la sanzione irrogata a suo carico; b) quanto alla gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010: in via principale, accogliere i presenti motivi di appello perché del tutto fondati sia in fatto che in diritto e, per l’effetto, prosciogliere Salvatore Mastronunzio da ogni addebito annullando e/o revocando la sanzione irrogata a suo carico; in via subordinata, ove ritenuto, previa riqualificazione dei fatti oggetto di deferimento sotto la specie dell’art. 1 comma 1 C.G.S. (violazione obblighi lealtà, correttezza e probità), irrogare a Salvatore Mastronunzio la sanzione minima che sarà ritenuta di giustizia. In via istruttoria si chiede: - l’audizione, in contraddittorio fra le parti, dei calciatori Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio sulle circostanze ed i fatti relativi alle due gare oggetto del presente atto di appello». Alla riunione tenutasi dinanzi alla Corte di Giustizia Federale nei giorni 2 e 3 luglio 2012, il Procuratore Federale ha ribadito come se per quanto concerne la gara Ancona/Albinoleffe vi è solo un indizio di partecipazione di Mastronunzio al tentativo di “combine”, per la gara di ritorno vi è la prova della partecipazione diretta dello stesso: per queste ragioni la C.D.N. ha ritenuto non sussistere, al contrario della gara di ritorno, la dimostrazione dell’illecito. Confutati, dunque, gli argomenti difensivi, sosteneva l’ineccepibilità della decisione impugnata, di cui chiedeva la conferma. La difesa, richiamandosi ai motivi dell’appello, ha rinnovato le istanze istruttorie e le richieste di merito formulate nell’atto di impugnazione, insistendo nelle rassegnate conclusioni. In via logicamente preliminare va esaminata la questione, sollevata nell’atto di appello, della legittimità delle ordinanze dibattimentali di primo grado con cui, negata la sussistenza della pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo e riaffermata l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dal Codice di Giustizia Sportiva, sono state rigettate le richieste difensive – oggi ribadite – di ammissione di mezzi di prova, in particolare consistenti nell’escussione di coincolpati e, segnatamente, nell’audizione, in contraddittorio fra le parti, dei calciatori Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio sulle circostanze ed i fatti relativi alle due gare oggetto di addebito e sanzione. La Corte non ha dubbi nel ritenere che le ordinanze non meritino alcuna censura, essendosi motivatamente mosse nel solco della costante giurisprudenza federale. Ed infatti, è storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia degli ordinamenti settoriali riconosciuti, come l’ordinamento sportivo, da quello generale debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare in linea generale la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Non vi è, quindi, alcun bisogno di sospendere il procedimento disciplinare se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio già giudicato dagli organi di giustizia sportiva congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate, senza subordinare all’esito di un procedimento che si svolge in ambiti e tempi sensibilmente diversi, con parametri e criteri di raccolta e valutazione degli elementi di giudizio non coincidenti, la propria esigenza di pronto ristabilimento dell’ordine violato, a beneficio degli altri consociati ed a difesa del bene comune. Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riguardo alle richieste istruttorie ripetute dall’appellante. Ad esse ha esattamente, ed in omaggio ad una giurisprudenza che ha resistito nel corso di lunghi anni, replicato la Commissione di primo grado osservando che le regole del procedimento sportivo, cui gli organi di giustizia sono tenuti ad uniformarsi, non prevedono il dovere del giudicante di allargare l’orizzonte del materiale probatorio già acquisito, se questo soddisfa a suo avviso le esigenze del giudizio, né di sottoporre – come nel caso di specie – ad interrogatorio altri coincolpati, in ipotesi indisponibili a sostenerlo, anche considerato che essendo gli stessi, appunto, anch’essi parti del giudizio o, comunque, destinatari dell’atto di deferimento, non potrebbero, in ogni caso, assumere la veste di teste. Da questo punto di vista, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova mediante produzione documentale, come è reiteratamente accaduto nei due gradi del presente giudizio. In sintesi, quindi, del tutto priva di pregio è la questione, agitata dal ricorrente nell’atto di appello, circa l’esigenza di completare il quadro probatorio. Eccezione, come detto, che non può trovare comunque accoglimento perché presuppone, erroneamente, l’automatica applicazione di tutti i principi che regolano il giudizio penale al procedimento disciplinare, che a quello sicuramente si informa senza però costituirne una pedissequa e scontata ripetizione che sarebbe, in tal caso, assolutamente inutile e si potrebbe tradurre in una lesione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue caratteristiche di tipicità e specialità. Ciò premesso, la Corte osserva che la decisione impugnata non meriti alcuna delle censure mosse e che, pertanto, debba essere confermata, per effetto del rigetto dell’impugnazione. Ed invero, le approfondite e capillari indagini, utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, hanno consentito di ritenere raggiunta la prova della sussistenza degli illeciti contestati a Salvatore Mastronunzio con riferimento alle gare Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009 e Ancona/Mantova del 30 maggio 2010. L’attenta e dettagliata attività investigativa, della giustizia ordinaria prima e di quella federale poi, ha consentito di mettere a disposizione degli organi giudicanti una serie consistente e preziosa di elementi suscettibili di specifica valutazione da parte degli stessi predetti organi, nell’ambito della loro autonomia di giudizio, onde pervenire, nei singoli casi e con riferimento a ciascun soggetto deferito, alle conclusioni di proscioglimento o di affermazione di responsabilità per tutti o parte degli addebiti ascritti. In questo quadro di riferimento complessivo si inserisce la condotta, oggetto di autonomo esame nel presente procedimento, che, ritiene questa Corte, deve tradursi nell’affermazione di sussistenza dell’illecito (sussumibile nella previsione dell’art.7 C.G.S.) consistente nell’attentato all’integrità delle singole gare di cui trattasi, interamente addebitabile all’appellante. Dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità di Mastronunzio in ordine alla incolpazione di cui all’art. 7, commi 1, 2, 5 e 6, C.G.S., per aver, in concorso con altri calciatori, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato delle gare sopra indicate. È provato il tentativo del ricorrente di concordare lo svolgimento e/o il risultato della gara Albinoleffe/Ancona del 30 maggio 2009. In tal ottica, Gervasoni, interrogato in data 27.12.2011 dalla Procura della Repubblica di Cremona, già in relazione alla gara di andata Ancona/Albinoleffe del 17 gennaio 2009, riferiva di un contatto tra due calciatori per combinare un pareggio, contatto che, però, non aveva avuto seguito. Nel successivo interrogatorio del 12.3.2012, tuttavia, il predetto calciatore precisava: « io che avevo da poco conosciuto Gegic ho avuto alcuni contatti telefonici con Comazzi, con il quale avevo giocato nel Como e nel Verona e che all’epoca era nell’Ancona. Allora era l’ultima partita del girone di andata e proposi a Comazzi un pareggio con over. In un primo momento sembrava che i compagni di squadra di Comazzi fossero d’accordo, ma poi Mastronunzio e Nassi cambiarono idea e non se ne fece più niente. Rimanemmo d’accordo che la discussione sarebbe stata ripresa nella partita di ritorno in termini che sarebbero variati a seconda della posizione delle due squadre». Nel predetto interrogatorio del 27.12.2011 Gervasoni riferisce che, quanto alla gara Albinoleffe/Ancona, conclusasi con il risultato di 3 a 4, qualche giorno prima della partita venne contattato da tre giocatori dell’Ancona, che gli rappresentarono che per loro vincere quella partita sarebbe stato di vitale importanza. «Io manifestai la mia disponibilità e parlai con i miei compagni, ma non tutti erano d’accordo. Pertanto, quando si ripresentarono io dissi loro che per me poteva stare anche bene, ma pur garantendo il mio apporto, non avrei potuto certo garantire il risultato. Io non feci niente di particolare e comunque, dato il risultato, un paio di giorni dopo, quei giocatori dell’Ancona mi portarono la somma aggiratasi sui 15.000 €. I calciatori dell’Ancona in questione erano Colacone, Turati Marco e Mastronunzio». Affermazioni, quelle di Gervasoni, ribadite e precisate nell’audizione del 13.4.2012 innanzi alla Procura Federale: «Confermo quanto ho riferito e vorrei aggiungere che i primi contatti telefonici li ho avuti con Comazzi. Lui voleva sapere se eravamo disposti a perdere. Io gli feci capire che la cosa non dipendeva solo da me. Dopo Comazzi si fece sentire Turati il quale in una telefonata mi chiese dove mi trovavo. Avuta risposta poco dopo mi raggiunsero nella zona di Legnano Colacone, Mastronunzio e lo stesso Turati. Nell’occasione mi chiesero se ero disposto a perdere con l’incentivo di una somma di denaro. Prima della partita mi avvicinai a loro dicendo che per la combine ero da solo. La partita andò a buon fine. Per il resto confermo quanto dichiarato all’A.G.». Come rilevato dalla Procura Federale, siffatte dichiarazioni trovano riscontro in quelle rese da Filippo Carobbio, che, interrogato dalla Procura della Repubblica di Cremona in data 19.1.2012, ha affermato: «Gervasoni mi disse che aveva degli amici da favorire nella squadra avversaria e ritengo che in effetti abbia agito in tal senso in quanto, dopo che eravamo stati in vantaggio per 3 – 1, l’Albinoleffe perse 3 – 4». Nella successiva audizione del 29.2.2012, precisava ulteriormente: «qualche giorno prima della gara, Gervasoni mi disse di essere stato contattato dai calciatori dell’Ancona Colacone Roberto, Turati Marco e Mastronunzio Salvatore per dargli la vittoria in scambio di denaro; gli riferii che non ero d’accordo in quanto era la mia ultima partita con l’Albinoleffe e non volevo lasciare un cattivo ricordo; non so se Gervasoni lo chiese ad altri compagni, comunque non ne seppi più nulla, anche se mi accorsi cha la gara era combinata, specialmente per il ribaltamento del risultato e per il comportamento di gara di Gervasoni». Riscontri esterni alle dichiarazioni di Gervasoni sono in qualche modo, poi, desumibili dalle affermazioni rese da Ferrari e Conteh. Quest’ultimo, ascoltato dalla Procura federale in data 13.4.2012, dichiara: «in ordine alla gara Albinoleffe/Ancona del 30.5.2009, ricordo che, dopo essere stati in vantaggio per 3 – 1, la gara terminò 4 – 3. Considerando tale andamento, mi venne il dubbio che Gervasoni potesse aver combinato un’ennesima partita e, da quel momento, adirato per quanto successo in quanto era l’ultima partita di campionato e volevo fare bella figura davanti ai nostri tifosi che ci tenevano, decisi di non aver più nulla a che fare con lui». Ferrari, invece, riferisce il 24.4.2012 alla Procura Federale: «(…) Posso solo dire che, alla fine dell’ultima partita di campionato, Albinoleffe – Ancona terminata 3 – 4, dopo che eravamo stati in vantaggio per 3 – 1 fino pochi minuti dalla fine, ho ripensato a quanto detto da Gervasoni in occasione dell’episodio Vantaggiato (Rimini/Albinoleffe del 20.12.2008, ndr) ed ho avuto dei sospetti sulla regolarità dell’incontro. Preciso comunque che le mie sono comunque sensazioni personali che non si fondano su dirette conoscenze di eventuali combine». Utili spunti probatori anche nelle dichiarazioni di cui al verbale di interrogatorio di persona sottoposta ad indagini rese da Marco Turati all’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari in data 30.5.2012: «Faccio presente che noi dell’Ancona avevamo assolutamente bisogno di vincere nella speranza di evitare la retrocessione. Il nostro D.S. Larini parlò con Colacone e Mastronunzio per sapere se conoscevano qualcuno dell’Albinoleffe. I due colleghi vennero da me perché sapevano che avevo giocato con Gervasoni dell’Albinoleffe e io gli dissi che nei giorni successivi avrei dovuto incontrarlo insieme ad un comune amico di nome Tiberio Guarente. Incontrati effettivamente Gervasoni dell’Albinoleffe alcuni giorni prima della partita, in un locale fuori Milano dove c’era una festa. Gervasoni, quando gli presentai questo discorso, rispose in modo molto perplesso dicendo che aveva già problemi con i suoi compagni di squadra. Rividi Gervasoni sabato in campo, poco prima dell’incontro e mi disse che almeno per quanto concerneva lui, che non avrebbe giocato al massimo in quanto veniva da una settimana di divertimenti. Non poteva comunque garantirci nulla. Vincemmo 4 – 3 all’ultimo secondo. Dopo la partita il D.S. Larini, parlò con il Presidente che si chiama Petocchi che gli diede il via libera a ricompensare Gervasoni anche, a mio avviso, non aveva fatto niente di particolare. Seppi da Mastronunzio che Gervasoni era stato ricompensato ma io non ebbi alcun incarico in tal senso». La ricostruzione operata da Gervasoni in ordine alla “combine” della gara di cui trattasi appare estremamente circostanziata e nessun limite incontra nella circostanza, evidenziata dalla difesa dell’appellante, della sua progressiva precisazione nel corso dei successivi interrogatori della Procura della Repubblica e delle diverse audizioni operate in sede federale. Peraltro, quanto all’attendibilità delle predette dichiarazioni di Gervasoni, correttamente la stessa Procura Federale ha evidenziato come lo stesso abbia reso dichiarazioni «autoaccusatorie (peraltro su una gara non oggetto di indagine della Procura di Cremona e quindi allo stesso non addebitata)». Si aggiunga che, per quanto non diretto, le dichiarazioni di Gervasoni trovano riscontro in quelle rilasciate da Carobbio, puntualmente informato sulla proposta di “combine” avanzata dai calciatori dell’Ancona. Così come ulteriori elementi che si dirigono nella medesima anzidetta direzione possono trarsi dalle dichiarazioni di Conteh che, seppur estraneo ed inconsapevole degli accordi tra Gervasoni ed i giocatori dell’Ancona, ha avuto modo di affermare, spontaneamente, che dall’andamento della gara aveva intuito si trattasse di una partita combinata. Il quadro probatorio sopra sinteticamente riferito, che milita di certo per l’affermazione di responsabilità di Mastronunzio, non è in alcun modo scalfito dalle dichiarazioni, di opposto tenore, rese dagli altri soggetti coinvolti e, in particolare, da Colacone, Turati e dallo stesso Mastronunzio, tese a negare qualsivoglia coinvolgimento nella combine di Albinoleffe/Ancona. Sotto tale profilo, coglie ancora una volta nel segno la Procura federale allorché evidenzia la loro assoluta inverosimiglianza ed inattendibilità, laddove lette alla luce del complessivo quadro probatorio. Di non minore interesse è poi il racconto di Gervasoni, non smentito nei suoi profili storicologistici, relativo alla gara Ancona – Mantova del 30 maggio 2010, terminata con il punteggio di 2 a 2. Interrogato dalla Procura della Repubblica di Cremona, in data 12.03.2012, afferma: «… il 30 maggio 2010, sempre senza che alle spalle ci fossero gli zingari, abbiamo cercato di comprare la sconfitta dell’Ancona o quanto meno di concludere un accordo che consentisse di “guardare” gli altri risultati delle partite per la salvezza che si disputavano contemporaneamente … Fu il Magalini a darci la macchina della società per recarci ai luoghi dell’appuntamento con giocatori dell’Ancona. In particolare vi fu un primo incontro in un parcheggio nel quale io, Locatelli, Bellodi e Nassi ci incontrammo con il Mastronunzio dell’Ancona. Lui si riservò di darci una risposta dopo averne parlato con i suoi compagni. In occasione di un secondo incontro dopo cena, oltre a noi quattro, Mastronunzio si presentò con Cristante, De Falco e Colacone. Noi (parlò soprattutto Locatelli), dopo aver prospettato la possibilità di vincere, come ipotesi subordinata di un possibile accordo indicammo la possibilità di tirare a lungo la partita su un risultato di parità in modo da rinviare negli ultimi dieci minuti l’incontro vero e proprio, in attesa di sapere i risultati degli altri campi … L’accordo non venne concluso in quanto quelli dell’Ancona avevano paura e non si fidavano». Nell’audizione in sede federale del 13.4.2012 Gervasoni precisa che «il Locatelli si rivolse a Magalini per avere l’auto con cui è andare all’incontro per cercare di concordare l’esito della gara. Io ero presente nel momento in cui Locatelli ha chiesto le chiavi della macchina a Magalini esplicitandone il motivo. Preciso che la macchina fornita dalla società Mantova (una Alfa 147 di colore scuro in uso a Magalini) ci servì per raggiungere il parcheggio dove avvenne il primo incontro che era situato poco dopo dall’albergo. L’utilizzo dell’auto serviva per seguire la macchina di Mastronunzio che infatti ci precedette sino ad un parcheggio un po’ nascosto. Nel secondo appuntamento sempre con la stessa auto raggiungemmo un luogo distante parecchi chilometri in una zona buia vicino ad un campo di pratica di golf. Al ritorno dagli appuntamenti riferimmo al Magalini dell’esito degli incontri specificando che i giocatori dell’Ancona non si fidavano della nostra parola e che di conseguenza avrebbero giocato la partita regolarmente». Convergenti le dichiarazioni rese da Andrea De Falco (Ancona): «La sera prima della gara ricordo che, intorno alle 21 subito dopo cena, Mastronunzio e Colacone, i miei “capitani” mi invitarono a seguirli per una passeggiata, o almeno così mi venne riferito, salimmo in auto e, dopo un breve tragitto, arrivammo in un piazzale; in quel momento mi accorsi che lì sostava una vettura dalla quale scesero alcuni giocatori del Mantova, di cui ricordo Nassi, Bellodi e Locatelli […] Mastronunzio e Colacone colloquiarono con gli altri atleti presenti. Fu in quel momento che capii la ragione dell’incontro e cioè che i calciatori del Mantova volevano concordare un risultato utile per loro positivo […]». Così come quelle fornite da Filippo Cristante (Ancona) nel corso dell’audizione del 19.4.2012: «Ricordo che mi trovavo in ritiro all’Hotel Tre Querce e, dopo cena, verso le 21, alcuni miei compagni, Mastronunzio o Colacone mi dissero che avevano un appuntamento con alcuni calciatori del Mantova e, poiché erano miei ex compagni, mi invitarono ad unirmi a loro … non ho dato peso alla cosa e mi sono limitato a seguirli senza chiedere il motivo di tale incontro … salii in auto e trovai, oltre a Mastronunzio e Colacone anche De Falco Andrea; dopo alcuni minuti, arrivammo ad un piazzale e ci incontrammo con i calciatori del Mantova, Bellodi e Locatelli, miei ex compagni e Nassi e Gervasoni … mi sembra sia stato un discorso ad 8 … ricordo solo che i calciatori del Mantova si lamentavano della loro posizione in classifica e dei problemi societari che stavano portando al fallimento … i calciatori del Mantova ci rappresentavano che avevano bisogno di vincere per sperare di salvarsi … ci evidenziavano che avevano una posizione di classifica per la quale necessitavano di vincere … mi sembra che noi avevamo bisogno almeno di un pareggio; non ricordo se a loro bastasse un pareggio … non ci hanno chiesto nulla, né ci hanno offerto soldi». Di interessante rilievo probatorio anche quanto riferito dal calciatore (allora) del Mantova Tomas Locatelli: «In occasione della gara Ancona/Mantova del 30.5.2010, mentre mi trovavo nel mio albergo in ritiro, dopo cena, verso le 21,00, notavo la presenza nel parcheggio di Nassi e Mastronunzio; li raggiungevo e mi univo a loro per salutarli; restavo con loro per pochi minuti ed avevo modo di assistere ad una conversazione tra due vecchi amici che si scambiavano semplici convenevoli; può essere successo che si siano scambiati qualche battuta scherzosa ove Nassi può aver detto una frase del tipo: “dai mica ci farai due goal domani”, frase alla quale Mastronunzio replicò ridendo … finiti i convenevoli ci si salutò … preciso che tale incontro si svolse due giorni prima della gara … il giorno successivo, qualcuno dei miei compagni, non ricordo chi tra Nassi e Gervasoni, venne nella mattinata a dirmi che qualche giocatore dell’Ancona voleva incontrarci, senza però specificarmi il motivo di tale richiesta; a quel punto non mi domandai cosa volessero, ma acconsentii ad incontrarli unitamente a Gervasoni e Nassi per verificare cosa volessero … rammento che, nel primo incontro, insieme a Nassi e Mastronunzio era lì anche Gervasoni che però non partecipava, come me, alla conversazione … tornando all’incontro del giorno sé successivo, ribadisco che non so chi dell’Ancona volesse incontrarci, né tantomeno da chi fosse partita l’iniziativa … nel pomeriggio, non ricordo se con la macchina di Nassi o della società, io, Nassi e Gervasoni raggiungemmo un parcheggio distante, se non ricordo male, a distanza di tanto tempo, 5 minuti circa … ora ricordo che era presente anche Bellodi … nel parcheggio ci incontrammo con 3 – 4 giocatori dell’Ancona che io non conoscevo, tranne Cristante che aveva giocato con me nel Mantova … preciso che i giocatori dell’Ancona erano venuti con la loro auto nell’albergo del nostro ritiro e noi lo seguimmo con la nostra auto al parcheggio sopra indicato, che raggiungemmo in circa 15 minuti …. è probabile che non si volessero far vedere davanti al nostro albergo e per questo raggiungemmo il detto parcheggio … Mastronunzio credo fosse presente … c’era inoltre 1 o 2 calciatori che però non riconoscevo … ci scambiammo dei convenevoli e poi Gervasoni e Nassi parlavano con i calciatori dell’Ancona e venne ripreso il discorso del giorno prima in ordine alla gara da disputare e io, avendo la sensazione che i toni non fossero scherzosi come il giorno precedente, mi permisi di intervenire, come anziano della squadra, che non ci eravamo certamente incontrati per combinare il risultato della gara o per comprarci la partita». Anche in questa circostanza, dunque, la ricostruzione operata da Gervasoni in ordine al tentativo di combinare il risultato della gara di cui trattasi (combine, poi, non perfezionatasi poiché i giocatori dell’Ancona non si fidarono) trova solidi riscontri. Del resto, l’ipotesi delineata dalla norma di cui all’art. 7 C.G.S. configura, come noto, un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano stati poste in essere attività dirette allo scopo. Recita, infatti, la norma: «Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo». Si tratta, dunque, di illecito c.d. formale, per il cui perfezionarsi non occorre un conseguente evento in senso naturalistico. Un’ipotesi, n altri termini, di illecito di pura condotta o, detto altrimenti, a consumazione anticipata, che si realizza (rectius: consuma) anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. Quanto, poi, alla prospettazione difensiva secondo cui la proposta avanzata dai giocatori del Mantova fu subito respinta da Mastronunzio, la stessa è smentita dai medesimi fatti che connotano la vicenda: se così fosse, non si spiegherebbe perché Mastronunzio si rechi al successivo incontro. Fatto oggettivo, questo, che, al contrario, corrobora quanto affermato da Gervasoni secondo cui all’esito del primo colloquio Mastronunzio non oppose un diniego ma si riservò di parlare della cosa con i suoi compagni di squadra. L’aggregazione di ciascuno degli elementi probatori appena passati in rassegna, e di quelli descritti tanto nella parte espositiva quanto in quella motiva superiore, unitamente alle modalità medesime dell’incontro, come riferite da Gervasoni e Locatelli, conducono la Corte a ritenere dimostrata la robustezza del fondamento dell’accusa. Nessun dubbio può, pertanto, ragionevolmente sussistere circa la colpevolezza del reclamante, esattamente affermata dai primi Giudici, senza che si possa ipotizzare dunque, come giustamente obietta l’Organo federale requirente, una derubricazione dell’illecito in fattispecie di omessa denunzia. Sussiste, in definitiva, ampia prova della responsabilità del ricorrente per gli addebiti a lui ascritti. Gli elementi tratti dalle dichiarazioni autoaccusatorie di Gervasoni hanno, come detto, anche trovato riscontri oggettivi e plurime conferme nelle dichiarazioni di altri soggetti coinvolti. Del resto, come da consolidata giurisprudenza di questa Corte, premesso, sul piano generale, che la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale, nel caso di specie, come detto, sono rinvenibili sia elementi di fatto che deduzioni logiche, gli uni soccorrenti le altre, come, sia pure succintamente, dato atto nella decisione di primo grado. Per inciso, peraltro, questo Collegio ritiene comunque condivisibili le considerazioni della C.D.N. sull’attendibilità delle dichiarazioni, di natura in parte anche autoaccusatoria, rilasciate sugli illeciti di cui trattasi da Gervasoni. La valutazione in termini di attendibilità deve, infatti, essere effettuata nel suo complesso e avuto particolare riguardo al materiale acquisito al presente procedimento, dal quale, come correttamente evidenziato dalla Procura Federale nel corso del dibattimento, emerge l’atteggiamento pienamente collaborativo di Gervasoni (a differenza di quello tenuto in passate occasioni). Dichiarazioni, quelle rese da Gervasoni, che hanno, peraltro, condotto all’applicazione, nei suoi stessi confronti, della sanzione della squalifica. Si aggiunga che anche la giurisprudenza ordinaria prevalente è orientata nel senso della attendibilità della dichiarazione testimoniale, salvo prova contraria (cfr., ad es., Cassazione pen., 6 aprile 1999, in Cass. pen., 2000, p. 2382). In particolare, secondo diverse pronunce, il giudice deve considerare come veritiera la deposizione, a meno che non risultino specifici elementi che facciano ritenere il contrario, come, ad esempio, quando si tratta di teste che ha interesse a mentire. E, come detto, nel caso di specie, Carlo Gervasoni non ha alcun interesse a mentire, ma, anzi, con le deposizioni di cui si è detto, confessa -di fatto- anche di aver posto egli stesso in essere gli illeciti sportivi contestati. La stessa Corte di Cassazione ha, poi, avuto modo di precisare - sia in passato (n. 231/1991), sia di recente (n. 41352/2010) - che la chiamata in correità, laddove circostanziata, non richiede uno specifico riscontro probatorio. Del resto, a prescindere dal contesto probatorio di cui si è detto, non appare in alcun modo suscettibile di accoglimento la diversa versione nella quale, con vari e suggestivi argomenti finalizzati ad evidenziare incongruenze e contraddizioni della ricostruzione accusatoria, si è impegnata la difesa, nella prospettiva di mettere in discussione la verosimiglianza della dinamica e delle ragioni degli incontri di cui trattasi. Pienamente condivisibile è, infine, la natura e l’entità della pena applicata, anch’essa da confermare, anche considerata la gravità delle condotte contestate, che appaiono capaci di minare la credibilità degli eventi sportivi ed alterare la stessa regolarità di svolgimento dei campionati di calcio. In conclusione, l’appello va rigettato, con integrale conferma della decisione impugnata e conseguente incameramento della tassa. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Salvatore Mastronunzio e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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