F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 002/CGF del 02-03-05 e 06 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 025/CGF del 9 agosto 2012 e su www.figc.it 11) RICORSO DELL’A.C. SIENA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, AI SENSI DELL’ARTT. 9 E 4, COMMA 2, C.G.S., IN RELAZIONE ALLE VIOLAZIONI ASCRITTE AL CALCIATORE FILIPPO CAROBBIO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 002/CGF del 02-03-05 e 06 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 025/CGF del 9 agosto 2012 e su www.figc.it 11) RICORSO DELL’A.C. SIENA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, AI SENSI DELL’ARTT. 9 E 4, COMMA 2, C.G.S., IN RELAZIONE ALLE VIOLAZIONI ASCRITTE AL CALCIATORE FILIPPO CAROBBIO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Con reclamo ritualmente proposto, l’A.C. Siena Calcio S.p.A. ha impugnato la decisione (Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) con la quale è stata alla stessa irrogata, su deferimento del Procuratore Federale, la sanzione dell'ammenda di € 50.000,00 per responsabilità oggettiva, ai sensi dell'art. 4, comma 2, C.G.S., per la partecipazione del Carobbio, nel periodo di vigenza del suo tesseramento con l’A.C. Siena S.p.A. (luglio 2010/luglio2011), all’associazione ex art. 9 C.G.S.. Con provvedimento n. 8011/33pf11-12/SP/blp in data 8.5.2012, pervenuto alla Commissione Disciplinare Nazionale in data 9/5/2012, il Procuratore Federale ha deferito alla detta Commissione la società A.C. Siena S.p.A. per responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S. per le violazioni ascritte al proprio tesserato Carobbio dal 9.7.2010 al 6.7.2011. La Procura Federale ha quindi richiesto la condanna al pagamento di un’ammenda per € 50.000,00. In ordine alla responsabilità della società odierna reclamante, per il comportamento del proprio tesserato Carobbio, la Commissione Disciplinare Nazionale ha precisato che “la partecipazione alla associazione prescinde dalla commissione di singoli illeciti ed è strettamente collegata all’esistenza dell’associazione stessa e che non sono stati dedotti o comunque acquisiti elementi idonei a dimostrare che essa non abbia continuato a operare anche successivamente ai fatti oggetto del presente procedimento. D’altra parte, non risulta alcun elemento che possa far ritener provata la definitiva fuoriuscita dei deferiti dall’associazione, considerando in particolare che la dichiarazione autoassolutoria del Carobbio sul punto appare strumentale e, comunque, non suffragata da altri riscontri tali da far ritenere accertata la sussistenza di un momento di definitiva cesura con l’associazione”. Ha ulteriormente osservato la Commissione Disciplinare Nazionale, quanto al tema della responsabilità oggettiva, che questa “trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Tuttavia, ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo trasporre in via automatica nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, in quanto posto in essere al di fuori del rapporto sportivo intercorrente tra società e tesserato, e in cui, anzi, la società stessa, oltre a non conseguire alcun vantaggio, risulta in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato”. La Commissione Disciplinare Nazionale ha quindi inflitto all’A.C. Siena Calcio S.p.A. la sanzione dell’ammenda di € 50.000,00. Avverso la detta sanzione è dunque interposto il reclamo in esame. Lamenta, innanzitutto, la reclamante la insufficienza della motivazione della deliberazione assunta, laddove in particolare la C.D.N. rileva che: “D’altra parte, non risulta alcun elemento che possa far ritenere provata la definitiva fuoriuscita dei deferiti dall’associazione, considerando in particolare che la dichiarazione autoassolutoria del Carobbio sul punto appare strumentale e, comunque, non suffragata da altri riscontri tali da far ritenere accertata la sussistenza di un momento di definitiva cesura con l’associazione”. Nella sostanza, l’avviso della reclamante è, di contro, nel senso che nel corso della Stagione Sportiva 2010/2011 (quella cioè durante la quale è stato tesserato con A.C. Siena S.p.A.) il Carobbio non ha fatto parte dell’associazione ex art. 9 C.G.S., non essendo peraltro contestata al citato calciatore nessuna figura di illecito sportivo ex art. 7 C.G.S. durante la vigenza del suo tesseramento con A.C. Siena S.p.A.. O comunque gli elementi probatori forniti dall’organo inquirente nel corso delle indagini e quelli ravvisati dalla C.D.N. sono, ad avviso della reclamante, del tutto insussistenti. Anzi, depongono nel senso di far ritenere che il Carobbio, nel corso della Stagione Sportiva 2010/2011, non abbia affatto partecipato alla supposta associazione. A tal fine, la reclamante richiama le parole dello stesso Carobbio (cfr. deposizione del 29 Febbraio 2012 dinnanzi alla Procura Federale) il quale testualmente afferma : “Al termine della stagione sportiva 2009/2010, consapevole del mio coinvolgimento nelle gare sopra indicate, decisi di interrompere ogni rapporto con gli slavi, evitando anche con Gervasoni di affrontare argomenti attinenti eventuali combine. Arrivato a Siena, come di consueto, verso la fine del campionato, intorno a marzo, incontrai in un ristorante alla periferia di Siena il Gervasoni, Gegic ed Ilievski, come da loro richiesta e questa fu la prima e l’ultima occasione in cui vidi quest’ultimo. Nel corso della cena dopo avermi raccontato di Siena/Piacenza già combinata e di Atalanta/Piacenza che si apprestavano a combinare, cercarono di convincermi a manipolare le successive gare del Siena. Offerta che rifiutai categoricamente.” Ed ancora: “Avendo gli zingari preso atto del mio diniego a farmi nuovamente coinvolgere in alterazioni di gare, non mi contattarono più”. La reclamante Siena affronta anche un altro profilo che investe la stessa qualificazione della condotta del Carobbio. In altri termini, muovendo dall’assunto per cui “per l’appartenenza ad un’associazione a delinquere, si richiede non solo che ciascun partecipante sia consapevole del “disegno comune” ma anche che sia consapevole dei “reciproci vantaggi” che riceve dagli altri e dalla commissione dei reati fini” e che “si richiede altresì che sussista una “effettiva partecipazione attiva” di ciascun partecipante al programma criminoso dell’associazione”, allora deve escludersi, ad avviso della reclamante, del tutto la ricorrenza di tali condizioni nel caso di specie. E ciò non essendovi “partecipazione attiva” da parte del Carobbio (perlomeno nel corso della Stagione Sportiva 2010/2011); e così nessuna “volontà di appartenenza” a questa associazione. Sotto altro profilo, poi, la reclamante rileva che l’art. 9 C.G.S., differentemente dall’art. 416 c.p., non fa alcun riferimento letterale alla “partecipazione” prendendo solo in esame, da un lato, la condotta di chi “si associa” allo scopo di commettere illeciti e, dall’altro, quella di chi “promuove”, “costituisce” e “gestisca” l’associazione. In altri termini, secondo questa tesi, il Legislatore Regolamentare, in altre parole, non ha normativamente previsto la autonoma fattispecie della “partecipazione” al sodalizio di cui all’art. 9 C.G.S.. Di qui, in conclusione, la richiesta di, in via principale, accogliere i motivi di appello perché del tutto fondati sia in fatto che in diritto, con conseguente proscioglimento della esponente Società A.C. Siena S.p.A. da ogni addebito e revoca e/o annullamento della sanzione dell’ammenda di € 50.000,00 irrogata in prime cure e, in via subordinata, di irrogare ad A.C. Siena S.p.A. la sanzione economica minima che sarà ritenuta di giustizia. All’udienza di discussione, fissata dinanzi la C.G..F. a Sezioni Unite, sono comparsi il difensore della reclamante, il quale ha illustrato i motivi scritti, concludendo in conformità, ed il Procuratore Federale, il quale ha chiesto la conferma della decisione impugnata. Premesso quanto innanzi esposto, ritiene questa Corte che le prospettazioni difensive della reclamante, seppur articolate, non siano in grado di scalfire i presupposti che hanno portato a ritenere comunque configurabile, nella specie, un’ipotesi di responsabilità oggettiva, correttamente sanzionata – quanto all’ammontare dell’ammenda - per come deliberato dalla C.D.N.. Va innanzitutto ricordato, sul punto della individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie di illecito associativo previsto e punito dall’art. 9 C.G.S., che è ciò che si imputa al Carobbio (donde, per responsabilità oggettiva, al Siena) che, come questa Corte ha già invero osservato (cfr., in particolare, Com. Uff. n. 30/CGF del 18 agosto 2011), a dar vita al sodalizio riconducibile alla previsione dell’art. 9 più volte citato concorre una pluralità di elementi materiali, psicologici, causalmente orientati, strumentali, finalistici (rinvenibili nell’uso di mezzi idonei a favorire la costante e assidua comunicazione tra gli associati, nella pluralità di contatti tra essi, nel ricorso a modalità comunicative auspicabilmente capaci di sfuggire a captazione o decifrazione, nella consapevolezza del fine e del perimetro dell’azione propria e di quella degli associati – o dell’associato – di riferimento, nella vastità e cospicuità degli interessi patrimoniali implicati nell’attività di scommessa, nell’abitualità di quest’ultima, nella finalizzazione ad essa – ed ai desiderati benefici pecuniari - delle condotte degli associati in modo tanto intenso da caratterizzarla come stile di vita). Del resto, la già citata pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte ha pure rilevato che né la lettera e né lo spirito della disposizione di cui all’art. 9 C.G.S. predicano la necessità tra ciascuno degli associati debbano intercorrere rapporti diretti e che il vincolo nascente dal sodalizio debba stringere ognuno dei partecipanti con tutti gli altri. Essendo, piuttosto, necessaria la stipulativa convergenza di più energie individuali verso un comune scopo illecito, conseguibile attraverso apporti personali variamente combinati tra loro e certo non postulanti la simultanea partecipazione ad ogni dispiegamento di condotta. È, quindi, da ritenere che la radice della figura di illecito federale di recente conio consista nella esigenza punitiva di condotte frutto di un patto antigiuridico, rivolte al conseguimento, tramite circoscritti rapporti individuali, ad un comune, illecito vantaggio. Si è parimenti affermato da queste Sezioni Unite che la comunanza di scopi e la solidità dell’assetto costituiscono, nel disegno della normativa federale gli elementi costitutivi della figura di cui si tratta. Ciò premesso, una lettura attenta di tutti gli interrogatori resi dal Carobbio, consente di rilevare come il medesimo, dopo aver dichiarato di aver interrotto ogni rapporto con gli “slavi” al termine della Stagione Sportiva 2009/2010 e di non avere più accettato altre proposte di alterazione di gare, abbia comunque continuato a partecipare, seppure con altri interpreti e con altre modalità, alla combine di gare del Siena, non oggetto del presente procedimento, ma per le quali ha reso ampia confessione, non mostrando affatto una dissociazione, né tantomeno, alcuna resipiscenza, evidenziata, quindi, solo successivamente al suo arresto. Del resto, ferma la natura permanente del reato associativo (anche indipendentemente ed al di fuori dell'effettiva commissione dei singoli reati), la cessazione della partecipazione al sodalizio può essere ritenuta solo in presenza della prova di un atto di dissociazione e quindi di un recesso volontario che, come ogni altra ipotesi di dismissione della qualità di partecipe, deve essere accertato caso per caso in virtù di condotta esplicita, coerente ed univoca e non in base ad elementi indiziari di incerta valenza (cfr. VI Cass. 21/5/98 n. 3089; II Cass. 22/3/11 n. 17100). Nel caso di specie, quindi, a fronte di un’organizzazione stabile, ramificata e prolungata nel tempo, appare corretta la contestazione, e la conseguente irrogazione di sanzione, in mancanza di prova certa del recesso attivo del tesserato dal vincolo associativo. In tale senso, le pur oggettivamente sintetiche considerazioni spese dall’Organo di prime cure resistono alle censure dedotte. La sanzione inflitta, che risulta all’evidenza connessa alla responsabilità oggettiva per mera sussistenza del vincolo associativo del tesserato incolpato (ex art. 9 C.G.S.) e non dunque per la perpetrazione di singole fattispecie di illecito, merita di essere confermata anche nel suo ammontare. Ritiene infatti la Corte che, per quanto non via sia stata nell’avversata deliberazione una espressa esplicitazione del profilo in esame con diretto riferimento al Siena Calcio S.p.A., la Commissione Disciplinare Nazionale abbia condivisibilmente sostenuto la tesi, invero già formulata da queste Sezioni unite, del superamento di meccanicistici automatismi – in presenza del dato oggettivo dell’appartenenza del tesserato ad una data società – in sede di irrogazione di sanzione a titolo di responsabilità oggettiva. Questa Corte ha già osservato e mette tuttavia conto in questa sede ribadire che la responsabilità oggettiva trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato. Proprio in ragione dell’esposto canone interpretativo, la Corte ritiene che la misura della sanzione legittimamente irrogata risponda proprio ad un del pari legittimo esercizio del richiamato potere di graduazione. Il reclamo, in definitiva, va respinto, con incameramento della relativa tassa. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dall’A.C. Siena S.p.A. di Siena e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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