F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 002/CGF del 02-03-05 e 06 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 019/CGF del 3 agosto 2012 e su www.figc.it 43) RICORSO DEL CALC. FILIPPO CRISTANTE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3, INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA – MANTOVA DEL 30.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 002/CGF del 02-03-05 e 06 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 019/CGF del 3 agosto 2012 e su www.figc.it 43) RICORSO DEL CALC. FILIPPO CRISTANTE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3, INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA – MANTOVA DEL 30.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Il sig. Filippo Cristante, rappresentato e difeso dall’avv. Luca Milanese, unitamente all’avv. Paco D’Onofrio, ha proposto ricorso avverso la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale pubblicata sul Com. Uff. n. 101/CDN (2011/2012) del 18 giugno 2012, con la quale, per quanto qui rileva, la predetta C.D.N., in esito al relativo deferimento del Procuratore Federale della F.I.G.C., ha inflitto al reclamante la sanzione della squalifica per anni 3, per violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5, C.G.S., in relazione alla gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010. Come è noto, l’indagine federale ha preso avvio dalle notizie relative all’attività giudiziaria svolta dalla Procura della Repubblica di Cremona in ordine all’individuazione e conseguente repressione di una organizzazione, alquanto articolata e ramificata, essenzialmente finalizzata a ricavare illeciti profitti su scommesse da effettuarsi su partite di calcio. Di tale organizzazione facevano parte diverse persone, alcune delle quali soggette alla giurisdizione della F.I.G.C.. Aperto, pertanto, uno specifico procedimento, la Procura Federale provvedeva a richiedere, alla Procura della Repubblica di Cremona, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 401/1989, in relazione all’art. 116 c.p.p., copia degli atti di possibile interesse sportivo, correlativamente procedendo ad una propria «autonoma attività istruttoria, consistente, fra l’altro, nell’analisi e nell’approfondimento della copiosa documentazione ricevuta e nell’audizione dei soggetti coinvolti e/o informati sui fatti» (cfr. atto di deferimento). L’esame del materiale processuale trasmesso dalla Procura di Cremona, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività investigativa svolta dalla Procura federale, consente di ritenere sussistenti, secondo la prospettazione accusatoria, consistenti elementi probatori atti a comprovare la illiceità delle condotte dei soggetti deferiti e ad escludere una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto d’indagine. Nell'atto di deferimento, dopo il richiamo alle pronunce definitive rese nell'agosto 2011 in ambito federale con riguardo ad altri, connessi, procedimenti per violazioni analoghe, si dava conto degli esiti fino ad allora prodotti dall'indagine svolta dagli uffici giudiziari di Cremona ed in particolare dell'attività investigativa anteriore e successiva all'emanazione, in data 9 dicembre 2011 da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di quella sede, di un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di alcuni imputati, cui veniva contestato, con altre persone sottoposte ad indagini, il delitto associativo di cui agli articoli 416, commi 1, 2, 3 e 5 c.p. e 3 e 4 legge 16 marzo 2006, n. 146 rivolto allo scopo di realizzare, anche a livello transnazionale, delitti di frode in competizione sportiva, alterandone i risultati, sì da conseguire vincite in scommesse effettuate avvalendosi dello strumento della “corruzione” di partecipanti a vario titolo alle competizioni. Sul piano generale, osservava la Procura Federale, come nella complessiva valutazione degli elementi emersi in sede di indagini e di giustizia sia ordinaria sia sportiva occorra considerare che le condotte poste in essere dai tesserati sono risultate finalizzate all’alterazione del risultato delle gare o per motivi di classifica o per l’effettuazione di scommesse dall’esito assicurato, evidenziando, anzi, come, talvolta, le due finalità sopra indicate erano perseguite congiuntamente dagli stessi soggetti agenti. Riteneva, in definitiva, la Procura federale, che all’esito del complessivo ed articolato procedimento istruttorio siano apparse realizzate molteplici condotte finalizzate alla alterazione dello svolgimento e del risultato delle gare, in ordine alle quali, peraltro, l’eventuale mancato conseguimento del risultato “combinato” non può assumere alcun rilievo ai fini della integrazione dell’illecito previsto e punito dagli artt. 7 e 4, comma 5, C.G.S., in virtù della anticipazione della rilevanza disciplinare anche riguardo ai meri atti finalizzati a conseguire tali effetti. In particolare, per quanto qui di rilievo, la Procura federale deferiva i sigg.ri.: - Filippo Cristante, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Roberto Colacone, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Giuseppe Magalini, all’epoca dei fatti, Direttore Sportivo della società A.C. Mantova S.r.l.; - Salvatore Mastronunzio, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Maurizio Nassi, tesserato dal 05/09/2007 al 01/02/2009 quale calciatore della società A.C. Ancona S.p.A.; dal 2.2.2009 al 30.8.2009 quale calciatore della società Calcio Brescia S.p.A.; dal 31.8.2009 al 21.7.2010 quale calciatore della società A.C. Mantova S.r.l.; dal 27.9.2010 al 30.6.2011 quale calciatore dell’A.S. Cittadella S.r.l.; dal 25.10.2011 al 30.6.2011 quale calciatore dell’U.S. Alessandria Calcio 1912 S.r.l.; - Andrea De Falco, all’epoca dei fatti calciatore tesserato della società A.C. Ancona S.p.A.; - Mirko Bellodi, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società A.C. Mantova S.r.l.; - Tomas Locatelli, all’epoca dei fatti, calciatore tesserato per la società A.C. Mantova .S.r.l.; - Carlo Gervasoni, tesserato dal 21/08/2007 al 30/08/2009 quale calciatore della società U.C. Albinoleffe S.r.l.; dal 31.8.2009 al 21.7.2010 quale calciatore della società A.C. Mantova S.r.l.; dal 26.7.2010 al 19.1.2011 quale calciatore dell’U.S. Cremonese S.p.A.; dal 20.1.2011 al 30.6.2011 tesserato in prestito dal Piacenza F.C. S.p.A. dal 1.7.2011 al 26.8.2011 quale calciatore dell’U.S. Cremonese S.p.A.; - Filippo Carobbio, tesserato dal 1.7.2007 al 30.6.2009 per la società U.C. Albinoleffe S.r.l., dal 1.7.2009 al 30.8.2009 per la società A.S. Bari S.p.A., dal 31.8.2009 al 30.6.2010, in prestito dal Bari, per la società U.S. Grosseto F.C. S.r.l., dal 1.7.2010 all’8.7.2010 per la società A.S. Bari S.p.A., dal 9.7.2010 al 6.7.2011 per la società A.C. Siena S.p.A. (scadenza contrattuale 2013) e attualmente tesserato, in prestito dalla società A.C. Siena S.p.A., per la società Spezia Calcio S.r.l., dal 7.7.2011; - Marco Turati, tesserato dal 31.8.2007 al 26.7.2009 quale calciatore della società A.C. Cesena S.p.A., dal 27.7.2009 al 30.6.2011 quale calciatore della società U.S. Grosseto FC S.r.l., dal 25.7.2011 al 30.6.2012 quale calciatore della società Modena FC S.p.A.. I fatti contestati si riferiscono alla gara Ancona/Mantova del 30.5.2010 – Stagione Sportiva 2009/2010. La contestazione dell’illecito qui in esame concerne Gervasoni, Locatelli, Nassi e Bellodi, all’epoca dei fatti calciatori tutti tesserati per la società A.C. Mantova S.r.l., nonché Magalini, all’epoca dei fatti Direttore Sportivo della medesima società, per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S. per avere, prima della gara Ancona/Mantova del 30.5.2010, in concorso tra loro e altri tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara suddetta, prendendo contatti diretti con i tesserati dell’A.C. Ancona S.p.A., Mastronunzio, Colacone, De Falco e Cristante e offrendo loro somme di denaro. Con l’aggravante, per Gervasoni e Nassi, di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. per la pluralità di illeciti posti in essere. Mastronunzio, Colacone, De Falco e Cristante, all’epoca dei fatti calciatori tutti tesserati per la società A.C. Ancona S.p.A., per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S. per avere, prima della gara Ancona/Mantova del 30.5.2010, in concorso tra loro e altri tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta portando avanti contrattazioni con i predetti tesserati dell’A.C. Mantova. Con l’aggravante, per i soli Mastronunzio e Colacone, di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. per la pluralità di illeciti posti in essere. In relazione alla predetta gara, terminata con il risultato di 2 a 2 (rete iniziale dell’Ancona su autorete di Bellodi, doppietta di Pellicori per il Mantova, definitivo pareggio dell’Ancona), la Procura Federale evidenzia come la stessa sia stata disputata all’ultima giornata del campionato nazionale di Serie B della Stagione Sportiva 2009/2010, allorché entrambe le compagini societarie occupavano una posizione di classifica assai precaria: segnatamente, l’Ancona un punto sopra la zona play-out ed il Mantova, quattro punti più in basso, in piena zona play-out. Secondo la Procura Federale è evidente come la gara in questione sia stata fatta oggetto di un tentativo di combine, al fine di raggiungere un risultato favorevole per il Mantova, che ha coinvolto i seguenti tesserati: Carlo Gervasoni, Tomas Locatelli, Mirko Bellodi, Maurizio Nassi, Giuseppe Magalini, per il Mantova; Salvatore Mastronunzio, Filippo Cristante, Andrea De Falco, Roberto Colacone, per l’Ancona. È ancora una volta Gervasoni «a far cenno alla gara Ancona – Mantova allorquando, in sede di interrogatorio dinanzi al PM della Procura della Repubblica di Cremona, in data 12.3.2012 testualmente dichiara: “La settimana successiva l’Albinoleffe ha venduto la partita Reggina/Albinoleffe, appunto del 30 maggio 2010, terminata per 3 a 1. Della cosa mi ha informato il Carobbio … Nello stesso giorno, cioè il 30 maggio 2010, sempre senza che alle spalle ci fossero gli zingari, abbiamo cercato di comprare la sconfitta dell’Ancona o quanto meno di concludere un accordo che consentisse di “guardare” gli altri risultati delle partite per la salvezza che si disputavano contemporaneamente … Fu il Magalini a darci la macchina della società per recarci ai luoghi dell’appuntamento con giocatori dell’Ancona. In particolare vi fu un primo incontro in un parcheggio nel quale io, Locatelli, Bellodi e Nassi ci incontrammo con il Mastronunzio dell’Ancona. Lui si riservò di darci una risposta dopo averne parlato con i suoi compagni. In occasione di un secondo incontro dopo cena, oltre a noi quattro, Mastronunzio si presentò con Cristante, De Falco e Colacone. Noi (parlò soprattutto Locatelli), dopo aver prospettato la possibilità di vincere, come ipotesi subordinata di un possibile accordo indicammo la possibilità di tirare a lungo la partita su un risultato di parità in modo da rinviare negli ultimi dieci minuti l’incontro vero e proprio, in attesa di sapere i risultati degli altri campi … l’accordo non venne concluso in quanto quelli dell’Ancona avevano paura e non si fidavano» (cfr. atto di deferimento). Nell’audizione in sede federale del 13.4.2012 Gervasoni precisa che il contatto fu ottenuto da Nassi, come questi ebbe a riferirgli: «il Locatelli si rivolse a Magalini per avere l’auto con cui andare all’incontro per cercare di concordare l’esito della gara. Io ero presente nel momento in cui Locatelli ha chiesto le chiavi della macchina a Magalini esplicitandone il motivo. Preciso che la macchina fornita dalla società Mantova (una Alfa 147 di colore scuro in uso a Magalini) ci servì per raggiungere il parcheggio dove avvenne il primo incontro che era situato poco dopo dall’albergo. L’utilizzo dell’auto serviva per seguire la macchina di Mastronunzio che infatti ci precedette sino ad un parcheggio un po’ nascosto. Nel secondo appuntamento sempre con la stessa auto raggiungemmo un luogo distante parecchi chilometri in una zona buia vicino ad un campo di pratica di golf. Al ritorno dagli appuntamenti riferimmo al Magalini dell’esito degli incontri specificando che i giocatori dell’Ancona non si fidavano della nostra parola e che di conseguenza avrebbero giocato la partita regolarmente». Nell’atto di deferimento, la Procura mette in rilievo le dichiarazioni di Andrea De Falco (Ancona): «La sera prima della gara ricordo che, intorno alle 21 subito dopo cena, Mastronunzio e Colacone, i miei “capitani” mi invitarono a seguirli per una passeggiata, o almeno così mi venne riferito, salimmo in auto e, dopo un breve tragitto, arrivammo in un piazzale; in quel momento mi accorsi che lì sostava una vettura dalla quale scesero alcuni calciatori del Mantova, di cui ricordo Nassi, Bellodi e Locatelli … Sinceramente non ricordo la presenza di Gervasoni ma non posso escludere che ci fosse anche lui … non ricordo nemmeno che Cristante fosse uscito con noi, ma non posso escludere che ci fosse anche lui … Scendemmo dalle macchine ed io parlai con Nassi che conoscevo per aver giocato insieme la stagione precedente nell’Ancona … Mastronunzio e Colacone colloquiarono con gli altri atleti presenti. Fu in quel momento che capii la ragione dell’incontro e cioè che i calciatori del Mantova volevano concordare un risultato utile per loro positivo … gli altri dialogavano circa la possibilità di concedere al Mantova un risultato utile per la loro salvezza … i calciatori del Mantova “piangevano” per far si che noi potessimo concedergli la possibilità di salvarsi … tale richiesta non fu accolta dai miei compagni in quanto anche noi avevamo necessità di fare punti per salvarci …Non ho sentito da parte dei giocatori del Mantova riferimenti a somme di denaro, ricordo solo che manifestavano il forte desiderio di evitare la retrocessione … Essendo io il più piccolo della squadra non feci domande ai miei anziani compagni di squadra … Non mi ero trovato in tali situazioni e forse anche per la mia ingenuità non segnalai a nessuno l’episodio che per me fu del tutto inaspettato … ». Questa, invece, la ricostruzione fornita agli inquirenti federali da Filippo Cristante (Ancona) nel corso dell’audizione del 19.4.2012: «Ricordo che mi trovavo in ritiro all’Hotel Tre Querce e, dopo cena, verso le 21, alcuni miei compagni, Mastronunzio o Colacone mi dissero che avevano un appuntamento con alcuni calciatori del Mantova e, poiché erano miei ex compagni, mi invitarono ad unirmi a loro … non ho dato peso alla cosa e mi sono limitato a seguirli senza chiedere il motivo di tale incontro … salii in auto e trovai, oltre a Mastronunzio e Colacone anche De Falco Andrea; dopo alcuni minuti, arrivammo ad un piazzale e ci incontrammo con i calciatori del Mantova, Bellodi e Locatelli, miei ex compagni e Nassi e Gervasoni … mi sembra sia stato un discorso ad 8 … ricordo solo che i calciatori del Mantova si lamentavano della loro posizione in classifica e dei problemi societari che stavano portando al fallimento … i calciatori del Mantova ci rappresentavano che avevano bisogno di vincere per sperare di salvarsi … ci evidenziavano che avevano una posizione di classifica per la quale necessitavano di vincere … mi sembra che noi avevamo bisogno almeno di un pareggio; non ricordo se a loro bastasse un pareggio … non ci hanno chiesto nulla, né ci hanno offerto soldi». Anche il calciatore (all’epoca) del Mantova Tomas Locatelli, evidenzia la Procura federale, conferma sostanzialmente «la versione dei fatti già in precedenza fornita all’Ufficio da Gervasoni e dai suoi compagni di squadra affermando: “In occasione della gara Ancona – Mantova del 30.5.2010, mentre mi trovavo nel mio albergo in ritiro, dopo cena, verso le 21,00, notavo la presenza nel parcheggio di Nassi e Mastronunzio; li raggiungevo e mi univo a loro per salutarli; restavo con loro per pochi minuti ed avevo modo di assistere ad una conversazione tra due vecchi amici che si scambiavano semplici convenevoli; può essere successo che si siano scambiati qualche battuta scherzosa ove Nassi può aver detto una frase del tipo: “dai mica ci farai due goal domani”, frase alla quale Mastronunzio replicò ridendo … finiti i convenevoli ci si salutò … preciso che tale incontro si svolse due giorni prima della gara … il giorno successivo, qualcuno dei miei compagni, non ricordo chi tra Nassi e Gervasoni, venne nella mattinata a dirmi che qualche giocatore dell’Ancona voleva incontrarci, senza però specificarmi il motivo di tale richiesta; a quel punto non mi domandai cosa volessero, ma acconsentii ad incontrarli unitamente a Gervasoni e Nassi per verificare cosa volessero … rammento che, nel primo incontro, insieme a Nassi e Mastronunzio era lì anche Gervasoni che però non partecipava, come me, alla conversazione … tornando all’incontro del giorno successivo, ribadisco che non so chi dell’Ancona volesse incontrarci, né tantomeno da chi fosse partita l’iniziativa … nel pomeriggio, non ricordo se con la macchina di Nassi o della società, io, Nassi e Gervasoni raggiungemmo un parcheggio distante, se non ricordo male, a distanza di tanto tempo, 5 minuti circa … ora ricordo che era presente anche Bellodi … nel parcheggio ci incontrammo con 3 – 4 calciatori dell’Ancona che io non conoscevo, tranne Cristante che aveva giocato con me nel Mantova … preciso che i giocatori dell’Ancona erano venuti con la loro auto nell’albergo del nostro ritiro e noi lo seguimmo con la nostra auto al parcheggio sopra indicato, che raggiungemmo in circa 15 minuti …. è probabile che non si volessero far vedere davanti al nostro albergo e per questo raggiungemmo il detto parcheggio … Mastronunzio credo fosse presente … c’era inoltre 1 o 2 calciatori che però non riconoscevo … ci scambiammo dei convenevoli e poi Gervasoni e Nassi parlavano con i calciatori dell’Ancona e venne ripreso il discorso del giorno prima in ordine alla gara da disputare e io, avendo la sensazione che i toni non fossero scherzosi come il giorno precedente, mi permisi di intervenire, come anziano della squadra, che non ci eravamo certamente incontrati per combinare il risultato della gara o per comprarci la partita … nessuno aveva parlato di combinare la gara, ebbi solo la percezione di un incontro finalizzato all’accordo tra le due squadre ed intervenni proprio al fine di evitare che la conversazione potesse prendere pieghe a me non gradite … comunque ritenevo che tutti i miei compagni fossero d’accordo con me nel voler evitare simili discorsi … non si è mai parlato di soldi … il DS era Magalini, ma non ricordo se chiedemmo a lui o ad altri il permesso di allontanarci, io personalmente non chiesi nulla, non so se i miei compagni lo avessero fatto … non ho avvertito alcuna anomalia in ordine al fatto che i calciatori dell’Ancona ci raggiunsero con la loro automobile presso il nostro albergo per poi farsi seguire in un parcheggio e, pertanto, non chiesi delucidazioni ai miei compagni di nessun genere, neanche in merito a chi avesse organizzato l’incontro”» (cfr. atto di deferimento). Anche in questa circostanza, dunque, secondo la Procura Federale, le dichiarazioni rese da Gervasoni «relative al tentativo, posto in essere dallo stesso e dai suoi compagni di squadra Nassi, Locatelli e Bellodi, di combinare il risultato della gara in oggetto trova, pieno riscontro, in quanto affermato dal Locatelli e dai tesserati dell’Ancona De Falco e Cristante». La Procura ritiene, quindi, possibile affermare, «senza alcuna possibilità di equivoco, che il tentativo di combinare l’esito della gara si svolse almeno in due tempi come riferito da Gervasoni, Locatelli, De Falco e Cristante. Vi fu, quindi, un primo incontro, che Locatelli dice essere avvenuto due giorni prima della gara, al quale parteciparono lo stesso Locatelli, Gervasoni, Nassi e Bellodi per il Mantova e il solo Mastronunzio per l’Ancona. Durante questo incontro i giocatori del Mantova rappresentarono al Mastronunzio la loro necessità di vincere la partita al fine di avere qualche speranza di salvezza, sia pure la loro posizione dipendesse anche dai risultati delle altre concorrenti. Fu anche proposto di condurre la gara sul risultato di parità fino a pochi minuti dal termine al fine di verificare i risultati maturati sugli altri campi. Seguì, la sera prima della gara, un secondo incontro, al quale questa volta parteciparono gli stessi calciatori presenti al primo oltre a Colacone, De Falco e Cristante per l’Ancona. L’accordo per la combine sembrerebbe non essere stato raggiunto poiché, a detta di Gervasoni, i calciatori dell’Ancona “non si fidavano”. La circostanza che gli incontri fra le “rappresentative” delle due squadre siano stati due conferma in pieno quanto affermato da Gervasoni circa il fatto che all’esito del primo colloquio Mastronunzio non oppose un diniego ma si riservò di parlare della cosa con i suoi compagni di squadra al fine di poter assumere una decisione ponderata e concordata. Alla seconda riunione Mastronunzio, dovendo declinare l’invito a combinare la partita, si fece accompagnare e “spalleggiare” dagli altri compagni di squadra. Le modalità, poi, con le quali si svolse il secondo incontro, riferite da Gervasoni (“L’utilizzo dell’auto serviva per seguire la macchina di Mastronunzio che infatti ci precedette sino ad un parcheggio un po’ nascosto”) e confermate da Locatelli (“i calciatori dell’Ancona erano venuti con la loro auto nell’albergo del nostro ritiro e noi lo seguimmo con la nostra auto al parcheggio sopra indicato, che raggiungemmo in circa 15 minuti”) offrono conferma, ove mai ce ne fosse ancora bisogno, della “furtività” della riunione e del suo carattere illecito. Proprio la condotta adottata dai tesserati dell’Ancona, che non hanno opposto un secco rifiuto all’offerta dei calciatori del Mantova, ma si sono riservati di discuterne, probabilmente al fine di valutare la congruità dell’offerta in denaro avanzata da quest’ultimi e sulle garanzie relative all’effettivo pagamento della stessa (“i calciatori dell’Ancona non si fidavano della nostra parola” riferisce Gervasoni), induce quest’Ufficio a porre la loro condotta sullo stesso piano di quella dei tesserati del Mantova. A fronte delle dettagliate dichiarazioni di Gervasoni, devesi ritenere provata anche la circostanza relativa all’utilizzo, da parte dei calciatori del Mantova, della macchina della Società per recarsi ai due incontri, macchina di cui Gervasoni indica tipo e colore, e la responsabilità dell’allora D.S. del Mantova Magalini Giuseppe cui fu chiesta la possibilità dell’utilizzo della vettura e che fu messo al corrente dei motivi di tale necessità e dell’esito della trattativa rendendolo così compartecipe dell’illecito» (cfr. atto deferimento). Da qui, come detto, il deferimento di Filippo Cristante, all’epoca dei fatti tesserato per l’AC Ancona S.p.A., per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S.. Con provvedimento del Presidente della CDN l’inizio del dibattimento è stato fissato per il giorno 31 maggio 2012. Nei termini assegnati nell'atto di convocazione sono pervenute, per quanto qui particolarmente rileva, memorie difensive da parte degli incolpati Bellodi, Carobbio, Colacone, Cristante, De Falco, Magalini, Mastronunzio, Nassi, Turati. In particolare Cristante ha eccepito il difetto di istruttoria, l’eccesso di potere, il falso presupposto e l’irrilevanza disciplinare della condotta, insistendo per il proscioglimento e chiedendo l’audizione di testi. Segnatamente, Cristante, come assistito, ha chiesto, in via istruttoria, disporsi l’audizione dei sigg.ri Cristiano Camillucci, Edoardo Catinali, Roberto Colacone, Riccardo Fissore, Giuseppe Magalini, Salvatore Mastronunzio, Alessandro Pellicori, Pasquale Schittarella e Juan Ignacio Surraco Lame, articolando cinque capitoli di prova. Ha, quindi, così concluso: «In via principale: -accertare e dichiarare l’assoluta liceità ed irrilevanza disciplinare della sua condotta; -rigettare tutti gli addebiti mossi dalla Procura Federale nei suoi confronti e per l’effetto, dichiarare il proscioglimento dello stesso dall’incolpazione formalizzata» (cfr. memoria difensiva depositata nel giudizio di primo grado). La C.D.N. ha esaminato le richieste di rinvio, di sospensione e/o di stralcio della posizione e di acquisizione di ulteriore documentazione attinente al processo penale pendente presso l’A.G. di Cremona proposte da alcuni deferiti, tra cui Mastronunzio e Turati, sulle quali ha provveduto con le ordinanze n. 2 e 3, disponendo, per quanto qui è suscettibile di rilievo, lo stralcio della posizione di Turati. In seguito, alcuni deferiti, tra cui, sempre per quanto possa utilmente, in qualche modo, rilevare ai fini del presente procedimento, Carobbio, Andrea De Falco, Gervasoni, hanno presentato istanza di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 23 e 24 C.G.S.. Su dette istanze la C.D.N. ha provveduto con l’ordinanza n. 4, così disponendo: per il Sig. Filippo Carobbio, applicazione ex artt. 23 e 24, C.G.S. della squalifica per mesi 20 (venti); per il Sig. Andrea De Falco, applicazione ex artt. 23 e 24, C.G.S. della squalifica per mesi 6 (sei); per il Sig. Carlo Gervasoni, applicazione ex artt. 23 e 24, C.G.S. della squalifica per mesi 20 (venti). La C.D.N. ha, quindi, esaminato le istanze istruttorie proposte dai deferiti, sulle quali ha provveduto con l’ordinanza n. 5, qui di seguito integralmente riprodotta: «Ordinanza n. 5. In ordine alle richieste istruttorie avanzate dai deferiti la Commissione rileva quanto segue: - quanto alla audizione dei deferiti Gervasoni e Carobbio, essa non è prevista come mezzo di prova nell’ordinamento federale, né, d’altra parte, i deferiti possono essere qualificati come testimoni dei fatti, essendo essi stessi incolpati sulla base delle proprie dichiarazioni; - peraltro, tali richieste tendono esclusivamente ad accertare l’inattendibilità delledichiarazioni accusatorie, valutazione che deve essere riservata alla Commissione in sede di decisione, sulla base degli elementi istruttori acquisiti; - comunque, la richiesta di escussione dei suddetti deferiti non è accompagnata da indicazioni dei capitoli di prova e appare generica e, quindi, inammissibile; - quanto alle altre istanze di prova testimoniale, premesso che la formazione della prova nell’ordinamento federale avviene sulla base dei principi previsti dal C.G.S. e, in particolare, dall’art. 35, esse appaiono generiche, irrilevanti e non correttamente articolate; - in ordine alla richiesta di produzione documentale allegata alle memorie, essa è da ritenersi ammissibile; P.Q.M. 1) ammette tutta la produzione documentale dei deferiti; 2) respinge tutte le richieste di prove testimoniali; 3) respinge le richieste di interrogatorio dei deferiti e di confronto con altri deferiti». Illustrate le ragioni del deferimento, la Procura Federale ha chiesto la dichiarazione di responsabilità dei deferiti e l’irrogazione, per quanto interessa ai fini del presente giudizio, delle seguenti sanzioni: Cristante Filippo: squalifica di 3 anni, così determinata: squalifica di 3 anni per l’illecito sportivo come da incolpazione sub 62: gara Ancona/ Mantova del 30.5.2010 per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, C.G.S.). In dibattimento, i difensori dei deferiti hanno, quindi, illustrato e integrato le rispettive difese, precisando le proprie conclusioni, mentre i difensori delle Società ammesse quali terze interessate hanno chiarito le ragioni del proprio intervento. Nel corso della discussione, anche i deferiti Locatelli e Bellodi hanno presentato istanza di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 23 C.G.S., in ordine alle quali la C.D.N. così disponeva: per Bellodi Mirko, applicazione ex art. 23 C.G.S. della squalifica per anni 2 (due); per Locatelli Tomas, applicazione ex art. 23 C.G.S. della squalifica per anni 2 (due). Al termine della discussione, la Commissione ha dichiarato chiuso il dibattimento e rinviato per la Camera di consiglio, all’esito della quale, ha emesso l’impugnata decisione di cui al Com. Uff. n. 101/CDN «in conformità con il principio di sinteticità sancito dall’art. 34, comma 2, C.G.S.». In via preliminare, la C.D.N. ha ritenuto dover «ribadire le considerazioni generali espresse in occasione del procedimento definito con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011, rilevando ancora una volta come, nel caso in questione, emergano comportamenti palesemente incompatibili con i principi di lealtà, correttezza e probità, ai quali l’ordinamento sportivo non può abdicare, pena la sua irrimediabile caduta di credibilità e persino la sua stessa sopravvivenza. Nel merito, in termini generali, la C.D.N. «ritiene di dover rilevare come nel presente procedimento: a) le dichiarazioni rese da alcuni tesserati all’A.G. di Cremona e alla Procura Federale abbiano natura autoaccusatoria, prima ancora che di chiamata in correità di altri soggetti, e, pertanto, debbano essere considerate caratterizzate – pur con le necessarie distinzioni con riferimento alle singole gare – da profili di credibilità e di attendibilità; b) ricorra spesso la partecipazione degli stessi soggetti ai tentativi di alterazione di gare diverse; c) spesso l’attività dei tesserati si sia svolta all’insaputa delle Società di appartenenza anche grazie all’ausilio di soggetti non tesserati» (cfr. dec. C.D.N.). Ancora, la C.D.N. ha cura di evidenziare come «gran parte delle difese dei deferiti sollevano eccezioni e propongono istanze sulla base di un presupposto erroneo. Pretenderebbero infatti di applicare al procedimento sportivo norme e principi propri dell’ordinamento penale. Nel processo penale, fondato sul sistema accusatorio, la prova si forma nel dibattimento. Al contrario nel procedimento sportivo ha valore pieno di prova quanto acquisito nella fase delle indagini o prima ancora dell’apertura di esse (ad esempio, i rapporti arbitrali che godono perfino di fede privilegiata) o da indagini svolte in altro tipo di procedimento (ad esempio, atti inviati dall’A.G.). Non può essere reclamata, pertanto, l’applicazione al presente procedimento delle norme previste dal libro terzo del codice di procedura penale. Il principio del contraddittorio si realizza nel rispetto delle forme previste dal C.G.S. e non in base al codice di procedura penale che regola posizioni e diritti di tutt’altra natura e rilevanza. Come più volte ribadito in recenti decisioni del TNAS più avanti citate, lo standard probatorio richiesto per pervenire alla dichiarazione di responsabilità a carico dell’incolpato è diverso da quello richiesto dal diritto penale ed è sufficiente un grado di certezza inferiore ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti» (cfr. dec. C.D.N.). Quanto, specificamente, alla fattispecie della violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 5 e 6, C.G.S., la Commissione di prime cure ritiene che «dagli atti ufficiali (documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Cremona e audizioni dei tesserati effettuate dalla Procura Federale) e dalle risultanze del dibattimento emerge che diversi tesserati hanno svolto attività preordinate ad alterare lo svolgimento e il risultato di competizioni sportive, in violazione dell’art. 7, comma 1, 5 e 6, C.G.S. e dei principi di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art. 1 C.G.S.. In particolare, ciò risulta provato, tra l’altro, dalle circostanze di seguito evidenziate, anche in considerazione del fatto che, per irrogare una condanna di un illecito sportivo, è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita, né il superamento del ragionevole dubbio: ciò in relazione alla finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni (da ultimo, TNAS, Signori/FIGC del 15.9.2011; Amodio/FIGC del 6.12.2011; Spadavecchia/FIGC del 2.1.2012)» (cfr. dec. C.D.N.). Nel merito, all’esito della camera di consiglio, la C.D.N. ha ritenuto, per quanto qui interessa, che in relazione alla gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010, sia «stata raggiunta la prova di un tentativo di alterazione posto in essere da Gervasoni, Locatelli, Bellodi, Nassi, all’epoca dei fatti calciatori del Mantova, e Magalini, all’epoca dei fatti direttore sportivo del Mantova, nei confronti di Mastronunzio, Cristante, De Falco Andrea e Colacone, all’epoca dei fatti calciatori dell’Ancona. I calciatori del Mantova con l’accordo del loro Direttore sportivo cercarono di comprare la sconfitta dell'Ancona o quanto meno di concludere un accordo che consentisse di favorire il Mantova, impegnato nella lotta per non retrocedere. A tal fine Magalini consentì l’utilizzo della autovettura della Società a Gervasoni, Locatelli, Bellodi e Nassi i quali raggiunsero in un luogo appartato Mastronunzio. Al termine di questo primo incontro quest’ultimo si riservò una risposta dopo averne parlato con i suoi compagni dell’Ancona. La sera prima della gara, dopo cena, venne organizzato un secondo incontro al quale parteciparono anche Cristante, De Falco Andrea e Colacone. I calciatori del Mantova chiesero a quelli dell’Ancona la possibilità di vincere o, come ipotesi subordinata, la possibilità di rinviare agli ultimi 10 minuti la decisione sull’esito della gara, in attesa di sapere i risultati dagli altri campi. L'accordo però non si concluse in quanto i calciatori dell'Ancona non si fidarono della parola dei loro colleghi del Mantova. Al termine di ambedue gli incontri, Magalini venne informato di quanto accaduto. La prova dei fatti suesposti si trae dalle dichiarazioni rese da Gervasoni alla A.G. di Cremona in data 12.3.2012 e reiterate alla Procura Federale in data 13.4.2012. Tali dichiarazioni sono munite di riscontri intrinseci ed estrinseci. Esse infatti sono dettagliate, coerenti e reiterate. Inoltre, sono confermate dalle parziali ammissioni di Locatelli, De Falco e Cristante che hanno confermato gli incontri con i calciatori avversari anche se hanno cercato di attenuare le rispettive responsabilità. La circostanza che gli incontri furono due conferma, inoltre, che in un primo momento Mastronunzio non escluse la possibilità di raggiungere l’accordo. Tra l’altro, in occasione del secondo incontro, furono i calciatori dell’Ancona a recarsi presso l’albergo di quelli del Mantova che li seguirono con la macchina messa a disposizione da Magalini fino a “un parcheggio un po’ nascosto”. Le modalità clandestine degli incontri sono l’ennesima conferma del loro contenuto illecito. Viene così smentita la tesi difensiva di Mastronunzio, secondo la quale egli fin dal primo incontro avrebbe sdegnosamente rifiutato la proposta di illecito. Se così fosse stato, non ci sarebbe stato motivo di accettare un secondo incontro allargato ad altri compagni di squadra, spostandosi perfino presso l’albergo dei corruttori. La ricostruzione “minimalista” della sua partecipazione ai fatti offerta da Nassi nella memoria difensiva viene smentita non solo dalle dichiarazioni di Gervasoni e Locatelli, ma anche da quelle di Cristante, De Falco e Mastronunzio. Le difese degli altri incolpati si incentrano sulla mera contestazione della credibilità di Gervasoni, senza considerare minimamente la granitica mole dei riscontri intrinseci ed estrinseci forniti dalla Procura Federale e sopra descritti. La difesa di Magalini, oltretutto, non tiene conto della assoluta inverosimiglianza della tesi secondo la quale quattro giocatori si sarebbero allontanati dal ritiro per ben due notti con la autovettura della società senza che il Direttore Sportivo si accorgesse di nulla. In definitiva, Gervasoni, Locatelli, Nassi, Bellodi, Magalini, Mastronunzio, Colacone, De Falco Andrea e Cristante, in concorso tra loro, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara, alcuni prendendo contatti diretti con i tesserati della squadra avversaria, alcuni portando avanti le contrattazioni. Anche se l’accordo non venne raggiunto, tale condotta realizza ugualmente la fattispecie contestata agli incolpati. Per i deferiti De Falco, Gervasoni e Locatelli è stata disposta l’applicazione di sanzioni ai sensi degli artt. 23 e 24 C.G.S.; per il deferito Bellodi è stata disposta l’applicazione di sanzioni ai sensi dell’art. 23 C.G.S.. Le condotte di cui sopra integrano la violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5, per Nassi, Magalini, Mastronunzio, Colacone e Cristante, con l’aggravante di cui al comma 6 per Nassi, Mastronunzio e Colacone» (cfr. dec. C.D.N.). In punto della determinazione delle sanzioni rileva, in via generale, la C.D.N. «che, ai sensi dell’art. 16, comma 1, C.G.S., gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”. Ai fini della concreta quantificazione delle sanzioni nel caso in questione, la Commissione ha evidenziato, in via generale, come le modalità stesse dei comportamenti illeciti suscitino un rilevante allarme generale, tanto più a fronte delle implicazioni che il campionato di calcio comporta sul piano sociale, economico e dell’ordine pubblico. In particolare, in relazione alle singole posizioni, la Commissione ha ritenuto che, quanto al tesserato Cristante, assuma specifico rilievo la partecipazione all’illecito sportivo relativo alla gara Ancona - Mantova del 30.5.2010, e per l’effetto ha inflitto, a suo carico, la squalifica per 3 (tre) anni. Avverso la suddetta decisione della Commissione Disciplinare Nazionale ha proposto ricorso il sig. Filippo Cristante, come in atti rappresentato e difeso. Con un primo motivo d’appello Filippo Cristante censura la decisione impugnato sotto il profilo del difetto di istruttoria. Ritiene, infatti, il reclamante che se la Procura Federale «avesse svolto completamente ed esaustivamente il proprio compito istituzionale» la sua condotta «sarebbe stata serenamente e pacificamente considerata estranea ad ogni possibile contestazione disciplinare». In un ordinamento associativo, aggiunge l’interessato, «che non disciplina, diversamente da quello statale, la possibilità di svolgere indagini difensive, il ruolo della Procura federale assume una centralità ancor più evidente, alla quale tuttavia corrisponde, per converso, uno speculare onere di terzietà e completezza probatoria in grado di condizionare l’intero procedimento disciplinare» (così in reclamo). Questa doverosa premessa metodologica si rende necessaria, a dire del reclamante, «perché, nel caso di specie, l’infondata contestazione disciplinare trae origine proprio da un atteggiamento superficiale e lacunoso della Procura Federale che, nel corso delle pur disposte ed avvenute audizioni di tutti gli odierni incolpati, non formula agli stessi precise e risolutive domande in ordine all’effettivo o irrilevante contributo del Sig. Cristante. Questi infatti, come si dirà più diffusamente in seguito, non solo non partecipa al primo incontro, allorquando la proposta illecita venne rappresentata, ma nel corso nel secondo incontro non proferisce alcuna frase e resta in disparte, mentre i propri compagni declinano l’invito al perfezionamento dell’accordo illecito ed anzi ingenera in De Falco, successivamente, addirittura il ricordo di una sua eventuale assenza, tanto ebbe un ruolo di mera partecipazione fisica» (cfr. reclamo). In questo quadro di riferimento, secondo la prospettazione difensiva, la Procura Federale avrebbe, appunto, omesso di completare ed integrare l’attività investigativa, omettendo di ascoltare sulla circostanza gli altri due tesserati presenti all’incontro (Mastronunzio e Colacone) ed omettendo di rivolgere alcuna domanda sul punto a Giuseppe Magalini, così come ad altri giocatori che hanno preso parte a quella partita, quali Cristiano Camillucci, Edoardo Catinali, Riccardo Fissore, Alessandro Pellicori, Pasquale Schittarella e Juan Ignacio Surraco Lame, accontentandosi, invece, delle sole dichiarazioni accusatorie di Gervasoni. Da qui anche la gravità dell’opinabile decisione della Commissione Disciplinare Nazionale di rigettare in toto le richieste istruttorie formulate nella memoria difensiva ed ulteriormente formalizzate in dibattimento, contribuendo a rendere la pronuncia gravemente viziata da un difetto istruttorio non tollerabile, perché causa evidente di un’ingiustificata equiparazione delle condotte. Pertanto, quanto alla posizione del Sig. Cristante, la difesa ritiene la decisione impugnata assolutamente illegittima e palesemente viziata da un grave ed insanabile difetto di istruttoria, poiché la semplice acquisizione dei pochi elementi sopra evidenziati avrebbe consentito de plano di considerare l’odierno incolpato certamente estraneo ad ogni ipotesi di illecito sportivo. Con un secondo motivo d’appello, viene eccepito eccesso di potere, falso presupposto e irrilevanza disciplinare della condotta. La stessa ricostruzione dei fatti, come operata dalla Procura Federale nell’atto di deferimento, condurrebbe ad escludere che Filippo Cristante abbia posto in essere condotte sussumibili nella fattispecie di illecito sportivo di cui all’art. 7 C.G.S. Infatti, per la stessa Procura Federale, «il sig. Filippo Cristante avrebbe tutt’al più partecipato ad un incontro nel quale Mastronunzio doveva dare una risposta negativa alla presunta proposta di combinare il risultato che gli sarebbe stata fatta (solo a lui e non anche agli altri compagni) il giorno precedente dai tesserati del Mantova» Sorprendentemente, per converso, la stessa Procura, in palese intima contraddizione contesta allo stesso una condotta partecipativa ai sensi dell’art. 7 C.G.S. (così in reclamo). «Non v’è chi non veda», prosegue il reclamante, «come la partecipazione ad un incontro finalizzato unicamente a comunicare il rifiuto ad un’eventuale proposta di combine non sarebbe in ogni caso sussumibile alla stregua di un “atto diretto ad alterare lo svolgimento di una gara”: un rifiuto, infatti, non può di certo ritenersi un atto diretto ad alterare il risultato, bensì costituisce un comportamento che produce effetti diametralmente opposti». Peraltro, evidenzia, ancora la difesa del reclamante, che Cristante abbia portato “avanti le contrattazioni” è smentito dallo stesso De Falco [«considerato dalla Procura così attendibile da meritare il 600% di sconto di pena (da 36 mesi a 6!)», si sottolinea nell’appello] che, appunto, riferirà di non ricordare neppure se Cristante fosse presente. Chiede, dunque, l’appellante il ripristino della verità e della giustizia sostanziale, «poiché allo stato del giudizio De Falco appare attendibile quando dettaglia fatti e circostanze colpevolizzanti e merita per questo indubbi vantaggi, ma poi non viene in alcun modo considerato quando marginalizza, quasi escludendolo, il coinvolgimento del Cristante di cui, come già detto, non ricorda addirittura la presenza, in un gruppo, si badi bene, non di centinaia di persone ma solo di sei o sette elementi!» (cfr. reclamo). Ulteriori elementi che dovrebbero comunque condurre ad una decisione di assoluzione dell’incolpato Cristante sono, poi, indicati nella pacifica esclusione, da parte di tutti i tesserati coinvolti, di offerte di denaro, da parte dei calciatori del Mantova, per alterare il risultato della partita, così come pure dalla circostanza che Ancona e Mantova, «prima della partita in questione, erano in posizioni di classifica tali per cui non vi era alcun risultato che potesse essere utile ad entrambe: per salvarsi senza passare dai play out l’Ancona doveva quanto meno pareggiare mentre il Mantova, per arrivare ai play-out, doveva invece necessariamente vincere ed al contempo sperare nei risultati sfavorevoli delle dirette concorrenti (tant’è che a seguito del risultato di pareggio con cui è terminato l’incontro, l’Ancona si è salvato ed il Mantova è retrocesso). È quindi evidente, già da un punto di vista logico, che una richiesta di alterazione della partita da parte dei giocatori del Mantova non poteva che essere accompagnata da un’offerta di denaro, atteso che la sconfitta dell’Ancona avrebbe fatto correre a quest’ultima il serio rischio di dover passare per la lotteria dei play-out per poter raggiungere la salvezza» (cfr. reclamo). Pertanto, Filippo Cristante, come rappresentato e difeso, rinnova, anzitutto le richieste istruttorie già avanzate in prime cure e, segnatamente, l’istanza di audizione di Cristiano Camillucci, Edoardo Catinali, Roberto Colacone, Riccardo Fissore, Giuseppe Magalini, Salvatore Mastronunzio, Alessandro Pellicori, Pasquale Schittarella e Juan Ignacio Surraco Lame, riproponendo gli articolati capitoli di prova, e così, poi, in via principale, conclude: «-accertare e dichiarare l’assoluta liceità ed irrilevanza disciplinare della sua condotta; -rigettare tutti gli addebiti mossi nei suoi confronti dalla Procura Federale e recepiti dalla decisione impugnata con l’odierno atto di appello e per l’effetto -dichiarare il proscioglimento dello stesso dalle individuali incolpazioni di cui al deferimento; -nonché annullare le sanzioni precedentemente inflitte». Alla riunione tenutasi dinanzi alla Corte di Giustizia Federale nei giorni 2 e 3 luglio 2012, la difesa del reclamante ha evidenziato come la C.D.N. abbia tipizzato due diverse condotte comportamentali: alcuni incolpati hanno preso contatti con i calciatori dell’altra squadra, altri hanno portato avanti le trattative. Orbene, il comportamento di Cristante non può farsi rientrare in nessuna delle due tipologie. Al più, rientrerebbe nella fattispecie di cui all’art. 6 (omessa denuncia), ma avendo, tuttavia, la Procura Federale contestato solo l’illecito sportivo ex art. 7 C.G.S., Cristante deve essere assolto. Richiamando i motivi dell’appello ed insistendo sulle richieste istruttorie, attesa la non esaustività del quadro probatorio, il difensore ha, quindi, rinnovato le istanze istruttorie e le richieste di merito formulate nell’atto di impugnazione, insistendo nelle rassegnate conclusioni. Il Procuratore Federale, in ordine alle questioni istruttorie agitate dalla difesa del reclamante, ha evidenziato il differente regime dell’utilizzabilità della prova, non essendovi, nell’ordinamento federale, alcuna previsione circa la necessaria audizione dei tesserati deferiti. L’incolpazione avviene con il deferimento e nel giudizio il deferito ben può svolgere tutti i propri garantiti diritti di difesa. Ritiene, poi, la Procura, non necessario alcun supplemento istruttorio, considerato che il materiale acquisito è di notevole pregnanza probatoria. Si aggiunga, prosegue il Procuratore federale, che la prova testimoniale richiesta è inammissibile, poiché alcuni tesserati indicati come testi non potrebbero comunque assumere tale veste, essendo essi stessi parti del processo, mentre gli altri non sono stati citati. Ha, infine, evidenziato, il Procuratore federale, come il secondo incontro di cui trattasi si è svolto non già per declinare la proposta, ma proprio per verificare se l’accordo potesse o meno essere perfezionato: e ciò è sufficiente per configurare l’illecito previsto e vietato dall’art. 7 C.G.S.. Ribadita, pertanto, l’ineccepibilità della decisione impugnata, ne ha chiesto la conferma. In via logicamente preliminare va esaminata la questione, sollevata nell’atto di appello, della legittimità delle ordinanze dibattimentali di primo grado con cui, negata la sussistenza della pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo e riaffermata l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dal Codice di Giustizia Sportiva, sono state rigettate le richieste difensive – oggi ribadite – di ammissione di mezzi di prova, in particolare consistenti nell’escussione di coincolpati e altri tesserati sulle circostanze ed i fatti relativi alla gara oggetto di addebito e sanzione. La Corte non ha dubbi nel ritenere che le ordinanze non meritino alcuna censura, essendosi motivatamente mosse nel solco della costante giurisprudenza federale. Ed infatti, è storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia dell’ordinamento settoriale sportivo debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare in linea generale la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Non vi è, quindi, alcun bisogno di sospendere il procedimento disciplinare se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio già giudicato dagli organi di giustizia sportiva congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate, senza subordinare, all’esito di un procedimento che si svolge con parametri e tempi sensibilmente diversi, la propria esigenza di pronto ristabilimento dell’ordine violato, a beneficio degli altri consociati ed a difesa del bene comune. Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riguardo alle richieste istruttorie ripetute dall’appellante. Ad esse ha esattamente, ed in omaggio ad una giurisprudenza che ha resistito nel corso di lunghi anni, replicato la Commissione di primo grado osservando che le regole del procedimento sportivo, cui gli organi di giustizia sono tenuti ad uniformarsi, non prevedono il dovere del giudicante di allargare l’orizzonte del materiale probatorio già acquisito, se questo soddisfa a suo avviso le esigenze del giudizio, né di sentire – come nel caso di specie – altri tesserati o, addirittura, coincolpati, in ipotesi indisponibili a sostenerlo, anche considerato che essendo gli stessi, appunto, anch’essi parti del giudizio o, comunque, destinatari dell’atto di deferimento, non potrebbero, in ogni caso, assumere la veste di teste. Da questo punto di vista, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova mediante produzione documentale, come è reiteratamente accaduto nei due gradi del presente giudizio. In sintesi, quindi, del tutto priva di pregio è la questione, agitata dal ricorrente nell’atto di appello, circa l’esigenza di completare il quadro probatorio. Istanza, come detto, che non può trovare comunque accoglimento perché presuppone, erroneamente, l’automatica applicazione di tutti i principi che regolano il giudizio penale al procedimento disciplinare, che a quello sicuramente si informa senza però costituirne una pedissequa e scontata ripetizione che sarebbe, in tal caso, assolutamente inutile e si potrebbe tradurre in una lesione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue caratteristiche di tipicità e specialità. Tutto ciò senza trascurare di considerare che, ad ogni buon conto, in ordine alle prove testimoniali richieste è intervenuta preclusione, non essendo stati i testi citati e che l’articolato di prova appare, comunque, per certi versi generico, per altri versi non rilevante ai fini della decisione. Con la conseguenza della inammissibilità delle istanze istruttorie, come formulate. Ciò premesso, la Corte osserva che la decisione impugnata non merita alcuna delle censure mosse e che, pertanto, debba essere confermata, per effetto del rigetto dell’impugnazione. Ed invero, le approfondite e capillari indagini, utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, hanno consentito di ritenere raggiunta la prova della sussistenza dell’illecito contestato a Filippo Cristante con riferimento alla gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010. L’attenta e dettagliata attività investigativa, della giustizia ordinaria prima e di quella federale poi, ha consentito di mettere a disposizione degli organi giudicanti una serie consistente e preziosa di elementi suscettibili di specifica valutazione da parte degli stessi predetti organi, nell’ambito della loro autonomia di giudizio, onde pervenire, nei singoli casi e con riferimento a ciascun soggetto deferito, alle conclusioni di proscioglimento o di affermazione di responsabilità per tutti o parte degli addebiti ascritti. In questo quadro di riferimento complessivo, si inserisce la condotta, oggetto di autonomo esame nel presente procedimento, che, ritiene questa Corte, deve tradursi nell’affermazione di sussistenza dell’illecito (sussumibile nella previsione dell’art. 7 C.G.S.) consistente nell’attentato all’integrità della gara di cui trattasi, interamente addebitabile all’appellante. Dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità di Cristante in ordine alla incolpazione di cui all’art. 7, commi 1, 2 e 5 C.G.S., per aver, in concorso con altri calciatori, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara sopra indicata. Inequivoco il racconto di Gervasoni, non smentito nei suoi profili storico-logistici, relativo alla gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010, terminata con il punteggio di 2 a 2. Interrogato dalla Procura della Repubblica di Cremona, in data 12.3.2012, afferma: «… il 30 maggio 2010, sempre senza che alle spalle ci fossero gli zingari, abbiamo cercato di comprare la sconfitta dell’Ancona o quanto meno di concludere un accordo che consentisse di “guardare” gli altri risultati delle partite per la salvezza che si disputavano contemporaneamente … Fu il Magalini a darci la macchina della società per recarci ai luoghi dell’appuntamento con calciatori dell’Ancona. In particolare vi fu un primo incontro in un parcheggio nel quale io, Locatelli, Bellodi e Nassi ci incontrammo con il Mastronunzio dell’Ancona. Lui si riservò di darci una risposta dopo averne parlato con i suoi compagni. In occasione di un secondo incontro dopo cena, oltre a noi quattro, Mastronunzio si presentò con Cristante, De Falco e Colacone. Noi (parlò soprattutto Locatelli), dopo aver prospettato la possibilità di vincere, come ipotesi subordinata di un possibile accordo indicammo la possibilità di tirare a lungo la partita su un risultato di parità in modo da rinviare negli ultimi dieci minuti l’incontro vero e proprio, in attesa di sapere i risultati degli altri campi … L’accordo non venne concluso in quanto quelli dell’Ancona avevano paura e non si fidavano». Nell’audizione in sede federale del 13.4.2012 Gervasoni precisa che «il Locatelli si rivolse a Magalini per avere l’auto con cui andare all’incontro per cercare di concordare l’esito della gara. Io ero presente nel momento in cui Locatelli ha chiesto le chiavi della macchina a Magalini esplicitandone il motivo. Preciso che la macchina fornita dalla società Mantova (una Alfa 147 di colore scuro in uso a Magalini) ci servì per raggiungere il parcheggio dove avvenne il primo incontro che era situato poco dopo dall’albergo. L’utilizzo dell’auto serviva per seguire la macchina di Mastronunzio che infatti ci precedette sino ad un parcheggio un po’ nascosto. Nel secondo appuntamento sempre con la stessa auto raggiungemmo un luogo distante parecchi chilometri in una zona buia vicino ad un campo di pratica di golf. Al ritorno dagli appuntamenti riferimmo al Magalini dell’esito degli incontri specificando che i giocatori dell’Ancona non si fidavano della nostra parola e che di conseguenza avrebbero giocato la partita regolarmente». Convergenti le dichiarazioni rese da Andrea De Falco (Ancona): «La sera prima della gara ricordo che, intorno alle 21 subito dopo cena, Mastronunzio e Colacone, i miei “capitani” mi invitarono a seguirli per una passeggiata, o almeno così mi venne riferito, salimmo in auto e, dopo un breve tragitto, arrivammo in un piazzale; in quel momento mi accorsi che lì sostava una vettura dalla quale scesero alcuni giocatori del Mantova, di cui ricordo Nassi, Bellodi e Locatelli […] Mastronunzio e Colacone colloquiarono con gli altri atleti presenti. Fu in quel momento che capii la ragione dell’incontro e cioè che i calciatori del Mantova volevano concordare un risultato utile per loro positivo […]». Lo stesso Cristante ammette la partecipazione al secondo incontro (ciò che, peraltro, depotenzia le più volte invocate dichiarazioni sul punto, di De Falco che non ricorda neppure se Cristante era presente, quando, invece, lo stesso afferma che si trattò di un colloquio ad 8), anche se tenta di ridimensionarne il titolo: la ragione dello stesso non era quella di cercare un possibile accordo, ma solo di ascoltare i “piagnistei” dei calciatori del Mantova o, al più, rifiutare la loro eventuale proposta di alterare il regolare svolgimento della partita. Nel corso dell’audizione del 19.4.2012, Cristante afferma: «Ricordo che mi trovavo in ritiro all’Hotel Tre Querce e, dopo cena, verso le 21, alcuni miei compagni, Mastronunzio o Colacone mi dissero che avevano un appuntamento con alcuni calciatori del Mantova e, poiché erano miei ex compagni, mi invitarono ad unirmi a loro … non ho dato peso alla cosa e mi sono limitato a seguirli senza chiedere il motivo di tale incontro … salii in auto e trovai, oltre a Mastronunzio e Colacone anche De Falco Andrea; dopo alcuni minuti, arrivammo ad un piazzale e ci incontrammo con i giocatori del Mantova, Bellodi e Locatelli, miei ex compagni e Nassi e Gervasoni … mi sembra sia stato un discorso ad 8 … ricordo solo che i calciatori del Mantova si lamentavano della loro posizione in classifica e dei problemi societari che stavano portando al fallimento … i calciatori del Mantova ci rappresentavano che avevano bisogno di vincere per sperare di salvarsi … ci evidenziavano che avevano una posizione di classifica per la quale necessitavano di vincere … mi sembra che noi avevamo bisogno almeno di un pareggio; non ricordo se a loro bastasse un pareggio … non ci hanno chiesto nulla, né ci hanno offerto soldi». Insomma, Cristante viene invitato da alcuni suoi compagni di squadra ad un incontro “clandestino”, in un luogo appartato con i calciatori della squadra avversaria che dovevano affrontare l’indomani, e non si chiede la ragione e non ci trova nulla di strano e di anomalo. Viene da chiedersi quale bisogno vi era di andare, di persona, all’incontro, in “delegazione”, solo per rifiutare la proposta di combine? Di interessante rilievo probatorio anche quanto riferito dal calciatore (allora) del Mantova Tomas Locatelli: «In occasione della gara Ancona/Mantova del 30.5.2010, mentre mi trovavo nel mio albergo in ritiro, dopo cena, verso le 21,00, notavo la presenza nel parcheggio di Nassi e Mastronunzio; li raggiungevo e mi univo a loro per salutarli; restavo con loro per pochi minuti ed avevo modo di assistere ad una conversazione tra due vecchi amici che si scambiavano semplici convenevoli; può essere successo che si siano scambiati qualche battuta scherzosa ove Nassi può aver detto una frase del tipo: “dai mica ci farai due goal domani”, frase alla quale Mastronunzio replicò ridendo … finiti i convenevoli ci si salutò … preciso che tale incontro si svolse due giorni prima della gara … il giorno successivo, qualcuno dei miei compagni, non ricordo chi tra Nassi e Gervasoni, venne nella mattinata a dirmi che qualche calciatore dell’Ancona voleva incontrarci, senza però specificarmi il motivo di tale richiesta; a quel punto non mi domandai cosa volessero, ma acconsentii ad incontrarli unitamente a Gervasoni e Nassi per verificare cosa volessero … rammento che, nel primo incontro, insieme a Nassi e Mastronunzio era lì anche Gervasoni che però non partecipava, come me, alla conversazione … tornando all’incontro del giorno successivo, ribadisco che non so chi dell’Ancona volesse incontrarci, né tantomeno da chi fosse partita l’iniziativa … nel pomeriggio, non ricordo se con la macchina di Nassi o della società, io, Nassi e Gervasoni raggiungemmo un parcheggio distante, se non ricordo male, a distanza di tanto tempo, 5 minuti circa … ora ricordo che era presente anche Bellodi … nel parcheggio ci incontrammo con 3 – 4 giocatori dell’Ancona che io non conoscevo, tranne Cristante che aveva giocato con me nel Mantova … preciso che i giocatori dell’Ancona erano venuti con la loro auto nell’albergo del nostro ritiro e noi lo seguimmo con la nostra auto al parcheggio sopra indicato, che raggiungemmo in circa 15 minuti …. è probabile che non si volessero far vedere davanti al nostro albergo e per questo raggiungemmo il detto parcheggio … Mastronunzio credo fosse presente … c’era inoltre 1 o 2 giocatori che però non riconoscevo … ci scambiammo dei convenevoli e poi Gervasoni e Nassi parlavano con i calciatori dell’Ancona e venne ripreso il discorso del giorno prima in ordine alla gara da disputare e io, avendo la sensazione che i toni non fossero scherzosi come il giorno precedente, mi permisi di intervenire, come anziano della squadra, che non ci eravamo certamente incontrati per combinare il risultato della gara o per comprarci la partita». Anche in questa circostanza, dunque, la ricostruzione operata da Gervasoni in ordine al tentativo di combinare il risultato della gara di cui trattasi (combine, poi, non perfezionatasi poiché i giocatori dell’Ancona non si fidarono) trova solidi riscontri. Di nessun pregio, sotto tale profilo, l’argomentazione difensiva secondo cui mai alcuna offerta di denaro è stata fatta dai giocatori del Mantova. Del resto, l’ipotesi delineata dalla norma di cui all’art. 7 C.G.S. configura, come noto, un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Recita, infatti, la norma: «Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo». Si tratta, dunque, di illecito c.d. formale, per il cui perfezionarsi non occorre un conseguente evento in senso naturalistico, né l’offerta od accettazione di denaro od altre utilità. Un’ipotesi, in altri termini, di illecito di pura condotta o, detto altrimenti, a consumazione anticipata, che si realizza (rectius: consuma) anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. L’aggregazione di ciascuno degli elementi probatori appena passati in rassegna, e di quelli descritti tanto nella parte espositiva quanto in quella motiva superiore, unitamente alle modalità medesime dell’incontro, come riferite da Gervasoni e Locatelli, conducono la Corte a ritenere dimostrata la robustezza del fondamento dell’accusa. Nessun dubbio può, pertanto, ragionevolmente sussistere circa la colpevolezza del reclamante, esattamente affermata dai primi Giudici. La circostanza che il calciatore abbia partecipato al solo secondo incontro, in quanto portato lì appositamente - l’incontro dove viene dunque definitivamente acclarato e manifestato l’intento illecito - non alleggerisce affatto la posizione del calciatore medesimo. Ben diversa sarebbe stata la situazione ove avesse partecipato al solo primo incontro. Non risulta, inoltre, che il calciatore medesimo abbia immediatamente ed inequivocabilmente rifiutato la proposta di sovvertimento preventivo, concordato ed illecito del risultato della gara, di tal ché manifestamente infondata si appalesa la richiesta subordinata di applicare l’istituto dell’omessa denunzia. Sussiste, in definitiva, ampia prova della responsabilità del ricorrente per gli addebiti a lui ascritti. Gli elementi tratti dalle dichiarazioni autoaccusatorie di Gervasoni hanno, come detto, anche trovato riscontri oggettivi e plurime conferme nelle dichiarazioni di altri soggetti coinvolti. Del resto, come da consolidata giurisprudenza di questa Corte, premesso, sul piano generale, che la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale, nel caso di specie, come detto, sono rinvenibili sia elementi di fatto che deduzioni logiche, gli uni soccorrenti le altre, come, sia pure succintamente, dato atto nella decisione di primo grado. Per inciso, peraltro, questo Collegio ritiene comunque condivisibili le considerazioni della C.D.N. sull’attendibilità delle dichiarazioni, di natura in parte anche autoaccusatoria, rilasciate sull’illecito di cui trattasi da Gervasoni. La valutazione in termini di attendibilità deve, infatti, essere effettuata nel suo complesso e avuto particolare riguardo al materiale acquisito al presente procedimento, dal quale, come correttamente evidenziato dalla Procura Federale nel corso del dibattimento, emerge l’atteggiamento pienamente collaborativo di Gervasoni (a differenza di quello tenuto in passate occasioni). Dichiarazioni, quelle rese da Gervasoni, che hanno, peraltro, condotto all’applicazione, nei suoi stessi confronti, della sanzione della squalifica. Si aggiunga che anche la giurisprudenza ordinaria prevalente è orientata nel senso della attendibilità della dichiarazione testimoniale, salvo prova contraria (cfr., ad es., Cassazione pen., 6 aprile 1999, in Cass. pen., 2000, p. 2382). In particolare, secondo diverse pronunce, il giudice deve considerare come veritiera la deposizione, a meno che non risultino specifici elementi che facciano ritenere il contrario, come, ad esempio, quando si tratta di teste che ha interesse a mentire. E, come detto, nel caso di specie, Carlo Gervasoni non ha alcun interesse a mentire, ma, anzi, con le deposizioni di cui si è detto, confessa -di fatto- anche di aver posto egli stesso in essere gli illeciti sportivi contestati. La stessa Corte di Cassazione ha, poi, avuto modo di precisare - sia in passato (n. 231/1991), sia di recente (n. 41352/2010) - che la chiamata in correità, laddove circostanziata, non richiede un riscontro probatorio specifico. Del resto, a prescindere dal contesto probatorio di cui si è detto, non appare in alcun modo suscettibile di accoglimento la diversa versione nella quale, con vari e suggestivi argomenti finalizzati ad evidenziare incongruenze e contraddizioni della ricostruzione accusatoria, si è impegnata la difesa, nella prospettiva di mettere in discussione la verosimiglianza della dinamica e delle ragioni degli incontri di cui trattasi. Pienamente condivisibile è, infine, la natura e l’entità della pena applicata, peraltro quantificata nel minimo edittale, anch’essa da confermare, anche considerata la gravità della condotta contestata, che appare capace di minare la credibilità degli eventi sportivi ed alterare la stessa regolarità di svolgimento dei campionati di calcio. In conclusione, l’appello va rigettato, con integrale conferma della decisione impugnata e conseguente incameramento della tassa. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Filippo Cristante e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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