F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 35) RICORSO DEL DELFINO PESCARA 1936 SRL AVVERSO LA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 2 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA ST. SP. 2012/2013, INFLITTA PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, AI SENSI DEGLI ARTT. 4, COMMA 2 E 7 COMMA 4, C.G.S., PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL CALCIATORE GIANLUCA NICCO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11- 12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 35) RICORSO DEL DELFINO PESCARA 1936 SRL AVVERSO LA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 2 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA ST. SP. 2012/2013, INFLITTA PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, AI SENSI DEGLI ARTT. 4, COMMA 2 E 7 COMMA 4, C.G.S., PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL CALCIATORE GIANLUCA NICCO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11- 12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Con atto dell’8 maggio 2012, il Procuratore Federale deferiva, tra gli altri, alla Commissione Disciplinare Nazionale le società Piacenza F.C. e Delfino Pescara 1936, per responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt. 4, comma 2 e 7 comma 4 C.G.S. in ordine agli addebiti contestati ai propri tesserati, il Sig. Carlo Gervasoni (all’epoca dei fatti calciatore della società Piacenza F.C.) ed il Sig. Gianluca Nicco (all’epoca dei fatti calciatore della società Delfino Pescara 1936). In particolare le predette società venivano chiamate a rispondere della violazione, da parte del Sig. Gervasoni e del Sig. Nicco dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 C.G.S., per aver quest’ultimi, prima della gara Piacenza – Pescara del 9 aprile 2011, anche in concorso tra loro e con altri soggetti non tesserati e altri allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della predetta partita, prendendo contatti diretti e incontrandosi di persona al fine di porre in essere atti finalizzati allo scopo sopra indicato. Nel corso delle udienze davanti alla Commissione Disciplinare Nazionale, i deferiti respingevano le accuse. Con decisione pubblicata in data 18 giugno 2012, la Commissione Disciplinare dichiarava tutti i deferiti colpevoli delle violazioni loro ascritte e condannava, per quel che qui interessa, la società Delfino Pescara 1936 alla penalizzazione in classica di punti due da scontarsi nella stagione agonistica 2012/2013. I Giudici di prime confermavano la responsabilità oggettiva della società in questione, alla quale apparteneva il Sig. Nicco, quale conseguenza della responsabilità di quest’ultimo. La Commissione Disciplinare aveva, infatti, fatta propria la tesi della Procura Federale circa l’inattendibilità delle affermazioni del Sig. Nicco, evidenziando la rilevanza dell’incontro di quest’ultimo con il calciatore avversario, Sig. Gervasoni, nell’imminenza della gara in questione, nonché il carattere inverosimile della circostanza addotta dal Sig. Nicco stesso a propria discolpa relativa al presunto carattere scherzoso della proposta formulata dal Sig. Gervasoni medesimo. La Commissione, a tal proposito, precisava, altresì, l’irrilevanza e l’inattendibilità, nel presente procedimento, delle dichiarazioni dei compagni di squadra del Sig. Nicco depositate agli atti: i tesserati, infatti, in caso di risposta affermativa al quesito posto, avrebbero ammesso la propria responsabilità disciplinare nella vicenda, quanto meno sotto il profilo dell’omessa denuncia. Contro la predetta sentenza della Commissione Disciplinare, la società Delfino Pescara 1936 ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia Federale, chiedendone l’integrale riforma. La società Delfino Pescara 1936 incentra la sua difesa sull’inesistenza del coinvolgimento del Sig. Nicco nei fatti oggetto di contestazione e sulla conseguente relativa mancanza di responsabilità in capo a quest’ultimo ed alla società medesima. In particolare, la difesa della società in questione evidenzia come l’accertamento della responsabilità in capo al Sig. Nicco risulterebbe erroneo in quanto fondato su vizi logici, ancora prima che giuridici: la Commissione Disciplinare non avrebbe, invero, ravvisato alcun dubbio sull’attendibilità del Sig. Gervasoni e sulla conseguente inattendibilità del Sig. Nicco, nonostante le operazioni di Polizia Giudiziaria effettuate sulla partita oggetto di contestazione avessero rilevato una versione dei fatti perfettamente compatibile con quanto sostenuto dal Sig. Nicco stesso in merito alla strumentalizzazione di quest’ultimo da parte del Sig. Gervasoni medesimo al fine di ovviare, in sede penale, all’accertamento di un ulteriore frode in competizione sportiva consumata e sostenere una condotta meno grave, quale è l’illecito sportivo. Sul punto, la società rileva, altresì, come la Commissione Disciplinare, avendo scelto di dar peso alle dichiarazioni del Sig. Gervasoni e non del Sig. Nicco, avrebbe errato nel porre a fondamento della propria decisione fatti e circostanze riferite dal secondo e non dal primo e ribadisce che, nel procedimento in questione, il Sig. Nicco è stato l’unico soggetto che ha provveduto a denunciare il Sig. Gervasoni per calunnia. La società, inoltre, insiste sulla inattendibilità e sulla illogicità delle dichiarazioni del Sig. Gervasoni, anche in considerazione non solo delle affermazioni rese dal Sig. Pumeral in merito alle conseguenze derivanti dall’errore e/o dal tradimento di un membro e/o di un partecipante dell’associazione, ma anche del mancato riscontro della cd. “prova oltre ogni ragionevole dubbio” in merito alla presunta attività del Sig. Nicco. Sulla responsabilità della società, la ricorrente sostiene che, al fine di poter configurare un’ipotesi di responsabilità oggettiva, sarebbe necessario un seppur minimo collegamento, in termini di disvalore del fatto, tra la condotta concretamente posta in essere dal tesserato ed il ruolo della società. A tal proposito, la società rileva, altresì, come sia ormai progressivo il distacco dell’ordinamento statale e sovranazionale da ogni forma di responsabilità oggettiva, con particolare riferimento alla responsabilità per fatto altrui, in materia penale e disciplinare, in quanto direttamente confliggente con il principio di cui all’art. 27, comma 1 della Costituzione Italiana. Sulla base di quanto sopra, la difesa della ricorrente afferma che non vi sarebbe un solo elemento, a carico della società, rilevante ai fini dell’illecito ed evidenzia che, ai fini della valutazione della posizione di quest’ultima, sarebbe necessario tener conto (i) dell’anticipazione di tutela costituita dalla norma di cui all’art. 7, comma 1 e 2, C.G.S., la cui formulazione, facente riferimento ad “atti diretti”, determinerebbe un’oggettiva difficoltà di conoscibilità e controllo da parte della società; (ii) della presunta condotta irreprensibile degli altri membri della squadra; (iii) della circostanza per cui il Sig. Nicco si sarebbe attivato per provocare un danno e non un vantaggio alla società, in quanto la combine aveva ad oggetto la perdita della gara da parte del Pescara; (iv) che la condotta del Sig. Nicco dovrebbe essere valutata in termini di apporto minimo al sistema criminale; (v) che la giurisprudenza terrebbe in conto la correlazione esistente tra la natura della condotta dell’agente e la responsabilità oggettiva della società, con conseguente proporzionale risposta sanzionatoria; (vi) che il Sig. Nicco avrebbe messo la Procura Federale a conoscenza di fatti che quest’ultima altrimenti non avrebbe mai conosciuto. Infine, la difesa della società contesta l’entità della sanzione irrogata. All’udienza riunione di questa Corte di Giustizia Federale, è presente l’Avv. Flavia Tortorella, la quale si riporta alle difese ed alle conclusioni contenute nel ricorso. In via preliminare, la Corte intende precisare che, nella presente decisione, non prenderà in considerazione tutti i rilievi svolti dalla ricorrente in relazione alla posizione del tesserato Gianluca Nicco, posizione che, infatti, viene ampiamente trattata nella decisione emessa in pari data a seguito del ricorso proposto da quest’ultimo. La Corte ritiene, invece, opportuno svolgere alcune brevi considerazioni in ordine al principio della responsabilità oggettiva delle società di appartenenza di tesserati coinvolti in comportamenti rilevanti per l’ordinamento di riferimento. A questo proposito, come, peraltro, è stato già correttamente osservato dalla giurisprudenza di questa medesima Corte (ex plurimis, cfr. Com. Uff. n. 56 Stagione Sportiva 2011/2012) e dalla C.A.F. (cfr. Com. Uff. n. 7/C Stagione Sportiva 2004/2005), si ricorda che, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata in primo luogo a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti. L’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. La detta giurisprudenza ha precisato che, nell’ordinamento calcistico, le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono, infine, oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari. Se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. Al contrario, si è rilevato che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Tali granitici principi non vengono, peraltro, in alcun modo intaccati dai pur puntuali rilievi svolti dalla ricorrente nel proprio ricorso. Al fine di determinare una responsabilità oggettiva di una società rispetto ad un comportamento posto in essere da un proprio tesserato non è, infatti, necessario provare un collegamento tra la condotta del medesimo tesserato ed il ruolo della società stessa, né, tantomeno, la difficoltà di quest’ultima a conoscere e a controllare l’operato del primo. Il fondamento della responsabilità oggettiva è, invero, per definizione, del tutto scollegato da tali criteri, laddove si consideri che detta responsabilità si ha, ai sensi del vigente ordinamento, proprio laddove non vi sia alcuna contestazione diretta da avanzare alla società anche solo in termini di suo collegamento rispetto ad un determinato episodio o di mancato controllo. A questo proposito, risultano parimenti irrilevanti le circostanze secondo cui il resto della squadra avrebbe avuto una condotta irreprensibile e che, nella specie, si sia trattato di un singolo episodio, atteso che la responsabilità oggettiva trova ingresso indipendentemente da tali elementi, essendo sufficiente anche un solo episodio commesso da un solo tesserato per far nascere detta responsabilità in capo ad una società. Ciò detto in linea di principio, nella già richiamata decisione emessa in pari data sul ricorso proposto dal tesserato Gianluca Nicco, questa Corte ha ritenuto di dover derubricare il comportamento tenuto da quest’ultimo dalla fattispecie di cui all’art.7, commi 1, 2 e 5 C.G.F. alla fattispecie prevista all’art.7, commi 7 e 8 C.G.F.. Ne consegue che, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla Delfino Pescara 1936 S.r.l., la sanzione da comminarsi a quest’ultima rispetto al comportamento del tesserato Nicco debba essere rideterminata e limitata ad un’ammenda. Si precisa, infine, che la richiesta di ammissione di prova testimoniale contenuta nel ricorso in oggetto, peraltro non reiterata in udienza dal difensore della ricorrente, doveva, comunque, essere considerata inammissibile per mancata articolazione dei capitoli di prova e mancata presenza in aula del testimone indicato. Per questi motivi la C.G.F., in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal Delfino Pescara 1936 S.r.l. di Pescara, ridetermina la sanzione inflitta nella sola ammenda di € 30.000,00. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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