F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 40) RICORSO DEL CALCIO PADOVA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 2 PUNTI IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2012/2013, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 7, COMMA 4 E 4 COMMA 2, C.G.S. PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL CALCIATORE VINCENZO ITALIANO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 40) RICORSO DEL CALCIO PADOVA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 2 PUNTI IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2012/2013, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 7, COMMA 4 E 4 COMMA 2, C.G.S. PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL CALCIATORE VINCENZO ITALIANO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) La società Calcio Padova S.p.A. di Padova, ha proposto ricorso nei termini abbreviati di cui al Com. Uff. n. 153/A/2012, avverso quanto deciso, nei suoi confronti, dalla Commissione Disciplinare Nazionale, così come riportato in epigrafe, lamentando l’assoluta ingiustizia della sanzione irrogatale, per effetto della accertata responsabilità del giocatore Vincenzo Italiano, all’epoca suo tesserato, di aver compiuto atti idonei ad alterare illecitamente lo svolgimento e il risultato della gara Padova/Grosseto del 23.3.2010. Responsabilità affermata solo sulla base di dichiarazioni accusatorie del giocatore Filippo Carobbio, ritenute prive di qualsiasi attendibilità e riscontro. La difesa della società, rappresentata dall’avv. Mattia Grassani, ha chiesto l’integrale riforma della decisione del giudice di primo grado deducendo che quella Commissione Disciplinare avrebbe inflitto al proprio giocatore e, conseguentemente ad essa società, la sanzione di cui è cognizione con una decisione “priva di qualsivoglia presupposto, logico e giuridico, idoneo a supportare i provvedimenti adottati”. Ci si duole, in particolare, del fatto che la Commissione Disciplinare abbia fondato la sua decisione su gravi errori di valutazione, distorsione di fatti storici e accreditando come vere e indiscutibili delle circostanze apprese de relato senza conferire alcun rilievo alle dichiarazioni di smentita dei giocatori Marco Turati e Vincenzo Italiano. A conforto di queste censure e dell’assenza di qualsiasi progetto illecito ha instato per accertamenti istruttori mediante acquisizione di dichiarazioni del dott. Gino Nassuato, medico sociale del Calcio Padova e del calciatore Marco Turati. L’articolata doglianza è rivolta, quindi, avverso una decisione affermativa della responsabilità del giocatore della società patavina che si reputa affetta da carenza probatoria e si chiede che, in riforma, la sanzione della penalizzazione di punti due in classifica da scontarsi nel prossimo campionato sia annullata. La vicenda in esame merita di essere puntualizzata, sia dal punto di vista della sua contestualizzazione materiale che in ordine al suo sviluppo processuale. Il procedimento, che vive la sua fase di appello dinanzi questa Corte, è stato originato dal provvedimento di deferimento della Procura Federale che, sulla base di quanto previsto ex art. 2 della legge n. 401/89 e dell’art. 116 c.p.p. ha chiesto e ottenuto, dall’Autorità Giudiziaria di Cremona, la trasmissione degli atti relativi ad una complessa attività di indagine – che peraltro costituisce il prosieguo di altre investigazioni già riferite alla Procura Federale nella primavera estate del 2011 e già oggetto di cognizione da parte di questa Corte (vedi fra gli altri, Com. Uff. n. 061/CGF – n. 043/CGF e n. 056/CGF) - riguardante una capillare associazione delinquenziale finalizzata ad alterare, tramite il fattivo coinvolgimento di tesserati, i risultati di molte partite del campionato italiano di calcio delle diverse categorie e, per effetto delle scommesse effettuate sul loro esito, finale o parziale e sul numero delle reti realizzate, trarre ingenti profitti illeciti. Sulla base di tale documentazione la Procura Federale ha poi proceduto a svolgere autonoma attività di accertamento a conferma dei comportamenti illeciti dei tesserati della Federazione che ha consentito, secondo l’impianto accusatorio posto alla valutazione del giudicante, di acquisire elementi di oggettivo conforto sulla sussistenza sia della predetta associazione, costituita anche in dispregio di quanto previsto dall’art. 9 C.G.S., sia della fitta rete di contatti stabili tra i tesserati, tutti univocamente preordinati al conseguimento delle finalità illecite del sodalizio (ossia quello di alterare il normale contesto agonistico delle partite, anche attraverso un’intensa opera di reclutamento, affiliazione o anche solo episodica partecipazione di altri tesserati) sia, da ultimo, di appurare come il sistema godesse di un’interessata omertà da parte di coloro che, pur non direttamente partecipi al progetto criminoso, ne traevano profitto effettuando scommesse in violazione, anche qui, del divieto imposto dall’art.6 C.G.S.. Su questo quadro di fondo va inserita la specifica vicenda oggetto della presente cognizione anche se, va detto fin d’ora, la difesa contesta recisamente che la partita, presunto oggetto di “combine”, possa trovare idonea collocazione nel più vasto fenomeno criminoso in cui è stata comunque inserita. La Procura Federale, nel suo atto di deferimento alla Commissione Disciplinare Nazionale, ha contestato al sig. Vincenzo Italiano, atleta del Calcio Padova S.p.A. di aver proposto al calciatore Marco Turati, tesserato della U.S. Grosseto F.C. di Grosseto, in cambio di un’imprecisata somma di denaro, di alterare il regolare svolgimento della gara Padova/Grosseto del 23.3.2010 con vittoria della prima, senza concretizzazione dell’intento fraudolento per il rifiuto opposto dai giocatori avversari. Nel provvedimento di accusa la contestazione è stata sostanzialmente formulata con il conforto delle dichiarazioni di Filippo Carobbio, all’epoca giocatore del Grosseto che avrebbe ricevuto le confidenze di Marco Turati, suo compagno di squadra e interlocutore, nella descritta conversazione telefonica, dell’Italiano. Nello specifico, il requirente, nel suo atto di deferimento, ha esposto che il Carobbio aveva dichiarato, in data 29.2.2012, ad esponenti di quell’Ufficio che, in occasione della partita Padova- Grosseto, il Turati gli confidò che l’Italiano, giocatore del Padova, lo aveva contattato promettendogli una somma di denaro in caso di sconfitta della squadra toscana, ma che la proposta sarebbe stata rifiutata nella convinzione che sarebbe stato particolarmente deleterio perdere la gara in relazione alla delicata posizione dell’allenatore, al quale venne effettivamente revocato l’incarico dopo l’avvenuta sconfitta. Lo stesso requirente non ha ritenuto credibili le dichiarazioni di Turati e Italiano che, pur ammettendo i loro frequenti contatti telefonici, avevano negato qualsiasi proposta illecita ma ha reputato di trovare argomenti di prova nella posizione deteriore di classifica del Padova, nel legame amicale tra l’Italiano e il Turati, coinvolto in plurimi progetti di alterazione di gare calcistiche, nell’effettività dell’avvenuta conversazione telefonica tra i due, seppur inerente, a dire del Turati, ad un mero scambio di informazioni tecniche sull’incontro. La Commissione Disciplinare Nazionale ha quindi disposto lo stralcio della posizione del Turati (mentre al Carobbio è stata applicata la sanzione di anni 1 e mesi otto di squalifica su richiesta ai sensi degli artt. 23 e 24 C.G.S.) ed ha sancito la responsabilità del calciatore Vincenzo Italiano per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 C.G.S. con conseguente irrogazione della squalifica per anni 3. Analoga e conseguente responsabilità è stata sancita per la società patavina mentre l’U.S. Grosseto ha chiesto e ottenuto l’applicazione di sanzione ex art. 23 e 24 C.G.S.. Dinanzi a questa Corte il giorno 3 luglio 2012, l’avv. Grassani ha insistito nella tesi già esposta con articolate e risolute espressioni nel libello difensivo circa l’inattendibilità della dichiarazione del Carobbio, la genuinità delle affermazioni di Italiano e Turati e le incongruenze circa il vantaggio conseguibile dalla commissione dell’illecito in relazione alla reale posizione in classifica delle società interessate e ha concluso per l’assoluzione del suo assistito. Il Procuratore Federale avv. Stefano Palazzi ha ribadito, preliminarmente, di opporsi alla richiesta istruttoria formulata nell’atto di costituzione di controparte e, nel merito, ha confermato la credibilità delle dichiarazioni di Carobbio e l’inattendibilità di quelle assolutorie del Turati (coinvolto in altri episodi illeciti) e dell’Italiano. Ha confermato la propria richiesta di conferma della sanzione inflitta sia al giocatore che alla società. La Corte esaminati gli atti e valutate appieno le argomentazioni addotte dalle rispettive parti a sostegno delle loro tesi, ritiene che il ricorso proposto dalla società patavina non possa essere accolto. L’articolata difesa opposta dall’appellante avverso la decisione di prime cure, peraltro centrata, ovviamente, sull’erroneità della sanzione inflitta al proprio giocatore non è meritevole di condivisione, come non può accogliersi la conseguente richiesta di annullamento della sanzione inflitta. La complessiva e complessa vicenda che oggi è all’esame – pro parte – di questa Corte trova la sua genesi in ambito federale da una prolungata attività istruttoria condotta dalla Procura della Repubblica di Cremona in merito all’esistenza di una associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva mediante alterazione del corretto svolgimento di partite di calcio dei vari campionati svolgentisi sotto l’egida federale (reato mezzo) ed effettuazione di scommesse in denaro sulle stesse gare, dall’esito scontato alla luce dell’attività presupposta (reato fine), scommesse in ogni caso vietate ai tesserati ai sensi dell’art. 6 C.G.S.. L’esito delle indagini svolte ha indotto la Procura della Repubblica a richiedere l’adozione di misure cautelari personali nei confronti, anche, di soggetti tesserati con conseguente richiesta del Procuratore Federale di poter acquisire copia degli atti di interesse per poter avviare l’azione di propria competenza. L’attività istruttoria di quest’ultimo, in una con le risultanze di quella avviata dalla Procura della Repubblica, allo stato non conclusa, ha consentito di poter affermare come conclamata l’esistenza di un’ organizzazione delinquenziale transnazionale gestita, al vertice, da soggetti estranei all’ordinamento sportivo ma nella quale si collocavano, indubitabilmente in posizione di assoluto rilievo (vedi, da ultimo, ordinanza custodia cautelare in calce emessa dal G.I.P. del Tribunale di Cremona del 2 febbraio 2012), tesserati di questa Federazione, ai quali era stata affidata la responsabilità di coinvolgere altri soggetti, in organico a società calcistiche, in tutte le fasi, preparatorie ed esecutive, del disegno criminoso, nonché di “garantire” il buon esito degli accordi illeciti. Il raggiunto grado di certezza – anche se allo stato di indagini preliminari penali – della sua esistenza, delle sue dimensioni transazionali e della sua pericolosità, ancorché acclarata nell’ambito di un ordinamento giudiziario diverso e indipendente rispetto all’ordinamento sportivo (autonomia dell’ordinamento sportivo confermata dalla Corte Costituzionale in sent. n. 49/2011), non può non essere posto in dubbio e, ancor più, non essere assunto come dato acquisito nel presente procedimento, anche se le risultanze cui si è pervenuti in quella sede debbano essere intese solo come risultato fattuale e senza che questo – in via generale - inibisca all’autorità sportiva di poter procedere ad autonome verifiche e acquisizioni istruttorie sui fatti illeciti addebitati a soggetti giuridici sottoposti a questo ordinamento. Né, del pari, viene meno la possibilità di pervenire, sugli stessi fatti materiali, ad un convincimento proprio, fondato appunto su una distinta valutazione circa la sussistenza o meno di comportamenti costituenti violazione di norme federali. Questo non esclude, ovviamente, che si possa giungere a conformi affermazioni di responsabilità, atteso che norme penali e regole federali hanno, pur con genesi diversa e procedimentalizzazioni perspicue, finalità omogenee quanto al ripristino dell’ordine violato e all’affermazione di principi superindividuali ed essenziali per l’organizzazione sociale.. La difesa della società appellante, richiamando i canoni minimi richiesti dall’ordinamento penalistico per l’affermazione di responsabilità si duole che sia stata comminata - al proprio giocatore e, a titolo di responsabilità oggettiva ad essa società - una sanzione gravemente afflittiva in base alle sole dichiarazioni di soggetto sodale ad un sistema criminoso, della cui credibilità e attendibilità dubita, dichiarazioni peraltro rimaste prive di adeguato riscontro. Questa Corte, però, sulla base di motivate ragioni di dissenso rispetto alle affermazioni difensive, ha respinto il ricorso in appello proposto dal giocatore Vincenzo Italiano, confermando nei suoi confronti la sanzione della squalifica a 3 anni commi tagli in primo grado. E’, quello che precede, un presupposto necessario ed ineludibile, dal quale non può prescindersi nel valutare la doglianza della Calcio Padova S.p.A. La società patavina è stata sanzionata a titolo di responsabilità oggettiva, quale soggetto giuridico sportivo per il quale svolgeva la propria attività il calciatore Vincenzo Italiano che, come detto, è stato riconosciuto, con separata decisione, responsabile di illecito sportivo ex art. 7, commi 1, 2 e 5 C.G.S.. Rammentato ciò, deve altresì ricordarsi come costituisca rilevante pilastro dell’ordinamento federale il precetto posto dall’art. 4 C.G.S. in materia di responsabilità delle società allorché siffatti soggetti sono chiamati a rispondere dell’operato di chi le rappresenta, dei dirigenti, dei tesserati e di quelli enumerati all’art. 1, comma 5 C.G.S., sia a titolo di responsabilità diretta, sia oggettiva e presunta. Il Collegio, a tal fine, richiama la rilevanza, non solo dogmatica ma anche di ordine pubblico, dell’istituto della responsabilità oggettiva delle società, così come previsto dall'art. 4 comma 2 C.G.S. e, con particolare, significativo riguardo alla fattispecie dell'illecito sportivo, dall'art. 7 comma 4 del C.G.S.. Il coordinato quadro normativo rappresentato dalle disposizioni del Codice di Giustizia Sportiva prevede che le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1, comma 5 (ovvero i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale” e che (art. 7, commi 1 e 4 del C.G.S.) qualora venga accertata la responsabilità oggettiva o presunta della società ai sensi dell’art. 4,comma 5, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui dell’art. 18, comma 1 alle lettere g) (penalizzazione di uno o più punti in classifica), h) (retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria,), i) (esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore), l) (non assegnazione o revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale), m) (non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni)”. Si tratta di un sistema normativo consolidato che si è perpetuato pressoché immutato negli anni, cosicché la giurisprudenza sportiva ha espresso il proprio unanime indirizzo nella suddivisione della responsabilità delle Società in tre tipologie: la responsabilità diretta, quando la condotta vietata sia commessa da persona che abbia la legale rappresentanza del club coinvolto; quella oggettiva, quando il comportamento sia ascrivibile ad un dirigente privo di legale rappresentanza, ad un tesserato ovvero ad uno dei soggetti di cui all'art. 1 comma 5 del C.G.S. e, da ultimo, quella presunta, che ricorre allorché l'illecito sia posto in essere, a vantaggio della Società, da un estraneo alla stessa. (cfr. Com. Uff. n. 061/CGF 2011/2012 e TNAS Benevento Calcio /FIGC del 30.1.2012 richiamata anche da TNAS Atalanta Bergamasca/FIGC del 2.5.2012). La vicenda oggi all’esame riguarda un episodio in cui la condotta della società non può che essere qualificata come oggettiva perché quello che rileva, da un punto di vista disciplinare, è il vincolo di tesseramento tra calciatore e Società, sufficiente a configurare a carico della compagine stessa, la responsabilità ex art. 4 comma 2 C.G.S.) e, precisamente, quella in illecito sportivo (art. 7 comma 4 del C.G.S.). La Corte non ignora che la responsabilità oggettiva sconta, da tempo, una sua perspicua peculiarità nell’ordinamento sportivo (v. Com. Uff. n. 7/C - CAF stagione sportiva 2004/2005) la quale però trova giustificazione con necessità operative e organizzative che tutelano, principalmente, la regolarità delle competizioni e dei campionati grazie alla indiscutibile semplificazione valutativa che è ad essa legata e che trova valida sponda argomentativa nella necessità di definire, con decisioni certe e rapide, eventi che, ove impuniti per lungo tempo in attesa della definizioni di procedimenti propri di altri ordinamenti, stravolgerebbero irreversibilmente l’ordinamento sportivo (in termini Com. Uff. n. 061/CGF 2011/2012 cit.). D’altronde, tutta la giurisprudenza sportiva (in linea con quella costituzionale, v. sent. n. 49/2011) ha da tempo precisato il principio di reciproca separatezza dell’ordinamento sportivo da quello statale, con conseguente autonomia, per gli organi della Giustizia sportiva, dalla prospettata, doverosa applicazione delle regole di garanzia tipiche del processo penale, tra le quali quelle relative alla formazione delle prove. (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2008, n.2472, T.A.R. Lazio, n. 5645/2007.) Principio di autonomia che, ad esempio, conferisce negativo rilievo a comportamenti che, considerati nell’ambito dell’ordinamento generale, non solo non suscitano allarme sociale ma addirittura sono espressamente consentiti e regolamentati, come nel caso delle scommesse, vietate ex art. 6 CGS ma ammesse in altre sedi e per soggetti non tesserati. Il postulato che discende dalle premesse poc’anzi delineate è quello che, accertata la responsabilità diretta del giocatore Vincenzo Italiano, quale autore di illecito sportivo diretto ad alterare la gara Padova-Grosseto del 23.3.2010, non può che confermarsi la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale resa in primo grado circa la responsabilità oggettiva della società per cui l’Italiano era, all’epoca, tesserato, ovvero il Cacio Padova s.p.a. di Padova. Da siffatto automatismo non discende, peraltro, che questa Corte non possa, ove ritenuto, esercitare il proprio potere di graduazione della pena, stante il pieno effetto devolutivo dell’appello. La società calcio Padova S.p.A. è stata sanzionata in prime cure con la penalizzazione di due punti in classifica da scontarsi nella Stagione Sportiva 2012/2013. Oggetto di specifica valutazione può essere, allora, l’eventuale coinvolgimento nella materiale causazione dell’evento, il conseguimento di svantaggi o vantaggi, l’adozione di misure idonee a prevenire o contrastare il fenomeno ecc.. Nel caso di specie, ritiene il Collegio che non si è raggiunta prova che il progetto illecito si sia concretizzato nel senso riferito da Carobbio o in quello contrario né che ricorrano altre circostanze che inducano il Collegio a reputare come incongrua una penalizzazione che la difesa ha definito in termine di estrema gravità ma che invece, secondo questa Corte, non solo appare congrua ma praticamente irrogata in misura appena al di sopra della soglia del minimo edittale. Il ricorso finalizzato ad annullare o a ridurre la predetta sanzione, per tutti i motivi illustrati supra non può essere accolto. Non può, da ultimo, darsi ingresso all’istanza istruttoria formulata dalla difesa della società patavina in quanto la stessa richiesta istruttoria è stata, con ogni evidenza, valutata inammissibile in primo grado in ragione della mancata articolazione in capitoli della prova testimoniale richiesta e questo impedisce che in questa sede, possa essa riproporsi ai sensi degli artt . 37 e 41.5 C.G.S.. Alla luce della complessiva motivazione sopra riportata, il reclamo della Società Calcio Padova S.p.A. di Padova deve essere respinto con conferma integrale, sul punto, della decisione della Commissione Disciplinare Nazionale. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal Calcio Padova S.p.A. di Padova e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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