F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 28) RICORSO DEL SIG. GIUSEPPE MAGALINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI 3 ANNI E 3 MESI, INFLITTA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7 COMMI 1, 2 E 5 C.G.S, IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA – MANTOVA DEL 30.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11- 12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 28) RICORSO DEL SIG. GIUSEPPE MAGALINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI 3 ANNI E 3 MESI, INFLITTA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7 COMMI 1, 2 E 5 C.G.S, IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA – MANTOVA DEL 30.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11- 12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Il Sig. Giuseppe Magalini, all’epoca dei fatti direttore sportivo della società A.C. Mantova, propone appello avverso la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale, pubblicata sul Com. Uff. n. 101 /CDN del 18 giugno 2012, nel profilo con il quale gli è stata inflitta la inibizione di 3 anni e 6 mesi, ai sensi dell’art.7, commi 1,2 e 5 C.G.S., per avere posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010. Con la decisione qui impugnata la Commissione Disciplinare Nazionale ha irrogato sanzioni a carico di altri tesserati coinvolti nella stessa vicenda. Questi hanno proposto separati appelli esaminati da questa Corte alla stessa udienza e decisi con autonomi provvedimenti. All’esame dell’appello proposto dal Sig. Magalini deve premettersi un sintetico riassunto della vicenda quale emerge dagli atti del procedimento e dalle premesse in fatto della decisione impugnata. La sera antecedente la gara Ancona/Mantova del 30 maggio 2010 i calciatori del Mantova Carlo Gervasoni, Tomas Locatelli, Maurizio Nassi e Mirko Bellodi chiesero ed ottennero dal direttore sportivo Sig. Magalini di poter utilizzare l’auto della società per recarsi ad un incontro con calciatori dell’ Ancona allo scopo di verificare se era possibile “comprare” la partita o quanto meno stringere un accordo che favorisse il Mantova impegnato nella lotta per evitare la retrocessione. Per quanto qui interessa, il calciatore Gervasoni, nell’interrogatorio reso al P.M. della Procura della Repubblica di Cremona in data 12 marzo 2012, ha dichiarato: “ …abbiamo cercato di comprare la sconfitta dell’Ancona o quantomeno di stringere un accordo che consentisse di guardare gli altri risultati delle partite per la salvezza che si disputavano contemporaneamente. Fu il Magalini a darci la macchina della società per recarci ai luoghi dell’appuntamento con i giocatori dell’Ancona” Lo stesso Gervasoni nell’audizione resa alla Procura Federale il 13 aprile 2012 ha confermato quanto sopra: “ Il Locatelli si rivolse al Magalini per avere l’auto con cui andare all’incontro per cercare di concordare l’esito della gara. Io ero presente nel momento in cui Locatelli ha chiesto le chiavi della macchina a Magalini espicitandone il motivo . Preciso che la macchina fornita dalla società Mantova ( una Alfa 147 di colore scuro in uso a Magalini) ci servì per raggiungere il parcheggio dove avvenne il primo incontro che era situato poco lontano dall’albergo. L’utilizzo dell’auto serviva per seguire la macchina di Mastronunzio che infatti ci precedette fino ad un parcheggio un po’ nascosto”. Il contenuto di tali dichiarazioni è stato fondamentalmente confermato dal calciatore Locatelli nell’interrogatorio reso alla Procura Federale in data 4 maggio 2012. Il Locatelli ha confermato la versione dei fatti data dal Gervasoni anche se, a scopo evidentemente difensivo, ha tentato di minimizzare la sua partecipazione agli incontri tra le “rappresentative” delle due squadre e ha dichiarato di non ricordare se l’auto utilizzata per recarsi agli incontri fosse della società o di un altro calciatore. Le sue parziali ammissioni, comunque, sono sufficienti, ad avviso della Corte, a corroborare, rinforzandola, la versione dei fatti data dal Gervasoni. Ad un primo incontro tra i quattro calciatori del Mantova e il calciatore dell’Ancona Salvatore Mastronunzio, che si riservò una risposta dopo averne parlato con i compagni di squadra, seguì un secondo incontro al quale parteciparono, oltre ai giocatori del Mantova già nominati, anche i calciatori dell’Ancona Roberto Colacone, Andrea De Falco e Filippo Cristante e lo stesso Mastronunzio. L’accordo non fu trovato di tal che la combine è rimasta allo stato di tentativo. L’’esito negativo della trattativa, secondo quanto dichiarato dal Gervasoni nell’interrogatorio del 13 aprile 2012, fu riferito al Magalini. La decisione qui impugnata, come si è già anticipato, ha irrogato sanzioni per tutti i soggetti coinvolti (il De Falco ha ottenuto il patteggiamento della sanzione in applicazione dell’art. 23 del Codice di Giustizia Sportiva) e per le società di appartenenza. Da quanto precede emerge con chiarezza quale sia stato l’apporto del Magalini al tentativo di illecito. Il direttore sportivo del Mantova ha condiviso il piano espostogli dai calciatori Gervasoni, Locatelli, Nassi e Bellodi diretto a tentare di alterare la gara con l’Ancona. Il Magalini, condividendo tale obiettivo, ha reso concretamente realizzabile il piano autorizzando detti calciatori a servirsi dell’auto della società, di cui solo lui aveva la disponibilità, per incontrare i calciatori della squadra avversaria. L’appello proposto dal Magalini, che non presenta deduzioni rivolte a negare che nella fattispecie si sia realizzato il tentativo di alterare lo svolgimento e il risultato della gara Ancona – Mantova, ma che è diretto solo a contestare il capo della decisione impugnata che lo riguarda, è manifestamente infondato. L’appellante, con un primo motivo, richiamando i principi costituzionali che sono a fondamento del “giusto processo” e la loro applicazione nel processo penale, lamenta che nel procedimento di primo grado tali principi sarebbero stati violati non essendosi consentito da parte della Commissione Disciplinare Nazionale (con l’ordinanza n. 5) di interrogare il calciatore Gervasoni, principale accusatore del Magalini, in contraddittorio con la difesa del deferito. Secondo l’appellante, cioè, potendosi configurare il procedimento per illecito sportivo come un “processo penale sportivo”, sarebbe stato violato, in definitiva, dalla Commissione Disciplinare Nazionale il principio del contraddittorio che rappresenta uno dei cardini del “giusto processo”. La Corte non condivide tale assunto ritenendolo infondato in fatto atteso che il principio del contraddittorio è salvaguardato nei procedimenti relativi agli illeciti sportivi, per la facoltà data ai tesserati deferiti di presentare controdeduzioni e memorie difensive avverso gli atti del procedimento ma anche di controbattere alle accuse in un dibattito pubblico. Nel dibattimento, infatti, che rappresenta il punto centrale del procedimento, si fronteggiano la Procura Federale e la difesa del deferito (o il deferito stesso) su un piano di perfetta parità. Nella specie, il Magalini è stato assistito nel procedimento di primo grado da un legale da lui nominato che in contrapposizione con la Procura Federale ha potuto prospettare in modo completo le proprie tesi difensive. Il riferimento al principio del contraddittorio, che, nel caso in esame, sarebbe stato violato, con la conseguente lesione anche di principi di livello costituzionale, è dunque assolutamente non pertinente e fuori luogo. Quanto, invece, alla possibilità per il difensore del deferito di interrogare l’accusatore (ovvero eventualmente anche i testimoni) va detto che tale facoltà non è prevista dalle norme del Codice di Giustizia Sportiva che regolano i procedimenti disciplinari. Tali norme rimettono alla Procura Federale l’acquisizione delle prove dei fatti illeciti che, comunque, non sfuggono alle contestazioni degli interessati che possono avvalersi degli strumenti di difesa ai quali si è fatto riferimento.. Come è stato già affermato innumerevoli volte dagli organi della giustizia federale, il procedimento relativo agli illeciti sportivi mutua dal diritto comune e, in particolare, dal diritto processuale penale, molti istituti ma non quello concernente l’acquisizione delle prove. Nel procedimento sportivo, infatti, le prove non si formano nel dibattimento, anche se in questo, proprio in vista della salvaguardia del contraddittorio, possono essere oggetto di riesame e di valutazione delle parti contrapposte. Con un secondo motivo, l’appellante, premesso che le dichiarazioni del Gervasoni che lo riguardano in definitiva si configurano come una chiamata in correità, richiama la giurisprudenza ordinaria secondo la quale tale chiamata non sarebbe sufficiente a fondare la responsabilità del chiamato senza verificare per prima cosa l’attendibilità del dichiarante e senza avere eseguito sulle stesse dichiarazioni le necessarie verifiche e i debiti riscontri. La Corte ritiene che correttamente il giudice di primo grado ha concluso per l’attendibilità del Gervasoni. La versione dei fatti, per il profilo che interessa l’appellante, è stata assolutamente precisa. Il Gervasoni ha indicato il tipo e il colore dell’auto e ha affermato che essa era in uso al Magalini. E’ evidente, quindi, che solo questi poteva autorizzarne l’utilizzazione e che per allontanarsi dal ritiro della squadra per ben due volte di seguito con tale auto i calciatori avrebbero dovuto necessariamente fare riferimento al Magalini spiegando anche i motivi di tale inusitata richiesta. il Magalini, del resto, non nega espressamente, neppure nell’atto di appello, di avere dato l’autovettura della società ai calciatori che ne avevano fatto richiesta e non prospetta nemmeno una ragione lecita alla base di tale richiesta. La Corte, pertanto, sulla scorta delle considerazioni che precedono, non solo ritiene attendibile per la precisione che l’accompagna la versione dei fatti data dal Gervasoni, che oltretutto si è autodenunciato, ma ritiene anche che non era necessario effettuare altri accertamenti su tale aspetto della vicenda concernente il Magalini dopo le conferme ricevute dagli altri soggetti coinvolti. E’ del tutto condivisibile, può ancora aggiungersi, quanto affermato dalla decisione impugnata secondo cui non è credibile che quattro calciatori potessero allontanarsi dall’albergo del ritiro per due notti di seguito con l’auto della società senza che il direttore sportivo fosse a conoscenza dei motivi di tale allontanamento. Va infine anche considerato che il Gervasoni, accomunando a sé il Magalini, non ha conseguito alcun beneficio o vantaggio nel presente procedimento. Anche gli ulteriori rilievi mossi dal Magalini alla decisione appellata sono del tutto privi di ogni consistenza. E’ irrilevante sulla posizione del Magalinii , invero, il fatto che questi non abbia preso parte agli incontri tra i calciatori delle due squadre, giacché la responsabilità dell’appellante non è riposta su tale partecipazione. Parimenti irrilevante sulla posizione del appellante è la discordanza sull’orario in cui si sarebbero svolti gli incontri tra i giocatori delle die squadre, se, cioè., se “di notte”, “di pomeriggio” o solo” dopo cena”. Non si vede come la puntualizzazione dell’orario degli incontri possano riguardare la responsabilità del Magalini. In ogni caso, anche se la questione è di nessuna rilevanza sulla presente decisione, può rilevarsi che quasi tutte le deposizioni convergono nell’indicare alle ore 21 l’inizio della vicenda e che trattandosi di una sera di fine maggio e considerato il tempo presumibilmente non breve trascorso nei due incontri e quello occorrente per raggiungere i luoghi degli appuntamenti sembra plausibile ritenere che gli incontri stessi siano avvenuti “di notte”. Non si ravvisa, pertanto, nell’atto di appello alcun rilievo che possa indurre la Corte a modificare la decisione appellata. L’appello del Sig. Megalini, in conclusione, va respinto con conseguente incameramento della tassa di reclamo. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Giuseppe Magalini e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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