F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 029/CGF del 20 Agosto 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 034/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 1) RICORSO DEL SIG. CAMILLI PIERO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 5 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7 COMMI 1, 2, 5 E 6 C.G.S IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA/GROSSETO DEL 30.4.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 537 /1075PF1112/SP/BLP DEL 25 LUGLIO 2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 11/CDN del 10.8.2012) 2) RICORSO DELL’U.S. GROSSETO F.C. AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DELL’ESCLUSIONE DAL CAMPIONATO DI COMPETENZA DI SERIE B 2012/2013, CON ASSEGNAZIONE DA PARTE DEL CONSIGLIO FEDERALE AD UNO DEI CAMPIONATI DI CATEGORIA INFERIORE, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 7 COMMI 2, 3 E 6 E 4 COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA/GROSSETO DEL 30.4.2010, PER IL COMPORTAMENTO ASCRITTO AL SIG. CAMILLI PIERO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 537 /1075PF1112/SP/BLP DEL 25 LUGLIO 2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 11/CDN del 10.8.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 029/CGF del 20 Agosto 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 034/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 1) RICORSO DEL SIG. CAMILLI PIERO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 5 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7 COMMI 1, 2, 5 E 6 C.G.S IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA/GROSSETO DEL 30.4.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 537 /1075PF1112/SP/BLP DEL 25 LUGLIO 2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 11/CDN del 10.8.2012) 2) RICORSO DELL’U.S. GROSSETO F.C. AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DELL’ESCLUSIONE DAL CAMPIONATO DI COMPETENZA DI SERIE B 2012/2013, CON ASSEGNAZIONE DA PARTE DEL CONSIGLIO FEDERALE AD UNO DEI CAMPIONATI DI CATEGORIA INFERIORE, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 7 COMMI 2, 3 E 6 E 4 COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA ANCONA/GROSSETO DEL 30.4.2010, PER IL COMPORTAMENTO ASCRITTO AL SIG. CAMILLI PIERO, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 537 /1075PF1112/SP/BLP DEL 25 LUGLIO 2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 11/CDN del 10.8.2012) La Commissione Disciplinare Nazionale, con decisione pubblicata mediante Com. Uff. n. 11/CDN del 10 agosto 2012, si è pronunciata sul deferimento elevato dal Procuratore Federale nei confronti, tra gli altri, del sig. Piero Camilli e dell’U.S. Grosseto F.C. S.r.l., per la violazione, quanto al primo, delle disposizioni di cui all’articolo 7, commi 1, 2, 5 e 6 del c.g.s. e, quanto alla predetta società, di quelle di cui al combinato disposto degli articoli 7, commi 2, 3 e 6 e dell’articolo 4 comma 1 C.G.S.. Segnatamente, l’imputazione contestata al Camilli, all’epoca dei fatti dirigente con poteri di rappresentanza del Grosseto (socio di maggioranza e Presidente di fatto del sodalizio) veniva così rubricata dall’organo dell’accusa per avere, in occasione della gara Ancona/Grosseto del 30.4.2010, in concorso con altri soggetti identificati già giudicati o già deferiti e con altri ancora allo stato non identificati, posto in essere, riuscendovi, atti diretti e idonei ad alterare il regolare svolgimento e il risultato della gara in oggetto al fine di favorire la posizione in classifica dell’U.S. Grosseto F.C. S.r.l., onde guadagnare l’accesso ai play-off, con le modalità specificate nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento. Con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara. Nel costrutto accusatorio, dagli addebiti mossi al suddetto dirigente conseguiva, in ragione del rapporto di immedesimazione organica con la società di appartenenza, la responsabilità diretta della società del Grosseto, cui venivano coerentemente contestate “..le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S. della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara nonché della pluralità degli illeciti posti in essere da altri suoi tesserati da cui è conseguita la responsabilità oggettiva della società medesima”. Il Giudice di prime cure, all’esito del dibattimento, esclusa la contestata aggravante della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, ha inflitto al sig. Piero Camilli la sanzione della inibizione per 5 (cinque) anni ed alla società U.S. Grosseto F.C. S.r.l. quella della esclusione dal campionato di competenza di Serie B 2012/2013 con assegnazione da parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore. Vale premettere che tale decisione si innesta su un precedente giudizio già celebrato nei confronti di altri tesserati della società U.S. Grosseto F.C. S.r.l. ed avente ad oggetto la medesima gara. Ed, invero, con decisione resa pubblica mediante Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012, confermata dalle Sezioni Unite di questa Corte con decisione pubblicata mediante Com. Uff. n. 24/CGF del 9.8.2012, la Commissione disciplinare ha ritenuto che la gara in questione fosse stata fatta oggetto di un tentativo di alterazione posto in essere, con la partecipazione del direttore sportivo del Grosseto Andrea Iaconi, da Filippo Carobbio, Kewullay Conteh, Inacio Josè Joelson, Paolo Domenico Acerbis, e Marco Turati (gli ultimi tre tesserati non ancora giudicati in seguito allo stralcio della loro posizione dal pregresso procedimento) all’epoca dei fatti tutti calciatori del Grosseto, tentativo del quale profittarono anche gli “zingari” scommettendo su una gara già combinata. In particolare, nella ricostruzione posta a fondamento dei richiamati decisa il direttore sportivo del Grosseto, Iaconi, incaricò Turati (ex calciatore dell’Ancona) e Joelson (amico e connazionale del portiere dell’ Ancona Da Costa) di trattare con i calciatori dell’ Ancona per condizionare il risultato della gara, facendoli allontanare dal ritiro e fornendo loro perfino l’autovettura della società. Era, infatti, interesse del Grosseto, che si trovava a Norcia in ritiro “punitivo”, ottenere la vittoria nella gara con l’ Ancona per finalità di classifica. I due calciatori raggiunsero i colleghi dell’ Ancona, all’epoca non identificati, ma poterono concordare solo un risultato di pareggio. La notizia fu poi “venduta” dal calciatore Carobbio al gruppo degli “zingari”, interessati a conoscere in anticipo il risultato della partita onde orientare le relative scommesse, che ricompensarono con la somma di € 20/22.000,00 i calciatori (Carobbio, Conteh , Joelson, Acerbis, e Turati) coinvolti nella combine. A conclusione di questo primo procedimento (che vedeva definite con patteggiamento le posizioni di Filippo Carobbio e di Kewullay Conteh) la società del Grosseto, chiamata a rispondere anche di altri addebiti, ha patteggiato l’applicazione ex artt. 23 e 24 C.G.S. della penalizzazione di punti 6 (sei) da scontarsi nella stagione sportiva 2012/2013 con ammenda di € 40.000,00 (€ quarantamila/00). I successivi sviluppi investigativi hanno poi indotto l’organo inquirente ad approfondire ulteriori profili, fino ad allora non ancora sufficientemente esplorati, ed, in particolare, il possibile diretto coinvolgimento della società del Grosseto nella conduzione della illecita trattativa sopra descritta. Nel corso di tali indagini sono stati, dunque, acquisiti ulteriori contributi dichiarativi sulla scorta dei quali, ed a seguito di una complessiva rilettura di tutte le emergenze istruttorie, il Procuratore Federale ha mosso, nei confronti del sig. Camilli e della società del Grossetto, gli addebiti richiamati in premessa che hanno trovato (parziale) conferma nella mentovata decisione della Commissione disciplinare nazionale (cfr. comunicato ufficiale n. 11/CDN del 10 agosto 2012). Segnatamente, il Giudice di prime cure ha dato atto delle nuove acquisizioni probatorie, rappresentate dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dinnanzi all’A.G. di Cremona e alla Procura Federale in date successive al procedimento di primo grado da Iaconi, Turati, Joelson, Carobbio, Acerbis e Da Costa Junior (quest’ultimo calciatore all’epoca dei fatti tesserato dell’Ancona) e concluso, in ragione dei relativi contenuti assertivi, per la sicura riconducibilità al Camilli, e dunque alla società del Grosseto, dell’iniziativa volta al raggiungimento di un’intesa sul risultato della partita in argomento. Di qui – come già sopra anticipato - le sanzioni irrogate della inibizione per 5 (cinque) anni al sig. Camilli e della esclusione della società U.S. Grosseto F.C. S.r.l. dal campionato di competenza di Serie B 2012/2013 con assegnazione da parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore Avverso la suindicata decisione hanno interposto reclamo il sig. Pietro Camilli e l’U.S. Grosseto F.C. S.r.l., all’uopo deducendo l’erroneità e l’ingiustizia del provvedimento di prime cure sulla scorta dei motivi di appello di seguito sintetizzati: 1. l’avversata decisione avrebbe omesso di procedere a un pregiudiziale inquadramento della vicenda nel contesto generale rappresentato dal fenomeno delle scommesse e dei connessi illeciti sportivi così come ricostruito anche nei precedenti dicta pronunciati dalla Corte. L’esatta percezione dei contenuti informativi dell’inchiesta avrebbe viceversa consentito di ricostruire un collaudato modus operandi governato da un ben individuato gruppo di sodali abituali, autonomo ed autoreferenziale, formato anche da calciatori adusi ad intrecciare perversi legami di spogliatoio onde consapevolmente orientare il risultato delle gare. Di contro, secondo il costrutto attoreo, l’ipotesi accusatoria, in chiara distonia con siffatto sistema, verrebbe ad accreditare una diretta compartecipazione all’interno del descritto contesto speculativo anche di un soggetto estraneo alla suddetta consorteria, il presidente Camilli, che, per aver autorizzato e/o ratificato, le trattative volte al risultato di un’unica gara, giustappunto quella disputata tra Grosseto e Ancona il 30.4.2010, rappresenterebbe un unicum nell’ambito delle risultanze investigative fin qui scrutinate; 2. sarebbe, inoltre, mancato un attento scrutinio relativo alle motivazioni remote e prossime delle condotte in addebito anche al fine di garantire un necessario apporto critico alla lettura delle acquisizioni istruttorie. Di contro, tale disamina viepiù si imponeva in ragione della non plausibilità logica delle condotte addebitate al Camilli anche in considerazione dei rapporti che si instaurarono tra il presidente e le varie componenti della squadra nella settimana antecedente alla partita disputata con l’Ancona. Ed, invero, a seguito della sconfitta interna con il Lecce, il presidente aveva imposto un ritiro punitivo a Norcia, che risultò particolarmente inviso ai calciatori ed allo stesso Iaconi, con il quale i rapporti, a partire da quel momento, si deteriorarono; 3. del pari non si sarebbe proceduto ad una meditata e non aprioristica valutazione delle propalazioni accusatorie poste a fondamento della decisione di condanna; segnatamente l’unica fonte d’accusa che veicola un contributo diretto sulla vicenda in contestazione sarebbe l’ex direttore sportivo Andrea Iaconi, la cui collaborazione non potrebbe, però, ritenersi né spontanea né genuina. Inoltre, le dichiarazioni rese dal predetto collaborante si porrebbero in plateale contrasto con quelle degli altri soggetti deferiti. Prive di una pregnante efficacia dimostrativa si rivelerebbero anche le argomentazioni logiche spese dall’organo di prime cure a conforto delle propalazioni accusatorie; 4. la C.D.N. avrebbe infine omesso di sottoporre ad un’attenta disamina il materiale probatorio su cui poggia la tesi accusatoria rinunciando ad analizzare le significative contraddizioni registrate ovvero le prove a discarico. Nella presente fase processuale sono intervenute le società Vicenza Calcio S.p.A. e A.S.G. Nocerina S.r.l., che hanno concluso per il rigetto del reclamo. All’udienza del 20.8.2012 la difesa dei deferiti ha illustrato i motivi di doglianza compendiati nell’atto di reclamo, concludendo per l’annullamento e la revoca delle sanzioni irrogate dalla Commissione Disciplinare Nazionale. Da parte sua, la Procura Federale ha controdedotto alle eccezioni ed alle censure di controparte, chiedendo la conferma della statuizione di condanna. Analoghe conclusioni sono state rassegnate dai rappresentanti delle società Vicenza Calcio S.p.A. e A.S.G. Nocerina S.r.l.. La Corte di Giustizia Federale, nella sua composizione a Sezioni Unite, a seguito dell’udienza pubblica e della successiva Camera di Consiglio ha reso la seguente decisione. Ai fini di una corretta perimetrazione della res iudicanda giova ribadire quanto già anticipato in premessa in ordine all’ascrivibilità delle condotte in addebito ad un episodio di combine (gara Ancona/Grosseto disputata il 30.4.2010) già accertato, nella sua materialità, da questa Corte con decisione resa pubblica mediante il Com. Uff. n. 24/CGF del 9.8.2012. Segnatamente, i nuovi fatti in contestazione involgono esclusivamente il contributo in ipotesi offerto dal Presidente della società del Grosseto calcio alle illecite trattative condotte da propri tesserati e muovono, quanto alla ricostruzione della complessiva vicenda in esame, dai precedenti arresti giurisprudenziali formatisi in subiecta materia (decisione resa pubblica mediante Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012, confermata dalle Sezioni Unite di questa Corte con decisione pubblicata con Com. Uff. n. 24/CGF del 9.8.2012), giammai messi in discussione nella loro affidabilità rappresentativa. In ragione di quanto detto, e considerata sul punto la posizione assunta dagli stessi deferiti, parimenti concordi con le ricostruzioni operate dalla Commissione Disciplinare Nazionale e dalla Corte di Giustizia Federale nei rispettivi decisa sopra richiamati, la delibazione che questa Corte è chiamata a svolgere non potrà che svilupparsi coerentemente nell’approfondimento del ruolo svolto dal sig. Pietro Camilli in relazione alla vicenda di illecito anche per come precedentemente accertata. Un’ulteriore premessa si impone in ordine al materiale probatorio offerto dalle parti a corredo delle rispettive tesi ovvero di cui le stesse hanno fatto istanza di acquisizione: questa Corte, come potrà apprezzarsi nello sviluppo della traiettoria argomentativa, ha ritenuto di espungere dalle prove utilizzabili, in coerenza con il disposto di cui all’articolo 37 C.G.S., i verbali delle dichiarazioni di persone informate sui fatti confezionati dai deferiti nel corso delle indagini difensive; tanto in ragione della non riconducibilità di siffatti contributi probatori, attesa la natura di prove costituende, alla categoria tipologica di documenti. Né, peraltro, si appalesa necessario sviluppare ulteriormente i temi di indagine evidenziati dalla difesa dei deferiti che condurrebbero al semplice rafforzamento delle prove a discarico nell’ambito di un complessivo compendio probatorio che questa Corte, come di seguito evidenziato, ha ritenuto non sufficiente a giustificare l’applicazione delle sanzioni inflitte dal Giudice di prime cure. Ed a tal riguardo il Collegio non può, infine, esimersi dal rimarcare come la propria decisione – che di per sé ontologicamente riflette pur sempre una verità processuale e non storica - sia stata assunta all’esito di una ponderata valutazione del materiale probatorio ad oggi disponibile nella piena consapevolezza di una costante evoluzione delle indagini tuttora in corso su più fronti investigativi, in ambito federale e penale. Orbene, così fissato il thema decidendum, mette conto evidenziare che il costrutto accusatorio trae anzitutto alimento dalle dichiarazioni rese, in data 8.6.2012, dal sig. Andrea Iaconi, all’epoca direttore sportivo del Grosseto. Questi, nel corso della suddetta audizione, ha riferito alla Procura Federale che “In relazione alla gara Ancona/Grosseto, ricordo che in società c’era un clima molto pesante, in quanto avevamo perso la gara interna con il Lecce; il Presidente aveva già ipotizzato di voler mandare via l’allenatore; il martedì, mentre ci trovavamo in ritiro punitivo a Norcia, mi si avvicinò Turati che mi disse di conoscere alcuni calciatori dell’Ancona, sua ex squadra, che avrebbe potuto contattare per lasciarci vincere la partita; riferii la circostanza al Presidente per valutare tale ipotesi e lo stesso mi disse di autorizzare il Turati a lasciare l’albergo per recarsi a parlare con gli avversari e così misi a disposizione del giocatore la macchina della società. Mi sembra lo stesso giorno, mi si avvicinò pure Joelson chiedendomi di accompagnare Turati, essendo in confidenza con il calciatore Da Costa dell’Ancona anch’egli brasiliano, ed anche a costui concessi l’assenso. I due ragazzi partirono e fecero ritorno nella stessa serata; Turati mi riferì che aveva parlato con 3-4 calciatori dell’Ancona e che costoro volevano circa € 100.000,00 per lasciarci la vittoria; lo riferii al Presidente che mi disse di interrompere la trattativa. Comunicai quindi la decisione del Presidente al Turati. Joelson invece, nel frattempo mi aveva riferito di aver parlato con Da Costa che, però, si era rifiutato di prestarsi ad un’eventuale combine; Raccomandai quindi ai due il massimo impegno per conseguire la vittoria (…) non so con precisione chi fossero i tre giocatori con i quali il Turati diceva di aver parlato, mi sembra di ricordare che costui mi riferii dei suoi trascorsi rapporti con Colacone e Catinali, però non mi disse chi furono i suoi interlocutori nell’incontro. (…) il giorno dopo lasciai l’hotel e tornai a Giulianova mentre la squadra partì per Castelfidardo (…) oltre al Presidente tale circostanza non è stata portata a conoscenza di nessuno, neanche dell’allenatore; (…) non ricordo che Joelson si sia allontanato con il pretesto di cure mediche, anche perché, mi sembra di ricordare, che i ragazzi rimasero fuori solo poche ore e pertanto nessuno se ne sarebbe potuto accorgere” Nella decisione dell’organo di prime cure le propalazioni accusatorie del direttore sportivo Iaconi troverebbero, inoltre, conforto nelle ulteriori dichiarazioni auto ed etero accusatorie dei tesserati Turati, Joelson, Carobbio, Acerbis sulle quali ci si soffermerà in seguito. Nella traiettoria argomentativa seguita dalla Commissione di prima istanza le deduzioni difensive rassegnate dai deferiti dovrebbero infine ritenersi superate, oltre che sulla scorta delle richiamate dichiarazioni, anche in ragione del ruolo centrale assunto nella conduzione della società dal Camilli, cui mettevano capo tutte le decisioni di rilevante importanza, nonché in ragione della ritenuta natura strumentale delle iniziative giudiziarie dal medesimo intraprese nei confronti dei propri dipendenti infedeli (richiesta inoltrata al Presidente federale della F.I.G.C. del 21.12.2011 al fine di ottenere la deroga al vincolo di giustizia per la tutela delle ragioni della Società nei confronti di Carobbio, Joelson, Conteh e Acerbis ovvero denuncia penale del 7.7.2012 nei confronti di Carobbio, Turati, Conteh, Joelson, Narciso, Job Iyock, Acerbis e Iaconi per il reato di cui all’art. 640 c.p. e nei confronti di Iaconi e Turati per il reato di cui all’art. 368 c.p. ). Risulterebbe, dunque, sicuramente provato che “…Camilli avrebbe voluto comprare la vittoria della propria squadra senza poi effettivamente riuscirci a causa del prezzo troppo alto richiesto dai giocatori dell’Ancona. Risulta accertato, quindi, che, a fronte della richiesta di € 100.000,00 formulata dai giocatori dell’Ancona, Camilli ha abbandonato le trattative”. Tanto premesso ritiene questa Corte che la decisione di prime cure non rifletta un corretto vaglio critico del compendio probatorio in cui impinge la tesi accusatoria di cui è, viceversa emersa, ad un sereno esame, condotto nell’ambito di una necessaria valutazione di insieme, la complessiva inaffidabilità dimostrativa. Come meglio evidenziato in prosieguo, nell’affermazione di responsabilità contenuta nella decisione oggetto di gravame risultano obliterati vuoti probatori su circostanze di fatto significative, siccome direttamente afferenti al thema decidendum, ovvero insanabili contraddizioni negli stessi elementi probatori posti a fondamento della condanna che, viceversa, portano, ove adeguatamente considerati, ad un complessivo risultato probatorio che non può dirsi contrassegnato dagli indefettibili predicati della coerenza e della ragionevolezza. In altri termini, gli elementi indiziari acquisiti nel corso del procedimento, oggetto di attenta rivalutazione da parte di questa Corte, non sono apparsi univoci ed assistiti da una pregnante valenza dimostrativa sì da consentire di escludere, sul piano della plausibilità giuridica e logica, una ricostruzione dei fatti alternativa a quella prospettata dall’accusa e convalidata dal Giudice di prime cure. In ragione di quanto detto, e sulla scorta del materiale probatorio sottoposto alla valutazione del Collegio, l’ipotesi accusatoria non può dirsi, dunque, sufficientemente provata ed è di tutta evidenza che il dubbio ragionevole, non smentibile, non può che risolversi con il proscioglimento dell’incolpato. Orbene, nel dare conto di tale assunto, occorre prendere abbrivio dalla disamina delle dichiarazioni rese dal direttore sportivo Iaconi, a sua volta compartecipe della medesima illecita combine in contestazione per la quale risulta già giudicato. Non sembra superfluo rimarcare, come premessa introduttiva, che Iaconi rappresenta l’unica fonte di conoscenza diretta dei fatti in addebito. Giova, infatti, rammentare che il contributo causale offerto dal Camilli allo sviluppo della illecita trattativa imbastita da tesserati della società del Grosseto al fine alterare il risultato della gara con l’Ancona si sarebbe sostanziato nel conferire al direttore Iaconi l’esplicito incarico di avvalersi a tale illecito scopo di alcuni calciatori del Grosseto. Il Camilli avrebbe esplicitato i suddetti propositi di frode nel corso di alcuni colloqui intercorsi tra il presidente Camilli medesimo e lo stesso Iaconi ai quali, però, nessun altra persona avrebbe direttamente assistito. Gli anelli immediatamente successivi della catena di contatti, che hanno consentito lo sviluppo della trama degli illeciti rapporti intessuti con i calciatori dell’Ancona, sono rappresentati dai calciatori Turati e Joelson i quali, pur avendo direttamente condotto le trattative, non hanno pacificamente avuto, né prima né dopo, alcun diretto contatto con il presidente Camilli. Ed, invero, a costoro il mandato a trattare fu direttamente conferito dal DS Iaconi e sempre al medesimo direttore sportivo i prevenuti si rapportarono per riferire sull’esito della loro illecita missione. Preliminarmente, occorre rilevare che, nell’ambito dell’ordinamento generale, in ragione di regole di giudizio che possono essere considerate espressione di principi generali, la chiamata in correità non assume una valenza dimostrativa autosufficiente, equiparabile a quella di altre prove dichiarative (testimonianza) a cagione delle intuibili cointeressenze che potrebbero minare, in radice, la genuinità della collaborazione. Di qui l’elaborazione in via pretoria, ancor prima ancora della stessa formulazione normativa di criteri di giudizio (quali ad esempio quelli desumibili dall’articolo 192 c.p.p.), di un rigoroso protocollo metodologico cui, nell’esperienza giurisprudenziale, resta subordinato il riconoscimento dell’attitudine dimostrativa di siffatti contributi gnoseologici. Segnatamente, nei più recenti arresti giurisprudenziali possono essere così sintetizzati gli snodi valutativi che, all’interno di una rigida scansione temporale, il giudice è chiamato ad effettuare. Il primo aspetto da affrontare è quello della credibilità del dichiarante, che va vagliata in relazione, tra l'altro, alla sua personalità, alle sue condizioni socioeconomiche e familiari, al suo passato, ai rapporti con i chiamati in correità ed alla genesi remota e prossima della sua risoluzione alla confessione ed alla accusa dei coautori e complici. Superato questo primo “scoglio”, dovrà essere testata l'intrinseca consistenza e le caratteristiche delle dichiarazioni del chiamante, alla luce di criteri quali quelli della precisione, della coerenza, della costanza, della spontaneità. Infine, occorrerà controllare l’affidabilità del narrato verificandone l’armonizzabilità con pertinenti riscontri esterni idonei a confermarne l’attendibilità. Orbene, procedendo in coerenza con il descritto ordine metodologico, esportabile anche nell’ordinamento endofederale siccome applicazione di generali e condivisibili principi di metodica euristica, mette conto evidenziare che, nell’impianto accusatorio, compiutamente descritto nel deferimento del Procuratore Federale, risulta ampiamente rimarcata l’attendibilità intrinseca del suddetto collaborante (Iaconi) le cui propalazioni, siccome asseritamente non ispirate da interessi premiali, dovrebbero essere considerate pienamente genuine; ed, infatti la “testimonianza” resa da Iaconi, in quanto temporalmente collocata in data successiva alla celebrazione del procedimento di I° grado innanzi alla C.D.N, quando oramai il dichiarante era decaduto dalla possibilità di avvalersi dei benefici previsti dagli artt. 23 e 24 del C.G.S, rifletterebbe in sé i crismi della spontaneità, della genuinità e dell’affidabilità. In realtà, a differenza di quanto sostenuto dall’organo di accusa, siffatto postulato – implicitamente avvalorato dall’organo di prime cure, che, però, non si è espressamente soffermato sul pur delicato tema della genesi di tale collaborazione nell’ambito del doveroso giudizio sull’attendibilità intrinseca del chiamante – non può che essere revocato in dubbio. Ed, invero, il prospettato disinteresse alle dichiarazioni accusatorie rese da Andrea Iaconi sembra collidere con la stessa percezione soggettiva che il predetto direttore sportivo ha effettivamente avuto sui possibili benefici effetti favorevoli di una sua collaborazione. Anzitutto, risulta provato per tabulas che l’ex direttore sportivo del Grosseto abbia provato a rendere le proprie dichiarazioni prima del maturare delle preclusioni procedimentali evidenziate nell’atto di deferimento, sollecitando all’uopo (in data 23 e 28 magio), in tempo utile per l’auspicata applicazione dei benefici in questione, la sua audizione da parte della Procura Federale ovvero lo stralcio della sua posizione (in tal senso cfr. lo stesso ricorso alla C.G.F. avverso la sanzione inflitta dalla C.D.N.). E’ pur vero, però che tale iniziativa non ha sortito effetto immediato essendosi proceduto all’audizione di Andrea Iaconi in un’epoca (8/6/2012) successiva alla fase dibattimentale (tenutosi nei giorni 31 maggio, 1 giugno, 4 giugno e 5 giugno 2012) del procedimento in cui il prevenuto risultava deferito. Ciò nondimeno, siffatta circostanza assume una valenza neutra ai fini in questione, in quanto (indipendentemente dalla condivisibilità in punto di diritto delle tesi della Procura sulla sicura inapplicabilità del disposto di cui all’articolo 24 C.G.S.) non vale ad elidere, in radice, qualsivoglia aspettativa di un riconoscimento premiale per la collaborazione prestata. Dovendo in questa sede valutare le motivazioni soggettive che hanno retto la condotta del dichiarante non ha, infatti, alcun rilievo la concreta predicabilità delle aspettative dal medesimo coltivate, occorrendo piuttosto verificare la stessa esistenza di siffatte aspettative. E sul punto, in ordine cioè all’esistenza di un’aspettativa di tal tipo, una conferma è possibile trarla dalle stesse iniziative concretamente assunte dallo Iaconi: questi ha, infatti, posto a fondamento del suo reclamo avverso la decisione di primo grado, per effetto della quale è stato condannato alla sanzione della inibizione per 3 (tre) anni e 9 (nove) mesi, proprio la richiesta di applicazione delle riduzioni di pena previste dall’articolo 24 C.G.S. nei casi di collaborazione. Peraltro, un possibile interesse soggettivo del dichiarante come causa prossima della collaborazione prestata può oggettivamente cogliersi dalla stessa disamina del contenuto delle dichiarazioni rese. Ed, invero, occorre tener conto del fatto che, anche sotto il profilo sostanziale della ripartizione interna delle responsabilità connesse all’illecito in contestazione (per il quale occorre tenere a mente che si procede parallelamente anche in sede penale), la ricostruzione accreditata dal collaborante, lungi dall’esplicare una valenza neutra, verrebbe a modificare il ruolo svolto da Iaconi nella vicenda in esame, risultandone indubbiamente ridimensionato il relativo apporto causale siccome consistente (non più nel soggetto che ha dato corso e diretto le trattative bensì) in una mera attività di intermediazione tra il presidente, su cui viceversa ricadrebbe interamente la responsabilità dell’iniziativa, ed i calciatori. Sulla scorta dei suddetti rilievi perdono evidentemente consistenza le argomentazioni dell’organo d’accusa che concludevano per la particolare rilevanza del contributo dichiarativo offerto da Iaconi in ragione del suo presunto disinteresse alla collaborazione in sé ovvero alla versione dei fatti quale concretamente offerta all’organo requirente. Di contro, sotto diverso profilo, non può essere sottaciuto che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dal prevenuto in data 8.6.2012 costituiscono il ribaltamento, e la ritrattazione, della precedente deposizione del 28.3.2012, in cui Iaconi aveva negato le circostanze che gli venivano contestate (cfr. relazione di indagine della Procura Federale). Né di ciò il dichiarante ha fornito nella successiva audizione dell’8.6.2012 una giustificazione assistita da una tale plausibilità logica da neutralizzare il significato giuridico della rilevata ritrattazione, cui in assenza di spiegazioni convincenti non può che correlarsi – in ossequio ai generali criteri epistemologici - un grave segnale di inattendibilità. Ed, invero, nel corso della seconda deposizione (id est dell’8.6.2012) il direttore sportivo, per giustificare le proprie originarie reticenze, dichiarava che era stato indotto al mendacio dal timore di essere accostato alla criminalità organizzata ovvero dalla volontà di tutelare il proprio (ex) datore di lavoro. Sul punto, non può non rilevarsi, da un lato, la genericità dei rischi paventati e dall’altro l’illogicità dell’atteggiamento protettivo (fino a quel momento) tenuto nei confronti del Camilli, i rapporti con il quale erano stati risolti l’anno precedente con accordo transattivo dopo che il Grosseto aveva provveduto ad esonerarlo contestandogli inadempienze contrattuali per mancata osservanza delle direttive impartite. In conclusione, la disamina delle divisate risultanze procedimentali consegna all’attenzione del Collegio una fonte probatoria che, contrariamente a quanto sostenuto, non può essere ritenuta di provata ed assoluta attendibilità intrinseca, di talchè viepiù rigorosa dovrà essere la verifica che questa Corte è chiamata ad effettuare sulla complessiva affidabilità rappresentativa delle dichiarazioni accusatorie rese da Iaconi alla luce degli altri elementi acquisiti nel corso del procedimento. Ed, infatti, a siffatta preliminare verifica sull’attendibilità cd. intrinseca del dichiarante si correla una indeclinabile funzione primaria, nella quale sta la ragione fondamentale della peculiare scansione logica (sopra riportata) che, a giudizio della Suprema Corte di Cassazione, deve governare (secondo il metodo cd. a tre tempi: credibilità del dichiarante, attendibilità intrinseca della dichiarazione, riscontri esterni) la verifica delle cd. chiamate in correità e che giustappunto consiste nel determinare il livello del rigore che occorre impiegare nel controllo del narrato. S’impone, pertanto, un'accurata verifica delle dichiarazioni rese e la massima cautela nella valorizzazione dell'apporto probatorio fornito da Iaconi. Orbene, passando dalla sfera soggettiva (id est la fonte) a quella oggettiva (la dichiarazione) della collaborazione in esame non può che rilevarsi un ulteriore e significativo elemento di debolezza che inficia ulteriormente la valenza rappresentativa delle dichiarazioni accusatorie in argomento. Preliminarmente, giova ribadire come tale contributo probatorio risulta acquisito in epoca successiva al primo deferimento, nell’ambito di ulteriori e mirate indagini volte a far luce su un particolare segmento del fraudolento tentativo di combine, vale a dire quello della ideazione e della deliberazione della condotta illecita. Nella nuova versione accusatoria, infatti, l’elemento di novità è giustappunto rappresentato dal coinvolgimento attivo della stessa società del Grosseto attraverso la persona del presidente Camilli: questi avrebbe, infatti, autorizzato nel corso di colloqui con Iaconi l’avvio delle trattative poi condotte dai calciatori Turati e Joelson. Ebbene la piana lettura delle dichiarazioni di Iaconi consegna all’attenzione del Collegio una ricostruzione manifestamente generica proprio in ordine al nucleo centrale del thema decidendum, vale a dire il colloquio intercorso tra il Presidente ed il predetto direttore sportivo. Ed, invero, non può non rilevarsi come difetti nel racconto di Iaconi qualsivoglia elemento descrittivo che consenta, anche in via indiretta, di ricostruire in maniera sufficientemente chiara le modalità di svolgimento dell’incontro ovvero di collocarlo all’interno di un preciso contesto spazio – temporale di riferimento, di talchè non è dato tuttora sapere se tali illeciti contatti siano avvenuti di persona ovvero a distanza, ed in tal caso attraverso quale mezzo, se siano stati procurati mediante appuntamenti (ad esempio tramite segreteria) o se diretti, le reazioni dell’interlocutore, le espressioni utilizzate, la durata etc.. Tutto ciò in palese distonia dei richiamati postulati giuridici che, in ossequio ad una granitica giurisprudenza, indicano come requisiti indefettibili di una affidabile chiamata in correità i predicati della precisazione, della coerenza e del racconto circostanziato. E ciò a cagione del fatto che una dichiarazione di contenuto generico impedisce, in apice, il doveroso vaglio critico sull’intrinseca coerenza delle dichiarazioni accusatorie ovvero sull’armonizzabilità dei relativi contenuti informativi con le ulteriori risultanze probatorie. Peraltro, avuto riguardo alle peculiari vicende in esame, e recuperando una necessaria valutazione di insieme dei fatti di causa, deve aggiungersi che la rilevata deficienza strutturale delle dichiarazioni accusatorie di Iaconi si appalesa viepiù aggravata dall’oggettiva incertezza che segna un aspetto decisivo della causa, e cioè la ricostruzione dei rapporti tra il presidente Camilli ed il direttore Iaconi nella fase immediatamente antecedente alla partita incriminata, proprio quella cioè in cui si collocherebbe l’autorizzazione asseritamente concessa dal Camilli all’avvio delle trattative. Ed, invero, tali contatti risultano recisamente contestati dalla difesa del Camilli secondo cui Iaconi e Camilli in quei giorni non si sarebbero nemmeno parlati a cagione di sopravvenuti dissapori legati alla decisione del Presidente di ordinare, a seguito della sconfitta del Grosseto nella gara disputata con il Lecce, un “ritiro punitivo”. Il Camilli ha, infatti, escluso di aver avuto contatti con Iaconi nel suddetto torno temporale ed, infatti, nel corso della sua deposizione del 13.7.2012, ha dichiarato “ Escludo di aver parlato con Iaconi nel corso di quella settimana, in quanto subito dopo la sconfitta con il Lecce ordinai il ritiro punitivo a Norcia, contro la volontà dello stesso Iaconi, il quale, in netto dissenso con me, addirittura minacciò di dimettersi, cosa che in realtà non fece. Pertanto, come mio uomo di fiducia, in tale occasione delegai al seguito della squadra il dirigente, Sig. Luciano Cafaro, il quale rimase in ritiro per l’intero periodo stabilito, ovvero dal lunedì al venerdì, giorno in cui si disputò la gara; preciso che per i suddetti motivi, in quella settimana parlai solo con Cafaro e con l’allenatore Sarri; preciso che i miei rapporti con Iaconi sono ripresi, in maniera fredda e distaccata, verso la fine della settimana successiva alla gara contro l’Ancona (…)”. Tale assunto trova poi diretto riscontro nelle dichiarazioni rese dal sig. Luciano Cafaro, team manager del Grosseto, sentito dal Procuratore Federale il 17.7.2012. Questi ha, infatti, dichiarato “Il presidente Camilli, dopo la sconfitta con il Lecce, nella stagione 2009/2010, disse, molto arrabbiato, a laconi che voleva mandare la squadra in ritiro; laconi era contrariato dalla decisione del Presidente; così facemmo una riunione, alla quale eravamo presenti io, Camilli, laconi e il direttore generale Scalone Alessandro, nella quale ci fu un alterco tra Camilli e laconi, che continuava a contraddirlo perché non capiva il motivo; il Camilli concluse che la squadra doveva andare in ritiro; quando terminò la riunione e laconi era uscito dalla stanza Camillì mi precisò che ero io il referente della società per il successivo ritiro (…)laconi mi disse più volte che aveva provato a chiamare il Camilli e che non era riuscito a mettersi in contatto; mi aggiunse che aveva parlato solo con la segretaria del Camilli, che, a suo dire, si faceva negare (…)voglio precisare che dal 25 al 27 aprile in ritiro era presente tutta la squadra, invece dal 28 aprile solo i giocatori convocati…Ad ogni modo, nelle prenotazioni delle camere per i due ritiri di cui sopra era inclusa la prenotazione della stanza anche per laconi che non venne né a Castelfidardo né a vedere la partita con I'Ancona (Ancona/Grosseto del 30 aprile 2010) (…) aggiungo che cercai di convincere laconi a venire con noi a Castelfidardo, ma laconi, dopo essere stato con noi a Norcia, decise di tornare a casa, perché non aveva alcun contatto con il Presidente (…) ricordo che riferii a Scalone della decisione di laconi”. Di contro, il tema è rimasto del tutto inesplorato nella ricostruzione offerta dall’accusa che, pur a fronte della evidenziata genericità delle dichiarazioni rese a tal riguardo da Iaconi, che in alcun modo ha circostanziato le modalità del presunto colloquio intercorso con Camilli, non ha corredato le proprie asserzioni di ulteriori elementi di conforto onde superare le pertinenti, e riscontrate, obiezioni mosse dalla difesa del Camilli. Né sul punto appaiono conferenti le controdeduzioni svolte dalla Procura nell’atto di deferimento circa un’ipotetica smentita di Joelson (cfr. dichiarazioni rilasciata in data 24.7.2012) dei litigi fra Camilli e Iaconi causati dal ritiro punitivo di Norcia. La piana lettura del suddetto verbale consente, infatti, di rilevare come Joelson non ha posto in dubbio tale circostanza, che pertanto non trova alcuna smentita nel materiale di causa, ma si è semplicemente limitato a dichiarare di non esserne a conoscenza, il che è pienamente compatibile con i diversi ruoli ricoperti dai protagonisti dell’accaduto, come si evince chiaramente dallo stesso contenuto delle dichiarazioni, di seguito fedelmente riprodotte. Ed, infatti, il predetto calciatore ha testualmente dichiarato “Non conosco i rapporti tra Iaconi ed il Presidente Camilli, non ho mai assistito a screzi tra loro anche perché si vedevano poco insieme alla nostra presenza. Lo Iaconi non manifestò a noi calciatori un suo ipotetico dissenso sulla decisione del Camilli per l’effettuazione del ritiro punitivo”. Resta, dunque, conclamata la rilevata evanescenza del contenuto descrittivo delle propalazioni accusatorie dell’unica fonte diretta di conoscenza dei fatti in addebito e proprio nella parte riferita ai presunti accordi intercorsi tra Iaconi e Camilli all’esito dei quali sarebbe maturata l’adesione di quest’ultimo all’iniziativa illecita, di talchè non possono dirsi processualmente provati in relazione al periodo in questione, ed in base alle fonti fin qui scrutinate, i riferiti contatti tra Camilli e Iaconi in cui si sostanziano le condotte oggetto degli addebiti in contestazione. Le medesime conclusioni vengono ulteriormente supportate dallo sviluppo dell’esame della suindicata fonte di prova e la rilevata lacuna su una circostanza evidentemente assorbente nel costrutto accusatorio (circa l’effettiva sussistenza di un contatto tra il presidente Camilli e Iaconi nell’imminenza della partita Grosseto Ancona) non risulta colmata dagli ulteriori elementi acquisiti nel procedimento, come dimostrerà lo scrutinio del residuo materiale probatorio che questa Corte si accinge a compiere. Come già precedentemente evidenziato, la chiamata in correità, perché possa assurgere al rango di prova necessita anche di riscontri estrinseci, e cioè di ulteriori elementi o dati probatori, non predeterminati nella specie e qualità, e quindi aventi qualsiasi natura, sia rappresentativa che logica, che confermino l’attendibilità del racconto. E’ noto, poi, che i riscontri esterni alle chiamate in correità possono essere costituiti anche da ulteriori dichiarazioni accusatorie, le quali devono tuttavia caratterizzarsi: a) per la loro convergenza in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione; b) per la loro indipendenza da suggestioni o condizionamenti che potrebbero inficiare il valore della concordanza; c) per la loro specificità, nel senso che la c.d. convergenza del molteplice deve essere sufficientemente individualizzante e riguardare sia la persona dell'incolpato sia le imputazioni a lui ascritte. Orbene, procedendo nella suddetta nuova prospettiva di valutazione, rileva il Collegio che numerose e significative sono le discordanze registrate tra la versione dei fatti resa da Iaconi e quelle fornite dai calciatori Joelson e Turati pur indicate queste ultime, tanto nell’atto di deferimento quanto nella decisione di prime cure, come convergenti prove a carico dei deferiti, in quanto capaci di fornire riscontro alle dichiarazioni di Iaconi. I suddetti calciatori costituiscono, come già sopra anticipato, gli anelli immediatamente successivi della catena di contatti programmati da Iaconi (su impulso del Presidente Camilli e) che hanno consentito lo sviluppo della trama degli illeciti rapporti intessuti con i calciatori dell’Ancona. Tanto premesso, mette conto evidenziare che il (presunto) riscontro offerto da Joelson e Turati alle dichiarazioni di Iaconi si sostanzia in dichiarazioni de relato, in quanto entrambi rinviano come fonte prima di riferimento (nel caso del Turati attraverso l’ulteriore mediazione di Joelson) allo stesso Iaconi, secondo un sistema di passaggio della stessa medesima notizia tra collaboranti che fa venir meno una delle prime garanzia di affidabilità rappresentativa delle dichiarazioni in correità, vale a dire l’autonomia della fonte. D’altro canto, la valenza di conferma delle dichiarazioni de relato rese da Turati e Joelson, quanto alla riconducibilità dell’operazione di frode al Camilli (per effetto di un’autorizzazione e/o ratifica delle trattative commissionate da Iaconi), già indebolita dalla riferibilità di tutti i suddetti contributi dichiarativi ad un’unica fonte di conoscenza (Iaconi) di cui si è già sopra rilevata la dubbia attendibilità, risulta viepiù svilita dalla inconciliabilità delle ricostruzioni offerte dai predetti dichiaranti. Ed, invero, mette conto evidenziare che non vi è convergenza tra le suddette fonti dichiarative in ordine allo stesso nucleo essenziale del fatto riferito. Rispetto alla versione offerta dal Turati, una prima significativa discrasia si registra già in ordine alla fase di esordio del racconto di Iaconi e che dovrebbe spiegare la genesi dell’interessamento della società (in persona del Camilli) alla combine. La ricostruzione di tale fase nel racconto offerto da Iaconi è affidata alle seguenti dichiarazioni “…mentre ci trovavamo in ritiro punitivo a Norcia, mi si avvicinò Turati che mi disse di conoscere alcuni calciatori dell’Ancona, sua ex squadra, che avrebbe potuto contattare per lasciarci vincere la partita; riferii la circostanza al Presidente per valutare tale ipotesi e lo stesso mi disse di autorizzare il Turati a lasciare l’albergo per recarsi a parlare con gli avversari e così misi a disposizione del giocatore la macchina della società”. Dunque, il primo contatto vi sarebbe stato a seguito di una spontanea iniziativa del calciatore Turati, la cui proposta truffaldina avrebbe ottenuto, su intermediazione di Iaconi, l’avallo del Presidente. Tale ricostruzione trova una recisa smentita nelle dichiarazioni rese dal Turati. Questi, più volte sentito nel corso delle indagini (nel corso dell’interrogatorio reso al GIP di Cremona in data 30.5.2012 e nell’audizione dinanzi al Procuratore Federale del 10.7.2012) ha reso una versione dei fatti totalmente diversa: anzitutto ha smentito Iaconi sulla stessa esistenza di un colloquio nel corso del quale il predetto direttore sportivo gli avrebbe chiesto di sondare la disponibilità dei suoi ex compagni di squadra (dell’Ancona) a lasciare la vittoria al Grosseto. Nel racconto di Turati il suo coinvolgimento sarebbe, invece, avvenuto tramite Joelson il quale gli avrebbe chiesto di accompagnarlo ad una visita medica, confidandogli solo in un secondo momento le vere ragioni dell’allontanamento dal ritiro. Sarebbe stato, dunque, Joelson a riferirgli della richiesta di Iaconi – che avrebbe agito su incarico del presidente – di concordare un pareggio. Non vi è, poi, nemmeno coincidenza sugli obiettivi della missione, dal momento che, come appena evidenziato, secondo Turati la richiesta della società, in persona del suo più alto dirigente, sarebbe stata quella di pareggiare. Anche i successivi contatti intercorsi tra Turati e Iaconi, riferiti da quest’ultimo nel corso dell’audizione dell’8.6.2012 non trovano riscontro nelle reiterate dichiarazioni rese dal primo all’A.G. ed al Procuratore Federale. Secondo Iaconi “..I due ragazzi partirono e fecero ritorno nella stessa serata; Turati mi riferì che aveva parlato con 3-4 giocatori dell’Ancona e che costoro volevano circa € 100.000,00 per lasciarci la vittoria; lo riferii al Presidente che mi disse di interrompere la trattativa. Comunicai quindi la decisione del Presidente al Turati. Tale deposizione si pone in plateale contrasto con le dichiarazioni di Turati, il quale giammai riferisce di colloqui diretti con Iaconi. Inoltre, secondo Turati, il solo Joelson avrebbe condotto le trattative con Da Costa ed il solo Joelson avrebbe riferito al direttore Iaconi gli esiti della comune missione. Del pari significative discrasie si registrano nella comparazione delle dichiarazioni rese da Iaconi con quelle rese da Joelson, sentito dal GIP di Cremona in data 4.6.2012 e dal Procuratore Federale il 24.7.2012. Iaconi, nella sua audizione dell’8.6.2012, sembra anzitutto tener distinti i contatti intercorsi con Turati e con Joelson. Ed, infatti, dopo aver riferito del suo colloquio con Turati, sopra riportato, aggiunge “..lo stesso giorno, mi si avvicinò pure Joelson chiedendomi di accompagnare Turati, essendo in confidenza con il calciatore Da Costa dell’Ancona anch’egli brasiliano, ed anche a costui concessi l’assenso”. Lo stesso andamento diacronico scandirebbe, nel racconto di Iaconi, anche il resoconto dei due calciatori del Grosseto sull’esito della missione: dapprima Turati riporterebbe a Iaconi le richieste di denaro dei calciatori dell’Ancona (€ 100.000,00) favorendo in tal modo una nuova interlocuzione di Iaconi con il Presidente Camilli che avrebbe però, a questo punto, interrotto la trattativa. Dal canto suo, Joelson, invece, gli avrebbe riferito di aver parlato con Da Costa e che questi si sarebbe rifiutato di prestarsi ad un’eventuale combine. Il Collegio si è già soffermato ad evidenziare come la fase dei colloqui con Turati, per come descritta da Iaconi, non trovi riscontro, per modalità e contenuti, nel racconto reso dal mentovato calciatore. Anche la comparazione di tale secondo fascio di colloqui, intercorsi tra Iaconi e Joelson, pone in evidenza significativi profili di contrasto. Le divergenze si appuntano sulla stessa fase di ideazione dell’iniziativa oltre che sull’oggetto e sulle modalità con cui fu veicolata la richiesta di combine. Joelson riferisce, infatti, di essere stato contattato, unitamente a Turati, da Iaconi per cercare di concordare il risultato della gara con l’Ancona. In tale frangente, Iaconi – che fino a quel momento agiva evidentemente di sua iniziativa - aveva precisato di voler rendere operativo il progetto di combine solo dopo aver acquisito l’assenso del presidente Camilli, intervenuto il giorno dopo. Nel corso della sua successiva audizione del 24.7.2012 Joelson, nel confermare le precedenti dichiarazioni, ha riferito che Iaconi assicurò, da subito, la disponibilità di € 20.000,00 e che, di fronte alle perplessità espresse da Joelson sull’esiguità della somma, Iaconi prese tempo per consultare il Presidente Camilli, ottenendo la necessaria autorizzazione solo il giorno successivo. Resta, in definitiva, confermata l’incongruenza delle ricostruzioni fin qui esaminate che involgono aspetti essenziali – e non già circostanze marginali – del nucleo essenziale del fatto riferito: contraddittoria è la ricostruzione della fase di impulso (chi ha preso l’iniziativa), incerto chi abbia avuto contatti con Iaconi (solo Joelson o anche Turati) così come lo stesso oggetto e numero delle trattative condotte (solo quella che vede protagonista Joelson o anche quella condotta da Turati, di cui però nessuno dei dichiaranti, ad eccezione di Iaconi, parla). Né è possibile ovviare alle divisate carenze strutturali delle propalazioni accusatorie di Iaconi ed alla complessiva insufficienza del materiale probatorio dichiarativo fin qui scrutinato frazionando i singoli contributi ricostruttivi ed utilizzando solo quella parte del racconto in cui vi è coincidenza di esposizione. Tale metodica, per quanto ammessa, non può trasformarsi in un espediente per eludere i criteri di valutazione delle prove innanzi indicati, e comunque nel caso di specie indurrebbe ad estrapolare da ogni dichiarazione il solo generico riferimento soggettivo alla persona del Camilli, risultando profondamente divergente da dichiarazione a dichiarazione il contesto in cui il mentovato presidente viene evocato. Del pari, non sembrano conferenti gli ulteriori contributi probatori offerti dalla Procura Federale e positivamente valutati dal Giudice di prime cure. Non può, infatti, essere riconosciuta una pregnante attitudine dimostrativa alle dichiarazioni di Carobbio. A tal riguardo, mette conto evidenziare che il calciatore Filippo Carobbio, più volte utilizzato come attendibile fonte di prova nella ricostruzione anche di ulteriori fattispecie di illecito, diverse da quella in esame, ha offerto una propria ricostruzione dei fatti in contestazione ed ha visto definita la propria posizione con il patteggiamento in altra sede procedimentale (cfr. Com. Uff. n. 101 CDN 2011/2012). Sui fatti per cui si procede, nel corso dell’interrogatorio reso al GIP in data 20.12.2011, Carobbio, sollecitato più volte dal P.M., dal Giudice e dallo stesso difensore presente, ha fermamente escluso il coinvolgimento delle società (e dei relativi dirigenti) nell’organizzazione del tentativo di combine in argomento, riferendo piuttosto ogni iniziativa in merito direttamente alle squadre (cfr. fol 36 e 51 del verbale redatto con il sistema della fonoregistrazione). E’, pertanto, di tutta evidenza come siffatte dichiarazioni vadano in una direzione diametralmente opposta a quella seguita dall’accusa. Né è possibile ribaltarne il chiaro significato facendo leva sulle successive dichiarazioni rese dal Carobbio al Procuratore Federale nell’audizione del 10.7.2012, in cui il prevenuto, nemmeno spiegando l’evidente contraddizione con quanto precedentemente riferito, si limita ad affermare “In relazione alla gara Ancona/Grosseto del 30.4.10, ribadisco quanto già dichiarato, precisando che nel ritiro non era presente il Presidente; tutti sapevamo che nessuno della società, ivi compreso l’allenatore, potesse prendere qualsivoglia iniziativa senza consultare Camilli, quindi per noi era evidente che il DS Iaconi agisse su mandato di quest’ultimo, ma personalmente, in relazione a tale gara, non ho visto né sentito Iaconi parlare con lui”. Tali ultime dichiarazioni siccome riferite genericamente alla complessiva gestione degli affari societari, di solito seguita personalmente dal Presidente Camilli, non possono che essere giudicate strutturalmente inidonee a fornire adeguato supporto probatorio nella ricostruzione di un episodio specifico qual è quello in contestazione. Del pari prive di conferente rilievo probatorio, trattandosi di valutazioni personali, devono ritenersi le dichiarazioni rese al Procuratore Federale da Paolo Domenico Acerbis il 09.07.2012, secondo cui E’ ovvio che quando negli spogliatoi si parlava di “società” ci si intendeva riferire al Presidente Camilli anche perché i soldi della combine non potevano che provenire da lui. D’altro canto, entrambe le suddette affermazioni, ad onta della loro perentorietà quanto all’ineluttabilità delle implicazioni evincibili dalla riferita gestione accentrata della società, trovano una recisa smentita nella stessa analisi dei fatti di causa che, di contro, evidenziano dinamiche di segno diametralmente opposto rispetto a quelle delineato dai predetti dichiaranti. E’ sufficiente fare rinvio agli stessi atti di indagine, noti alle parti, per rendersi conto del fatto che diverse altre partite (anche dello stesso Grosseto) risultano alterate direttamente dai calciatori all’insaputa delle società di appartenenza. D’altro canto, nemmeno costituisce un elemento di novità il fatto che i canali di finanziamento degli accordi illeciti mettessero capo a soggetti non riconducibili alle società calcistiche ma a gruppi di scommettitori che si avvalevano direttamente (e senza l’intermediazione delle società) di calciatori compiacenti. Basta poi considerare che la stessa disamina della specifica gara in questione, conclusasi con un pareggio frutto di un accordo contratto direttamente tra spogliatoi senza l’assenso della società, consente serenamente di affermare che alcun elemento di riscontro – attesa l’equivocità del dato rappresentato (ogni decisione di rilevante importanza in Società veniva assunta dal Camilli) – è possibile mutuare dalle dichiarazioni in argomento. Lo stesso giudice di prime cure ha, infatti, dato ampiamente atto dei pregressi arresti decisori evidenziando che nella precedente sessione procedimentale (definita con decisione pubblicata mediante Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) la Commissione ha ritenuto provato il raggiungimento di un accordo fra i tesserati delle due Società, che hanno pattuito un pareggio, che le trattative sarebbero state condotte da Iaconi, per il tramite di Turati e Joelson, con tesserati dell’Ancona non individuati, che di tale illecita attività avrebbe approfittato, al fine di effettuare scommesse, il gruppo degli “zingari” il quale, avuta la “soffiata” da Carobbio, avrebbe ricompensato con somme di denaro quest’ultimo e i suoi compagni di squadra Acerbis, Joelson, Conteh e Turati. Sul punto occorre solo aggiungere che il giudice di prime cure, a conclusione del dibattimento, pur convalidando l’ipotesi accusatoria formulata nei confronti del Camilli (e della società del Grosseto) ha escluso l’aggravante dell’effettiva alterazione del risultato. Il pareggio conseguito tra le due squadre resta dunque frutto di un accordo parallelo sviluppatosi all’insaputa della società ed imputabile direttamente ai calciatori. In ciò vi è, in definitiva, la dimostrazione tangibile della possibilità di imbastire un tentativo di combine da parte di tesserati del Grosseto all’insaputa del Presidente Camilli, nonostante l’acclarata propensione del predetto ad accentrare su di sè ogni rilevante decisione. D’altro canto, tale ruolo, anche in ragione della mancata allegazione di elementi di segno contrario, non può che essere stato ricostruito dai dichiaranti sulla scorta dei modelli operativi applicati dal Camilli nella gestione ordinaria (e lecita) della società e non può ritenersi immediatamente replicabile rispetto al compimento di attività illecite che sfuggono evidentemente alle regole che governano i rapporti di direzione e gerarchia organizzati secondo diritto. Quanto fin qui rilevato rende ragione anche della pretesa valenza persuasiva delle argomentazioni logiche spese dalla tesi dell’accusa che impingono nell’impossibilità che il Presidente Camilli non sapesse di una combine ordita per favorire la squadra del Grosseto. Né è possibile ritenere tale assunto corroborato dalla circostanza dell’allontanamento di Joelson e Turati dal ritiro punitivo di Norcia a bordo di un’auto della società. Tale ulteriore circostanza renderebbe, dunque, nella prospettiva d’accusa, verosimile la piena consapevolezza da parte del Camilli della missione affidata ai due calciatori per la singolarità della circostanza in sé, sebbene in parte camuffata dalla necessità di una visita medica, oltre che dell’uso di un bene direttamente riferibile alla società. Com’è noto, in tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d'esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l'ipotesi all'apparenza più verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti. Nel caso di specie, deve rilevarsi che, ancorchè formalmente appartenente alla società del Grosseto, l’auto grigia a bordo della quale si allontanarono i calciatori Joelson e Turati era nella piena ed esclusiva disponibilità di Iaconi (cfr. dichiarazioni rese da Cafaro nell’audizione al Procuratore Federale del 17.7.2012 e attestazione del medesimo Cafaro nella qualità di rappresentante legale del Grosseto prodotta a corredo dell’atto di reclamo), di talchè è ben possibile che l’utilizzo di tale autovettura (piuttosto che giustificarsi in funzione di interessi societari) si spieghi come iniziativa liberamente assunta dallo stesso Iaconi. Né è possibile ritenere, sotto diverso profilo, che le modalità di allontanamento dei due calciatori dal ritiro siano sicuro indice della pacifica condivisione dell’iniziativa da parte della società. Sul punto, va anzitutto detto che siffatta iniziativa fu adottata sotto la copertura di una visita medica che Joelson avrebbe dovuto sostenere ed, inoltre, come riferito dalla stessa fonte d’accusa, Iaconi, “..i ragazzi rimasero fuori solo poche ore e pertanto nessuno se ne sarebbe potuto accorgere”. A conclusione di quanto fin qui rilevato, occorre aggiungere che è ben difficile trarre dal confuso quadro di riferimento, così come sopra ricostruito, elementi di riscontro di carattere logico che impingono nelle motivazioni che possono aver retto il tentativo di combine. La relativa indagine risulterebbe viepiù proibitiva in riferimento al caso di specie: il fenomeno degli illeciti sportivi fin qui scrutinato, lungi dal poter essere ricondotto a protocolli rigidi, contraddistinti da metodologie predefinite ed attuate per il perseguimento delle medesime finalità, ha infatti evidenziato una preoccupante pervasività proprio in ragione delle sue mutevoli forme di attuazione capaci di saldare interessi tra loro eterogenei. Ed, invero, l’alterazione dei risultati degli incontri è stata, talvolta, frutto di intese sviluppatesi in parallelo, su più tavoli, e tra soggetti, tesserati e non, che agivano per motivazioni tra loro anche profondamente diverse: si spazia invero da finalità prettamente speculative, onde indirizzare le puntate degli scommettitori e ricavarne direttamente un vantaggio economico, a ragioni - e senza che vi fossero necessariamente scambi di denaro – di convenienza di classifica coltivate a diversi livelli, anche cioè tra uno o più calciatori all’insaputa delle rispettive società di appartenenza. All’interno di siffatto contesto (che, peraltro, è in continua evoluzione, come espressamente riconosciuto dallo stesso organo dell’accusa) non è, dunque, possibile escludere che la partecipazione di Iaconi alla combine sia da imputare ad una sua spontanea iniziativa, assunta per una delle plurime ragioni fin qui individuate dagli organi inquirenti, e che la spendita del nome presidenziale servisse a conferire forza ed autorevolezza al progetto di combine. D’altro canto, è stato autorevolmente affermato in giurisprudenza che il solo movente, per il carattere di ambiguità che è ad esso intrinseco, non è comunque mai di per sè assimilabile ad un grave elemento indiziario, e in tanto può fungere da aspetto rafforzativo del quadro probatorio in quanto gli altri elementi siano precisi e convergano a un univoco significato (Cass. Pen. S.U., n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti). Tale non è di certo la cornice probatoria che, in riferimento agli specifici fatti in contestazione, è risultata nella disponibilità di questa Corte. Si è già evidenziato che, rispetto al fatto storico dell’esistenza di un tentativo di combine avallato dal direttore sportivo Iaconi e condotto dai calciatori Turati e Joelson, che ebbero a contattare a tali illeciti fini il calciatore della squadra avversaria dell’Ancona, Julio Angelo Esmael Da Costa, la concludenza dimostrativa degli elementi raccolti ha condotto alle decisioni confermative emesse dalla Commissione Disciplinare Nazionale e dalle Sezioni Unite di questa Corte rese pubbliche rispettivamente mediante Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012 e mediante Com. Uff. n. 24/CGF del 9.8.2012. Né sembra superfluo aggiungere che, per tale fatto, la società del Grosseto, seppur a seguito di patteggiamento, ha già visto infliggere a suo carico la sanzione di 6 punti di penalizzazione ed € 40.000,00 di ammenda. Ciò nondimeno, non è possibile inferire dall’intervenuto accertamento del fatto storico, come sopra descritto, ed in assenza di ulteriori elementi di riscontro a vocazione individualizzante, una conferma dell’attendibilità di Iaconi quanto alla successiva chiamata in correità del socio di maggioranza Camilli, cui viene imputata una nuova condotta, vale a dire il conferimento a Iaconi di un apposito mandato a coltivare l’illecita iniziativa in argomento. E’, infatti, noto che la valutazione della chiamata in correità che contenga accuse nei confronti di più persone deve avvenire in modo frazionato per verificare l'esistenza dei riscontri individualizzanti a carico di ciascun accusato, non potendo estendersi l'affidabilità delle dichiarazioni del chiamante, che pure trovino conferme oggettive negli accertati elementi del fatto criminoso e soggettive nei confronti di uno dei chiamati, a un altro chiamato sulla base di reciproche inferenze totalizzanti (cfr. Cassazione penale sez. I, 10 dicembre 2010 n. 16674). In altri termini, la chiamata in causa del detto Presidente operata dal direttore sportivo Iaconi, pur in riferimento ad un fatto oramai accertato, avrebbe comunque dovuto essere vestita da adeguati riscontri con chiara vocazione individualizzante. Gli ulteriori elementi raccolti si sono, invece, rivelati inidonei a conferire dignità di concludenza dimostrativa alle dichiarazioni rese da Iaconi, con il cui narrato sono apparsi, talvolta, addirittura in contrasto. Nella suddetta prospettiva, alcun rilievo esplicano sul thema probandi le dichiarazioni di Da Costa Iunior (audizione del 13.7.2012), di Erodiani (audizione del 16.7.2012) e di Conteh (del 4.6.2012) in quanto incentrate sul fatto già accertato e sopra ricostruito, senza aggiungere però nulla sulla posizione di Camilli. A fronte di quanto fin qui evidenziato del tutto marginale si rivela il tema delle iniziative giudiziarie assunte dal Camilli nei confronti degli ex tesserati del Grosseto, sul quale si è intrattenuta la Commissione di prima istanza, che, muovendo da una disamina della relativa tempistica, ha rimarcato la natura strumentale di tali iniziative siccome preordinate a esigenze difensive dinanzi agli Organi della giustizia sportiva. Sul punto, per mera completezza difensiva, non assumendo comunque la circostanza rilievo decisivo, è sufficiente notare che tale assunto risulta smentito dalla documentazione versata in atti dalla difesa del Camilli, risultando provato che la relativa iniziativa maturò prima della convocazione del presidente del Grosseto da parte del Procuratore Federale. Alla rilevata insufficienza del materiale probatorio complessivamente raccolto corrisponde, pertanto, in ossequio al principio in dubio pro reo, l’impossibilità di convalidare, come ipotesi ragionevole e di sicuro affidamento, la ricostruzione prospettata dalla Procura e condivisa dalla decisione della Commissione Disciplinare Nazionale. Né, invero, gli elementi di dettaglio forniti, con memorie di controdeduzione, dalle società Vicenza e Nocerina, terze portatrici di interesse indiretto, sono in grado di minare le fondamenta dell’impalcatura argomentativa sopra descritta, avuto riguardo ad ogni punto del suo dispiegarsi. Conclusivamente, in ragione di quanto fin qui evidenziato, s’impone l’accoglimento dei reclami proposti e, per l’effetto, l’annullamento delle sanzioni inflitte. Consegue la restituzione della tassa reclamo. Per questi motivi la C.G.F. in accoglimento dei ricorsi come sopra proposti dal Sig. Camilli Piero e dall’U.S. Grosseto F.C. di Grosseto, annulla le delibere impugnate. Dispone restituirsi le tasse reclamo.
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