F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 029/CGF del 22 Agosto 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 040/CGF del 31 Agosto 2012 e su www.figc.it 11) RICORSO SIG. ALESSIO ANGELO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 8 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7 COMMA 7 C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE NOVARA/SIENA DEL 01.5.2011, ALBINOLEFFE/SIENA 29.5.2011, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 537 /1075PF1112/SP/BLP DEL 25 LUGLIO 2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 11/CDN del 10.8.2012)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 029/CGF del 22 Agosto 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 040/CGF del 31 Agosto 2012 e su www.figc.it
11) RICORSO SIG. ALESSIO ANGELO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 8 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7 COMMA 7 C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE NOVARA/SIENA DEL 01.5.2011, ALBINOLEFFE/SIENA 29.5.2011, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 537 /1075PF1112/SP/BLP DEL 25 LUGLIO 2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 11/CDN del 10.8.2012)
Con atto del 14.8.12, il sig. ALESSIO Angelo ha proposto ricorso ex artt. 37 e 42 C.G.S. avverso la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale (pubblicata sul C.U. n. 11/CDN del 10.8.12) con la quale, a seguito di deferimento del Procuratore Federale della F.I.G.C. (nota n. 537/1075pf11-12/SP/blp del 25.7.2012), è stata riconosciuta la responsabilità del ricorrente per la violazione dell'art. 7, comma 7, C.G.S., con conseguente condanna dello stesso alla sanzione della squalifica per mesi 8 (otto). La predetta decisione ha, più in particolare, riconosciuto la violazione, da parte del sig. ALESSIO Angelo, dell’obbligo di denunciare, senza indugio, alla Procura Federale fatti integranti illecito sportivo (obbligo imposto dal comma 7 dell’art. 7 C.G.S), in relazione agli incontri di calcio Novara-Siena dell'1.5.2011 e Albinoleffe-Siena del 29.5.2011, entrambi disputatisi nel corso della stagione sportiva 2010/2011.
L'indagine e il deferimento
Come noto, l’indagine federale, oggetto dell'odierno procedimento, ha preso avvio dalle notizie di stampa relative all’attività giudiziaria svolta dalla Procura della Repubblica di Cremona in ordine alla individuazione e conseguente repressione di una organizzazione, alquanto articolata e ramificata, essenzialmente finalizzata a ricavare illeciti profitti su scommesse da effettuarsi su partite di calcio. Di tale organizzazione facevano parte diverse persone, alcune delle quali soggette alla giurisdizione della F.I.G.C.. Aperto, pertanto, uno specifico procedimento, la Procura Federale provvedeva a richiedere, alla Procura della Repubblica di Cremona, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 401/1989, in relazione all’art. 116 c.p.p., copia degli atti di possibile interesse sportivo, correlativamente procedendo ad una propria «autonoma attività istruttoria, consistente, fra l’altro, nell’analisi e nell’approfondimento della copiosa documentazione ricevuta e nell’audizione dei soggetti coinvolti e/o informati sui fatti» (cfr. atto di deferimento).L’esame del materiale processuale trasmesso dalla Procura di Cremona, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività investigativa svolta dalla Procura Federale, ha consentito di ritenere sussistenti, secondo la prospettazione accusatoria, consistenti elementi probatori atti a comprovare la illiceità delle condotte dei soggetti deferiti e ad escludere una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto d’indagine. Nell'atto di deferimento, dopo il richiamo alle pronunce definitive rese nell'agosto 2011 e nel luglio di quest'anno in ambito federale con riguardo ad altri, connessi, procedimenti per violazioni analoghe, si dava conto degli esiti fino ad allora prodotti dall'indagine svolta dagli uffici giudiziari di Cremona ed in particolare dell'attività investigativa anteriore e successiva all'emanazione, in data 9 dicembre 2011 da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di quella sede, di un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di alcuni imputati, cui veniva contestato, con altre persone sottoposte ad indagini, il delitto associativo di cui agli articoli 416, commi 1, 2, 3 e 5 c.p. e 3 e 4 legge 16 marzo 2006, n. 146 rivolto allo scopo di realizzare, anche a livello transnazionale, delitti di frode in competizione sportiva, alterandone i risultati, sì da conseguire vincite in scommesse effettuate avvalendosi dello strumento della “corruzione” di partecipanti a vario titolo alle competizioni. Sul piano generale, osservava la Procura Federale, come nella complessiva valutazione degli elementi emersi in sede di indagini e di giustizia sia ordinaria sia sportiva occorra considerare che le condotte poste in essere dai tesserati sono risultate finalizzate all’alterazione del risultato delle gare o per motivi di classifica o per l’effettuazione di scommesse dall’esito assicurato, evidenziando, anzi, come, talvolta, le due finalità sopra indicate erano perseguite congiuntamente dagli stessi soggetti agenti. Riteneva, in definitiva, la Procura federale, che, all’esito del complessivo procedimento istruttorio, siano apparse realizzate molteplici condotte finalizzate alla alterazione dello svolgimento e del risultato delle gare, nonché il mancato assolvimento, da parte di alcuni tesserati che erano venuti a conoscenza delle predette condotte, di darne tempestiva comunicazione alla Procura Federale, per come disposto dall'art. 7, comma 7, C.G.S.. In particolare, per quanto riguarda l'incontro di calcio NOVARA – SIENA dell'1.5.2011, la Procura federale deferiva i sigg.ri.:
- BERTANI Cristian, DRASCEK Davide e GHELLER Mavillo, all’epoca dei fatti tutti calciatori della società NOVARA calcio Spa, per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere, prima della gara NOVARA-SIENA del 30 aprile 2011, in concorso tra loro e con altri soggetti non tesserati ed altri allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta, in funzione della realizzazione di un pareggio tra le due squadre; come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento. Con l’aggravante di cui al comma 6 dell’art. 7 del CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato finale della gara in questione e, per il Bertani, della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo, oggetto di deferimento nell’ambito del procedimento nr. 33/pf/11-12.
- CAROBBIO Filippo, LARRONDO Marcelo e VITIELLO Roberto, all’epoca dei fatti tutti calciatori della società A.C. SIENA Spa, per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere, prima della gara NOVARA-SIENA del 30 aprile 2011, in concorso tra loro e con altri soggetti non tesserati ed altri allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta, in funzione della realizzazione di un pareggio tra le due squadre; come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento. Con l’aggravante di cui al comma 6 dell’art. 7 del CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato finale della gara in questione; e, per Carobbio e Vitiello, della pluralità di illeciti commessi, anche per il solo Carobbio, rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo, oggetto di deferimento nell’ambito del procedimento nr. 33pf/11-12.
- la società NOVARA CALCIO Spa, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’ art. 7, commi 2 e 4, e dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per gli addebiti mossi ai propri tesserati sopra indicati e di responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per l’illecito sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero dai soggetti sopra indicati, tesserati per la società SIENA, in occasione della gara NOVARA-SIENA del 1° maggio 2011. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, del CGS della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara nonché (e/o) della pluralità degli illeciti posti in essere come sopra contestate.
- la società A.C. SIENA Spa, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’ art. 7, commi 2 e 4, e dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per gli addebiti mossi al proprio allenatore, ai propri tesserati ed ai propri calciatori all’epoca dei fatti, sopra indicati e di responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per l’illecito sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero dai soggetti sopra indicati, tesserati per la società NOVARA, in occasione della gara NOVARA-SIENA del 1 maggio 2011. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, del CGS della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara nonché della pluralità degli illeciti posti in essere come sopra contestate.
- l’allenatore CONTE Antonio, il Vice allenatore ALESSIO Angelo, il collaboratore tecnico STELLINI Cristian, il preparatore dei portieri SAVORANI Marco ed il preparatore atletico D’URBANO Giorgio, all’epoca dei fatti tutti tesserati per l’A.C. SIENA Spa, per la violazione dell’art. 7, comma 7, del CGS per avere contravvenuto al dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti integranti illecito sportivo con riferimento alla gara Novara-Siena del 1° maggio 2011, per come rispettivamente riferiti, il primo, ed appresi, gli altri, nel corso della riunione tecnica pre-partita svoltasi poche ore prima della gara in questione, come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento.
- la società A.C. SIENA Spa, a titolo di responsabilità oggettiva, dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per gli addebiti mossi ai propri tesserati CONTE Antonio, ALESSIO Angelo, STELLINI Cristian, SAVORANI Marco e D’URBANO Giorgio.. Con riferimento all'incontro di calcio, ALBINOLEFFE - SIENA del 29.05.2011, la Procura Federale deferiva i sigg.ri:
- GARLINI Ruben, BOMBARDINI Davide, PASSONI Dario, SALA Luigi e POLONI Mirko, all’epoca dei fatti calciatori della società U.C. ALBINOLEFFE srl, per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere, prima della gara ALBINOLEFFESIENA del 29 maggio 2011 (il Garlini ed il Bombardini iniziando tale attività già al termine della gara di andata tra Siena ed Albinoleffe dell’8.01.2011, in adesione ad un invito rivoltogli rispettivamente dai giocatori del Siena, Carobbio e Terzi), in concorso tra loro e con altri soggetti, alcuni dei quali appartenenti all’ordinamento federale ed altri estranei a tale ordinamento federale o allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Albinoleffe-Siena del 29 maggio 2011, in funzione della realizzazione di una vittoria con il minimo scarto di punteggio in favore dell’Albinoleffe; come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento. Con l’aggravante di cui al comma 6 dell’art. 7 del CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato finale della gara in questione; e, per Garlini, Passoni e Poloni, con l’aggravante della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri illeciti sportivi che hanno costituito oggetto del procedimento n. 33pf11-12.
- CAROBBIO Filippo, COPPOLA Fernando, TERZI Claudio, VITIELLO Roberto e STELLINI Cristian, all’epoca dei fatti calciatori della società SIENA, e lo STELLINI collaboratore tecnico della medesima società, per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere, prima della gara ALBINOLEFFE-SIENA del 29 maggio 2011 (il Carobbio ed il Terzi iniziando tale attività già al termine della gara di andata tra Siena ed Albinoleffe dell’8.01.2011, su invito del collaboratore tecnico STELLINI), in concorso tra loro e con altri soggetti, alcuni dei quali appartenenti all’ordinamento federale ed altri estranei a tale ordinamento federale o allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Albinoleffe-Siena del 29 maggio 2011, in funzione della realizzazione di una vittoria con il minimo scarto di punteggio in favore dell’Albinoleffe; come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento. Con l’aggravante di cui al comma 6 dell’art. 7 del CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato finale della gara in questione; e, per Carobbio e Vitiello, della pluralità di illeciti commessi, anche per il solo Carobbio, rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo, oggetto di deferimento nell’ambito del procedimento nr. 33pf11-12.
- la società U.C. ALBINOLEFFE srl, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’ art. 7, commi 2 e 4, e dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per gli addebiti mossi ai propri tesserati sopra indicati e di responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per l’illecito sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero dai soggetti sopra indicati, tesserati per la società SIENA, in occasione della gara ALBINOLEFFE-SIENA del 29 maggio 2011. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, del CGS della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara nonché della pluralità degli illeciti posti in essere;
- la società A.C. SIENA Spa, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’ art. 7, commi 2 e 4, e dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per gli addebiti mossi al proprio collaboratore tecnico ed ai propri calciatori all’epoca dei fatti, come sopra indicati e di responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva, per l’illecito
sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero dai soggetti sopra indicati, tesserati per la società ALBINOLEFFE, in occasione della gara ALBINOLEFFE-SIENA del 29 maggio 2011. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, del CGS della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara nonché della pluralità degli illeciti posti in essere;
- CAROBBIO Filippo, GERVASONI Carlo e CASSANO Mario, all’epoca dei fatti rispettivamente calciatori dell’A.C. Siena Spa, il primo, e del Piacenza F.C. Spa gli altri due, della violazione dell’art. 1, comma 1 (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e dell’art. 6, comma 1 (divieto di effettuare scommesse) del codice di giustizia sportiva, il primo, per avere prima acquisito e, quindi, fornito al Gervasoni informazioni sulla gara Albinoleffe-Siena del 29 maggio 2011, oggetto di tentativo di alterazione del risultato, allo scopo di far effettuare una scommessa sull’esito di tale gara, come alterato; il Gervasoni ed il Cassano, per avere effettuato, dopo avere ricevuto le suddette informazioni dal Carobbio, una rilevante scommessa su un under riguardo all’esito della gara in questione, realizzando una consistente vincita in denaro.
- PASSONI Dario, all’epoca del fatto calciatore dell’U.C. ALBINOLEFFE srl, per la violazione dell’art. 1, comma 1 (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e dell’art. 6, comma 1 (divieto di effettuare scommesse) del codice di giustizia sportiva, per avere prima acquisito e, quindi, fornito a persona al momento del fatto estranea all’ordinamento federale (C.M.), informazioni sulla gara Albinoleffe-Siena del 29 maggio 2011, oggetto di tentativo di alterazione del risultato, allo scopo di far effettuare, da parte della stessa, una scommessa dall’esito sicuro sul risultato di tale gara, come alterato, per poi riceverne anche un compenso personale in denaro.
- La società A.C. SIENA Spa, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’ art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per l’addebito mosso al proprio calciatore all’epoca dei fatti, Filippo CAROBBIO, come sopra indicato.
- La società U.C. ALBINOLEFFE Srl, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’ art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per l’addebito mosso al proprio calciatore all’epoca dei fatti, Dario PASSONI, come sopra indicato;
- L’allenatore CONTE Antonio, il Vice allenatore ALESSIO Angelo, il preparatore dei portieri SAVORANI Marco, il preparatore atletico D’URBANO Giorgio ed il capo osservatore tecnico FAGGIANO Daniele, all’epoca dei fatti tutti tesserati per l’A.C. SIENA Spa, della violazione dell’art. 7, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere omesso di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti integranti illecito sportivo con riferimento alla gara Albinoleffe-Siena del 29 maggio 2011, appresi, il primo, nei giorni precedenti la gara e riferiti nel corso della riunione tecnica pre- partita svoltasi poche ore prima della gara in questione, l’ALESSIO, il SAVORANI, e il D’URBANO, per come appresi quanto meno nel corso della riunione tecnica pre partita, come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento; e dal FAGGIANO a seguito di un colloquio personale con il calciatore Filippo Carobbio, come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione allegata agli atti del procedimento.
- la società A.C. SIENA Spa, a titolo di responsabilità oggettiva, dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per gli addebiti mossi ai propri tesserati Conte Antonio, Alessio Angelo, Savorani Marco, D’Urbano Giorgio e Faggiano Daniele.
La decisione impugnata e il dibattimento
All'esito del dibattimento, svoltosi nei giorni 1 e 2 agosto 2012, la Commissione Disciplinare Nazionale, con la decisione indicata in epigrafe, ha inflitto al sig. ALESSIO Angelo la sanzione della squalifica per mesi 8 (otto). Avverso la predetta decisione, il sig. ALESSIO Angelo ha proposto articolato appello. Nel corso del dibattimento, svoltosi davanti a questa Corte in data 20 agosto 2012, i difensori del ricorrente ed il Procuratore Federale hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi insistendo nelle conclusioni rassegnate.
I motivi della decisione
Il ricorso in epigrafe risulta parzialmente fondato per le ragioni che seguono. In via di logica successione, vanno esaminate le questioni processuali, aventi carattere preliminare sollevate dall'odierno appellante; innanzitutto, quella in ordine alla pretesa nullità del giudizio e, prima ancora, dell’ordinanza dibattimentale n. 5 dell'1.8.2012. Al proposito, questa Corte evidenzia la palese carenza di fondamento della stessa. Del tutto priva di pregio è la questione, agitata dal ricorrente circa la presunta incompatibilità dei giudici di primo grado derivante dalla anticipazione di giudizio che la decisione negativa assunta dalla Commissione Disciplinare Nazionale in ordine alla richiesta di patteggiamento, avanzata dal sig. CONTE e sulla quale si era registrato il consenso del Procuratore Federale, avrebbe comportato nei confronti dell'odierno appellante. Come rilevato da questa Corte in un recentissimo precedente (cfr. decisione di cui al C.U. N. 23/CGF del 7.8.2012), il principio di terzietà del giudice è concetto che può trovare attuazione con modalità e pregnanza differenti anche in campo penalistico. Esso opera, infatti, con criteri di assoluta rigidità in ambito dibattimentale, poiché si vuole che il giudice chiamato ad affermare, eventualmente, la responsabilità del prevenuto, e quindi ad infliggere la più grave delle misure sanzionatorie previste dall’ordinamento, la pena, sia assolutamente estraneo all’intera vicenda processuale così da risultare scevro da qualunque possibile condizionamento. Pur rimanendo nell’ambito penale, tuttavia, quello stesso principio di terzietà viene coniugato in maniera meno rigida quando ci si trovi al di fuori del dibattimento sul merito, e ci si debba occupare di questioni particolari in quelli che vengono normalmente definiti sub procedimenti. Di conseguenza, non può essere invocato, tantomeno a pena di nullità, l’assoluto rispetto del principio di terzietà del giudice in un procedimento, quale è quello che ci occupa, non penale ma solo disciplinare, nel quale non si irrogano pene detentive, ma si stabilisce solo la possibilità di fare parte di una determinata organizzazione. Si potrebbe dire, in altre parole e senza pretese di sistematicità giuridica, che l’applicazione della sanzione sarebbe meglio assimilabile all’accettazione del lodo arbitrale in un procedimento di natura civilistica, con valenza, quindi, semplicemente conciliativa. Si aggiunga, ad ogni buon conto, che nessuna norma dell’ordinamento federale prevede l’obbligo di astensione del giudice che abbia dichiarato la definizione del procedimento ai sensi dell’art. 23 C.G.S. nei confronti di uno o più dei soggetti deferiti. Un’attenta lettura della citata disposizione porta, anzi, ad affermare l’esatto contrario, considerato che la stessa dispone che il giudice, con ordinanza non impugnabile, chiude il procedimento «nei confronti del richiedente» (i.e. nei confronti del “solo” richiedente) evidentemente dando per scontato che lo stesso procedimento prosegua, sempre dinanzi a quel giudice, nei confronti di coloro che non hanno usufruito della previsione di cui trattasi. Del resto, l’applicazione “patteggiata” di sanzioni avviene «su richiesta delle parti», che, appunto, si accordano, chiedendo al giudice di applicare la sanzione come dagli stessi individuata nella specie e nella misura. In altri termini, in questa sede, al giudice non viene richiesta una valutazione in termini di congruità della pena “negoziata” e, quindi, un esame nel merito specifico delle contestazioni, ma soltanto una valutazione sulla «corretta qualificazione dei fatti come formulata dalle parti» e sulla relativa congruità, rispetto a tale prospettazione, della sanzione concordata. Quanto, poi, al rilievo, sempre di ordine processuale, che la decisione impugnata sarebbe affetta da violazione del principio, di rango costituzionale (oltre che sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo) del "giusto processo", in quanto pronunciata sulla scorta di elementi non emersi in sede dibattimentale ma raccolti nella fase delle indagini dalla Procura Federale, peraltro mediante acquisizione di atti provenienti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cremona, si richiamano, anche in questo caso, i principi espressi da questa Corte in alcune recentissime pronunce, rese sempre con riferimento ad ipotesi di illecito sportivo messe in luce dall'indagine della predetta Procura della Repubblica (cfr., tra le altre, la decisione sopra citata). Al proposito, questa Corte ha osservato che l’autonomia riconosciuta agli ordinamenti settoriali, come l’ordinamento sportivo, rispetto a quello generale comporta che spetti a ciascun ordinamento di settore la determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un sistema normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare in linea generale la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Da questo punto di vista, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova mediante produzione documentale, come è, in effetti, accaduto nel presente giudizio, avendo la difesa dell'odierno appellante versato agli atti del procedimento una serie di testimonianze, per così dire a discolpa del proprio assistito. In sintesi, quindi, del tutto priva di pregio è la questione, agitata dal ricorrente nell’atto di appello, circa l’esigenza di completare il quadro probatorio. Istanza, come detto, che non può trovare comunque accoglimento perché presuppone, erroneamente, l’automatica applicazione di tutti i principi che regolano il giudizio penale al procedimento disciplinare, che a quello sicuramente si informa senza però costituirne una pedissequa e scontata ripetizione che sarebbe, in tal caso, assolutamente inutile e si potrebbe tradurre in una lesione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue caratteristiche di tipicità e specialità. Le superiori considerazioni valgono a dimostrare la palese infondatezza anche dell'ultimo motivo di appello, formulato in via subordinata dalla difesa di Alessio, con il quale si chiede a questa Corte di rivalutare, ed accogliere, la richiesta di patteggiamento, a suo tempo proposta da Alessio e sulla quale era intervenuto il consenso della Procura Federale. Al proposito, si osserva come l'art. 23 del C.G.S., rubricato "Applicazione di sanzioni su richiesta delle parti", preveda, al comma 1, che "I soggetti di cui all’art. 1 comma 1 possono accordarsi con la Procura federale, prima che termini la fase dibattimentale di primo grado, per chiedere all’organo giudicante l’applicazione di una sanzione ridotta, indicandone le specie e la misura". È evidente, quindi, come la richiesta di patteggiamento non possa ritenersi ammissibile atteso che la disciplina, contenuta nel Codice di Giustizia Sportiva, non consente al giudice di secondo grado di pronunciarsi su istanze di patteggiamento; né tale possibilità può essere configurata, per le ragioni più sopra esposte, mutuando nel presente giudizio sportivo principi giurisprudenziali elaborati con riferimento al processo penale. Per completare l'esame delle censure, di ordine processuale, dedotte dall'odierno ricorrente, non resta che ricordare che, secondo la più recente giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, sia endofederali che esofederali, "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che , peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione –né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto , nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art.4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito" (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte). Ciò osservato in ordine alla infondatezza dei motivi di appello di carattere processuale e passando all'esame delle doglianze di merito, questa Corte premette come anche l'odierna decisione, come quelle adottate, di recente, sul c.d. "filone del calcioscommesse", riguardi vicende che sono ancora oggetto di approfondimento da parte degli organi inquirenti, da identificare non solo nella Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cremona ma anche in altre Procure come quella di Bari alle cui indagini si farà riferimento più avanti in relazione all'incontro Albinoleffe-Siena. Ciò premesso, si osserva come la decisione impugnata debba essere parzialmente riformata, con esclusione della responsabilità del sig. Alessio con riferimento all'incontro di calcio Novara- Siena dell'1.5.2011; mentre, per le ragioni che verranno rappresentate più avanti, questa Corte ritiene di confermare la fattispecie incolpativa in relazione all'incontro di calcio Albinoleffe-Siena del 29.5.2011, fatto salvo cosa si evidenzierà in ordine all’individuazione concreta della sanzione. Con riferimento all'incontro di calcio Novara-Siena dell'1.5.2011, i giudici di prime cure sono pervenuti alla ricostruzione, che qui di seguito si riporta: "CAROBBIO apprese, prima come “voce” all’interno dello spogliatoio del SIENA, poi con certezza, all’esito delle parole dell’allenatore CONTE nel corso della riunione tecnica pre-gara, della combine in essere per pareggiare la partita. Il perfezionamento dell’intesa avvenne nell’incontro avuto tra VITIELLO, del SIENA, e DRASCEK, del NOVARA, avvenuto la sera in cui il SIENA raggiunse l’albergo di Novara scelto per il ritiro (da segnalare, in proposito, come sia emerso, nel corso dei vari deferimenti, che il “perfezionamento” di questo tipo di accordi venga delegato a rappresentanti dei rispettivi spogliatoi che siano legati da un rapporto di amicizia o di particolare conoscenza: rapporto di amicizia che ricorre nel caso di VITIELLO e DRASCEK, come risulta dalle memorie dagli stessi depositate agli atti). CAROBBIO, contattato dal gruppo degli zingari, raggiunse, insieme a BERTANI, un’intesa finalizzata a sfruttare l’accordo, già “formalizzato” dalle due squadre, nel sistema delle scommesse. Durante la ricognizione del campo, poco prima dell’inizio della gara, CAROBBIO chiese conferma della combine a BERTANI e GHELLER, conferma che gli venne data. Nei minuti finali dell’incontro, LARRONDO, altro calciatore del SIENA, in vista di un suo possibile ingresso in sostituzione di un compagno, chiese a CAROBBIO indicazioni su come doveva muoversi in campo, vista l’esistenza della combine finalizzata al pareggio". Al proposito, l'odierno ricorrente, con motivi di gravame del tutto sovrapponibili a quelli spesi nel presente procedimento dalla difesa del sig. Conte Antonio evidenzia che la C.D.N. avrebbe, del tutto erroneamente, dato credito alla versione (peraltro, oggetto di rilevanti modifiche ed integrazioni nel corso del tempo e, già solo per tale ragione, sospetta) fornita dei fatti da un
soggetto, il Carobbio, del tutto inattendibile perché aduso al mendacio e per di più mosso da sentimenti di risentimento nei confronti della società del Siena e dell'allenatore Conte. Sul punto, questa Corte ritiene che la teoria, elaborata dalla difesa del Conte, secondo la quale Carobbio sarebbe un soggetto che avrebbe, in modo quasi scientifico e peraltro a freddo, costruito un vero e proprio castello di menzogne al fine di causare un gravissimo pregiudizio alla società del Siena e al sig. Conte, non convinca affatto. Innanzitutto, non si vede per quale ragione la versione dei fatti, fornita da Carobbio e fatta propria dalla C.D.N. sarebbe inattendibile in quanto il predetto soggetto non avrebbe parlato di Conte quando si trovava in carcere o agli arresti domiciliari ma, più tardi, quando era stato rimesso in libertà. Di solito, si sospetta della veridicità delle versioni, fornite da un soggetto quando si trovi in stato di restrizione della libertà personale in quanto si pensa che, al fine di ottenere la rimessione in libertà, un individuo sarebbe disposto a tutto, anche a mentire per compiacere, per così dire, la pubblica accusa. Al proposito (ma si tornerà sul punto più avanti) la stessa difesa di Conte ha, in sede dibattimentale, affermato che Carobbio avrebbe coinvolto Conte e il Siena, proprio per ottenere dei benefici da parte della Procura della Repubblica di Cremona in termini di derubricazione del gravissimo reato associativo pluriaggravato in quello, meno grave, di frode sportiva. A ciò si aggiunga che il Carobbio ben poteva ritenere che il ruolo avuto da Conte nella combine relativa alla partita Novara-Siena non interessasse la Procura della Repubblica di Cremona; è noto, infatti, che la c.d. "omessa denuncia" costituisce un illecito disciplinare, rilevante nell'ambito dell'ordinamento federale, ma non anche un reato. Quanto, poi, al fatto che Carobbio sarebbe un "bugiardo incallito", sia consentito osservare che ciò costituisce nulla più di una asserzione della difesa dell'odierno ricorrente, rimasta del tutto priva di dimostrazione. Si passa, adesso, ad esaminare il tema dei motivi di risentimento, per non dire di rancore, che avrebbero spinto Carobbio ad accusare Conte e più in generale il Siena. Al proposito, la difesa torna sull'episodio, di carattere personale, che sarebbe stato all'origine dei dissapori tra il calciatore Carobbio e l'allenatore Conte, ovvero la mancata concessione, da parte di quest'ultimo, di un permesso richiesto dal primo per assistere al parto della moglie. Orbene, sul punto si sono già ampiamente espressi i giudici di prime cure che hanno motivatamente evidenziato come il Carobbio non avesse, affatto, vissuto negativamente l'episodio, essendo, invece, rimasto lusingato dal fatto che l'allenatore Conte lo avesse fatto sentire importante tanto da chiedergli un sacrificio, a livello personale e familiare, perché fosse presente ad una seduta di allenamento che il tecnico riteneva molto importante. A questa Corte non resta che aggiungere che l'effettiva verificazione dell'episodio relativo al diverbio tra la moglie di Carobbio e la compagna di Conte, che sarebbe avvenuto in occasione della festa di compleanno della figlia del calciatore Brienza, suscita notevoli perplessità. In primo luogo, è poco credibile che la moglie di un calciatore professionista, i cui lauti guadagni sono ben noti, possa lamentarsi di essere stata costretta ad una spesa di 1.500 euro; a ciò si aggiunga, che la predetta spesa sarebbe stata dovuta alla necessita, avvertita dalla moglie di Carobbio, che stava per partorire, di farsi assistere (attesa l'assenza del marito), da un punto di vista morale, da una ostetrica; orbene, questa Corte non può esimersi dall'evidenziare che appare quantomeno curioso che la sig.ra Carobbio abbia sentito il bisogno di ricorrere ad una ostetrica per avere, in mancanza del marito (soggetto insostituibile anche alla luce di quanto evidenziato dal medico la cui dichiarazione è stata allegata all'atto di appello), un supporto morale e che, in ogni caso, il ricorso ad una ostetrica (per motivi diversi dal supporto morale ovviamente) al momento del parto è, comunque, la regola e non l'eccezione. Ma, anche a volere ritenere credibile il predetto episodio, si rileva come la mancata concessione di un permesso da parte di Conte in favore del Carobbio ha, con ogni probabilità, causato il risentimento della moglie di Carobbio, e non di quest'ultimo, come spesso accade con riferimento a quelle persone che, a causa dei propri impegni lavorativi (molto spesso, per non dire quasi sempre, indilazionabili) si vedono costretti a sacrificare l'assolvimento di importanti obblighi familiari (quale è, senza dubbio, quello di assistere al parto della propria moglie, non fosse altro perché coinvolge un proprio figlio), con le intuibili conseguenze negative che ciò comporta a livello di rapporti con il proprio coniuge. Del tutto irrilevanti, ai fini che ci occupano, sono, invece, i presunti motivi di risentimento di Carobbio nei confronti del Siena in quanto quest'ultima Società ha definito la propria posizione con l'istituto del patteggiamento; il che induce a ritenere che la stessa non fosse così convinta del fatto che il Carobbio si fosse inventato i fatti di cui è procedimento in quanto "scaricato" dal Siena dopo la promozione in Serie A. Ma ove anche si volesse dare credito alla tesi del risentimento personale, nutrito da Carobbio nei confronti del Siena e di Conte, questa Corte evidenzia come il predetto sentimento non sarebbe in grado di giustificare il comportamento di Carobbio, il quale avrebbe inventato di sana pianta l'esistenza di diversi illeciti sportivi, coinvolgenti diversi tesserati del Siena, solo perché non gli era stato concesso un permesso per assistere la propria moglie al momento del parto ovvero perché, dopo la promozione in Serie A, era stato ceduto ad una squadra di Lega Pro, peraltro dietro pagamento di una consistente buona uscita. Se così fosse, saremmo veramente in presenza di un mitomane; il che questa Corte si sente di escludere con decisione. Nel corso del dibattimento, la difesa degli appellanti, rendendosi forse conto che la tesi di un Carobbio che accusa per risentimento non è convincente (anche in considerazione della macroscopica sproporzione tra i motivi di quel risentimento e le conseguenze delle accuse), ha spostato l'attenzione su quella che sarebbe la vera motivazione che avrebbe spinto il Carobbio ad accusare falsamente Conte; si tratta della necessità, fortemente avvertita dal Carobbio, di alleggerire la propria posizione in sede penale, nella quale gli vengono contestate gravissime accuse, quale quella di associazione a delinquere pluriaggravata anche dal carattere transnazionale della associazione, che, se provate, lo consegnerebbero al carcere per svariati anni. Orbene, anche questo tentativo, operato in particolare dalla difesa di Conte, di dimostrare la totale inattendibilità delle dichiarazioni del Carobbio non convince. Ed invero, non può non evidenziarsi la contraddizione in cui si incorre, da un lato, affermando che la magistratura di Cremona (sia inquirente che giudicante) ritiene Carobbio un soggetto che non merita la qualifica di collaboratore perché rende dichiarazioni che sono un mix tra verità e fantasia, ma poi sostenendo che Carobbio avrebbe parlato del coinvolgimento di Conte al fine di ottenere una derubricazione delle accuse penali nella più benigna ipotesi della frode sportiva. Delle due l'una: o Carobbio non è credibile per la magistratura di Cremona e allora potrebbe raccontare qualunque cosa senza potere ottenere alcun vantaggio dal punto di vista dell'indagine penale; oppure Carobbio è credibile a prescindere di chi e di che cosa parla Alla luce di quanto sopra, questa Corte ritiene che il sig. Carobbio non meriti l'etichetta di "bugiardo incallito" come anche di quella di soggetto di "assoluta credibilità", per come affermato dalla C.D.N. (espressione, quest'ultima che ha dato la stura alla difesa di Conte per parlare di una sorta di divinizzazione di Carobbio) e che le dichiarazioni dello stesso debbano, pertanto, essere valutate oggettivamente prescindendo da quello che sembra un vero e proprio preconcetto, nel bene e nel male. Quanto, poi, alla presunta incoerenza tra le dichiarazioni di Carobbio e quelle dell'altro "pentito", Gervasoni, atteso che il primo avrebbe parlato di un accordo illecito finalizzato ad un risultato di pareggio a reti bianche, mentre il secondo avrebbe riferito che obiettivo del c.d. "clan degli zingari" era un OVER (segnatura di un numero di reti pari o superiore a 3), si evidenzia come trattasi di una discrasia ben giustificabile con il tentativo dei soggetti coinvolti di alleggerire la propria posizione; ciò che, tuttavia, rileva è che ben tre soggetti (Carobbio, Gervasoni ed Erodiani) abbiano espressamente affermato che tra gli spogliatoi di Novara e Siena era stato raggiunto un accordo illecito per un risultato di pareggio. A quanto sopra, si aggiunga come non sia affatto vero che la C.D.N. abbia fatto utilizzo del criterio del c.d. “riscontro ping-pong” (le dichiarazioni di Carobbio in ordine alla partita Novara-Siena troverebbero riscontro in quelle dello stesso Carobbio relative alla gara Albinoleffe-Siena); come evidenziato, infatti, dalla Procura Federale, la responsabilità di Conte e Alessio, quest’ultimo in verità in posizione “ancillare”, in ordine alla combine della gara Albinoleffe-Siena (della cui qualificazione si parlerà più oltre) trova riscontro in molteplici elementi, quali, fra tutti, le dichiarazioni dei calciatori dell’Albinoleffe nonché le ammissioni di Stellini, strettissimo collaboratore di Conte. Ciò premesso, questa Corte ritiene, tuttavia, che la versione dei fatti, fornita dal predetto tesserato con riferimento alla partita Novara-Siena dell'1.5.2011 e fatta propria dalla C.D.N., non possa ritenersi attendibile. A questo proposito, appare significativo il fatto che l'affermazione di Carobbio, secondo la quale Conte, e quindi il suo vice allenatore, fossero a conoscenza dell'illecito accordo, raggiunto a livello degli spogliatoi delle due squadre nel senso del pareggio, non abbia trovato conferma ma, anzi, sia stata smentita da tutti i tesserati del Siena, ascoltati dalla Procura Federale ovvero dalla difesa dello stesso Conte in sede di indagini difensive. La difesa ha, inoltre, evidenziato come la C.D.N. avrebbe errato nel ritenere compatibili il tenore motivazionale, quasi enfatico, del discorso tenuto da Conte nel corso della riunione tecnica svoltasi nel pre-gara di Novara-Siena con la fredda comunicazione che era stato raggiunto un illecito accordo per il risultato di pareggio. Anche sul punto, l'appello coglie nel segno. Non si riesce, infatti, a comprendere come Conte abbia potuto pronunciare un discorso enfatico alla squadra, spronandola al massimo impegno in quella partita e, nella medesima occasione, dare conferma dell'accordo illecito raggiunto; né vale osservare, come fatto dalla C.D.N., che si trattava di una combine che avrebbe, comunque, comportato un risultato utile per il Siena. Le considerazioni, sopra svolte, valgono appieno anche con riferimento al sig. Alessio che ricopriva, all'epoca, l'incarico di vice allenatore del Siena. Alla luce di quanto sopra, questa Corte ritiene che la decisione della C.D.N. debba essere riformata con conseguente esclusione della responsabilità anche del sig. Alessio per omessa denuncia in ordine all'incontro di calcio Novara-Siena dell'1.5.2011. Con riferimento, invece, alla gara ALBINOLEFFE-SIENA, disputatasi in data 29.5.2012, la Commissione Disciplinare Nazionale è pervenuta alla seguente ricostruzione dei fatti: "Al termine della partita del girone di andata, STELLINI chiese a CAROBBIO e TERZI di andare a parlare, rispettivamente, con GARLINI e BOMBARDINI, che ben conoscevano, per comunicare la disponibilità a “sistemare” il risultato della partita di ritorno in ragione delle possibili rispettive esigenze di classifica. Nelle settimane prossime all’incontro di ritorno, l’impegno preso al termine della partita di andata formò oggetto di dibattito all’interno dello spogliatoio del SIENA - tra quelli che volevano mantenere fede alla parola data e quelli che volevano provare a vincere il campionato per ottenere, così, il premio promesso dalla Società in caso di ottenimento della prima posizione in classifica - coinvolgendo anche lo staff tecnico e la dirigenza. MASTRONUNZIO, che si disse d’accordo nel lasciare la vittoria all’ALBINOLEFFE solo nel caso in cui analogo comportamento fosse stato tenuto anche in favore dell’Ascoli, squadra in cui aveva in precedenza militato, venne messo, di fatto, per questa ragione, fuori rosa dall’allenatore, in quanto lo “spogliatoio” non era disponibile a lasciare anche la vittoria all’Ascoli. Il giorno prima della gara, POLONI, SALA e PASSONI si recarono presso l’albergo in cui il SIENA era in ritiro, per “perfezionare” l’intesa con CAROBBIO. A quell’incontro erano presenti anche COPPOLA e VITIELLO. CAROBBIO, definita la combine, trasferì l’informazione a GERVASONI per consentirgli di scommettere sul risultato della gara, cosa che GERVASONI fece, unitamente a CASSANO, ricavandone una rilevante vincita in denaro";...... e) è provato che CONTE fosse a conoscenza della combine. CAROBBIO, sulla cui attendibiità si è già detto, riferisce che l’impegno a lasciare la vittoria all’ALBINOLEFFE venne preso nel corso di una riunione tecnica, qualche giorno prima dell’incontro, a cui era presente l’intero staff tecnico. Peraltro, a ulteriore conferma che CONTE sapesse, vi è la circostanza che STELLINI ha ammesso di essere stato egli stesso a dare incarico a CAROBBIO e TERZI, al termine della gara di andata, di andare a parlare con GARLINI e BOMBARDINI per “sistemare” la gara di ritorno. Ed è davvero poco credibile che CONTE non fosse a conoscenza dell’iniziativa presa dal suo collaboratore, anche in ragione della personalità e del ruolo che aveva all’interno della Società, ben spiegati dalla dichiarazione resa da PERINETTI, il quale ha affermato che l’allenatore aveva un “carattere accentratore” (dichiarazione PERINETTI dell’8.3.2012). Ipotizzare che i componenti dello staff tecnico o la squadra prendessero decisioni a insaputa di CONTE non è oggettivamente credibile. A sostegno, poi, dell’effettiva conoscenza da parte di CONTE dell’intesa, vi è la circostanza relativa al calciatore MASTRONUNZIO. Secondo CAROBBIO, il compagno di squadra sarebbe stato messo fuori rosa per non aver accettato di partecipare all’accordo. La circostanza che MASTRONUNZIO, nelle fasi finali del campionato 2010/11, non abbia più preso parte agli incontri, risulta per tabulas. CONTE, chiamato a fornire una spiegazione in merito al perché un giocatore, sino ad allora titolare, non fosse stato più schierato in campo, non ha saputo dare una risposta chiara, rimanendo nel vago. CONTE, difatti, ha affermato di “ritenere che lo stesso si fosse infortunato, anche se non ho ricordi precisi in merito” (dichiarazione CONTE del 12.7.2012). Risposta, questa, davvero poco credibile, per un allenatore che stava gestendo una rosa di giocatori prossimi, in quel periodo, a raggiungere la promozione e quindi l’obiettivo di un’intera stagione. Né appare credibile quanto sostenuto da CONTE in sede dibattimentale, e cioè di aver comunicato a MASTRONUNZIO, prima della gara Modena-Siena, di escluderlo dalla rosa per scarso spirito di gruppo e perché aveva rifiutato di trasferirsi ad abitare a Siena preferendo rimanere a Empoli. È una motivazione davvero poco credibile, perché non sufficiente a far ritenere ragionevole l’esclusione di un titolare dalla rosa, a poche giornate dal termine della stagione, e perché, inoltre, CONTE ha dimostrato di non ricordare tali circostanze quando è stato sentito in data 12.7.2012 Ne consegue che CONTE sia responsabile dell’addebito contestato. Ai fini della qualificazione della fattispecie, Conte deve essere chiamato a rispondere di omessa denuncia, in quanto agli atti è stata raggiunta solo la prova che fosse a conoscenza della combine e non che vi abbia preso parte".. Al proposito, questa Corte, come già più sopra anticipato, ritiene di dovere confermare la decisione di prime cure in ordine all’affermata responsabilità del tecnico, Angelo Alessio, in relazione all'incontro di calcio Albinoleffe-Siena del 29.5.2011. La difesa di Alessio, anche con riferimento alla predetta gara, ha fatto leva sull’intrinseca inattendibilità di Carobbio, nonché sul fatto che la versione dei fatti, fornita dallo stesso, sarebbe Stata smentita dagli altri tesserati sia del Siena che dell'Albinoleffe; tesi, quest'ultima che, a differenza di quanto evidenziato in ordine alla partita Novara-Siena, risulta sconfessata dalla circostanza che uno strettissimo collaboratore di Conte (e, quindi, anche di Alessio), il sig. Stellini, abbia confessato la propria partecipazione all’illecito di cui è argomento (come noto, Stellini risulta, peraltro, coinvolto nelle indagini penali attualmente in corso da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari con riferimento ad episodi di illecito sportivo che coinvolgerebbero la squadra del Bari, con riferimento anche ad una delle due stagioni sportive, quella 2008/2009, in cui la predetta compagine era allenata dal sig. Conte). Circostanza, quest'ultima, molto significativa, atteso che Stellini è un fidato collaboratore di Conte (tanto da averlo seguito, insieme ad Alessio, in tutte le squadre in cui ha ricoperto il ruolo di capo allenatore, compresa la Juventus, dal cui staff tecnico si è dimesso solo successivamente alla conclusione del giudizio di primo grado ed al coinvolgimento nelle indagini di Bari cui si è fatto cenno) e che suona come conferma del fatto che Conte ed Alessio fossero pienamente consapevoli dell'accordo illecito intervenuto tra gli spogliatoi delle squadre del Siena e dell'Albinoleffe; né, al fine di pervenire ad una diversa conclusione, varrebbe sostenere che il comportamento dello Stellini che, come sopra ricordato, fu il mandante della "ambasciata" svolta, presso lo spogliatoio dell'Albinoleffe, da Carobbio e Terzi al termine della gara di andata, sarebbe stato il frutto di una iniziativa autonoma del predetto tesserato; è noto, infatti, ed è stato confermato dall'allora dirigente del Siena, Perinetti, che Conte era un vero e proprio accentratore e che, pertanto, non era, in alcun modo, concepibile che stretti collaboratori dello stesso potessero assumere iniziative, peraltro di notevole importanza e comunque in un ambito di tempo diluito, all'insaputa di Conte. Le predette considerazioni, è bene evidenziarlo anche al fine di rispondere ad un rilievo svolto sul punto dalla difesa, non devono essere intese nel senso che la responsabilità del predetto tesserato sarebbe fondata sulla equazione: Conte è un accentratore quindi (lui e chi lavorava quotidianamente con lui) non poteva non sapere della combine. Come si avrà modo di evidenziare anche più oltre, Alessio deve rispondere di omessa denuncia perché era pienamente consapevole dell'illecito in considerazione del comportamento, particolarmente significativo in proposito, posto in essere dal suo dominus, l'allenatore Conte. Ciò vale anche come risposta alla critica, mossa anche dalla difesa di Alessio, ovvero che la Procura Federale avrebbe dovuto deferire, quantomeno per omessa denuncia, tutto lo spogliatoio del Siena. Una critica, quest’ultima, che al di là della sua ingenerosità nei confronti della Procura Federale, che ha assunto, sul punto, una posizione garantista, non coglie nel segno perché l’eventuale deferimento di tutti i tesserati del Siena sarebbe stato affetto proprio del vizio . Evidenziato dalla difesa, ovvero quello di configurare una responsabilità da posizione, non ammessa da qualsivoglia ordinamento, ivi compreso quello settoriale in cui ci muoviamo. Come evidenziato da questa Corte nella decisione relativa al ricorso del sig. Conte Antonio, la responsabilità dello staff degli allenatori risulta ulteriormente avvalorata da una circostanza che, sebbene sia stata presa in considerazione dalla Commissione Disciplinare Nazionale (ciò emerge chiaramente dal passo della motivazione sopra trascritto), poteva essere diversamente valutata, nella sua gravità, sia dalla Procura, che dai Giudici di prime cure, in modo da poter configurare, ovviamente verificata la sussistenza dei presupposti, una fattispecie diversa e più grave di incolpazione per i soggetti coinvolti. Si tratta, più precisamente, di quanto riferito dal calciatore, Carobbio Filippo, in occasione dell'audizione davanti alla Procura Federale del 10.7.2012; il predetto tesserato ha raccontato di un ulteriore momento in cui, all’interno della società Siena, è stato affrontato il tema dell’accordo finalizzato a far vincere l’Albinoleffe, risalente a circa due settimane prima della data in cui era programmata la gara in questione e, più precisamente, prima che si disputasse Ascoli Siena del 14 maggio 2011, quando, in occasione di una riunione all’interno dello spogliatoio alla presenza dei calciatori e dell’allenatore Conte, quest’ultimo, richiamando gli accordi già avviati con i calciatori dell’Albinoleffe in occasione della gara del girone di andata, nel mostrarsi favorevole ad agevolare la vittoria dell’Albinoleffe, invitò i propri calciatori a confermare l’adesione o a chiamarsi fuori dall’accordo. Fu così che l’unico a dissociarsi fu il calciatore del Siena Mastronunzio, il quale in virtù dei suoi recenti trascorsi tra le file dell’Ascoli, avrebbe preteso che un analogo trattamento di favore il Siena lo riservasse anche alla propria ex squadra, che avrebbe incontrato di lì a poco, anch’essa impegnata, al pari dell’Albinoleffe, nella lotta per non retrocedere. L’allenatore Conte, dopo aver preso atto di tale dissociazione non convocò più, da allora e fino al termine del campionato, il Mastronunzio, sia per le rimanenti gare che per i relativi ritiri, consentendo solo che lo stesso partecipasse agli allenamenti.
La predetta decisione (della quale, peraltro, Conte non ha fornito, in sede di audizione davanti alla Procura Federale, motivazioni credibili, attribuendola, in un primo momento, ad un infortunio del Mastronunzio del tutto inesistente, e, successivamente, al fatto che il predetto calciatore non avesse dimostrato un adeguato spirito di gruppo per avere rifiutato di trasferire il proprio domicilio da Empoli a Siena, peraltro a risibile distanza chilometrica) poteva in effetti essere oggetto di valutazione anche in termini di contributo causale idoneo e finalizzato all’alterazione della gara, efficiente rispetto all’accordo già raggiunto mediante un’attività posta in essere fin dal termine della gara di andata. In tal senso, non risulta altrimenti spiegabile, occorre ribadire, la decisione dell'allenatore Conte di non convocare più il calciatore Mastronunzio (uno dei giocatori maggiormente impiegati nel Campionato avendo totalizzato, fino al momento della sua vera e propria esclusione dalla "rosa della squadra", ben 34 presenze, condite dalla segnatura di 9 reti) neanche tra le riserve, per le ultime gare della stagione. Rileva dunque, oltre tutto quanto premesso, anche che il calciatore Mastronunzio (si badi, soggetto condannato, in via definitiva, per illecito sportivo nel precedente giudizio svoltosi davanti agli Organi di Giustizia Sportiva con riferimento al c.d. "secondo filone di Cremona") aveva chiaramente espresso la propria contrarietà rispetto alla decisione dello spogliatoio del Siena, di fare vincere l'Albinoleffe, ovvero una squadra impegnata nella lotta per non retrocedere in Lega Pro con l'Ascoli (squadra nella quale il Mastronunzio aveva militato in passato). Del predetto episodio, parla, invece, proprio la difesa di Alessio che cerca di dimostrare che l’esclusione del calciatore Mastronunzio sarebbe avvenuta per motivi tecnici; si tratta della terza spiegazione che, nel corso del presente procedimento, è stata fornita della predetta esclusione, dopo quelle dell'infortunio e dello scarso spirito di gruppo dimostrato dal calciatore sopra nominato; peraltro, questa Corte non intende mettere in discussione che Mastronunzio non fosse più titolare dalla 27^ giornata di campionato quanto, invece, il fatto che, dopo la riunione tecnica, svoltasi prima di Ascoli-Siena, nella quale Mastronunzio aveva espresso la propria contrarietà di lasciare la vittoria all'Albinoleffe, il predetto calciatore sia stato messo in pratica fuori rosa. Quanto alla responsabilità specifica del sig. Alessio, questa Corte non può che evidenziare come lo stesso, per la posizione di vice-allenatore, non poteva che essere pienamente consapevole dell'esistenza di un accordo illecito finalizzato ad alterare il risultato della partita Albinoleffe-Siena del 29.5.2011, avendo preso parte alla riunione tecnica nella quale, all'interno dello spogliatoio del Siena, si discusse sull'opportunità di tenere fede all'impegno, assunto con lo spogliatoio dell'Albinoleffe al termine della gara di andata, di alterare, a vantaggio della predetta compagine, il risultato della partita Albinoleffe-Siena del 29.5.2011. Allo stesso modo, il sig. Alessio, per la posizione rivestita, deve ritenersi fosse pienamente consapevole della decisione, assunta dall'allenatore Conte, di escludere dalla rosa della squadra il calciatore Mastronunzio, che si era dissociato dall'accordo illecito per le ragioni più sopra ricordate. Alla luce di quanto sopra, è evidente che anche la condotta tenuta dal sig. ALESSIO Angelo, con riferimento all'incontro di calcio ALBINOLEFFE-SIENA del 29.5.2011, vada ad integrare, nel rispetto dell’iter procedimentale accusatorio definitivamente adottato, quanto meno la violazione dell’art. 7, comma 7, del C.G.S.. Tuttavia, in ordine alla quantificazione concreta della sanzione, si ritiene che il proscioglimento da uno dei due addebiti contestati, in uno al ruolo ancillare e quindi di minore importanza rivestito dal sig. Alessio, consenta di applicare, per motivi di congruità, una lieve riduzione della pena inflitta dalla C.D.N., nei termini di cui a dispositivo e in conformità, peraltro, ai sopravvenuti minimi edittali. Per questi motivi, la C.G.F. in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal sig. Alessio Angelo riduce la sanzione inflitta a mesi 6 di squalifica. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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