F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 062/CGF del 10 Ottobre 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 096/CGF del 21 Novembre 2012 e su www.figc.it 1) RICORSO DELL’A.C. PERUGIA CALCIO S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2012/2103, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 1, C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AI PROPRI AMMINISTRATORI E LEGALI RAPPRESENTANTI PRO TEMPORE, INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER NON AVER OTTEMPERATO ALLE PRESCRIZIONI DELL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFO V, N.O.I.F. (NOTA N. 209/1290 PF11-12 SP/BLP DEL 10.7.2012) – (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico – Com. Uff. n. 17/CDN del 18.9.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 062/CGF del 10 Ottobre 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 096/CGF del 21 Novembre 2012 e su www.figc.it 1) RICORSO DELL’A.C. PERUGIA CALCIO S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2012/2103, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 1, C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AI PROPRI AMMINISTRATORI E LEGALI RAPPRESENTANTI PRO TEMPORE, INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER NON AVER OTTEMPERATO ALLE PRESCRIZIONI DELL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFO V, N.O.I.F. (NOTA N. 209/1290 PF11-12 SP/BLP DEL 10.7.2012) - (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico – Com. Uff. n. 17/CDN del 18.9.2012) Il signor Mauro Lucarini, nella sua qualità di Legale Rappresentante p.t. della società Perugia Calcio S.r.l. di Perugia, ha proposto reclamo, avverso la sanzione in epigrafe comminata - ai sensi dell’art. 4 C.G.S. - dalla Commissione Disciplinare Nazionale, officiata dalla Procura Federale, per violazione del precetto posto dall’art. 85, lett. c), paragrafo V N.O.I.F., nel testo vigente prima del 1° luglio 2012. La sanzione che precede risulta essere stata irrogata poiché gli amministratori della società, Giovanni Moneti e Massimiliano Santopadre, e il Presidente del Collegio Sindacale della stessa, Sergio Malpedi, non avrebbero, i primi due, ottemperato all’obbligo di documentare alla competente autorità federale, nel termine previsto (15 maggio), l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef connesse alle retribuzioni dovute ai tesserati per il mese di marzo 2012, mentre il secondo e il terzo, nella rispettiva qualità, sottoscritto una dichiarazione alla Co.Vi.Soc nella quale si affermava, contrariamente al vero, l’avvenuto pagamento dei descritti tributi. Nel corso del giudizio di primo grado, nei confronti delle persone fisiche deferite è stata applicata, su richiesta degli stessi e ai sensi degli artt. 23 e ssgg. C.G.S., la sanzione della inibizione da ogni attività sportiva per giorni 40 nei confronti dei sigg. Moneti e Malpiedi e per giorni 60 nei confronti del signor Santopadre. Alla società Perugia Calcio S.r.l. è stata invece inflitta la sanzione della penalizzazione di 1 punto in classifica da scontarsi nella corrente stagione agonistica. Nell’atto di gravame sottoposto all’odierna cognizione, la reclamante ha esposto i propri motivi di censura avverso l’impugnata decisione, riproponendo, sostanzialmente le doglianze già avanzate nel precedente grado e che possono, sinteticamente ricondursi a: 1) Limitata autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto alla normativa generale; 2) Omessa e/o insufficiente motivazione della decisione gravata; 3) Inadeguatezza e sproporzionalità della sanzione irrogata. Istruito il ricorso, la discussione è stata fissata per la data odierna alla quale hanno partecipato gli avv.ti Carlo e Gianluca Calvieri, in rappresentanza della società reclamante e il dott. Giuseppe Chiné per la Procura Federale che hanno illustrato ampiamente le ragioni a sostegno delle rispettive pretese. La Corte esaminata la documentazione versata in atti e valutate compiutamente le motivazioni addotte a fondamento del reclamo proposto, ritiene lo stesso infondato e, come tale, non condivisibile. Il motivo centrale della doglianza va ricercato nell’asserita necessarietà o imprescindibilità (nonché applicabilità al caso de quo) della normativa generale in materia di imposizione fiscale, nella specie l’art. 18 TUIR, le cui disposizioni non sarebbero derogabili dall’ordinamento sportivo in ragione delle previsioni di cui al D.L. n. 220/2003, convertito in legge dalla legge n. 280/2003. Pur ricordando quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 49/2011, la difesa ritiene che prevalga in questa sede, anche in ossequio al precetto di cui all’art. 23 Cost., la normativa generale la quale, in caso di conflitto con le regole dell’ordinamento sportivo, non potrebbe che ritenersi connotata da sovra ordinazione o, quanto meno, prevalenza. In pratica, secondo questa tesi, ancorché la normativa federale abbia previsto termini e modi affatto peculiari di adempimento e dimostrazione documentale degli obblighi previdenziali e fiscali, la regula iuris applicabile sarebbe, tout court, quella dell’ordinamento generale, ove divergente da quella sportiva. Per l’effetto, avendo la società proceduto al versamento nelle casse erariali delle ritenute IRPEF il giorno 16 maggio 2012 (in relazione alle retribuzioni relative al mese di marzo 2012), tale pagamento sarebbe da considerarsi tempestivo, pur in presenza di una chiara normativa federale, all’epoca vigente, secondo la quale le società dovevano documentare alla F.I.G.C. l’avvenuto pagamento di quanto precede entro il quarantacinquesimo giorno dalla chiusura del trimestre (in questo caso 31 marzo – 15 maggio). La Corte osserva, a tal riguardo, che l’impostazione argomentativa offerta dalla difesa non appare convincente per le ragioni che seguono. Sgombrato il campo dal richiamo all’art. 23 Cost, non pertinente in quanto l’ordinamento sportivo non impone, ex se, alcuna prestazione patrimoniale di natura fiscale, erronea appare la ritenuta prevalenza, in termini assoluti, della norma generale su quella dell’ordinamento sportivo. Da parte della difesa si ritiene, però, che le norme di cui alla legge n. 218/95 abbiano una loro necessaria e doverosa, nonché irrinunciabile applicazione “escludendo o integrando il diritto proveniente da ordinamenti separati richiamati dalle pertinenti norme in conflitto”(pagg, 7 e 8 della memoria) ma, nel dedurre ciò non si opera, ad avviso della Corte, una corretta applicazione sia dei principi generali che delle norme in particolare. Non va dimenticato che organo sovrano in materia di legislazione primaria è il Parlamento il quale, nel rispetto dei principi costituzionali e dell’ordinamento europeo ex art. 10 Cost. (e nell’esercizio di tale potere nelle materie ad esso riservate in via esclusiva), può, con la discrezionale che gli è propria, modulare l’ambito dei poteri normativi e giurisdizionali purché, come detto, nel rispetto di valori di rango costituzionale. Essendo questo ampiamente noto alla difesa, non può condividersi la censura di totale “esorbitanza” dalle proprie competenze che sarebbe stata compiuta dal Giudice di prime cure nella (ritenuta) erronea applicazione del principio dell’autonomia ordinamentale della Federazione, proprio in ragione di una sua irragionevolezza di fondo allorché considera, comunque, recessivo l’ordinamento sportivo di fronte a norme cogenti dell’ordinamento generale. L’art. 1, comma 2 del D.L. n. 220/2003, nel suo testo vigente, stabilisce che “2. I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo” cosicché “La disposizione disciplina il delicato rapporto tra l'ordinamento statale e uno dei più significativi ordinamenti autonomi che con il primo vengono a contatto, garantendo due diverse esigenze costituzionalmente rilevanti: da un lato, quella dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, cui ampia tutela è riconosciuta dagli artt. 2 e 18 della Costituzione; dall'altro, quella a che non sia intaccata la pienezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quell'ordinamento, siano rilevanti per l'ordinamento giuridico della Repubblica (cfr. Cons. St. sez. VI n. 302/2012). Come ricordato, poi, dalla stessa difesa, la stessa Corte Costituzionale (sent. n. 49/2011) ha riconosciuto che “al comma 1 dell'art. 2 del predetto decreto-legge è stato previsto, peraltro dando veste normativa ad un già affermato orientamento giurisprudenziale, che è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni concernenti, oltre che l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive - cioè di quelle che sono comunemente note come "regole tecniche" - anche «i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari».”. Ma, soprattutto, non si concorda con l’asserita extravaganza dell’applicabilità di norme peculiari, essendo queste giustificate dal solo scopo di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive e, non avendo (implicitamente), la condotta censurata, alcun nesso con esse. Sul punto è agevole replicare che per attività sportiva deve intendersi il complesso degli adempimenti (tecnici e comportamentali, anche di natura fiscale) che, correttamente adempiuti assicurano il regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati: tra queste non può non esservi il puntuale assolvimento di ogni obbligo di natura patrimoniale. Cosicché appare in armonia con la riconosciuta autonomia il potere di imporre regole che, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, disciplinino, in modo peculiare e senza imposizioni dotate di maggiore afflittività, il corretto adempimento di obblighi di natura fiscale. Modalità, va detto, proprie di un ordinamento cui la società ha consapevolmente e volontariamente aderito. Quanto alle prospettate situazioni soggettive di danno derivanti dall’applicazione delle norme disciplinari evocate, la loro cognizione è riservata al giudice ordinario e non possono essere affrontate in questa sede, se non nel ristretto limite della considerazione che trattasi di una eventuale conseguenza della sanzione disciplinare, che non può incidere sulla valutazione della sussistenza della violazione ascritta. Ciò posto, giudizio parimenti negativo deve formularsi anche sulle altre ragioni di doglianza. Ora, se è indubitabile che la norma qui applicata è stata modificata con successivo intervento sull’ordinamento sportivo, ugualmente non può porsi in dubbio (anzi ne rappresenta una conferma, Come evidenziato dalla Procura in sede di discussione) che alla data del 15/16 maggio 2011 essa trovava piena ed indiscussa applicazione. Né vale la pretesa, per il principio del tempus regit actum e dell’art. 11 delle preleggi, che la nuova e diversa disciplina (non di contenuto più favorevole, trattandosi di regola organizzatoria che non modifica, nel suo contenuto sostanziale, la condotta doverosa) possa aver introdotto una sorta di retroattività della norma più favorevole, così ai sensi dell’art. 2 c.p. trattandosi, in quel caso, di disciplina di settore non estensibile al caso de quo. L’innovazione normativa, quindi, ancorché condivisibile, non può essere letta come censura e correttivo del precedente assetto ma solo come volontà di dare diversa modulazione organizzatoria ad un precetto formale. In questo non vi può essere letta, esplicitamente o implicitamente, una negazione della legittimità delle precedenti regole. Alla luce delle presenti considerazioni, allora, va ribadito che la sanzione “minima” di un punto di penalizzazione, ai sensi dell’art. 10.3 C.G.S. appare sanzione correttamente irrogata nell’an e assolutamente congrua nel quantum. Sotto il profilo della sufficienza motivazionale sono state adeguatamente esplicitate, dal giudice di prime cure, le ragioni giustificatrici della sanzione, soprattutto anche in considerazione del fatto che non può rinvenirsi alcuna buona fede nell’aver sottoscritto, da parte del legale rappresentante della società, la dichiarazione datata 10.5.2012 ove, in ben due parti della stessa, è evidenziato il dovere della società, entro il 15 maggio 2012, di provvedere ai suoi obblighi fiscali e previdenziali e dove, si dichiara addirittura l’allegazione della “relativa documentazione” (cosa impossibile da farsi atteso che, a quella data, non vi era stato alcun versamento). Ulteriore motivo di conforto si trae dalla dichiarazione del professionista incaricato allorché egli conferma di aver ricevuto fin dal luglio 2011 una generica delega di pagamento dei tributi (in tutta evidenza sempre, evidentemente, rispettate in precedenza) ma dove, però, omette di indicare in quale data ha ricevuto l’autorizzazione ad effettuare i pagamenti che precedono. Nessun argomento a sostegno della pretesa “buona fede” può trarsi dai due documenti. In conclusione, il complesso degli elementi che precedono costituisce, quindi, il fondamento del convincimento di questa Corte che la decisione gravata sia meritevole di integrale conferma. Il ricorso del Perugia Calcio S.r.l. di Perugia dev’essere, pertanto, respinto. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dall’A.C. Perugia Calcio S.r.l. di Perugia. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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