F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 072/CGF del 25 Ottobre 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 115/CGF del 19 Dicembre 2012 e su www.figc.it 1. RICORSO CALC. ALESSANDRO PELLICORI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3 E MESI 6: – AI SENSI DELL’ART. 7 COMMI 1, 2, 5 E 6 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA EMPOLI/MANTOVA DEL 23.3.2010; – AI SENSI DELL’ART. 7 COMMA 7 IN RELAZIONE ALLE GARE GROSSETO/MANTOVA DEL 15.3.2010, BRESCIA/MANTOVA DEL 2.4.2010, INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTE NN. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’ 8 MAGGIO 2012 E 562/33PF11-12/SP/BLP DEL 26.7.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 25/CDN del 2.10.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 072/CGF del 25 Ottobre 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 115/CGF del 19 Dicembre 2012 e su www.figc.it 1. RICORSO CALC. ALESSANDRO PELLICORI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3 E MESI 6: - AI SENSI DELL’ART. 7 COMMI 1, 2, 5 E 6 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA EMPOLI/MANTOVA DEL 23.3.2010; - AI SENSI DELL’ART. 7 COMMA 7 IN RELAZIONE ALLE GARE GROSSETO/MANTOVA DEL 15.3.2010, BRESCIA/MANTOVA DEL 2.4.2010, INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTE NN. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’ 8 MAGGIO 2012 E 562/33PF11-12/SP/BLP DEL 26.7.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 25/CDN del 2.10.2012) Il calciatore Alessandro Pellicori, all’epoca dei fatti in contestazione tesserato in favore della società A.C. Mantova S.r.l. di Mantova, ha proposto ricorso avverso la decisione, riportata in epigrafe, con la quale la Commissione Disciplinare Nazionale, all’esito del giudizio celebratosi l’11 e 26 settembre 2012, gli ha inflitto la sanzione della squalifica per anni 3 e mesi 6 quale responsabile di illecito sportivo (in relazione alla gara Empoli/Mantova del 23.3.2010) e di omessa denuncia (in relazione alle gare Grosseto/Mantova del 15.3.2010 e Brescia/Mantova del 2.4.2010). La difesa del calciatore, rappresentata dall’avv. Stefano Rodella, ha chiesto l’integrale riforma della decisione del giudice di primo grado oppure, in subordine, la riqualificazione dei fatti relativi alla gara Empoli/Mantova come violazione di quanto previsto dall’art. 7 comma 7 C.G.S., con consequenziale rideterminazione della complessiva sanzione inflitta,. deducendo che la Commissione Disciplinare Nazionale avrebbe errato nel conferire credibilità alle dichiarazioni accusatorie del giocatore Gervasoni - del quale si chiede in via istruttoria l’escussione in sede dibattimentale – e, nel ritenere congruenti a quelle le affermazioni del calciatore Carobbio. Per l’effetto, con una motivazione estremamente sintetica, avrebbe inflitto la sanzione di cui si discute omettendo di valutare puntualmente l’attendibilità soggettiva del dichiarante Gervasoni e la riscontrabilità oggettiva delle ricostruzioni fattuali degli illeciti riferite da quest’ultimo. Ci si duole, pertanto, del credito dato dalla Commissione Disciplinare alle affermazioni autoeteroaccusatorie del Gervasoni e di come esse si rivelino imprecise e generiche nonché carenti di puntuali riferimenti logici. La doglianza è rivolta, quindi, avverso una decisione che si reputa palesemente affetta da insuperabile carenza probatoria e si chiede che, in riforma, la squalifica inflitta al Pellicori sia annullata o riformata, anche per effetto della chiesta riqualificazione dell’illecito contestato in riferimento alla gara Empoli/Mantova del 23.3.2010. L’esame della vicenda posta alla cognizione della Corte richiede, però, che si proceda preliminarmente ad una ricostruzione fattuale, pur sintetica, nonché ad una sua contestualizzazione processuale. Il procedimento di cui ci si occupa ha la sua genesi, in primis, nell’atto di deferimento del Procuratore Federale dell’8 maggio 2012. Con tale provvedimento il Requirente ha officiato la Commissione Disciplinare Nazionale delle risultanze di un’articolata indagine compiuta, a seguito di notizie stampa relativa un’indagine penale condotta dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria di Cremona nei confronti di un’associazione criminale che, con il contributo stabile o solo occasionale di tesserati F.I.G.C., mirava – attraverso l’alterazione delle gare calcistiche del campionato italiano, nelle sue diverse categorie – a conseguire ingenti, illeciti profitti mediante scommesse sui risultati finali o parziali delle stesse nonché sul numero delle segnature realizzate. Il Procuratore Federale ha chiesto ed ottenuto dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria di Cremona, ex art. 2 della legge n. 401/89 ed ex art. 116 c.p.p. , la trasmissione degli atti relativi alla descritta, complessa attività investigativa che, peraltro, costituisce il prosieguo di altre investigazioni già riferite alla Procura Federale nella primavera-estate del 2011 e già oggetto di cognizione da parte di questa Corte (vedi fra gli altri, Com. Uff. n. 061/CGF – n. 043/CGF e n. 056/CGF). Sulla base di tale documentazione la Procura Federale ha poi proceduto a svolgere autonoma attività di accertamento a conferma dei comportamenti illeciti dei tesserati della Federazione che ha consentito, secondo l’impianto accusatorio posto alla valutazione del giudicante, di acquisire elementi di oggettivo conforto sulla sussistenza sia della predetta associazione, costituita anche in dispregio di quanto previsto dall’art. 9 C.G.S., sia della fitta rete di contatti stabili tra i tesserati, tutti univocamente preordinati al conseguimento delle finalità illecite del sodalizio (ossia quello di alterare il normale contesto agonistico delle partite, anche attraverso un’intensa opera di reclutamento, affiliazione o anche solo episodica partecipazione di altri tesserati) sia, da ultimo, sull’esistenza di un generalizzato sistema di colpevole silenzio da parte di coloro che, pur non direttamente partecipi al progetto criminoso, ne traevano anche profitto effettuando scommesse in violazione del divieto imposto dall’art.6 C.G.S.. Su questo quadro di fondo va inserita la specifica vicenda oggetto della presente cognizione. La Procura Federale, nel suo atto di deferimento alla Commissione Disciplinare Nazionale, poi rinnovato con nota del 26 luglio 2012, ha contestato al sig. Alessandro PELLICORI di aver, in concorso con altri tesserati (Carlo Gervasoni e Riccardo Fissore), all’epoca dei fatti per la società A.C. Mantova s.r.l. nonché soggetti estranei all’ordinamento sportivo, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato delle gare Empoli-Mantova del 23.3.2010, Brescia-Mantova del 2.4.2010 e Cittadella-Mantova del 24.4.2010, nonché omesso di denunciare alla Procura Federale – come suo preciso obbligo ex art. 7, comma 7 C.G.S. – l’esistenza di progetti finalizzati ad uguale alterazione della gara Grosseto-Mantova del 15.3.2010,. Nel provvedimento di accusa la contestazione è stata formulata con il conforto delle dichiarazioni autoeteroaccusatorie di Carlo Gervasoni e di Filippo Carobbio (anche se quest’ultimo riferite ad altri progetti illeciti) e degli elementi di conferma indiretta forniti dallo stesso Alessandro Pellicori. In particolare il Gervasoni, interrogato dal G.I.P. di Cremona in data 22.12.2011 aveva confermato di essere stato coinvolto in una serie di progetti di alterazione di partite e, in ordine alla partita Empoli-Mantova del 23.3.2010 aveva affermato”…la partita Empoli-Mantova l’abbiamo fatta con Pellicori e Fissore del Mantova. Quest’ultima l’abbiamo persa 4-0. Abbiamo avuto 90.000 euro”. Una settimana più tardi, lo stesso calciatore aveva confermato la circostanza in esame al P.M. del Tribunale di Cremona “Ribadisco il mio coinvolgimento nella partita Empoli-Mantova “fatta” con Fissore e Pellicori. Non sono sicuro che quest’ultimo abbia giocato nonostante fosse al corrente della combine”. Nella stessa occasione aveva anche affermato “Ribadisco il mio coinvolgimento anche in Cittadella-Mantova, “fatta” con Pellicori e Fissore. Quest’ultimo, così come avvenuto in Brescia-Mantova, era a conoscenza dell’accordo ma non partecipò alla partita…” ed anche che “Quanto alla partita Grosseto-Mantova del 15 marzo 2010 devo dire che effettivamente ci fu un progetto di manipolazione. Io mi recai a Grosseto unitamente a Gegic … L’iniziativa non andò in porto. Io mi limitai a parlare al telefono con Carobbio che all’epoca militava nel Grosseto…” “Non sono a conoscenza di manipolazioni sulla partita Padova-Mantova. Non so come si spieghi la presenza degli slavi a Mantova, il giorno dopo la partita…” Affermazioni di conforme contenuto erano state rilasciate dal giocatore Filippo Carobbio al GIP di Cremona il 20.12.2011 in relazione alla partita Grosseto-Mantova e al Procuratore della Repubblica di quella città in data 17.4.2012, nelle quali confermava l’esito negativo della “combine” relativa alla partita Grosseto-Mantova. Il giocatore Pellicori, interrogato dal Procuratore Federale in data 15.3.2012, pur negando ogni tentativo di alterazione, ha descritto, in modo puntuale e sintomatico, una cena avvenuta tra lui, Fissore e Gervasoni, in compagnia di non meglio indicati “stranieri” legati al mondo del calcio, forse mediatori, ma dei quali il Gervasoni, qualche giorno dopo, riportò offerte di “combine”. La posizione dell’odierno convenuto è stata però stralciata dalle altre posizioni esaminate nei giorni 1-2 luglio 2012 in quanto, nel frattempo, era stato attinto da misura di custodia cautelare ed esaminata, a seguito di apposita autorizzazione del G.I.P. di Cremona comunicata alla Commissione Disciplinare Nazionale dal Requirente con nota n.562/33pf11-12/SP/blp del 26 luglio 2012, nei giorni 11 e 26 settembre 2012, unitamente ad altre posizioni di tesserati. Quel Collegio ha ritenuto, con la decisione impugnata ed in parziale accoglimento delle conclusioni formulate dalla Procura Federale, che il sig. Alessandro Pellicori sia responsabile di illecito sportivo, ai sensi dell’art. 7, commi 1, 2, 5 e 6 C.G.S. con specifico riguardo alla partita Empoli-Mantova del 23.3.2010 e di omessa denuncia, ex art. 7, comma 7 C.G.S. in relazione agli incontri Grosseto-Mantova del 15.3.2010 e Brescia-Mantova del 2.4.2010. Non ha ritenuto, invece, raggiunta prova certa della responsabilità del medesimo giocatore, per il contestato illecito sportivo, in relazione alle gare Cittadella-Mantova del 24.4.2010 e Brescia-Mantova del 2.4.2010. In esito all’accertata, complessiva condotta contra ius del giocatore Pellicori, gli ha inflitto la sanzione della squalifica per anni tre e mesi sei. Dinanzi a questa Corte, il giorno 25 ottobre 2012, l’avv. Rodella, pur esprimendo la propria moderata soddisfazione per la riconosciuta estraneità del suo assistito a due dei tre illeciti ex art 7,commi 1,2,5,6 C.G.S. da parte della Commissione Disciplinare, ha però ribadito la estraneità del Pellicori ad ogni progetto di “combine” e la materiale impossibilità di denunciare le proposte criminose ricevute dal Gervasoni sia per la ravvicinata consequenzialità temporale della proposta e della successive revoca della stessa per la partita Grosseto-Mantova sia perché convinto che l’annunciata “combine” della gara Brescia-Mantova non si fosse affatto realizzata. Quanto all’illecito contestato per la gara Empoli-Mantova il difensore ha contestato la decisione in punto di assenza di coerenza e convergenza delle dichiarazioni accusatorie di Gervasoni, asseritamente confermate dal Carobbio ed ha concluso chiedendo l’assoluzione del proprio patrocinato. Analoghe considerazioni e affermazioni di estraneità a qualsivoglia illecito sono state rese dal giocatore Pellicori. Il Procuratore Federale avv. Stefano Palazzi ha ribadito la propria richiesta di conferma della sanzione inflitta in primo quadro sulla base della credibilità delle dichiarazioni rese dal Gervasoni, dal Carobbio, indirettamente confermate dal PELLICORI ma soprattutto in riferimento sia alle nuove acquisizioni probatorie che hanno convinto l’A.G. di Cremona ad emettere provvedimento restrittivo nei confronti dell’odierno convenuto sia a quanto già emerso nelle indagini complessivamente espletate dalle autorità croate e con riguardo alle conversazioni telefoniche accertate. LA CORTE Esaminati gli atti e valutate appieno le argomentazioni addotte dalle rispettive parti a sostegno delle loro tesi, ritiene che il ricorso proposto dal giocatore Alessandro Pellicori non possa essere accolto in ragione del fatto che, ad avviso di questo Collegio, la commissione dell’ illecito p. e p. dall’art. 7 commi 1,2,e 5 C.G.S. sia più che sufficientemente provato, al pari delle contestate violazioni dell’art. 7, comma 7 C.G.S.. La difesa dell’appellante ha fondato le proprie argomentazioni sull’assunto che le “inopinate” dichiarazioni del Gervasoni rappresenterebbero l’unico sostegno dell’accusa, prive di qualsiasi riscontro logico o giuridico, rilasciate da un soggetto privo di credibilità, non adeguatamente sorrette da coincidenti o convergenti affermazioni di altro indagato (Filippo Carobbio). In sostanza, ci si duole che la Commissione Disciplinare Nazionale abbia irrogato la sanzione de qua su una serie di circostanze a contenuto illecito, riferite da un soggetto pesantemente coinvolto nell’indagine penale (e in quella sportiva) e privo, per ciò solo, della necessaria autorevolezza a rappresentare valida fonte di prova. Ciò premesso, la Corte, in via preliminare, deve respingere l’istanza istruttoria avanzata dalla difesa nella convinzione che da quell’adempimento istruttorio (contraddittorio tra Gervasoni e Pellicori) nulla potrebbe essere acquisito, con profili di novità rispetto a quanto già noto, frutto di plurime e conformi dichiarazioni dei due giocatori, ulteriormente confermate da Pellicori nel corso dell’audizione odierna. Nel merito, va detto che appare non inutile ad un corretto inquadramento descrittivo fenomenico e giuridico una breve ricostruzione della vicenda che ne consenta una migliore intelligibilità. A seguito di notizie stampa circa attività istruttoria condotta dalla Procura della Repubblica di Cremona sull’attività di una associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva mediante alterazione del corretto svolgimento di partite di calcio dei vari campionati svolgentisi sotto l’egida federale (reato mezzo) ed effettuazione di scommesse in denaro sulle stesse gare, dall’esito scontato alla luce dell’attività presupposta (reato fine), scommesse in ogni caso vietate ai tesserati ai sensi dell’art. 6 C.G.S., il Procuratore Federale aveva richiesto agli inquirenti di poter acquisire copia degli atti di interesse per poter avviare l’azione di propria competenza. Acquisita, nel corso di proficua e prolungata collaborazione, la documentazione messa a disposizione dall’Autorità Giudiziaria ordinaria (Procura della Repubblica ed Ufficio del G.I.P. del Tribunale di Cremona) la Procura Federale ha provveduto ad effettuare l’attività istruttoria di propria competenza, nel corso della quale diversi tesserati, che nella precedente sede avevano già fornito ampia ed illuminante collaborazione, hanno confermato le loro dichiarazioni autoeteroaccusatorie mentre altri hanno negato il loro coinvolgimento. Va detto, in primo luogo e sul piano fattuale, che non può dubitarsi dell’esistenza di una vasta e radicata organizzazione delinquenziale transnazionale gestita, al vertice, da soggetti estranei all’ordinamento sportivo ma nella quale si collocavano, indubitabilmente in posizione di assoluto rilievo (vedi, da ultimo, ordinanza custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Cremona il 2 febbraio 2012), tesserati di questa Federazione, ai quali era stata affidata la responsabilità di coinvolgere altri soggetti, in organico a società calcistiche, in tutte le fasi, preparatorie ed esecutive, del disegno criminoso, nonché di “garantire” il buon esito degli accordi illeciti. Il raggiunto grado di certezza – anche se allo stato di indagini preliminari penali – della sua esistenza, delle sue dimensioni transazionali e della sua pericolosità, ancorché acclarata nell’ambito di un ordinamento giudiziario diverso e indipendente rispetto all’ordinamento sportivo (autonomia dell’ordinamento sportivo confermata dalla Corte Costituzionale in sent. n. 49/2011), non può non essere assunto come dato acquisito nel presente procedimento, anche se le risultanze cui si è pervenuti in quella sede debbano essere intese solo come risultato fattuale e senza che questo privi l’autorità sportiva del potere di procedere ad autonome verifiche e, se del caso, acquisizioni istruttorie sui fatti illeciti addebitati a soggetti giuridici sottoposti a questo ordinamento. Né, del pari, viene meno la possibilità di pervenire, sugli stessi fatti materiali, ad un convincimento proprio, fondato appunto su una indipendente valutazione circa la sussistenza o meno di comportamenti costituenti violazione di norme federali. Questo non esclude, ovviamente, che si possa giungere a coerenti e collimanti affermazioni di responsabilità, atteso che norme penali e regole federali hanno, pur con genesi diversa e procedimentalizzazioni perspicue, finalità omogenee quanto al ripristino dell’ordine violato e all’affermazione di principi superindividuali ed essenziali per l’organizzazione sociale.. Principi e regolae iuris che pur esplicando la loro diretta ed immediata incidenza nell’ordinamento che li prevedono, non escludono che la loro essenza possa essere – per la loro forza persuasiva e intrinseca condivisione - trasfusa in ordinamenti diversi nella generale esigenza, propria di ogni società civile, di salvaguardare – sempre e comunque – i valori etici fondanti ogni communitas, antica o moderna che sia. La valenza generale di principi di diritto comune (nel rispetto dell’autonomia degli ordinamenti) fa sì che anche nell’ordinamento sportivo – e federale in questo caso – ogni responsabilità sia affermata in base ad oggettivi riscontri e non mere illazioni, dicerie, congetture che non hanno dignità di prova o di argomento di prova. Nell’implicito richiamo a questo principio cardine di ogni sistema processuale la difesa del calciatore Pellicori si lamenta che sia stata irrogata una sanzione gravemente afflittiva in base alle sole dichiarazioni di soggetto sodale ad un sistema criminoso, asseritamente rimaste prive di adeguato riscontro.. Sul punto deve affermarsi che se è vero che l’ordinamento giustiziale federale è improntato a dare tempestiva risposta alle condotte poste in essere in violazione dei suoi canoni, è altresì vero che un pronto riscontro non possa essere valutato come mera concretizzazione di una sorta di giustizia sommaria e meramente indiziaria: celerità e giustizia effettiva non sono termini antitetici di un sistema ma assolutamente complementari in un contesto processuale che ha quale suo essenziale scopo quello di ripristinare l’ordine giuridico vulnerato. E, allora, se l’esigenza era ed è quella di valutare l’efficacia probatoria delle dichiarazioni autoeteroaccusatorie rese, non può dirsi che ciò non sia stato fatto dal giudice di primo grado, ancorché la convinzione raggiunta sia stata estrinsecata in maniera sintetica ma, si ritiene, sicuramente esaustiva nei suoi essenziali parametri di giudizio. La difesa del Pellicori ha centrato le sue censure sulla presunta inattendibilità/credibilità del giocatore Gervasoni, ritenuto unica fonte probatoria utilizzata dall’accusa – e dal giudice di prime cure che ne ha condiviso la tesi – omettendo di “verificare”, ad esempio, se la presunta convergenza delle dichiarazioni rese dal Gervasoni e dal Carobbio non sia stato il frutto di un “concerto calunnioso”. E’ bene, su questo, rammentare che il parametro cui fare rinvio per valutare le dichiarazioni di Gervasoni (e Carobbio) è quello posto dall’art. 192, commi 3 e 4 c.p.p. e la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha avuto costantemente modo di affermare che “In tema di valutazione della prova, allorché il chiamante in correità rende dichiarazioni che concernono una pluralità di fatti-reato commessi dallo stesso soggetto e ripetuti nel tempo, l’elemento esterno di riscontri in ordine ad alcuni di essi fornisce sul piano logico la necessaria integrazione probatoria a conforto della chiamata anche in relazione agli altri purché sussistano ragioni idonee a suffragare un tale giudizio e ad imporre una valutazione unitaria delle dichiarazioni accusatorie, quali l’identica natura dei fatti in questione, l’identità dei protagonisti o di alcuni di loro, l’inserirsi dei fatti in un rapporto intersoggettivo unico e continuativo. Infatti, gli elementi integratori della prova costituita da dichiarazioni rese da un imputato dello stesso reato o di un reato connesso, ex art. 192 c.p.p., comma 3, possono essere della più varia natura, e quindi anche di carattere logico, purché riconducibili a fatti esterni a quelle dichiarazioni” (Cass. pen. VI sez., n. 41352/2010 e giurisprud. ivi richiamata). Nello stesso senso Cass. pen. Sez. Vi n. 42705/2010 “In tema di valutazione della chiamata in correità proveniente da un soggetto che abbia reso dichiarazioni complesse, oggetto della valutazione è la dichiarazione globale del chiamante, relativamente ad un determinato episodio criminoso nelle sue componenti oggettive e soggettive, e non ciascuno dei punti dallo stesso riferiti. Ne consegue che per stabilire l'attendibilità di una dichiarazione concernente più chiamate fra loro strettamente collegate, si può tener conto anche solo di alcuni aspetti significativi di essa, in modo che, una volta effettuata l'operazione con esito positivo, il giudice di merito possa legittimamente riconoscere valore probatorio a tutta la dichiarazione e non solo a quella specificamente riscontrata.” La conseguenza, sul piano ermeneutico, è che le dichiarazioni di un correo che descrive un complesso fenomenico che, nella sua generalità, si è dimostrato ampiamente attendibile, non possono essere messe in discussione se, nel riferire una quantità significativa di episodi, incorra in qualche errore di dettaglio o se non si acquisisca agli atti un puntuale, convenzionale riscontro oggettivo documentale, magari di natura negoziale, che dimostri in su base cartacea l’impegno dei sodali allo svolgimento dell’attività criminosa. Il riscontro, sul piano logico, di un singolo fatto può essere, quindi, ragionevolmente rinvenuto allorché esso si inserisca – senza palesi contraddizioni – in un contesto più generale che ha trovato oggettive e positive verifiche esterne e senza che esso possa essere svilito, come tenta di fare la difesa, con sospetti di un progressivo, artificioso arricchimento di affermazioni rese in un’occasione precedente, perché la complessità del fenomeno e la sua articolata propagazione su più partite e campionati può ben essere il viatico a ricordi che, via via, si focalizzano in maniera sempre più precisa. Nella fattispecie in esame va detto che le dichiarazioni del giocatore Gervasoni non possono, ad avviso del Collegio, essere liquidate – questo è il tentativo della difesa - come frutto di una folgorazione sulla via di Damasco od essere meno credibili se rilasciate da un soggetto che a 27 anni avrebbe cominciato a combinare partite poiché, a parte la scarsa utilità di simili, ironiche asserzioni, va detto che, contrariamente a quanto affermato dalla difesa non solo esse, in generale, trovano ampio e consolidato riscontro nelle convergenti e non contraddittorie dichiarazioni di altri tesserati, ma positivo riscontro emerge anche dalle risultanze investigative dell’Autorità Giudiziaria ordinaria, acquisite dalla Procura Federale e dal rappresentante di quest’ultima, tutte puntualmente evocate in dibattimento. Gervasoni ha dichiarato, in relazione alla partita Grosseto-Mantova del 15.3.2020, al P.M. di Cremona, in data 27.12.2011, che la gara rientrava in un progetto di alterazione del risultato ma che questo progetto non andò a buon fine, come confermato anche dal Carobbio (alla Procura Federale il 29.2.2012). A tal riguardo il Pellicori, sentito dal Procuratore Federale il 15.3.2012, ammise di aver ricevuto una proposta di “combine” dal Gervasoni la settimana precedente l’incontro e di averla sdegnosamente rifiutata e di aver preso atto che il tentativo non era comunque andato a buon fine dalle parole dello stesso proponente che lo aveva raggiunto il giorno della partita. Lo stesso Gervasoni, in relazione all’incontro Brescia-Mantova del 2 aprile 2010 ammise al P.M. penale in data 27.11.2011 “Ribadisco il mio coinvolgimento nella manipolazione della partita Brescia-Mantova del 2 aprile 2010. Nella stessa era coinvolto anche Alessandro Pellicori ed abbiamo ricevuto complessivamente €. 60.000. Quando ho respinto il pallone sulla linea di porta, provocando l’ira degli zingari, si è trattato di un fatto istintivo…..” Il Pellicori, in data 15.3.2012, dichiarò al rappresentante della Procura Federale che (dopo un paio di settimane dall’incontro precedente), “qualche giorno prima della partita casalinga con il Brescia Gervasoni mi disse che anche per quella partita c’era la possibilità di fare un over e guadagnare 10/15.000 euro. Reagii ancora più duramente della volta precedente dicendogli che doveva smetterla di farmi simili proposte perché altrimenti avrei reso pubblica la sua situazione riferendola ai dirigenti ed ai miei compagni di squadra….” Per entrambe le partite la Commissione Disciplinare Nazionale ha ritenuto il Pellicori responsabile della violazione dell’art. 7, comma 7 C.G.S., (così derubricato l’originario deferimento, ai sensi dell’art. 7, commi 1,2,5 e 6 C.G.S.) ma la difesa ne contesta il nucleo fondante poiché il Pellicori, nella prima occasione, non ebbe il tempo materiale di denunziare alcunché per il “rapido dietro front” del Gervasoni e, nel secondo caso (partita Brescia-Mantova), per il maturato convincimento che il “miracoloso” gesto atletico del Gervasoni fosse la dimostrazione che la partita si era svolta regolarmente. La stessa difesa ha negato, poi, qualsiasi coinvolgimento del giocatore nell’alterazione della gara Empoli-Mantova del 23.3.2010 o finanche una puntuale affermazione. Le obiezioni della difesa non colgono nel segno – anche limitandoci alla sola contestazione ex art. 7, comma 7 C.G.S. – perché la sua chiara violazione è evidente anche solo a volersi attenere a quanto dichiarato dal giocatore e, a tutto concedere, anche a non voler conferire il dovuto risalto a quelle emergenze istruttorie alle quali la stessa difesa ha omesso di fare riferimento. Infatti, per quanto riguarda la partita Grosseto-Mantova del 15.2.2010, il Gervasoni, nelle dichiarazioni rese al P.M. penale il 27.12.2011 affermò “ Quanto alla partita Grosseto-Mantova del 15 marzo 2010 devo dire che effettivamente ci fu un progetto di manipolazione. Io mi recai a Grosseto unitamente a G. e ci siamo incontrati con R. e S. Personalmente mi sono limitato ad attendere notizie sul da farsi qualora gli slavi avessero raggiunto un accordo che coinvolgesse tutte e due le squadre. L’iniziativa non andò in porto. Io mi limitati a parlare al telefono con Carobbio che all’epoca militava nel Grosseto”. Il Carobbio, da parte sua, ammise la circostanza, anche se affermò di aver rifiutato la combine ma di aver saputo, dallo stesso Gervasoni, che anche i giocatori Pellicori e Fissore erano stati contattati. Il Pellicori non ha mai smentito la circostanza e, quindi, per questo solo fatto – ossia l’essere venuto, quanto meno, a conoscenza, di un progetto di “combine”- deve ritenersi integrato nei suoi confronti l’obbligo di denunciarlo agli organi federali. L’interessato non vi ha provveduto e, a tale scopo, non può condividersi quanto assunto dalla difesa, ossia che (partita Grosseto-Mantova) la repentinità della revoca della proposta avrebbe degradato il comportamento sino a farlo rientrare sotto la soglia dell’irrilevanza disciplinare. Nell’altra contestazione (partita Brescia-Mantova) incredibile è poi la motivazione auto assolutoria proposta, ossia che il gesto atletico del Gervasoni fosse dimostrativo di una intervenuta resipiscenza. Nel primo caso è lo stesso PELLICORI che contraddice l’assunto allorché, in sede di audizione, si riferisce ad una proposta ricevuta diversi giorni prima della gara e ad un “dietro-front” avvenuto la mattina dell’incontro, con un arco temporale apprezzabilmente lungo e assolutamente idoneo a denunciare il fatto che, ai sensi di quanto disposto dall’art. 7, comma 7 C.G.S. va riferito “senza indugio” agli organi federali. Nel secondo caso la patente violazione delle disposizioni si apprezza nel fatto che non solo il PELLICORI non ha affatto denunciato la proposta di “combine” ma, anche a prestar fede alla sua ricostruzione, avrebbe quanto meno atteso la fine dell’incontro per ottemperare al richiamato obbligo, sentendosi sollevato solo con l’intervento atletico del Gervasoni, da lui – motu proprio – reputato indicativo di un fattivo ripensamento. Non è, e non era, attribuito al PELLICORI alcun potere di valutazione sulla concretizzata, o meno, contravvenzione alle norme ma a lui incombe solo l’obbligo di riferire prontamente la “notitia criminis” della quale era venuto a conoscenza. La sanzione inflitta dalla Commissione Disciplinare Nazionale appare, pertanto, condivisibile. Adesione merita anche, ad avviso di questa Corte, anche l’affermazione di responsabilità, per illecito sportivo aggravato dalla realizzazione dell’evento (art. 7, commi 1,2,5 e 6 C.G.S.), del medesimo giocatore per l’incontro Empoli-Mantova del 23.3.2010. Depongono per il raggiunto convincimento una serie continua, coordinata e convergente di elementi e non soltanto, come propende la difesa, le dichiarazioni di Gervasoni e Carobbio, asseritamente non coerenti tra loro e non unidirezionali. Gervasoni riferisce al G.I.P. di Cremona, in data 22.12.2011 che “La partita Empoli- Mantova l’abbiamo fatta, con PELLICORI e FISSORE del Mantova. Quest’ultima l’abbiamo persa 4-0. Abbiamo avuto 90.000 euro”. La stessa ammissione è stata ripetuta alcuni giorni dopo, precisamente il 27.12.2011, al P.M. della Procura della Repubblica di Cremona, in un più ampio contesto di autoaccusa e ugualmente confermata il 12.3.2012 allo stesso P.M. e il 13.4.2012 al rappresentante della Procura Federale. Carobbio, Fissore e Pellicori negano un loro coinvolgimento nella “combine” ma non possono negare né di aver avuto contatti tra di loro (con proposte accettate o meno) per l’alterazione di gare ma soprattutto non possono negare di aver partecipato, insieme ad alcuni esponenti degli “zingari” ad una cena, anche se riferiscono – ma la circostanza non è credibile – di essere stati separati da quelli e di non aver avuto alcun contatto con costoro. Logica vuole che l’invito non fosse casuale e che, a tavola, si fosse parlato del progetto criminoso, come riferito poi dal Gervasoni, le cui affermazioni circa il coinvolgimento del Pellicori nel disegno diretto all’alterazione di tutta una serie di gare trovano plausibile, credibile riscontro nell’attività investigativa dell’A.G. di Cremona e croata. Fin dalla prima ordinanza di custodia cautelare – quella emessa a carico di Gervasoni ed altri e nella quale il Pellicori già risulta indagato per i fatti che giustificarono, poi e tra l’altro, il suo arresto – si legge (pag. 66) che “ Dagli elementi acquisiti in Croazia è stato riscontrato che tra i calciatori italiani collegati con gli emissari dell’organizzazione criminale figurano Gervasoni Carlo e CAROBBIO Filippo, attuale calciatore dello Spezia…Le indagini croate hanno svelato l’alterazione o il tentativo di alterazione della genuinità di 5 partite del campionato di serie B italiana, della stagione 2009/2010 tramite l’intermediazione di G.A., con la diretta partecipazione di Gervasoni Carlo e Pellicori Alessandro, entrambi militanti nel Mantova… Nel concreto sono state oggetto di accordo illecito le partite Brescia-Mantova (2.4.10), Cittadella-Mantova (24.4.2010)…”. Per correttezza va detto che la Commissione Disciplinare non ha ritenuto sufficienti (interamente o parzialmente) gli elementi acquisiti in quella sede per giungere all’affermazione di responsabilità per illecito del Pellicori in relazione a queste due partite. In ogni caso, per la prima partita la rogatoria esperita con le autorità croate ha fatto emergere che “in data 1 aprile 2010 A.G. informava V.S. che i giocatori della AC Mantova Gervasoni Carlo e Pellicori Stefano avevano accettato di alterare il risultato della partita di calcio tra Brescia e Mantova che si giocava il 2.4.2010. Di ciò V.S. informava, a sua volta, A.S. … In seguito al consenso ricevuto da V.S., A.S. consegnava allo stesso giocatore del Mantova (Gervasoni) una non precisata somma di denaro affinché la squadra di Brescia vincesse la partita con due e più gol di scarto…ma con la vittoria di Brescia per un gol a zero, V.S. chiedeva a Carlo Gervasoni la restituzione del denaro anticipato a titolo di compenso”. Ed ancora si legge a pag. 129 un resoconto delle autorità croate per cui “l’1.4.2010 G.A. ha comunicato a S.V. che i giocatori del Mantova Gervasoni Carlo e Pellicori Alessandro avevano accettato di truccare il risultato della partita Brescia-Mantova…” Per la gara Cittadella-Mantova del 24.4.2010 le stesse autorità croate riferiscono che”…V.S. partiva per l’Italia e, nella stessa giornata del 24.4.2010, s’incontrava con Carlo Gervasoni, giocatore del Mantova, con il quale raggiungeva l’accordo affinché egli, d’intesa con il calciatore Alessandro Pellicori ed un altro giocatore non identificato del Mantova, in cambio di un compenso in denaro, alterassero il risultato della suddetta partita…” Nello stesso provvedimento si dà atto (pagg. 125 e ssgg.) di un modus operandi “sistematico e collaudato” che vedeva attori, tra gli altri, Gervasoni, Pellicori e Carobbio e, per la partita Brescia- Mantova si legge “Il forte risentimento degli scommettitori croati si evidenzia nel corso di tutte le conversazioni sotto riportate, laddove emerge la contrarietà per il comportamento dei giocatori corrotti, i quali non sono riusciti a tener fede all’accordo illecito, anzi sembrano giocare, inspiegabilmente, in modo non conforme alla prospettiva di far segnare più gol possibili agli avversari: ORA QUELLO SPICA (in gergo croato PUNTA, quindi riferito ragionevolmente all’attaccante mantovano PELLICORI Alessandro HA PASSATO UN BUONISSIMO PALLONE…NON PUO’ CREDERE…NON SA CHE DIRE…NON E’ NORMALE…” (pagg. 133 e 134 ordinanza). Analoghe affermazioni di coinvolgimento del Pellicori in Cittadella-Mantova si leggono a pag. 157. Ora, non può dubitarsi che il Pellicori abbia svolto un ruolo non marginale nel progetto criminoso e quindi, in disparte quanto espresso dalla Commissione Disciplinare Nazionale nelle decisioni non appellate, non può sottacersi che il convincimento di un suo pesante coinvolgimento nei tentativi di alterazione delle gare sia fondato su elementi aleatori o insufficienti perché, al contrario, la lettura ragionevole e razionale di tutte le dichiarazioni e le evenienze investigative depongono per una sicura affermazione non marginale od occasionale del ruolo del giocatore Pellicori. Ne consegue che le affermazioni autoeteroaccusatorie di Gervasoni e le altre circostanze emerse o le parziali ammissioni costruiscono un quadro di riferimento probatorio più che sufficiente a far propendere per una affermazione di responsabilità del Pellicori nel disegno di alterare, quanto meno, la partita Empoli-Mantova. Infatti, al di là della stretta concomitanza temporale in cui tutti i tentativi che vedono coinvolto, a vario titolo, il Pellicori, sono stati posti in essere (marzo-aprile 2010), non può dubitarsi che la dichiarazione di Gervasoni unita a quella di Carobbio (anche se è vero che riporta una affermazione a lui fatta dal Gervasoni), trova coerente spiegazione nel fatto che il Gervasoni ammette senza reticenze il suo complessivo ruolo e menziona i soggetti che, necessariamente, aveva dovuto coinvolgere per la positiva soluzione del disegno illecito. Ne emerge un quadro di stabili rapporti che dimostra come il legame tra Gervasoni e Pellicori si sia rivelato assolutamente collaudato e funzionale al più generale progetto associativo, del quale garantivano, con la loro disponibilità, il raggiungimento della finalità lucrativa. Lo stesso Pellicori, infatti e come detto, pur mantenendo una posizione formalmente negatoria non ha potuto esimersi dal riferire una circostanza che si dimostra assolutamente sintomatica della stabilità dei rapporti e dell’intima e leale collaborazione: la cena con Gervasoni e Fissore, nei pressi di Verona (località distante dalle rispettive residenze), insieme a soggetti stranieri che altri non erano che i vertici dell’organizzazione criminosa. L’organicità e stabilità dei loro rapporti la si ricava, peraltro, anche dalla “naturalezza” dei contatti che si instaurano alla vigilia degli incontri e che dimostrano, ancor più, come il coinvolgimento del Pellicori non sia stato occasionale e ripetuto solo per vincere la sua riottosità ma, assolutamente, esso si presenta come il portato di acclarato rapporto organico, proprio di una struttura collaudata che, proprio per la correntezza dei rapporti, non richiedeva che alla vigilia di ogni incontro vi dovessero essere formali riunioni collegiali per la definizione di modalità attuative di accordi già conclusi a monte. Appare, pertanto, al Collegio che gli elementi che precedono, tra loro assolutamente congruenti e non assistiti da diversa rappresentazione dei fatti o evidenti contraddizioni, siano idonei a confermare l’affermata responsabilità del giocatore Alessandro Pellicori. Né vale a scalfire la ragionevolezza e congruità dell’apprezzamento probatorio le argomentazioni difensive del patrono del giocatore il quale, nel tentativo (legittimo) di porre in dubbio la solidità della prova raggiunta invoca il principio di rigoroso riscontro delle dichiarazioni rese ex art. 192 c.p.p.. Ora, in disparte il raggiunto convincimento che i riscontri obiettivi siano palesi, va comunque ricordato come sia questa Corte che il TNAS abbiano affermato, in procedimenti similari a quello odierno che “per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commistione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità , ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. A tale principio deve assegnarsi una portata generale, sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (TNAS Amodio/FIGC del 10.2.2012, principio confermato in TNAS Signori/FIGC del 26.4.2012 “per irrogare la condanna di un illecito sportivo è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita, né il superamento del ragionevole dubbio. Ciò in relazione alla finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni (art. 1 legge n. 401/1998); fine da perseguire peraltro con assai più limitati strumenti di indagine rispetto a quelli a disposizione dell’A.G.O.”) Ora, in punto di costruzione dogmatica del valore del quadro probatorio sufficiente per il diritto sportivo si deve affermare che la responsabilità nella commissione dell’illecito sportivo è fattispecie che non può non scontare la difficoltà dell’acquisizione probatoria in senso pieno, essendo essa ontologicamente e funzionalmente legata a comportamenti per loro natura sfuggevoli, che trovano quasi sempre il solo riscontro nelle affermazioni dei partecipi al progetto illecito. Ma la ricordata difficoltà può essere superata ove si acquisisca una serie organica di elementi aventi una loro congruità oggettiva e generale che fanno raggiungere, al giudicante, il sereno convincimento, sulla base delle dichiarazioni e dei riscontri effettuati sulla loro genuinità, dell’ assoluta verosimiglianza di quanto riferito. Nel caso in esame non può mettersi in dubbio che il Gervasoni sia stato soggetto a pieno titolo inserito nell’organizzazione, al pari di Carobbio e di altri tesserati, che – come il Pellicori - hanno dato adesione al progetto nel momento in cui la squadra di appartenenza disputava determinati incontri suscettibili di alterazione o, quanto meno, abbiano agevolato il progetto col loro silenzio; che le partite scrutinate sono state oggetto di progetti di “combine” poi realizzatisi o meno per circostanze non sempre derivanti da resipiscenze dei partecipi; che i plurimi contatti tra i giocatori coinvolti anche nel presente caso non possono dirsi fortuiti ma certificativi del vincolo solidale tra di essi raggiunto. Si tratta, quindi, di circostanze che depongono per la genuinità del quadro associativo descritto dai soggetti collaboranti e delle singoli posizioni dei tesserati all’interno di esso, sia in veste di organizzatori che di semplici aderenti. Nel corso del dibattimento non si è, al contrario, raggiunta alcuna prova, alcun serio indizio, che le dichiarazioni del Gervasoni siano state – soprattutto nel caso di specie – vulnerate da gravi contraddizioni oppure costruite ad arte per risentimento personale vero l’accusato al quale, era invece legato da consolidata amicizia e frequentazione. D’altronde, il Gervasoni riferisce fatti e circostanze che hanno trovato pieno riscontro nelle acquisizioni istruttorie e hanno passato indenni il vaglio di precedenti giudizi. Come dimostrato dal complessivo giudizio di prime cure e a riprova della compiuta, serena valutazione degli elementi accusatori formulati dalla Procura federale nelle fattispecie oggetto di appello, il riferito coinvolgimento del Pellicori nel progetto di alterazione della gara Empoli- Mantova ed in quello non realizzatosi delle partite Grosseto-Mantova, Brescia-Mantova ha trovato sicura, anche se talvolta indiretta, conferma nelle risultanze delle investigazioni acquisite in rogatoria. Tutte le fattispecie esaminate appaiono, pertanto, essere perfettamente compatibili con il quadro emergente dalla generale summa dei riscontri raggiunti sull’esistenza dell’organizzazione, sui soggetti partecipi e sulla fitta rete di rapporti intessuti con i vari tesserati, conferma non revocata – in generale e nei particolari episodi oggetto di valutazione - nella presente fase. Alla luce della complessiva motivazione sopra riportata, il reclamo del tesserato Alessandro Pellicori deve essere respinto con conferma integrale, sul punto, della decisione della Commissione Disciplinare Nazionale. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Alessandro Pellicori e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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