CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 27 del 17/12/2012 – CODACONS/Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 27 del 17/12/2012 - CODACONS/Federazione Italiana Giuoco Calcio L’Alta Corte di Giustizia Sportiva, composta da dott. Riccardo Chieppa, Presidente, dott. Giovanni Francesco Lo Turco, Relatore prof. Roberto Pardolesi, Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio introdotto dal ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 21/2012, presentato in data 1 ottobre 2012 dal Codacons – Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori – e dall’Associazione Utenti Servizi Turistici, Sportivi e della Multiproprietà Onlus contro la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) e nei confronti della Corte di Giustizia Federale FIGC, della Commissione Disciplinare Nazionale FIGC e del Procuratore federale FIGC per l’annullamento e/o la riforma della decisione della Corte di Giustizia Federale, sez. unite, del 20 agosto 2012, pubblicata in data 22.8.2012, con cui, con ordinanza n. 2, la suddetta Corte di Giustizia Federale FIGC ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Codacons avverso la mancata ammissione dello stesso soggetto ricorrente al procedimento seguito al deferimento pronunciato dal Procuratore federale; vista la costituzione in giudizio della FIGC; uditi nell’udienza del 22 novembre 2012 il relatore, dott. Giovanni Francesco Lo Turco, nonché, per parte ricorrente, l’avv. prof. Carlo Rienzi e l’avv. Gianluca Di Ascenzo, per la Federazione resistente l’avv. Luigi Medugno e l’avv. Letizia Mazzarelli. Fatto Con ricorso depositato in data 1 ottobre 2012, il Codacons e l'Associazione Utenti Servizi Turistici, Sportivi e della Multiproprietà Onlus proposero ricorso avverso la decisione contenuta nell'ordinanza n. 2, pubblicata in data 22 agosto 2012, con la quale la Corte di Giustizia federale (sezioni unite) aveva dichiarato (richiamando per relationem la motivazione dell'ordinanza n. 1 C.G.F.) inammissibile il ricorso promosso innanzi a detta Corte. Riportata la motivazione dell'inammissibilità del ricorso resa dalla Corte di Giustizia federale, i ricorrenti dedussero in sintesi: che si trattava di una controversia di notevole rilevanza per l'ordinamento sportivo nazionale avente ad oggetto diritti indisponibili; che il ricorso aveva lo scopo “non di instaurare un nuovo giudizio, ma solo di costituire l'impulso per un nuovo sindacato con effetto devolutivo sulla decisione impugnata, nei limiti dei motivi dedotti”; che era comunque ingiustificato il ricorso alla motivazione per relationem, attesa la rilevanza sociale della vicenda; che il bene giuridico “offeso dalle contestazioni oggetto della presente procedura” sarebbe stato lesivo delle “finalità statutarie del Codacons”; che erroneamente era stata esclusa la “rilevanza del tifoso” che poteva subire “sofferenza ed alterazioni della personalità” per effetto di un non regolare svolgimento delle competizioni calcistiche; che il Codice di Giustizia Sportiva prevede la possibilità e la legittimazione di presentare ricorso, in caso di illecito sportivo, anche a terzi portatori di interessi indiretti; che l'ampiezza dell'interesse ad agire (art. 27 L. n. 382/2000) è basata sulla tutela degli utenti e dei consumatori. In definitiva i ricorrenti assumono di avere, in base al proprio Statuto, finalità tali da “renderli diretti interlocutori con l'Ordinamento federale sportivo del gioco del calcio”. Occorrerebbe contemperare -sostengono i ricorrenti- il diritto all'autonomia ordinamentale (articoli 2 e 18 Cost.) con la tutela di situazioni generali soggettive che, sebbene connesse con un determinato ordinamento particolare, siano anche rilevanti per l'Ordinamento della Repubblica. Dall'autonomia di un Ente si dovrebbe pertanto prescindere quando risultino lesi “interessi soggettivi di rilevanza pubblica”. In altre parole le finalità dei ricorrenti, a fronte dei gravi illeciti nel mondo del calcio, consentirebbero loro l'ingresso nell'ordinamento calcistico a tutela di situazioni soggettive rilevanti per l'Ordinamento Statale (necessità di una tutela più intensa di quella associativa). Inoltre i ricorrenti hanno rilevato che la stessa FIGC era tenuta ad impedire l'illecito (lesione dei principi di lealtà e correttezza nello svolgimento delle partite di calcio) e che pertanto potrebbe essere tenuta al risarcimento del danno. E giacché la Commissione giudicante è un Organismo nominato dal Consiglio federale della FIGC, il singolo componente dovrebbe astenersi per gravi ragioni di convenienza. Quanto sopra premesso, i ricorrenti hanno chiesto: di annullare la decisione di cui all'ordinanza n. 2 della Corte di Giustizia federale a sezioni unite, emessa il 20 agosto 2012 e pubblicata il 22 successivo, nonché di accertare la posizione di conflitto di interessi dei componenti di detta Corte, annullare l'ordinanza impugnata anche sotto tale profilo, con ulteriore “richiesta di risarcimento del danno e con riserva di quantificare i relativi danni al termine del relativo giudizio. Costituitasi in giudizio, la convenuta FIGC, dopo una breve premessa sullo svolgimento delle precedenti procedure, ha contro dedotto quanto segue (in sintesi). Le associazioni ricorrenti sono estranee all'Ordinamento sportivo cui è stata riconosciuta piena autonomia (cfr. Legge 280/2003). Per potersi avvalere della tutela giudiziale di questa Alta Corte (organo amministrativo di ultima istanza della Giustizia Sportiva), occorre essere portatore di una posizione rilevante per detto Ordinamento e che fra le parti si sia verificata una vera e propria controversia sportiva: ipotesi non verificata nel caso in esame. Peraltro la struttura bilaterale (duale) del procedimento disciplinare non consentirebbe neppure alcuna ingerenza ab externo attraverso un intervento principale o ad adiuvandum. Ne discende il difetto di legittimazione ad agire con conseguente inammissibilità del ricorso. La facoltà di intervenire, eccezionalmente prevista dal C.G.S. per le società calcistiche, deduce la convenuta, va rapportata al qualificato interesse sportivo di dette società. Vengono posti in evidenza, infine, ulteriori profili di inammissibilità relativi: -all'omessa indicazione concreta degli interessi fatti valere; -all'estraneità, in sede di giurisdizione domestica, di pretese risarcitorie; -alla posizione ancillare dei ricorrenti, posizione che, ove anche potesse sussistere, non consentirebbe di invocare (in relazione ad un preteso conflitto di interessi dei giudici del procedimento disciplinare) la astensione di detti giudici, nei confronti dei quali peraltro, come è stato correttamente affermato nella decisione appellata, non sarebbe ravvisabile alcuna delle ipotesi di cui all'art. 51 c.p.c.; -alla omessa notifica del ricorso ad alcuni dei soggetti interessati. Quanto sopra replicato, la convenuta ha chiesto che venisse dichiarata l'inammissibilità del ricorso con condanna dei ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio. Nelle successive “brevi note” del 13 novembre 2012, detta F.I.G.C. ha precisato: che le Associazioni ricorrenti avevano in precedenza promosso un procedimento arbitrale avanti al T.N.A.S.; che, dopo la prima udienza avanti al Collegio, anziché nominare un nuovo arbitro in sostituzione di quello precedentemente nominato ma dimesso, avevano chiesto la sospensione del procedimento arbitrale “in attesa della definizione” del procedimento promosso avanti a questa Corte”. Premesso quanto sopra, la convenuta, pur negando qualsiasi rapporto di pregiudizialità fra i due procedimenti anzidetti, ha testualmente dichiarato: “la F.I.G.C. accetta di buon grado -ed anzi auspica- la preventiva definizione del contenzioso instaurato avanti a questa Corte”. Le Associazioni ricorrenti, con ulteriore memoria 16 novembre 2012, dopo un accenno ai fatti che, avanti al Collegio arbitrale, avevano determinato le dimissioni del proprio arbitro, hanno ulteriormente rilevato: che l'ordinanza cui si era riportata, confermandola, la Corte di Giustizia federale non permetteva neppure di ricostruire il ragionamento logico-giuridico seguito dai giudici; che dalla sentenza n. 49/2011 della Corte Costituzionale si desumerebbe come l'esercizio del diritto di difesa nell'ambito del solo Ordinamento statale non esaurirebbe la difesa dei tifosi (la cui tutela sarebbe anche affidata alle ricorrenti); che l'emergere dell'esigenza di tutela del tifoso utente dello spettacolo sportivo ha caratteristiche comuni con quella della parte offesa del reato nel procedimento penale; che anche ai fini di una corretta ammissione e formazione delle prove nel corso del procedimento sportivo sarebbe auspicabile la partecipazioni di dette Associazioni. I ricorrenti hanno infine richiamato quanto già esposto, rilevato e dedotto in precedenza. All'udienza di discussione del 22 novembre 2012 le parti, dopo ampia discussione, si sono riportate alle rispettive conclusioni. Diritto Pur avendo accennato a una precedente procedura arbitrale (cfr. narrativa) iniziata e poi sospesa, entrambe le parti hanno riconosciuto la competenza di quest'Alta Corte. Ritiene il Collegio, con riferimento all'art.1, comma 2, del Codice dell'Alta Corte di Giustizia Sportiva (trattandosi chiaramente di diritti indisponibili), ed essendo evidente anche la notevole rilevanza della controversia per l'ordinamento sportivo nazionale (questione sulla legittimazione ad intervenire di un Ente esterno avanti alla giurisdizione degli organi di giustizia sportiva) che effettivamente sussista (in astratto) la competenza di questa Corte. Il ricorso del Codacons e dell'Associazione Utenti Servizi Turistici, Sportivi e della Multiproprietà Onlus avverso la decisione della Corte di Giustizia federale -Sezioni Unite- del 20.8.2012 è inammissibile per difetto di legittimazione attiva. La decisione impugnata, che nega ogni legittimazione a ricorrere agli odierni ricorrenti, è pertanto corretta e deve essere confermata. Sembra opportuno ricordare anzi tutto la nota costruzione dottrinale relativa alla pluralità degli ordinamenti giuridici (secondo le due diverse costruzioni, normativa del Kelsen e istituzionale di Santi Romano) e la distinzione tra l’ordinamento giuridico originario e principale, sovraordinato a tutti gli altri; atteso pertanto che i diversi altri ordinamenti hanno, invece, carattere particolare e non possono certamente essere in contraddizione con il primo, deve rilevarsi che nel nostro ordinamento nazionale sono riconosciuti e garantiti anche dalla Costituzione -nella disposizione che proclama la libertà di associazione (art.18)- ordinamenti settoriali, tra cui emergono principalmente gli ordinamenti sportivi, e, in particolare, l’ordinamento della F.I.G.C.. Ogni ordinamento particolare è caratterizzato dall’elemento soggettivo (plurisoggettivo per definizione, trattandosi di “associazione”) rigorosamente circoscritto a coloro che, in vario modo, operano all’interno dello stesso e a tal fine (attraverso il tesseramento) accettano integralmente i principi e la giurisdizione del rispettivo statuto. Detti ordinamenti, per la completezza della propria strutturazione come entità autonome e circoscritte, sono generalmente dotati di una giurisdizione “domestica”, una giurisdizione cioè che ha come ambito soggettivo esclusivamente gli appartenenti all’ordinamento, e, da un punto di vista oggettivo, l’inerenza della controversia all’attività e alle relazioni proprie dell’ordinamento stesso. La esclusione di ogni legittimazione ad adire la giurisdizione sportiva, da parte di soggetti estranei allo specifico ordinamento settoriale, non lascia prive di tutela quelle possibili situazioni soggettive nascenti da (o comunque ricollegate ad) attività o illeciti che sotto il profilo soggettivo spettano in via esclusiva alla giurisdizione sportiva giacché, come sopra illustrato, il quadro normativo vigente in materia, quale risulta dagli interventi interpretativi ed applicativi della Corte Costituzionale e degli organi di giurisdizione amministrativa, è tale da assicurare comunque ampia ed esaustiva tutela a dette situazioni soggettive, sia pure esclusivamente avanti alle giurisdizioni statuali (ordinaria civile e penale o amministrativa), evitando così ogni possibile lesione alle tutela delle situazioni di diritto che è costituzionalmente garantita. Nella fattispecie in esame (relativa all'ordinamento sportivo e della F.I.G.C.) occorre richiamare l'art. 1, comma 2, del d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito con la L.17 ottobre 2003, n. 280, che dispone che “i rapporti fra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvo i casi di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo” . Per garantire l'esigenza di tutelare l'ordinamento dello Stato e, nel contempo la pienezza della tutela delle situazioni giuridiche rilevanti per l'ordinamento giuridico dello Stato (ancorché connesse con quelle sportive) soccorrono gli articoli 2 (“è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e le applicazioni delle norme regolamentari organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” e 3 (“esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali fra società, associazioni ed atleti, ogni altra controversia avente ad aggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo”). I rapporti fra giurisdizioni (nella fattispecie fra quella esclusiva del Giudice Amministrativo e quella sportiva e dell'Ordinamento federale) sono stati chiariti nella sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, che ha rilevato come vengano previste tre forme di tutela: a- una prima per i rapporti di carattere patrimoniale, demandata alla cognizione del giudice ordinario; b- una seconda relativa ad alcune questioni aventi ad oggetto le materie di cui all'art 2 cit. non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all'ordinamento sportivo (c.d. giustizia associativa); c-una terza, tendenzialmente residuale, devoluta al giudice amministrativo. Ha poi posto in rilievo la Corte Costituzionale che la mancata tutela impugnatoria avanti al giudice dello Stato delle controversie riservate alla giurisdizione sportiva non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo non siano adeguatamente tutelati innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria. Peraltro il concetto autorevolmente e definitivamente chiarito dalla Corte Costituzionale era stato già riconosciuto sin dal 2008 da costante giurisprudenza amministrativa che aveva appunto sottolineato come l'autonomia dell'ordinamento sportivo (pur riconosciuta e garantita) non possa, nei confronti di quello generale statuale, essere portata a un livello estremo. L'ordinamento generale infatti è comunque sovraordinato sicché non si può escludere che situazioni giuridiche soggettive, connesse a quello settoriale, possano avere ricadute rilevanti per detto ordinamento statuale (cfr. in proposito, fra le altre, la perspicua motivazione del Tar Lazio n. 7711/2008, Moggi /c. F.I.G.C.) secondo cui “ai sensi del D.L. 19 agosto 2003, n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003, n. 280, il criterio secondo il quale i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia - con conseguente sottrazione al controllo giurisdizionale degli atti a contenuto tecnico sportivo - trova una deroga nel caso di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo; in tale ipotesi, le relative controversie sono attribuite alla giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria ove abbiano per oggetto i rapporti patrimoniali tra Società, Associazioni ed atleti, mentre ogni altra controversia avente per oggetto atti del C.O.N.I. o delle Federazioni sportive nazionali è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”. Le considerazioni di ordine generale che precedono consentono di decidere con maggiore chiarezza e, ovviamente, in senso negativo la questione se un soggetto estraneo possa essere legittimato ad adire una giurisdizione dell'ordinamento sportivo dotato di piena autonomia, ordinamento che, come accennato, ha tra le sue peculiarità quella di giudicare controversie in cui siano parti esclusivamente soggetti appartenenti a detto specifico ordinamento. Deducono in punto i ricorrenti che il processo avanti all'Autorità Giudiziaria o Amministrativa si svolge in tempi talmente lunghi da non costituire un'adeguata tutela, tutela che diviene ancor più evanescente potendo in concreto essere attuata soltanto dopo che nel procedimento avanti alla Giurisdizione domestica si sono assunti mezzi di prova, magari decisivi, che spesso costituiscono la base di una decisione difficilmente poi ribaltabile. Rileva anzi tutto la Corte che richiamare l'eventuale lunghezza eccessiva del processo avanti ai Giudici dello Stato significa addurre un inconveniente generale e transitorio del sistema (che prima o dopo verrà superato), cioè una situazione fattuale che non può certo consentire di sovvertire le regole sulla ripartizione della giurisdizione, specie quelle fondamentali che pongono lo spartiacque fra una giurisdizione domestica e quella statale. Quanto alla pregressa, eventuale assunzione di prove o di altri mezzi istruttori durante lo svolgimento del processo sportivo (e cioè nell'ambito di un ordinamento autonomo) è evidente che, in caso di rilevanza per l'Ordinamento nazionale, il giudice amministrativo o quello ordinario non sono assolutamente vincolati alle risultanze istruttorie delle procedure svolte in ordinamenti settoriali. Ed anzi ben possono essere ammessi, in detta sede, nuovi mezzi istruttori nei limiti di compatibilità con il singolo ordinamento processuale. Deve aggiungersi che i ricorrenti hanno anche chiesto il risarcimento del danno (cfr. narrativa), domanda che non può certo rientrare (come risulta evidente dalle argomentazioni che precedono) nella giurisdizione invocata dell'ordinamento sportivo. Si è in presenza quindi di un ulteriore, decisivo elemento per cui si deve pervenire alla declaratoria di inammissibilità. Per completezza sembra anche opportuno osservare, con riferimento alla prevista facoltà di presentare ricorsi, in caso di illecito sportivo, a terzi portatori di interessi indiretti (facoltà invocata dalla ricorrente a sostegno della propria tesi) che trattasi di legittimazione “prevista eccezionalmente soltanto per le società sportive” le quali, appartenendo all'ordinamento sportivo, hanno certamente un interesse qualificato e diretto (diversamente dai ricorrenti). E' bene anche chiarire, a questo punto, che qualunque soggetto esterno all'ordinamento sportivo (come ad esempio gli stessi ricorrenti e anche i mass media) può in qualsiasi momento (lodevolmente) indicare o fornire elementi utili agli organi preposti all'azione disciplinare sportiva, specie in caso di emersione di illeciti di rilevanza disciplinare sportiva o penale. Nondimeno, pur trattandosi di informazione che a volte può rivelarsi molto utile per l'esercizio -nella specie- dell'azione disciplinare, detto soggetto esterno non può, in base alle regole processuali poco sopra ampiamente illustrate, promuovere direttamente o comunque intervenire nell'eventuale processo disciplinare. Infine, anche a voler prescindere da altri rilievi (pur esistenti ed insuperabili) di ordine processuale in punto, si rileva come non fossero comunque emersi, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, conflitti di interessi o ragioni di convenienza idonei ex art.51 c.p.c. a determinare (nel corso dello svolgimento del procedimento disciplinare sfociato nella decisione impugnata) l'astensione dei componenti la commissione disciplinare giudicante. In conclusione deve ribadirsi il difetto di legittimazione dei ricorrenti ad agire innanzi all’Alta Corte di Giustizia Sportiva (organo amministrativo di ultima istanza della Giustizia Sportiva) per effetto della chiarita, generale carenza di legittimazione innanzi a tutti gli organi di giustizia sportiva sotto ordinati a quest'Alta Corte di Giustizia. Tale carenza di legittimazione della parte ricorrente è assorbente degli altri rilievi (cfr. sopra) che avrebbero comunque determinato la inammissibilità del ricorso. Considerazioni analoghe valgono con riferimento sia al denunciato difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, censura che appare generica e priva di specifiche indicazioni (non basta il mero riferimento critico alla motivazione per relationem), sia in relazione agli altri profili di inammissibilità puntualmente indicati dalla convenuta (cfr. narrativa). Il ricorso è dunque inammissibile per difetto di legittimazione attiva. Attesa la particolarità delle questioni trattate e il comportamento delle parti, si dichiarano totalmente compensate le spese del giudizio P.Q.M. L’ALTA CORTE DI GIUSTIZIA SPORTIVA DICHIARA INAMMISSIBILE il ricorso. SPESE compensate. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del CONI, il 22 novembre 2012. Il Presidente Il Relatore F.to Riccardo Chieppa F.to Giovanni Francesco Lo Turco Depositato in Roma il 17 dicembre 2012. Il Segretario F.to Alvio La Face
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