CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 4 del 26/02/2013 – ASD Libertas Scanzano/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti/Div. calcio a cinque LND/SSD Viagrande

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 4 del 26/02/2013 - ASD Libertas Scanzano/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti/Div. calcio a cinque LND/SSD Viagrande L’Alta Corte di Giustizia Sportiva, Composta da dott. Riccardo Chieppa, Presidente e Relatore, dott. Alberto de Roberto, prof. Massimo Luciani, prof. Roberto Pardolesi, Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 1/2013, presentato in data 3 gennaio 2013 avverso la decisione della Corte di Giustizia Federale da: Associazione Sportiva Dilettantistica Libertas Scanzano, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Toppeta contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), rappresentata e difesa dagli avv. Mario Gallavotti e Stefano La Porta e nei confronti di Lega Nazionale Dilettanti, della Divisione Calcio a Cinque, non costituitasi in giudizio; Lega Nazionale Dilettanti, non costituitasi in giudizio; Società Sportiva Dilettantistica Viagrande Calcio a 5 s.r.l., non costituitasi in giudizio; per l’annullamento e la riforma integrale della decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC, emessa in data 4 dicembre 2012, di cui ai C.U. nn. 89 e 99 del 2012, confermativa della decisione del Giudice Sportivo FIGC, che ha inflitto alla società ricorrente la sanzione della perdita della gara del 20.10.2012, “Viagrande Calcio a 5 s.r.l. – Libertas Scanzano”, con il punteggio di 0-2, per non aver provveduto la società Libertas Scanzano a schierare nel suddetto incontro un numero di calciatori “giovani”, conforme alle specifiche disposizioni contemplate dal C.U. n. 1/2012, relativamente al Campionato Nazionale di Serie B, uditi, nell’udienza del 13 febbraio 2013, il Relatore, Presidente Riccardo Chieppa, l’avv. Stefano La Porta per la Federazione, che si è rimesso agli scritti difensivi; RITENUTO IN FATTO 1.- Con ricorso a questa Alta Corte iscritto al R.G. ricorsi n. 1/2013, presentato in data 3 gennaio 2013 dall’Associazione Sportiva Dilettantistica Libertas Scanzano contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio e nei confronti della Lega Nazionale Dilettanti, della Divisione Calcio a Cinque della Lega Nazionale Dilettanti e della Società Sportiva Dilettantistica Viagrande Calcio a 5 s.r.l., è stata impugnata la decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC, di cui ai C.U. nn. 89 e 99 del 2012, confermativa della decisione del Giudice Sportivo FIGC, che aveva inflitto alla società ricorrente la sanzione della perdita della gara del 20 ottobre 2012, “Viagrande Calcio a 5 s.r.l. – Libertas Scanzano”, con il punteggio di 0-6, per non aver provveduto la società Libertas Scanzano a schierare nel suddetto incontro un numero di giovani calciatori conforme alle specifiche disposizioni contemplate dal C.U. n. 1/2012, relativamente al Campionato Nazionale di Serie B. La ricorrente, dopo avere ampiamente esposto: - le vicende della controversia (iniziata con un reclamo al Giudice Sportivo della Divisione Calcio a Cinque, proposto dalla “Viagrande Calcio a 5 s.r.l.” in data 23 ottobre 2012) relativa alla regolarità della predetta gara “Viagrande Calcio a 5 s.r.l. – Libertas Scanzano”, valevole per il Campionato Nazionale di Serie B di calcio a cinque/Girone F, conclusasi con la vittoria di 4-7 per la società ospite (attuale ricorrente); e, in particolare, in ordine alla pretesa di mancata applicazione della disposizione (C.U. n. 1-2012) relativa al Campionato Nazionale di Serie B, calcio a cinque, imponente l’obbligo di utilizzare, nelle relative gare, almeno tre giocatori nati successivamente al 31 dicembre 1990, di cui almeno 2 nati e residenti in Italia, con cittadinanza italiana e con primo tesseramento in Italia; - la sussistenza delle condizioni di ammissibilità per il ricorso avanti a questa Alta Corte in considerazione dell’esaurimento dei gradi della giustizia federale e della notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo; - il quadro normativo di riferimento; - gli effetti della adozione da parte di cittadini italiani ai fini della cittadinanza italiana; ha dedotto: 1) l’erroneità del disconoscimento dello status di calciatore italiano del calciatore Ludomar Matteo Tamburrano, nato a Belo Horizonte – MG – Brasile il 10 aprile 1992, e a poco più di cinque anni in affidamento preadottivo in Italia, dal 22 settembre 1997 (decreto del Tribunale dei minorenni di Potenza) e subito dopo adottato (con decreto dello stesso Tribunale dei minorenni di Potenza del 13 novembre 1998) da Tamburrano Angelo e Pasquino Giuseppina, cittadini italiani e residenti tutti a Policoro (Matera); 2) la contraddizione e il contrasto di quanto stabilito dalle norme regolamentari della Divisione Calcio a cinque (e relativa applicazione) rispetto a quelle gerarchicamente sovraordinate a livello di Federazione, di ordinamento sportivo e di ordinamento statale e costituzionale (art. 3, Cost.), nonché internazionale, con richiamo alla giurisprudenza di questa Alta Corte: in particolare, alle decisioni affermanti che l’ordinamento della giustizia sportiva, per quanto autonomo ed indipendente, non può sottrarsi ai principi fondamentali irrinunciabili, contenuti nella Costituzione italiana e negli atti anche essi fondamentali dell’Unione Europea, dovendosi invece interpretare ed applicare le norme dell’ordinamento sportivo alla luce degli anzidetti principi fondamentali, soprattutto quelli attinenti alla persona umana e alla sua tutela (Alta Corte, decisione n. 9 del 2012 e 15 del 2011); 3) la conseguente illegittimità del disconoscimento della partecipazione alla gara del giocatore Tamburrano in assoluta libertà e senza sottostare ai limiti normativi anzidetti che, prima di essere illegittimi ed illegali, non sarebbero applicabili al suo caso, sotto diversi profili: - carattere discriminatorio nei confronti di cittadini italiani, adottati in Italia da cittadini italiani ivi residenti, in violazione dei principi di eguaglianza dei cittadini e, nel caso specifico, riguardo al riconoscimento della cittadinanza italiana a soggetti in giovane età; - erroneità dell’impugnata decisione della Corte di Giustizia Federale che, prima si sarebbe soffermata sulla possibilità di disapplicazione, per poi negarla, senza procedere ad una applicazione, valutando concretamente gli elementi relativi alla posizione del giocatore in contestazione e così non avrebbe risposto al petitum richiesto, trincerandosi su una asserita incompetenza, basata sui limiti di cognizione e sull’esclusione del potere di disapplicare una regola della competente Divisione, quale scelta di natura politica e gestionale, esulante da sindacato della stessa Corte Federale. La controversia, invece, non verterebbe su scelte di natura politica e gestionale, ma sul rispetto della normativa vigente (forse illegittima) da parte della associazione ricorrente, di fronte ad una distorta interpretazione, che “aveva trasformato un tesserato italiano a tutti gli effetti”; gli organi di giustizia avrebbero dovuto disattendere e disapplicare le disposizioni in contrasto con “la normazione in tema di cittadinanza”, anziché rigettare il ricorso. Ciononostante la Corte avrebbe riconosciuto che “il richiesto requisito della nascita sul territorio italiano, a differenza di tutti gli altri (età, cittadinanza e primo tesseramento in Italia), invece “diretti a perseguire evidenti obiettivi di tutela del patrimonio sportivo nazionale”, comporterebbe l’esistenza di “particolari limiti di possibilismo ed aleatorietà che ne riducano l’incidenza e forse dovrebbero giustificare una revisione normativa”. - il requisito di essere cittadino italiano sarebbe sottratto al potere regolamentare degli organi federali sportivi, rientrando la cittadinanza nella competenza statale; - la mancanza di qualsiasi riferimento al luogo di nascita da parte delle Norme Organizzative Interne della Federazione Italiana Gioco Calcio (N.O.I.F.), del resto non contemplato da regolamenti delle altre Leghe, comproverebbe la introduzione, nel settore calcio a cinque, di “un nuovo genus di calciatori, quali italiani “nati e residenti in Italia”, differente per quelli o “non nati” o “non residenti” in Italia, con conseguente “aberrazione giuridica”. Il ricorso ha concluso per: - - la riforma integrale della deliberazione della Corte di Giustizia impugnata, con il riconoscimento alla Associazione ricorrente della legittimità della partecipazione dei suoi tesserati alla gara anzidetta del 20 ottobre 2012, e con ripristino del risultato acquisito in campo (4 – 7); - - l’attivazione della procedura dell’art. 1, comma 5, lett. d), del Codice dell’Alta Corte al fine di un riordinamento da parte degli organi F.I.G.C. dei canoni normativi in materia di limitazione di partecipazione a gare per renderli coerenti all’intero quadro di riferimento. 2.- La Federazione Italiana Gioco Calcio si è costituita in giudizio con una ampia e diffusa memoria e documentazione, a confutazione delle tesi della ricorrente Associazione, sottolineando in particolare: - le ragioni giustificative, basate su ragioni di politica sportiva (nell’esercizio di prerogative regolatorie della L.N.D. nella materia della organizzazione dei campionati, riservata tipicamente alle Federazioni sportive e relative componenti ed articolazioni) di protezione del vivaio nazionale dei giovani atleti formati in Italia, in armonia con prese di posizione della FIFA e del C.O.N.I.; - il chiarissimo tenore letterale della disposizione regolamentare, che prevederebbe solo limiti di partecipazione dei calciatori, riguardanti il numero dei tre giovani che devono essere schierati per ciascuna partita (solo due dei quali nati, residenti in Italia, di formazione nazionale), senza limitazione alcuna per il tesseramento; - la rilevanza, nella specie considerata, del difetto del luogo di nascita in Italia del giocatore in contestazione e la inconferenza del possesso della cittadinanza italiana; - i rischi di un annullamento della sanzione da parte dell’Alta Corte, in quanto inciderebbe sulla portata precettiva della normativa della L.N.D., con un vulnus irreparabile sulla regolarità delle competizioni nazionali del calcio a cinque, in corso di svolgimento, e con alterazione degli equilibri competitivi; La Federazione ha invocato come unica soluzione possibile quella di un utilizzo della previsione dell’art. 1, comma 5, lett. d), del Codice dell’Alta Corte, in modo da portare ad un confronto tra istituzioni, tenendo conto dell’esame in corso del problema in relazione anche al mutato contesto iniziale, e ha concluso per il rigetto del ricorso perché infondato. 2.1.- Con memoria in data 8 febbraio 2013 la ricorrente ha illustrato le proprie tesi in relazione alla memoria della Federazione, ponendo tra l’altro in rilievo: - di avere sempre invocato lo status di cittadino italiano del giocatore Tamburrano Ludomar, a seguito dell’adozione in base alla relativa legge italiana (art. 39, legge 4 maggio 1983, n. 184) e alla legge di ratifica della Convenzione dell’Aja sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione (legge 31 dicembre 1998, n. 476); - l’estraneità dello status civitatis rispetto all’ordinamento sportivo; - l’esorbitanza delle “limitazioni di partecipazione di calciatori” rispetto al potere regolamentare esercitato in contrasto con la normativa statale e internazionale, tenuto conto anche delle regole della FIFA e del CIO e della giurisprudenza della CAS. La difesa della ricorrente in data 30 gennaio 2013 ha chiesto una modifica della data dell’udienza, non accolta dal Presidente con comunicazione in data 31 gennaio 2013, in relazione ad esigenze organizzative del collegio dell’Alta Corte. Deduzioni scritte sono state presentate dalla Federazione, in data 11 febbraio 2013 immediatamente prima dell’udienza di discussione, non valevoli come memorie, per il duplice profilo che erano fuori termine e in mancanza sia del consenso della controparte e sia di autorizzazione del Giudicante, oltre ad essere irrilevanti ai fini dell’invocato contraddittorio a seguito del precedente ampio sviluppo delle tesi difensive rispetto ai profili di impugnazione, rimasti immutati. Nell’udienza del 13 febbraio 2013 è comparsa solo la difesa della Federazione che, in mancanza della presenza del difensore della controparte, si è semplicemente rimessa alle precedenti difese e conclusioni, chiarendo, a richiesta del Presidente dell’Alta Corte, solo l’atteggiamento della Federazione in ordine alla prospettazione dell’utilizzo dello strumento previsto dal citato art. 1, comma 5, lett. d), del resto comune, per questa parte, alla richiesta della ricorrente Associazione. Considerato in diritto 1.- Innanzitutto deve essere esaminata l’esistenza delle condizioni di ammissibilità del ricorso a questa Alta Corte, in relazione all’esaurimento dei rimedi di giustizia federali, alla sussistenza di un rilevante interesse della questione per l’ordinamento sportivo e alla non arbitrabilità. Su tutti e tre i profili può essere data risposta positiva, avendo la ricorrente percorso tutti i gradi della giustizia federale su una questione riguardante diritti indisponibili, coinvolgendo profili relativi a limitazioni alla partecipazione a singole gare per ragioni di età, nascita e possesso della cittadinanza italiana, in relazione ad esigenze di tutela dei vivai giovanili collegate alla formazione sportiva di carattere nazionale (v. decisione 11 febbraio 2011, n. 2). 2.- Preliminarmente, anche ai fini delle prospettazioni da parte della decisione impugnata, della ricorrente e della Federazione sull’esistenza o meno di esigenze giustificative - basate su “ragioni di politica sportiva”, nell’esercizio di prerogative regolatorie della L.N.D. nella materia della organizzazione dei campionati, riservata tipicamente alle Federazioni sportive (e relative componenti ed articolazioni) a protezione dei vivai nazionali dei giovani atleti formati in Italia -, è necessario ripercorrere integralmente, dato che nessuna delle parti vi ha fatto riferimento, l’indirizzo interpretativo già fissato da questa Alta Corte in una controversia, in parte analoga, relativa alla Federazione Italiana Rugby (decisione cit. n. 2 del 2011), ed integrarlo rispetto ai concreti aspetti della presente controversia. 2.1.- La tutela di società o di associazione sportiva (il precedente caso riguardava, invece, un ricorso proposto da giocatori colpiti direttamente dalla limitazione) in ordine all’applicazione di regole federali dirette alle società, contenenti limiti di utilizzo nelle gare di giocatori (secondo la provenienza e la formazione sportiva), può essere ammessa in questa sede, con ricorso avente ad oggetto principale la sanzione inflitta alla stessa Società e con contestazione della legittimità della regola applicata (C.U. n. 1 del 3 luglio 2012, FIGC/Lega Nazionale Dilettanti, Divisione Calcio a cinque, Stagione sportiva 2012/2013, punto A/3 Campionato Nazionale Serie B, lett. f, Limiti di partecipazione dei giocatori) e della sua applicazione interpretativa, sempre, peraltro, nei limiti propri del sindacato di questa Alta Corte di Giustizia sportiva per i diversi profili di legittimità e logico-giuridici di eccesso di potere e quindi di manifeste ingiustizia, arbitrarietà e difetto di proporzionalità rispetto al fine, che potrebbe, in astratto, giustificare un intervento restrittivo della utilizzazione degli atleti a tutela dei vivai giovanili. 2.2.- Appare inutile invocare l’applicazione diretta delle norme comunitarie, semplicemente accennate nel ricorso. Infatti, anche nel presente caso, non risulta acquisito alcun elemento (ed anzi, nella specie considerata risultano notevoli aspetti decisamente negativi in relazione alla tipologia di Campionato dilettanti di calcio a cinque, Serie B) sulla natura semiprofessionistica o professionistica del rapporto che li lega alle società di appartenenza (si ricordi che per la Corte di giustizia UE “riveste carattere economico l’attività dei calciatori professionisti o semiprofessionisti, che svolgono un lavoro subordinato o effettuano prestazione di servizio retribuita”: sent. 14 luglio 1976, Donà c. Mantero, C-13/76, ma già nello stesso senso la sent. 15 dicembre 1995, Union Royale Belge des Sociétés de Football Association ASBL e altri c. J.-M. Bosman, C-415/93). La questione può comunque essere vagliata alla luce dei princìpi sopra indicati, fermo restando che l’interpretazione, che ne è stata data in sede comunitaria, vale da guida per l’interprete, ai sensi dell’art. 117, comma 1, della Costituzione, per come interpretato dalla nostra Corte costituzionale (v. già le sentt. nn. 348 e 349 del 2007) (decisione cit. n. 2 del 2011). 2.3.- Le richiamate regole federali (C.U. n. 1 del 2012), relative al Campionato Nazionale di Serie B del calcio a cinque, prescrivono tra l’altro (in una serie di indicazioni secondo l’età giovanile del giocatore) l’impiego nelle relative gare di tre giocatori, nati successivamente al 31 dicembre 1990, di cui almeno due italiani, nati e residenti in Italia, che abbiano ottenuto il primo tesseramento in Italia. Dette regole non riguardano direttamente né il tesseramento alla Federazione o l’ingaggio (nella specie con semplice rimborso spese) nelle società che militano nei campionati nazionali, né la possibilità in linea teorica, per un giocatore di formazione non italiana (tale in mancanza dei predetti requisiti), di praticare il calcio a cinque nei campionati nazionali. Tuttavia, le imposizioni di cd. «limiti di utilizzazione», se collegate in senso assoluto alla coesistenza della nascita in Italia, senza considerare la finalità giusticatrice di tutelare la formazione sportiva nazionale, possono essere idonee a generare effetti discriminatori indiretti, tali da impedire o limitare notevolmente di fatto l’utilizzo da parte delle società di giocatori “giovani” in determinate situazioni e, quindi, l’esercizio concreto della pratica sportiva agonistica (argomentando da decisione cit. n. 2 del 2012). 2.4.- La necessità di fissare limiti numerici risale alla delibera del C.O.N.I. 15 luglio 2004, n. 1276 (“Promozione e tutela dei vivai giovanili – Direttiva alla Federazioni sportive nazionali e alle Discipline sportive associate”), richiamata in quella successiva del 3 novembre 2005, n. 474 (“Deliberazione delle FSN e delle DSA concernenti i vivai giovanili nonché il tesseramento e l’utilizzo di atleti stranieri nelle squadre che partecipano ai campionati di livello nazionale”). L’anzidetta delibera C.O.N.I. 15 luglio 2004, n. 1276, ha imposto alle Federazioni sportive nazionali e alle Discipline sportive associate, entro il termine della stagione agonistica 2004/2005, la presentazione, con riferimento alla specificità delle varie discipline sportive e dei relativi campionati, di “proposte e progetti dettagliati relativi alla promozione e tutela dei vivai giovanili al fine di pervenire, con inizio a decorrere dalla stagione agonistica 2006/2007, al perseguimento del seguente obiettivo: nelle squadre che partecipano ai campionati di livello nazionale dovrà essere garantita una presenza di giocatori formati nei vivai giovanili nazionali non inferiore al 50 per cento del totale dei giocatori compresi nel referto arbitrale” (decisione cit. n. 2 del 2011). Tale prescrizione (cfr. i considerando nn. 6, 7, 9, 10, 11 e 12 della cit. delibera) è stata adottata richiamando: a) l’art. 2, comma 4-bis, dello Statuto del C.O.N.I., in base al quale l’attività del Comitato è finalizzata, tra l’altro, a salvaguardare il patrimonio sportivo nazionale e a tutelare i vivai giovanili, con riferimenti anche alla educazione e formazione complementare; b) l’art. 22, l. 30 luglio 2002, n. 189, il quale ha attributo al C.O.N.I. anche il compito di “assicurare la tutela dei vivai giovanili”; c) il fatto che “la formazione e la tutela dei vivai costituisce presupposto indispensabile […] per salvaguardare la scuola tecnico-sportiva nazionale”; d) la circostanza per cui “in questi ultimi anni si è assistito, in particolare negli sport di squadra, ad un progressivo depauperamento dei vivai giovanili, con conseguente venir meno della funzione formativa ed educativa delle società sportive e relativa dispersione dello specifico patrimonio culturale della scuola tecnico-sportiva” (decisione cit. n. 2 del 2011). L’altra suindicata delibera della Giunta del C.O.N.I. del 3 novembre 2005 si richiama alla citata delibera del 2004 e all’ordine del giorno dello stesso 3 novembre 2005 della medesima Giunta Nazionale, che considera sia il collegamento tra il “poter contare su una formazione costante e numerosa di giovani” e lo “strumento di promozione e diffusione dello sport nel Paese nonché di contrasto e superamento degli «abbandoni» dell’attività sportiva da parte degli adolescenti e, dall’altro, la migliore forma di tutela e valorizzazione del patrimonio sportivo nazionale e della scuola sportiva nazionale”, sia “l’incremento dei vivai nazionali, aperti ad atleti di tutte le nazionalità” come “strumento di integrazione tra giovani, di progresso e di civiltà”. Anche in sede U.E.F.A. sono state prese in considerazione (Congresso di Tallin, 2005) le esigenze di tutela dei vivai giovanili a livello locale ed il mantenimento della identità regionale dei club, insieme all’opportunità di far partecipare, con maggiore regolarità nelle squadre in cui sono cresciuti, i giocatori formati a livello locale. Organi della stessa U.E.F.A. si sono mostrati preoccupati della crisi dei settori giovanili, della mancanza di identità locale per molte squadre dei club, negando qualsivoglia volontà di porre a base una questione di pura nazionalità, e sottolineando l’assenza di violazione della disciplina UE in materia di libera circolazione dei “lavoratori”. 2.4.1.- Inoltre, a proposto della importanza e della necessaria attenzione ai vivai giovanili insieme alla formazione dei minori nel settore calcio, è opportuno il richiamo al complesso delle misure a tutela dei minori previste dal Regolamento dello Statuto e del Trasferimento dei Giocatori della F.I.F.A. (edizione 2012, approvata il 27 settembre 2012, art. 19, Protezione dei minori, e allegati 2, 3 e 4). Dette norme – da notare che l’art. 19 è incluso tra disposizioni assolutamente vincolanti per le Federazioni sportive nazionali - si preoccupano in modo particolare dei rischi di abusi e di sradicamento di giovani calciatori dall’ambiente in cui è iniziata la formazione sportiva ed educativa e in caso di cittadinanza diversa da quella del Paese in viene effettuato il primo tesseramento. Infatti, un’esclusione dell’autorizzazione al trasferimento internazionale per giocatori minori di 18 anni, già tesserati nello Stato di provenienza, è prevista in linea di principio (art. 19.1) e tranne alcune eccezioni (art. 19.2), collegate al contestuale nuovo insediamento nel Paese dei genitori per ragioni estranee al calcio (art. 19.2, a), o nell’ambito UE per i giocatori di 16/18 anni (art. 19.2, b), per i quali vi siano garanzie del club di adeguata formazione educativa e formazione calcistica. Inoltre, è espressamente contemplata nella formazione educativa, sia quella scolastica, sia quella professionale, in modo da consentire possibilità di esercizio di altra professione (art. 19.2, b, ii e segg.) A completamento della protezione dei minori viene sottoposto ad intervento approvativo di una apposita Sottocommissione, nell’ambito di un più generale Sistema di regolazione dei trasferimenti (TMS), anche il primo tesseramento di un giocatore di minore età, che non abbia la cittadinanza del Paese in cui egli desidera di essere tesserato per la prima volta (art. 19.3), con ulteriore previsione rafforzativa che, prima di qualsiasi richiesta di certificato internazionale di trasferimento e/o di un primo tesseramento da parte di una Federazione, occorre avere ottenuto la anzidetta approvazione (v. anche Circolare FIFA 24 maggio 2009, n. 1190, in occasione della prima applicazione delle modifiche alle anzidette disposizioni). 2.5.- Il principio di valorizzare i giovani e di tutelare i vivai ha uno specifico riconoscimento nel nostro ordinamento sportivo. Né tale constatazione viene meno ove si considerino gli indirizzi comunitari (decisione cit. n. 2 del 2011). Si deve ricordare, infatti, che la finalità di protezione dei vivai giovanili e di cura della formazione dei giovani atleti è pacificamente ritenuta meritevole dallo stesso ordinamento comunitario. Già la Corte di gustizia UE, nella cit. sent. Bosman, peraltro argomentando in tema di compatibilità con il Trattato CE delle norme sui trasferimenti dei giocatori e non delle norme sulla cittadinanza, invero ammetteva che “la prospettiva di percepire indennità di trasferimento, di promozione o di formazione è effettivamente idonea ad incoraggiare le società a cercare calciatori di talento e ad assicurare la formazione dei giovani calciatori” (§ 108) (decisione cit. n. 2 del 2011). Più di recente, analoghi concetti si rinvengono nella Comunicazione della Commissione Europea 11 luglio 2007, COM(2007) 391, recante il Libro Bianco sullo Sport, nel quale si afferma che “Gli investimenti e la promozione della formazione dei giovani sportivi di talento nelle condizioni adeguate rappresentano un elemento fondamentale per uno sviluppo sostenibile dello sport a tutti i livelli. […] Le regole che impongono alle squadre una quota di giocatori formati sul posto possono ritenersi compatibili con le disposizioni del trattato sulla libera circolazione delle persone se non causano una discriminazione diretta basata sulla nazionalità e se gli eventuali effetti discriminatori indiretti possono essere giustificati come proporzionati a un obiettivo legittimo perseguito, ad esempio potenziare e tutelare la formazione e lo sviluppo dei giovani giocatori di talento” (§ 8). Ancora più di recente, nella Comunicazione della Commissione Europea 18 gennaio 2011, COM(2011) 12, si afferma che “rules which are indirectly discriminatory (such as quotas for locally trained players), or which hinder free movement of workers (compensation for recruitment and training of young players), may be considered compatible if they pursue a legitimate objective and insofar as they are necessary and proportionate to the achievement of such an objective” (decisione cit. n. 2 del 2011). 2.6.- Riguardo alla applicabilità del principio di eguaglianza nelle regole di partecipazione degli atleti nelle singole gare, a tutela dei vivai giovanili nazionali e della formazione sportiva nazionale, esiste, in presenza di diversità di situazioni ed intensità delle esigenze, un’ampia discrezionalità (soggetta ai limiti di manifeste ingiustizia, arbitrarietà e sproporzionalità rispetto al fine) delle singole Federazioni e relative articolazioni, nell’esercizio del potere-dovere di autonomamente determinare le regole in ciascun differente ambito di tipologia di sport, di attività e di livello di campionato, nonché di scelta delle misure e strumenti idonei, anche secondo la diversa e mutevole situazione della composizione e provenienza degli atleti. Di conseguenza, in presenza di diversità di situazioni e di esigenze concrete, non può essere invocato, ai fini di una pretesa violazione del principio di eguaglianza, un generale obbligo di uniformità delle anzidette regole, neppure nella stessa disciplina sportiva, esistendo diversità anche a seconda dei livelli e tipologia di campionato e di gare, nonché della concreta situazione di normale provenienza di giocatori in ciascun ambito, sempre negli anzidetti limiti alla discrezionalità. 2.7.- Da quanto precede risulta che: - le discriminazioni indirette sono legittime, anche dal punto di vista dell’ordinamento comunitario, se sono funzionali al perseguimento di un fine meritevole e sono idonee e proporzionate allo scopo (decisione cit. n. 2 del 2011): di qui la esigenza di esplorare la possibilità di una interpretazione (c.d. funzionalista) giustificatrice degli strumenti adottati in armonia con i princìpi in materia; - il fine di valorizzare i giovani e i relativi vivai attraverso limiti di partecipazione alle gare (con un numero minimo di giovani e tra essi alcuni di formazione nazionale) appartiene al novero dei fini astrattamente meritevoli e appare funzionale al rafforzamento dei vivai e alla valorizzazione dei giovani, in forza dell’aumento delle loro opportunità di essere tesserati ed impiegati da squadre militanti nei campionati nazionali (decisione cit. n. 2 del 2011). - naturalmente i vivai giovanili sono quelli nazionali (decisione cit. n. 2 del 2011) e la relativa formazione sportiva dei giovani di minore età deve essere accompagnata, in simbiosi inseparabile, da un processo educativo culturale, come risulta confermato dalle sovra richiamate misure a tutela dei minori previste dalla Regolamentazione dello Statuto e del Trasferimento dei Giocatori della F.I.F.A. 3.- Preliminare è l’esame del motivo di impugnazione relativo alla mancata valutazione nel merito delle censure sulla esistenza dei requisiti prescritti dai limiti di partecipazione dei calciatori in età giovanile. Risulta evidente, sulla base delle considerazioni di cui al complessivo punto 2 della presente motivazione, la fondatezza del motivo. Infatti, la Corte di Giustizia Federale, limitandosi ad escludere in radice ogni proprio sindacato al di fuori “delle condotte concernenti le norme e i regolamenti federali”, ha erroneamente limitato l’esame della controversia all’unica prospettazione di disapplicazione e di esistenza di una scelta di natura politica e gestionale, ritenuta non suscettibile, come tale, di qualsiasi possibilità di sindacato. Invece, la Corte di Giustizia Federale avrebbe dovuto tener conto dell’ampiezza delle argomentazioni e delle richieste sostanziali fatte valere dalla ricorrente Associazione Libertas Scanzano nel ricorso contro la decisione del Giudice Sportivo di primo grado, che - si noti - aveva basato la propria decisione sanzionatoria solo sulla (asserita ed inesatta) mancanza della cittadinanza italiana di Tamburrano oltre ad altro giocatore “brasiliano”. La stessa Corte di Giustizia (che pur, con sensibilità, aveva percepito gli aspetti critici di “possibilismo ed aleatorietà” del requisito della nascita) avrebbe dovuto necessariamente valutare se le condotte fossero o meno difformi dalle norme federali e se le stesse norme federali potessero avere una diversa e corretta interpretazione ed applicazione, conformemente ai richiamati princìpi sopra ordinati, come, del resto, successivamente confermato dalla possibilità di interpretazione ed applicazione dimostrata nella presente decisione. 3-1.- Passando all’esame degli altri profili di ricorso, relativi ai limiti di partecipazione dei giovani calciatori, proposti in questa sede, deve essere posto in rilievo che, mentre è pacifico che nella squadra schierata dalla ricorrente comparivano tre giovani calciatori nei limiti di età prescritti, il vero profilo problematico, invece, era quello se il calciatore in contestazione (Tamburrano), non nato in Italia (e portato in Italia in età prescolare, in regime di preadozione e subito dopo adottato da coniugi di nazionalità italiana e, quindi, divenuto, nella detta età, di cittadinanza italiana, con piena educazione e formazione anche sportiva in Italia), possa essere considerato “calciatore italiano” ai fini della previsione di formazione nazionale ricavabile dal citato C.U. n. 1 del 3 luglio 2012. In effetti, è esatta l’affermazione della difesa della Federazione secondo cui difettava la “nascita” in Italia. Tuttavia, nell’interpretazione della anzidetta disposizione (con indicazione di nascita, residenza, cittadinanza e primo tesseramento in Italia) occorre considerare la esclusiva finalità di tutelare i vivai giovanili nazionali e la relativa formazione (inseparabile da un processo educativo) sportiva nazionale di giovani calciatori italiani, al di fuori di ogni intento o effetto discriminatorio. L’anzidetta finalità è quella che qualifica la regola suddetta e fa assumerne un contenuto ed una interpretazione (c.d. “funzionalista”) conforme ai principi dell’ordinamento sportivo, alla luce delle preminenti indicazioni della Costituzione italiana, dell’Unione Europea e della FIFA. In conseguenza l’interprete e il decidente, tra le possibili interpretazioni, deve ritenersi tenuto a seguire quella che non risulti in contrasto con detti princìpi ed evitare situazioni ingiustificatamente discriminatorie e di manifesta ingiustizia tenuto conto degli obiettivi nella norma, interpretata in conformità al sistema. Risulta, pertanto, che possa essere, senza altra verifica, ritenuto esistente il possesso della formazione sportiva nazionale al calciatore che abbia tutte queste qualità, relative alla nascita, residenza, cittadinanza e primo tesseramento in Italia. Invece, sussiste un manifesto contrasto con gli anzidetti princìpi nel ritenere essenziale ed escludente – e così negando la formazione sportiva nazionale - la mancanza di nascita in Italia, pur in presenza della cittadinanza, residenza e primo tesseramento in Italia, quando il giocatore abbia, fin da età prescolare, iniziato e continuato effettivamente il proprio processo educativo, formativo culturale ed insieme sportivo (con il prima tesseramento) in Italia, ove si era trasferito, anche con la residenza, a seguito di adozione, si noti ancora, in tenera età prescolare. Del resto questa interpretazione consente di escludere una manifesta sproporzione dei mezzi rispetto al fine, che si risolverebbe in una patente violazione del principio della proporzionalità, sulla base della interpretazione e dei limiti di sindacato in questa sede, indicati dalla più volte richiamata decisione cit. n. 2 del 2011, intendendosi la proporzionalità come idoneità o necessità di un atto che imponga un obbligo o una sanzione rispetto ai risultati che si vogliono conseguire e all’interesse pubblico che si intende tutelare (Corte di Giustizia CE, sent. 12 novembre 1996, Regno Unito c. Consiglio, C-84/94; Id., sent. 3 dicembre 1974, Van Binsbergen c. Van de Bedrijfsvereniging, C-33/74, ma nel medesimo senso è anche la giurisprudenza italiana). 4.- Sulla base delle predette considerazioni il ricorso deve essere accolto, oltre che per il profilo indicato al n. 3, anche per l’altro relativo al mancato riconoscimento della formazione sportiva nazionale del giocatore Tamburrano, ai fini della previsione di cui al citato C.U. calcio a cinque (n. 1 del 3 luglio 2012, FIGC/Lega nazionale dilettanti, Divisione Calcio a Cinque, Stagione sportiva 2012/2013, punto A/3, Campionato Nazionale Serie B, lett. f, Limiti di partecipazione dei giocatori) per il calciatore in contestazione. Per l’effetto, in riforma della decisione impugnata della Corte di Giustizia Federale, IV sezione, 13 novembre 2012, ricorso A.S.D. Libertas Scanzano, C.U. n. 089 e 099/CGF del 2012/2013, si annulla la sanzione della perdita della gara di Serie B del 20 ottobre 2012 Viagrande Calcio a 5 – Libertas Scanzano, con punteggio di 0-6, comminata alla stessa A.S.D. Libertas Scanzano dalla decisione dal Giudice Sportivo di primo grado 22 ottobre 2012 (C.U. n. 154, 2012/2013, FIGC, L.N.D., Divisione Calcio a Cinque) e confermata dalla decisione della Corte di Giustizia Federale impugnata in questa sede. 6.- Infine, tenuto anche conto della concorde indicazione di un opportuno chiarimento della regola applicata, indicazione espressa, come sopra rilevato, sia dalla decisione impugnata della Corte di Giustizia Federale, sia dalla difesa di entrambe le parti costituite nel presente giudizio, si ritiene che il caso in esame giustifichi una segnalazione alla Giunta Nazionale del C.O.N.I., ai sensi dell’art. 1, comma 5, lett. d), del Codice dell’Alta Corte, di esigenza di un intervento modificativo della stessa regola applicata in questo giudizio, in ordine alla “nascita in Italia”, ai fini della formazione sportiva nazionale nell’ambito dei limiti di partecipazione “dei calciatori in età giovanile”. 7.- Sussistono giusti motivi, in relazione alla particolarità della controversia e al leale comportamento processuale della Federazione resistente, per compensare le spese del giudizio. P.Q.M. ACCOGLIE il ricorso nei limiti di cui in motivazione; SPESE compensate. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, il 13 febbraio 2013. Il Presidente e Relatore F.to Riccardo Chieppa Depositato in Roma il 26 febbraio 2013. Il Segretario F.to Alvio La Face
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