CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 17 gennaio 2013 promosso da: Sig. Salvatore Mastronunzio / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 17 gennaio 2013 promosso da: Sig. Salvatore Mastronunzio / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA – PRESIDENTE PROF. AVV TOMMASO EDOARDO FROSINI – ARBITRO PROF. AVV. MASSIMO ZACCHEO – ARBITRO nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina per gli Arbitri (“Codice”), nel procedimento prot. n. 1991 del 6 agosto 2012 - 630 promosso da: Sig. Salvatore Mastronunzio, nato a Empoli, il 05/09/1979, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Paolo Rodella ed Andrea Pasini ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, alla via Giuseppe Ferrari n.4 istante CONTRO Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C.- con sede in Roma, via Gregorio Allegri n.14, C.F. 05114040586, P.IVA 01357871001, in persona del Presidente, Dottor Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Panama n.58 intimato FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO Con atto datato 8 maggio 2012, il Procuratore Federale deferiva, innanzi la Commissione Disciplinare Nazionale, il Signor Mastronunzio per la presunta violazione dell’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva. Il Procuratore Federale assumeva, infatti, la commissione, da parte dell’odierno istante, di atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato di tre partite di calcio; segnatamente Ancona – Albinoleffe del 17 gennaio 2009, Albinoleffe – Ancona del 30 maggio 2009 e Ancona – Mantova del 30 maggio 2010. La Commissione Disciplinare Nazionale accertava la responsabilità del Calciatore in relazione agli ultimi due incontri, comminando la sanzione di anni 4 (quattro) di squalifica, a mezzo del Comunicato Ufficiale n.101/CDN del 18 maggio 2012. Successivamente, l’odierno istante ricorreva alla Corte di Giustizia Federale per la riforma della decisione della CDN. Con CC. UU. n.002/CGF e 023/CGF, rispettivamente del 6 luglio e 7 agosto 2012, la Corte di Giustizia Federale confermava la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale. Parte istante proponeva, pertanto, istanza di arbitrato (Prot. 2028 del 7 agosto 2012), con riserva sui motivi, rassegnando le seguenti conclusioni: «piaccia all’Ecc.mo Tribunale adito, per le ragioni di fatto e di diritto che precedono ed in riforma integrale della decisione impugnata di cui al C.U. n.002/CGF del 6 luglio 2012: a) quanto agli addebiti di cui all’art. 7 commi 1, 2, 5 e 6 CGS relativi alla gara Albinoleffe/ Ancona del 30 maggio 2009, rigettarli integralmente e, per l’effetto, prosciogliere Salvatore Mastronunzio dalle relative incolpazioni; b) quanto agli addebiti di cui all’art. 7 commi 1, 2, 5 e 6 CGS relativi alla gara Ancona/ Mantova del 30 maggio 2010: in via principale, nel merito: il rigetto di tutti gli addebiti e, per l’effetto, il proscioglimento di Salvatore Mastronunzio dalle relative incolpazioni; in via subordinata, ove ritenuto: irrogare a Salvatore Mastronunzio, previa riqualificazione dei fatti oggetto di giudizio sotto la specie dell’art.1 comma 1 CGS (violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità) la sanzione minima che sarà ritenuta di giustizia […]». Veniva nominato quale arbitro di parte il Prof. Avv. Tommaso Edoardo Frosini. Parte intimata si costituiva nel presente giudizio con atto del 21.08.2012, prot. n. 2080, a mezzo del quale, riservandosi ulteriori deduzioni al momento della pubblicazione delle motivazioni alla base della decisione della Corte di Giustizia Federale, rassegnava le seguenti conclusioni: «[…] si chiede sin d’ora la declaratoria di inammissibilità e, comunque, il rigetto nel merito dell’istanza avversaria […]». La F.I.G.C. nominava, quale arbitro di parte, il Prof. Avv. Massimo Zaccheo. Entrambi gli Arbitri nominati formulavano l’accettazione di cui all’art. 6, comma 5, del Codice; successivamente, veniva designato, di comune accordo tra gli Arbitri, quale Presidente del Collegio Arbitrale, il Prof. Avv. Maurizio Benincasa che formulava l’accettazione ex art. 6, comma 5, del Codice. Pertanto, il Collegio Arbitrale risultava così composto: Prof. Avv. Maurizio Benincasa (Presidente del Collegio Arbitrale), Prof. Avv. Edoardo Frosini, Prof. Avv. Massimo Zaccheo (Arbitro). Veniva, quindi, fissata la prima udienza per il giorno 25 settembre 2012 presso la sede dell’Arbitrato. Con C.U. n.023/CGF del 7 agosto 2012 venivano pubblicate le motivazioni poste alla base della decisione emessa dalla CGF del 6 luglio 2012 n. 002/CGF. Pertanto, parte istante depositava in data 5 settembre 2012 i propri “motivi aggiunti” (prot. n. 2227); parimenti procedeva parte intimata con la memoria del 24 settembre 2012 (prot. n. 2496). In data 25 settembre si teneva la prima udienza presso la sede dell’Arbitrato; veniva esperito, infruttuosamente, il tentativo di conciliazione. Il Collegio concedeva alle parti i termini per il deposito di memorie contenenti illustrazioni ed integrazioni delle istanze istruttorie e per il deposito delle repliche. Veniva fissata per il 5 novembre 2012 l’udienza di discussione.. In ossequio a quanto disposto dal Collegio, le parti depositavano le proprie memorie autorizzate e di replica. In data 5 novembre 2012, presso la sede dell’Arbitrato si svolgeva la seconda udienza; nel corso della stessa il Collegio, dopo una breve camera di consiglio, invitava le parti alla discussione sulle proprie istanze istruttorie. All’esito della discussione, il Collegio arbitrale si riservava. Con ordinanza del 5 dicembre 2012, il Collegio sciogliendo la riserva assunta in occasione dell’udienza del 5 novembre 2012, rigettava le istanze istruttorie formulate dalla parte istante, fissando l’udienza di discussione per il 17 gennaio 2013. All’esito della terza udienza il Collegio, dopo aver invitato le parti alla discussione sul merito, si riservava, trattenendo la causa in decisione. MOTIVI 1. Il Signor Mastronunzio ricorre affinché venga riformata la decisione della Corte di Giustizia Federale con la quale è stata comminata, a carico dello stesso, la squalifica di anni 4 (quattro). Con il proprio scritto del 5 settembre 2012 (Prot. n. 2227) parte istante censura la ratio della decisione emessa dalla Corte di Giustizia, muovendo, in primis, dalla critica dell’attendibilità di Gervasoni e Carobbio quali principali testi accusatori. In particolare, si riprova la scelta della CDN, prima, e della CGF, poi, di conferire una credibilità tout court ai testi, senza vagliare criticamente le singole circostanze riferite. Tale aspetto risulterebbe di enorme importanza alla luce delle discrepanze riscontrabili tra le dichiarazioni rese dai testi nel corso di momenti diversi. Relativamente a Gervasoni, si censura in particolare la di lui affidabilità, atteso che lo stesso avrebbe riferito «in ordine ad una cinquantina di partite»; parte istante si interroga su come possa il Gervasoni «ricordarsi di tutte le combinazioni di risultato pattuite, di tutti i calciatori coinvolti, delle somme di denaro […] della telefonata dell’uno e/o dell’altro […]». Né rileverebbe, in merito alla presunta attendibilità del Gervasoni, la valenza autoaccusatoria delle dichiarazioni rese dallo stesso: «se una persona dice 99 verità consecutivamente, infatti, non vuol dire che faccia lo stesso anche la centesima». Relativamente al Carobbio, prendendo spunto da una dichiarazione resa dallo stesso in data 29 febbraio 2012, la difesa del Signor Mastronunzio sostiene che il testimone «ammette che la propria linea difensiva è rivolta non tanto a negare e contrastare gli addebiti che vengono sollevati a suo carico […] quanto, piuttosto, a tentare di alleggerire la sua posizione (e le connesse responsabilità sia penali che disciplinari) presentandosi non come “mela marcia” bensì come semplice ingranaggio di un meccanismo più complesso e “più grande di me” in cui tutti, più o meno, si dedicano ad alterare partite di calcio». Pertanto, anche le dichiarazioni del Carobbio non potrebbero considerarsi in nulla attendibili. Ritenuto, dunque, che le coincidenze fra le dichiarazioni rese da Gervasoni e Carobbio siano «artificiose consonanze», parte istante afferma la necessità, al fine di garantire il contraddittorio nella formazione della prova, di una escussione degli stessi testi nella fase dibattimentale del presente procedimento arbitrale. Sul punto, la difesa di parte istante riporta la posizione della CDN, la quale aveva rigettato l’analoga richiesta presentata all’inizio del dibattimento di primo grado, criticando le affermazioni dalla stessa formulate perché infondate. Viene sottolineata, infatti, la necessità di procedere all’audizione di Gervasoni e Carobbio considerato che, l’impianto accusatorio costruito avverso il Signor Mastronunzio, risulta «pressocchè esclusivamente sorretto dalle e fondato sulle dichiarazioni di Gervasoni e di Carobbio» e come «metterne in dubbio prima ed accertarne, poi, l’inattendibilità rappresentava allora (e rappresenta oggi) l’obiettivo primario della difesa dell’incolpato». Si procede, poi, all’analisi delle risultanze probatorie relative al match Albinoleffe - Ancona del 30 maggio 2009. Relativamente alle dichiarazioni rese, su tale partita, da Gervasoni e Carobbio si rileva come le dichiarazioni impiegate, nei precedenti gradi di giudizio, per condannare Mastronunzio non sarebbero dotate di quella univocità e certezza necessarie al fine di poter ritenere le stesse attendibili. Su tale aspetto, viene criticata la condotta del Giudice Sportivo che non avrebbe proceduto ad una ricerca di riscontri attendibili delle suddette dichiarazioni. Secondo la difesa del giocatore, le dichiarazioni del Gervasoni, ove attentamente valutate, finirebbero per scagionare il Signor Mastronunzio: «l’esponente, infatti, non lo contatterebbe mai al telefono (si parla di conversazioni telefoniche con Comazzi, con Turati ma mai con Mastronunzio); di sicuro Mastronunzio non era presente in occasione del (presunto) “secondo incontro” […] la presenza di Mastronunzio non è certa neanche durante il “primo incontro”». E, proprio relativamente a tali episodi riferiti dal Gervasoni le di lui dichiarazioni sarebbero «poco credibili (anzi per nulla), estremamente confuse e contraddittorie, in alcuni casi solo fantasiose». Vengono, poi, riportate le dichiarazioni di Turati, Comazzi e Colacone che scagionerebbero il Mastronunzio dalle accuse mossegli. Le dichiarazioni fornite da Carobbio vengono contestante, sostanzialmente, sulla base dell’assunto che si tratterebbe di un teste de relato, e, come tale, in carenza di altri riscontri esterni, inattendibile. Né varrebbero a confermare le dichiarazioni del Gervasoni e Carobbio le dichiarazioni rese da Conteh e Ferrari. Riguardo l’incontro Ancona - Mantova del 30 maggio 2010, parte istante contesta gli addebiti mossi al Mastronunzio criticando i fondamenti logico- giuridici posti alla base delle decisioni dei giudici sportivi. In primo luogo, viene censurata la circostanza che sul match suindicato il Mastronunzio non sarebbe mai stato ascoltato dalla Procura Federale, impedendogli quindi di fornire una visione alternativa dei fatti contestatigli. Viene, poi, affermato come la condotta contestata, per come esternatasi, sarebbe stata del tutto inidonea ad integrare l’illecito sportivo. Il calciatore si sarebbe limitato ad “ascoltare” la, eventuale, proposta di combine, opponendo alla stessa un «secco rifiuto». Relativamente a tale partita, non si è mai fatto riferimento ad alcuna somma di denaro e, circostanza ancor più decisiva, i giocatori Locatelli, De Falco e Cristante con le loro dichiarazioni smentirebbero quanto riferito dal Gervasoni. Alla luce della propria ricostruzione, la difesa del giocatore afferma che «la vicenda in esame gravita al di fuori dell’ipotesi astratta di cui all’art. 7 CGS». Gli atti posti in essere sarebbero «inidonei a configurare l’ipotesi dell’illecito sportivo anche solo tentato» poiché la richiesta di combine fatta a Mastronunzio sarebbe caduta nel vuoto. Tutt’al più i comportamenti tenuti da Mastronunzio potrebbero ricadere nella violazione dell’art. 1 del CGS relativo all’obbligo di agire sempre secondo lealtà, correttezza e probità. Relativamente alla partita in oggetto si afferma, inoltre, come questa «mal si addice ad una ipotesi di combine, per via del suo concreto svolgimento ed anche per i “vivi interessi” contrapposti che animavano le squadre contendenti (entrambe, come visto, avevano urgente bisogno di punti)». 2. Con atto del 21 agosto 2012 (prot. 2080), parte intimata si costituisce nel presente procedimento arbitrale; successivamente in data 24 settembre 2012 (prot. 2496) veniva depositata la memoria redatta in seguito alla pubblicazione delle motivazioni della decisione emessa dalla CGF del 6 luglio 2012 n. 002/CGF. La difesa della F.I.G.C. qualifica l’odierno procedimento arbitrale quale rimedio impugnatorio; in tale ottica sarebbe possibile fare valere esclusivamente gli errores in procedendo e in iudicando nei limiti dei vizi denunciati. Il TNAS potrebbe, quindi, giudicare solo su quanto devoluto: non si tratterebbe, quindi, di «un terzo grado di giudizio, che consenta - con automatica e generalizzata applicazione del principio devolutivo – l’integrale riesame della vicenda sottesa al decisum […]». Con il proprio scritto del 24 settembre 2012 la F.I.G.C. censura quanto dedotto da controparte. Preliminarmente, si rileva come, rispetto alla richiesta di parte istante di procedere all’escussione dei testi Gervasoni e Carobbio in una fase dibattimentale del presente procedimento, la stessa debba essere disattesa tenuto conto che l’«autonomia che connota l’attività normativa propria del legislatore federale, consente di delineare un modello procedimentale, che – pur mutuando dal diritto comune la struttura portante – non ne rispecchia pedissequamente la regolamentazione positiva». Si sostiene, poi, come, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per ritenere sussistente la responsabilità disciplinare del Mastronunzio non sarebbero necessarie né la certezza assoluta della commissione del fatto, né il superamento del c.d. ragionevole dubbio; sarebbe sufficiente, infatti, un grado di probabilità «inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio». Riguardo l’incontro Albinoleffe - Ancona del 30 maggio 2009, la ricostruzione della F.I.G.C. muove dalle dichiarazioni rese dal Gervasoni il 27 dicembre 2011 nelle quali si indicherebbe Mastronunzio quale “pedina fondamentale” per l’organizzazione della combine. Al fine di sostenere l’affidabilità delle dette dichiarazioni, si sostiene anche la portata autoaccusatoria delle stesse (rese in sede penale), alla luce della quale mal si spiegherebbe la scelta di rendere false dichiarazioni. A ciò si aggiunga anche il riscontro che sarebbe stato dato, alle dichiarazioni da Gervasoni, da quanto riferito da Carobbio e Turati; nulla dimostrerebbe, poi, la circostanza che il Gervasoni abbia maggiormente specificato e circostanziato i fatti nel corso di tre interrogatori successivi. Per quanto attiene il Carobbio, la difesa della F.I.G.C. sostiene come l’unico modo di non dare credito a quanto dallo stesso dichiarato, sarebbe ammettere che «Gervasoni, all’epoca dei fatti, abbia tentato di coinvolgere il Carobbio in un illecito inesistente»; «inoltre, qualora Carobbio avesse voluto premeditatamente mentire agli inquirenti al fine di risultare più credibile, avrebbe potuto sostenere di aver assistito personalmente alla proposta illecita: ulteriore considerazione che depone per l’attendibilità delle sue dichiarazioni». Anche in relazione alla gara Ancona - Mantova del 30 maggio 2010, parte intimata riporta le dichiarazioni rese, queste, da Gervasoni in data 12 marzo 2012; le stesse, oltre ad avere portata autoaccusatoria, sarebbero state ampiamente riscontrate in sede penale. Segnatamente, le audizioni di Locatelli, De Falco e Cristante confermerebbero quanto affermato da Gervasoni. Pertanto, «avendo l’odierno istante partecipato ad entrambi gli incontri e alle connesse trattative finalizzate al raggiungimento di un possibile accordo, la sua condotta ha- come correttamente posto in evidenza dalla Corte Federale – concretato un attentato all’integrità della gara di cui trattasi, sanzionabile come illecito sportivo ex art. 7 CGS». Trattandosi di illecito che si consuma anche qualora rimanga allo stadio di tentativo, sarebbero rinvenibili tutti gli elementi costitutivi della fattispecie punibile ex art. 7 CGS. In ogni caso, continua parte intimata, anche la semplice partecipazione ad incontri nei quali si sia discusso relativamente a delle combine, non concretizzatesi «per la mancata individuazione di una soluzione soddisfacente per entrambe le squadre», integrerebbe gli estremi dell’illecito di cui all’art. 7 CGS. La difesa della F.I.G.C. chiude la propria memoria insistendo per il rigetto della richiesta di prova per testi avanzata da controparte. 3. Nel rispetto dei termini concessi dal Collegio nel corso della prima udienza, le parti provvedevano al deposito delle proprie memorie e delle repliche. Parte istante, con il proprio scritto, contesta quanto affermato dalla F.I.G.C. nell’atto del 19 settembre 2012. Preliminarmente, rileva come «autonomia dell’ordinamento sportivo non vuol dire affatto mancanza di garanzie difensive nell’ordinamento sportivo». Infatti, «qualunque ordinamento giuridico deve avvertire il bisogno di approfondire, di vagliare, di ricercare la verità […]». Si insiste, pertanto, nella richiesta di ammissione della prova testimoniale, così come formulata per capitoli nei precedenti scritti difensivi. Viene, inoltre, richiesta l’escussione dei Signori Turati e Larini, ed a tal fine vengono articolati i relativi capitoli di prova. Parte intimata, con il proprio scritto del 9 ottobre 2012, si limita a insistere per l’inammissibilità della prova testimoniale: i verbali delle dichiarazioni rese sarebbero già agli atti; si riserva, in ogni caso, di dedurre più ampiamente in seguito al deposito della memoria di controparte. La difesa del Signor Mastronunzio con la propria replica insiste nelle deduzioni ed istanze già dedotte. Nella memoria del 29 ottobre 2012, la F.I.G.C. rileva come l’«assoggettamento del processo sportivo ad un regime normativo che ne garantisca la celerità ed una ragionevole concentrazione» possa «dar luogo ad una limitazione (ma mai ad una vanificazione) delle facoltà difensive rispetto al paradigma proprio del processo penale». Il principio del contraddittorio sarebbe, infatti, «salvaguardato dalla facoltà riconosciuta all’incolpato di presentare controdeduzioni e memorie difensive volte a contrastare le risultanze delle indagini poste alla base del deferimento […]». Per quanto attiene al merito, parte intimata si riporta, sostanzialmente, ai precedenti scritti difensivi; in chiusura si richiede l’ammissione di prova contraria sui capitoli di prova dedotti da controparte, nell’ipotesi in cui l’istanza probatoria fosse ammessa dal Collegio. 4. Il Collegio deve, preliminarmente, prendere posizione sul carattere del presente procedimento. In accordo con un orientamento ormai da tempo cristallizzatosi nell’ambito del T.N.A.S., deve riconoscersi portata devolutiva all’odierno giudizio. Sulla base di tale presupposto, il Collegio Arbitrale risulta competente a conoscere interamente la controversia de qua e non nel limite del quantum devolutum. Nel merito, il Collegio, rileva come l’indipendenza del diritto sportivo si rifletta sia sul piano procedimentale, sia sul piano dei principi di diritto sostanziale. Ciò comporta, che intanto gli istituti propri di altre branche del diritto potranno essere applicati, in quanto sussistano lacune nell’ordinamento sportivo o ci si trovi in presenza di un richiamo tacito o espresso. Tale principio di indipendenza si riflette anche sul regime probatorio dando vita ad un peculiare criterio di imputabilità. Per ricondurre in capo ad un determinato soggetto la commissione di un illecito sportivo non è, infatti, necessaria né l’assoluta certezza dell’imputabilità né, come nel sistema penale, il superamento del ragionevole dubbio. L’applicabilità di tale principio, espressamente codificato in materia di violazione di norme antidoping, è stata estesa, attraverso numerose pronunce degli Organi Giudicanti sportivi, all’intero ordinamento federale. Pertanto, affinché un soggetto possa essere ritenuto responsabile di aver commesso un illecito sportivo è sì sufficiente un grado inferiore di certezza, rispetto al superamento del ragionevole dubbio, ma è pur sempre necessario che l’imputabilità poggi su indizi connotati dal carattere della gravità, precisione e concordanza al fine di ottenere un c.d. alto grado di probabilità che lo stesso soggetto abbia effettivamente posto in essere la condotta incriminata. Per giungere ad una tale conclusione, è necessario, quindi, che l’organo giudicante effettui un’attenta analisi di tutti gli elementi e le prove di cui si trova in possesso. Proiettando tale argomentazione sulla decisione in oggetto, il Collegio ritiene che le condotte tenute dall’odierno istante integrino le violazioni contestate. Muovendo dai documenti acquisiti nel corso del procedimento, molti derivanti dalle indagini svolte in sede penale, diversi sono gli indizi che riconducono in capo al Signor Mastronunzio una condotta integrante gli estremi dell’illecito sportivo. In particolare, gli elementi a carico dell’odierno istante sono desumibili da testimonianze rese da differenti giocatori, coinvolti a diverso titolo nei procedimenti penali e disciplinari. Tale circostanza comporta che le diverse dichiarazioni, tra loro congruenti, rendano gli indizi a carico del Signor Mastronunzio gravi, precisi e concordanti. Pur condividendo, in astratto, la tesi dell’istante, secondo la quale, non sia possibile stabilire, una volta per tutte, se un teste sia affidabile o meno, il Collegio ritiene che nella vicenda de qua il ragionevole grado di certezza sia stato raggiunto. Sull’an della responsabilità del Signor Mastronunzio, pertanto, il Collegio reputa di non doversi discostare dalle considerazioni espresse dagli organi di giustifica federale. In relazione al quantum della sanzione il Collegio ritiene che la decisione impugnata meriti di essere riformata. In particolare, tenuto conto delle risultanze di fatto e delle regole sulla quantificazione della sanzione contenute nelle carte federali, Il Collegio reputa equo ridurre la sanzione della squalifica ad anni tre. 5. Tutte le altre domande, eccezioni e deduzioni debbono reputarsi assorbite. Le spese legali e di funzionamento del Collegio Arbitrale seguono il principio della parziale soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: 1. accoglie parzialmente la domanda di arbitrato e, per l’effetto, riduce ad anni 3 (tre) la sanzione della squalifica per il Signor Salvatore Mastronunzio; 2. condanna il Signor Salvatore Mastronunzio al pagamento dei 2/3 delle spese di lite in favore della F.I.G.C. che liquida, per questa quota, in € 1.500,00 oltre IVA e C.P.A.; compensa il restante 1/3. 3. fermo il vincolo di solidarietà, pone a carico del Signor Salvatore Mastronunzio il pagamento dei 2/3 degli onorari del Collegio Arbitrale; pone a carico della F.I.G.C. il restante 1/3; liquida complessivamente gli onorari del Collegio arbitrale in € 6.000,00 oltre accessori; 4. pone a carico del Signor Salvatore Mastronunzio il pagamento dei 2/3 dei diritti amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport; pone carico della F.I.G.C. il restante 1/3; 5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deliberato, all’unanimità, in data 17 gennaio 2013 e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Maurizio Benincasa F.to Tommaso Edoardo Frosini F.to Massimo Zaccheo
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