CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 17 gennaio 2013 promosso da: Sig. Salvatore Mastronunzio / Federazione Italiana Giuoco Calcio
CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 17 gennaio 2013 promosso da: Sig. Salvatore Mastronunzio / Federazione Italiana Giuoco Calcio
IL COLLEGIO ARBITRALE
PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA – PRESIDENTE
PROF. AVV TOMMASO EDOARDO FROSINI – ARBITRO
PROF. AVV. MASSIMO ZACCHEO – ARBITRO
nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e
Disciplina per gli Arbitri (“Codice”), nel procedimento prot. n. 1991 del 6 agosto 2012 - 630
promosso da:
Sig. Salvatore Mastronunzio, nato a Empoli, il 05/09/1979, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Paolo Rodella ed Andrea Pasini ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma,
alla via Giuseppe Ferrari n.4
istante
CONTRO
Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C.- con sede in Roma, via Gregorio Allegri n.14, C.F.
05114040586, P.IVA 01357871001, in persona del Presidente, Dottor Giancarlo Abete,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli ed elettivamente domiciliata
presso il loro studio in Roma, via Panama n.58
intimato
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
Con atto datato 8 maggio 2012, il Procuratore Federale deferiva, innanzi la Commissione
Disciplinare Nazionale, il Signor Mastronunzio per la presunta violazione dell’art. 7 del Codice di
Giustizia Sportiva.
Il Procuratore Federale assumeva, infatti, la commissione, da parte dell’odierno istante, di atti
diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato di tre partite di calcio; segnatamente Ancona –
Albinoleffe del 17 gennaio 2009, Albinoleffe – Ancona del 30 maggio 2009 e Ancona – Mantova
del 30 maggio 2010.
La Commissione Disciplinare Nazionale accertava la responsabilità del Calciatore in relazione agli
ultimi due incontri, comminando la sanzione di anni 4 (quattro) di squalifica, a mezzo del
Comunicato Ufficiale n.101/CDN del 18 maggio 2012.
Successivamente, l’odierno istante ricorreva alla Corte di Giustizia Federale per la riforma della
decisione della CDN.
Con CC. UU. n.002/CGF e 023/CGF, rispettivamente del 6 luglio e 7 agosto 2012, la Corte di
Giustizia Federale confermava la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale.
Parte istante proponeva, pertanto, istanza di arbitrato (Prot. 2028 del 7 agosto 2012), con riserva
sui motivi, rassegnando le seguenti conclusioni: «piaccia all’Ecc.mo Tribunale adito, per le ragioni
di fatto e di diritto che precedono ed in riforma integrale della decisione impugnata di cui al C.U.
n.002/CGF del 6 luglio 2012: a) quanto agli addebiti di cui all’art. 7 commi 1, 2, 5 e 6 CGS relativi
alla gara Albinoleffe/ Ancona del 30 maggio 2009, rigettarli integralmente e, per l’effetto,
prosciogliere Salvatore Mastronunzio dalle relative incolpazioni; b) quanto agli addebiti di cui
all’art. 7 commi 1, 2, 5 e 6 CGS relativi alla gara Ancona/ Mantova del 30 maggio 2010: in via
principale, nel merito: il rigetto di tutti gli addebiti e, per l’effetto, il proscioglimento di Salvatore
Mastronunzio dalle relative incolpazioni; in via subordinata, ove ritenuto: irrogare a Salvatore
Mastronunzio, previa riqualificazione dei fatti oggetto di giudizio sotto la specie dell’art.1 comma 1
CGS (violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità) la sanzione minima che sarà ritenuta
di giustizia […]».
Veniva nominato quale arbitro di parte il Prof. Avv. Tommaso Edoardo Frosini.
Parte intimata si costituiva nel presente giudizio con atto del 21.08.2012, prot. n. 2080, a mezzo
del quale, riservandosi ulteriori deduzioni al momento della pubblicazione delle motivazioni alla
base della decisione della Corte di Giustizia Federale, rassegnava le seguenti conclusioni: «[…] si
chiede sin d’ora la declaratoria di inammissibilità e, comunque, il rigetto nel merito dell’istanza
avversaria […]».
La F.I.G.C. nominava, quale arbitro di parte, il Prof. Avv. Massimo Zaccheo.
Entrambi gli Arbitri nominati formulavano l’accettazione di cui all’art. 6, comma 5, del Codice;
successivamente, veniva designato, di comune accordo tra gli Arbitri, quale Presidente del Collegio
Arbitrale, il Prof. Avv. Maurizio Benincasa che formulava l’accettazione ex art. 6, comma 5, del
Codice.
Pertanto, il Collegio Arbitrale risultava così composto: Prof. Avv. Maurizio Benincasa (Presidente
del Collegio Arbitrale), Prof. Avv. Edoardo Frosini, Prof. Avv. Massimo Zaccheo (Arbitro).
Veniva, quindi, fissata la prima udienza per il giorno 25 settembre 2012 presso la sede
dell’Arbitrato.
Con C.U. n.023/CGF del 7 agosto 2012 venivano pubblicate le motivazioni poste alla base della
decisione emessa dalla CGF del 6 luglio 2012 n. 002/CGF.
Pertanto, parte istante depositava in data 5 settembre 2012 i propri “motivi aggiunti” (prot. n.
2227); parimenti procedeva parte intimata con la memoria del 24 settembre 2012 (prot. n. 2496).
In data 25 settembre si teneva la prima udienza presso la sede dell’Arbitrato; veniva esperito,
infruttuosamente, il tentativo di conciliazione.
Il Collegio concedeva alle parti i termini per il deposito di memorie contenenti illustrazioni ed
integrazioni delle istanze istruttorie e per il deposito delle repliche.
Veniva fissata per il 5 novembre 2012 l’udienza di discussione..
In ossequio a quanto disposto dal Collegio, le parti depositavano le proprie memorie autorizzate e
di replica.
In data 5 novembre 2012, presso la sede dell’Arbitrato si svolgeva la seconda udienza; nel corso
della stessa il Collegio, dopo una breve camera di consiglio, invitava le parti alla discussione sulle
proprie istanze istruttorie. All’esito della discussione, il Collegio arbitrale si riservava.
Con ordinanza del 5 dicembre 2012, il Collegio sciogliendo la riserva assunta in occasione
dell’udienza del 5 novembre 2012, rigettava le istanze istruttorie formulate dalla parte istante,
fissando l’udienza di discussione per il 17 gennaio 2013.
All’esito della terza udienza il Collegio, dopo aver invitato le parti alla discussione sul merito, si
riservava, trattenendo la causa in decisione.
MOTIVI
1.
Il Signor Mastronunzio ricorre affinché venga riformata la decisione della Corte di Giustizia
Federale con la quale è stata comminata, a carico dello stesso, la squalifica di anni 4 (quattro).
Con il proprio scritto del 5 settembre 2012 (Prot. n. 2227) parte istante censura la ratio della
decisione emessa dalla Corte di Giustizia, muovendo, in primis, dalla critica dell’attendibilità di
Gervasoni e Carobbio quali principali testi accusatori.
In particolare, si riprova la scelta della CDN, prima, e della CGF, poi, di conferire una credibilità
tout court ai testi, senza vagliare criticamente le singole circostanze riferite.
Tale aspetto risulterebbe di enorme importanza alla luce delle discrepanze riscontrabili tra le
dichiarazioni rese dai testi nel corso di momenti diversi.
Relativamente a Gervasoni, si censura in particolare la di lui affidabilità, atteso che lo stesso
avrebbe riferito «in ordine ad una cinquantina di partite»; parte istante si interroga su come possa
il Gervasoni «ricordarsi di tutte le combinazioni di risultato pattuite, di tutti i calciatori coinvolti,
delle somme di denaro […] della telefonata dell’uno e/o dell’altro […]».
Né rileverebbe, in merito alla presunta attendibilità del Gervasoni, la valenza autoaccusatoria delle
dichiarazioni rese dallo stesso: «se una persona dice 99 verità consecutivamente, infatti, non vuol
dire che faccia lo stesso anche la centesima».
Relativamente al Carobbio, prendendo spunto da una dichiarazione resa dallo stesso in data 29
febbraio 2012, la difesa del Signor Mastronunzio sostiene che il testimone «ammette che la
propria linea difensiva è rivolta non tanto a negare e contrastare gli addebiti che vengono sollevati
a suo carico […] quanto, piuttosto, a tentare di alleggerire la sua posizione (e le connesse
responsabilità sia penali che disciplinari) presentandosi non come “mela marcia” bensì come
semplice ingranaggio di un meccanismo più complesso e “più grande di me” in cui tutti, più o
meno, si dedicano ad alterare partite di calcio». Pertanto, anche le dichiarazioni del Carobbio non
potrebbero considerarsi in nulla attendibili.
Ritenuto, dunque, che le coincidenze fra le dichiarazioni rese da Gervasoni e Carobbio siano
«artificiose consonanze», parte istante afferma la necessità, al fine di garantire il contraddittorio
nella formazione della prova, di una escussione degli stessi testi nella fase dibattimentale del
presente procedimento arbitrale.
Sul punto, la difesa di parte istante riporta la posizione della CDN, la quale aveva rigettato
l’analoga richiesta presentata all’inizio del dibattimento di primo grado, criticando le affermazioni
dalla stessa formulate perché infondate. Viene sottolineata, infatti, la necessità di procedere
all’audizione di Gervasoni e Carobbio considerato che, l’impianto accusatorio costruito avverso il
Signor Mastronunzio, risulta «pressocchè esclusivamente sorretto dalle e fondato sulle
dichiarazioni di Gervasoni e di Carobbio» e come «metterne in dubbio prima ed accertarne, poi,
l’inattendibilità rappresentava allora (e rappresenta oggi) l’obiettivo primario della difesa
dell’incolpato».
Si procede, poi, all’analisi delle risultanze probatorie relative al match Albinoleffe - Ancona del 30
maggio 2009.
Relativamente alle dichiarazioni rese, su tale partita, da Gervasoni e Carobbio si rileva come le
dichiarazioni impiegate, nei precedenti gradi di giudizio, per condannare Mastronunzio non
sarebbero dotate di quella univocità e certezza necessarie al fine di poter ritenere le stesse
attendibili. Su tale aspetto, viene criticata la condotta del Giudice Sportivo che non avrebbe
proceduto ad una ricerca di riscontri attendibili delle suddette dichiarazioni. Secondo la difesa del
giocatore, le dichiarazioni del Gervasoni, ove attentamente valutate, finirebbero per scagionare il
Signor Mastronunzio: «l’esponente, infatti, non lo contatterebbe mai al telefono (si parla di
conversazioni telefoniche con Comazzi, con Turati ma mai con Mastronunzio); di sicuro
Mastronunzio non era presente in occasione del (presunto) “secondo incontro” […] la presenza di
Mastronunzio non è certa neanche durante il “primo incontro”». E, proprio relativamente a tali
episodi riferiti dal Gervasoni le di lui dichiarazioni sarebbero «poco credibili (anzi per nulla),
estremamente confuse e contraddittorie, in alcuni casi solo fantasiose».
Vengono, poi, riportate le dichiarazioni di Turati, Comazzi e Colacone che scagionerebbero il
Mastronunzio dalle accuse mossegli.
Le dichiarazioni fornite da Carobbio vengono contestante, sostanzialmente, sulla base dell’assunto
che si tratterebbe di un teste de relato, e, come tale, in carenza di altri riscontri esterni,
inattendibile.
Né varrebbero a confermare le dichiarazioni del Gervasoni e Carobbio le dichiarazioni rese da
Conteh e Ferrari.
Riguardo l’incontro Ancona - Mantova del 30 maggio 2010, parte istante contesta gli addebiti
mossi al Mastronunzio criticando i fondamenti logico- giuridici posti alla base delle decisioni dei
giudici sportivi.
In primo luogo, viene censurata la circostanza che sul match suindicato il Mastronunzio non
sarebbe mai stato ascoltato dalla Procura Federale, impedendogli quindi di fornire una visione
alternativa dei fatti contestatigli.
Viene, poi, affermato come la condotta contestata, per come esternatasi, sarebbe stata del tutto
inidonea ad integrare l’illecito sportivo. Il calciatore si sarebbe limitato ad “ascoltare” la,
eventuale, proposta di combine, opponendo alla stessa un «secco rifiuto».
Relativamente a tale partita, non si è mai fatto riferimento ad alcuna somma di denaro e,
circostanza ancor più decisiva, i giocatori Locatelli, De Falco e Cristante con le loro dichiarazioni
smentirebbero quanto riferito dal Gervasoni.
Alla luce della propria ricostruzione, la difesa del giocatore afferma che «la vicenda in esame
gravita al di fuori dell’ipotesi astratta di cui all’art. 7 CGS».
Gli atti posti in essere sarebbero «inidonei a configurare l’ipotesi dell’illecito sportivo anche solo
tentato» poiché la richiesta di combine fatta a Mastronunzio sarebbe caduta nel vuoto.
Tutt’al più i comportamenti tenuti da Mastronunzio potrebbero ricadere nella violazione dell’art. 1
del CGS relativo all’obbligo di agire sempre secondo lealtà, correttezza e probità.
Relativamente alla partita in oggetto si afferma, inoltre, come questa «mal si addice ad una ipotesi
di combine, per via del suo concreto svolgimento ed anche per i “vivi interessi” contrapposti che
animavano le squadre contendenti (entrambe, come visto, avevano urgente bisogno di punti)».
2.
Con atto del 21 agosto 2012 (prot. 2080), parte intimata si costituisce nel presente procedimento
arbitrale; successivamente in data 24 settembre 2012 (prot. 2496) veniva depositata la memoria
redatta in seguito alla pubblicazione delle motivazioni della decisione emessa dalla CGF del 6 luglio
2012 n. 002/CGF.
La difesa della F.I.G.C. qualifica l’odierno procedimento arbitrale quale rimedio impugnatorio; in
tale ottica sarebbe possibile fare valere esclusivamente gli errores in procedendo e in iudicando nei
limiti dei vizi denunciati.
Il TNAS potrebbe, quindi, giudicare solo su quanto devoluto: non si tratterebbe, quindi, di «un
terzo grado di giudizio, che consenta - con automatica e generalizzata applicazione del principio
devolutivo – l’integrale riesame della vicenda sottesa al decisum […]».
Con il proprio scritto del 24 settembre 2012 la F.I.G.C. censura quanto dedotto da controparte.
Preliminarmente, si rileva come, rispetto alla richiesta di parte istante di procedere all’escussione
dei testi Gervasoni e Carobbio in una fase dibattimentale del presente procedimento, la stessa
debba essere disattesa tenuto conto che l’«autonomia che connota l’attività normativa propria del
legislatore federale, consente di delineare un modello procedimentale, che – pur mutuando dal
diritto comune la struttura portante – non ne rispecchia pedissequamente la regolamentazione
positiva».
Si sostiene, poi, come, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per ritenere
sussistente la responsabilità disciplinare del Mastronunzio non sarebbero necessarie né la certezza
assoluta della commissione del fatto, né il superamento del c.d. ragionevole dubbio; sarebbe
sufficiente, infatti, un grado di probabilità «inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio».
Riguardo l’incontro Albinoleffe - Ancona del 30 maggio 2009, la ricostruzione della F.I.G.C. muove
dalle dichiarazioni rese dal Gervasoni il 27 dicembre 2011 nelle quali si indicherebbe Mastronunzio
quale “pedina fondamentale” per l’organizzazione della combine. Al fine di sostenere l’affidabilità
delle dette dichiarazioni, si sostiene anche la portata autoaccusatoria delle stesse (rese in sede
penale), alla luce della quale mal si spiegherebbe la scelta di rendere false dichiarazioni. A ciò si
aggiunga anche il riscontro che sarebbe stato dato, alle dichiarazioni da Gervasoni, da quanto
riferito da Carobbio e Turati; nulla dimostrerebbe, poi, la circostanza che il Gervasoni abbia
maggiormente specificato e circostanziato i fatti nel corso di tre interrogatori successivi.
Per quanto attiene il Carobbio, la difesa della F.I.G.C. sostiene come l’unico modo di non dare
credito a quanto dallo stesso dichiarato, sarebbe ammettere che «Gervasoni, all’epoca dei fatti,
abbia tentato di coinvolgere il Carobbio in un illecito inesistente»; «inoltre, qualora Carobbio
avesse voluto premeditatamente mentire agli inquirenti al fine di risultare più credibile, avrebbe
potuto sostenere di aver assistito personalmente alla proposta illecita: ulteriore considerazione che
depone per l’attendibilità delle sue dichiarazioni».
Anche in relazione alla gara Ancona - Mantova del 30 maggio 2010, parte intimata riporta le
dichiarazioni rese, queste, da Gervasoni in data 12 marzo 2012; le stesse, oltre ad avere portata
autoaccusatoria, sarebbero state ampiamente riscontrate in sede penale. Segnatamente, le
audizioni di Locatelli, De Falco e Cristante confermerebbero quanto affermato da Gervasoni.
Pertanto, «avendo l’odierno istante partecipato ad entrambi gli incontri e alle connesse trattative
finalizzate al raggiungimento di un possibile accordo, la sua condotta ha- come correttamente
posto in evidenza dalla Corte Federale – concretato un attentato all’integrità della gara di cui
trattasi, sanzionabile come illecito sportivo ex art. 7 CGS».
Trattandosi di illecito che si consuma anche qualora rimanga allo stadio di tentativo, sarebbero
rinvenibili tutti gli elementi costitutivi della fattispecie punibile ex art. 7 CGS.
In ogni caso, continua parte intimata, anche la semplice partecipazione ad incontri nei quali si sia
discusso relativamente a delle combine, non concretizzatesi «per la mancata individuazione di una
soluzione soddisfacente per entrambe le squadre», integrerebbe gli estremi dell’illecito di cui
all’art. 7 CGS.
La difesa della F.I.G.C. chiude la propria memoria insistendo per il rigetto della richiesta di prova
per testi avanzata da controparte.
3.
Nel rispetto dei termini concessi dal Collegio nel corso della prima udienza, le parti provvedevano
al deposito delle proprie memorie e delle repliche.
Parte istante, con il proprio scritto, contesta quanto affermato dalla F.I.G.C. nell’atto del 19
settembre 2012.
Preliminarmente, rileva come «autonomia dell’ordinamento sportivo non vuol dire affatto
mancanza di garanzie difensive nell’ordinamento sportivo». Infatti, «qualunque ordinamento
giuridico deve avvertire il bisogno di approfondire, di vagliare, di ricercare la verità […]».
Si insiste, pertanto, nella richiesta di ammissione della prova testimoniale, così come formulata
per capitoli nei precedenti scritti difensivi.
Viene, inoltre, richiesta l’escussione dei Signori Turati e Larini, ed a tal fine vengono articolati i
relativi capitoli di prova.
Parte intimata, con il proprio scritto del 9 ottobre 2012, si limita a insistere per l’inammissibilità
della prova testimoniale: i verbali delle dichiarazioni rese sarebbero già agli atti; si riserva, in ogni
caso, di dedurre più ampiamente in seguito al deposito della memoria di controparte.
La difesa del Signor Mastronunzio con la propria replica insiste nelle deduzioni ed istanze già
dedotte.
Nella memoria del 29 ottobre 2012, la F.I.G.C. rileva come l’«assoggettamento del processo
sportivo ad un regime normativo che ne garantisca la celerità ed una ragionevole concentrazione»
possa «dar luogo ad una limitazione (ma mai ad una vanificazione) delle facoltà difensive rispetto
al paradigma proprio del processo penale». Il principio del contraddittorio sarebbe, infatti,
«salvaguardato dalla facoltà riconosciuta all’incolpato di presentare controdeduzioni e memorie
difensive volte a contrastare le risultanze delle indagini poste alla base del deferimento […]».
Per quanto attiene al merito, parte intimata si riporta, sostanzialmente, ai precedenti scritti
difensivi; in chiusura si richiede l’ammissione di prova contraria sui capitoli di prova dedotti da
controparte, nell’ipotesi in cui l’istanza probatoria fosse ammessa dal Collegio.
4.
Il Collegio deve, preliminarmente, prendere posizione sul carattere del presente procedimento. In
accordo con un orientamento ormai da tempo cristallizzatosi nell’ambito del T.N.A.S., deve
riconoscersi portata devolutiva all’odierno giudizio.
Sulla base di tale presupposto, il Collegio Arbitrale risulta competente a conoscere interamente la
controversia de qua e non nel limite del quantum devolutum.
Nel merito, il Collegio, rileva come l’indipendenza del diritto sportivo si rifletta sia sul piano
procedimentale, sia sul piano dei principi di diritto sostanziale. Ciò comporta, che intanto gli
istituti propri di altre branche del diritto potranno essere applicati, in quanto sussistano lacune
nell’ordinamento sportivo o ci si trovi in presenza di un richiamo tacito o espresso. Tale principio
di indipendenza si riflette anche sul regime probatorio dando vita ad un peculiare criterio di
imputabilità. Per ricondurre in capo ad un determinato soggetto la commissione di un illecito
sportivo non è, infatti, necessaria né l’assoluta certezza dell’imputabilità né, come nel sistema
penale, il superamento del ragionevole dubbio. L’applicabilità di tale principio, espressamente
codificato in materia di violazione di norme antidoping, è stata estesa, attraverso numerose
pronunce degli Organi Giudicanti sportivi, all’intero ordinamento federale.
Pertanto, affinché un soggetto possa essere ritenuto responsabile di aver commesso un illecito
sportivo è sì sufficiente un grado inferiore di certezza, rispetto al superamento del ragionevole
dubbio, ma è pur sempre necessario che l’imputabilità poggi su indizi connotati dal carattere della
gravità, precisione e concordanza al fine di ottenere un c.d. alto grado di probabilità che lo stesso
soggetto abbia effettivamente posto in essere la condotta incriminata.
Per giungere ad una tale conclusione, è necessario, quindi, che l’organo giudicante effettui
un’attenta analisi di tutti gli elementi e le prove di cui si trova in possesso.
Proiettando tale argomentazione sulla decisione in oggetto, il Collegio ritiene che le condotte
tenute dall’odierno istante integrino le violazioni contestate.
Muovendo dai documenti acquisiti nel corso del procedimento, molti derivanti dalle indagini
svolte in sede penale, diversi sono gli indizi che riconducono in capo al Signor Mastronunzio una
condotta integrante gli estremi dell’illecito sportivo.
In particolare, gli elementi a carico dell’odierno istante sono desumibili da testimonianze rese da
differenti giocatori, coinvolti a diverso titolo nei procedimenti penali e disciplinari. Tale circostanza
comporta che le diverse dichiarazioni, tra loro congruenti, rendano gli indizi a carico del Signor
Mastronunzio gravi, precisi e concordanti.
Pur condividendo, in astratto, la tesi dell’istante, secondo la quale, non sia possibile stabilire, una
volta per tutte, se un teste sia affidabile o meno, il Collegio ritiene che nella vicenda de qua il
ragionevole grado di certezza sia stato raggiunto.
Sull’an della responsabilità del Signor Mastronunzio, pertanto, il Collegio reputa di non doversi
discostare dalle considerazioni espresse dagli organi di giustifica federale.
In relazione al quantum della sanzione il Collegio ritiene che la decisione impugnata meriti di
essere riformata. In particolare, tenuto conto delle risultanze di fatto e delle regole sulla
quantificazione della sanzione contenute nelle carte federali, Il Collegio reputa equo ridurre la
sanzione della squalifica ad anni tre.
5.
Tutte le altre domande, eccezioni e deduzioni debbono reputarsi assorbite.
Le spese legali e di funzionamento del Collegio Arbitrale seguono il principio della parziale
soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni
altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. accoglie parzialmente la domanda di arbitrato e, per l’effetto, riduce ad anni 3 (tre) la
sanzione della squalifica per il Signor Salvatore Mastronunzio;
2. condanna il Signor Salvatore Mastronunzio al pagamento dei 2/3 delle spese di lite in
favore della F.I.G.C. che liquida, per questa quota, in € 1.500,00 oltre IVA e C.P.A.;
compensa il restante 1/3.
3. fermo il vincolo di solidarietà, pone a carico del Signor Salvatore Mastronunzio il
pagamento dei 2/3 degli onorari del Collegio Arbitrale; pone a carico della F.I.G.C. il
restante 1/3; liquida complessivamente gli onorari del Collegio arbitrale in € 6.000,00 oltre
accessori;
4. pone a carico del Signor Salvatore Mastronunzio il pagamento dei 2/3 dei diritti
amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport; pone carico della F.I.G.C.
il restante 1/3;
5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport i diritti amministrativi
versati dalle parti.
Così deliberato, all’unanimità, in data 17 gennaio 2013 e sottoscritto in numero di tre originali nei
luoghi e nelle date di seguito indicati.
F.to Maurizio Benincasa
F.to Tommaso Edoardo Frosini
F.to Massimo Zaccheo