CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 19 marzo 2013 promosso da: Sig. Franco De Falco / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 19 marzo 2013 promosso da: Sig. Franco De Falco / Federazione Italiana Giuoco Calcio I L C O L L E G I O A R B I T R A L E Avv. Marcello de Luca Tamajo Presidente Prof. Avv. Alberto Zito Arbitro Avv. Dario Buzzelli Arbitro nominato ai sensi dell’art. 6 comma 3 del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport riunito in conferenza personale, presso la sede dell’arbitrato, in data 19 marzo 2013 ha deliberato all’unanimità il seguente L O D O A R B I T R A L E nel procedimento di arbitrato (con istanza prot. n. 1936 del 2 agosto 2012) promosso da: Sig. Franco De Falco, nato a Pomigliano D’Aerco (Na) il 2 aprile 1959, rappresentato e difeso dagli avv.ti Liberato Francesco De Falco del foro di Nola e Vitale Stefanelli del foro di Napoli, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Pomigliano D’Arco, via A. Guidoni 7, giusta delega rilasciata in calce alla istanza di arbitrato datata 2.8.2012 ricorrente contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), con sede in Roma, via Allegri 14, in persona del dott. Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Panama 58, giusta delega in calce alla memoria di costituzione del 3.8.2012 Resistente FATTO E SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO ARBITRALE A. Le parti 1. Il sig. Franco De Falco (“De Falco” o il “ricorrente”) è un dirigente sportivo. All’epoca dei fatti, nella stagione sportiva 2010-2011, De Falco era tesserato quale direttore sportivo per il Piacenza Calcio F.C. S.p.a. presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.). 2. La Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) (la “FIGC” o la “resistente”), associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, è l’ente di governo dello sport del calcio in Italia, avente lo scopo di promuovere, regolare e sviluppare l’attività calcistica italiana. Essa è l’associazione delle società e delle associazioni sportive che praticano, promuovono o organizzano lo sport del calcio, agonistico e amatoriale, in Italia. B. La controversia tra le parti 3. Con atto dell’8.5.2012 (n. 8011/33pf11-12/sp/blp) la Procura Federale presso la FIGC deferiva De Falco, assieme ad altri tesserati, alla Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC (la “CDN”) contestando l’illecito sportivo aggravato, ai sensi dell’art. 7 (più specificamente la violazione dell’art. 7, comma 1 e 2 e 5, con l’aggravante di cui al comma 6) del Codice di giustizia sportiva della FIGC (il “CGS”), ipotizzati in relazione alla gara Albinoleffe-Piacenza del 20 dicembre 2010. 4. Con decisione pubblicata nel C.U. n. 101/CDN del 18 giugno 2012 (la “decisione della CDN”), la CDN irrogava la sanzione della inibizione per anni tre e mesi nove per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 C.G.S. con l’aggravante di cui al comma 6, ritenendo che il ricorrente, unitamente ad altri tesserati, poneva in essere “atti diretti ad alterare il regolare svolgimento della gara anche al fine di effettuare e consentire ad altri di effettuare scommesse dall’esito sicuro”. 5. Contro la Decisione della CDN il ricorrente proponeva reclamo alla Corte di Giustizia Federale (la “CGF”), chiedendo di riformare la decisione nel merito, con annullamento della stessa senza rinvio ovvero di ridurre la sanzione in misura equamente rapportata alla gravità dei fatti in esame, sulla base dell’erroneità del fatto storico oggetto del deferimento quale riportato dalla CDN “non corrispondente a quanto dichiarato dal Gervasoni, unica fonte di accusa” e più in generale contestando l’esistenza di un adeguato supporto probatorio a suo carico. 6. Con decisione del 6 luglio 2012 (C.U. n. 002/CGF: la “decisione della CGF”), la CGF accoglieva parzialmente l’impugnazione di De Falco e rideterminava la sanzione della squalifica inflitta in anni 1 ed ammenda di euro 30.000,00 ai sensi dell’art. 7, commi 7 ed 8, del CGS. 7. Nella motivazione della decisione, pubblicata l’8 agosto 2012, la CGF ha affermato: “ciò che risulta imputabile al ricorrente, pur destinatario di un tentativo di coinvolgimento nella combine per la gara in esame, è il non essersi attivato per denunciare il tentativo medesimo”, sussistendo in capo allo stesso “l’obbligo di denuncia di cui all’art. 7, comma 7 del C.G.S.”. C. Il procedimento arbitrale 8. Con istanza in data 2 agosto 2012, rivolta al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (il “TNAS”) ai sensi degli art. 9 ss. del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (il “Codice TNAS”), il ricorrente dava avvio al presente arbitrato per contestare la decisione della CGF. Considerato che la decisione, alla data di proposizione della domanda, era nota nel solo dispositivo, il De Falco si riservava di ulteriormente “dedurre anche all’esito della pubblicazione delle motivazioni della decisione impugnata”. 9. Con memoria datata 3 agosto 2012 la FIGC si costituiva nel procedimento arbitrale così avviato, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, il rigetto delle domande avversarie, anche istruttorie, proposte dal ricorrente. Nella stessa memoria di costituzione, la resistente si riservava anch’essa di contro dedurre non appena la parte istante, pubblicate le motivazioni della decisione, avesse articolato specifici motivi di doglianza alla stregua dei quali avrebbe potuto essere valutata la legittimità della decisione gravata. 10. Come già visto al punto 7, la CGF in data 8 agosto 2012 rendeva note le motivazioni del provvedimento. 11. Il 18.10.2012 si teneva in Roma la prima udienza dell’arbitrato, in cui, rivelatosi infruttuoso l’esperito tentativo di conciliazione, il Collegio dava atto che non erano state depositate le motivazioni della decisione impugnata. La difesa della parte istante faceva presente di non intendere depositare motivi aggiunti e chiedeva al Collegio arbitrale la concessione di un termine per il deposito della motivazione della decisione impugnata e di note. Il Collegio arbitrale fissava l’udienza di discussione alla data del 19 novembre 2012, concedendo alla parte istante termine fino al 29 ottobre 2012 per il deposito presso la Segreteria del Tribunale delle motivazioni del provvedimento impugnato e ad entrambe le parti termine fino al 13 novembre 2012 per il deposito di note. 12. In data 23.11.2012 si teneva la seconda udienza nella quale le parti discutevano la causa. Con ordinanza del 3 dicembre 2012, il Collegio, sciogliendo la riserva e rilevatane la necessità, disponeva procedersi all’escussione testimoniale dei sigg.ri Carlo Gervasoni e Mario Cassano. 13. Il 17 gennaio 2013 si teneva dunque la terza udienza dell’arbitrato, nel corso della quale, preliminarmente, il Collegio arbitrale, avendo disposto mezzi istruttori, ai sensi dell’art. 25, comma 3, del Codice, informava le parti di aver disposto la proroga del termine di pronuncia del lodo fino al 20 aprile 2013; successivamente venivano sentiti i testi sigg.ri Gervasoni e Cassano. 14. Esaurita l’escussione dei testi, il Collegio fissava termine fino al 27 gennaio 2013 per il deposito di note e fino al 6 febbraio 2013 per il deposito delle repliche, riservandosi la decisione. 15. In data 25 gennaio 2013 entrambe le parti depositavano note autorizzate e solo la resistente depositava, poi, in data 6 febbraio le note di replica. 16. In data 20 marzo 2013 il Collegio deliberava all’unanimità il lodo del procedimento in oggetto. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità della resistente, in quanto da una parte è consentito proporre domanda d’arbitrato sulla base del solo dispositivo al fine di evitare la decadenza dall’impugnazione (nel nostro ordinamento, peraltro, e solo per fare un esempio, l’istituto dell’impugnativa con riserva dei motivi è espressamente codificato nel rito del lavoro), dall’altra il successivo mancato deposito di motivi aggiunti dopo il deposito della motivazione della CGF –soprattutto ove, come nel caso di specie, le censure mosse sulla base del solo dispositivo, sono comunque esaurienti e permettono al Collegio di avere una piena cognizione della controversia- non costituisce motivo d’inammissibilità. 2. Entrando nel merito, il sig. De Falco, all’epoca dei fatti direttore sportivo del Piacenza, è stato ritenuto responsabile dagli organi disciplinari della FIGC dell’illecito sportivo previsto e punito dall’art. 7 CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara. In particolare, siffatta responsabilità, aggravata ai sensi del comma 6 della stessa disposizione (laddove è detto che “In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate”) è stata ritenuta in relazione alla gara Piacenza-Albinoleffe del 20 dicembre 2010 (la “Partita”). 3. Come sopra indicato, ed in via di estrema sintesi, la responsabilità del sig. De Falco in riferimento alla Partita è stata affermata, sulla base delle dichiarazioni rese a suo carico dal sig. Gervasoni, dalla CDN, che ha condannato il ricorrente alla squalifica di 3 anni e 9 mesi. 4. La CGF, con la decisione impugnata, ha ritenuto, invece, il De Falco colpevole di “sola” omessa denuncia dell’illecito, non ritenendolo responsabile di aver posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento della gara e condannandolo alla squalifica di un anno e all’ammenda di 30.000,00 euro. 5. Le critiche svolte dal ricorrente in ordine all’affermazione della sua responsabilità si sviluppano essenzialmente attraverso contestazioni relative agli elementi di prova sui quali gli organi endofederali hanno fondato le proprie decisioni: a parere del ricorrente, infatti, le risultanze istruttorie raccolte nella fase endofederale, come pure quelle acquisite innanzi a questo Collegio, sarebbero tali da escludere la possibilità di pervenire ad un’affermazione di qualsivoglia responsabilità a suo carico. 6. Al Collegio appare opportuno premettere che, ai fini della configurabilità della responsabilità in capo al soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva, non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel diritto penale, essendo sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da ritenere ragionevolmente certa la commissione dell’illecito (cfr. ex multis i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c. FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c. FIGC; 3 marzo 2011, Donato c. FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c. FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c. FIGC; 26 aprile 2012, Signori c. FIGC). 7. Fatta questa necessaria premessa, si tratta dunque di verificare se nella fattispecie de qua gli elementi di prova raccolti consentono di ritenere responsabile - secondo lo standard probatorio poc’anzi enunciato - il sig. De Falco del mancato rispetto, in relazione alla Partita, dell’art. 7, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva, avente ad oggetto l’obbligo di denuncia. 8. In tale quadro, deve innanzi tutto osservarsi che non è controverso che un illecito sportivo sia stato commesso con riguardo a tale Partita. Controversa è invece la conoscenza della combine da parte del sig. De Falco. 9. Orbene, la conoscenza del sig. De Falco di quanto era stato deciso da altri tesserati in merito alla Partita è stata accertata sulla base di riscontri testimoniali acquisiti sia dalla Procura della Repubblica di Cremona in sede di indagini penali, sia dalla Procura Federale in sede di indagini disciplinari. 10. Tra di essi, i provvedimenti endofederali hanno indicato come rilevante e decisiva la dichiarazione resa dal sig. Gervasoni di fronte al Procuratore della Repubblica di Cremona in data 12 marzo 2012, del seguente tenore: “. . . omissis . . . anche prima di recarsi al campo alcuni calciatori avevano parlato in albergo con il direttore sportivo De Falco per chiedergli l’approvazione in ordine alla decisione che avevano preso di pareggiare”. 11. A fronte di ciò, in occasione delle audizioni testimoniali avvenute all’udienza del 17.1.2013, il sig. Gervasoni ha confermato che “nel corso di una riunione negli spogliatoi, dopo aver fatto uscire i giocatori più giovani dagli spogliatoi, il Presidente della società affermava che girassero voci su una presunta combine e invitava i giocatori a tenere un atteggiamento prudente, in special modo per quanto riguardava l’uso dei cellulari”, per poi precisare che “nel momento in cui il Presidente convocò negli spogliatoi i giocatori più anziani, come innanzi riferito, era presente anche il Sig. Franco De Falco”. Ed, ancora, il teste ha riferito che “il Sig. Cassano gli disse che i giocatori del Piacenza avevano sottoposto, il giorno della partita, prima di recarsi al campo, l’accordo al Sig. Franco De Falco e dichiarato che “il Sig. Cassano gli disse che il Sig. De Falco aveva manifestato il proprio assenso all’accordo” e “di aver saputo, successivamente, dal Sig. Cassano che lo stesso aveva giocato una somma sul pareggio . . .”. Al contrario, il sig. Cassano ha genericamente smentito l’illecito ed ha dichiarato di non aver riferito alcunché al Gervasoni, ricordandosi solo di una visita del Presidente “verso fine aprile per dire ai giocatori di mantenere un comportamento corretto, che non compromettesse l’immagine del Piacenza, fino alla fine del campionato, ma senza far riferimento ad alcuna partita in particolare”. 12. Il Collegio, discostandosi da quanto affermato nel lodo Fontana/F.I.G.C. (procedimento di arbitrato prot. n. 1736 d.d. 11 luglio 2012 - 618) sulla inattendibilità del teste Gervasoni, ritiene invece che lo stesso sia credibile in relazione alla vicenda in oggetto, dato che egli non aveva alcun interesse personale né avrebbe conseguito (o potuto conseguire) alcuna utilità nel riportare le parole riferitegli dal sig. Cassano in merito alla presenza del sig. De Falco all’incontro nell’albergo dove si era parlato della combine. 13. Tra l’altro la testimonianza del sig. Gervasoni, pur essendo de relato in ordine all’incontro avvenuto in albergo prima della gara, è invece testimonianza diretta in merito alla presenza nello spogliatoio del De Falco durante il discorso del Presidente della società, circostanza, questa, che Cassano non ha smentito. 14. Inoltre, deve sottolinearsi che, in considerazione del ruolo dirigenziale (direttore sportivo) di prim’ordine svolto dal De Falco nella società Piacenza e della conseguente vicinanza dello stesso De Falco con i giocatori, quest’ultimo, anche al di là di quanto riferito dal Gervasoni, è altamente verosimile che egli conoscesse ciò che stava accadendo, essendo molti giocatori della sua squadra effettivamente coinvolti (e già ritenuti colpevoli dalla Giustizia sportiva). 15. L’argomentazione difensiva del ricorrente secondo cui la combine era già stata decisa e “. . . al momento della comunicazione al De Falco non vi era più la possibilità di scommettere in quanto le giocate erano state già bloccate” non è in alcun modo utile alla posizione del ricorrente: resta, infatti, che egli non ha mai denunziato l’illecito né prima né dopo la disputa della Partita. 16. La circostanza, poi, che il Cassano abbia negato di aver confidato al Gervasoni i fatti da questo narrati, anche in sede di audizione dinnanzi a questo Collegio, non appare dirimente, in quanto il teste ha interesse a non ammettere le proprie responsabilità, ancora al vaglio della Giustizia. E’ poi assai poco credibile la dichiarazione del sig. Cassano sulla visita del Presidente negli spogliatoi perché in un contesto tanto particolare non è comprensibile il senso che avrebbe avuto un discorso così generico in ordine al “buon nome” della squadra. 17. Tutti gli elementi sopra indicati (testimonianza credibile del Gervasoni, anche diretta su alcuni fatti, testimonianza molto poco convincente del Cassano, ruolo dirigenziale del ricorrente, incontro in albergo e presenza del Presidente nello spogliatoio) inseriti in un contesto ambientale connotato da un particolare disvalore sportivo - e nel quale le notizie e le situazioni sono immediatamente note, ancor di più al primo dirigente che si interfaccia con la squadra- rendono più che verosimile la conoscenza della combine da parte del sig. De Falco. In altri termini, nel caso di specie, emergono molteplici riscontri che consentono di acquisire una ragionevole certezza circa la conoscenza dell’illecito da parte di De Falco: la prova della conoscenza, e la conseguente mancata denunzia da parte del ricorrente, deve ritenersi dunque raggiunta. 18. Ne deriva che, se non sono in grado di supportare la più grave accusa di illecito sportivo ex art. 7, comma 1, del CGS, così come correttamente individuato dalla decisione impugnata, i fatti oggetto del presente arbitrato, provati attraverso le dichiarazioni ed i riscontri di cui s’è detto, sono certamente idonei a configurare, a carico del De Falco, il mancato rispetto dell’obbligo “di informare, senza indugio, la Procura Federale della F.I.G.C.”, così come stabilito dall’art. 7, comma 7 del CGS. 19. La decisione della CGF va confermata in ordine all’infrazione della omessa denuncia in cui è incorso il ricorrente ed alla sanzione della squalifica di un anno. Va, invece, annullata la sanzione pecuniaria accessoria (30.000,00 euro) comminata al De Falco, in quanto la stessa non era contemplata dal C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, ma è stata introdotta dal successivo CGS non applicabile al caso di specie. Per quanto concerne le spese di giudizio, in considerazione del parziale accoglimento dell’istanza arbitrale e della confermata della sanzione principale della squalifica, si rileva quanto segue: - le spese di giudizio, quantificate in euro 4.500,00, sono compensate per 2/3, mentre viene posto a carico del ricorrente il restante 1/3 quantificato in euro 1.500,00; - per quanto riguarda le spese di funzionamento del Collegio Arbitrale, quantificate nella complessiva somma di euro 4.800,00, vengono poste a carico della F.I.G.C. nella misura di 1/3, e del sig. De Falco nella misura dei restanti 2/3, con vincolo di solidarietà P.Q.M. Il Collegio Arbitrale, all’unanimità, disattesa ogni diversa domanda, istanza e/o eccezione, definitivamente pronunziando, così provvede: 1) in riforma del provvedimento impugnato ed in parziale accoglimento dell’istanza arbitrale proposta dal sig. Franco De Falco determina la sanzione nella squalifica di anni uno; 2) compensa per 2/3 le spese di giudizio, ponendo il restante terzo, che viene quantificato in euro 1.500,00, a carico del sig. De Falco; 3) pone a carico della F.I.G.C., nella misura di un terzo, e del sig. De Falco, nella misura dei restanti 2/3, con vincolo di solidarietà, le spese di funzionamento del Collegio Arbitrale così come liquidata nella parte motiva; 4) pone a carico della F.I.G.C., nella misura di un terzo, e del sig. De Falco, nella misura dei restanti 2/3, il pagamento dei diritti amministrativi; 5) dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deciso in Roma, in data 19 marzo 2013, in conferenza personale degli arbitri e sottoscritto in numero di tre originali nel luogo e nella data di seguito indicata. F.to Marcello De Luca Tamajo F.to Alberto Zito F.to Dario Buzzelli
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