F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n.153/CGF del 24 Gennaio 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 264/CGF del 08 Maggio 2013 e su www.figc.it 11) RICORSO DELL’U.S. CITTÀ DI PALERMO S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA AMMENDA DI € 10.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2, C.G.S., A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, PER LA CONDOTTA ANTI REGOLAMENTARE POSTA IN ESSERE DA UN PROPRIO TESSERATO (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 12) RICORSO DELL’U.C. SAMPDORIA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA AMMENDA DI € 15.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2, C.G.S., A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, PER LA CONDOTTA ANTI REGOLAMENTARE POSTA IN ESSERE DA PROPRI TESSERATI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 13) RICORSO DEL SIG. BREVI OSCAR AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 1 ED AMMENDA DI € 25.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA DEL REGOLAMENTO AGENTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 3 27.6.2012) – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 14) RICORSO DEL SIG. MARTINELLI LUIGI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 1 ED AMMENDA DI € 25.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA DEL REGOLAMENTO AGENTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 15) RICORSO DEL SIG. FABIO ZAMBLERA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 15.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER RISPONDERE DELLA VIOLAZIONI DELL’ART. 1, COMMA 1 DEL C.G.S, IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA DI CUI ALL’ART. 83 COMMA 1 NOIF E DEL REGOLAMENTO AGENTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 16) RICORSO DEL REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE PER ANNI 2 AL SIG. FOTI PASQUALE; – INIBIZIONE PER MESI 9 ALLA SIG.RA FAZZARI CONCETTA; – AMMENDA DI € 100.000,00 ALLA SOCIETÀ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. IN RELAZIONE ALL’OPERATO ASCRITTO AL SUO PRESIDENTE E TESSERATA, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE ART. 1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 84 N.O.I.F ED AL REGOLAMENTO AGENTI VIGENTE ALL’EPOCA DEI FATTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 17) RICORSO DEL SIG. VITALE GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 2 INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE ART. 1, COMMA 1, C.G.S. (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 18) RICORSO DELLA SIG.RA SENSI ROSELLA AVVERSO LE SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 1 INFLITTA ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 16, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI VIGENTE DAL 1° FEBBRAIO 2007 AL 7 APRILE 2010 NONCHÉ DELL’ART. 93, COMMA 1, N.O.I.F. INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (NOTA N. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n.153/CGF del 24 Gennaio 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 264/CGF del 08 Maggio 2013 e su www.figc.it 11) RICORSO DELL’U.S. CITTÀ DI PALERMO S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA AMMENDA DI € 10.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, AI SENSI DELL'ART. 4, COMMI 1 E 2, C.G.S., A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, PER LA CONDOTTA ANTI REGOLAMENTARE POSTA IN ESSERE DA UN PROPRIO TESSERATO (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) - (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 12) RICORSO DELL’U.C. SAMPDORIA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA AMMENDA DI € 15.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, AI SENSI DELL'ART. 4, COMMI 1 E 2, C.G.S., A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, PER LA CONDOTTA ANTI REGOLAMENTARE POSTA IN ESSERE DA PROPRI TESSERATI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) - (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 13) RICORSO DEL SIG. BREVI OSCAR AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 1 ED AMMENDA DI € 25.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL'ART. 1, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA DEL REGOLAMENTO AGENTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 3 27.6.2012) - (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 14) RICORSO DEL SIG. MARTINELLI LUIGI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 1 ED AMMENDA DI € 25.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL'ART. 1, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA DEL REGOLAMENTO AGENTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) - (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 15) RICORSO DEL SIG. FABIO ZAMBLERA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 15.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER RISPONDERE DELLA VIOLAZIONI DELL'ART. 1, COMMA 1 DEL C.G.S, IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA DI CUI ALL’ART. 83 COMMA 1 NOIF E DEL REGOLAMENTO AGENTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 16) RICORSO DEL REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: - INIBIZIONE PER ANNI 2 AL SIG. FOTI PASQUALE; - INIBIZIONE PER MESI 9 ALLA SIG.RA FAZZARI CONCETTA; - AMMENDA DI € 100.000,00 ALLA SOCIETÀ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. IN RELAZIONE ALL’OPERATO ASCRITTO AL SUO PRESIDENTE E TESSERATA, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE ART. 1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 84 N.O.I.F ED AL REGOLAMENTO AGENTI VIGENTE ALL’EPOCA DEI FATTI (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 17) RICORSO DEL SIG. VITALE GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 2 INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE ART. 1, COMMA 1, C.G.S. (NOTE NN. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012 E 9442/360PF09-10/SP/DL DEL 27.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) 18) RICORSO DELLA SIG.RA SENSI ROSELLA AVVERSO LE SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 1 INFLITTA ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 16, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI VIGENTE DAL 1° FEBBRAIO 2007 AL 7 APRILE 2010 NONCHÉ DELL’ART. 93, COMMA 1, N.O.I.F. INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (NOTA N. 9129/360PF09-10/SP/DL DEL 19.6.2012) (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 51/CDN del 7.12.2012) A seguito di notizie di stampa apparse sui quotidiani nazionali in data 28 e 29 ottobre 2009, relative all'esecuzione di ordinanze di custodia cautelare disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano nell’ambito dell’inchiesta denominata “Italease”, in ordine all’ipotesi di reato di associazione per delinquere transnazionale finalizzata al riciclaggio, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti e a reati tributari e, successivamente, nel mese di giugno 2010, in occasione dell’esecuzione di numerose perquisizioni, con conseguente sequestro di 4 copiosa documentazione, che interessavano anche alcune Società di calcio, in data 21 giugno 2010 il Pubblico Ministero procedente della Procura della Repubblica di Milano, titolare del fascicolo n. 41063/10 R.G.N.R. aperto a seguito delle ulteriori indagini innanzi indicate, informava la Procura federale dell’apertura di un procedimento penale per il reato di cui all’art. 2 del decreto legislativo n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) a carico di dirigenti di società di calcio. Con note del 28 giugno 2010, 30 luglio 2010, 10 settembre 2010, 28 settembre 2010, 3 febbraio 2011, 17 maggio 2011, il P.M. presso la Procura della Repubblica di Milano informava la Procura Federale dell’esito dell’attività istruttoria effettuata e, da ultimo, dell’emissione degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. Sulla base di tali elementi la Procura federale svolgeva ampie ed approfondite indagini che andavano ad integrare il quadro degli elementi di cui al materiale inviato dall’Autorità Giudiziaria. Con provvedimento del 19 giugno 2012 il Procuratore federale deferiva alla Commissione disciplinare nazionale, per quanto qui interessa, i sigg.ri/società: Pasquale FOTI Il presidente della Reggina Calcio s.p.a. è chiamato a rispondere: «-della violazione dell’art. 1, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, con riferimento all’art. 84 delle N.O.I.F., in concorso con il sig. Tullio Tinti e con soggetti non appartenenti all’ordinamento federale, per essersi procurato, attraverso l’emissione delle fatture analiticamente indicate nella parte motiva ai par. A.1 e A.1.2., in modo non regolare la disponibilità personale di somme di denaro provenienti dalle risorse economiche della società Reggina Calcio, così minando l’equilibrio economico-finanziario di tale società sportiva e violando, fra l’altro, il principio della corretta gestione cui le società di calcio sono assoggettate e distogliendo le corrispondenti risorse dall’utilizzo nell’interesse della società medesima. Risultato ottenuto attraverso la consapevole predisposizione di contratti fittizi stipulati in data 1.1.2006, 1.2.2007 e 6.8.2007, con “società cartiere” riconducibili al G., in assenza in ogni caso di sinallagma contrattuale in favore della società sportiva dallo stesso presieduta; per un ammontare complessivo pari ad almeno € 2.300.000 (euro duemilionitrecentomila//oo), somme versate dalla società sportiva Reggina calcio a fronte dell’emissione delle fatture relative ad operazioni inesistenti da parte delle società cartiere; il tutto anche attraverso il compimento di simili operazioni poste in essere dalle diversa società Reggina Service s.r.l. – ora Reser s.r.l. – di cui deteneva il controllo societario a mezzo società fiduciaria, come meglio specificato nella parte motiva»; -della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione all’art. 4, comma 1 del Regolamento Agenti vigente sino al 31 gennaio 2007 ed art. 4, comma 2, prima parte, del Regolamento Agenti di calciatori vigente a far data dal 1° febbraio 2007 e sino al 7 aprile 2010, per aver conferito, in esecuzione di un medesimo disegno e in violazione reiterata della medesima normativa, con contratti stipulati in data 1 gennaio 2006, 1 febbraio 2007, 6 agosto 2007, l’incarico di attività di ricerca e segnalazione calciatori (c.d. scouting) rispettivamente alle società FIBET, VIDACO, TIMOTES e non ad un Agente di calciatori personalmente; -della violazione degli artt. 1, comma 1 e 10, comma 1 del C.G.S., in relazione all’art. 3, commi 1 e 4 del Regolamento Agenti previgente sino al 31 gennaio 2007 poi art. 3, comma 3, del Regolamento Agenti vigente a far data dal 1° febbraio 2007 e sino al 7 aprile 2010 ed anche in relazione all’art. 1, comma 1, del Regolamento dell’Elenco speciale dei Direttori Sportivi, per essersi avvalso, in esecuzione di un medesimo disegno e in violazione reiterata della medesima normativa, dell’opera di soggetti non autorizzati (società FIBET, VIDACO, TIMOTES) nell’attività di ricerca e segnalazione di calciatori, sia sul territorio italiano che all’estero, ai fini del tesseramento e/o della cessione di calciatori (c.d. scouting), trattandosi di incarico riservato a soggetti con il titolo di Direttore Sportivo, così come specificatamente indicato nel par. A.1. -della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione all’art. 10, comma 4, all’art. 15, commi 1 e 2, e all’art. 16, comma 7, del Regolamento Agenti Calciatori vigente dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, per avere, in relazione ad una operazione di mercato riguardante il calciatore Mario Cassano, conferito un mandato per la società al sig. Tullio Tinti in data 18 luglio 2009 ed 5 aver successivamente trattato con lo stesso Tinti in qualità di agente di fatto del calciatore Mario Cassano, nonostante il calciatore avesse conferito incarico formale all’agente sig. Ernesto Randazzo in data 7 febbraio 2008; -della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S. in relazione all’art. 10, comma 4, all’art. 15, commi 1 e 2, e all’art. 16, comma 7, del Regolamento Agenti Calciatori vigente dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, per avere, in relazione ad una operazione di mercato riguardante il calciatore Sergio Volpi, conferito un mandato della società al sig. Tullio Tinti in data 5 luglio 2009, ed aver successivamente trattato con lo stesso Tinti in qualità di agente di fatto del calciatore Sergio Volpi, nonostante il calciatore avesse conferito incarico formale all’agente sig. Giorgio Zamuner». Concetta Antonia Angela FAZZARI La sig.ra Fazzari, segretaria del settore giovanile della Reggina Calcio s.p.a., è stata chiamata a rispondere: «della violazione di cui all’art. 1, comma 1, del C.G.S. per aver palesemente dichiarato, durante l’audizione resa innanzi la Procura Federale, circostanze non veritiere in ordine alla costituzione e gestione della società Reggina Service s.r.l. – ora Reser s.r.l. anche con riferimento ai rapporti intrattenuti con la società Reggina Calcio S.p.A.». REGGINA CALCIO S.P.A. La società Reggina Calcio S.p.A. è stata chiamata a rispondere «ai sensi dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., a titolo di responsabilità diretta per le azioni e i comportamenti disciplinarmente rilevanti come sopra evidenziati, posti in essere dal proprio dirigente Pasquale Foti, con poteri di rappresentanza della società all’epoca dei fatti oggetto di deferimento». TINTI – FOTI – FAZZARI Sono anche stati chiamati a rispondere, in concorso tra loro: «della violazione dell’art. 1, comma 1 e dell’art. 9 del C.G.S. per essersi di fatto associati al fine di commettere illeciti consistenti nel pagamento in favore delle diverse società appartenenti al gruppo G. di numerose fatture per operazioni inesistenti da parte della Reggina service – Reser s.r.l. al fine di trarne comunque profitto a danno della stessa società». Giuseppe VITALE Il direttore sportivo dell’Empoli Football Club s.p.a. è stato chiamato a rispondere: «-della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione all’art. 4, comma 2, 10, comma 1, 15, commi 1 e 2, del Regolamento Agenti calciatori vigente dal 22 novembre 2001 al 31 gennaio 2007, per aver sottoscritto in data 7 agosto 2002 (con ultima fattura, in esecuzione di un medesimo disegno e in violazione reiterata della medesima normativa, in data 8 settembre 2005 ed ultimo pagamento riferibile alla stessa fattispecie, in data 31 maggio 2006) e conferito l’incarico, a mezzo scrittura privata e senza l’utilizzo della modulistica federale, avente ad oggetto, da un lato, la cessione del calciatore Mario Cassano e dall’altro, il riconoscimento di una percentuale sull’intera operazione, non all’Agente personalmente sig. Tullio Tinti, ma alla società T.L.T. s.r.l., di cui il medesimo Agente era legale rappresentante, così determinando una situazione di conflitto di interessi in virtù appunto del mandato conferito all’Agente Tinti, per il tramite della T.L.T. s.r.l., per la cessione del calciatore Mario Cassano, nonostante tale agente rappresentasse, in vigenza di incarico anteriormente conferito, il medesimo calciatore; -della violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione agli artt. 4, comma 1, 10, comma 1, 11 del Regolamento Agenti di calciatori vigente dal 22 novembre 2001 sino al 31 gennaio 2007, per essersi avvalso dell’attività professionale del sig. Giorgio Zamuner nell’interesse della società Empoli F.C. s.p.a. per il tesseramento del calciatore Matteo Nicoletti senza aver conferito un regolare mandato sui moduli federali, come emerge anche dalla fattura emessa dall’agente a carico della società (n. 9 del 10 ottobre 2006 pagata in data 14 dicembre 2006), e senza assicurarsi che il relativo nominativo fosse indicato nella variazione di tesseramento sul modello n. 0671 privo di data». Fabio ZAMBLERA Il sig. Zamblera, all’epoca dei fatti calciatore tesserato con la società U.C. Sampdoria s.p.a. e A.S. Roma s.p.a., è stato chiamato a rispondere: «della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione all’art. 13, comma 4, del Regolamento Agenti in vigore dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, nonché dell’art. 93, comma 1, delle N.O.I.F., per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Stefano Castelnovo, Agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto sottoscritto in data 2 febbraio 2009 stipulato con la società U.C. Sampdoria S.p.a., il tutto così come specificamente esposto nella parte motiva del presente provvedimento; -della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione all’art. 13, comma 4, del Regolamento Agenti in vigore dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, nonché dell’art. 93, comma 1, delle N.O.I.F., per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Stefano Castelnovo, Agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto sottoscritto in data 29 agosto 2009 stipulato con la società A.S. Roma S.p.A.». Oscar BREVI Il sig. Brevi, all’epoca dei fatti tesserato per la società Ascoli Calcio 1898 s.p.a., è stato chiamato a rispondere: «-della violazione dell’art. 1, comma 1 e dell’art. 8, comma 11, del C.G.S. per aver pattuito con i dirigenti della società marchigiana Benigni e Tansini che parte del compenso dovuto al conseguimento del premio promozione nella stagione sportiva 2004/2005 fosse pagato all’estero, grazie alla mediazione del Sig. Tullio Tinti, attraverso l’interposizione fittizia della società cartiera FIBET con la quale l’Ascoli sottoscriveva un contratto di “scouting” proprio per coprire con tale atto formale la posizione debitoria nei confronti del proprio calciatore tesserato». Luigi MARTINELLI Il sig. Luigi Martinelli, all’epoca dei fatti tesserato per la società Ascoli Calcio 1898 s.p.a., è stato chiamato a rispondere: «della violazione dell’art. 1, comma 1 e dell’art. 8, comma 11, del C.G.S. per aver pattuito con i dirigenti della società marchigiana Benigni e Tansini che parte del compenso dovuto al conseguimento del premio promozione nella stagione sportiva 2004/2005 fosse pagato all’estero, grazie alla mediazione del Sig. Tullio Tinti, attraverso l’interposizione fittizia della società cartiera FIBET con l’Ascoli sottoscriveva un contratto di “scouting” proprio per coprire con tale atto formale la posizione debitoria nei confronti del proprio calciatore tesserato». Rossella SENSI La sig.ra Rossella Sensi, all’epoca dei fatti legale rappresentante della società A.S. Roma s.p.a., è stata chiamata a rispondere: «-della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S. in relazione all’art. 16, comma 3, del Regolamento Agenti Calciatori vigente dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, nonché dell’art. 93, comma 1, delle N.O.I.F., per non essersi assicurata che il nominativo del Sig. Stefano Castelnovo, Agente del calciatore Fabio Zamblera, fosse chiaramente indicato nel contratto sottoscritto in data 29 agosto 2009 con lo stesso calciatore». U.C. SAMPDORIA S.P.A. La Sampdoria è stata chiamata a rispondere «ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del C.G.S. a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva, per le azioni e i comportamenti disciplinarmente rilevanti come sopra evidenziati, posti in essere dal proprio dirigente Giuseppe Marotta, con i poteri di rappresentanza della società, e del proprio calciatore Fabio Zamblera, all’epoca dei fatti oggetto di deferimento». U.S. CITTA’ DI PALERMO s.p.a. Il Palermo è stato chiamato a rispondere «ai sensi dell’art. 4, comma 2, del C.G.S. a titolo di responsabilità oggettiva per le azioni e i comportamenti disciplinarmente rilevanti come sopra evidenziati, posti in essere dal proprio calciatore, all’epoca dei fatti oggetto del deferimento, Aimo Diana». La decisione della CDN . Occorre precisare che nel corso del dibattimento la Procura federale ha rettificato il capo di incolpazione nei confronti di Pasquale FOTI escludendo che la condotta a lui ascritta fosse finalizzata ad acquisire vantaggi personali. Con decisione di cui al C.U. n. 51/CDN del 7 dicembre 2012, la Commissione Disciplinare Nazionale, dato preliminarmente atto delle rimanenti posizioni definite con patteggiamento ai sensi degli artt. 23 e 24 CGS, come formalizzate con Comunicati Ufficiali nn. 20/CDN del 24.9.2012 e 38/CDN del 16.11.2012, riteneva fondato, nei limiti di cui in motivazione e per le posizioni che rilevano ai fini del presente giudizio d’appello, il deferimento e, di conseguenza, infliggeva le seguenti sanzioni: - anni 2 (due) di inibizione per Pasquale Foti, - mesi 9 (nove) di inibizione per Concetta Antonia Angela Fazzari, - mesi 2 (due) di inibizione per Giuseppe Vitale, - mesi 1 (uno) di inibizione per Rosella Sensi, - € 15.000,00 (€ quindicimila/00) di ammenda per Fabio Zamblera, - mesi 1 (uno) di squalifica ed € 25.000,00 (€ venticinquemila/00) di ammenda per Oscar Brevi, - mesi 1 (uno) di squalifica ed € 25.000,00 (€ venticinquemila/00) di ammenda per Luigi Martinelli, - € 100.000,00 (€ centomila/00) di ammenda per la Società Reggina Calcio, - € 15.000,00 (€ quindicimila/00) di ammenda per la Società UC Sampdoria, - € 10.000,00 (€ diecimila/00) di ammenda per la Società US Città di Palermo. I reclami Avverso la suddetta decisione, con separati ricorsi hanno proposto reclamo, come rispettivamente rappresentati e difesi, l’U.S. Città di Palermo s.p.a. (di seguito anche solo Palermo), l’U.C. Sampdoria s.p.a. (di seguito anche solo Sampdoria), Oscar Brevi, Luigi Martinelli, Fabio Zamblera, Giuseppe Vitale, Rossella Sensi, la Reggina Calcio s.p.a. (di seguito anche solo Reggina), Pasquale Foti e Concetta Fazzari. Nel proprio reclamo il PALERMO eccepisce, anzitutto, il vizio di omessa e/o inesistente o comunque carente e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata e la conseguente nullità della stessa. Secondo la prospettazione attorea, infatti, la pronuncia della CDN «- non motiva in alcun modo il rigetto delle eccezioni procedurali (di violazione del termine di conclusione delle indagini e/o di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare e/o di inutilizzabilità della relazione integrativa della Procura Federale datata 13 marzo 2012 e dei documenti e/o atti di indagine nella stessa richiamati – cfr. par. C memoria difensiva dinanzi alla CDN) sollevate dalla sottoscritta dinanzi all’Organo di prime cure; - non motiva il rigetto delle deduzioni opposte in primo grado dalla odierna reclamante nel merito dei fatti alla stessa ascritti (…) limitandosi ad affermare apoditticamente che la responsabilità oggettiva della soc. Palermo sussisterebbe per il solo fatto che il tesserato Diana ha definito la propria posizione ai sensi dell’art. 23 del CGS». Ricorda, a tal proposito, come sia lo stesso CGS, all’art. 34, comma 2, a prevedere che le decisioni degli Organi della giustizia sportiva debbano essere motivate, seppur in modo sintetico. Sempre in via preliminare, il Palermo eccepisce violazione del termine di conclusione delle indagini e/o di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare e/o di inutilizzabilità della relazione integrativa della Procura Federale datata 13 marzo 2012 e dei documenti e/o atti di indagine nella stessa richiamati. Evidenzia, in tal ottica, la reclamante società: «In data 28 e 29 ottobre 2009 avevano inizio le indagini relative al procedimento in oggetto. In data 25 giugno 2010 la Procura Federale depositava istanza di proroga delle predette indagini. In data 21 luglio 2010, con C.U. n. 18/CGF, la Sezione Consultiva della Corte di Giustizia Federale concedeva la proroga richiesta. In data 30 giugno 2011 la Procura Federale redigeva e depositava una prima relazione sulle indagini e sugli accertamenti svolti sino a quel momento. In data 14 marzo 2012 veniva depositata una seconda relazione (datata 13 marzo 2012), definita “integrativa” rispetto a quella precedente. In data 19 giugno 2012 veniva esercitata l’azione disciplinare con la notifica del provvedimento di deferimento.Dalla ricostruzione cronologica sopra esposta si evince che le indagini si sono concluse oltre il termine concesso con la proroga e che l’azione disciplinare si è prescritta. Non corrisponde al vero, infatti, che le indagini si sarebbero concluse entro il 30 giugno 2011, come sembrerebbe sostenere la Procura Federale nelle due relazioni sopra richiamate, anche per la ragione che – diversamente argomentando – non si sarebbe resa necessaria la relazione integrativa del 13 marzo 2012». Ne consegue, a dire del Palermo, «che l’ “accertamento” e l’ “indagine” sulle violazioni cui è conseguita la responsabilità oggettiva della soc. Palermo è stato effettuato oltre il termine di scadenza delle indagini già prorogate e che comunque l’azione disciplinare è stata esercitata ben oltre il termine di conclusione delle medesime indagini».Nel merito, la reclamante rileva la completa insussistenza delle violazioni ascritte a titolo di responsabilità oggettiva in ordine ai comportamenti disciplinarmente rilevanti addebitati al sig. Aimo Diana. In tal ottica, ritiene che non corrisponda al vero «che il calciatore Diana avrebbe omesso di conferire formale incarico secondo le modalità previste»… «il Torchia riferisce di aver parlato sia con i rappresentanti del Palermo che con quelli del Torino, ma non colloca temporalmente tali colloqui». Insomma, secondo il Palermo, «da un lato non vi è la prova che tali contatti (con le società) siano stati posti in essere prima del conferimento del mandato da parte del calciatore Diana, dall’altro lato sono perfettamente compatibili con i due distinti e separati momenti del conferimento del mandato (21/01/2008) e della successiva sottoscrizione del contratto con il Torino (01/02/2008), intervallati – appunto – dai colloqui Torchia/Palermo e Torchia/Torino». «In ogni caso», prosegue la reclamante società, «a tutto voler concedere, anche nel caso in cui Torchia abbia conferito con Diana prima della firma del mandato, il tenore del loro colloquio come riferito dall’Agente sarebbe comunque perfettamente compatibile con la normativa vigente, in quanto lo stesso riferisce unicamente di aver (si ribadisce, “probabilmente”) discusso con il calciatore del rapporto professionale di mandato che si sarebbe instaurato con il conferimento del mandato scritto, nonché della eventuale collocazione sportiva del calciatore nel mercato invernale 2008 (e non nel Torino!!!). Si tratta, quindi, di un tipico colloquio introduttivo e di carattere generale intrattenuto tra un calciatore ed un Agente, al fine di consentire al primo di poter valutare, ponderare e decidere circa l’effettivo conferimento del mandato all’Agente stesso». Conclude, pertanto, il Palermo chiedendo l’accoglimento delle proprie eccezioni preliminari e l’accertamento e conseguente dichiarazione che i fatti ascritti al sig. Aimo Diana non sono stati commessi, non sono sanzionabili, non sussistono, non sono stati provati, non hanno rilievo disciplinare o costituiscono una fattispecie di assoluta tenuità e non sussistendo, di conseguenza, la responsabilità oggettiva addebitata alla società, per l’effetto, insta affinché sia dichiarata la nullità e/o l’annullamento della decisione impugnata e/o la revoca e/o la riduzione della sanzione irrogata a carico del Palermo. Analoghe le deduzioni ed eccezioni proposte nel reclamo della SAMPDORIA. Viene, anzitutto, evidenziato come la CDN abbia completamente omesso di motivare la propria decisione in ordine alla eccezioni di natura procedurale sollevate dalla Sampdoria e, quindi, eccepisce il vizio di omessa e/o inesistente o comunque carente e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata e la conseguente nullità della stessa. Secondo la prospettazione attorea, infatti, la pronuncia della CDN «- non motiva in alcun modo il rigetto delle eccezioni procedurali (di violazione del termine di conclusione delle indagini e/o di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare e/o di inutilizzabilità della relazione integrativa della Procura Federale datata 13 marzo 2012 e dei documenti e/o atti di indagine nella stessa richiamati – cfr. par. 4 memoria difensiva dinanzi alla CDN) sollevate dalla sottoscritta dinanzi all’Organo di prime cure; - non motiva il rigetto delle deduzioni opposte in primo grado dalla odierna reclamante nel merito dei fatti alla stessa ascritti (…) limitandosi ad affermare apoditticamente che -la violazione ascritta al tesserato Zamblera è documentalmente provata, conseguendone la responsabilità oggettiva della soc. Sampdoria, addirittura riconducendo tale responsabilità ad un contratto (Roma / Zamblera) che non ha nulla a che vedere con la posizione dell’odierna reclamante, chiamata a rispondere con riferimento al – diverso e distinto – contratto Sampdoria / Zamblera!!! – la responsabilità diretta della soc. Sampdoria per i fatti ascritti al Dr. Marotta sussisterebbe per il solo fatto che quest’ultimo ha definito la propria posizione ai sensi dell’art. 23 del CGS». Anche la Sampdoria, poi, sempre in via preliminare, eccepisce violazione del termine di conclusione delle indagini e/o di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare e/o di inutilizzabilità della relazione integrativa della Procura Federale datata 13 marzo 2012 e dei documenti e/o atti di indagine nella stessa richiamati. Evidenzia, in tal ottica, la reclamante società: «In data 28 e 29 ottobre 2009 avevano inizio le indagini relative al procedimento in oggetto. In data 25 giugno 2010 la Procura Federale depositava istanza di proroga delle predette indagini. In data 21 luglio 2010, con C.U. n. 18/CGF, la Sezione Consultiva della Corte di Giustizia Federale concedeva la proroga richiesta. In data 30 giugno 2011 la Procura Federale redigeva e depositava una prima relazione sulle indagini e sugli accertamenti svolti sino a quel momento. In data 14 marzo 2012 veniva depositata una seconda relazione (datata 13 marzo 2012), definita “integrativa” rispetto a quella precedente. In data 19 giugno 2012 veniva esercitata l’azione disciplinare con la notifica del provvedimento di deferimento. Dalla ricostruzione cronologica sopra esposta si evince che le indagini si sono concluse oltre il termine concesso con la proroga e che l’azione disciplinare si è prescritta. Non corrisponde al vero, infatti, che le indagini si sarebbero concluse entro il 30 giugno 2011, come sembrerebbe sostenere la Procura Federale nelle due relazioni sopra richiamate, anche per la ragione che – diversamente argomentando – non si sarebbe resa necessaria la relazione integrativa del 13 marzo 2012». Nel merito, la società reclamante deduce insussistenza e comunque mancanza di prova delle violazioni cui è conseguita la responsabilità diretta e oggettiva. Non sarebbe stata affatto raggiunta la prova in ordine all’effettivo intervento dell’Agente Castelnovo nel trasferimento del calciatore alla società doriana, né la Procura Federale ha fornito «prova che al momento della conclusione del contratto Sampdoria/Zamblera del 2.2.2009 il mandato Zamblera/Castelnovo del 23.4.2008 fosse ancora efficace». Inoltre, aggiunge la reclamante, «la Sampdoria non si è affatto avvalsa dell’opera dell’agente Castelnovo, bensì è il calciatore Zamblera che – in ipotesi – se ne è avvalso, per cui la violazione della norma richiamata dalla Procura Federale è inconferente rispetto al caso di specie e comunque infondata». E, in ogni caso, «alla data del 2.2.2009 (di sottoscrizione del contratto Zamblera/Sampdoria), il calciatore non era tesserato in favore della società e pertanto non sussisteva alcun vincolo e/o rapporto e/o collegamento tra calciatore e società». Conclude, pertanto, la Sampdoria chiedendo l’accoglimento delle proprie eccezioni preliminari e l’accertamento e conseguente dichiarazione che i fatti ascritti ai sigg.ri Marotta e Zamblera non sono stati commessi, non sono sanzionabili, non sussistono, non sono stati provati, non hanno rilievo disciplinare o costituiscono una fattispecie di assoluta tenuità e non sussistendo, di conseguenza, la responsabilità oggettiva addebitata alla società, per l’effetto, insta affinché sia dichiarata la nullità e/o l’annullamento della decisione impugnata e/o la revoca e/o la riduzione della sanzione irrogata a carico della Sampdoria. Nel reclamo proposto da OSCAR BREVI viene, anzitutto, rinnovata «l’eccezione sollevata in primo grado circa l’incompetenza della Commissione disciplinare nazionale a giudicare in ordine all’incolpazione formulata nei confronti del sig. Oscar Brevi, in quanto quest’ultimo è attualmente iscritto presso l’albo degli allenatori professionisti di seconda categoria tenuto presso il settore Tecnico F.I.G.C.». Nel merito, osserva il reclamante come «i fatti di cui all’atto di incolpazione si riferiscano alla stagione sportiva 2004/2005 (allorquando venne pattuito il presunto premio poi asseritamente corrisposto a Brevi tramite il sig. Tullio Tinti) o, al più, alla stagione sportiva 2005/2006, momento in cui sarebbe stato stipulato il contratto simulato tra l’Ascoli Calcio 1898 s.p.a. e la Fibet per il 10 pagamento del premio stesso, in elusione della normativa federale e statuale, in favore del calciatore». Orbene, siccome «la violazione contestata richiama l’art. 8, comma 11, CGS» che nella versione vigente è entrata in vigore dal 1 luglio 2007, la stessa «risulta inapplicabile alla fattispecie in esame». «In ogni caso», ritiene il reclamante, «la presunta violazione» è «inesorabilmente prescritta», perché il responsabile «di una violazione relativa alla pattuizione di irregolari modalità di pagamento del cd. “premio promozione”, beneficia del termine di prescrizione breve previsto dall’art. 18, comma 4, C.G.S. vigente all’epoca dei fatti» e, «comunque, anche applicando il termine “lungo”, previsto dal Codice di Giustizia Federale vigente all’epoca dei fatti, la violazione si è comunque prescritta al 30 giugno 2011 o, al più, 30 giugno 2012 (al termine della sesta stagione sportiva successiva rispetto a quella in cui l’illecito è stato commesso)». Evidenzia, poi, l’interessato di essere assolutamente estraneo rispetto al contratto di scouting e all’operazione sottesa e posta in essere dall’Ascoli Calcio 1898 s.p.a. e da Fibet Gmbh e «non risponde al vero» che il sig. Tinti «sia stato agente dell’odierno reclamante», che, peraltro, «in più di vent’anni di carriera» non ha «mai conferito mandato ad alcun Agente di calciatori, non avvalendosi di professionisti per la stipula dei propri contratti». Senza considerare, infine, che in realtà non vi era alcun premio promozione da corrispondere ai calciatori, visto che al termine della stagione sportiva «la società marchigiana non conseguì alcuna promozione», ma «venne inserita, nell’estate del 2005, nel campionato di serie A, dopo la non ammissione del Torino Calcio s.p.a.». LUIGI MARTINELLI eccepisce, in via preliminare, «inesistenza della notifica riguardante l’atto di incolpazione e la convocazione della commissione disciplinare nazionale». Infatti, gli atti del procedimento, assume il reclamante, sono stati effettuati «alla società di ultimo tesseramento del reclamante, laddove il sig. Martinelli non fa più parte dell’ordinamento sportivo da un periodo di gran lunga superiore a 30 (trenta) mesi». Anche secondo Martinelli, ad ogni buon conto, «la presunta violazione» sarebbe «inesorabilmente prescritta», perché il responsabile di una violazione relativa alla pattuizione di irregolari modalità di pagamento del cd. “premio promozione”, beneficia del termine di prescrizione breve previsto dall’art. 18, comma 4, C.G.S. vigente all’epoca dei fatti» e, comunque, anche laddove si voglia applicare il termine “lungo”, previsto dal C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, «la violazione si è comunque prescritta al 30 giugno 2011 o, al più, 30 giugno 2012 (al termine della sesta stagione sportiva successiva rispetto a quella in cui l’illecito è stato commesso)». Evidenzia, poi, l’interessato di essere assolutamente estraneo rispetto al contratto di scouting e all’operazione sottesa e posta in essere dall’Ascoli Calcio 1898 s.p.a. e da Fibet Gmbh, né il reclamante è mai stato assistito dall’Agente Tinti. Ad ogni buon conto, non sarebbe stato in alcun modo provato il fatto oggetto della presunta violazione e, segnatamente, l’irregolare pattuizione del premio promozione, avendo la CDN, in buona sostanza, irrogato la sanzione «soltanto perché Tansini, “per sentito dire”, ha menzionato Martinelli, senza che vi fosse un solo riscontro relativo alla fondatezza di quanto dichiarato dal dirigente dell’Ascoli». Nel proprio reclamo FABIO ZAMBLERA evidenzia come «la notifica degli, e si presume anche la convocazione per la relativa discussione, avveniva ai sensi dell’art. 38, comma 8, del Codice di Giustizia Sportiva presso la A.S. Roma s.p.a.». «Tuttavia», osserva il reclamante, «mentre gli atti venivano fatti recapitare dalla AS Roma all’odierno esponente peraltro non con lettera raccomandata, viceversa la rituale convocazione per la discussione del deferimento de quo non veniva comunicata, e pertanto l’odierno esponente non è stato in grado di poter svolgere alcuna attività difensiva, né tantomeno di accedere all’istituto del patteggiamento. La sanzione pecuniaria irrogata, infatti, risulta piuttosto gravosa, atteso peraltro che il sig. Zamblera attualmente risulta svincolato». Laddove «l’appellante fosse stato nella condizione di partecipare alla discussione del proprio deferimento avrebbe sicuramente anch’egli avuto accesso all’istituto del patteggiamento, così determinando la propria sanzione unitamente al Procuratore Federale conformemente in analoghe ipotesi». Zamblera conclude, quindi, chiedendo che la CGF voglia, in parziale riforma della decisione impugnata, «ridurre la sanzione inflitta dalla Commissione disciplinare nazionale con la propria decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 51 del 7.12.2012 nella misura che riterrà di giustizia». Con altro separato ricorso GIUSEPPE VITALE, ricordato come la prima incolpazione sia stata dichiarata prescritta dalla CDN, eccepisce improcedibilità relativamente all’accusa di essersi avvalso dell’attività professionale dell’Agente Giorgio Zamuner nell’interesse della società Empoli per il tesseramento del calciatore Matteo Nicoletti senza assicurarsi che il relativo nominativo fosse indicato nella variazione di tesseramento sul mod. 0671 privo di data. Infatti, a dire del reclamante, «in realtà le indagini non sono terminate» il giorno 30 giugno 2011, «ma sono proseguite fino a tutto il 14 marzo 2012, data di deposito della seconda parte della relazione». Inoltre, aggiunge il reclamante, l’organo inquirente federale, nella sua istanza di proroga del 25 giugno 2010, ha «richiesto di essere autorizzato alla prosecuzione delle indagini solo con riferimento al “coinvolgimento in presunte attività di riciclaggio delle società Empoli, Reggina e Cesena (notizie stampa del 28.10.2009 e 20.10.2009)” e solo con riferimento a tale tema la C.G.F. ha concesso l’invocata proroga, per la dirimente ragione che rispetto alle altre ipotizzate violazioni nulla è stato richiesto […] Quindi, per i capi d’incolpazione attribuiti al Signor Giuseppe Vitale, nessuna richiesta di proroga mai è stata presentata dalla Procura Federale». Peraltro, deduce ancora il reclamante, «avrebbe dovuto essere dichiarata la prescrizione, in applicazione di quanto stabilito dal quarto comma dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti». Insistendo, dunque, per il pieno proscioglimento il reclamante evidenzia come, in ogni caso, la sanzione «appaia manifestamente sproporzionata rispetto all’incolpazione attribuita», chiedendo, pertanto, in estremo subordine, l’applicazione di una pena meno afflittiva rispetto a quella disposta dalla CDN. Con ulteriore unico ricorso impugnano la decisione di cui al C.U. n. 51/CDN del 7.12.2012 la REGGINA, PASQUALE FOTI e CONCETTA FAZZARI. Nel reclamo viene, anzitutto, evidenziata «la duplicazione di indagine tra procedimento ordinario e procedimento sportivo» che «condiziona in maniera decisiva il presente procedimento, nella misura in cui si ritiene che quanto emerso in quel procedimento possa essere ritenuto e considerato determinante e prova nel presente giudizio. La riflessione si impone ancora una volta atteso che le risultanze del procedimento penale, allo stato, sono unilaterali e senza il vaglio non solo del contraddittorio, ma anche della prova contraria. È stata conferita credibilità alle dichiarazioni del sig. G., mentre all’interno del presente procedimento è stata data ampia prova e dimostrazione dell’inesattezza e dell’incongruenza di quelle affermazioni. Tali dichiarazioni sono state rilasciate in epoca in cui il soggetto de quo era sottoposto alla misura della custodia in carcere. Nessun altro supporto probatorio è esistente. Le fatture e le rimesse di pagamento non possono costituire né prova, né riscontro, in quanto già esistenti o preesistenti alle dichiarazioni del Guastalla». Peraltro, le dichiarazioni («prive di riscontro») di quest’ultimo potrebbero «essere condizionate da esigenze di difesa in sede penale», «sono in parte autoaccusatorie e in parte eteroaccusatorie, con la conseguenza che lo stesso può avere interesse a diminuire la sua responsabilità e a non riferire la verità dei fatti narrati». Proseguono i reclamanti: «L’esecuzione di operazioni di natura economica con le società indicate, non è in discussione. Esistono le partite contabili, in alcuni casi i contratti di supporto e sempre le fatture di riferimento. Ciò che è contestato è la finalità dell’operazione effettuata e richiesta così come individuata dal Guastalla e asetticamente fatta propria dalla Procura Federale, sia pure in presenza di soluzioni differenti ed oggettivamente documentate. Guastalla riferisce di avere effettuato tali operazioni su sollecitazioni del Foti per recuperare provvista di denaro contante da utilizzare per pagamenti diversi; Foti ha affermato di avere effettuato le rimesse alle società estere indicate a fronte di operazioni concluse all’estero per la cessione o l’acquisizione dei diritti sportivi di calciatori. Ha indicato i nomi dei calciatori, ha segnalato i nominativi degli intermediari. Le due versioni sono tra loro contrastanti, la versione del Guastalla non è supportata da riscontri oggettivi, quantomeno indiziari, quella del Foti si. I pagamenti effettuati e la documentazione cartacea a supporto non sono e non possono essere considerati riscontri oggettivi alle dichiarazioni, sono, in realtà, dati di fatto esistenti, che non necessitano alcun riscontro. Guastalla afferma di aver conosciuto il Foti nell’anno 2008, le operazioni, però, risultano essere iniziate nel 2006». Non sarebbe, poi, possibile, a dire dei predetti reclamanti, «che l’attività descritta dal Guastalla sia avvenuta nell’anno 2008 e presso il punto vendita di Foti Pasquale, in Milano, punto vendita non più nella disponibilità dello stesso Foti dall’agosto 2004; l’intero immobile è stato alienato a dicembre 2005, cioè ancor prima del 1° gennaio 2006 data riportata in contratto e che dovrebbe segnare la data di inizio delle operazioni economiche». «La CDN poi», proseguono i reclamanti, «stravolge il senso delle affermazioni del Foti, affermazioni univocamente rese in sede di interrogatorio, in sede di difesa ed in sede di audizione personale innanzi alla stessa CDN. Il Foti ha affermato di aver effettuato quelle rimesse quale strumento di pagamento a soggetti terzi e cioè di essere stato richiesto in tal senso dai soggetti che avevano eseguito operazioni, quali intermediari; la dichiarazione è unica; la CDN segmenta tale dichiarazione, utilizzando solo la parte a finalità cosiddetta confessoria, ma tale estrapolazione è illegittima in quanto altera il senso e la finalità della stessa dichiarazione. Il Foti non ha creato o realizzato alcuna provvista, ma ha effettuato direttamente il pagamento». Erra, poi, a dire dei reclamanti, la CDN laddove ritiene non provato il pagamento delle intermediazioni. Le operazioni volte alla cessione o acquisizione di alcuni calciatori (Adam Georgely Kovacsik, Csaba Preklet, Ivan Pelizzoli, Lorand Szatmari, Martin Jiranek, Martin Liesa, Matej Kraicik, Mozart Santos Batista Junior, Shunshuke Nakamura) sono state avviate all’estero «per il tramite di collaboratori i quali a conclusione dell’operazione, percepivano un compenso che poteva considerare o la singola operazione o l’attività svolta in un determinato periodo temporale. Tali collaboratori richiedevano il pagamento del compenso mediante bonifico diretto o a società da loro indicate, tra queste società vi erano quelle segnalate in sede di audizione. Era, poi, cura ed interesse loro procedere all’incasso delle somme. Sono stati esibiti i contratti sportivi e di cessione dei diritti sportivi al fine di dimostrare la coincidenza temporale e l’effettività dei trasferimenti». Errata sarebbe anche l’affermazione della CDN che afferma l’inesistenza della documentazione idonea all’identificazione di tali collaboratori, visto che «la Reggina Calcio ha dato prova dell’incendio di notevole portata che ha completamente distrutto la sede sociale, così che non è più in possesso di alcuna documentazione relativa a tali operazioni». Evidenzia, poi, la Reggina come i pagamenti di cui trattasi sono stati effettivamente eseguiti a fronte di prestazioni rese. «La CDN ritiene che ciò non costituisce un’esimente. La modalità di pagamento non è mai stata addotta dalla difesa della Reggina e del Foti quale esimente ma al fine di rappresentare l’inesistenza di una condotta illecita. L’intermediario ha svolto la sua prestazione, in nazione estera, conseguentemente avrebbe dovuto percepire comunque il compenso per l’attività svolta ed a fronte del compenso avrebbe rilasciato un documento fiscale della stessa natura forza validità efficacia di quello rilasciato dalla società definita cartiera, indicato dall’intermediario quale soggetto che avrebbe incassato in sua vece nome e per conto. La Reggina avrebbe sempre e comunque sopportato un costo o una spesa. Il pagamento della prestazione con l’utilizzazione di una società “cartiera” è una modalità di pagamento, non un’operazione inesistente: potrebbe essere definito un atto a simulazione relativa, non certamente un atto a simulazione assoluta. È nota la distinzione». Insomma, «la società avrebbe dovuto sempre e comunque effettuare il pagamento della prestazione chiesta e svolta» e «nel caso di specie l’ipotesi di reato di false fatturazioni, inesistente per le ragioni sopra esplicitate, non ha comportato alcuna conseguenza all’interno dell’organizzazione sportiva». Quanto alle contestazioni relative ai calciatori Volpi e Cassano, «nessuna motivazione in merito è stata enunciata dalla CDN», che, peraltro, «ha omesso di considerare un dato decisivo: la condotta ha uno dei suoi elementi costitutivi nell’elemento soggettivo, cioè nella consapevolezza da parte del soggetto agente di porre in essere una trattativa, di fatto, con lo stesso soggetto, che interagisce, in conflitto di interessi. […] Manca la prova che la Reggina Calcio ed il suo rappresentante fossero a conoscenza di eventuali rapporti retrostanti, ovvero che a conoscenza di tali rapporti abbiano approfittato della situazione». Ritengono, ancora, i reclamanti che, ad ogni buon conto, sulle contestate violazioni sia intervenuta prescrizione, laddove, seguendo la prospettazione accusatoria dell’unico disegno, il dies a quo è quello in cui si verifica il primo comportamento contra legem e, dunque, nel caso di specie, quello del 1 gennaio 2006, data nella quale è stato sottoscritto il primo contratto di scouting (con la società Fibet), rimanendo neutri «i fatti posti in essere per la realizzazione del disegno». In via subordinata, i reclamanti censurano la legittimità della decisione con riferimento alle sanzioni irrogate, evidenziando come la stessa CGF «ha adottato un criterio di valutazione e di giudizio differente rispetto alla valutazione, anche sanzionatoria, della CDN». Con riferimento alla posizione della reclamante Concetta Fazzari, viene censurata l’affermazione della CDN secondo cui la stessa aveva l’obbligo di riferire quanto a sua conoscenza e che, comunque, non ha riferito il vero. Peraltro, osserva parte reclamante, la «CDN non indica quale siano le dichiarazioni non vere rese dalla Fazzari» e, in ogni caso, la sanzione irrogata è «eccessiva e deve essere adeguatamente ridotta». Confidando nella riforma della decisione impugnata e nel proscioglimento da ogni addebito o nella dichiarazione di estinzione delle incolpazioni, i ricorrenti chiedevano, in via subordinata, una congrua riduzione delle sanzioni. Anche ROSSELLA SENSI propone reclamo avverso la sanzione dell’inibizione per mesi uno. Si eccepisce, anzitutto, in reclamo il vizio di omessa e/o inesistente o comunque carente e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata e la conseguente nullità della stessa. Secondo la prospettazione attorea, infatti, la pronuncia della CDN «- non motiva in alcun modo il rigetto delle eccezioni procedurali (di violazione del termine di conclusione delle indagini e/o di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare e/o di inutilizzabilità della relazione integrativa della Procura Federale datata 13 marzo 2012 e dei documenti e/o atti di indagine nella stessa richiamati – cfr. par. C memoria difensiva dinanzi alla CDN) sollevate dalla sottoscritta dinanzi all’Organo di prime cure; - non motiva il rigetto delle deduzioni opposte in primo grado dalla odierna reclamante nel merito dei fatti alla stessa ascritti (…) limitandosi ad affermare che le violazioni sono documentalmente provate». Ricorda, a tal proposito, come sia lo stesso CGS, all’art. 34, comma 2, a prevedere che le decisioni degli Organi della giustizia sportiva debbano essere motivate, seppur in modo sintetico. Sempre in via preliminare, anche Rossella Sensi eccepisce violazione del termine di conclusione delle indagini e/o di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare e/o di inutilizzabilità della relazione integrativa della Procura Federale datata 13 marzo 2012 e dei documenti e/o atti di indagine nella stessa richiamati. Evidenzia, in tal ottica, la reclamante: «In data 28 e 29 ottobre 2009 avevano inizio le indagini relative al procedimento in oggetto. In data 25 giugno 2010 la Procura Federale depositava istanza di proroga delle predette indagini. In data 21 luglio 2010, con C.U. n. 18/CGF, la Sezione Consultiva della Corte di Giustizia Federale concedeva la proroga richiesta. In data 30 giugno 2011 la Procura Federale redigeva e depositava una prima relazione sulle indagini e sugli accertamenti svolti sino a quel momento. In data 14 marzo 2012 veniva depositata una seconda relazione (datata 13 marzo 2012), definita “integrativa” rispetto a quella precedente. In data 19 giugno 2012 veniva esercitata l’azione disciplinare con la notifica del provvedimento di deferimento. Dalla ricostruzione cronologica sopra esposta si evince che le indagini si sono concluse oltre il termine concesso con la proroga e che l’azione disciplinare si è prescritta. Non è, infatti, vero che le indagini si sarebbero concluse entro il 30 giugno 2011, come sostiene la Procura Federale nelle due relazioni sopra richiamate: diversamente argomentando, non si sarebbe resa necessaria la relazione integrativa del 13 marzo 2012». Peraltro, si osserva ancora in ricorso, «con specifico riferimento alla contestazione mossa alla dr.ssa Sensi, è solo ed esclusivamente la relazione integrativa del 13 marzo 2012 che evidenzia, seppur con un velato richiamo alla attività svolta dai sig.ri Stefano Castelnovo con riferimento in particolare alla applicazione delle disposizioni del regolamento Agenti, la violazione ascritta alla Dr.ssa Sensi». Nel merito, la reclamante deduce in ordine all’insussistenza e, comunque, mancanza di prova della violazione contestata, evidenziando, tra l’altro, che: «in sede di audizione l’Agente Castelnovo non fa alcuna menzione di un suo ipotetico intervento nella trattativa relativa al trasferimento di Zamblera alla Roma»; «non è stata raggiunta la prova in ordine all’effettiva prestazione di opera da parte dell’Agente Castelnovo nel trasferimento del calciatore alla società capitolina»; «che, infatti, né la Dr.ssa Sensi, né altri rappresentanti della A.S. Roma s.p.a. hanno intrattenuto alcun contatto con l’Agente Castelnovo per la contrattualizzazione del calciatore Zamblera»; che «la Procura federale non ha fornito neppure la prova che al momento della conclusione del contratto Roma/Zamblera del 20.8.2009 il mandato Zamblera/Castelnovo del 23.4.2008 fosse ancora efficace atteso che esso può avere si una durata massima di 2 anni, ma anche una durata inferiore al biennio»; «nel caso di specie la Roma non si è affatto avvalsa dell’opera dell’Agente Castelnovo, bensì è il calciatore Zamblera che – nella denegata ipotesi in cui si intenda ravvisare un qualsivoglia collegamento tra Castelnovo ed il contratto Zamblera/Roma – se ne sarebbe avvalso»; solo in capo alla parte interessata (calciatore, se l’agente è del calciatore; società, se l’agente è della società) l’obbligo di far si che il contratto riporti il nome dell’agente che ha partecipato alla sua conclusione»; «la contemporanea affermazione di responsabilità della Dr.ssa Sensi e del calciatore Zamblera, come emergente dalla decisione qui impugnata, ha determinato una inammissibile duplicazione di una sanzione che invece è irrogabile solo ad una delle parti contrattuali (ovvero quella che si è effettivamente avvalsa dell’opera dell’Agente) stante il preciso tenore del precetto dettato dalle norme di riferimento». Il giudizio innanzi alla CGF Alla seduta innanzi a questa CGF sono comparsi il rappresentante della Procura federale, nonché l’avv. Galli per Palermo, Sampdoria e Sensi; l’avv. Vitale, giusta delega, per Brevi, personalmente presente; l’avv. Panuccio per Reggina, Foti e Fazzari; l’avv. Diana per Vitale; l’avv. Fiorillo, giusta delega, per Zamblera. Preliminarmente, questa CGF dispone la riunione dei citati ricorsi, stante l'unicità del deferimento della Procura federale e della decisione della C.D.N. impugnata, nonché la parziale connessione oggettiva e soggettiva delle questioni oggetto del deferimento e dei reclami. La Corte, ritenendo di dover esaminare con priorità, per ragioni di ordine logico, le questioni di improcedibilità/inammissibilità del deferimento in riferimento all’art. 32, comma 11, CGS, e le altre eccezioni sollevate dai reclamanti ha, anzitutto, invitato le difese degli stessi ad illustrare tutte le eccezioni preliminari e, quindi, dopo la replica della Procura federale, che ne ha chiesto il rigetto, si è ritirata in Camera di consiglio, all’esito della quale ha emesso la seguente Ordinanza Priva di pregio risulta, anzitutto, l’eccezione - sollevata da alcuni reclamanti (in particolare, Palermo, Sampdoria, Sensi) - relativa al vizio di omessa e/o inesistente o comunque carente e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata, dal quale deriverebbe «la conseguente nullità della stessa». Come noto, ai sensi dell’art. 34, comma 2, CGS, «le decisioni degli Organi della giustizia sportiva devono essere motivate in modo sintetico». Il predetto precetto normativo è stato certamente osservato dalla CDN che, pur appunto, in modo sintetico, ha motivato le decisioni in questa sede impugnate, esplicitando il proprio convincimento alle stesse sotteso. In ogni caso, sul piano generale, non sarebbe possibile condividere un approccio volto a privilegiare profili di stampo meramente o eccessivamente formalistico, specie in un contesto di progressiva “dequotazione” delle forme e delle modalità della motivazione, anche alla luce della 15 crescente attenzione della giurisprudenza amministrativa alle ragioni sostanziali dei provvedimenti ed alla obiettiva giustificabilità degli stessi, occorre affermare che, nel caso di specie, la decisione assunta dalla CDN appare in linea con la finalità teleologica dell’istituto e non risulta in alcun modo in contrasto con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale. La motivazione della CDN, correlata alle risultanze dell’istruttoria e costituente il momento formativo della decisione è, infatti, correttamente articolata nelle due parti essenziali, ossia quella dell’esposizione dei presupposti di fatto e di diritto e quella dell’indicazione delle ragioni che stanno a base della decisione stessa. Del pari infondata si rivela l’eccezione, anch’essa sollevata, in termini identici, da diversi reclamanti, «di violazione del termine di conclusione delle indagini e/o di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare e/o di inutilizzabilità della relazione integrativa della Procura Federale datata 13 marzo 2012 e dei documenti e/o atti di indagine nella stessa richiamati». Come già in apertura osservato, l’iniziativa della Procura federale è conseguente alle notizie di stampa apparse sui quotidiani nazionali in data 28 e 29 ottobre 2009, dalle quali si apprendeva dell'esecuzione di ordinanze di custodia cautelare disposte dal GIP del Tribunale di Milano nell’ambito dell’inchiesta denominata “Italease”, in ordine all’ipotesi di reato di associazione per delinquere transnazionale finalizzata al riciclaggio, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti e a reati tributari. Nel successivo mese di giugno 2010 avevano luogo numerose perquisizioni, con conseguente sequestro di documentazione. Alcune di siffatte perquisizioni avevano ad oggetto Società di calcio e anche considerata la correlata apertura di procedimento penale per il reato di cui all’art. 2 del decreto legislativo n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) a carico di dirigenti di alcune società di calcio, il PM della Procura della Repubblica di Milano, visto anche quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 401/1989, informava la Procura Federale. Successivamente, con note del 28 giugno 2010, 30 luglio 2010, 10 settembre 2010, 28 settembre 2010, 3 febbraio 2011, 17 maggio 2011, il P.M. presso la Procura della Repubblica di Milano informava la Procura federale dell’esito dell’attività istruttoria effettuata e, da ultimo, dell’emissione degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. Aperto, pertanto, uno specifico procedimento, acquisita copia degli atti e della documentazione di possibile interesse sportivo trasmessa dalla Procura della Repubblica di Milano, la Procura Federale procedeva ad una propria autonoma attività istruttoria, consistente, tra l’altro, nell’analisi e nell’approfondimento della copiosa documentazione ricevuta e nell’audizione dei soggetti coinvolti e/o informati sui fatti. Attesa la complessità delle indagini ed il numero di potenziali tesserati e affiliati coinvolti, la Procura federale avanzava istanza di proroga delle stesse predette indagini. L’istanza veniva accolta dalla Sezione consultiva della CGF in data 21 luglio 2010, con decisione pubblicata sul C.U. n. 18/CGF. In data 30 giugno 2011, dunque, nei termini, la Procura federale redigeva e depositava apposita relazione sulle indagini e sugli accertamenti svolti. Ne consegue, quindi, che l’eccezione sollevata al riguardo è destituita di fondamento, atteso che la relazione integrativa depositata dalla Procura in data 14 marzo 2012, non può di certo farsi rientrare nell’ambito degli atti di indagini che, se appunto svolte oltre i termini, decreterebbero la tardività e, di conseguenza, l’improcedibilità o inammissibilità dell’atto di deferimento o la loro relativa inutilizzabilità. La stessa Procura federale ha cura di precisare di aver predisposto la relazione integrativa di cui trattasi «senza procedere ad alcun ulteriore atto di indagine, con l’obiettivo di una ulteriore disamina dei fatti, al fine di consentire un’adeguata e corretta valutazione in ordine a possibili violazioni disciplinari emerse dalla documentazione del procedimento penale, nonché delle collegate violazioni specifiche nelle attività di intermediazione commesse dai dirigenti e dagli agenti di calciatori con riferimento al Regolamento Agenti, al Regolamento dei diritti sportivi, delle NOIF e del CGS». Del resto, la semplice redazione di una mera relazione illustrativa o pure integrativa non costituisce atto di indagine e non appare, pertanto, idonea a violare il disposto di cui all’art. 32, comma 11, CGS. Né, del resto, le parti reclamanti hanno indicato quali attività d’indagine e istruttorie, precluse allo spirare del termine imposto dalla normativa federale, siano stati compiuti e posti in essere dalla Procura federale. In definitiva, questa Corte non rinviene nel fascicolo acquisito al presente procedimento alcun elemento che possa condurre ad affermare che l’attività d’indagine propriamente intesa che ha condotto al deferimento sia stata, nella fattispecie, completata oltre il termine previsto dalla norma di cui all’art. 32, comma 11, CGS. Deve, poi, respingersi l’eccezione sollevata dalla difesa del sig. Oscar Brevi di «incompetenza della Commissione disciplinare nazionale a giudicare in ordine all’incolpazione formulata» nei confronti dello stesso, in quanto «attualmente iscritto presso l’albo degli allenatori professionisti di seconda categoria tenuto presso il settore Tecnico F.I.G.C.». Sussiste, infatti, al riguardo la competenza della CDN essendo, in questa sede, il sig. Oscar Brevi chiamato a rispondere per fatti commessi nel periodo in cui lo stesso era tesserato quale calciatore. In ogni caso, poi, trattandosi di illecito sportivo, ai sensi dell’art. 36, comma 1 («I Tecnici sono soggetti alla giurisdizione degli Organi di Giustizia Sportiva della FIGC nei procedimenti per illecito sportivo e, se tesserati per società, per le infrazioni inerenti all'attività agonistica»), la competenza non avrebbe subito spostamento alcuno neppure qualora all’epoca lo stesso fosse già stato iscritto negli elenchi dei tecnici. Deve essere disattesa anche l’eccezione formulata dal sig. Giuseppe Vitale in ordine alla mancata richiesta di proroga formulata dalla Procura federale. Deduce il reclamante come, dalla lettura della richiesta di proroga formulata dall’organo inquirente federale, emerga «come detto Organo abbia richiesto di essere autorizzato alla prosecuzione delle indagini solo con riferimento al “coinvolgimento in presunte attività di riciclaggio delle Società Empoli, Reggina e Cesena (notizie stampa del 28/10/2009 e 29/10/2009)” e solo con riferimento a tale tema la C.G.F. ha concesso l’invocata proroga, per la dirimente ragione che rispetto alle altre ipotizzate violazioni nulla è stato richiesto». «È di tutta evidenza», prosegue il reclamante, «come la mancata formalizzazione su modulo federale del mandato conferito all’agente, tutto possano essere definite, tranne che “presunte attività di riciclaggio”». Le deduzioni svolte dalla difesa del reclamante, pur articolate e puntuali, non possono trovare accoglimento. Infatti, le condotte qualificabili in termini di possibile illecito oggetto del capo d’incolpazione riferito al sig. Giuseppe Vitale, sono emerse proprio a seguito delle indagini svolte dalla Procura federale in ordine alle attività di riciclaggio delle società Empoli, Reggina e Cesena, in relazione alle quali era stata, appunto, ritualmente richiesta e autorizzata la prevista proroga. Del resto, laddove al momento della presentazione della richiesta di proroga fossero già stati accertati tutti i fatti e gli autori esatti dei relativi comportamenti, non vi sarebbe stato bisogno di proroga alcuna. L’eccezione deve, dunque, essere rigettata. Anche l’eccezione del sig. Fabio Zamblera non può trovare accoglimento. La notificazione degli atti è stata, infatti, ritualmente effettuata ai sensi della previsione di cui all’art. 38, comma 8, CGS presso la A.S. Roma S.p.A. Quanto alle eccezioni preliminari sollevate dal sig. Luigi Martinelli, deve essere dichiarato inconferente il riferimento alla norma di cui all’art. 4, capo II, del Regolamento Fifa, nella parte in cui dispone che i professionisti e i dilettanti che pongono fine alla loro carriera sportiva rimangono, per un periodo di trenta mesi, a decorrere dall’ultima gara ufficiale disputata per la società di appartenenza come tesserati presso la Federazione dell’ultima società per la quale hanno giocato. Viceversa, deve essere accolta l’eccezione di vizio della notificazione del deferimento e della convocazione della CDN perché effettuata presso la sede della società di ultimo tesseramento, considerato che il Martinelli non risulta più tesserato da quattro anni. Recita, a tal proposito, la norma di cui all’art. 38, comma 8, CGS: «Gli atti per i quali è prevista dal presente Codice la comunicazione agli interessati devono essere comunicati con le seguenti modalità, da considerarsi alternative fra loro: - per le persone fisiche a) nel domicilio eletto ai fini del procedimento stesso, ove formalmente comunicato agli Organi della giustizia sportiva; b) presso la sede della Società di appartenenza al momento della instaurazione del procedimento; c) presso la sede della Società di appartenenza al momento della commissione del fatto; d) presso la residenza o il domicilio». Nel caso di specie, gli atti del procedimento di cui trattasi sono stati notificati presso la U.S. Pedrocca, società dilettantistica presso la quale l’interessato non risulta tesserato né al momento della commissione del fatto, né al momento della instaurazione del procedimento. Ne consegue che, per le notifiche da effettuare al sig. Martinelli doveva essere utilizzato il criterio residuale di cui alla lett. d) della disposizione prima citata. Di conseguenza, va accolto il ricorso proposto dal signor Martinelli Luigi e per l’effetto, deve essere annullata, in parte qua, la delibera impugnata. Il dibattimento Dopo la lettura delle decisioni di cui alla suddetta ordinanza, il presidente ha invitato le parti alla discussione. Illustrate le rispettive argomentazioni difensive a supporto della fondatezza del reclamo, i procuratori si sono richiamati ai propri atti scritti, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni ivi formulate. Il rappresentate della Procura federale, spiegate le ragioni di infondatezza delle censure mosse dagli appellanti avverso la decisione della CDN, ha chiesto il rigetto di tutti i reclami, con conferma dell’impugnata decisione. I motivi della decisione Non può trovare accoglimento il reclamo del Palermo, società chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva in ordine ai comportamenti disciplinarmente rilevanti addebitati al sig. Aimo Diana. A dire della reclamante, non corrisponde al vero «che il calciatore Diana avrebbe omesso di conferire formale incarico secondo le modalità previste»; non vi sarebbe la prova che i contatti con le società siano stati posti in essere prima del conferimento del mandato da parte del calciatore Diana e, ad ogni buon conto, gli stessi sarebbero «perfettamente compatibili con i due distinti e separati momenti del conferimento del mandato (21/01/2008) e della successiva sottoscrizione del contratto con il Torino (01/02/2008), intervallati – appunto – dai colloqui Torchia/Palermo e Torchia/Torino». «In ogni caso», deduce la società reclamante, «a tutto voler concedere, anche nel caso in cui Torchia abbia conferito con Diana prima della firma del mandato, il tenore del loro colloquio come riferito dall’Agente sarebbe comunque perfettamente compatibile con la normativa vigente», in quanto si tratterebbe di «un tipico colloquio introduttivo e di carattere generale intrattenuto tra un calciatore ed un Agente, al fine di consentire al primo di poter valutare, ponderare e decidere circa l’effettivo conferimento del mandato all’Agente stesso». La difesa del Palermo, pur dettagliatamente argomentata, non può trovare accoglimento, se non in punto esigenza di integrare la motivazione della CDN, nella parte in cui esplicita l’iter del proprio convincimento nella mera correlazione con la definizione, ex art. 23 CGS, della propria posizione da parte del tesserato Diana. Questo elemento, infatti, pur non rappresentando, ex se, dimostrazione esaustiva della sua responsabilità, completa il quadro probatorio acquisito al procedimento e già di per sé sufficiente all’affermazione della predetta responsabilità per i fatti ascritti al sig. Aimo Diana, il cui accertamento assume, qui, rilievo incidentale, al fine, appunto, di verificare la sussistenza o meno della responsabilità oggettiva addebitata al Palermo calcio. A tal proposito, occorre osservare, infatti, come agli atti del giudizio vi sia prova del fondamento delle incolpazioni mosse al calciatore di cui trattasi. Segnatamente, dalla documentazione acquisita dalla Procura federale risulta mandato del calciatore rilasciato all’agente Davide Torchia in data 31 gennaio 2008 (cfr. all. E 1.5, fasc. Procura), laddove, invece, questi aveva già curato gli interessi del predetto assistito, in difetto di formale rilascio di mandato, ancor prima e, appunto, segnatamente in occasione del tesseramento per il F.C. Torino S.p.A. Circostanza, questa, peraltro anche ammessa dallo stesso Torchia nel corso dell’audizione resa innanzi la Procura Federale il 29 giugno 2011, nella quale, lo stesso, alla domanda circa il trasferimento di Aimo Diana al Torino, «pur non ricordando bene la trattativa», afferma di pensare «di aver parlato direttamente con Cairo» (cfr. all. AU 38, fasc. Procura). Resta, dunque, smentito l’assunto secondo cui, prima del conferimento formale del mandato Aimo Diana – Davide Torchia, tra i due vi furono soltanto colloqui generali e introduttivi. Ne consegue che, essendo all’epoca dei fatti il calciatore tesserato con la società Palermo, quest’ultima è stata correttamente chiamata a rispondere della condotta del predetto calciatore a titolo di responsabilità oggettiva. Infatti, nel sistema attuale, come noto, la responsabilità oggettiva della società consegue in modo automatico a quella personale del tesserato che ha posto in essere la condotta materiale di rilievo giuridico-disciplinare. Sotto tale profilo, in termini generali, validi, quindi, anche in ordine all’analoga affermazione di responsabilità delle altre società partecipanti al presente giudizio, è possibile osservare come da costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte, la responsabilità oggettiva operi, «per sua natura, per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella, prestazione sportiva cui il tesserato è tenuto. Nessuna delle forme di elemento soggettivo (dolo o colpa) necessarie per integrare le figure tipiche della responsabilità previste da altri rami dell’ordinamento di diritto comune è prevista in ambito sportivo; del resto, lo stesso ordinamento civilistico conosce fattispecie di affermazione di responsabilità prescindendo dal dolo o dalla colpa, in considerazione del bene protetto (ad esempio la salute del consumatore) o della natura intrinsecamente rischiosa dell’attività imprenditoriale esercitata (ad esempio quella nucleare). Anche l’ordinamento federale adotta la precauzione, nei confronti della collettività di appassionati e sostenitori nonché dei fruitori o partecipanti a giochi, scommesse, lotterie di rilevanza pubblica, di imputare il risultato delle condotte illecite dei singoli agli enti di appartenenza all’ovvio scopo di stimolare questi ultimi alle più stringenti modalità di controllo e, comunque, di costituire un’ulteriore barriera di tutela verso il pubblico ed i valori della correttezza e lealtà nelle competizioni sportive» (così, tra le ultime, CGF, 18 agosto 2011, C.U. n. 043/CGF del 19 settembre 2011). Già in passato, del resto, la giurisprudenza sportiva aveva avuto modo di ribadire come nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata in primo luogo a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti (cfr. CAF, Com. Uff. n. 7/C s.s. 2004/2005). Meritano, invece, parziale accoglimento i ricorsi proposti dalla Sampdoria e dal sig. Fabio Zamblera, nei termini di seguito indicati, mentre deve essere respinto il ricorso della sig.ra Rossella Sensi. Quest’ultima, all’epoca dei fatti legale rappresentante della società A.S. Roma s.p.a., è stata chiamata a rispondere «della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S. in relazione all’art. 16, comma 3, del Regolamento Agenti Calciatori vigente dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, nonché dell’art. 93, comma 1, delle N.O.I.F., per non essersi assicurata che il nominativo del Sig. Stefano Castelnovo, Agente del calciatore Fabio Zamblera, fosse chiaramente indicato nel contratto sottoscritto in data 29 agosto 2009 con lo stesso calciatore». Il sig. Marotta, che ha, poi, definito la propria posizione in sede di patteggiamento, è stato chiamato a rispondere per aver sottoscritto, per conto della Sampdoria, un contratto economico per le prestazioni del calciatore Fabio Zamblera senza che fosse chiaramente indicato il nominativo del sig. Stefano Castelnovo, agente del predetto calciatore. La Sampdoria è stata chiamata a rispondere «ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del C.G.S. a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva, per le azioni e i comportamenti disciplinarmente rilevanti come sopra evidenziati, posti in essere dal proprio dirigente Giuseppe Marotta, con i poteri di rappresentanza della società, e del proprio calciatore Fabio Zamblera, all’epoca dei fatti oggetto di deferimento». Per quanto concerne il sig. Zamblera, questi è stato, a sua volta, chiamato a rispondere «della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione all’art. 13, comma 4, del Regolamento Agenti in vigore dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, nonché dell’art. 93, comma 1, delle N.O.I.F., per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Stefano Castelnovo, Agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto sottoscritto in data 2 febbraio 2009 stipulato con la società U.C. Sampdoria S.p.a.», nonché «della violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione all’art. 13, comma 4, del Regolamento Agenti in vigore dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, nonché dell’art. 93, comma 1, delle N.O.I.F., per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Stefano Castelnovo, Agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto sottoscritto in data 29 agosto 2009 stipulato con la società A.S. Roma S.p.A.». Orbene, i fatti addebitati al sig. Fabio Zamblera, come quelli relativi al suo trasferimento alla Sampdoria ed alla Roma, appaiono provati e, peraltro, non sono stati in alcun modo contestati dal diretto interessato. È pacifico e, comunque, provato che in data 23 aprile 2008 Fabio Zamblera ha conferito mandato all’agente Stefano Castelnovo (cfr. all. E 1.3 al fascicolo Procura). Del pari documentalmente dimostrato che in data 30 gennaio 2009 il suddetto calciatore ha sottoscritto contratto con il sig. Marotta, per conto e nell’interesse della Sampdoria, senza che nello stesso fosse indicato il nominativo del predetto agente, così come avvenuto anche con riferimento al contratto sottoscritto in data 29.8.2009 con la sig.ra Rossella Sensi, per conto e nell’interesse della Roma (cfr., per entrambi i contratti, all. C 7.4, fasc. Procura). In questi termini va, dunque, integrata, sul punto, la motivazione della CDN, nella quale è stato soltanto esplicitato l’elemento ulteriore della definizione del procedimento ex art. 23 CGS da parte del sig. Marotta. Priva di alcun supporto probatorio l’argomentazione difensiva della Sampdoria secondo cui, all’epoca della sottoscrizione del contratto, il mandato, ordinariamente valido per due anni, conferito dal Zamblera al Castelnovo poteva essere stato oggetto di revoca o, comunque, altrimenti cessato il relativo rapporto professionale. Anzi, al contrario, nell’audizione innanzi alla Procura federale in data 7 marzo 2011 lo stesso Castelnovo afferma di non essere più, a quella data, il procuratore di Zamblera, poiché il relativo mandato è scaduto e non è stato rinnovato (cfr. all. AU 5, fasc. Procura). Dal che si desume che il predetto rapporto di rappresentanza è giunto a scadenza ordinaria, senza alcuna revoca, né intervento di altra ragione di scioglimento o risoluzione, invece, ipotizzata dalla reclamante società. Ai sensi dell’art. 16, comma 3, del Regolamento Agenti all’epoca dei fatti in vigore, la società che si avvalga dell’opera di un agente per la conclusione di un contratto di prestazione sportiva con un calciatore «deve assicurarsi che il nome dell’Agente sia indicato nel contratto». Nello stesso senso, la norma di cui all’art. 93, comma 1, delle NOIF così, tra l’altro, recita: «I contratti che regolano i rapporti economici e normativi tra le società ed i calciatori “professionisti” o gli allenatori devono essere conformi a quelli “tipo” previsti dagli accordi collettivi con le Associazioni di categoria e redatti su appositi moduli forniti dalla Lega di competenza. Il contratto deve riportare il nome dell’agente che ha partecipato alla conclusione del contratto». Nell’ambito di siffatta cornice normativa, non vi è dubbio che, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, per Zamblera, Sensi e Sampdoria, in relazione ai titoli di cui ai rispettivi capi d’incolpazione, come di seguito, però, meglio precisato, deve essere confermata l’affermazione di responsabilità. Da quanto sopra detto emerge, infatti, come nella trattativa Zamblera – Sampdoria e Zamblera – Roma e per la conclusione dei rispettivi contratti, sia certamente intervenuto Stefano Castelnovo, agente del calciatore, senza che il nominativo dello stesso fosse riportato in contratto. Era onere anche delle società, come all’epoca rappresentate, premurarsi che il nominativo del predetto agente fosse chiaramente indicato nei rispettivi contratti, considerato che le stesse avevano trattato il calciatore a mezzo del medesimo agente e/o, comunque, essendosi di fatto avvalse dell’opera dello stesso per condurre a termine le trattative per il trasferimento del calciatore. Diversamente opinando, del resto, le società avrebbero violato il disposto di cui al precedente comma 2 del richiamato art. 16, Regolamento Agenti, nella parte in cui dispone che «nel caso in cui il calciatore sia sprovvisto di Agente, la società deve avere rapporti direttamente con il calciatore o con gli altri soggetti di cui all’art. 5». Dal sopra in sintesi riferito quadro istruttorio, alla luce della normativa federale di riferimento nel suo complesso considerata, consegue, dunque, l’affermazione di responsabilità dei sigg.ri Zamblera e Sensi, nonché della società Sampdoria. Tuttavia, se la decisione relativa alla sig.ra Rossella Sensi merita integrale conferma, quella relativa a Zamblera ed alla Sampdoria è suscettibile di rideterminazione, sotto il profilo sanzionatorio, seppur per ragioni diverse. Dalle risultanze documentali il calciatore Fabio Zamblera risulta tesserato per la Sampdoria a decorrere dalla data del 6 febbraio 2009 (cfr. all. C 7.4, fasc. Procura), con la conseguenza che la Sampdoria non può essere chiamata a rispondere, a titolo di responsabilità oggettiva, per la condotta illecita allo stesso ascritta. Residua, invece, la responsabilità diretta della predetta compagine societaria in ordine alla condotta del sig. Marotta, all’epoca, appunto, dirigente con poteri di rappresentanza della Sampdoria. La sanzione applicata all’esito del giudizio di primo grado deve, pertanto, essere proporzionalmente ridotta, nei termini di cui al dispositivo, ritenuta maggiore, in generale e comunque nel caso di specie, la relativa quota correlata alla responsabilità diretta, rispetto quella relativa alla responsabilità oggettiva. Analoga riduzione della sanzione ritiene, questa Corte, poter riconoscere al sig. Fabio Zamblera, in considerazione del fatto che, seppur, come già sopra osservato, non giuridicamente rilevante ai fini dell’inammissibilità del deferimento, l’affermata mancata rituale conoscenza del procedimento di prime cure ha, di fatto, impedito all’interessato di avvalersi dello strumento di cui all’art. 23 CGS. Tenuto anche presente il comportamento processuale del sig. Zamblera e la pena base determinata (prima del cd. “patteggiamento”) in analoghe fattispecie, reputa equo questa CGF rideterminare la sanzione inflitta in primo grado, sostituendola con quella dell’ammenda di € 10.000 (diecimila). Anche il reclamo proposto dal sig. Giuseppe Vitale, quale direttore sportivo dell’Empoli Football Club s.p.a., merita parziale accoglimento, nei termini di seguito indicati. Vi è prova agli atti che lo stesso, nella qualità, ha conferito l’incarico, a mezzo scrittura privata e senza l’utilizzo della modulistica federale, avente ad oggetto la cessione del calciatore Mario Cassano. Inoltre, lo stesso ha riconosciuto una percentuale sull’intera operazione, non all’agente personalmente sig. Tullio Tinti, bensì alla società T.L.T. s.r.l., di cui il medesimo agente era legale rappresentante. Evidente, dunque, il conflitto di interessi venutosi a determinare, atteso che l’agente Tinti, per il tramite della T.L.T. s.r.l., aveva già in precedenza ricevuto incarico dal calciatore Mario Cassano. In particolare, nel corso delle indagini di cui al procedimento penale aperto presso la Procura della Repubblica di Milano, veniva sequestrata, in data 27 gennaio 2009, dalla Guardia di Finanza di Empoli, su ordine della predetta Procura della Repubblica (cfr. all. AU 1, fasc. Procura) fattura n. 60001/05, del 2 maggio 2006, per complessivi € 70.000, emessa dalla Vidaco (cfr. all. A 7.2, fasc. Procura) e regolarmente pagata dall’Empoli il 31 maggio 2006 (cfr. all. AU 1, fasc. Procura). Sentito dalla Procura federale, in data 15 aprile 2010, sui fatti di cui al primo capo d’incolpazione il sig. Francesco Ghelfi, amministratore delegato dell’Empoli calcio, afferma di non esserne a conoscenza e che «occorre chiedere al direttore generale Vitale, poiché si occupa lui degli aspetti operativi e in particolare di quelli relativi alla gestione sportiva» (cfr. all. AU 1, fasc. Procura). Sentito nuovamente dalla Procura Federale in data 13 aprile 2011, il sig. Ghelfi con riferimento al significato sportivo dell’operazione con la società Vidaco, riferisce di non esserne a conoscenza e, anzi, rettifica la dichiarazione in precedenza resa, precisando di non aver avuto alcuna informazione specifica dal Vitale in relazione ai contenuti di tale contratto e di aver sottoscritto “al buio” il contratto Vidaco, «senza sapere di cosa si stesse parlando» (cfr. all. AU 12, fasc. Procura). Anche il presidente sig. Fabrizio Corsi, sentito dalla Procura federale il 2 aprile 2011, ha dichiarato di non essere a conoscenza del rapporto sotteso al contratto Empoli – Vidaco del 1 settembre 2005 (cfr. all. J 1.5, fasc. Procura), essendo la gestione tecnica demandata al Vitale (cfr. all. A 7.2 e AU 17, fasc. Proc.). Lo stesso reclamante, del resto, sentito dalla Procura federale in data 21 aprile 2010 e 2 aprile 2011 ha, da un lato, confermato di aver gestito in prima persona l’operazione di cui si tratta, e dall’altro, non è stato in grado di esibire alcuna documentazione e relazione in ordine alle asserite attività e prestazioni svolte dalla Vidaco a favore dell’Empoli (cfr. all. AU 2 e AU 16, fasc. Procura). Quanto alla percentuale riconosciuta personalmente all’agente Tinti, lo stesso Ghelfi, a precisa domanda («Può spiegare il rapporto dell’Empoli con il sig. Tinti in relazione al contratto stipulato con riferimento al giocatore Mario Cassano?») così risponde: «Ricordo che Tinti era all’epoca il procuratore di Cassano e ricordo che l’Empoli, nella persona di Vitale, ha sottoscritto un accordo con il quale si riconosceva al sig. Tinti un compenso del 20% sul valore di cessione del diritto alle prestazioni del calciatore» (cfr. all. AU 12, fasc. Procura). Significativa, poi, a tal riguardo, la successione cronologica dell’articolazione del trasferimento, a titolo definitivo, del calciatore Mario Cassano, per il trasferimento dall’Empoli al Piacenza. In particolare, dalle risultanze istruttorie acquisite agli atti emerge come in data 7 agosto 2002, l’Empoli, a firma Vitale, si impegnava a corrispondere alla T.L.T. s.r.l. una percentuale pari al 20% dell’importo realizzato dall’eventuale cessione del contratto economico del calciatore Mario Cassano. Successivamente, in data 8 luglio 2005 si realizza la cessione del predetto calciatore a favore del Piacenza per € 150.000. In data 8 settembre 2005 la T.L.T. s.r.l. emette fattura n. 76 per complessivi € 36.000 (di cui € 30.000 per imponibile e € 6.000 per Iva), il cui oggetto è cosi testualmente definito: «compenso da Voi dovuto a seguito della cessione in compartecipazione con il Piacenza Football Club del calciatore Mario Cassano, pari al 20% dell’importo da Voi realizzato, come da Vs. dichiarazione del 07/08/02». In data 6 ottobre 2005, a seguito dell’avvenuta risoluzione consensuale del rapporto, la T.L.T. dichiarava di non aver più nulla da pretendere in relazione al suddetto accordo ed in data 30 gennaio 2006, il Piacenza liquidava all’Empoli la somma di € 350.000 (cfr. all. J 1.2 fasc. Procura). Il quadro dell’operazione si chiude, appunto, con il suddetto versamento di € 70.000 a favore della Vidaco nei mesi successivi, come detto, privo di qualsiasi titolo e documento giustificativo (cfr. all. A 7.2, fasc. Procura). Pertanto, pur potendosi ritenere accertata la violazione dell’art. 1, comma 1, CGS in relazione agli artt. 4, comma 2, 10, comma 1, 15, commi 1 e 2, del Regolamento Agenti calciatori vigente dal 22 novembre 2001 al 31 gennaio 2007, correttamente la CDN ne ha dichiarato la prescrizione. Altrettanto correttamente la CDN ha ritenuto provata e non prescritta la violazione dell’art. 1, comma 1, CGS in relazione agli artt. 4, comma 1, 10, comma 1, 11 del Regolamento agenti di calciatori vigente dal 22 novembre 2001 sino al 31 gennaio 2007, per essersi avvalso dell’attività professionale del sig. Giorgio Zamuner nell’interesse della società Empoli F.C. s.p.a. per il tesseramento del calciatore Matteo Nicoletti senza aver conferito un regolare mandato sui moduli federali, e senza assicurarsi che il relativo nominativo fosse indicato nella variazione di tesseramento sul modello n. 0671 privo di data. Inequivoca, a tal riguardo, la fattura n. 9 del 10 ottobre 2006 emessa dall’agente a carico della società, da questa saldata in data 14 dicembre 2006. Ampia e inequivoca la documentazione probatoria acquisita agli atti (cfr. all. J 1.1., fasc. Procura). La violazione di cui trattasi, del resto, trova sostanziale ammissione nelle stesse dichiarazioni rese dal Vitale alla Procura federale in data 2 aprile 2011 (cfr. all. AU 16, fasc. Procura) e precisa conferma nelle dichiarazioni rese alla Procura federale dal sig. Zamuner il 10 marzo 2011, che così testualmente afferma: «Si. Ho svolto attività professionale per l’Empoli per favorire il tesseramento del giovane calciatore Matteo Nicoletti. Non ho ricevuto per tale operazione un mandato rosso dall’Empoli e non ho depositato alcun mandato presso la Commissione Agenti. Ammetto la irregolarità» (cfr. AU 8, fasc. Procura). Infondato, attesa la fattispecie di cui trattasi, che esula dalla mera irregolarità in ordine ad una pattuizione economica, il richiamo del reclamante alla prescrizione di cui all’art. 18, comma 4, CGS vigente all’epoca dei fatti. Il reclamo del sig. Giuseppe Vitale merita, invece, accoglimento in relazione alla censura di eccessiva onerosità della sanzione, che questa Corte ritiene equo rideterminare nei termini di cui al dispositivo. Quanto al reclamo proposto dal sig. Oscar Brevi, ritiene questa Corte che, seppur con formula dubitativa, lo stesso possa essere accolto. Il reclamante, come detto, è stato ritenuto responsabile della violazione dell’art. 1, comma 1 e dell’art. 8, comma 11, del C.G.S. per aver pattuito con i dirigenti della società marchigiana Benigni e Tansini che parte del compenso dovuto al conseguimento del premio promozione nella stagione sportiva 2004/2005 fosse pagato all’estero, grazie alla mediazione del Sig. Tullio Tinti, attraverso l’interposizione fittizia della società “cartiera” Fibet con la quale l’Ascoli sottoscriveva un contratto di “scouting” proprio per coprire con tale atto formale la posizione debitoria nei confronti del proprio calciatore tesserato. In ordine a tali contestazioni l’interessato eccepisce la prescrizione e nel merito della vicenda comunque professa la propria estraneità, assumendo di essere assolutamente estraneo rispetto al contratto di scouting e all’operazione sottesa e posta in essere dall’Ascoli Calcio e da Fibet Gmbh e che «non risponde al vero» che il sig. Tinti «sia stato agente dell’odierno reclamante», deducendo, altresì, di non aver mai conferito mandato ad alcun agente di calciatori «in più di vent’anni di carriera». Deduce, poi, che in realtà non vi era alcun premio promozione da corrispondersi da parte dell’Ascoli ai calciatori, visto che al termine della stagione sportiva «la società marchigiana non conseguì alcuna promozione», ma «venne inserita, nell’estate del 2005, nel campionato di serie A, dopo la non ammissione del Torino Calcio s.p.a.». Quest’ultima argomentazione appare priva di pregio. Il dato di fatto è che nella stagione successiva l’Ascoli ha preso parte al campionato di serie A e, dunque, ben poteva fondarsi, a seconda delle modalità della relativa pattuizione, il diritto del calciatore a vedersi corrispondere il premio promozione a prescindere dal fatto che questa sia dipesa anche dalla non ammissione del Torino Calcio al massimo campionato. Tuttavia, questa CGF ritiene non possa dirsi raggiunta la prova in ordine ai fatti addebitati al Brevi. Le dichiarazioni a tal riguardo rilasciate dal Tansini, direttore sportivo dell’Ascoli Calcio, appaiono, quantomeno sul punto, generiche e, comunque, prive di riscontro. Peraltro, appare dubbia la triangolazione attraverso la quale sarebbe stato effettuato il pagamento del premio promozione (Ascoli – Tinti – Brevi), anche atteso il difetto di prova in ordine a rapporti professionali intercorsi tra il calciatore e l’agente. Il sig. Tinti, anzi, nella dichiarazione resa alla Procura federale in data 15 giugno 2011, afferma categoricamente di non conoscere, se non come calciatore, il sig. Brevi (cfr. all. AU 14, fasc. Procura). Quanto al ricorso proposto dal sig. Pasquale Foti, dalla sig.ra Angela Concetta Fazzari e dalla Reggina deve, anzitutto, rilevarsi l’infondatezza dell’argomentazione difensiva relativa alla presunta «duplicazione di indagine tra procedimento ordinario e procedimento sportivo» che condizionerebbe «in maniera decisiva il presente procedimento». Sia consentito, sul punto, in via generale, ancora una volta ribadire, come più volte già osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, come sia «storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia degli ordinamenti settoriali riconosciuti, come l’ordinamento sportivo, da quello generale debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare in linea generale la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto» (da ultimo, cfr., ex multis, CGF, C.U. n. 22/CGF del 6 agosto 2012). Nel merito delle contestazioni, il presidente della Reggina Calcio s.p.a. è stato chiamato a rispondere, anzitutto, della violazione dell’art. 1, comma 1, CGS, con riferimento all’art. 84 delle NOIF, in concorso con il sig. Tullio Tinti e con altri soggetti non appartenenti all’ordinamento federale, per essersi procurato, attraverso l’emissione di alcune fatture, in modo non regolare la disponibilità di somme di denaro provenienti dalle risorse economiche della società Reggina Calcio, così minando l’equilibrio economico-finanziario di tale società sportiva e, comunque, violando il principio della corretta gestione cui le società di calcio sono assoggettate, avvalendosi nel compimento di simili operazioni, anche della Reggina Service s.r.l. – ora Reser s.r.l. – di cui deteneva il controllo societario a mezzo società fiduciaria. Conducente al fine la conclusione di contratti fittizi stipulati in data 1.1.2006, 1.2.2007 e 6.8.2007, con “società cartiere” riconducibili al sig. G., in assenza in ogni caso di effettivo sinallagma contrattuale in favore della società sportiva Reggina, per un ammontare complessivo pari ad almeno € 2.300.000 (euro duemilionitrecentomila//oo), somme versate dalla società sportiva Reggina calcio a fronte dell’emissione delle fatture relative ad operazioni, appunto, inesistenti da parte delle società cartiere. Sul piano generale è possibile osservare come le risultanze del procedimento penale abbiano permesso di ritenere sussistente, ai fini sportivo-disciplinari qui in rilievo, l’articolato sistema di irregolarità amministrativo-fiscali e di irregolarità nei pagamenti posto in essere dall’organizzazione facente capo al sig. G. e operante attraverso tutta una serie di società austriache, inglesi, olandesi, ungheresi e di altri Paesi europei (cd. “cartiere”), costituite al solo o precipuo scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti e che venivano utilizzate da numerose società, tra cui la Reggina, per effettuare trasferimenti di denaro all’estero. In tal ottica, negli interrogatori resi innanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano dal sig. G. è dato, tra l’altro, per quanto qui interessa, leggere: « … tutte quelle operazioni poste in essere con l’Austria sono operazioni di evasione fiscale ….. Sono operazioni tese all’evasione fiscale. Quindi non sono operazioni vere. Sono fatturazioni fatte per portar via del denaro dall’Italia e non pagare le imposte in Italia … » (cfr. dichiarazioni rese in data 2 novembre 2009 all’A.G., di cui all’all. A 9.5, fasc. Procura). Ed ancora: «E’ tramite Tinti che io ho conosciuto la Reggina e abbiamo conosciuto poi due altre società di … calcio. Dove gli importi che sono stati fatturati, sono stati fatturati poi da società estere, in sostanza. Poi questo è chiaro. Per i titolari stessi delle società … cioè, per il loro beneficio, in buona sostanza, per una liquidità. E in un paio di casi … per i presidenti delle società di calcio. Ed il caso … per esempio in un paio di casi sono soldi che dovevano essere pagati a questo Tinti … disponibilità estere … normalmente il ritorno era in contanti in Italia … dei fondi neri, ecco. Mettiamoci … si, questo è un po’ il concetto». Alla domanda se Tinti avesse una percentuale su queste operazioni, il sig. G. risponde «nel caso della Reggina … Beh, oddio sapevamo che le usava il presidente del … cioè andavo a lui, fisicamente. Poi dopo quello che lui ne ha fatto non lo so … ». Nell’interrogatorio reso in data 18.10.2010 innanzi alla Procura della Repubblica di Milano il sig. G. riferisce, tra l’altro, che fu il Foti a chiedergli di «costruire delle operazioni di fatturazione su due società che sono: Reggina Calcio e Reggina Service. In particolare mi disse, senza specificarne le ragioni, che aveva l’esigenza di creare dei fondi “neri” all’estero che fossero nella sua diretta disponibilità. L’operazione venne così costruita: venne fatto un contratto di consulenza con le società estere indicate nei documenti che produco e che identifico con la dicitura, a mio pugno, “Reggina 1”, “Reggina 2” e “Reggina3” (trattasi di tavole sinottiche su foglio excel, da me personalmente redatte). In seguito vennero emesse anche le fatture nelle date e per gli importi di cui ai documenti prima citati. Per quanto mi possa ricordare, l’ammontare complessivo del fondo all’estero costituito per il Foti, in base alle fatture emesse dalle società estere, ammontava a circa 3.300.000,00 euro; preciso tuttavia che il Foti dovrebbe aver percepito in contanti solo 2.300.000,00 euro, perché per il restante milione vennero emesse dalla mia società europea note di credito; questo milione in realtà non venne mai pagato dalla Reggina, probabilmente per mancanza di liquidità, per cui le nostre fatture di comodo fui costretto a stornarle onde evitare la permanenza di un credito ingiustificato nei confronti del Foti. Ai fini dell’effettivo ritorno del contante al Foti, dopo il pagamento delle fatture fittizie da parte della Reggina, le società estere utilizzate provvidero a bonificare l’importo su altre società Off-Shore Panamensi, che a loro volta bonificarono le somme alla società di “spallonaggio” Preziofin di Chiasso. La Preziofin, da ultimo, provvide alla consegna diretta nelle mani del Foti del denaro in contanti a Milano» (cfr. all. A 10.1, fasc. Procura). Sul piano probatorio, ancora, risulta pacifico che la Reggina Calcio s.p.a., in persona del presidente Pasquale Foti, ha sottoscritto 3 mandati di scouting: in data 1 gennaio 2006, con la società Fibet Firmen Beteiligungs und Beratungs Gmbh, con sede in Austria; in data 1 febbraio 2007, con la società Vidaco Handels und Beratungs Gmbh, con sede in Austria; in data 6 agosto 2007, con la società olandese Timotes B.V. Le fatture di cui trattasi sono dettagliatamente indicate ai par. A1 e A 1.2 dell’atto di deferimento ed acquisite agli atti (all. A 7.1, fasc. Procura), così come le prove dei relativi pagamenti: - Fattura Fibet 30.9.2006 (euro 250.000), pagata dalla Reggina in data 21.11.2006; - Fattura Fibet 9.2.2007 (euro 250.000) e fattura Fibet 5.4.2007 (euro 250.000), pagate dalla Reggina nel corso del 2007; - Fattura Vidaco 31.8.2007 (euro 250.000), pagata dalla Reggina il 7.11.2007; - Fattura Timotes 1.2.2008 (euro 300.000), pagata dalla Reggina in data 7.2.2008. Come anche emerge dalle dichiarazioni rese dal sig. G. in data 18.10.2010 in sede di interrogatorio di P.G. innanzi alla Procura della Repubblica di Milano (cfr. all. A 10.1, fasc. Procura), emergono poi ulteriori pagamenti relativi ad operazioni simili: - Fattura Greenberg 27.8.2008 (euro 150.000), pagata dalla Reggina in data 6.11.2008; - Fattura Olimar 28.8.2008 (euro 300.000), pagata dalla Reggina in data 24.10.2008; - Fattura Fellows 8.9.2008 (euro 300.000), pagata dalla Reggina in data 5.9.2008; - Fattura Elite 18.9.2008 (euro 600.000), pagata dalla Reggina in due rate in data 30.9.2008 e 1.10.2008; - Fattura Bordersky 24.9.2008 (euro 400.000), pagata dalla Reggina in data 9.10.2008. Ulteriori pagamenti risultano poi effettuate per il tramite della Reggina Service s.r.l. a fronte di analoghe fatturazioni effettuate tra l’altro da Timotes, Vidaco, e Fibet, nel periodo compreso tra il 2004 ed il 2008, come da risultanze di cui all’all. A 10.1 del fasc. Procura e specificamente riportato nell’atto di deferimento alla pag. 19 s. A fronte dei suddetti tutti rilievi documentali e testimoniali, resta il fatto incontestabile che la Reggina non è stata in grado, seppur, a suo dire, non per propria colpa, di fornire idoneo titolo giustificativo, pur avendo indicato, sempre a suo dire, i nomi degli intermediari. Peraltro, non è dato comprendere perché, se le ragioni dei pagamenti all’estero di cui trattasi trovano fondamento nei compensi da corrispondere agli intermediari stranieri per la conclusione dei trasferimenti di alcuni calciatori da o alla Reggina, dette corresponsioni siano poi (tutte) state effettuate a favore di società estere che poi gli accertamenti di cui alle indagini penali hanno rivelato essere delle mere società “cartiere”. Quanto all’asserita impossibilità, causa incendio che ha colpito la sede sociale della Reggina, di esibire la documentazione giustificativa dei suddetti trasferimenti di fondi all’estero non si comprende perché, pur dovendo essere già a conoscenza del fatto che in detto incendio tali documenti sono andati distrutti, ancora in data 15 giugno 2011, in sede di audizione innanzi alla Procura federale, il Foti si riservi di produrre un elenco dettagliato dei soggetti interessati a tali operazioni, documentazione, poi, appunto, non prodotta per le ragioni prima indicate. A tal proposito, ad ogni buon conto, evidenzia correttamente la Procura federale come «già in data 17 febbraio 2009 (ben sette mesi prima dell’evento incendiario), durante la perquisizione effettuata dalla Polizia Giudiziaria su delega della Procura della Repubblica di Milano, non veniva rinvenuto né fornito alcun documento utile a provare la regolarità delle citate operazioni di scouting». Per inciso, peraltro, questo Collegio ritiene, comunque, pienamente attendibili le dichiarazioni, di natura in parte anche autoaccusatoria, rilasciate sugli illeciti di rilievo nel presente giudizio, dal sig. G. La valutazione in termini di attendibilità deve, infatti, essere effettuata nel suo complesso e avuto particolare riguardo al materiale acquisito al presente procedimento. Si aggiunga che anche la giurisprudenza ordinaria prevalente è orientata nel senso della attendibilità della dichiarazione testimoniale, salvo prova contraria (cfr., ad es., Cassazione pen., 6 aprile 1999, in Cass. pen., 2000, p. 2382). In particolare, secondo diverse pronunce, il giudice deve considerare come veritiera la deposizione, a meno che non risultino specifici elementi che facciano ritenere il contrario, come, ad esempio, quando si tratta di teste che ha interesse a mentire. E, come detto, nel caso di specie G. e Tinti non hanno alcun interesse a mentire, ma, anzi, con le deposizioni di cui si è detto, forse ammettono anche -di fatto- di aver posto in essere essi stessi alcuni degli illeciti sportivi contestati. La stessa Corte di Cassazione ha, poi, avuto modo di precisare - sia in passato (n. 231/1991), sia di recente (n. 41352/2010) - che la chiamata in correità, laddove circostanziata, non richiede uno specifico riscontro probatorio. Del resto, a prescindere dal contesto probatorio di cui si è detto, non appare in alcun modo suscettibile di accoglimento la diversa versione nella quale, con vari e suggestivi argomenti finalizzati ad evidenziare incongruenze e contraddizioni della ricostruzione accusatoria, si è impegnata la difesa, nella prospettiva di mettere in discussione la verosimiglianza della dinamica e delle ragioni delle operazioni di cui trattasi. In tal ottica, peraltro, deve osservarsi che, a fronte delle circostanziate e precise dichiarazioni del sig. G., mancano concreti ed idonei elementi di prova a discarico. Ora, a prescindere che è del tutto condivisibile quanto ritenuto dalla CDN secondo cui «l’illiceità della condotta ai fini disciplinari non dipende esclusivamente dalla destinazione finale dei proventi delle operazioni simulatorie, che in ogni caso sono servite a costituire all’estero una congrua provvista di denaro in nero, a prescindere dalla sua utilizzazione finale, con tutte le conseguenze del caso anche in relazione alla redazione del bilancio societario. Tali operazioni hanno avuto certamente un costo per la Reggina, se non altro per i compensi illeciti versati al procacciatore e all’organizzazione del Sig. G.», in ogni caso, non vi è dubbio che al di là della disquisizione in ordine alla circostanza se tali provviste costituite all’estero siano state utilizzate personalmente o meno dal presidente, ossia, se siano state costituite nel suo esclusivo interesse o nell’interesse esclusivo della società o, ancora, nell’interesse di entrambi, rimane il fatto che si tratta di condotte ed operazioni che violano certamente e in modo palese quantomeno il disposto di cui all’art. 1, comma 1, CGS, in relazione all’art. 84 NOIF in materia di tenuta della contabilità e redazione dei bilanci delle società di calcio. In definitiva, l’esame del materiale probatorio trasmesso dalla Procura di Milano, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività investigativa svolta dalla Procura federale, consente di ritenere sussistenti consistenti e idonei elementi di prova atti a dimostrare la illiceità delle condotte ascritte al presidente della Reggina e ad escludere una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto d’indagine. Del resto, poi, come da consolidata giurisprudenza di questa Corte, premesso, sul piano generale, che la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale, nel caso di specie, come visto, sono rinvenibili sia elementi di fatto che deduzioni logiche, gli uni soccorrenti le altre, come, sia pure succintamente, dato atto nella decisione di primo grado. Infondata, poi, l’eccezione di prescrizione sollevata in reclamo dal Foti. Ritiene il reclamante che il dies a quo è quello in cui si verifica il primo comportamento contra legem e, dunque, nel caso di specie, quello del 1 gennaio 2006, data nella quale è stato sottoscritto il primo contratto di scouting (con la società Fibet). L’assunto è privo di pregio, trattandosi di condotte ed operazioni realizzate nell’ambito di un medesimo disegno, illecito, quantomeno per l’ordinamento sportivo, con la conseguenza che devono essere considerate, ai fini prescrizionali, anche gli ultimi comportamenti attuativi dello stesso. Essendo stati effettuati, come sopra specificamente esposto, dalla Reggina pagamenti anche nel 2008, non è maturato, nella fattispecie, alcun termine di prescrizione. Del pari provate sono le ulteriori violazioni ascritte al sig. Pasquale Foti in relazione alle operazioni di mercato relative ai calciatori Mario Cassano e Sergio Volpi.Correttamente, dunque, lo stesso Foti è stato dichiarato responsabile della violazione dell’art. 1, comma 1, CGS, in relazione all’art. 10, comma 4, all’art. 15, commi 1 e 2, e all’art. 16, comma 7, del Regolamento Agenti Calciatori vigente dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, per avere, in relazione ad una operazione di mercato relativa al calciatore Mario Cassano, conferito, in data 18 luglio 2009, un mandato per la società al sig. Tullio Tinti, per l’importo di euro 120.000 oltre iva (cfr. all. L 1, fasc. Procura), ed aver successivamente trattato con lo stesso Tinti in qualità di agente di fatto del calciatore Mario Cassano (cfr. anche all. E 3.15), nonostante il calciatore avesse conferito incarico formale all’agente sig. Ernesto Randazzo in data 7 febbraio 2008 (cfr. all. E 2.7 ed E 1.4, fasc. Procura). Circostanze, del resto, ammesse dallo stesso presidente Foti che, nel corso dell’audizione resa il 16 giugno 2011 innanzi la Procura federale, dichiara, tra l’altro: «Tinti ha tenuto i rapporti per mio conto con il Piacenza. Tinti mi ha fatto la richiesta dell’importo economico che il calciatore voleva e io ho accettato. Il mio interlocutore per il tesseramento in prestito di Cassano è stato esclusivamente Tinti, non ho parlato con altri agenti e non so se Tinti fosse il procuratore di Cassano» (cfr. all. AU 36, fasc. Procura). Altrettanto correttamente, attese le inequivoche prove anche documentali, il sig. Pasquale Foti è stato ritenuto responsabile della medesima violazione dell’art. 1, comma 1, CGS in relazione all’art. 10, comma 4, all’art. 15, commi 1 e 2, e all’art. 16, comma 7, del Regolamento Agenti Calciatori vigente dal 1° febbraio 2007 al 7 aprile 2010, per avere, in relazione ad una operazione di mercato riguardante il calciatore Sergio Volpi, conferito un mandato della società, per l’importo di euro 100.000 oltre iva, al sig. Tullio Tinti in data 5 luglio 2009 (cfr. all. L 1, fasc. Procura), ed aver successivamente trattato con lo stesso Tinti in qualità di agente di fatto del calciatore Sergio Volpi (cfr. all. E 3.16, fasc. Procura), nonostante il calciatore avesse conferito incarico formale all’agente sig. Giorgio Zamuner (cfr. all. E 1.1, fasc. Procura). Anche in questa circostanza il presidente Foti ammette: «Volpi fu fortemente voluto da Novellino. A quel punto decisi di contattare l’agente del calciatore Tullio Tinti, il quale mi disse che il suo assistito era già sotto contratto con il Bologna, ma mi fissò un appuntamento al Gallia a Milano con il Volpi. … Il mio unico interlocutore per il tesseramento di Volpi è stato esclusivamente Tinti, non ho parlato con altri agenti» (cfr. all. AU 36, fasc. Procura). In conclusione, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità di Pasquale Foti in ordine alle residue incolpazioni sopra ricordate. Quanto alla società Reggina Calcio s.p.a., chiamata a rispondere, ai sensi dell’art. 4, comma 1, CGS, a titolo di responsabilità diretta per le azioni e i comportamenti disciplinarmente rilevanti posti in essere dal proprio dirigente Pasquale Foti, con poteri di rappresentanza della società all’epoca dei fatti oggetto di deferimento, la responsabilità diretta della società predetta consegue automaticamente alle violazioni disciplinari poste in essere dal Foti. Con riferimento al profilo sanzionatorio ritiene, questa Corte, poter affermare la necessità di una congrua riduzione della sanzione irrogata dal Giudice di prime cure al sig. Pasquale Foti e, correlativamente, dunque, alla Reggina Calcio. Le violazione allo stesso ascritte, infatti, sono senza dubbio gravi. Ciò non di meno, reputa questa Corte che la misura complessiva delle sanzioni inflitte dalla CDN appaia comunque eccessiva, in considerazione della natura e della gravità delle violazioni disciplinari accertate a loro carico, anche in considerazione del fatto che solo indirettamente e di riflesso le stesse possono dirsi rifluite all’esterno dell’organizzazione sportiva e, segnatamente, possono aver inciso sulla regolarità del campionato. Per le ragioni predette, deve ridursi anche la sanzione a carico della società che il Foti rappresenta, quale ovvio riflesso del diverso grado di responsabilità diretta alla stessa ascrivibile. Le sanzioni da infliggere ai predetti soggetti deferiti vengono, pertanto, rideterminate nelle rispettive misure indicate in dispositivo. Al contrario, non vi è ragione di discostarsi dalla decisione assunta dalla CDN in relazione alla posizione Fazzari, risultando infondati i motivi posti dal reclamante a fondamento del proprio gravame e dovendosi, dunque, confermare la responsabilità della stessa per i fatti di cui al relativo capo di incolpazione e per le relative violazioni regolamentari alla stessa ascritte.La sig.ra Fazzari, segretaria del settore giovanile della Reggina Calcio s.p.a., è stata chiamata a rispondere «della violazione di cui all’art. 1, comma 1, del C.G.S. per aver palesemente dichiarato, durante l’audizione resa innanzi la Procura Federale, circostanze non veritiere in ordine alla costituzione e gestione della società Reggina Service s.r.l. – ora Reser s.r.l. anche con riferimento ai rapporti intrattenuti con la società Reggina Calcio s.p.a.». La contestazione trova fondamento negli atti e documenti acquisiti al giudizio. Risulta pacifico e comunque ampiamente dimostrato che la Reggina Service s.r.l., già con sede in Reggio Calabria presso la medesima sede sociale della Reggina Calcio s.p.a., ha trasferito in data 5.6.2009 la propria sede legale in Milano, modificando, altresì, la propria ragione sociale in Reser s.r.l. Successivamente, in data 15.9.2010 veniva posta in liquidazione. La carica di amministratore della società è affidata alla sig.ra Concetta Antonia Angela Fazzari, che riveste dalla stagione sportiva 2007/2008 anche il ruolo di segretario del settore giovanile della Reggina Calcio. Il capitale sociale Reser risulta suddiviso tra la stessa Fazzari e la società Cordusio Società fiduciaria per azioni, il cui fiduciante risulta essere il sig. Pasquale Foti (cfr. all. A 11.3, fasc. Procura). A conferma che la società Reggina Service fosse riconducibile alla Reggina Calcio, la Procura federale deduce come «nel verbale di assemblea straordinaria del 5 giugno 2009, in cui veniva deciso il trasferimento della sede legale della società e la modifica della ragione sociale, la società fiduciaria “Cordusio” veniva rappresentata dalla sig.ra Simona Gioè, consigliere di amministrazione e responsabile amministrativo della Reggina Calcio. La stessa Gioè, peraltro, risulta aver assunto la veste di segretario in tutti i verbali di assemblea con i quali sono stati approvati i bilanci della Reggina Service, relativi agli anni 2005, 2006, 2007, 2008, nonché quello della Reser s.r.l. relativo all’anno 2009 (cfr. all. da F 2.6. a F. 2.15, fasc. Procura)». Si veda pure la documentazione acquisita presso la società Cordusio società fiduciaria per azioni (cfr. all. A 11, fasc. Procura). Orbene, nel corso dell’audizione resa innanzi alla Procura federale in data 14 aprile 2011, la sig.ra Fazzari, in palese contrasto con quanto risultante dalle emergenze istruttorie e documentali e dalle risultanze dei bilanci (cfr. all. F 2.11, fasc. Procura), ha dichiarato che le quote di maggioranza detenute fiduciariamente dalla società Cordusio erano di proprietà di alcuni suoi collaboratori. Inoltre, nell’illustrare i rapporti tra Reggina Calcio e Reggina Service (poi Reser), sempre nella suddetta medesima audizione, la sig.ra Fazzari afferma, tra l’altro: «Non c’è e non vi è mai stato alcun rapporto di partecipazione azionaria della Reggina Calcio spa con la Reggina Service srl e viceversa. Non so perché il bilancio della Reggina Calcio definisce la Reggina Service srl società correlata. Non vi è alcuna coincidenza, né vi è mai stata, tra gli azionisti della Reggina Calcio spa e quelli della Reggina Service srl. Che io sappia il principale azionista della Reggina Calcio spa non ha alcun rapporto di partecipazione azionaria con la Reggina Service srl» (cfr. all. AU 28, fasc. Procura). Nel corso della propria audizione resa in data 16 giugno 2011 innanzi la Procura federale, il sig. Pasquale Foti dichiara, a tal proposito: «La società è nata per mia iniziativa e di mia proprietà. La società è stata da me istituita con un controllo del 99% delle azioni attraverso una società fiduciaria» (cfr. all. AU 36, fasc. Procura). Insomma, appare, anche in questo caso, ampiamente provata la violazione dell’art. 1, comma 1, CGS, da parte della sig.ra Fazzari, avendo la stessa reso alla Procura federale dichiarazioni non corrispondenti al vero ed in palese contrasto con le risultanze istruttorie e documentali acquisite agli atti del procedimento. Per questi motivi la C.G.F.: - respinge il ricorso come sopra proposto dall’U.S. Città di Palermo di Palermo. Dispone incamerarsi la tassa reclamo. - in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dall’U.C. Sampdoria S.p.A. di Genova, riduce la sanzione inflitta ad € 10.000,00 di ammenda. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - accoglie il ricorso come sopra proposto dal signor Brevi Oscar annullando la delibera impugnata. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - accoglie il ricorso come sopra proposto dal signor Martinelli Luigi annullando la delibera impugnata. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal signor Fabio Zamblera, riduce la sanzione inflitta ad € 10.000,00 di ammenda. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal Reggina Calcio S.p.A. di Reggio Calabria, riduce la sanzione inflitta alla reclamante a € 50.000,00 di ammenda e la sanzione inflitta al Sig. Foti Pasquale ad 1 anno di inibizione. Conferma nel resto. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal signor Vitale Giuseppe, e per l’effetto, riduce la sanzione nei limiti del presofferto. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - respinge il ricorso come sopra proposto dalla signora Sensi Rosella. Dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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