F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 204/CGF del 14 Marzo 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 278/CGF del 24 Maggio 2013 e su www.figc.it 1. RICORSO NOVARA CALCIO S.P.A. – A.C. CESENA S.P.A. AVVERSO LA VALIDITÀ/LEGITTIMITÀ DELLA DELIBERA DI CUI AL PUNTO 3) DELL’O.D.G. DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA DELLA LEGA SERIE A DEL 3.12.2012
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 204/CGF del 14 Marzo 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 278/CGF del 24 Maggio 2013 e su www.figc.it
1. RICORSO NOVARA CALCIO S.P.A. – A.C. CESENA S.P.A. AVVERSO LA VALIDITÀ/LEGITTIMITÀ DELLA DELIBERA DI CUI AL PUNTO 3) DELL’O.D.G. DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA DELLA LEGA SERIE A DEL 3.12.2012
Con ricorso congiunto proposto ritualmente in data 12 dicembre 2012 ai sensi dell'articolo 9.5 dello Statuto-Regolamento della Lega Nazionale Professionisti di Serie A, le società Novara Calcio S.p.A. e A.C. Cesena S.p.A hanno impugnato la validità della delibera di cui al punto 3 dell'ordine del giorno dell'Assemblea del 3 dicembre 2011 avente ad oggetto “Criteri di provvista, nonché di assegnazione e di distribuzione del contributo di cui all’art. 19.2, comma 3, dello StatutoRegolamento della Lega (“contributo Europa League”) stagione 2011/2012.” Il ricorso veniva proposto, oltre che contro la Lega Nazionale Professionisti Serie A, anche nei confronti delle seguenti società: Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., Bologna F.C. S.p.A., Cagliari Calcio S.p.A., Calcio Catania S.p.A., Chievo Verona S.p.A., A.C. Fiorentina S.p.A., Genoa C.F.C. .S.p.A., F.C. Internazionale Milano, Juventus F.C. S.p.A., S.S. Lazio S.p.A., U.S. Lecce S.p.A., A.C. Milan S.p.A., S.S.C. Napoli S.p.A., U.S. Città di Palermo S.p.A., Parma F.C. S.p.A., Delfino Pescara 1936 S.r.l., A.S. Roma S.p.A., U.C. Sampdoria S.p.A., A.C. Siena S.p.A., Torino F.C. S.p.A. e Udinese Calcio S.p.A..
Le ricorrenti Novara e Cesena deducevano, riassuntivamente, l'invalidità e/o illegittimità della delibera per lesione dei principi generali della garanzia dell’equilibrio competitivo e dell'equa ripartizione delle risorse audiovisive e, quindi, per violazione del DLgs 9/2008 e dello StatutoRegolamento della Lega in tema di ripartizioni interne delle risorse e, comunque, per illogicità ed eccesso di potere. In particolare, le due ricorrenti contestavano: il carico in parti uguali della provvista del contributo Europa League in luogo della ripartizione prevista dal DLgs 9/2008 (40% in parti uguali, 30% risultati sportivi e 30% bacino d’utenza); l'ammontare di € 7,5 milioni del contributo in luogo di € 2,5 milioni; la distribuzione del contributo in quote disomogenee; l'aver modificato lo Statuto-Regolamento della Lega senza l'omologa della F.I.G.C.; la riduzione della quota in parti uguali al di sotto del minimo legale (40%); l'esecuzione della delibera da parte della Lega nonostante la pendenza dell'impugnazione. Le due ricorrenti concludevano per l’annullamento della delibera impugnata con richiesta di previa audizione. Con atto del 17 dicembre 2012 si costituiva il Chievo che aderiva alle richieste delle due ricorrenti nella parte in cui contestavano il carico della provvista in parti uguali sulle 20 associate. In pari data si costituiva anche il Palermo; in adesione alla contestazione della distribuzione
in quote disomogenee del contributo, ma resistendo alla quantificazione del contributo in 2,5 milioni complessivi. Il Palermo contestava anche l'incompetenza dell'assemblea ordinaria in favore di quella straordinaria. Con atto del 18 dicembre 2012 si costituiva la Lega la quale, affermando la sua posizione di ente esponenziale delle società associate, ha dichiarato di essere remissiva sul merito della ripartizione deliberata dall'assemblea. Al contrario la Lega contestava la natura modificativa dell’articolo 19 del proprio StatutoRegolamento ritendo - al contrario - che fosse solo attuativa del medesimo e adeguativa del sopravvenuto intervento parzialmente ablativo dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva. La Lega affermava altresì che la norma regolamentare in delibazione non è assoggettata all'omologa federale come affermato, aliunde, dalla stessa Figc e resisteva all'eccezione sulla competenza dell'assemblea straordinaria che affermava non rispondente alle proprie previsione statutarie. La Lega concludeva rivendicando la legittimità dell'esecuzione della delibera impugnata che, rammentava, è esecutiva fino a che a che non interviene un provvedimento inibitorio di un giudice. Con memoria del 18 dicembre 2012 si costituiva la SS Lazio Spa che contestava l'inammissibilità del ricorso Di Cesena e Novara per genericità della riserva scritta di impugnazione a norma dell’art. 9 comma 15 dello Statuto della Lega, nonché l'inammissibilità degli atti di Chievo e Palermo per difetto della pregiudiziale riserva scritta di impugnazione. La società Lazio eccepiva altresì il difetto di interesse di Novara, Cesena e Chievo sulla domanda di ripartizione omogenea del contributo in quanto estranee alla ripartizione per non aver partecipato alla competizione Europa e concludeva rilevando che l'ammontare complessivo del contributo in euro 7.500.000,00 non è stato oggetto di intervento da parte dell’Alta Corte n. 21/10 e rivendicando la legittimità del carico in parte in uguali della provvista. Con memoria del 22 dicembre le ricorrenti Novara e Cesena contestavano la tardività ex articolo 38 C.G.S. delle costituzioni della Lega e della società Lazio che, pertanto, non dovevano essere ammesse all'audizione. Il 7 gennaio 2013 si costituiva la società Udinese la quale non si discostava dalle eccezioni di Lazio e Lega e concludeva per il rigetto dei ricorsi di Novara e Cesena sulla base di ampie e dettagliate contestazioni nel merito delle deduzioni attoree. Anche l'Udinese concludeva per il rigetto del ricorso di Cesena e Novara. Nessun'altra delle società convenute si è costituita. Nel corso della udienza di trattazione tutte le società costituite hanno, tramite i loro difensori, diffusamente discusso la controversia ampliando i reciproci motivi di contestazione e resistenza. La Lega, in particolare, ha motivato le ragioni per le quali non ritiene applicabili al giudizio di specie il C.G.S. (mancato richiamo nella clausola compromissoria e, quindi, possibile applicabilità delle norme del codice di rito ordinario; C.G.S. riservato ai procedimenti disciplinari e/o di illecito) e, a sostegno, ha prodotto copia della convocazione relativa alla precedente impugnazione di assemblea nella quale le norme del C.G.S. non sono richiamate. La società Udinese ha depositato una certificazione dei Revisori della Lega nella quale si dà conto delle somme unitarie percepite da ogni società a titolo di "parti uguali" e dalla quale si evince che nessuna il limite di legge del 40% non è stato vietato. Tutte le parti costituite si sono riportate alle conclusioni già rassegnate nei rispettivi atti a difesa.
DIRITTO
1) Inammissibilità e Improcedibilità
Giova preliminarmente affrontare le numerose questioni di ammissibilità e improcedibilità poste dai resistenti e dai reclamanti reciprocamente, tra le rispettive posizioni processuali
Si esamina in primo luogo l’inammissibilità dei reclami e degli atti di Chievo e Palermo. La convenuta società Lazio contestava l'inammissibilità del ricorso di Cesena e Novara per genericità della riserva scritta di impugnazione a norma dell’art. 9 comma 15 dello Statuto della Lega, nonché l'inammissibilità degli atti di Chievo e Palermo per difetto della pregiudiziale riserva scritta di impugnazione. La riserva scritta presentata in assemblea da Novara e Cesena è sufficientemente compiuta ed esente dal vizio contestato. Al contrario l’eccezione è fondata nei riguardi di Chievo e Palermo che non hanno presentato alcuna riserva scritta. L’inammissibilità degli atti va, ovviamente, riferita alle sole
conclusioni diverse o nuove rispetto a quelle delle reclamanti principali, valendo il resto come ammissibili deduzioni nella qualità di convenute. Riguardo al difetto di interesse di Novara, Cesena e Chievo sulla domanda di ripartizione omogenea, si osserva quanto segue. La convenuta società Lazio contestava altresì il difetto di interesse di Novara, Cesena e Chievo sulla domanda di ripartizione omogenea per non aver esse partecipato alla competizione Europea. L’eccezione è fondata laddove sono titolari della diritto a percepire il contributo, e quindi a contraddire sui criteri sua distribuzione, solo quei Club che sono stati ammessi alla competizione europea di Europa League e laddove è incontestato che detti tre club non vi hanno partecipato. Sulla pretesa tardività ex articolo 38 del CGS delle costituzioni della Lega e della società Lazio, posta dalle reclamanti Novara e Cesena contestavano (peraltro in una memoria che, seguendo la loro stessa eccezione, sarebbe irrituale in quanto non prevista dal CGS e non autorizzata dalla Corte) la tardività ex articolo 38 del CGS delle costituzioni della Lega e della società Lazio, si osserva che l’eccezione è infondata. L’articolo 19.5 dello Statuto-Regolamento della Lega (che costituisce la clausola compromissoria che vincola le società associate) indica questa Corte come Collegio giudicante ma non richiama le norme del CGS che, pertanto, non sono direttamente applicabili. Ne consegue che il procedimento de quo è regolato nei soli limiti di quanto disposto dalla stessa Corte giudicante. Nel caso di specie la Corte non ha posto decadenze all’attività difensiva delle parti in lite, dal che consegue che Lega e soc. Lazio si sono regolarmente costituite. Per questi motivi, si paventano inammissibili e comunque irricevibili le domande formulate dalle soc. Chievo e Palermo per non aver esse presentato in assemblea la riserva prescritta dall’articolo 19.5 dello Statuto-Regolamento della Lega e parrebbe invece regolare la costituzione della Lega e della società Lazio .
2) Merito
Il ricorso non può trovare accoglimento nel merito per i motivi che seguono. Preliminarmente deve ritenersi che il sindacato della Corte di Giustizia Federale, nel caso di specie avente ad oggetto la validazione della deliberazione adottata dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A, come espressamente indicato nell’ art. 9, comma 15 dello Statuto
Regolamento, deve riguardare unicamente l’eventuale violazione di legge, nonché il rispetto dei principi che presiedono all’esercizio corretto dei poteri deliberativi inerenti il vincolo associativo di stampo privatistico – peraltro in tal senso già Corte Federale SSUU n. 21/2009 dep. il 10/01/2011-. Ciò premesso, si rileva che l’unica doglianza esaminabile da questa Corte è – dunque - quella della violazione di legge con riferimento all’invocato Decreto Melandri-Gentiloni, mentre non hanno pregio le censure sollevate dalle società reclamanti circa l’irragionevolezza delle disposizioni assembleari in quanto assunte in violazione delle disposizioni del Dlgs 9/2008 e dei principi che regolano la vita associativa della Lega Nazionale Professionisti Serie A che avrebbe posto in essere una lesione del principio di maggioranza sotto forma di abuso della maggioranza a danno della minoranza con determinazioni prive di ragionevolezza . I motivi di reclamo anche sotto questo profilo non possono essere accolti
2a) Quadro normativo di riferimento in cui si innesta il contributo Europa League oggetto del reclamo
Come è già stato evidenziato nel provvedimento del 29 settembre 2010, C.U. 66/CGF, l’ambito normativo in cui si inserisce la questione oggetto del presente reclamo è quello relativo alle risorse economiche e finanziarie che Lega Nazionale Professionisti di Serie A ricava, in forza del Decreto legislativo 9 gennaio 2008 n. 9 (di seguito Decreto) dalla vendita dei diritti audiovisivi sportivi in forma centralizzata e da altre attività e servizi resi dalla stessa Lega. In particolare, per quel che qui interessa, occorre evidenziare che la nuova disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi è finalizzata a garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti che partecipano alla competizione e ad assicurare la c.d. mutualità generale del sistema. All'equilibrio competitivo è preordinata la disciplina in materia di equa ripartizione delle risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti tra tutti i partecipanti alla medesima competizione. Tale disciplina, in ossequio ad una specifica previsione contenuta nell'art. 1, comma 3, lett. i), della legge delega, è stata elaborata tenendo conto delle regole predisposte dai soggetti preposti all'organizzazione delle competizioni sportive. In particolare, per quanto riguarda il calcio, si è tenuto conto delle decisioni assunte dalle società di Serie A della Lega Nazionale Professionisti nell'assemblea del 30.10.2007, nel corso della quale sono state approvate, a larga maggioranza, apposite regole per la ripartizione delle risorse derivanti dal mercato dei diritti audiovisivi relativi al Campionato di Serie A. Tra le dette regole sussiste quella stabilita dall’art. 25, comma 2, del Decreto che impone che la quota delle risorse da distribuire in parti uguali tra tutti i partecipanti a ciascuna competizione non può essere comunque inferiore al 40%. Il legislatore, nella relazione illustrativa del Decreto, specifica che ”siffatta previsione garantisce l’obiettivo di una equa ripartizione tra i soggetti partecipanti alla competizione, condizione essenziale per assicurare l’equilibrio competitivo, in modo non mutualistico (ossia secondo una proporzionalità diretta tra risorse ricevute e proprio contributo per ottenerle) ma democratico (ossia secondo un’eguaglianza assoluta tra i partecipanti)”. In altre parole, a monte il legislatore ha stabilito che quel 40% di risorse attribuite in parti uguali a ciascuna società sportiva di Serie A ha come finalità quella di garantire un equilibrio competitivo nell’ambito della competizione, in quanto quell’equilibro corrisponde ad un interesse generale, collettivo, dell’intero sistema calcio. In questo contesto va valutata la decisione assunta dalla Lega Nazionale di Serie A in relazione al contributo “Europa League”. Come evidenziato dalla Lega Calcio nella discussione il calcio italiano di club negli ultimi anni ha progressivamente perduto competitività e prestigio a livello internazionale ed europeo. Si ricordano a malapena non solo le vittorie, anche in relazione al fatto che da due anni a questa parte la Serie A ha perso un “posto” in Champions League a favore della Bundesliga, così riducendosi a tre il numero massimo potenziale di squadre partecipanti italiane alla massima competizione continentale. A livello di Europa League, le cose vanno, secondo la difesa delle Lega, addirittura peggio. In ogni caso, avendo perso un posto in Champions League, l’ottava classificata nel Campionato di Serie A non partecipa più alle competizioni europee. La partecipazione all’Europa League, evidenzia la difesa della Lega, ha lo stesso peso di quella in Champions League. Perdere competitività nella prima competizione, significa perdere posizioni nel ranking europeo generale , quindi, posti in Europa (in tutte le competizioni europee). Questa situazione, evidentemente, ha creato un ingente nocumento non solo sportivo ma anche
notoriamente economico, ma altresì d’immagine, sia alle singole squadre e alla Lega nel suo complesso, sia più in generale all’intero movimento calcistico italiano. È in questo panorama di declino che si innesta la delibera oggetto del reclamo. Trattasi del tentativo, promosso dalla Lega Nazionale Professionisti di Serie A, di invertire il trend negativo in Europa, fornendo alle partecipanti italiane all’Europa League un sostegno affinché, da una parte, le squadre partecipanti e destinatarie del contributo possano contare su ed investire più risorse in vista della partecipazione alla competizione, dall’altra parte, le altre squadre che mirano a partecipare alle competizioni europee possano beneficiare, attraverso il miglioramento del ranking europeo dell’Italia, in numero di posizioni maggiori (un posto in più in Champions League significa che anche l’ottava classificata del Campionato di Serie A può partecipare alla Europa League, e non solo la settima come accade oggi) o, al contrario, non perdere ulteriori posti sia in Champions League, sia in Europa League. Da qui emerge una prima considerazione: le finalità del contributo Europa League, a differenza di quanto dedotto da Novara e Cesena, prescindono in radice dalla ratio sottostante la distribuzione dei ricavi proveniente dai diritti audiovisivi, rispondendo invece a fini meramente sportivi ed associativi. Risponde cioè ad un vero e proprio interesse di natura collettiva.
2b) Interesse collettivo e prelievo in quote uguali.
Al fine di cogliere l’infondatezza delle doglianze avanzate dalle ricorrenti, è d’uopo richiamare proprio la decisione dell’Alta Corte di Giustizia, n. 21/2010, richiamata dagli stessi reclamanti. Come è noto, l’Alta Corte era stata chiamata a decidere sulla decisione della Corte di giustizia Federale C.U. n. 66/CGF del 29 settembre 2010 che aveva respinto il ricorso proposto dalle ricorrenti Lecce, Cesena e Brescia Calcio avverso la delibera della Lega Nazionale Professionisti del 1 luglio 2010 che aveva determinato che dalle quote spettanti alle squadre neopromosse (Brescia, Cesena e Lecce) venissero detratte somme pari a 2,5 milioni di euro ciascuna, da assegnarsi in aumento alle quote spettanti alle squadre che partecipano alla Europa League. L’Alta Corte annullava la norma limitatamente alla parte che prevedeva “il prelevamento a carico esclusivo delle società neopromosse in Serie A” e costringeva la Lega Nazionale
Professionisti a modificare la norma, stabilendo, questa volta, un prelievo a tutte le società sportive, ma in parti uguali.
Ebbene. La stessa Alta Corte aveva previsto che la controversia sottoposta alla sua attenzione non investiva “la destinazione del prelievo e le contribuzioni a favore di partecipanti all’Europa League in ragione di un interesse collettivo al mantenimento dell’adeguato livello competitivo delle squadre associate alla LNPA nelle competizioni UEFA”. Secondo l’Alta Corte, quindi, l’interesse collettivo poteva venir meno nel momento in cui imputazione del contributo veniva prevista in capo a sole tre delle venti squadre della Lega. Quest’ultima modificava allora la sua posizione imputandolo a tutte le società di calcio. La motivazione addotta dall’Alta Corte era fondata sul fatto che la norma statutaria violava i principi stabiliti dal Decreto improntati ad un’equa ripartizione, ad un equilibrio competitivo tra i partecipanti alle competizione, ad una ugualitaria ripartizione per una quota prevalente, con la “previsione di criteri fondamentali tipizzati in via permanente ed estranei alla circostanza della neopromozione in Serie superiore”: “le somme stornate dai proventi radiotelevisivi, da destinare per finalità mutualistiche o di solidarietà o simili, non possono gravare su singoli associati limitati nel numero ed in base a criterio manifestamente arbitrario e irragionevole (in confronto dei criteri legislativi): a maggior ragione perché si ripartisce l’onere per un benefizio ritenuti tale per l’intera
categoria partecipante alla Serie A”.
Oggi, la Corte di Giustizia Federale è chiamata a decidere nuovamente sul “contributo Europa League, che tuttavia, pur rispondendo all’interesse collettivo dell’intera Serie A (come dice l’Alta Corte, “benefizio ritenuto tale per l’intera categoria partecipante alla Serie A”) non presenta le caratteristiche stigmatizzate dall’Alta Corte. Esso infatti:
a) non grava sui singoli associati limitati nel numero, ma grava su tutti gli associati, così evitando discriminazioni tra tutti i partecipanti alla competizione;
b) non è determinato secondo un criterio manifestamente arbitrario e irragionevole, bensì su un criterio, quella dell’uguaglianza, che risponde a quell’esigenza di interesse collettivo sopra identificato, e che dunque ricade sull’intera collettività della Serie A.
Del resto, è la stessa Alta Corte a riconoscere alla Lega Nazionale Professionisti, quale soggetto organizzatore, uno specifico potere di “discrezionalità … in ordine al dettaglio del criterio”. Criterio che può essere, come dice l’Alta Corte, (i) “egualitario per tutte le società sportive associate alla lega della Serie A” ovvero (ii) “proporzionato al contributo di ciascuna” ovvero ancora (iii) “con altro differente sistema di calcolo sempre con equa distribuzione sulla platea degli associati”. Qualunque sia il criterio adottato dalla Lega, l’importante è che tali aspetti, conclude l’Alta Corte, rimangano “nella discrezionalità del soggetto organizzatore entro, tuttavia, i confini di legittimità sopra precisati”. La Lega, richiamata dall’Alta Corte al rispetto dei principi di equa ripartizione, equilibrio competitivo e non discriminazione, ha scelto, nell’ambito della sua piena discrezionalità, il criterio egualitario, proprio perché rispondente all’interesse collettivo, di tutte le associate, sotteso al contributo. Si deve dunque concludere che il meccanismo previsto nella delibera del 3 dicembre 2012 della Lega di Serie A, secondo cui alle società in organico nella precedente stagione sportiva dovesse essere prelevata la provvista del contributo di cui all’art. 19.2, comma 3, dello Statuto Regolamento della Lega, stagione 2011/2012, ponendola a loro carico in parti uguali tra di esse:
a) non contrasta con i principi stabiliti dal Decreto, ed in particolare con quello dell’”equilibrio competitivo”, che viene pienamente rispettato nel momento che viene conferita una parte uguale per tutti, pari al 40%, delle risorse ricavate dalla vendita centralizzata dei diritti audiovisivi;
b) risponde pienamente a quelle “esigenze di equilibrio competitivo”, individuate dall’Alta Corte, “per assicurare il mantenimento del maggior numero di posti nelle coppe europee delle squadre della LNP Serie A giustificano la destinazione del prelevamento”, secondo quell’interesse collettivo, quale l’accrescimento della competitività delle squadre italiane nelle competizioni europee;
c) non genera un comportamento discriminatorio nei confronti dell’una o dell’altra associata, perché il contributo grava su tutti gli associati in parti uguali.
Nell’ambito di detta discrezionalità, va infine segnalato che vi sono altre voci che sono distribuite secondo criteri ugualitari o meritocratici. Ad esempio, è stabilito, nello stesso Regolamento-Statuto (articolo 19, quarto comma), che “le somme necessarie al funzionamento della Lega Serie A sono corrisposte a quest’ultima dalle società associate, in parti uguali tra loro”:
Gli altri ricavi della Lega di Serie A, quelli indicati al comma 1 dell’art. 19, sono invece distribuiti secondo un criterio meritocratico.
2c) L'ammontare di euro 7,5 milioni del contributo in luogo di euro 2,5 milioni e la distribuzione del contributo in quote disomogenee. Un ulteriore profilo sollevato dalle ricorrenti attiene all’ammontare complessivo del contributo, così come stabilito nella delibera impugnata. Va premesso che in assenza di una nuova formulazione dell’art. 19, co. 2, p.3, dovrà farsi riferimento alla formulazione precedente, così come caducata a seguito dell’intervento parzialmente ablativo dell’Alta Corte di Giustizia, il quale prevedeva che “dalle quote spettanti alle squadre neopromosse (allora Brescia, Cesena e Lecce) vengano detratte somme pari a 2,5 milioni di euro ciascuna”. Risulta dunque che l’importo complessivo era di euro 7,5 milioni. Ebbene, come noto, l’Alta Corte di Giustizia ha annullato l’art. 19, co. 2, p. 3 per la parte relativa al prelevamento a carico soltanto delle società neo promosse, lasciando inalterato il resto dell’impianto, ivi compreso l’ammontare l’ammontare in 7,5 milioni di euro. Va altresì premesso, quanto alla distribuzione del contributo in quote disomogenee, che, fermo il richiamato interesse collettivo nonché la correttezza del prelievo in parti uguali tra le associate, questa Corte considera che l’assemblea di Lega abbia legittimamente deliberato di procedere alla suddivisione tra le quattro squadre beneficiarie, estrinsecando nei limiti consentiti quel potere discrezionale che le viene riconosciuto dall’ordinamento statale e sportivo. Ciò premesso, in linea generale, sulle specifiche domande, il Collegio ritiene dunque in sintesi, rispetto a quanto diffusamente motivato, quanto segue. La pretesa riduzione della quota in parti uguali al di sotto del minimo legale (40%), non ha fondamento, atteso l’irrilevanza dei criteri di ripartizione previsti dal DLgs 9/2008 travolge toutcourt anche l’eccezione in epigrafe (pure formulata dalle reclamanti principali).Peraltro dalla certificazione depositata dalla convenuta Udinese in udienza e proveniente dai Revisori della Lega, emerge che l’invocato minimo legale non è stato violato. Tale eccezione è, dunque, priva di pregio. La pretesa di determinare in 2,5 milioni di euro l’ammontare del Contributo, è del pari infondata. Il dettato regolamentare (art.19.2.3) non soffre interpretazioni (né letterali, né sostanziali) difformi alla valorizzazione del Contributo per 7,5 milioni di euro laddove prevede che “ dalla quota delle Risorse Economiche Nette spettante a CIASCUNA società neopromossa in Serie A nella Stagione in Corso sulla base dei criteri di ripartizione di cui al precedente paragrafo 2 viene prelevata la somma di euro 2.500.000,00 (duemilionicinquecentomila/00) da distribuire in parti uguali a tutte le società di Serie A partecipanti alla Europa League (escluse le società che accedono alla Europa League dopo avere disputato la fase a gironi della UEFA Champions League) nella Stagione in Corso.”L’aggettivo indefinito “CIASCUNA” riferito alle società neopromosse destinatarie del prelievo impone la moltiplicazione del prelievo (2,5milioni) per il numero delle neopromosse (3, come da normativa federale). Così per un prelievo totale di 7,5milioni e, quindi, una somma pari da distribuire tra le beneficiarie. Il dato letterale, di per sé inequivocabile, è confermato nella decisione 21 dell’Alta Corte. La pretesa di distribuzione del Contributo in quote omogenee è infine infondata e comunque viziata dal difetto di interesse ad agire in capo alle reclamanti Novara e Cesena. Esaminando la prima eccezione si è detto delle finalità generali del Contributo vocate a stimolare l’incremento dei risultati sportivi in sede continentale. Non appare dunque in contrasto con tale finalità una distribuzione disomogenea se fondata, come nel caso di specie, su un elemento premiale quale quello della resistenza del singolo club nel torneo e, conseguentemente, dei punti conquistati nel ranking che – nell’interesse economico e sportivo di tutta la Serie A – determina i posti di ingresso delle italiane nel Coppe europee. Va comunque rilevato (per dovere di completo riscontro di ogni eccezione dedotta, visto che l’infondatezza nel merito copre ogni diversa problematica) che la distribuzione del Contributo attiene solo alla sfera giuridica della destinatarie del Contributo medesimo, ovvero di quelle società che hanno partecipato alla competizione europea. Dunque non per Novara e Cesena che non hanno partecipato alla competizione de qua e che – dunque – non hanno legittimazione. Resta fermo per il Palermo – che invece ha partecipato alla competizione - l’assorbente motivo in punto di ricevibilità di domande autonome, già sopra trattato.
3) Ulteriori profili di illegittimità sollevati
3a Illegittimità della Delibera derivata dalla mancata omologa federale. Le ricorrenti Novara e Cesena assumono ancora l’illegittimità della Delibera, che si assume sostanzialmente modificativa dello Statuto-Regolamento dell’associazione, per non essere stata omologata dalla Figc. Anche questa eccezione è infondata e va rigettata con riferimento a un duplice profilo. Il primo profilo, assorbente, è afferente il fatto che, come dedotto abdicativamente dalla stessa Figc nel procedimento avanti l’Alta Corte (Decisione 21), le norme regolamentari della Lega in materia di riparti di risorse non sono soggetti al sindacato di legittimità della Federazione. Il secondo profilo attiene invece alla circostanza che la Delibera in esame non è modificativa dell’articolo 19 del Statuto-Regolamento, ma attuativa dello stesso e dell’intervento parzialmente ablativo dell’Alta Corte.
3b L'esecuzione della delibera nonostante la pendenza dell'impugnazione. Da ultimo, nel reclamo, Novara e Cesena lamentano che la Lega ha dato esecuzione alla delibera in pendenza del termine per l’impugnazione. La doglianza è fine a se stessa in quanto ad essa non segue una conclusione specifica. Nemmeno cautelare. La doglianza è comunque infondata per il principio dell’esecutività delle delibere impugnate che si sussume a contrario da quanto disposto dall’articolo 2378, comma 3 del codice civile. Pertanto, in assenza di provvedimenti di sospensiva, la delibera impugnata produce i suoi effetti. La Lega ha comunque documentalmente provato di aver assunto ogni possibile cautela nel dare esecuzione alla Deleibera in pendenza di reclamo.
3c La pretesa incompetenza dell'assemblea ordinaria in favore di quella straordinaria. La società Palermo ha altresì eccepito la nullità della Delibera per essere stata assunta dall’assemblea ordinaria in luogo di quella straordinaria. Fermo l’assorbente motivo in punto di ricevibilità di domande autonome da parte Palermo, già trattate, va comunque rilevato (per completezza di analisi di tutti gli atti in giudizio) che l’eccezione è comunque infondata nel merito laddove lo Statuto-Regolamento della Lega prevede la competenza della assemblea straordinaria solo ed esclusivamente per il cambio della sede sociale. Ne consegue che l’assemblea ordinaria è perfettamente legittimata a modificare lo StatutoRegolamento (semmai si potesse affermare che la Delibera in esame contiene una siffatta modifica). Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dalle società Novara Calcio S.p.A. di Novara e A. C. Cesena S.p.A. di Cesena. Dispone addebitarsi le tasse reclamo.
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