CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 21 del 11/07/2013 – Uberto Lupinetti/Federazione Italiana Sport Equestri

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 21 del 11/07/2013 - Uberto Lupinetti/Federazione Italiana Sport Equestri L’Alta Corte di Giustizia Sportiva Composta da Dott. Riccardo Chieppa, Presidente e Relatore, Dott. Alberto de Roberto, Dott. Giovanni Francesco Lo Turco, Prof. Roberto Pardolesi, Prof. Massimo Luciani, Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio introdotto dal ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 14 del 2013, presentato, in data 31 maggio 2013, da parte dei signori Uberto Lupinetti, Marco Biasia, Antonio Dell’Orto, Giuseppe Leoni, Giovanni Listorti, Filippo Moyersoen, Norma Paoli, Aldo Pescò, Emilio Roncoroni, Lorenzo Rossi, Mario Verheyden, rappresentati e difesi dagli avvocati Leandro Cantamessa e Fabio Fazzo, contro Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.), rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Canonaco e Luigi Medugno, e nei confronti dell’avv. Paolo Nicoletti, nella sua qualità di Commissario Straordinario del Comitato Regionale FISE Lombardia, per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento di scioglimento del Consiglio del Comitato Regionale Lombardo della F.I.S.E; Visti il ricorso e gli allegati, nonché l’atto di costituzione in giudizio della F.I.S.E; Visto il decreto presidenziale di questa Alta Corte 31 maggio 2013 e i relativi adempimenti; Visto l’atto di motivi aggiunti nonché la memoria di replica depositata dalla F.I.S.E.; Uditi, all’udienza pubblica del 25 giugno 2013, l’avv. Leandro Cantamessa e l’avv. Fabio Fazzo per i ricorrenti, l’avv. Luigi Medugno e l’avv. Paolo Canonaco per la resistente Federazione Italiana Sport Equestri; Visti tutti gli atti e i documenti di causa; Udito il relatore, Pres. Riccardo Chieppa. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 14 del 2013, presentato, in data 31 maggio 2013, contro la Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.) e nei confronti dell’avv. Paolo Nicoletti, nella qualità di Commissario Straordinario del Comitato Regionale FISE Lombardia, Uberto Lupinetti, Marco Biasia, Antonio Dell’Orto, Giuseppe Leoni, Giovanni Listorti, Filippo Moyersoen, Norma Paoli, Aldo Pescò, Emilio Roncoroni, Lorenzo Rossi, Mario Verheyden hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento di scioglimento del Consiglio del Comitato Regionale Lombardo della F.I.S.E., adottato con delibera di urgenza del Presidente Federale 19 maggio 2013, n. 38, e con delibera di ratifica del Consiglio Federale 25 maggio 2013, n. 313. I ricorrenti, dopo avere esposto le vicende di uno stage, ospitato dal Comitato Regionale Lombardo della F.I.S.E. al Pala Show Jumpers ASD di Vermezzo il 17 aprile 2013, ed aperto alla partecipazione dei Cavalieri Juniores e Young Riders, tenuto da Nelson Pessoa, “leggenda del salto mondiali ad ostacolo”, con particolare riguardo all’episodio –“senza preavviso e quindi in modo del tutto imprevisto” – di alzamento ed abbassamento veloce di un ostacolo durante il passaggio del cavallo, e quelle conseguenti alle successive contestazioni mosse dal Presidente Federale, con nota 10 maggio 2013, al Presidente del Comitato Regionale, e dopo avere sottolineato che la semplice ratifica, adottata dal Consiglio Federale del 25 maggio 2013, era conosciuta nel comunicato (in realtà con la sola indicazione della avvenuta ratifica e del numero dei voti della approvazione a maggioranza - 7 su 10 - e l’indicazione dei Consiglieri contrari), hanno dedotto i seguenti motivi: 1. - eccesso di potere, sotto vari profili: 1.1.- gli stessi fatti, che hanno dato origine in sede amministrativa allo scioglimento- commissariamento del Comitato Regionale, sono oggetto di accertamento disciplinare, con scavalcamento del giudice naturale, con un artificio che avrebbe consentito all’organo amministrativo (Presidente e Consiglio F.I.S.E.) di investirsi di poteri del Procuratore Federale e dei vari gradi di giustizia sportiva, decidendo senza contraddittorio e fuori del controllo di un secondo grado di giudizio; sotto il duplice aspetto di appropriazione di poteri giurisdizionali e di debordanza incontrollata della manifestazione del potere, che arriva a colpire soggetti del tutto estranei ai fatti contestati; 1.2. - eccesso di potere ideologico: in base all’art. 24 del Regolamento Nazionale Salto Ostacoli, sarebbero previsti due distinti divieti: il primo di “sbarrare” i cavalli, il secondo di commettere atti di crudeltà-brutalità, con applicabilità solo “prima, durante e dopo una prova, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, durante il concorso”; quindi, fuori delle gare i cavalli sarebbero tutelati solo dal Regolamento veterinario, che non si occuperebbe di sbarramenti, ma vieterebbe l’impiego di “strumenti, equipaggiamenti o procedure in grado di causare dolore eccessivo al cavallo in caso di abbattimento di un ostacolo”; la crudeltà/brutalità sarebbe sempre vietata, mentre il divieto di sbarramento riguarderebbe solo le competizioni, non gli stage, come quello del caso in contestazione; il provvedimento presidenziale impugnato considererebbe lo sbarramento del cavallo come atto di brutalità in re ipsa, con una interpretazione meramente soggettiva - diversa dalla interpretazione letterale del Presidente del Comitato Regionale (Uberto Lupinetti) - trasformata in condanna, emessa da organo non legittimato e giustificata non da una violazione di legge, ma dall’avere espresso un pensiero sull’interpretazione della legge, difforme da chi detiene il potere; 2.1. – Illogicità, in quanto il “capo di accusa” a Uberto Lupinetti sarebbe quello di “non avere fatto nulla per impedire l’illecito”; si tratterebbe di una condotta omissiva, senza un corrispondente obbligo regolamentare ad agire; il Presidente Lupinetti non disporrebbe di poteri di polizia; 2.2. - Illogicità tout court, in quanto lo stesso Presidente sarebbe stato privato con urgenza ed ignominia di una carica, ricoperta con onore da tanti anni, per non avere previsto ciò che un terzo, Pessoa, avrebbe fatto di lì a poco, senza preannunciarlo (lo sbarramento non sarebbe stato nel programma dello stage); 3.1. - Inesistenza dei presupposti di fatto, posti a fondamento della decisione: il Presidente Lupinetti non avrebbe legittimato la commissione di atti di brutalità nei confronti dei cavalli, ma avrebbe solo comunicato al Presidente Federale una sua opinione e cioè che lo sbarramento incruento di un cavallo, come avvenuto nel caso di specie, non sarebbe atto di brutalità; ancora, che lo stesso Uberto Lupinetti non avrebbe potuto prevedere ciò che Pessoa avrebbe fatto, né (anche se, per assurdo, avesse potuto prevederlo) avrebbe avuto obbligo di impedirlo; l’intolleranza manifestata dallo stesso Presidente contro la mania collettiva delle riprese audiovisive amatoriali non costituirebbe illecito disciplinare; di conseguenza, lo scioglimento d’urgenza sarebbe stato disposto per tre addebiti non solo infondati, ma anche, caduto il paludamento inquisitorio inesistente, si tratterebbe di una persecuzione di chi manifesta idee diverse da quelle del Presidente Federale F.I.S.E.; la fattispecie sarebbe ben lontana dalle “gravi e ripetute violazioni dell’ordinamento sportivo” previste dall’art. 30, lett. n), Statuto federale; la manifestazione di una opinione, peraltro non in pubblico, non potrebbe essere ritenuta violazione grave di alcuna norma; 3.2. - Abnormità, sproporzionatezza, sviamento di potere nel provvedimento di scioglimento: in quanto inflitto non per una violazione regolamentare, attribuita all’organo colpito (Comitato Regionale Lombardia, F.I.S.E.), ma ad un suo componente, mentre gli altri dieci sarebbero completamente estranei; vizi non tanto sotto il profilo della valutazione di merito del provvedimento, ma anche come indici della strumentalità del provvedimento e quindi con sviamento di potere; la strumentalità sarebbe confermata dal difetto di urgenza atteso il rientro in Belgio di Pessoa e la non previsione in Lombardia di altri stage. Il ricorso chiede anche una sospensione cautelare del provvedimento impugnato, stante il periculum in mora, in ragione del termine massimo di 90 giorni dallo scioglimento per le elezioni. 2.- Con decreto del Presidente dell’Alta Corte, in data 31 maggio 2013, considerato che allo stato degli atti acquisiti ed in carenza di costituzione del contraddittorio non sussistevano sufficienti elementi per disporre un provvedimento cautelare ante causam, tenuto conto, anche, della data limite di convocazione dell’assemblea elettiva e ritenuta la sussistenza di elementi per disporre di ufficio la abbreviazione dei termini ancora da decorrere alla metà, ai sensi dell’art. 12, secondo periodo, del Codice dell’Alta Corte, è stato disposto il deposito: a) a cura dei ricorrenti, entro il 4 giugno 2013, dei regolamenti vigenti, richiamati nel ricorso, ancorché dichiarati disponibili sul sito internet federale; b) a cura della Federazione, entro lo stesso termine del 4 giugno 2013, di: 1) tutti gli atti richiamati nel provvedimento impugnato, non compresi nell’ordine del deposito a carico dei ricorrenti; 2) precisazioni documentate sugli organizzatori dello stage che ha dato luogo alla contestazione, con il relativo programma, e sulla posizione dell’istruttore che ha dato causa agli asseriti comportamenti; 3) tracce delle denunce verbali richiamate nell’atto impugnato; 4) stato del procedimento disciplinare; 5) precisazioni sulla data di insediamento del Commissario; fissando la Camera di Consiglio collegiale sull’istanza cautelare e l’udienza di discussione del ricorso all’11 giugno 2013. 3.- Il 4 giugno 2013 la F.I.S.E. ha proceduto agli adempimenti posti a suo carico fornendo ampia documentazione, compreso un video sull’episodio contestato. I ricorrenti hanno adempiuto, in termine, agli altri adempimenti posti a loro carico. In data 5 giugno 2013 la F.I.S.E. si è costituita in giudizio con ampia memoria (depositata il giorno successivo) che contiene diffuse precisazioni in fatto sulla vicenda, che confermerebbero le condotte, poste a base dei provvedimenti impugnati, anche sulla base di nuove denunce pervenute ed ulteriori elementi, acquisiti nell’intervallo tra provvedimento di urgenza e ratifica consiliare, dai quali risulterebbe la pluralità degli esercizi con tecniche vietate, che il Comitato organizzatore avrebbe tentato di minimizzare attraverso dichiarazioni di consiglieri, con versioni contrastanti, laddove invece la gravità delle violazioni risulterebbe dal loro compimento durante uno stage, costituente attività istituzionale del Comitato Regionale, riservato alla formazione di istruttori, chiamati poi a formare sotto il profilo tecnico ed etico-sportivo i giovani allievi della Federazione; la conferma della presenza del Presidente del Comitato Regionale, che, nel frattempo, sarebbe stato oggetto di separato procedimento disciplinare, in corso (e così il figlio) e sospeso cautelativamente dal giudice sportivo. In punto di diritto la Federazione ha posto in rilievo: - lo stage, ideato, organizzato e gestito e con costi in misura preponderante sostenuti dal Comitato Regionale lombardo (a conferma del carattere istituzionale dello stage stesso); - l’affidamento al maestro Nelson Pessoa delle funzioni di istruttore è stato deciso dal Comitato con pagamento di corrispettivo per la disponibilità; - la manifestazione, in ragione degli sforzi compiuti per offrire ai partecipanti una fonte di addestramento così autorevole, è stata pubblicizzata come fiore ad occhiello; - l’inerenza ad aspetti di natura gestoria, riconducibili ad attività istituzionale del Comitato organizzatore dello stage, a prescindere dai profili (diversi) di rilevanza disciplinare, valutabili e perseguibili nell’altra sede; - il gravissimo discredito cagionato dalla messa in atto, nella fase di addestramento, di pratiche, severamente proibite dai regolamenti nazionali ed internazionali, dirette ad alterare, con espedienti “decettivi”, l’altezza e la conformazione degli ostacoli al momento in cui il cavallo si accinge ad affrontarli, imputabili non solo agli autori diretti, ma anche agli organizzatori dell’evento, nella loro attività gestoria, qualora risulti la complicità e la connivenza nella commissione dell’illecito, senza avere fatto nulla per prevenirli ed impedirli, serbando un atteggiamento tollerante o passivo a fronte della loro personale constatazione; anzi, avrebbero tentato di occultare l’accaduto; così, con condotte, di duplice attitudine offensiva, trasgressive di regole disciplinari e di canoni di sana amministrazione improntata al corretto adempimento degli obblighi postulati dalla carica rivestita; - il conseguente venir meno del primo motivo di ricorso, relativo alla indebita appropriazione di potere disciplinare in violazione al principio di separatezza di funzioni; amministrazione attiva, quanto allo scioglimento, specificamente affidato all’organo che lo ha esercitato, mentre in sede disciplinare esercitato da Procura federale e Giudice sportivo nazionale, senza alcuna insorgenza di rapporto di pregiudizialità tra due responsabilità diverse per procedure, forme e garanzie; la responsabilità gestoria coinvolgerebbe l’intero novero dei componenti, ove radicata sull’operato di un organo collegiale; il commissariamento non avrebbe valenza di sanzione disciplinare, applicabile in presenza di acclarata responsabilità individuale, mentre comporterebbe necessariamente lo scioglimento di organi amministrativi ordinari, coinvolti nella totalità della loro composizione, corrispondendo ad una solidarietà delle responsabilità, fenomeno a sua volta modellato secondo le ipotesi di commissariamento del diritto comune; il thema decidendum consisterebbe non nello stabilire se il commissariamento abbia coinvolto soggetti personalmente incolpevoli, ma nel verificare se dalla vicenda in esame emergano responsabilità gestorie riconducibili alla previsione statutaria applicata; - la non condivisibilità della lettura del’art. 24 del Regolamento Nazionale Salto Ostacoli, basata su due distinti divieti (sbarrare i cavalli e compimenti di atti di crudeltà), sia perché contraria ad una formulazione testuale e sintetica del precetto, secondo cui lo sbarramento costituirebbe una species (oggetto di previsione apposita) del genus, entro la quale si collocherebbe quale espressione di atto di crudeltà; d’altro canto, l’atto di crudeltà non si tradurrebbe necessariamente in maltrattamento fisico, foriero di lesioni e conseguenze, potendo anche consistere in vessazione psichica, quale certamente sarebbe la esposizione del cavallo allo shock di improvviso e proditorio innalzamento dell’ostacolo al momento del salto, divieto posto a tutela anche del cavaliere, da proteggere con particolare attenzione, proprio in corso di prove di addestramento destinate alla formazione di discenti juniores; - il gravissimo disvalore etico della pratica in contestazione, offensiva dei più elementari valori di lealtà e probità sportiva; - l’infondatezza logica, prima che giuridica, della tesi che il divieto opererebbe solo nel corso delle competizioni equestri: lo sbarramento consisterebbe in un artificio per sollecitare il cavallo ad elevare la traiettoria, esponendolo ad un impatto, che lo induca ad evitarlo nei successivi cimenti, ammaestrato dal dolore e dalla esperienza patita, e non sarebbe neppure pensabile come usato nel corso di una gara, in quanto il cavaliere svantaggerebbe il cavallo, penalizzando sé stesso; la previsione del citato art. 24 del Reg. Salto ad Ostacoli dovrebbe essere interpretata in una lettura coordinata con l’art. 2, Cod. veterinario, condotta per il benessere del cavallo, che dispone che “nessuno può abusare di un cavallo nel corso di una manifestazione F.I.S.E. o in qualsiasi altra occasione”; - la tesi dei ricorrenti sulla mancanza di prova del fatto che il Presidente del Comitato abbia avallato l’operato dell’Istruttore Pessoa, essendosi limitato ad esprimere una opinione sullo sbarramento incruento non costituente atto di brutalità e comunque non prevedibile, sarebbe smentita dalle risultanze del video acquisito, sia quelle escludenti la c.d. sorpresa in relazione al preventivo posizionamento dell’istruttore e del figlio del Presidente, per essere pronti ad alzare l’ostacolo, sia quelle relative al mancato turbamento dell’accaduto da parte del Presidente del Comitato, accennandosi ad una qualche reazione non per stigmatizzare la pratica, ma solo nella preoccupazione di interrompere la ripresa di un filmato; - l’addebito al Presidente del Comitato non sarebbe quello di un mancato esercizio di poteri di polizia (di cui non disponeva), ma, quale figura istituzionale di vertice del Comitato, ed istruttore federale di III livello, avrebbe potuto prendere immediatamente le distanze dalla pratica abusiva in sua presenza, inviando un messaggio etico, chiaro ed univoco ai partecipanti, a parte l’obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 2, comma 2, Regolamento di giustizia Fise. - la mancanza di presupposti della domanda cautelare, considerato che il Commissario si era già insediato e si sarebbe attenuto alla semplice amministrazione ordinaria fino all’esito del presente giudizio; 4.- Con motivi aggiunti 10 giugno 2013, i ricorrenti, richiamandosi alla sopravvenuta pubblicazione - conoscenza della delibera consiliare di ratifica del provvedimento di urgenza, ritenuta contenente motivi nuovi e, in buona parte, diversi dall’originario provvedimento presidenziale, - così come nuove motivazioni sarebbero talune “interpretazioni” della difesa della Federazione - si sono soffermati sui numerosi profili: a) puntualizzando l’oggetto centrale della controversia relativo alla sussistenza di “gravi irregolarità di gestione” e/o di “gravi e ripetute violazioni dell’ordinamento sportivo”, se attribuibili, nel loro insieme, al Consiglio del Comitato Regionale Lombardo e non a singolo individuo, e/o nella sussistenza di “impossibilità di funzionamento” dello stesso Consiglio; b) sottolineando che la ratifica si soffermerebbe su un singolo episodio, attribuendolo alla condotta personale di Uberto Lupinetti (Presidente del Comitato), non addebitabile al Consiglio o ai singoli Consiglieri, per i quali non vi sarebbero state né contestazione, né accertamento; c) contestando la esistenza (asserita nella memoria di costituzione della Federazione) di “solidarietà della responsabilità” collegiale, che presupporrebbe un concorso ed una colpa collegiale, come responsabilità oggettiva o, meglio, organica, rispetto a condotta di altra persona fisica; laddove, nel nostro ordinamento il commissariamento esigerebbe gravi violazioni ascrivibili all’intero organo gestorio, come extrema ratio per il ripristino della legalità violata; d) assumendo che il coinvolgimento dell’intero Consiglio sarebbe frutto di un salto logico, attraverso l’affermazione che la violazione regolamentare si tradurrebbe in irregolarità di gestione, solo perché si era verificata nel corso di iniziativa di rilevanza federale, organizzata dal Comitato regionale; la mera organizzazione dello stage da parte del Comitato, addotta come irregolarità gestoria, non potrebbe valere a sopperire alla motivazione carente in senso assoluto, in relazione alla persona di Pessoa, “mito dell’equitazione” e “star del tutto ineccepibile” e alla estraneità dell’episodio dal programma del corso approvato dal Consiglio; d) censurando la giustificazione del commissariamento “per compromissione della piena funzionalità” del Consiglio, a seguito della sospensione cautelare del Presidente, sia perché la compromissione della funzionalità non coinciderebbe con l’impossibilità del funzionamento, sola giustificazione del commissariamento, sia perché il Comitato sarebbe ancora in grado di svolgere le proprie funzioni; e) assumendo che, in mancanza (e persistenza) di alcun motivo ragionevole e giuridicamente fondato per il commissariamento, vi sarebbe solo la volontà della Presidente F.I.S.E., espressa nella lettera aperta ai Consiglieri (doc. 11, allegato ai motivi aggiunti), nel senso che, in caso di presa d’atto del grave comportamento e assunzione delle responsabilità e delle conseguenze (dimissioni), non sarebbe stata presa la decisione nell’interesse dello sport: tale espressione sarebbe interpretabile come ammissione “che non avendo il potere statutario di cancellare Lupinetti, ha deciso di eliminare l’intero Consiglio per raggiungere l’obiettivo agognato”, senza preoccuparsi del danno alla reputazione dei 10 consiglieri estranei alla vicenda e all’obiettivo; pertanto, con eccesso, sviamento ed abuso di potere; f) confutando le ragioni difensive addotte dalla F.I.S.E. in ordine alla gravità sia della violazione, perché connotata da reiterazione (pur di fronte a comportamenti da considerare unitariamente, in quanto nello stesso contesto temporale e spaziale), sia dei fatti, con richiamo a lettere di cinque Presidenti di Consiglio Regionale, ai dubbi espressi dal Presidente Commissione Federale d’Appello F.I.S.E. e, inoltre, alla effettiva portata delle Norme del Regolamento veterinario, dovendosi tenere conto della categoria dello stage e della differente applicabilità delle stesse norme solo alla gara e alle sue fasi e atti propedeutici compresi allenamenti pre-gara e non, invece, allo stage non appartenente a queste categorie ed attività; g) prospettando ulteriormente il difetto della gravità/brutalità, in mancanza di cavallo maltrattato o che si sia fatto male o abbia rischiato di farsi male, tanto che la difesa F.I.S.E. avrebbe parlato di mero turbamento psicologico dei cavalli; in relazione alla duplicità delle ipotesi regolamentari e dei differenti trattamenti sanzionatori: semplice sbarramento come irregolarità meramente disciplinare di pericolo, sanzionata con avvertimento o ammenda; medesima attività che si traduca in brutalità (da escludersi l’esistenza in re ipsa nel semplice sbarramento), punita penalmente dalla previsione dell’art. 544 ter cod. pen. e dall’ordinamento sportivo con sanzione diversa (tra cui la squalifica); differenze confortate da dichiarazioni di giudici internazionali di Salto a ostacoli, secondo un asserito orientamento della giurisprudenza sportiva di settore, dovendosi tenere conto che l’atto di brutalità può, in ipotesi, essere collegato a sbarramento e anche ad altre condotte: con ulteriore conferma che il provvedimento adottato e ratificato sarebbe non solo illegittimo e abnorme, ma anche costruito su una maliziosa interpretazione dei fatti e delle norme regolamentari; h) confutando la tesi della F.I.S.E., del difetto dei presupposti di una tutela cautelare, dovendosi considerare il danno grave ed irreparabile esistente per tutti i componenti del Comitato Regionale, in relazione ai termini di indizione delle elezioni (v. Statuto Federale e provvedimento impugnato) e al danno alla reputazione, in quanto determinato da giudizio anticipato di corresponsabilità dei Consiglieri estranei agli addebiti; i) sostenendo, conclusivamente, che sulla base di “deformazione, prima in fatto e poi in diritto, di un evento, di certamente non grave irregolarità tecnica, la F.I.S.E. avrebbe operato una decapitazione, che potrebbe trovare motivo solo in una scelta di carattere “per così dire politico”, assai lontana dal rispetto di principi di lealtà, correttezza, legalità e democrazia interna dello sport. Insieme ai motivi sono stati depositati dai ricorrenti altri documenti. 5.- In sede di udienza dell’11 giugno 2013 è stato richiesto ed accordato un rinvio alla successiva udienza del 25 giugno a causa dei motivi aggiunti proposti nell’immediatezza del’udienza e di asserita non conoscenza, da parte dei ricorrenti, di memoria difensiva della F.I.S.E. 6.- Con memoria di replica 19 giugno 2013 la F.I.S.E. ha sottolineato che i motivi aggiunti non evidenzierebbero alcun ulteriore motivo di impugnazione e nuovo elemento rispetto alle deduzioni contenute nel ricorso introduttivo, osservando nel merito: 1) la stessa F.I.S.E. nel costituirsi non avrebbe integrato il provvedimento di scioglimento, ma avrebbe semplicemente esplicate ed illustrate le ragioni e gli eventi e i comportamenti gestori, anche susseguenti all’evento, che hanno determinato la situazione in esame. Lo scioglimento costituirebbe esercizio di un potere svolto in base alle evidenti responsabilità gestorie imputabili al Comitato; 2) i ricorrenti avrebbero omesso di replicare in ordine alla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 30, lett. n), dello Statuto, assumendo l’esistenza di un singolo episodio, imputabile semmai al Presidente e a lui solo contestato, dimenticando la sua posizione di rappresentanza dell’intero Consiglio e la contestazione all’intero Consiglio, che sempre per il tramite del Presidente avrebbe risposto alla richiesta di ragguagli trasmettendo i risultati dell’istruttoria, palesemente contraddetta dalle immagini registrate; 3) l’intero Consiglio avrebbe cercato di sminuire la gravità dell’episodio, da valutare nella sua complessità, sia nella violenza dell’atto posto in violazione del regolamento, e nel potenziale pericolo emulativo insito nella tecnica dello sbarramento, sia rispetto alla organizzazione dello stage, sia rispetto alla successiva gestione dell’evento, che, sebbene noto al Comitato, non sarebbe stato denunciato o riferito alla Federazione; l’episodio (ma in realtà si tratterebbe di più episodi, come comprovato) sarebbe rimasto sotto silenzio se non fosse stato per le segnalazioni pervenute alla F.I.S.E.; il Comitato sarebbe rimasto inerte omettendo: a) di disporre annullamento degli stage programmati per i mesi successivi, mentre quello di maggio non si sarebbe tenuto solo per dichiarati motivi di salute del Maestro Pessoa; b) di muovere formale contestazione allo stesso Pessoa; c) di diramare un comunicato per stigmatizzare l’accaduto; 4) i ricorrenti insisterebbero nella liceità dello sbarramento, sia in quanto il Regolamento del Salto ad ostacoli non sarebbe applicabile alla fattispecie, sia in quanto l’episodio sarebbe ben annoverabile tra le crudeltà, anzi, tale tecnica, diretta a stimolare l’attenzione del cavallo, sarebbe – secondo la loro tesi - da annoverare come oggetto di insegnamento; ciò sarebbe in palese contrasto con i Regolamenti F.I.S.E. e i principi etici dell’ordinamento sportivo; 5) il Comitato Regionale avrebbe, secondo lo Statuto, il compito di promuovere, organizzare, diffondere, coordinare e disciplinare la pratica dello sport equestre sul proprio territorio regionale; il Presidente del Comitato rappresenterebbe la F.I.S.E. ai fini sportivi nello stesso territorio: ciò giustificherebbe l’attribuzione al Consiglio Federale del potere-dovere di commissariare il Comitato, ogni volta siano commesse gravi irregolarità di gestione o per gravi o ripetute violazioni dell’Ordinamento sportivo, anche perché il Comitato non avrebbe autonomia giuridica, amministrativa e funzionale, ma sarebbe organo territoriale (sede locale) della Federazione, che subisce direttamente gli effetti degli atti gestori e dei comportamenti del Comitato; 6) inconferente sarebbe il richiamo dei ricorrenti agli enti locali, in relazione alla struttura organizzativa e gestoria della Federazione; 7) attesa la gravità dei comportamenti, la tesi della estraneità dei Consiglieri dalla vicenda non sarebbe sostenibile di fronte alle richieste di chiarimenti al Comitato e alla loro condivisione ed approvazione della linea di condotta; inoltre, alcuni Consiglieri erano presenti il 17 aprile 2013, senza avere alcuna reazione rispetto al messaggio negativo veicolato attraverso l’insegnamento di tali pratiche riprovevoli, né rispetto al fastidio del Presidente, manifestato esclusivamente verso le riprese video attraverso la sua richiesta immediata di sospensione; almeno tre Consiglieri presenti avrebbero negato di avere assistito ad atti di sbarramento, nonostante le riprese del filmato, gli stessi avrebbero imputato la responsabilità dell’esecuzione degli anzidetti esercizi solo all’istruttore maestro Pessoa, assumendone la non programmazione e la non prevedibilità, laddove concordata ed organizzata per la presenza, dietro i pilieri, di due soggetti con la sbarra in mano; i Consiglieri anzidetti non avrebbero segnalato l’accaduto alla Federazione, ignorando il proprio ruolo, così concorrendo al discredito del movimento equestre; non avrebbero preso le distanze dalla condotta del Presidente; 8) di conseguenza sarebbe evidente un operato gestorio altamente censurabile, specie considerando l’attività di istruzione, educazione e formazione svolta entro la competenza del Comitato Regionale; 9) il provvedimento assunto sarebbe l’unico adottabile dal Consiglio Federale, attese le competenze in sede disciplinare per singoli episodi riservate agli organi di Giustizia, come il commissariamento sarebbe l’unico strumento di natura amministrativa contemplato dallo Statuto; 10) la riconduzione della vicenda ad un disegno politico per liberarsi di Lupinetti Presidente del Comitato Regionale sarebbe privo di valenza giuridica ed infondata, come la comunicazione (privata) inviata dalla Presidente F.I.S.E. a tutti i consiglieri Federali, che sarebbero stati chiamati a ratificare o meno il commissariamento, limitata ad una esternazione del suo convincimento sulla posizione del Presidente del Comitato Regionale; 11) la assoluta inconferenza di richiami, da parte dei ricorrenti, alle comunicazioni inviate da alcuni Presidenti di Comitati regionali in ordine a pretese irregolarità (già chiarite al Coni) della Presidente Federale nei lavori di gestione della Consulta, svolti tempestivamente e nel rispetto di principi di democrazia. Considerato in diritto 1.- La sussistenza delle condizioni di ammissibilità del ricorso avanti a questa Alta Corte di Giustizia Sportiva è indiscussa, in relazione alla natura e agli effetti del procedimento di scioglimento e commissariamento di organo elettivo periferico di Federazione (Decisione n. 6-2013 su ricorso 6/2013, Riboli – F.G.I.), attesa la sua rilevanza nell’ordinamento sportivo e la mancanza di rimedi endofederali. 2.- Preliminarmente, in ragione delle diverse e ripetute, contrapposte allegazioni ed argomentazioni difensive delle parti, deve essere chiarito quanto segue. 2.1. Si deve registrare l’autonomia e la diversità dei poteri, esercitabili dagli organi disciplinari, legittimati con le relative garanzie specifiche procedimentali, relativi alla responsabilità disciplinare di singoli tesserati F.I.S.E. o soggetti all’ordinamento federale, rispetto ai poteri esercitati in sede amministrativo–gestionale dai differenti organi preposti al vertice della Federazione nell’esercizio di attività di “vigilanza sul buon andamento della gestione federale”, comprese le articolazioni periferiche e, quindi, nel caso in esame, di scioglimento e commissariamento di Comitato Regionale. 2.2. La non coincidenza di poteri e funzioni comporta, ai fini dell’accertamento della responsabilità sotto profili diversi, l’applicabilità di regole e di parametri differenti di valutazione e di coinvolgimento nelle rispettive sfere di responsabilità, l’una in campo disciplinare, secondo articolazioni di fattispecie di condotte personali rilevanti disciplinarmente e relative previsioni di sanzioni, sempre di carattere disciplinare; l’altra in campo amministrativo-gestionale, esercitata su organi periferici federali. Con l’avvertenza che questa attività amministrativa, di vigilanza su gestione, non può essere circoscritta alla sola parte patrimoniale, ma estesa anche alla osservanza di tutte le regole generali o particolari di gestione (“accertate gravi irregolarità”), ovvero alla conformità all’ordinamento sportivo (“gravi o ripetute violazioni”) o infine adottata “per constatata impossibilità di funzionamento” dei diversi organi federali previsti. Questi sono i casi, tassativamente determinati dallo Statuto Federale, per poter provvedere allo scioglimento dei Comitati Regionali e Provinciali e alla nomina, in sostituzione, di un Commissario (art. 30, competenze Consiglio federale, comma 2, lett. n) e z), dello Statuto Federale). Di conseguenza è fuorviante prendere in considerazione le diverse graduazioni di previsioni e di sanzioni dei comportamenti (vietati) di singoli individui soggetti ad una responsabilità (personale) disciplinare, in sede di esame della delibera di scioglimento-commissariamento di organo collegiale per atti o situazioni riferibili su un piano diverso, attinente complessivamente alla gestione collegiale dell’organo periferico. 2.3. Le attività, che hanno dato causa agli atti impugnati, attengono anche a svolgimento soprattutto di azione didattica e di formazione proiettata verso istruttori e quindi giovani cavalieri, effettuata in sede di uno stage di aggiornamento e di addestramento. Di modo che queste attività didattiche possono assumere, soprattutto nei confronti degli istruttori ed anche dei neo cavalieri, una forma di istigazione e stimolo ad adoperare e diffondere, come una utilità, la pratica dello “sbarrare un cavallo” o di altre tecniche non solo anomale, ma anche generalmente non lecite per le modalità utilizzate per attivare la c.d. “attenzione del cavallo”. Infatti, tendono a fare sì che il cavallo tocchi l’ostacolo o abbia maggiore incidenza o probabilità di toccarlo o di toccarlo in modo più doloroso, al fine che la sensazione quanto meno dolorosa (ed in alcuni casi anche con piccole lesioni o irritazioni superficiali) o lo shock siano di stimolo ad innalzarsi per i successivi salti. In tal modo l’esperienza di sensazione dolorosa dell’impatto con l’ostacolo – secondo le intenzioni - produce una reazione del cavallo, affinché, quando dovrà ripetere un salto, eserciti maggiore attenzione, anche rispetto all’altezza percepita (l’ostacolo viene sollevato nel corso del salto, tendenzialmente dopo il superamento con gli anteriori), alzando maggiormente le gambe posteriori ad evitare una ripetizione della medesima sensazione di dolore. Queste modalità comportano rischi sia per la salute complessiva del cavallo e per il suo delicato equilibrio psico-fisico, con possibilità di riflessi sul cavaliere a seguito dell’impatto, sia – in quanto compiute nelle funzioni di uno stage - per la diffusione della conoscenza ed applicazione della tecnica (con prevedibile maggiore ambito di sofferenze per i cavalli) presentata praticamente nelle modalità di esecuzione, notoriamente non innovativa salvo varianti, ma purtroppo con non rare utilizzazioni abusive. Di conseguenza già in passato è stata avvertita l’opportunità normativa in Italia di vietarle espressamente o comprendendole nella più generale previsione del Regolamento Veterinario; in una serie di casi sono stati attribuiti speciali poteri, anche sanzionatori, alle giurie in sede di gara, pre-gara e relativo campo prova, in modo da prevedere una sanzione immediata e immediatamente efficace, fino alla squalifica dalla gara. Tali previsioni, per la stessa formulazione e la loro funzione, non possono essere interpretate in modo irragionevole, nel senso di consentire e liberalizzare le pratiche prive di qualsiasi compassione e di rispetto del benessere e della salute dei cavalli, al di fuori di gare e competizioni in genere. La sofferenza, il dolore e lo shock improvviso procurati intenzionalmente sono, dal punto di vista di un comportamento umano e di lealtà e correttezza nel rapporto di fiducia tra cavallo e cavaliere, identici per l’animale che li subisce, quale sia il luogo e l’occasione e in cui vengano provocati artificiosamente e/o con accorgimenti tali da diminuire improvvisamente – durante il salto - la percettibilità dell’ostacolo da superare da parte del cavallo, come nella specie considerata. Detti comportamenti non rispettano i principi generali dello sport equestre, ricavabili dal complesso delle previsioni a tutela del benessere del cavallo (arg. da: Premesse al Settore veterinario, tutela del benessere del cavallo, in particolare, punto 2 ed allegato I), Codice condotta FEI, del Regolamento Veterinario; art. 24, Reg. Naz. Corse Ostacoli, per la onnicomprensività delle diverse ipotesi di tempo, luogo e momento, con riferimento a concorso, da intendersi come specificazione in manifestazione più comune, ma non escludente l’applicazione della generale tutela del cavallo in casi di violenza e brutalità: v. anche ginnastica e campi di lavoro, art. 14.3 e sanzioni, art. 36 stesso regolamento; artt. 1, 2 e 3, lett. d), Regolamento Giustizia F.I.S.E.). 2.4. La mancanza di fondamentale rispetto e di compassione verso il cavallo risultano tanto più evidenti e con particolare rilevanza nella diffusione, quando vengono dimostrati e praticati come didattica in uno stage nella sua finalità e funzione, come sopra evidenziata, per gli effetti naturali a catena e i profili emulativi. Di qui una rilevanza, sotto il profilo della gravità e crudeltà del comportamento posto in essere nello stage prevalentemente destinata ad istruttori, ai fini di una responsabilità dell’organo a cui siano addebitabili per la specifica programmazione ed esecuzione, in sede di valutazione dell’elemento gravità, rilevante in sede di scioglimento-commissariamento. Non si può dubitare che, di fronte alla gravità di tali pratiche, costituenti violenza deliberata sul cavallo compiute con finalità consapevole sia del male o della sofferenza provocata sia di insegnamento e quindi di diffusione, non è irrilevante che titolari di funzioni specifiche nell’ordinamento sportivo per quella manifestazione non abbiano adempiuto all’obbligo di intervento e segnalazione-denuncia del compimento di tali attività, ma occorre che vi sia una presenza o conoscenza specifica addebitabile, quando riguarda un organo collegiale, ad una collegialità di comportamenti e di responsabilità e non eventualmente a singoli componenti. 3.- L’anzidetto potere di scioglimento - commissariamento, attribuito dallo Statuto Federale al Consiglio Federale, non può ritenersi limitato in caso di esercizio provvisorio (eccezionale e anticipatorio), da parte del Presidente Federale, del potere presidenziale generico di deliberazioni “in casi di estrema urgenza con obbligo di sottoporre le decisioni assunte a ratifica del Consiglio Federale nella sua prima riunione utile” (art. 27, comma 7, Statuto Federale). In realtà questo potere del Consiglio non può ritenersi cristallizzato e circoscritto esattamente dal provvedimento temporaneo e di urgenza presidenziale. La procedura di ratifica consiliare è una necessaria continuazione, con un riesame completo, del procedimento, iniziato con l’atto provvisorio di estrema urgenza (del Presidente); il Consiglio conserva tutti i propri poteri, secondo la sua competenza primaria, compresi quelli di rifiutare la ratifica o di integrare, precisare, modificare ed aggiornare il provvedimento urgente di scioglimento-commissariamento e la relativa motivazione iniziale, anche in relazione alle eventuali sopravvenute evenienze di accertamento o di partecipazione procedimentale, nel rispetto – bene inteso – della originaria impostazione di ambito e di indicazione dell’organo collegiale da commissariare. 4- Lo scioglimento-commissariamento di un organo collegiale ed il suo commissariamento, sopratutto quando sia organo elettivo, devono costituire una extrema ratio di intervento nei confronti del collegio, per cui le irregolarità o le violazioni riscontrate, relative alla serie di ipotesi alternative tassativamente individuate dall’art. 30, comma 2, lett. n, dello Statuto, come sopra richiamate, devono – per giustificare lo scioglimento - comportare un motivato accertamento di coinvolgimento, nell’insieme, dei componenti o di una buona parte di essi, in modo che risulti, rispetto alle previsioni disgiunte, una inerzia o impossibilità di funzionamento dell’organo o altra causa (gravi o ripetute violazioni o gravi irregolarità di gestione) da riferirsi al’intero collegio ed anche eventualmente alla minoranza, in caso di non manifestato dissenso nelle deliberazioni. Questo coinvolgimento dell’intero Comitato Regionale non può desumersi da una semplice inattività o inerzia-silenzio rispetto a comportamenti propri del Presidente del Comitato o di singoli componenti, al di fuori delle attività propriamente collegiali, dovendosi tenere conto che rispetto alle attività decisionali o deliberative vi può essere un diritto-dovere di far verbalizzare la contrarietà per escludere responsabilità in approvazioni o condotte abusive. Nella specie in esame, mentre si possono eventualmente ipotizzare coinvolgimenti attivi del Presidente del Comitato, anche se presente in rappresentanza del Comitato stesso, nella concreta attuazione e gestione organizzativa dello stage, nessun elemento risulta specificamente offerto di una partecipazione o concorso del Comitato collegialmente considerato, ma al più eventualmente ed isolatamente di singoli componenti, al di fuori di attività collegiale o determinazioni del Comitato stesso. D’altro canto non può farsi discendere un coinvolgimento del Comitato Regionale per il solo fatto di avere promosso ed organizzato lo stage, in cui si sono verificati i comportamenti presi in considerazione nelle delibere impugnate, non potendo, nella specie esaminata, esservi una responsabilità o colpa in eligendo, in relazione alla non discussa alta fama ed esperienza del protagonista-istruttore dello stage. Del resto, rispetto alle attività in contestazione, non è emerso alcun elemento di previsione nel programma dello stage, né tantomeno di prevedibilità al momento degli atti di promozione o di organizzazione successiva, unici, nella fattispecie ed in base agli elementi accertati, ad essere addebitabili collegialmente al Comitato stesso. 5.- La posizione del Presidente del Comitato coinvolge con la decadenza il Comitato solo con le sue dimissioni o per impedimento definitivo o per qualsiasi motivo di cessazione dalla carica (art. 41, comma 3, Statuto F.I.S.E., con richiamo alle norme statutarie per il Presidente Federale, art. 31). In ambedue i casi non è previsto il commissariamento, ma solo la decadenza e l’ordinaria amministrazione affidata al vicepresidente insieme alla celebrazione dell’assemblea straordinaria. Nessuna delle predette ipotesi è invocabile nella fattispecie per far venir meno il Comitato. 6.- Sulla base delle predette considerazioni risulta l’infondatezza dei seguenti motivi di impugnazione e corrispondente sviluppo nei c.d. motivi aggiunti: 1.1 eccesso di potere con appropriazione di poteri giurisdizionali ed esercizio di funzioni disciplinari; 1.2 eccesso di potere ideologico in riferimento all’art. 24, Reg. naz. Corse Ostacoli; 2.2 difetto di logicità giuridica per essere stato privato con urgenza di una carica con effetti dannosi alla sua persona nonostante la lunga condotta meritevole. È infondato, altresì, il profilo di sviamento di potere contenuto nel motivo 3.2. Risulta, invece, la fondatezza parziale del motivo 3.2, sotto il differente profilo dell’eccesso di potere per il coinvolgimento abnorme e sproporzionato dei dieci Consiglieri rimasti estranei e senza elementi a loro carico, di partecipazione o concorso; detto profilo è decisivo per accogliere il ricorso e annullare il provvedimento di scioglimento-commissariamento impugnato, restando assorbiti tutti gli altri profili logicamente sotto ordinati. 6.- Quanto sopra – è opportuno chiarire ulteriormente - non intende minimamente escludere la possibilità di separati procedimenti disciplinari, con le relative garanzie, competenza e regole di responsabilità individuale di fronte a eventuali comportamenti, che dagli organi federali competenti siano ritenuti rilevanti disciplinarmente. Anzi non esclude che possano - in sede disciplinare - essere presi in considerazione, nella valutazione complessiva dei fatti, anche taluni aspetti inquietanti per la lealtà e correttezza in ambito sportivo. Infine, si ritiene doveroso trasmettere agli organi federali alcune dichiarazioni di appartenenti all’ordinamento sportivo italiano, esibite in questa sede, per le eventuali valutazioni di competenza in sede disciplinare. 7.- In relazione alla soccombenza parziale di entrambe le parti e al loro comportamento, nonché alla situazione complessiva della vicenda in esame, sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. L’Alta Corte di Giustizia Sportiva ACCOGLIE il ricorso e annulla il provvedimento impugnato. SPESE compensate. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 25 giugno 2013. Il Presidente e Relatore F.to Riccardo Chieppa Depositato in Roma l’11 luglio 2013. Il Segretario F.to Alvio La Face
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