F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 030/CGF del 16 Agosto 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 100/CGF del 19 Novembre 2013 e su www.figc.it 4. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DALLE INCOLPAZIONI ASCRITTE DICHIARATO NEI CONFRONTI DEL CALCIATORE MASSIMILIANO BENASSI IN RELAZIONE ALLA GARA LECCE/LAZIO DEL 22.5.2011 NONCHÉ AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE INFLITTA NEI CONFRONTI DELLA SOCIETA’ U.S. LECCE S.P.A. SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA 208/4 PF 13-14/SP/BLP DEL 9.7.2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 10/CDN del 2.8.2013)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 030/CGF del 16 Agosto 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 100/CGF del 19 Novembre 2013 e su www.figc.it 4. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DALLE INCOLPAZIONI ASCRITTE DICHIARATO NEI CONFRONTI DEL CALCIATORE MASSIMILIANO BENASSI IN RELAZIONE ALLA GARA LECCE/LAZIO DEL 22.5.2011 NONCHÉ AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE INFLITTA NEI CONFRONTI DELLA SOCIETA’ U.S. LECCE S.P.A. SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO - NOTA 208/4 PF 13-14/SP/BLP DEL 9.7.2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 10/CDN del 2.8.2013) Con la decisione pubblicata con il C.U. n.10/CDN, 2013/2014, del 2.8.2013, la Commissione Disciplinare Nazionale proscioglieva il calciatore BENASSI Massimiliano –tesserato all’epoca dei fatti per la Società U.S. LECCE Spa- dalla violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 del C.G.S., al medesimo contestata, di aver posto in essere, in concorso con altri, atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Lecce-Lazio del 22.5.2011; nel contempo la C.D.N. proscioglieva, altresì, la stessa U.S. LECCE Spa dalla responsabilità oggettiva per la condotta osservata dal calciatore ed appena descritta. Secondo l’Organo giudicante, pur dovendosi considerare consumato l’illecito in questione, non si era attinta la prova della responsabilità del tesserato incolpato (che ricopriva il ruolo di portiere nella squadra del Lecce), in quanto, in relazione alla posizione di questi, la fonte principale dell’accusa, costituita dalle dichiarazioni de relato del calciatore Gervasoni Carlo, non aveva ottenuto i necessari riscontri esterni cd. individualizzanti. Ed invero -si osserva nella decisione nessuno dei soggetti coinvolti, a parte il citato Gervasoni (peraltro smentito dall’esponente del gruppo dei cd. zingari da cui avrebbe appreso i fatti ed autore di erronee indicazioni circa il nome del BENASSI, inizialmente denominato Benussi, e l’identità del portiere espulso nella gara in oggetto, indicato nell’altro portiere Rosati anziché in BENASSI), ha chiamato in causa l’incolpato. Né, d’altra parte -si argomenta- potevano trarsi elementi indizianti confermativi dell’accusa dalla presa in considerazione dell’intervento effettuato in uscita dal BENASSI su di un attaccante avversario (causa di un calcio di rigore contro il Lecce e dell’espulsione del portiere), attesa, tra l’altro, la non univocità delle valutazioni tecniche possibili sul fatto. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il Procuratore Federale della F.I.G.C., il quale denuncia l’omessa o erronea valutazione del materiale probatorio, e la conseguente erronea qualificazione della condotta del calciatore prosciolto, da parte del primo Giudice. A giudizio del ricorrente, le dichiarazioni del Gervasoni avrebbero ricevuto “plurimi ed univoci” riscontri circa la combine della gara, i quali consentirebbero di ritenere accertato anche il coinvolgimento in essa del BENASSI. Si sottolinea come l’esame delle immagini della gara evidenzi che quest’ultimo, “oltre ad aver subito due goals da posizione proibitiva, è per ben due volte intervenuto sugli attaccanti della Lazio con il palese intento di determinare l’assegnazione di un calcio di rigore con conseguente espulsione, così come poi effettivamente avvenuto”: in tal modo osservando una condotta integrante “elemento di particolare valenza individualizzante a carico del prevenuto”. Va dato atto che sono state ritualmente depositate memorie difensive nell’interesse sia del BENASSI che della U.S. LECCE Spa, in cui viene contraddetta la ricostruzione dei fatti siccome operata dall’Ufficio ricorrente. Vi si afferma, per sintesi, che: a) è deficitaria la chiamata in correità del Gervasoni, se è vero che le fonti di questi (dapprima indicate nel solo Gecic, cui vien poi inopinatamente aggiunto l’Ilievshky) non ne confermano la versione, e che lo stesso referente manifesta confusione ed incertezza sull’identificazione e sull’impiego dei due portieri -BENASSI e Rosati- durante la gara; b) la visione della partita, in uno al giudizio espresso dai commentatori televisivi della stessa, evidenzia in realtà, in modo netto, l’assoluta mancanza di responsabilità del BENASSI sia nelle segnature che nell’episodio del calcio di rigore, sicchè la condotta dell’atleta non può servire di riscontro alle propalazioni del Gervasoni; c) che dalle puntigliose indagini effettuate non è emerso alcun traffico telefonico “sospetto” che abbia interessato il BENASSI; d) che, di conseguenza, nessuna responsabilità potrebbe delinearsi in capo alla società del LECCE in relazione alla condotta del calciatore. Ritiene questa Corte di Giustizia che le doglianze articolate nel ricorso dell’Ufficio della Procura Federale non possano trovare accoglimento, avendo la decisione di primo grado reso buongoverno delle risultanze procedimentali acquisite, che risultano apprezzate con logicità e completezza di vaglio ed in stretta aderenza ai corretti criteri di valutazione della prova dichiarativa siccome reiteratamente stabiliti –specificamente- dalle Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale. Alla stregua di tali criteri, i quali del resto esprimono principi di diritto ormai consolidati nella stessa giurisprudenza ordinaria di legittimità, una chiamata in correità -ancorchè de relato, ed ancorchè non confermata dalla fonte di riferimento- può essere posta a base di una pronuncia di condanna del soggetto incolpato, ma solo a condizione che -provenendo da referente scrutinato come credibile sul piano soggettivo- essa incontri elementi estrinseci di riscontro, che certo non devono essere predeterminati nella specie e nella qualità, ma che devono necessariamente pertenere sia al fatto narrato, sia al soggetto che vi viene coinvolto, essendo in tal modo dotati di valenza cd. individualizzante. Applicando alla fattispecie in esame tali autorevoli enunciati (frutto, come è noto, di una opera giurisprudenziale di accorta selezione critica degli standards di apprezzamento dei dicta di dichiaranti coinvolti nel fatto illecito, via via elaborati in sede giudiziale), sembra alla Corte decidente che il corredo probatorio formatosi -all’esito delle indagini svolte- sulla posizione del BENASSI non sia idoneo a fondarne una affermazione di responsabilità a titolo di concorso nell’illecito che viene ascritto con riferimento alla gara Lecce-Lazio del 22.5.2011. E questo pur dovendosi chiarire che quanto alla attendibilità soggettiva del dichiarante Gervasoni, la natura ad un tempo accusatoria ed autoaccusatoria del constituto proposto, e la mancata emersione -in capo al Gervasoni- di una qualsiasi “causale” a mentire sul conto del BENASSI, non forniscono motivo per discostarsi dal giudizio di attendibilità già espresso nella decisione di primo grado. Nè una tale valutazione può essere contraddetta alla luce delle richiamate inesattezze ricostruttive in cui il Gervasoni incorre e che le difese sottolineano, le quali segnalano, piuttosto, la “spontaneità” e la non artefazione del riferimento operato. Il fatto rilevante è, però, che le dichiarazioni della fonte in questione rimangano l’unico elemento univocamente gravatorio che sia stato acquisito in atti a carico del BENASSI, non avendo lo stesso (elemento) incontrato alcun valido e reale fattore di riscontro esterno all’esito delle indagini eseguite. Ed in effetti, anche a voler prescindere dal dato -evidenziato dalla difesa dell’incolpato ed indubbiamente sintomatico- della mancanza del reperimento da parte degli inquirenti di qualsiasi contatto, anche solo telefonico, dell’incolpato stesso con taluno dei soggetti -coinvolti nell’illecito che viene contestato- nel periodo “critico” oggetto delle pur accurate indagini, non pare che la risultanza (allegata dal ricorrente Procuratore Federale) del comportamento asseritamente “corrivo” osservato dal BENASSI in occasione di alcuni episodi della gara che interessa, possa integrare quell’elemento di riscontro “individualizzante” che, come ricordato, la giurisprudenza considera quale adeguato fattore di conforto della chiamata in correità, tale da contribuire a configurare una base probatoria tranquillante ed idonea a sostenere una pronuncia affermativa di responsabilità. E ciò in quanto, come ragionevolmente argomentato dalla Commissione di primo grado sulla base dell’esame delle cronache e dei commenti alla gara in questione nonché della visione della stessa, la valutazione del gesto tecnico (o dei gesti tecnici) del calciatore (oggetto dei rilievi dell’impugnante) non riesce ad indurre giudizi finali, nei termini della necessaria e rassicurante certezza che serve al processo, circa la intenzionalità strumentale, e la non -viceversa- occasionalità (se si vuole “colposa”), di taluni suoi comportamenti: sicchè la controvertibilità non risolubile di un siffatto apprezzamento impedisce di utilizzare l’elemento dell’atteggiamento dell’incolpato come dato certo ed affidabile, provvisto della capacità di alimentare e sorreggere -in modo definitivol’ipotesi accusatoria coltivata dal ricorrente Ufficio federale. Anche a non considerare i puntuali riferimenti posti sul punto dalla difesa del BENASSI a dimostrazione della eccellente qualità complessiva della prestazione dell’incolpato nella gara de qua, e della sua non responsabilità in occasione dei due goals subiti dalla squadra del Lecce, già la decisione impugnata pone in luce la circostanza significativa del numero elevato di azioni di attacco pericolose poste in essere dalla squadra avversaria (di oggettiva cifra tecnica superiore) e che il portiere ebbe a dover fronteggiare (e che fronteggiò efficacemente): delineandosi così un contesto in cui, in realtà, non si delineano gesti atletici e tecnici tanto inadeguati e grossolanamente carenti da poter costituire l’indizio grave ed univoco di una condotta volontariamente e strumentalmente deficitaria - e, quindi, fraudolenta- del calciatore. Il ricorso del Procuratore Federale deve essere pertanto rigettato, sia quanto alla posizione del BENASSI, sia, di conseguenza, quanto alla posizione della U.S. LECCE Spa. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.
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