F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 066/CGF del 11 Ottobre 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 169/CGF del 13 Gennaio 2014 e su www.figc.it 4. RICORSO PER REVOCAZIONE EX ART. 39 C.G.S. DEL CALCIATORE DONDA PORTAS MARIANO MARTIN AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 6 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.F. IN RIFERIMENTO ALLA GARA BARI/TREVISO DELL’11.05.2008 – NOTA N. 7951/65 PF 12 13/SP/SEG. DEL 4.6.2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 5/CDN del 16.7.2013)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 066/CGF del 11 Ottobre 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 169/CGF del 13 Gennaio 2014 e su www.figc.it
4. RICORSO PER REVOCAZIONE EX ART. 39 C.G.S. DEL CALCIATORE DONDA PORTAS MARIANO MARTIN AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 6 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.F. IN RIFERIMENTO ALLA GARA BARI/TREVISO DELL’11.05.2008 - NOTA N. 7951/65 PF 12 13/SP/SEG. DEL 4.6.2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 5/CDN del 16.7.2013)
Espone l’odierno reclamante di aver ricevuto in data 31 agosto 2013 missiva FIFA in data 22 agosto 2013 con cui era informato della squalifica di mesi 6 inflittagli dalla Commissione Disciplinare Nazionale (di seguito, C.D.N.), di cui al Com. Uff. n. 5/CDN del 16 luglio 2013, per violazione dell’art 7 C.G.S. per aver contravvenuto al dovere di informare senza indugio la Procura Federale, omettendo di denunciare i fatti integranti illecito sportivo con riferimento alla gara Bari – Treviso dell’11 maggio 2008. Analoga comunicazione è pervenuta alla società con cui il reclamante è attualmente tesserato, la Al Wasl Football Company di Dubai, Emirati Arabi. In sostanza, lamenta il reclamante che la sanzione è stata inflitta senza che lo stesso fosse debitamente notiziato del procedimento disciplinare alla stessa conducente. In particolare, l’atto con cui la Procura Federale della F.I.G.C. ha dato inizio al procedimento è stato notificato ai sensi dell’art. 38, comma 8 del C.G.S. presso l’A.S. Bari S.p.A., quale società presso la quale il Donda risultava tesserato all’epoca dei fatti. Detta società, invero, aveva comunicato in data 25 febbraio 2013 alla Procura Federale la circostanza per cui il Donda non era più con essa tesserato, rappresentando inoltre la impossibilità di comunicare con lo stesso, non conoscendo riferimento o recapito ove reperire il Donda. Pure i successivi atti della procedura de quo sono stati notificati con le stesse segnalate modalità, fatta eccezione per la comunicazione della sanzione della squalifica che la F.I.G.C. ha eseguito per il tramite della F.I.F.A. che ha appunto individuato la società estera in cui il calciatore risultava tesserato. Con il presente atto, il sig. Donda chiede dunque la revocazione della sentenza emessa dalla C.D.N., divenuta definitiva non essendo stata impugnata innanzi a questa Corte di Giustizia Federale. A sostegno della richiesta, il reclamante sottolinea il dato incontestato ed incontestabile per cui il procedimento che ha portato alla sua squalifica è avvenuto senza che l’interessato ne fosse a conoscenza e potesse conseguentemente esercitare il proprio legittimo diritto di difesa. Ad avviso del reclamante, infatti, la Procura Federale avrebbe dovuto procedere alla notifica ai sensi dell’art. 38, comma 8, lett. a) C.G.S. e cioè presso la sede della società di appartenenza al momento della instaurazione del procedimento, laddove la Procura ha fatto applicazione dell’ipotesi di cui alla lett. b) del medesimo citato art. 38, comma 8, operando cioè la notifica presso la società di appartenenza al momento della commissione del fatto. E ciò nonostante l’AS Bari S.p.A. avesse in data 25 febbraio 2013 segnalato alla Procura Federale di non avere nella sostanza la possibilità di notificare gli atti di che trattasi, tra gli altri, al Donda, che già da diversi anni non svolgeva alcuna attività presso il Bari calcio. Alla riunione odierna sono comparsi il difensore del reclamante, il quale ha ulteriormente illustrato le proprie argomentazioni difensive, richiamandosi alle conclusioni già rassegnate, ed i rappresentanti della Procura Federale, che hanno evidenziato l’inammissibilità della proposta istanza di revocazione ex art. 39 C.G.S., non trattandosi di una delle fattispecie contemplate dalla norma e comunque perché la revocazione avrebbe dovuto essere fatta valere innanzi al primo giudice la cui pronuncia è oggetto della relativa richiesta. Motivi della decisione La Corte, letto l’atto introduttivo del presente giudizio, sentiti il difensore del reclamante ed i rappresentanti della Procura Federale ed esaminati gli atti ufficiali, ritiene di poter accogliere il gravame in esame, nei sensi di seguito meglio precisati. Lo strumento formalmente esperito nella specie dal reclamante è quello del ricorso per revocazione, di cui all’art. 39 C.G.S. Detta ultima disposizione stabilisce che: 1. Tutte le decisioni adottate dagli Organi della giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione innanzi alla Corte di giustizia federale, entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti: a) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno all'altra; b) se si è giudicato in base a prove riconosciute false dopo la decisione; c) se, a causa di forza maggiore o per fatto altrui, la parte non ha potuto presentare nel precedente procedimento documenti influenti ai fini del decidere; d) se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia; e) se nel precedente procedimento è stato commesso dall’organo giudicante un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa. 2. La Corte di giustizia federale può disporre la revisione nei confronti di decisioni irrevocabili se, dopo la decisione di condanna, sopravvengono o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il sanzionato doveva essere prosciolto oppure in caso di inconciliabilità dei fatti posti a fondamento della decisione con quelli di altra decisione irrevocabile, od in caso di acclarata falsità in atti o in giudizio”. Orbene, non vi è dubbio che nel caso di specie potrebbe agevolmente rilevarsi come non solo la parte (il calciatore) “a causa di forza maggiore” “non ha potuto presentare nel precedente procedimento documenti influenti ai fini del decidere” ma anzi non ha proprio potuto essere presente nel procedimento, appunto “a causa di forza maggiore”, identificabile quest’ultima nel dato oggettivo della non conoscenza dell’avvio del procedimento per avvenuta comunicazione dello stesso con modalità che in concreto non hanno consentito di conseguire la necessaria conoscenza dell’atto da parte del diretto interessato. Né vi è dubbio che chiamato a delibare sarebbe esclusivamente l’Organo adito, ovvero questa Corte. Tuttavia la Corte ritiene più corretto e tecnicamente preferibile piuttosto che esaminare il ricorso di cui è questione quale formalmente proposto, cioè come ricorso per revocazione, riqualificarlo come atto di appello avverso la decisione della C.D.N., appello consentito, seppur tardivo, dovendosi nella specie riconoscere la rimessione in termini per errore scusabile per avere il reclamante conosciuto la citata decisione della C.D.N. solo in occasione della comunicazione operata dalla F.I.F.A.. Non vi è dubbio, infatti, che la decisione della C.D.N. era divenuta definitiva per omessa impugnativa innanzi a questa Corte per la mancata conoscenza della stessa, di certo non imputabile al reclamante. Così riqualificato l’atto introduttivo del presente giudizio, appare del pari corretto e tecnicamente preferibile esaminare lo stesso, nella presente sede, limitatamente al profilo procedurale della lamentata mancata partecipazione del tesserato al procedimento. Ove, infatti, come la Corte invero ritiene, l’appello si riveli sul punto fondato, la questione va rimessa al primo giudice per l’esame nel merito, merito che è necessario sia riaffrontato dalla C.D.N. vedendo questa volta la “partecipazione” del calciatore alla relativa fase di giudizio. Va, infatti, ricordato che con la decisione della C.D.N. di cui è questione, di cui al comunicato ufficiale n. 5/CDN pubblicato il 16 luglio 2013, il primo giudice, con riferimento, tra gli altri, all’odierno reclamante, ha ritenuto accertata “la conoscenza dell’illecito e, pertanto, la relativa obbligatorietà della denuncia, di talché, non avendovi provveduto, non possono che essere dichiarati colpevoli della violazione di cui all’art. 7 comma 7 C.G.S.”. Di qui la irrogazione al sig. Donda, a mezzo della citata decisione, della sanzione della squalifica per mesi sei. Ma il tutto senza la partecipazione alla procedura del calciatore poiché non reso edotto del suo avvio e quindi del suo sviluppo. Infatti, è un dato oggettivo e non controverso che il sig. Donda non ha mai avuto contezza dell’avvio e del successivo procedere del procedimento quindi conducente alla detta sanzione, invero venendo direttamente a conoscenza della sanzione, oramai già irrogata, solo grazie ad una comunicazione della F.I.F.A. al diretto interessato ed alla società estera di sua attuale appartenenza. Vero è che, ai sensi del comma 8 dell’art. 38 C.G.S., “Gli atti per i quali è prevista dal presente Codice la comunicazione agli interessati devono essere comunicati con le seguenti modalità, da considerarsi alternative fra loro: - per le persone fisiche a) nel domicilio eletto ai fini del procedimento stesso, ove formalmente comunicato agli Organi della giustizia sportiva; b) presso la sede della Società di appartenenza al momento della instaurazione del procedimento; c) presso la sede della Società di appartenenza al momento della commissione del fatto; d) presso la residenza o il domicilio;” e che le diverse ipotizzate modalità di comunicazione degli atti sono dalla norma ora richiamata configurate come alternative tra di loro. Nella specie, la Procura Federale ha operato la comunicazione presso il Bari calcio, società di appartenenza del calciatore al momento della commissione del fatto (ipotesi di cui alla lett. b). Non vi è dubbio, tuttavia, che la segnalata modalità non ha consentito al calciatore di avere contezza dell’avvio del procedimento, non essendo da tempo più tesserato del Bari e non riuscendo la detta società calcistica a comunicare in altro modo al suo ex tesserato quanto rappresentato dalla Procura Federale. Dunque, se anche l’incipit della procedura disciplinare con la comunicazione dell’atto di avvio del procedimento alla società di appartenenza del calciatore all’epoca della commissione del fatto non è, in sé riguardato, violativo delle disposizioni del C.G.S., la procedura che ha poi condotto alla irrogazione della sanzione è (impregiudicato ovviamente il merito della stessa) viziata per la mancata partecipazione del calciatore, e quindi mancato esercizio dei diritti di difesa, per fatto allo stesso non imputabile. Una lettura sistemica delle disposizioni di carattere procedurale recate dal C.G.S. deve necessariamente essere orientata all’ineludibile rispetto del principio cardine di ogni procedimento giurisdizionale, paragiurisdizionale, giustiziale che è quello della effettività del diritto di difesa, che ha peraltro copertura costituzionale all’art. 24 della nostra Carta fondamentale. Nei fatti, nella procedura de quo è risultato violato il principio del contraddittorio, risultando appunto compromessa la richiamata effettività del diritto di difesa. Il tutto peraltro si colora particolarmente avuto riguardo alla nota con cui la società calcistica del Bari comunicava alla Procura Federale, in epoca comunque largamente precedente l’adozione della contestata decisione del giudice di prime cure, di non avere riferimenti recenti per poter notificare al sig. Donda, peraltro nemmeno cittadino comunitario, gli atti di cui è questione. Si vuole cioè intendere che, pur nella già rilevata ritualità della prima comunicazione operata dalla Procura Federale, l’aver poi condotto l’intera procedura in difetto del necessario coinvolgimento dell’interessato, pur essendo stati edotti dalla società onerata dell’impossibilità di notiziarne l’interessato, altro essendo poi la decisione dell’interessato di difendersi o meno, vizia il procedimento e per esso conseguentemente la decisione della C.D.N. appunto assunta in esito a procedura con riguardo alla quale l’odierno reclamante è stato oggettivamente impossibilitato a partecipare. Di qui, per le viste ragioni, l’annullamento della decisione della C.D.N. di cui trattasi, con rimessione alla stessa - ai sensi dell’art. 37, comma 4, C.G.S., data la violazione delle norme sul contraddittorio - della complessiva vicenda relativa al calciatore Donda per il suo esame nel merito. Per questi motivi la C.G.F., riqualificato il ricorso come sopra proposto dal calciatore DondaPortas Mariano Martin come appello, valutati i profili di rito, lo accoglie e ai sensi dell’art. 37, comma 4, C.G.S. annulla la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Disciplinare Nazionale, garantito il contraddittorio, per l’esame del merito. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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