F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 177/CGF del 17 Gennaio 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 211/CGF del 19 Febbraio 2014 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL CALC. DI GIROLAMO ROSARIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 30, COMMI 2, 3, 4 STATUTO FEDERALE ED 1, COMMA 1 C.G.S. – NOTA N. 1442/1172 PF12-13 GT/DL DEL 3.10.2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 38/CDN del 3.12.2013)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 177/CGF del 17 Gennaio 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 211/CGF del 19 Febbraio 2014 e su www.figc.it
1. RICORSO DEL CALC. DI GIROLAMO ROSARIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 30, COMMI 2, 3, 4 STATUTO FEDERALE ED 1, COMMA 1 C.G.S. - NOTA N. 1442/1172 PF12-13 GT/DL DEL 3.10.2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 38/CDN del 3.12.2013)
Il calciatore Rosario Di Girolamo, già tesserato nella Stagione Sportiva 2011/2012 in favore della società F.C. Treviso, ha opposto reclamo avverso la sanzione della squalifica di 6 mesi irrogatagli dalla Commissione Disciplinare Nazionale che, a seguito di deferimento della Procura Federale del 3 ottobre 2013 (n. 1442/1172pf12-13/GT/dl), lo ha ritenuto responsabile della violazione dell’art. 30, commi 2,3 e 4 dello Statuto Federale e dell’art. 1, comma 1 C.G.S. per aver adìto l’Autorità Giudiziaria ordinaria, in relazione a controversia contrattuale con la società suddetta, senza aver preventivamente richiesto l’autorizzazione del Consiglio Federale. Risulta dagli atti che il Presidente della Lega Pro aveva trasmesso al Requirente copia di un atto di pignoramento presso terzi, notificatogli nell’interesse del reclamante e contro la ricordata società trevigiana, riguardante il mancato pagamento di una considerevole somma di denaro dovuta quale corrispettivo per la cessione, al medesimo soggetto giuridico, dei diritti d’immagine del calciatore. La Procura Federale, reputando che l’azione giudiziaria dovesse preliminarmente scontare l’autorizzazione della Federazione, con violazione della clausola compromissoria, lo aveva deferito alla Commissione Disciplinare nazionale, chiedendone la squalifica per 6 mesi. Squalifica che l’Organo di Giustizia ha irrogato al termine del procedimento instaurato, osservando come il contratto de quo sia utilizzato, di norma e accanto al contratto relativo alle prestazioni sportive, come strumento per ridurre fittiziamente il compenso pattuito, sottraendolo alla corretta imposizione fiscale. Nel caso di specie, rilevato come non risultasse provata un’effettiva utilizzazione dell’immagine del calciatore Di Girolamo da parte del sodalizio veneto e inquadrando l’accordo nell’ipotesi regolata dagli artt. 93 e 94 N.O.I.F., ha conseguentemente reputato violata la clausola compromissoria del vincolo di giustizia e sanzionato l’atleta nel modo indicato. Il sig. Di Girolamo, nel gravame, ha invece contestato l’impianto logico-giuridico della motivazione del giudice di prime cure, affermando, in primo luogo, che il contratto in oggetto sarebbe un negozio atipico - che la dottrina vorrebbe riportare sotto istituti analoghi per caratteristiche ed oggetto -, sicuramente non disciplinato dalla normativa federale con la conseguenza che la sua cognizione sarebbe devoluta, in via esclusiva, all’A.G.O.. Precisando che il contratto d’immagine trova ingresso, nel comparto federale, solo per i calciatori professionisti appartenenti alla L.N.P. serie A, la difesa del ricorrente ha censurato poi la motivazione della decisione della C.D.N. che avrebbe tentato, a suo dire, di accreditare la tesi di un negozio stipulato contra legem (e perciò rientrante nella disciplina ex artt. 93 e 94 N.O.I.F.) opponendo che, anche volendo aderire a questa costruzione (definita fantasiosa), non vi sarebbe spazio per la contestazione del Requirente in quanto la stessa norma richiede una mera comunicazione dell’inizianda azione giudiziaria, rappresentata, nella fattispecie, dalla notifica dell’atto di pignoramento presso terzi. Ha concluso insistendo per l’ingiustizia della impugnata decisione, della quale ha chiesto l’integrale riforma. Istruito il ricorso, la discussione è stata fissata per la seduta odierna, alla quale ha partecipato l’avv. Malagnini, in rappresentanza del sig. Di Girolamo e l’avv. Avagliano in rappresentanza della procura Federale, i quali hanno sostanzialmente confermato quanto dedotto nei rispettivi atti. La Corte esaminato il ricorso proposto, ritiene che lo stesso possa essere accolto in ragione dei motivi che seguono. Il calciatore Di Girolamo è stato sanzionato per aver avviato, in sede ordinaria, azione cognitivo-esecutoria al fine di veder soddisfatta la propria pretesa creditizia nei confronti della società esecutata, fondata sul contratto sottoscritto dalle due parti. Contratto non avente quale oggetto la prestazione sportiva ma per lo “sfruttamento” di un bene giuridico diverso, quale quello dell’ “immagine” del calciatore. La Commissione Disciplinare nazionale ha comminato la sanzione oggi in esame nel convincimento che il contratto stipulato fosse negozio sottoscritto in violazione dell’art. 30 commi 2,3 e 4 dello Statuto federale e dell’art. 1, comma 1 C.G.S.. In buona sostanza il Giudice di prime cure ha reputato che il reclamante, prima di avviare l’azione giudiziaria avrebbe dovuto acquisire, preventivamente, l’autorizzazione del Consiglio Federale trattandosi di fattispecie che richiedeva una deroga al c.d. vincolo di giustizia. Questa Corte non può aderire all’inquadramento giuridico che è stato dato, alla fattispecie, dalla C.D.N.. Al di là della percepita contraddizione che appare emergere nella parte motiva della decisione, secondo la quale il contratto intervenuto tra il Di Girolamo e la società F.C. Treviso confliggerebbe con le norme di cui agli artt. 93 e 94 N.O.I.F. (quale atto formato in violazione di precise regole di lealtà, trasparenza e correttezza di gestione) ma senza che poi si sia giunti alla consequenziale sanzione ed applicando, invece, la diversa disposizione di cui all’art. 30 dello Statuto, vi è da dire che questa Corte è dell’avviso che quel negozio giuridico sia, effettivamente, un contratto del tutto atipico, almeno nell’ordinamento federale. Non si tratta di un contratto avente ad oggetto una prestazione sportiva – e questo è ovvio – ma non è neanche un contratto che può avere una causa illecita – quale quella adombrata dalla C.D.N. – perché questa supposta frode non risulta essere stata adeguatamente provata, rimanendo confinata nell’alveo delle mere congetture. Si tratta, a ben vedere, di un contratto nominato, definibile – come ha fatto la dottrina – quale contratto di sponsorizzazione, socialmente tipico e legalmente atipico: tipico perché si tratta di un contratto nominato per effetto della sua previsione sia da parte di norme di legge statuali (ad es. legge n. 223/80) che di norme di fonte regionale ma anche sportiva (art. 72, comma 4 N.O.I.F. e art. 25 Regol. L.N.P.); socialmente tipico perché esso è il risultato di una prassi contrattuale consolidata che, proprio in virtù di questa sua diffusione, ha acquistato una fisionomia ben precisa. Infine è legalmente atipico perché riconducibile tra quei contratti per i quali non è prevista una specifica disciplina e quindi sconta la sua allocazione nel più ampio genus di cui all’art. 1322 c.c.. Si tratta, quindi, di un contratto per il quale un soggetto permette ad altro soggetto (normalmente lo sponsor) di diffondere il proprio marchio sfruttando l’attività, il nome o l’immagine dell’altro contraente in cambio di una contropartita in denaro o in beni e servizi. Contratto che è passato indenne al vaglio della meritevolezza giuridica e del rispetto dei limiti posti dal legislatore. Il punto nodale è, allora, un altro. Come sottolineato dalla difesa la materia, nel contesto della F.I.G.C., è stata regolamentata avendo riguardo alle società calcistiche e ai soli giocatori della L.N.P. Serie A, mentre nulla è stato previsto per gli altri soggetti giuridici che svolgono la loro attività in ambito federale. In via generale deve dirsi che rapporti di tal fatta, ovvero i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 220/2003, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 280/2003, cosicché sembra logico dedurne che la specifica fattispecie non può essere attratta, dal lato sostanziale, tra i patti che possono dar luogo a vertenze di carattere economico, tecnico e disciplinare di cui all’art. 30, comma 2 dello Statuto F.I.G.C. e, dal lato processuale, la loro giustiziabilità non può scontare il preventivo assenso autorizzatorio di cui al successivo comma 3. Assenso derogatorio del c.d. “vincolo di giustizia” rilasciato solo “per gravi ragioni di opportunità” che, qualora non ravvisati, porterebbe alla sua negazione con un vulnus palese al diritto fondamentale di difesa del calciatore (in questo caso), il quale si vedrebbe privato della possibilità di ricorrere all’A.G.O., da un lato, e di non avere un competente organo di giustizia endofederale dall’altro. Ma anche a voler tralasciare questa ipotesi limite, è il Legislatore che ha posto un significativo confine tra giustizia ordinaria e quella sportiva che, pur nel rispetto del principio dell’autonomia, con il D.L. n. 220/2003 ha delineato una giustizia sportiva vocata alla corretta applicazione delle regole sportive a fronte di una giustizia statale chiamata a risolvere le controversie che rappresentano una rilevanza per l’ordinamento generale, ossia allorché si discute di violazioni di diritti soggettivi o interessi legittimi (cfr. Cass. SS.UU. civ. n. 5775/2004). La conseguente riflessione è che non vi può essere alcuna frapposizione al libero ricorso al giudice naturale allorché egli abbia competenza esclusiva e non può neanche ipotizzarsi un contrasto tra ordinamenti autonomi, perché gli organi di giustizia sportiva non sono attributari della relativa potestas iudicandi, cosicché si appalesa incongruo, nella fattispecie, l’evocato “vincolo di giustizia”, il cui supposto aggiramento è stato sanzionato dalla Commissione Disciplinare. La conclusione, allora, è che non solo questa Corte è dell’avviso che non occorreva, nella fattispecie, richiedere alcuna preventiva autorizzazione federale per invocare dall’A.G.O. la tutela del proprio diritto patrimoniale da parte del calciatore Di Girolamo (non sussistendo specifica clausola compromissoria) ma anche che, pur volendo accedere alla costruzione della C.D.N. – ossia della sottoscrizione di un patto in violazione degli artt. 93 e 94 N.O.I.F. –, l’onere di comunicazione sarebbe stato in ogni caso assolto con la notifica dell’atto di pignoramento presso terzi, primo atto del processo di esecuzione. In conclusione e per i motivi che precedono, il ricorso dev’essere accolto con annullamento della sanzione irrogata al calciatore Rosario Di Girolamo. Per questi motivi la C.G.F. accoglie il ricorso come sopra proposto dal calciatore Di Girolamo Rosario annullando la sanzione inflitta. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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