F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 203/CGF del 13 Febbraio 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 209/CGF del 18 Febbraio 2014 e su www.figc.it 6. RICORSO EX ART. 37, COMMA 1, LETT. C C.G.S. PRESIDENTE FEDERALE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA FINO AL 1 MARZO 2014 INFLITTA AL SIG. CLAUDIO BUSO SEGUITO GARA DEL CAMPIONATO GIOVANISSIMI, PAGANICO C./U.S.D. CASOTTO PESCATORI MARINA DELL’11.1.2014 (Delibera della Commissione Disciplinare Territoriale presso il C.R. Toscana – Com. Uff. 42 del 30.1.2014)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 203/CGF del 13 Febbraio 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 209/CGF del 18 Febbraio 2014 e su www.figc.it 6. RICORSO EX ART. 37, COMMA 1, LETT. C C.G.S. PRESIDENTE FEDERALE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA FINO AL 1 MARZO 2014 INFLITTA AL SIG. CLAUDIO BUSO SEGUITO GARA DEL CAMPIONATO GIOVANISSIMI, PAGANICO C./U.S.D. CASOTTO PESCATORI MARINA DELL’11.1.2014 (Delibera della Commissione Disciplinare Territoriale presso il C.R. Toscana – Com. Uff. 42 del 30.1.2014) Con ricorso del 6 febbraio 2014 il Presidente Federale chiedeva a questa Corte, ai sensi dell’art. 37 comma 1, lett. c), C.G.S., la riforma, secondo giustizia, della decisione della Commissione Territoriale Toscana con cui era stata confermata la sanzione applicata dal Giudice Sportivo presso la delegazione provinciale di Grosseto di squalifica fino al 1° marzo di Claudio Buso, allenatore della U.S.D. Casotto Pescatori Marina. La pronuncia di condanna era stata adottata con riferimento alla condotta del tesserato in quanto egli “a seguito di un normale incidente di gioco entrava senza autorizzazione sul terreno di gioco profferendo frase minacciosa nei confronti del direttore di gara”. Nel proprio ricorso il presidente federale ricostruiva la vicenda sottolineando che, nel corso della gara valida per il Campionato giovanissimi disputata l’11.1.2014 tra Paganico e U.S.D. Casotto Pescatori Marina, si era verificato uno scontro tra due calciatori la cui gravità appariva immediatamente, tenuto conto che entrambi cadevano violentemente a terra e uno di essi sbatteva la testa e rimaneva immobile per alcuni minuti. Nel ricorso si aggiungeva che a quel punto l’allenatore Claudio Buso, senza attendere l’autorizzazione dell’arbitro, accorreva sul campo per soccorrere il proprio calciatore, successivamente trasportato in ospedale insieme all’altro giovane infortunato. Il Buso, accortosi che l’arbitro non aveva percepito l’incidente, gli si rivolgeva con le parole: “arbitro, cosa fai? Non vedi che si sono fatti male? Io ti denuncio per omissione di soccorso”. Ascoltate queste parole, il direttore di gara espelleva l’allenatore per essere entrato in campo senza autorizzazione e per aver pronunciato le parole prima riportate. Il reclamo con cui l’ U.S.D. Casotto Pescatori Marina aveva impugnato la decisione di primo grado recante la sanzione in precedenza indicata, basato sulla circostanza che la condotta dell’allenatore trovava legittima giustificazione nella preoccupazione per le condizioni di salute del calciatore della sua squadra giacente esamine sul campo di gioco, veniva rigettato con decisione del 30 gennaio 2014 dalla Commissione Disciplinare Territoriale, la quale non ha ritenuto potessero costituire elementi attenuativi della sanzione la ricostruzione dei fatti nonché il combinato disposto della mancata percezione dell’incidente da parte dell’arbitro e dei timori dell’allenatore per le conseguenze dell’incidente a carico del giovanissimo giocatore. Ed infatti, la decisione di secondo grado definiva eccessiva ed infondata la preoccupazione dell’allenatore, individuando nella stessa la causa induttiva della “successiva intemperanza verbale”. Il Giudice di secondo grado, nel valutare globalmente le circostanze soggettive e oggettive che avevano connotato la vicenda, si esprimeva nel senso che la sanzione inflitta a Claudio Buso non meritasse di essere riformata apparendo conforme agli orientamenti giurisprudenziali per fattispecie analoghe. Ciò premesso, nel ricorso del Presidente Federale si poneva in rilievo la necessità del riesame del caso alla stregua del fatto che l’ingresso in campo non autorizzato dell’allenatore ed il suo complessivo comportamento implicassero una riconsiderazione in termini di attenuazione in quanto traenti origine della concitazione del momento ed in particolare dalla legittima preoccupazione dell’incolpato di soccorrere un calciatore di giovanissima età. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso, ammissibile in quanto volto al riesame di una decisione alla luce di una generale rivisitazione degli aspetti giuridico-fattuali della fattispecie e, in ultima analisi, tendente a suscitare una pronuncia compatibile con i principii generali federali, merita di essere accolto nei termini che seguono. Ed invero, è da riaffermare il principio secondo cui l’ordinamento federale, indiscutibilmente dotato di caratteri di autonomia quali riflessi della struttura indipendente dell’ente federale e della sua capacità organizzativa secondo il modello dell’autonomia negoziale, non può sottrarsi all’obbligo di recepire valori e beni costituzionalmente protetti, della cui tutela e salvaguardia deve sempre assumere su di sé la cura: indubbiamente tra tali beni si colloca la salute di tutti i partecipanti alle attività organizzate dalla Federazione. Questa necessità di coordinamento tra ordinamento federale e ordinamento costituzionale, con l’indiscutibile sovraordinazione del secondo, si traduce nell’ulteriore obbligo per gli organi di giustizia federale di orientare i propri provvedimenti di natura decisoria verso un criterio di coerenza interpretativa con le norme statali, scegliendo tra le possibili opzioni valutative da effettuare nei casi concreti quella meglio rispondente all’esigenza di salvaguardare i precetti costituzionali. Riverberando nel caso di specie questa basilare posizione dell’ordinamento federale, l’unica che protegga il diritto sportivo dal rischio della perdita dell’autonomia per incapacità di assicurare la tutela dei valori essenziali afferenti alla persona umana, appare evidente che dalle univoche ricostruzioni dei fatti storici registrate nei vari gradi di giudizio emerga che la condotta dell’incolpato, pur integrando gli estremi di una violazione dal punto di vista materiale di specifiche norme di condotta (il divieto di accedere sul terreno di gioco in assenza di autorizzazione arbitrale e quello di rivolgersi allo stesso arbitro in forma aspra o irriguardosa) è stata sempre ed esclusivamente mossa dall’intento di eseguire un intervento immediato ed efficiente a favore di un giocatore privo di sensi e potenzialmente esposto ad un grave danno fisico, con conseguenze di imponderabile serietà. Evenienza, questa, aggravata dall’accertata ed incolpevole mancata percezione dell’incidente da parte dell’arbitro e dall’esperienza maturata dall’allenatore in materia di traumi agonistici. In altri termini, nessuna preoccupazione può dirsi eccessiva, quando l’oggettiva apparenza dei fatti è tale da far sorgere nei tesserati sentimenti di umana solidarietà rivolti ad impedire che un evento agonistico non visto da chi dovrebbe intervenire possa trasformarsi in danno irreversibile o in seria compromissione della salute dell’atleta. E ciò tanto più se si tratta di persone vulnerabili di giovanissima età, per la tutela delle cui condizioni esiste uno specifico obbligo a carico dell’ente federale. Ineccepibile si rivela, pertanto, la posizione assunta dal Presidente Federale con il suo ricorso, in quanto diretta a rendere esenti da sanzione comportamenti, pur astrattamente ponentisi in contrasto con specifiche disposizioni federali, quando essi vengano posti in essere con la genuina ed inoppugnabile volontà di prevenire pregiudizi a beni fondamentali della persona umana. E ciò, come è avvenuto nella fattispecie, in quanto in tali condotte manca l’elemento soggettivo della coscienza e della volontà dell’atto antiregolamentare. Ciò impone a questa Corte di pronunciarsi nel senso di prosciogliere l’incolpato per difetto dell’elemento soggettivo, sicché il fatto non costituisce infrazione disciplinare. L’effetto che discende della presente pronuncia è quello dell’annullamento della decisione impugnata. Per questi motivi la C.G.F in accoglimento del ricorso, ex art. 37, comma 1, lett. c) C.G.S., come sopra proposto dal Presidente Federale, dichiara non doversi procedere nei confronti del Sig. Claudio Buso in relazione al fatto addebitatogli perché lo stesso non costituisce violazione disciplinare per difetto dell’elemento soggettivo, e per l’effetto, annulla la decisione impugnata.
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