F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 227/CGF del 05 Marzo 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 251/CGF del 02 Aprile 2014 e su www.figc.it 4. RICORSO SIG. POGGI MADARENA MASSIMO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 4 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART.1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3, N.O.I.F., ED ALL’ART. 9, C.G.S. IN RIFERIMENTO AL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ U.S. CATANZARO SPA – NOTA N. 6849/1598PF10-11/AM/MA DEL 26 APRILE 2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 46/CDN del 23.1.2014) 5. RICORSO SIG. IERACE GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART.1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3, N.O.I.F., ED ALL’ART. 9, C.G.S. IN RIFERIMENTO AL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ U.S. CATANZARO SPA – NOTA N. 6849/1598PF10-11/AM/MA DEL 26 APRILE 2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 46/CDN del 23.1.2014)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 227/CGF del 05 Marzo 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 251/CGF del 02 Aprile 2014 e su www.figc.it 4. RICORSO SIG. POGGI MADARENA MASSIMO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 4 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART.1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3, N.O.I.F., ED ALL’ART. 9, C.G.S. IN RIFERIMENTO AL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ U.S. CATANZARO SPA – NOTA N. 6849/1598PF10-11/AM/MA DEL 26 APRILE 2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 46/CDN del 23.1.2014) 5. RICORSO SIG. IERACE GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART.1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3, N.O.I.F., ED ALL’ART. 9, C.G.S. IN RIFERIMENTO AL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ U.S. CATANZARO SPA – NOTA N. 6849/1598PF10-11/AM/MA DEL 26 APRILE 2013 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 46/CDN del 23.1.2014) Con distinti ricorsi il dott. Giuseppe Ierace e il dott. Massimo Poggi Madarena, entrambi con l’assistenza dell’avv. Giacomo Enzo Costanzo Maletta, hanno proposto reclamo avverso la decisione dalla Commissione Disciplinare Nazionale di cui alla delibera pubblicata sul CU n. 46/CDN del 23 gennaio 2014, con la quale sono state agli stessi inflitte le seguenti sanzioni: inibizione di anni due al dott. Ierace e inibizione di anni quattro al dott. Poggi Madarena. Il procedimento trae origine dall’atto del 23 aprile 2013 con il quale la Procura federale ha deferito, per quanto qui rileva, innanzi alla Commissione Disciplinare Nazionale, i signori: - PARENTE Claudio, presidente e legale rappresentante della società US Catanzaro s.p.a. dal 22 febbraio 2003 al 9 ottobre 2004 e successivamente amministratore unico sino al 12 gennaio 2006 e amministratore di fatto sino alla sentenza dichiarativa di fallimento, socio di riferimento della predetta società, insieme al sig. Massimo Poggi Madarena dal giugno 2004 alla data della sentenza dichiarativa di fallimento; - POGGI MADARENA Massimo, membro del consiglio di amministrazione della società US Catanzaro s.p.a. dal 22 febbraio 2003 al 17 marzo 2003, vicepresidente dal 17 marzo 2003 al 9 ottobre 2004, nonché amministratore di fatto unitamente al Sig. Claudio Parente, sino alla sentenza dichiarativa di fallimento, socio di riferimento della predetta società, insieme al sig. Claudio Parente, dal giugno 2004 alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, tesserato nella stagione 2005/06 come dirigente dal 22 agosto 2005; per le seguenti violazioni: 1) art. 1, comma 1, CGS in relazione all'art. 21, commi 2 e 3, NOIF per aver causato la decozione e il dissesto finanziario della Società che ne ha determinato il fallimento; 2) art. 1, comma 1, CGS per le gravi condotte distrattive a danno della società specificatamente descritte nella parte motiva (punto ff); 3) art. 1, comma 1, CGS in relazione all'art 9 del CGS, per avere costituito una associazione, alla quale hanno partecipato i sig.ri Carvelli, Colao, Ierace, Cavallaro, Procopio e Mirante, volta a porre in essere una serie di condotte distrattive e violazioni in materia gestionale ed economica lucrando a proprio vantaggio e, comunque, in danno della società amministrata. Venivano, altresì, contestualmente deferiti anche i predetti sigg.ri Gerardo Carvelli, Bernardo Colao, Domenico Cavallaro, Saverio Procopio, Giuseppe Mirante, tutti componenti il consiglio di amministrazione e/o presidenti e/o legali rappresentanti e/o amministratori unici e/o soci di riferimento della società US Catanzaro s.p.a., nel corso di parte del periodo di riferimento cui si riferiscono le contestazioni di cui all’atto di deferimento, per aver contribuito al dissesto della società US Catanzaro s.p.a. che ne ha determinato il fallimento e per aver consentito la cattiva gestione economico- finanziaria posta in essere dai soci di maggioranza e amministratori di fatto della società, sig.ri Claudio Parente e Massimo Poggi Madarena, senza alcuna dissociazione, nonché per avere partecipato alla suddetta associazione, promossa dai soci di maggioranza e amministratori di fatto della società, sig.ri Claudio Parente e Massimo Poggi Madarena, volta a porre in essere una serie di violazioni in materia gestionale ed economica in danno della stessa società amministrata. In questo ambito veniva, inoltre, deferito il dott. Giuseppe IERACE, membro del consiglio di amministrazione della società US Catanzaro s.p.a. dal 12 gennaio 2006 al 16 maggio 2006 e amministratore delegato dal 14 gennaio 2006 al 16 maggio 2006, per le seguenti violazioni: 1) art. 1, comma 1, CGS in relazione all'art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF per aver contribuito, in qualità di amministratore con poteri, al dissesto della società US Catanzaro s.p.a. che ne ha determinato il fallimento e per aver consentito la cattiva gestione economico-finanziaria posta in essere dai soci di maggioranza e amministratori di fatto della società, sigg.ri Claudio Parente e Massimo Poggi Madarena, senza alcuna dissociazione, in relazione alle condotte specificamente descritte nella parte motiva (punto ff dell’atto di deferimento); 2) art. 1, comma 1, CGS in relazione all'art. 9, CGS, per avere partecipato con i sigg.riCarvelli, Colao, Cavallaro, Procopio e Mirante ad un'associazione, promossa dai soci di maggioranza e amministratori di fatto della società, sigg.ri Claudio Parente e Massimo Poggi Madarena, volta a porre in essere una serie di violazioni in materia gestionale ed economica, poste in essere in danno della società amministrata. Nell’instaurato giudizio innanzi alla CDN si costituiva a mezzo del proprio legale, il deferito Parente Claudio, che, presentate alcune richieste preliminari, nel merito, dopo un’ampia analisi e difesa relativamente ai singoli reati allo stesso contestati in sede penale, eccepiva carenza dell’indagine, poiché asseritamente basata solo sulla relazione del curatore fallimentare e sulle informative della G.d.F., alla seduta del 6 giugno 2013 chiedeva acquisirsi agli atti una memoria difensiva integrativa con allegata documentazione, alla cui produzione la Procura federale non si opponeva. Il rappresentante della Procura federale, esaminati gli atti prodotti, provvedeva a modificare la formulazione del capo di incolpazione, eliminando il punto 2 nel quale a carico del sig. Parente erano attribuite condotte distrattive a danno della società, nonché il punto 3 in cui veniva allo stesso contestata la violazione dell’art. 9 CGS ovvero l’associazione finalizzata alla commissione degli illeciti, atteso che dalla documentazione prodotta emergevano fatti non conosciuti che portavano ad escludere la responsabilità del deferito con riferimento a tali violazioni. A questo punto, il deferito Claudio Parente, tramite il proprio difensore, depositava istanza di applicazione della pena ex art. 23 CGS. Atteso il consenso della Procura federale (pena base sanzione della inibizione di mesi 48, diminuita, ai sensi dell’art. 23 CGS, a mesi 36), rilevato che la qualificazione dei fatti come formulata dalle parti risultava corretta e le sanzioni indicate congrue, la CDN disponeva l’applicazione della sanzione come determinata dalle stesse parti. Il procedimento proseguiva per le restanti parti deferite. Esaurita la discussione, il rappresentante della Procura federale concludeva per l’affermazione di responsabilità dei soggetti deferiti con l’irrogazione, per quanto qui rileva, delle seguenti sanzioni: Poggi Madarena Massimo, anni 5 (cinque) di inibizione e preclusione; Ierace Giuseppe, anni 4 (quattro) di inibizione e € 20.000,00 (€ ventimila/00) di ammenda. La CDN riteneva che dalla copiosa documentazione versata in atti ed in particolare dai rapporti ispettivi della COVISOC, appariva evidente che gli incolpati, ciascuno in ragione delle specifiche cariche ricoperte, «hanno svolto effettive funzioni gestionali nell’ambito della società US Catanzaro nel biennio antecedente alla dichiarazione di fallimento». Era evidente, a dire della CDN, come la situazione economica della società si fosse progressivamente aggravata a partire dagli anni 2004 e 2005 per arrivare al bilancio del 30.06.2006 ad una perdita di quasi € 9.000.0000,00. «Tutti i deferiti», proseguiva la CDN, «con i loro comportamenti commissivi ed omissivi, hanno contribuito alla mala gestio della Società che ha determinato la gravissima situazione economica e finanziaria che ha portato, in data 15 giugno 2007, il Tribunale di Catanzaro alla dichiarazione di fallimento, poi divenuta definitiva con la sentenza della Corte di Cassazione del 22 marzo 2010». Dagli atti emergeva, secondo la CDN, la responsabilità, oltre che degli amministratori di fatto, anche degli altri deferiti, quali amministratori civilistici, in relazione ai poteri loro attribuiti e per aver condiviso i criteri di gestione e conduzione economica del sodalizio operata dai legali rappresentanti, nonché dei soci di riferimento e dirigenti Mirante e Procopio. La CDN evidenziava, poi, che in base al parere interpretativo reso dalla Corte Federale (C.U. n. 21 CF del 28 giugno 2007) l’accertamento dei profili di colpa dell’amministratore doveva essere condotta in forza ai comuni criteri in materia di onere della prova: «ciò con la precisazione che la colpa in questione non necessariamente deve riguardarsi sotto il profilo della sua influenza nella determinazione del dissesto della Società, ma può più ampiamente concernere anche la scorrettezza di comportamenti (pure in particolare sotto il profilo sportivo) nella gestione della Società. A ciò si aggiunga che la Corte di Giustizia Federale (C.U. n. 44 CGF del 20 settembre 2011) ha ribadito la responsabilità anche degli amministratori privi di deleghe, poiché “Non vi è dubbio, allora, che in capo a tutti gli amministratori – pur con posizioni indubbiamente differenziate in ragione della presenza o mancanza di poteri operativi – gravava comunque un generalizzato dovere di vigilanza, la cui colpevole omissione integra una responsabilità per fatto proprio e non oggettiva o per fatto del terzo ….”. Ciò implica da parte degli altri amministratori un potere di vigilanza e controllo, con la connessa esigenza di sottrarsi ad eventuali responsabilità derivanti dall’attività posta in essere dagli amministratori di fatto, attraverso formali atti di dissenso sul modus operandi, cosa che nel caso di specie è totalmente assente». Per queste ragioni la CDN, in accoglimento del proposto deferimento, infliggeva, come detto, per quanto qui rileva, a Massimo Poggi Madarena la sanzione di anni 5 (cinque) di inibizione con preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC e a Giuseppe Ierace la sanzione di anni 4 (quattro) di inibizione. Con separati ricorsi il dott. Giuseppe Ierace e il dott. Massimo Poggi Madarena, entrambi con l’assistenza dell’avv. Giacome Enzo Costanzo Maletta, proponevano reclamo avverso la decisione dalla CDN di cui alla delibera pubblicata sul CU n. 98/CDN del 10 giugno 2013. Entrambi i reclamanti eccepivano, anzitutto, inesistenza della notifica del deferimento del Procuratore federale e della comunicazione relativa alla riunione della CDN. In particolare, il dott. Massimo Poggi Madarena, confermando e dimostrando la propria residenza come correttamente individuata dalla Procura federale, definiva “semplicemente inspiegabile” «come le stesse siano tornate indietro al mittente giacché “il destinatario è sconosciuto”». Il dott. Ierace, invece, evidenziava come «dall’esame degli atti richiesti ed inviati dalla On.le Corte Federale risulterebbe che il deferimento dell’ill.mo Procuratore Federale non sarebbe mai pervenuto allo stesso dr. Ierace, mentre l’avviso di comunicazione della fissazione della Commissione Disciplinare Nazionale sarebbe stato ritirato da tale sig.ra Gigliotti, senza specificazione di legami con il destinatario». Rimarcava, ancora, il predetto reclamante, come «quand’anche, per assurdo, si volesse considerare per un attimo valida la notificazione dell’avviso della CDN (ma così non è), resterebbe il mistero sull’esito del deferimento, che parrebbe non essere stato notificato al destinatario e quindi non sarebbe, comunque stata consentita e assicurata la legittima instaurazione del contraddittorio». Per tali motivi, i reclamanti chiedevano «preliminarmente e primariamente» che l’adìta Corte, «accertata l’inesistenza e/o la nullità delle notificazioni testé menzionate, afferenti sia il deferimento della Procura Federale, sia la convocazione della Commissione Disciplinare, e la conseguente inesistenza della instaurazione del legittimo contraddittorio, Voglia disporre la regressione» della loro posizione «dinanzi alla Commissione Disciplinare Nazionale, con ogni conseguente statuizione, ivi compresa l’annullamento della sanzione inflitta, arbitrariamente e illegittimamente, dalla Commissione Disciplinare». Con il secondo motivo di gravame i reclamanti deducono inesistenza dell’illegittimità delle violazioni indebitamente loro ascritte. In sede istruttoria, i reclamanti chiedono l’acquisizione del verbale della riunione svoltasi il 6.6.2013 innanzi alla CDN, nel corso della quale la difesa del dott. Parente ha prodotto documentazione probatoria integrativa a seguito della quale il Procuratore federale ha modificato la formulazione dei capi di imputazione. Alla seduta fissata innanzi alla CGF comparivano il prof. Catalano, per la Procura federale, e l’avv. Maletta, per i reclamanti, nonché il dott. Poggi Madarena personalmente. L’avv. Maletta illustrate le ragioni dei reclami, chiedeva, in via preliminare e principale, la decisione sull’eccezione di nullità e/o inesistenza delle notificazioni relative al deferimento e alla convocazione innanzi alla CDN. Con specifico riferimento alla posizione del dott. Ierace, l’avv. Maletta chiedeva, poi, di produrre copia del provvedimento dd. 5.6.2013 del GIP del Tribunale di Catanzaro e dei conseguenti provvedimenti assunti dall’Amministrazione penitenziaria. Il rappresentante della Procura federale, riservatasi ogni iniziativa in relazione alle modalità delle notificazioni effettuate dal Servizio postale al dott. Poggi Madarena e preso atto della documentazione oggi dimessa dalla difesa relativamente alla posizione Ierace, evidenziava, in particolare, come nessun addebito potesse essere mosso alla Procura federale in ordine alle modalità ed all’esito delle notificazioni di cui trattasi, sottolineando, comunque, la regolarità della comunicazione, effettuata al dott. Ierace, dell’avviso di fissazione della seduta innanzi alla CDN. La CGF, dato, preliminarmente, atto della riunione dei due procedimenti, attesane l’evidente connessione oggettiva, e disposta l’acquisizione della documentazione dimessa dalla difesa dei reclamanti, in quanto ammissibile e rilevante ai fini del giudizio, riteneva meritevoli di accoglimento entrambi i reclami. Ad avviso della Corte, infatti, dalla complessiva documentazione acquisita al giudizio emergeva come, relativamente alla posizione Poggi Madarena, le notificazioni dell’atto di deferimento e della convocazione innanzi alla CDN non potevano considerarsi regolari, considerato che, a fronte dell’indicazione “il destinatario è sconosciuto” apposta dall’incaricato del servizio postale, l’interessato aveva fornito ampia prova della sua effettiva residenza all’indirizzo indicato dalla Procura federale. Ne conseguiva, sotto il profilo giuridico-disciplinare in rilievo nel presente procedimento, che nei confronti del deferito Poggi Madarena il contraddittorio non poteva dirsi correttamente instaurato. Quanto al deferito Ierace la Corte osservava come l’avviso di convocazione innanzi alla CDN risultava ritirato da soggetto che il reclamante ha dichiarato di non conoscere e rispetto al quale la cartolina di ricevimento non specificava la relazione che lo legava al destinatario. «Ad ogni buon conto», evidenziava la CGF, «a prescindere da ogni disquisizione in ordine alla ritualità di detta comunicazione, per come attestata, rimane il fatto che la notificazione del deferimento, alla luce della documentazione acquisita al procedimento, non può ritenersi utilmente effettuata, attesa la condizione oggettiva in cui versava l’interessato, che ha di fatto comunque impedito allo stesso la propria difesa in relazione al procedimento di primo grado». Siffatte ragioni inducevano la Corte a ritenere che, per entrambi i reclamanti, «il contraddittorio non possa dirsi essersi regolarmente instaurato, seppur, non certo, a differenza di quanto sostenuto negli atti difensivi, per l’agire “improvvido” del Procuratore federale e della Commissione disciplinare, anche considerato che l’irritualità delle comunicazioni di cui trattasi è emersa soltanto a seguito delle difese dei deferiti (e del relativo corredo documentale), svolte – per quanto detto – solo in questo grado di giudizio». Pertanto, vista la disposizione di cui all’art. 37, comma 4, CGS la Corte annullava l’impugnata decisione della CDN, con riferimento alle posizioni dei deferiti Massimo Poggi Madarena e Giuseppe Ierace e, per l’effetto, disponeva il rinvio degli atti alla predetta medesima Commissione, affinché, previa regolare instaurazione del contraddittorio tra le parti, provvedesse alla rinnovazione del giudizio di primo grado. Al dibattimento innanzi alla CDN è comparso il rappresentante della Procura federale che, previa acquisizione del decreto che dispone il giudizio emesso nell’ambito del procedimento penale pendente avanti il Tribunale di Catanzaro nei confronti, tra gli altri, degli odierni reclamanti, ha chiesto l’accoglimento del deferimento e l’irrogazione delle seguenti sanzioni: per Massimo Poggi Madarena, inibizione per anni cinque con la preclusione; per Giuseppe Ierace inibizione per anni quattro e ammenda di € 20.000,00 (€ ventimila/00). Sono altresì comparsi il difensore dei deferiti, nonché personalmente il Signor Massimo Poggi Madarena (che ha reso dichiarazioni difensive ritualmente raccolte a verbale), che hanno insistito per il rigetto del deferimento. All’esito del dibattimento la CDN infliggeva al sig. Massimo Poggi Madarena la sanzione della inibizione di anni 4 (quattro) ed al sig. Giuseppe Ierace quella della inibizione di anni 2 (due). Riteneva, infatti, la CDN che dall’esame degli atti risultava provata la responsabilità di entrambi i deferiti per le violazioni rispettivamente loro ascritte. In particolare, la CDN evidenziava come la copiosa documentazione in atti e, segnatamente, le risultanze delle ispezioni della Covisoc, evidenziavano il ruolo gestionale effettivo svolto dai sigg.ri Poggi Madarena e Ierace nella Società US Catanzaro Spa, pur nella diversità delle cariche ricoperte nel periodo in rilievo ai fini del presente procedimento. Condotte, quelle poste in essere dagli odierni reclamanti, che, a parere della CDN, sono tali «da incidere causalmente nella determinazione del dissesto della Società, rappresentata con evidenza nel bilancio al 30 giugno 2006 da una perdita di quasi 9 milioni di Euro». «Per contro», proseguiva la Commissione «non risulta in atti adottata dai deferiti alcuna iniziativa, di qualsivoglia natura, volta a contrastare il progressivo deterioramento economico né alcun atto dal quale possa evincersi una dissociazione degli stessi dai criteri di gestione adottati». «Peraltro», aggiungeva la CDN, «la contestazione elevata a carico degli incolpati risulta in ogni caso fondata anche sotto il diverso profilo della inadeguatezza dei comportamenti gestionali e il mancato esercizio del potere di vigilare e controllare». Quanto all’ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro in data 19 giugno 2012, invocata dalla difesa dei deferiti, con la quale è stato rigettato il ricorso per sequestro conservativo promosso dalla Curatela Fallimentare della US Catanzaro Spa (anche) nei confronti del sig. Poggi Madarena, sul presupposto dell’assenza di prova, in capo al medesimo, della qualità di amministratore di fatto della fallita, la CDN osservava che, premesso che si tratta «di provvedimento reso “in corso di causa” e che non è dato conoscere l’esito del relativo giudizio di merito», con riguardo alla posizione del sig. Poggi Madarena, le incolpazioni di cui al deferimento si riferiscono a periodi temporali nei quali il deferito «ha ricoperto numerose e rilevanti cariche sociali (membro del C.d.A. dal 22 febbraio al 17 marzo 2003; vicepresidente dal 17 marzo 2003 al 9 ottobre 2004; socio di riferimento dal giugno 2004 al 15 giugno 2007, data della Sentenza dichiarativa di fallimento; dirigente nella stagione sportiva 2005/2006)». Insomma, a dire della CDN, «anche a voler escludere l’esistenza in capo al deferito della qualità di amministratore di fatto della Società, rimane indubbio che lo stesso è comunque venuto meno al dovere di vigilare e di agire per arginare il progressivo dissesto della Società, pur essendo dotato di ampi e adeguati poteri di intervento». Valutazioni del medesimo tenore la CDN effettuava con riguardo alla posizione del deferito Ierace, evidenziando che «le odierne incolpazioni risultano relative a periodi temporali nei quali lo stesso ha ricoperto formali cariche (membro del C.d.A. e amministratore delegato della Società), ma anche all’omissione di condotte di dissociazione dall’operato degli altri deferiti o comunque finalizzate ad impedire le accertate ed evidenti violazioni gestionali ed economiche». Sottolineava, poi, la Commissione di prime cure, la condotta del sig. Ierace volta alla predisposizione, prima ed alla successiva sottoposizione ai soci, poi, della situazione patrimoniale della Società quando il capitale sociale era sceso sotto il minimo. Avverso la predetta decisione della CDN propongono reclamo, con distinti atti, sia il dott. Ierace, sia il dott. Poggi Madarena, entrambi con il patrocinio dell’avv. Giacomo Enzo Costanzo Maletta. In via preliminare, il reclamante dott. Ierace rileva «come la pronuncia de qua appaia prima facie illegittima e da riformare in quanto non contiene alcuna motivazione specifica che consenta di provare la responsabilità attribuita al dr. Ierace». Quasi, si legge nel reclamo, che la CDN abbia voluto «equiparare la posizione del dr. Ierace con quella del dr. Massimo Poggi», laddove, viceversa, «le due posizioni sono diverse come si può evincere anche dal capo di imputazione formulato dalla Procura Federale». Lamenta, poi, il reclamante, come la Commissione faccia richiamo alla “copiosa documentazione in atti”, senza tuttavia indicare «chiaramente quali siano questi atti e chi li abbia predisposti». «Questa genericità nell’indicazione delle condotte ritenute illegittime e l’indifferenziazione delle posizioni di ciascuno, non consentono», prosegue la difesa del reclamante prima indicato, «di conoscere gli addebiti specifici mossi ad ognuno e anzi danneggiano la posizione di chi, come il dr. Ierace, nel periodo del suo mandato di amministrazione (brevissimo), ha svolto il suo ruolo con coscienza e professionalità predisponendo, tra l’altro, la situazione patrimoniale che ha denotato il dissesto della società». Destituita di fondamento sarebbe, poi, l’affermazione secondo cui «non risulta in atti adottata dai deferiti alcuna iniziativa, di qualsivoglia natura, volta a contrastare il progressivo deterioramento economico né alcun atto dal quale possa evincersi una dissociazione degli stessi dai criteri di gestione adottati». Infatti, detta affermazione non terrebbe conto «di come il dr. Ierace abbia redatto e poi sottoposto all’assemblea dei soci, così come richiesto dalle norme in materia, una situazione patrimoniale della società alla data del 31 marzo 2006, da cui si rileva il dissesto della stessa e, dopo la mancata copertura delle perdite da parte dell’assemblea dei soci convocata senza indugio per il successivo 16 maggio 2006, abbia iscritto la causa di scioglimento della società presso il Registro delle Imprese, come risulta dagli atti già prodotti e dalle evidenze del Registro delle Imprese di Catanzaro». In altri termini, ad avviso del reclamante, la CDN «sembra considerare illegittimo un atto (predisposizione della situazione patrimoniale della società con capitale sceso al di sotto del minimo, ndr) invece imposto dalla legge e certamente non meritevole di censura», atteso quanto disposto dalla norma di cui all’art. 2327 c.c. Censura, inoltre, il dott. Ierace, l’asserita mancata considerazione da parte della Commissione di elementi esibiti dalla difesa. In particolare, il predetto reclamante rileva come sia stata versata in atti la pronuncia «emessa dalla Corte di Cassazione in data 22 novembre 2011, nell’ambito del procedimento cautelare, aperto davanti il Tribunale di Catanzaro, con riferimento al processo penale scaturito a carico degli amministratori della società US Catanzaro Spa a seguito del suo fallimento. Detta pronuncia, è chiara e lapalissiana nel negare la responsabilità del dr. Ierace, per quanto inerente gli atti di mala gestioaddebitati agli amministratori». Il ricorrente sottolinea, in particolare, un passaggio della sopra richiamata sentenza della Suprema Corte, che accerterebbe «in modo incontrovertibile che il dr. Ierace non era amministratore al momento della commissione dei fatti ritenuti causa del dissesto dell’US Catanzaro Spa e, pertanto, oltre a non avere commesso materialmente il fatto non poteva neanche impedirlo». Questo il richiamato passaggio della decisione della Corte di Cassazione: «Orbene non risulta smentito, ma anzi documentalmente provato che il Ierace ha ricoperto la carica di consigliere dal 12 gennaio 2006 al 16 maggio 2006 e la carica di Amministratore delegato dal 14 gennaio 2006 al 16 maggio 2006. È dunque documentalmente provato, come emerge dal provvedimento del Tribunale del riesame e non è contestato neppure dal P.M. con il suo ricorso, che lo Ierace è divenuto amministratore dopo l’erogazione dei contributi e dopo l’approvazione del bilancio al 30 giugno 2005, approvato appunto il 7 dicembre 2005». In definitiva, secondo l’assunto difensivo, qualora «esista una responsabilità del dr. Ierace, essa deve essere limitata agli atti compiuti nel periodo in cui ha ricoperto la carica di amministratore, essendo illogico estendere la sua responsabilità a periodi diversi nei quali alcun potere, né di effettuare atti e né di sorveglianza sugli stessi, poteva esercitare. Indi e per l’effetto la richiesta della Procura Federale, così come parimenti la delibera impugnata sono sfornite di suffragio giuridico e fattuale, come risulta dagli atti citati, i quali di certo e per certo non possono essere smentiti». Per queste ragioni, il dott. Ierace conclude instando affinché la CGF voglia «1. riformare la deliberazione della CDN impugnata e per l’effetto di quanto argomentato, accertare e dichiarare conseguentemente che lo stesso reclamante giammai ha posto in essere alcuna delle condotte, per le quali è stato deferito; 2. Per l’effetto non procedere alla irrogazione di qualsivoglia tipo di sanzione, perché, in virtù delle argomentazioni esposte, illegittima e infondata in fatto e diritto». Sostanzialmente analoga la trama argomentativa del reclamo proposto dal dott. Poggi Madarena, come assistito e difeso. «La delibera impugnata si presenta primariamente come di difficile comprensione, inintellegibile e dogmatica, avendo quale unico scopo quello di ricalcare una decisione già presa dallo stesso Organo per altri deferiti che avevano espressamente rinunziato a difendersi ed i cui corollari non debbono e non possono scalfire le garanzie difensive di chi, invero, ha deciso di dimostrare e comprovare con forza la lettura obiettiva di una fattispecie troppo complessa e capillare, per poter essere lapidariamente ed iniquamente così definita, come invero ha fatto la CDN». Questo l’esordio del reclamo, nel quale si prosegue, poi, evidenziando che l’ordinanza - che ha deciso in ordine al ricorso per sequestro preventivo - resa nell’ambito del procedimento civile r.g. 4056/2010, tuttora pendente innanzi al Tribunale di Catanzaro, non è mai stata impugnata dalla curatela fallimentare e come nel predetto provvedimento sia dato leggere: «L’azione di responsabilità concerneva fatti verificatisi negli esercizi 2004/2005 e 2005/2006 quando il Poggi non era più amministratore della società. Egli infatti partecipò al consiglio di amministrazione in qualità di consigliere dal 22.02.2003 al 17.03.2003 e di vice presidente dal 17.03.2003 al 09.10.2004. Comunque in tale periodo non risultano da lui compiute attività concernenti la vicenda in esame». Se, poi, è vero che le disposizioni relative alla responsabilità delle società sono applicabili anche ai c.d. amministratori di fatto, sostiene il reclamante, come affermato dallo stesso Tribunale di Catanzaro «è pur necessario che l’ingerenza nella gestione sociale abbia caratteri di una certa stabilità e sistematicità e non si esaurisca in una attività frammentaria e occasionale», laddove, invece, «la qualifica di amministratore di fatto rivestita da Poggi Madarena è allo stato degli atti solamente enunciata e presupposta, ma non dimostrata e non è stato offerto alcun elemento dal quale possa desumersi una sua partecipazione alla gestione sociale in cui non rivestiva formalmente la carica di amministratore». Insomma, a dire del reclamante, dal complessivo esame delle due ordinanze, «rispettivamente quella pronunciata dal Tribunale del Riesame di Catanzaro, sul riesame in sede di rinvio della Corte di Cassazione n. 53/12 R.R. reali e depositata l’08.11.2012 e quella pronunciata dalla prima Sezione Civile del Tribunale di Catanzaro, depositata il 10.06.2012, R.G. 4056/2010 di cui si è già sopra accennato», entrambe passate in giudicato poiché non impugnate, rispettivamente, dalla Procura della Repubblica e dalla curatela fallimentare, resta esclusa «la sussistenza del fumus di reato (in sede penale) e del fumus boni iuris». Deduce, ancora, il reclamante come non si possa non comprendere «come, in virtù di quanto già allegato e prodotto nella riunione del 06.06.2013 dal Dr. Parente e di cui si è già richiesta l’acquisizione in sede di CDN, che in questa sede si rinnova ad ogni buon fine, il Poggi Madarena avrebbe potuto arginare la fine dell’U.S. Catanzaro, laddove si considerino le dinamiche rappresentate anche dallo stesso Poggi, riguardo una gestione divenuta impossibile per fattori esterni assolutamente impossibili da governare e arginare (si leggano a tal proposito denunce per estorsione, minacce, ecc., di cui si allega stralcio). Infine, «essendo speculari le posizioni del Dr. Parente e del Dr. Poggi Madarena», il reclamante chiede «la caducazione dei punti 2) e 3) del deferimento sotteso alla delibera della CDN impugnata», mentre, «in relazione all’art. 1), stante il quadro offerto si chiede che l’On.le Corte di Giustizia adita Voglia riformare la delibera impugnata, anche con riferimento ai capi di imputazione di cui al punto 1), non avendo il Dr. Poggi posto in essere alcuna delle condotte volte a determinare lo stato di decozione e dissesto finanziario della società che ne ha determinato il fallimento». In conclusione, il dott. Poggi Madarena chiede la riforma della delibera impugnata e l’affermazione della insussistenza «di responsabilità per i punti 2) e 3) del deferimento». Quanto al punto 1) del capo di imputazione, il reclamante prima indicato chiede accertarsi che lo stesso «non ha posto in essere alcuna delle condotte volte a determinare lo stato di decozione e dissesto finanziario della società che ne ha determinato il fallimento». Per l’effetto, insta affinché sia annullata «qualsivoglia tipo di sanzione inflitta, con la delibera della CDN impugnata perché illegittima e infondata in fatto e diritto» e solo «in via meramente subordinata» chiede di «riformare la delibera impugnata con una sanzione più rispondente a più equa e giusta misura». Letti i reclami come sopra proposti la Procura Federale ha fatto pervenire specifiche contradeduzioni. Quanto al ricorso del dott. Ierace il Procuratore Federale Vicario osserva come le doglianze ivi contenute siano del tutto prive di pregio, considerato che la CDN ha «chiaramente» indicato che le condotte contestate si riferiscono a periodi nei quali il dott. Ierace ha ricoperto cariche formali, «ma anche all’omissione di condotte di dissociazione dell’operato degli altri deferiti o comunque finalizzate ad impedire le accertate ed evidenti violazioni gestionali ed economiche». In tale prospettiva la Procura federale richiama tutta una serie di condotte che fonderebbero la responsabilità del dott. Ierace, alle quali ritiene occorra comunque aggiungere quelle omissive che hanno contribuito ad incrementare il disavanzo patrimoniale della società, attesi i nuovi debiti accumulati a decorrere dal 12 gennaio 2006, in particolare, verso Enti e tesserati. Quanto al ricorso del dott. Poggi Madarena, il Procuratore Federale Vicario, ritenuta la delibera impugnata esente dai vizi ex adverso illustrati ed evidenziato come i provvedimenti dell’autorità giudiziaria invocati dal reclamante siano stati emessi in sede cautelare e non di merito, richiama tutta una serie di fatti e condotte che dimostrerebbero chiaramente la responsabilità dello stesso in ordine alle contestazioni di cui al deferimento. La Procura federale chiede, dunque, il rigetto di entrambi gli appelli e la conferma della impugnata decisione della Commissione disciplinare nazionale. Alla seduta del 5 marzo 2014 sono comparsi innanzi a questa Corte la dott.ssa Rossano per la Procura Federale, l’avv. Maletta per i reclamanti, nonché il dott. Massimo Poggi Madarena personalmente. In via preliminare, l’avv. Maletta ha chiesto di produrre querela proposta dal dott. Massimo Poggi Madarena presso la Questura di Catanzaro dd. 21.1.2006, rappresentando che il proprio ass.to è riuscito ad averne copia solo in questi giorni: la Corte, ritenutane l’ammissibilità, anche attesa la non opposizione del rappresentante della Procura federale, dispone l’acquisizione del predetto documento. Le parti hanno illustrato le proprie tesi, insistendo nelle conclusioni già rassegnate nei rispettivi scritti difensivi. All’esito del dibattimento, il Collegio ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti MOTIVI Deve darsi preliminarmente atto della riunione dei due ricorsi, considerata la sussistenza di specifica connessione oggettiva. Entrambi i reclami non sono meritevoli di accoglimento. Priva di pregio, anzitutto, la preliminare eccezione di illegittimità della delibera impugnata, considerato che la decisione della CDN è sufficientemente motivata, seppur in modo succinto, come del resto richiesto dallo stesso art. 34, comma 2, CGS in coerenza con i Principi di Giustizia Sportiva stabiliti dal Consiglio Nazionale del CONI. Del pari priva di fondamento la doglianza circa la natura “dogmatica” della delibera della Commissione di primo grado che avrebbe «quale unico scopo quello di ricalcare una decisione già presa dallo stesso Organo per altri deferiti che avevano espressamente rinunciato a difendersi». Basta, a tal riguardo, osservare che, in sede di rinvio, la decisione è stata adottata dalla CDN in diversa composizione e che il giudizio si è concluso con una condanna meno pesante per entrambi i deferiti che, nella precedente (prima) fase, avevano riportato la sanzione massima (5 anni di inibizione e preclusione) il dott. Poggi Madarena e quella dell’inibizione di anni 4 e 20.000,00 euro di ammenda il dott. Ierace. Nel merito, occorre premettere che l’art. 21, comma 3, NOIF – anche successivamente all’intervento interpretativo della Corte Federale (28.06.2007 C.U. n. 21 C/F) che ha ribadito la natura non meramente automatica della sanzione ivi prevista a seguito del fallimento – pur estendendo la propria sfera di applicazione anche a condotte non influenti nella determinazione del dissesto e, in questo quadro, ai “comportamenti scorretti sotto il profilo sportivo” – con ciò attribuendo alla dichiarazione di fallimento la natura di mera condizione di punibilità e non di elemento costitutivo dell’illecito – ha conservato, e, anzi, confermato il proprio contenuto sanzionatorio rivolto a punire, in caso di fallimento, i comportamenti colposi degli amministratori - in quanto tali, e non in quanto necessariamente causativi del dissesto – e, in generale, anche comportamenti di maggiore gravità, senza, peraltro, ricomprendere nella propria elementare previsione i più gravi comportamenti che integrano ulteriori e diverse fattispecie, quali, ad esempio, sul piano penale, il reato di bancarotta. Dalla precisazione che precede discende che i fatti contestati agli odierni reclamanti, concernenti condotte quantomeno colpose di particolare gravità che hanno concorso alla causazione del fallimento o ne hanno, comunque, aggravate le conseguenze, rientrano di certo nel novero della previsione di cui all’art. 21, comma 3, NOIF volta a sanzionare, come detto, in caso di fallimento, tutti i comportamenti posti in essere dagli amministratori, anche solo sotto il profilo della scorrettezza sportiva. Il complessivo materiale probatorio e documentale acquisito al giudizio consente di affermare la responsabilità dei sigg.riIerace e Poggi Madarena per i fatti loro ascritti nell’atto di deferimento. Sotto tale profilo, questo Collegio non nutre alcun dubbio sul fatto che i predetti reclamanti hanno posto in essere condotte suscettibili di rilievo ai fini del presente procedimento che, per le cariche sociali (in via formale e/o di fatto) ricoperte al momento della dichiarazione di fallimento (e/o nel biennio precedente), hanno provocato o agevolato e, comunque, non impedito, la disordinata gestione societaria, poi appunto sfociata nello stato di decozione finanziaria della società U.S. Catanzaro s.p.a. In tal ottica, può farsi, anzitutto, rinvio alla dettagliata descrizione effettuata nell’atto di deferimento in relazione agli assetti proprietari della U.S. Catanzaro s.p.a. a decorrere dal gennaio 2003, alle numerose cessioni/acquisti di quote sociali che hanno anche riguardato il dott. Massimo Poggi Madarena o società allo stesso riferibili e, dunque, alle varie cariche sociali rivestite dai due reclamanti nel periodo di rilievo agli effetti del presente procedimento. In particolare, e riassuntivamente, il dott. Massimo Poggi Madarenaè stato componente del consiglio di amministrazione della società U.S. Catanzaro s.p.a. dal 22 febbraio 2003 al 17 marzo 2003 e vicepresidente dal 17 marzo 2003 al 9 ottobre 2004. Unitamente al sig. Claudio Parente, poi, ha svolto attività di amministrazione di fatto della medesima società sino alla sentenza dichiarativa di fallimento e, ad ogni buon conto, è stato di certo socio di riferimento della società di cui trattasi dal giugno 2004 alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, risultando anche tesserato come dirigente nella stagione 2005/06 (segnatamente, dal 22 agosto 2005). Il dott. Giuseppe Ierace, invece, è stato componente del consiglio di amministrazione della società U.S. Catanzaro s.p.a. dal 12 gennaio 2006 al 16 maggio 2006 e amministratore delegato dal 14 gennaio 2006 al 16 maggio 2006. Ciò detto, quanto alle condotte nel complesso attribuibili o riferibili, per quanto qui rileva, ai due reclamanti, è circostanza pacifica che con decisione pubblicata nel C.U. n. 7 del 15 luglio 2006, la FIGC ha disposto la non ammissione della società U.S. Catanzaro s.p.a. al campionato di serie C1 per la stagione sportiva 2006/2007, avendo, la Covisoc, nella riunione del 7/8 luglio 2006, accertato e rilevato, in particolare, quanto segue: -con riferimento al bilancio d’esercizio chiuso al 30 giugno 2005 la società di revisione ha dichiarato l’impossibilità di esprimere un giudizio; -mancato deposito della fideiussione bancaria a prima richiesta di euro 207.000,oo, certificato dalla stessa Lega Professionisti; -mancato pagamento, fino al mese di marzo 2006, degli emolumenti dovuti a tesserati, dipendenti e collaboratori (anch’esso attestato dalla Lega Professionisti); -mancato pagamento, con riferimento al periodo fino al mese di marzo 2006, delle ritenute Irpef, dei contributi Enpals e Fondo fine carriera relativamente alle posizioni dei tesserati, dipendenti e collaboratori; -mancato ripianamento della carenza patrimoniale per euro 3.767.647,oo; -mancato superamento della situazione prevista e disciplinata dall’art. 2447 c.c. Di conseguenza, con provvedimento di cui al CU del 19 luglio 2006, la FIGC ha disposto lo svincolo d’autorità dei calciatori tesserati per la U.S. Catanzaro s.p.a. Con specifico riferimento alla gestione della predetta società, dall’analisi dei bilanci della stessa e nelle relative disamine dei medesimi presenti in atti emerge come a partire dal periodo preso in considerazione (gennaio 2003 in avanti) la situazione economico-patrimoniale sia stata sempre alquanto precaria. Da qui i ripetuti interventi dell’assemblea straordinaria volti, in particolare, alla copertura delle perdite d’esercizio, ad eliminare o depotenziare gli scostamenti contabili di rilievo e il disavanzo patrimoniale, alla ricostituzione del capitale sociale. Dalle risultanze dei controlli operati dalla Covisoc emerge come gli ispettori abbiano più volte segnalato la prassi societaria di non procedere alla copertura delle perdite nel corso dell’esercizio, pur in presenza di un patrimonio netto negativo. La società risulta poi finanziata da soci e amministratori senza particolari formalità e, nel contempo, essa stessa finanziava, al 30 giugno 2004, per euro 439.532,99, i soci medesimi che avevano vincolato tali somme a loro nome presso le banche che avevano provveduto a rilasciare le previste fideiussioni nell’interesse della società e a favore della Lega Professionisti per la iscrizione al campionato di serie C: procedura anomala, questa, che ha comportato, alla scadenza delle fideiussioni, l’accredito delle somme sui conti personali dei detti soci, anziché su quelli della società U.S. Catanzaro s.p.a. Elementi di conferma a conforto della valutazione in termini di sussistenza di responsabilità dei due reclamanti per i fatti loro in questa sede di giustizia sportiva addebitati possono anche trarsi dalle risultanze degli atti del procedimento penale nell’ambito del quale, con provvedimento del 7 aprile 2011, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro ha contestato vari reati ed il GIP, con provvedimento in data 9 maggio 2013, ha disposto il conseguente rinvio a giudizio, tra gli altri, di entrambi gli appellanti. In particolare, i sigg.ri Poggi Madarena e Ierace, unitamente ad altri amministratori della U.S. Catanzaro s.p.a., sono stati accusati per aver, in concorso tra loro, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, nella qualità di soci e amministratori della predetta società: -distratto, occultato, dissipato, con la metodica della simulazione dei costi pari ad euro 1.087.870,62, in relazione ai campionati 2004/2005 e 2005/2006, per asseriti lavori di ristrutturazione dello stadio “Nicola Ceravolo”, in realtà ritenuti non sussistenti, 739.000 euro attraverso l’anticipazione degli esborsi per l’effettuazione di opere formalmente affidate, ma mai completamente realizzate e tantomeno autorizzate dal Comune di Catanzaro; -distratto, occultato, dissipato, in relazione ai campionati 2004/2005 e 2005/2006, con la metodica della indicazione in contabilità della voce prelievi a titolo di restituzione verso i soci euro 2.013.253,92, corrispondenti all’incirca alle somme versate quali contributi dalla Lega alla società U.S. Catanzaro s.p.a.; -fatto apparire, allo scopo di ingannare i soci ed il pubblico e conseguire ingiusti profitti, la società in condizioni più floride di quelle reali, esponendo nel bilancio approvato dall’assemblea del 7 dicembre 2005 e in quello relativo alla stagione 2004/2005, crediti per sponsorizzazioni pari ad euro 1.850.000, in realtà risultati insussistenti per euro 1.000.000, verso le società Pro Casa s.r.l., Medical s.r.l., Givan s.r.l., MaxpoMaxen s.r.l., comunque riconducibili ai medesimi amministratori; -fatto apparire, allo scopo di ingannare i soci ed il pubblico e conseguire ingiusti profitti, la società in condizioni più floride di quelle reali, esponendo nel bilancio approvato dall’assemblea dei soci in data 7 dicembre 2005 e in quello relativo alla stagione 200472005, crediti per sponsorizzazioni pari ad euro 1.000.000, in realtà risultati oggettivamente insussistenti verso le società Colao Costruzioni s.r.l. e Medical Sport Center s.r.l., voce peraltro successivamente (23 marzo 2006) stralciata, in totale inosservanza dei principi di redazione del bilancio, come anche evidenziato dal Collegio dei sindaci, che ha segnalato il difetto di documentazione giustificativa dell’operazione; -esposto nel bilancio al 30 giugno 2006, allo scopo di ingannare i soci ed il pubblico e conseguire ingiusti profitti, crediti verso altri pari ad euro 682.797,93, apparentemente relativi ad anticipazioni effettuate verso calciatori tesserati, voce peraltro successivamente svalutata, poiché considerata di dubbio realizzo, seppur non fosse mai stato posto in essere alcun tentativo di recupero; -esposto nel bilancio al 30 giugno 2005, allo scopo di ingannare i soci ed il pubblico e conseguire ingiusti profitti (nella specie, conseguire l’indebita erogazione di contributi pubblici per euro 3.410.735 da parte della Lega Calcio ed euro 536.419 da parte del Comune e della Provincia di Catanzaro), una sopravvenienza attiva derivante dall’operazione di accollo delle passività da parte dei soci Parente, Poggi e Medical s.r.l., operazione contabile in effetti risultata simulata, con conseguente alterazione della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società. Orbene, premesso che le singole violazioni addebitate ai reclamanti non appaiono oggetto di una sostanziale specifica contestazione in questa sede, specie nella loro concreta dimensione fattuale, essendone, semmai, contestata la loro illiceità o la riferibilità temporale ai fini della imputazione di cui al deferimento, ritiene questa Corte che vi sia in atti ampia prova della effettiva sussistenza delle condotte di cui trattasi e del disvalore giuridico-sportivo delle connesse operazioni finanziarie, patrimoniali e di bilancio di cui trattasi. Peraltro, come è evidente, più che le specifiche decisioni, richiamate dai ricorrenti o dalla Procura federale, assunte in sede giudiziaria e le connesse valutazioni dei fatti effettuate ai fini penali o civili, in sé e per sé considerate, qui interessano i singoli fatti (rectius, condotte) contestate ai reclamanti, in funzione della loro rilevanza ai fini sportivo-disciplinari propri del presente procedimento. Condotte, invero, che, ad avviso di questo Collegio, risultano, appunto, dimostrate dalle risultanze complessive agli atti del giudizio (cfr., ad esempio, bilanci, relazioni collegio sindaci, note Covisoc, lettere dell’amministrazione dell’U.S. Catanzaro, ecc.). In tale prospettiva appare evidente che la società U.S. Catanzaro ha presentato, quantomeno dal 2004 in avanti, un rilevante squilibrio nelle voci di bilancio, squilibrio tale da condurre poi, unitamente alla costante sottocapitalizzazione, allo stato di insolvenza vera e propria. Non può sottacersi come, a prescindere dalla legittimità o meno, sotto il profilo civilistico e della loro rilevanza, sotto quello penalistico, delle varie operazioni contestate, per quanto qui interessa, al sig. Massimo Poggi Madarena, le operazioni di cui trattasi si connotano per l’evidente disvalore rispetto all’ordinamento sportivo. In tal ottica, l’assunto difensivo Poggi Madarena di non essere più, all’epoca dei fatti inerenti la contestata mala gestio, amministratore della società appare privo di pregio, laddove si consideri come non solo emerga come questi fosse, all’epoca, amministratore di fatto della società di cui trattasi e, comunque, socio (direttamente o per il tramite di altra società rappresentata) e punto di riferimento per la gestione della stessa, ma anche che, ai fini sportivo-disciplinari che qui ci occupano, delle condotte contestate, lo si ribadisce, ai fini del presente procedimento, ben possono essere chiamati a rispondere, oltre coloro che rivestivano la qualifica formale di amministratore, anche coloro che comunque hanno assunto nella società posizioni di rilievo e/o influenza in ordine ai rapporti nell'ambito dell'attività sportiva organizzata dalla FIGC. In definitiva, sono evidenti le gravi e molteplici irregolarità commesse dalla società e delle quali non possono che essere chiamati a rispondere, per ciò che concerne la presente sede disciplinare, tutti coloro che hanno assunto, nei vari anni di cui trattasi, la responsabilità degli organi di amministrazione, tanto in via formale, quanto in via sostanziale o di fatto. Quanto, specificamente, all’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, seconda sezione penale, del 30 ottobre 2012, non può farsi altro che osservare come la stessa riguardi soltanto il fumus con riferimento al reato di truffa aggravata, atteso che i giudici hanno ritenuto che, allo stato delle reali risultanze processuali, difettassero «elementi probatori e/o indicazioni per ritenere che le somme erogate all’U.S. Catanzaro s.p.a. dalla Lega Calcio siano riconducibili nella categoria dei contributi pubblici» e che, di conseguenza, dovesse escludersi, «allo stato degli atti», l’astratta configurabilità del reato di cui all’art. 640 bis c.p. Peraltro, lo stesso predetto Tribunale sembra riconoscere (v., in particolare, provvedimento GIP del 24.3.2011) la sussistenza di un «evidente collegamento tra le operazioni fraudolente contestate ai capi A, B, C ed E – tutte relative al bilancio 30.06.2005 (approvato il 07.12.2005) – e la erogazione dei contributi da parte della Lega Calcio, atteso che attraverso le suddette operazioni era possibile artefare l’apparente situazione economica della società e, quindi, rispettare i parametri, anche di bilancio, prescritti dal Consiglio Federale della F.I.G.C. per la iscrizione al relativo campionato di calcio professionistico di serie B (conditio sine qua non per beneficiare della erogazione dei contributi da parte della Lega)». In tal ottica, si aggiunga, già nell’ordinanza dd. 26 aprile 2011 della seconda sezione penale del Tribunale di Cartanzaro, in sede di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal GIP di Catanzaro in data 24 marzo 2011, ordinanza che pur aveva accolto il ricorso e disposto la restituzione di quanto sequestrato all’indagato Massimo Poggi Madarena, è stato, tra l’altro, affermato quanto di seguito sintetizzato. Quanto al profilo di indagine relativo all’epoca di erogazione dei contributi da parte della Lega Calcio, del Comune di Catanzaro e della Provincia di Catanzaro, «si evince piuttosto chiaramente che i contributi relativi alla stagione 2004-2005 sono stati erogati in un arco temporale compreso tra giugno 2004 e ottobre 2005 […] Ebbene tale dati cronologici, raffrontati all’epoca in cui il prevenuto ha ricoperto la carica di amministratore in capo all’U.S. Catanzaro s.p.a. […] e valutati in considerazione del dato che lo stesso ha svolto le funzioni di amministratore di fatto unitamente al Parente durante la gestione formale di quest’ultimo (circostanza chiaramente evincibile dalla complessiva attività d’indagine), inducono a ravvisare l’astratta esistenza di un nesso causale tra la condotta del Poggi – amministratore di fatto, in qualità di procuratore della Medical Sport Center, detentrice del 46% del capitale sociale all’epoca della erogazione dei contributi e dell’approvazione del bilancio 30.06.2005 (approvato il 07.12.2005) – e la erogazione dei contributi indicati nel capo F) di provvisoria imputazione. Ciò chiarito, passando al secondo profilo di indagine (individuazione delle condotte contestate ai capi A-E della rubrica cautelare eziologicamente collegate alla erogazione dei contributi da parte della Lega Calcio e del Comune e della Provincia di Catanzaro)», quanto alla fattispecie delittuosa contestata relativamente alla distrazione, occultamento e dissipazione, con la metodica della simulazione dei costi pari ad euro 1.087.870,62, in relazione ai campionati 2004/2005 e 2005/2006, per asseriti lavori di ristrutturazione dello stadio “Nicola Ceravolo”, in realtà ritenuti non sussistenti, 739.000,oo euro attraverso l’anticipazione degli esborsi per l’effettuazione di opere formalmente affidate, ma mai completamente realizzate e tantomeno autorizzate dal Comune di Catanzaro e con la metodica della indicazione in contabilità della voce prelievi a titolo di restituzione verso i soci euro 2.013.253,92, corrispondenti all’incirca alle somme versate quali contributi dalla Lega Calcio alla società U.S. Catanzaro s.p.a., «[…] data la tempistica delle relative operazioni e l’inserimento delle relative voci nel bilancio 30.06.2005 (approvato 07.12.2005) può pertanto ravvisarsi, sotto il profilo temporale, anche per tali condotte, un collegamento causale tra la formazione del bilancio e la erogazione di contributi di cui al capo F della rubrica cautelare». Nesso eziologico e causale che il Tribunale di Catanzaro, nel predetto provvedimento, ravvisa anche quanto alla fattispecie delittuosa contestata con riferimento alla «esposizione fraudolenta» di crediti per sponsorizzazione in parte insussistenti ed a quella per la contabilizzazione di una sopravvenienza attiva derivante dall’operazione di accollo di passività da parte dei soci Poggi Madarena, Parente e Medical s.r.l. Condotte che violano il presidio normativo federale e specificamente attribuibili al dott. Massimo Poggi Madarena sono, comunque, rinvenibili nella persistente situazione di squilibrio strutturale della gestione societaria, tradottasi, ad esempio, nel bilancio al 30 giugno 2004, periodo in cui lo stesso predetto reclamante rivestiva cariche formali all’interno della U.S. Catanzaro s.p.a., in una perdita di euro 1.441.545,oo e un patrimonio netto negativo di euro 1.241.541,oo. Nello stesso predetto periodo il dott. Poggi Madarena e il sig. Claudio Parente cedevano una parte delle proprie quote sociali al prezzo complessivo di euro 2,4 milioni di euro, pur mantenendo sostanzialmente il controllo attraverso le azioni possedute dalla Medical Sport Center s.r.l. e dallo stesso sig. Parente. Come evidenziato dalla Procura federale il bilancio al 30 giugno 2005 della società U.S. Catanzaro s.p.a. presentava un utile pari ad euro 36.071 e un patrimonio netto di euro 544.527,oo per un incremento dei contributi e delle sponsorizzazioni da euro 711.097,oo ad euro 7.149.335,oo. Siffatti incrementi hanno consentito di coprire i raddoppiati costi. Predetto bilancio è risultato, poi, positivamente influenzato dalla iscrizione di proventi straordinari per 1,3 milioni di euro da parte dei soci Massimo Poggi Madarena, Claudio Parente e Medical Sport Center s.r.l. (società riferibile agli stessi predetti soci). «L’operazione di accollo di tali “nuove” passività per l’importo di 1,3 milioni di euro veniva artificiosamente contabilizzato come credito della società sportiva» grazie ad «una dichiarazione unilaterale alla quale sono rimasti estranei sia la società che gli acquirenti, che come ha sottolineato la curatela fallimentare avrebbe impedito l’appostazione della somma tra i crediti». In definitiva, non vi è dubbio, per quanto interessa il presente procedimento, che siffatte operazioni di evidente contenuto antisportivo hanno prodotto e comunque aggravato la grave crisi economico-finanziaria della società U.S. Catanzaro s.p.a. che ha, poi, portato alla decozione ed alla dichiarazione di fallimento della stessa. Delle imputazioni di cui all’atto di deferimento è stato correttamente chiamato a rispondere anche il dott. Ierace. Quanto alla difesa secondo cui non sarebbe vero che il dott. Ierace non ha adottato iniziative volte a contrastare il progressivo deterioramento economico della società, basterà rapidamente osservare come, fermo restando che in ogni caso non risultano comunque chiare ed evidenti condotte dissociative, da parte dello stesso, non solo la predisposizione (e successiva sottoposizione ai soci) della situazione patrimoniale, nella circostanza della riduzione di oltre un terzo del capitale sociale, altro non è che un preciso obbligo dell’amministratore, ma anche che la disposizione invocata dallo stesso reclamante richiede (e richiedeva) qualcosa di più. Recita, infatti, l’art. 2447 c.c.: «Se per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo stabilito dall’art. 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l’ assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società». In questo caso, infatti, come anche concordemente affermato dalla dottrina giuscommercialistica, l’amministrazione societaria ha l’onere di rappresentare all’assemblea che la stessa non può limitarsi a prendere atto della situazione patrimoniale di cui trattasi, rinviando l’adozione dei provvedimenti, ma deve necessariamente deliberare la riduzione del capitale (ed il suo contestuale aumento o la trasformazione della società in altro tipo che richieda un capitale legale minimo inferiore). Ma a prescindere dalle suddette considerazioni, al dott. Ierace sono specificamente attribuibili talune condotte che, come correttamente argomentato dalla Procura federale, assumono carattere particolarmente grave «per il sistema endofederale, successive al 12 gennaio 2006 e nel periodo di durata nella carica civilistica e sportiva: a) mancato pagamento degli emolumenti dovuti ai tesserati, ai lavoratori dipendenti e ai collaboratori addetti al settore sportivo, come certificato dalla Lega Professionisti di serie C; b) mancato pagamento delle ritenute Irpef, dei contributi Enpals e Fondo fine carriera». Emblematica, inoltre, la nota del 27.2.2006 del Collegio sindacale della società, ove è, peraltro, dato leggere: «Questo Collegio, sulla scorta delle situazioni contabili ricevute al 31.12.2005 prima e al 28 febbraio 2006 poi, ha riscontrato una situazione finanziaria abbastanza pesante il cui perdurare potrebbe a breve pregiudicare l’equilibrio economico-finanziario della Società. Per fine corrente mese ci sono da assolvere impegni verso terzi di non poca entità e ad oggi non risulta che siano stati promossi azioni sufficienti a farvi fronte, quali quelle – fra l’altro – tendenti a riscuotere crediti già scaduti (vedansi contratti di prtnership per la stagione calcictica 2004/2005 con Maxposrl, Maxensrl, Givialsrl, Medical Sport Center s.r.l., Pro Casa srl)». Più in generale, poi, l’analisi dei bilanci della società di cui trattasi evidenzia che anche nel periodo in cui il dott. Ierace ha fatto parte del consiglio di amministrazione, si è verificato un ulteriore deterioramento della situazione economico-finanziaria, con particolare riguardo, peraltro, all’aggravio dei costi sportivi e della svalutazione dei crediti. Nel complesso, occorre ricordare come gli esiti dell’ispezione della Covisoc del 20 aprile 2006 segnalano un ammontare di debiti verso tesserati, erario ed enti previdenziali pari ad oltre 4 milioni di euro. Potrebbe replicarsi: la situazione di (pre)dissesto economico-finanziaria della società U.S. Catanzaro s.p.a. non è attribuibile all’operato del dott. Ierace, essendo questi entrato a far parte del consiglio di amministrazione, anche con poteri gestori, solo dal gennaio 2006. E ciò è vero. Ma è altrettanto vero, come ben evidenziato dalla Procura federale in sede di controdeduzioni, che «è obbligo dell’Amministratore, soprattutto di colui che non effettua nemmeno il pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti, arrestare subito la gestione, onde evitare di aggravare il danno per i terzi. In assenza di immediata ricapitalizzazione della Società (il che non è avvenuto), il dott. Ierace avrebbe dovuto da subito astenersi dal richiedere la prestazione alle controparti della Società avendo la chiara consapevolezza di non effettuare la dovuta controprestazione, avrebbe dovuto chiedere la dichiarazione di fallimento in proprio». È stato poi contestato, in sede penale, al dott. Ierace (tra gli altri) di aver stralciato, in data 23 marzo 2006, la voce di credito per sponsorizzazioni pari a circa 1 milione di euro verso la Colao Costruzioni s.r.l. e la Medical Sport Center s.r.l. («società di proprietà dei soci di riferimento della società calcistica che avevano nominato lo stesso dott. Ierace amministratore delegato della stessa», precisa la Procura federale), «in totale inosservanza», si legge nel provvedimento accusatorio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, «dei principi di verità e correttezza sanciti dall’art. 2423 c.c.; circostanza redarguita sia dal Collegio sindacale, il quale rilevava la assenza di documentazione giustificativa dell’operazione, sia dalla Covisoc che prendeva atto della mancata riscossione del credito». Orbene, premesso che, lo si ribadisce, in questa sede disciplinare ciò che rileva è il fatto e il suo disvalore antigiuridico rispetto all’ordinamento sportivo, e non la sua eventuale connotazione penalistica, tale specifica condotta attribuita al dott. Ierace non risulta qui in alcun modo oggetto di contestazione, tantomeno specifica. Non può, poi, restare privo di valutazione quanto affermato in sede ispettiva Covisoc dall’allora amministratore delegato Ierace, a dire del quale, il gruppo Medical Sport Center s.r.l., a seguito degli intercorsi accordi parasociali si era accollato debiti della società ed aveva sottoscritto contratti di sponsorizzazione; l’adempimento di tali impegni, unitamente alla corresponsione da parte di “terzi” degli anticipi vari corrisposti e riportati in bilancio per euro 657.768,oo e di quella da parte del predetto Gruppo per le anticipazioni riportate in bilancio per un ammontare pari ad euro 850.000,oo, «sarebbero stati corrisposti a breve, rappresentando parte della liquidità necessaria per far fronte agli adempimenti necessari per l’iscrizione al successivo campionato». Circostanza, poi non verificatasi, anche per effetto delle decisioni gestionali assunte dall’amministratore delegato di non procedere al recupero di quei crediti e, sul piano contabile, in ordine alla svalutazione degli stessi. Da ultimo, deve osservarsi che, al contrario di quanto ritenuto dal reclamante Ierace, la CDN non ha sovrapposto, né tantomeno equiparato, le sue condotte con quelle del dott. Poggi Madarena. Di un tanto si ha conferma non solo nel corpo della motivazione, ma anche, in modo inequivoco, dalla medesima diversa misura sanzionatoria adottata nei confronti dei due odierni reclamanti. Quanto alle difese del dott. Ierace in ordine alla decisione del 22 novembre 2011 della Corte di Cassazione sul ricorso per sequestro proposto dalla Procura e del sig. Poggi Madarena in ordine all’ordinanza del Tribunale civile che ha deciso il ricorso per sequestro conservativo promosso dalla curatela fallimentare, la tesi, pur suggestiva, rimane priva di specifica valenza probatoria, specie nel presente procedimento. Infatti, anzitutto, come già osservato dalla CDN, si tratta di decisioni assunte a cognizione sommaria e inerenti la fase cautelare dei rispettivi processi (penale e civile) pendenti innanzi al Tribunale di Catanzaro. È sufficiente, a tal riguardo, ricordare l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui «in tema di sequestro preventivo la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del tribunale del riesame (e di questa Corte), non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità del soggetto indagato in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria della antigiuridicità penale del fatto» (Corte di Cassazione, sez. un., 7 novembre 1992). Sotto il profilo delle condizioni generali per l’applicabilità delle misure cautelari, del resto, «ai fini della verifica in ordine alla legittimità del provvedimento mediante il quale sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi e alla colpevolezza dell’indagato» (Corte di Cassazione, sez. un., 23 aprile 1993). Diversamente, si finirebbe con l’utilizzare surrettiziamente la procedura incidentale di riesame per una preventiva verifica del fondamento dell’accusa, con evidente usurpazione di poteri che sono per legge riservati al giudice del procedimento principale (cfr., ex plurimis, Corte di Cassazione, III sez. pen., 26 aprile 1996; Corte di Cassazione, III sez. pen., 14 ottobre 1994; Corte di Cassazione, VI sez. pen., 4 febbraio 1993). Ed anche nella stessa decisione invocata in reclamo la Cassazione ha cura di precisare che il suddetto orientamento «è stato ribadito in recenti pronunce, nelle quali il Supremo Collegio ha evidenziato come il Tribunale debba valutare se il fatto contestato, astrattamente inteso, rientri nella data ipotesi di reato, senza scendere sul piano concreto per verificare la sussistenza effettiva di quel fatto (Cass. 9 ottobre 2006, sentenza n. 234782), se non nei limiti del fumuscommissidelicti, alla luce delle prospettazioni del P.M. e delle allegazioni della difesa (Cass. 7 giugno 2006, sentenza n. 234197)». Si aggiunga, inoltre, che le valutazioni operate dalla Corte di Cassazione e dallo stesso Tribunale di Catanzaro, nelle sedi cautelari prima ricordate, sono state effettuate in ordine al reato di cui all’art. 640 bis c.p., «unica fattispecie rilevante ai fini dell’adozione del provvedimento di sequestro», come affermato dalla stessa predetta Corte nella decisione invocata in reclamo. Le stesse, dunque, non potrebbero, comunque, avere uno specifico rilievo nell’ambito del presente procedimento, nel quale non interessa se è o meno configurabile il reato di truffa, bensì se le condotte poste in essere dai due reclamanti sono contrarie alle regole ed ai principi dell’ordinamento sportivo e se, dunque, sussistono o meno i presupposti e le condizioni, anche nella loro dimensione soggettiva, perché gli stessi possano essere sanzionati dagli organi di giustizia federale. Ancora, quanto specificamente alla posizione Ierace, la stessa Suprema Corte evidenzia come la circostanza (difetto di qualifica di amministratore al momento dell’erogazione dei contributi e dell’approvazione del bilancio del 7 dicembre 2005) invocata dall’interessato, fa venir meno, «allo stato, … quel “fumuscommissi delitti” che giustificherebbe il ripristino della misura cautelare reale, al contrario non ipotizzabile in assenza, allo stato, di un ancorché astratto nesso di causalità». In altri termini, non solo le decisioni di cui trattasi attengono al solo profilo della sussistenza delle condizioni per procedere alla concessione delle misure cautelari richieste, ma, in ogni caso, le stesse risultano adottate «allo stato», concetto, questo, più volte ribadito, ad esempio, dai giudici della legittimità nella sentenza prima ricordata. Non vi è dubbio, poi, che i comportamenti posti in violazione della normativa federale e di cui si è detto rivestono un disvalore sportivo diverso e comunque autonomo ed aggiuntivo (rispetto a quello proprio della sede giudiziaria ordinaria) che merita specifica valutazione, anche a tutela dell’ordinato e regolare svolgimento dei campionati. Né potrebbe sostenersi che occorrerebbe allora attendere l’esito del giudizio penale, in quanto i fatti contestati dalla magistratura ordinaria verrebbero qui in rilievo non in quanto reati bensì, in quanto condotte che rivestono rilievo per l’ordinamento sportivo. Infatti, come da costante giurisprudenza sportiva, deve osservarsi come esuli dal presente giudizio sportivo ogni valutazione effettuata a diversi fini dagli organi della giustizia ordinaria. «Più volte, in tale prospettiva, questa Corte ha avuto modo di ribadire che le decisioni adottate in questa sede non possono e non vogliono in alcun modo interferire con le diverse ed autonome valutazioni effettuate in ossequio alle disposizioni ed ai principi dell’ordinamento penale, nei termini e secondo il rito dallo stesso previsto. Peraltro, a tal proposito, le stesse sezioni unite di questa CGF hanno osservato come debba essere negata la sussistenza della pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo. E’ storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia dell’ordinamento settoriale sportivo debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore» (così, ad esempio, Corte di Giustizia Federale, sez. un., C.U. n. 019/CGF del 2 agosto 2012). Deve, poi, ricordarsi come l’autonomia dell’ordinamento sportivo trovi fondamento anche «nella norma costituzionale di cui all’art. 18, concernente la tutela della libertà associativa, nonché nell’art. 2, relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo» (cfr. Cassazione, 27 settembre 2006, n. 21006, in Guida al dir., 2006, n. 46, p. 59 (s.m.); Cassazione, 28 settembre 2005, n. 18919, in Giust. civ. Mass., 2005, f. 7/8). Se, pertanto, si muove dalla premessa della indiscutibile autonomia dell’ordinamento sportivo, deve riconoscersi alle federazioni sportive nazionali il correlativo potere di emanare norme interne per l’ordinato svolgimento delle competizioni sportive e, di conseguenza, che agli organi delle stesse deve anche essere riservato il giudizio sull’osservanza di siffatte norme. Quanto, infine, al profilo sanzionatorio ritiene, questo Collegio, che le sanzioni individuate dalla CDN sono congrue e coerenti con i diversi profili di responsabilità riconosciuti in capo ai due reclamanti. Occorre, in tal ottica, anche tenere conto che le condotte contestate ai sigg.ri Ierace e Poggi Madarena nel presente procedimento sono, come detto, connotati da un rilevante disvalore sportivo, laddove si consideri che i fatti ai medesimi ascritti, come anche dettagliatamente illustrato nel decreto di rinvio a giudizio, sono stati commessi (quantomeno anche) al fine di alterare i bilanci sociali ed i rapporti patrimonio/debiti richiesti dalla normativa federale per l’iscrizione ai campionati professionistici senza che invece ne sussistessero i requisiti. Per questi motivi la C.G.F., preliminarmente riuniti i ricorsi nn. 4) e 5) come sopra rispettivamente proposti dai Sigg.ri Poggi Madarena Massimo e Ierace Giuseppe, li respinge. Dispone incamerarsi le relative tasse reclamo.
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