F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 264/CGF del 17 Aprile 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 292/CGF del 13 Maggio 2014 e su www.figc.it 1. RICORSO A.C. PRATO AVVERSO DECISIONI MERITO GARA PRATO/LECCE DEL 23.3.2014 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico – Com. Uff. n. 138/DIV del 1.4.2014)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 264/CGF del 17 Aprile 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 292/CGF del 13 Maggio 2014 e su www.figc.it
1. RICORSO A.C. PRATO AVVERSO DECISIONI MERITO GARA PRATO/LECCE DEL 23.3.2014 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico - Com. Uff. n. 138/DIV del 1.4.2014)
La A.C. Prato S.p.A., come rappresentata e assistita, propone reclamo avverso la decisione adotta sul merito gara Prato/Lecce del 23 marzo 2014 dal Giudice Sportivo presso la Lega Pro e pubblicata sul Com. Uff. n. 138/DIV del 1 aprile 2014. Questi di seguito in sintesi descritti i fatti di rilievo nel presente procedimento. In data 23 marzo 2014 si disputava la gara Prato/Lecce valevole per il Campionato di prima Divisione, Girone B), che si concludeva con il risultato di 1 – 3. Nel corso del primo tempo, in conseguenza della concessione di un calcio di rigore in favore del Lecce, il direttore di gara comminava l’espulsione (diretta) del calciatore n. 5 del Prato, Alessandro Malomo, ritenuto responsabile del fallo che avrebbe interrotto una chiara occasione da rete. In realtà, a dire della reclamante, dall’esame dei filmati video si ricaverebbe che il fallo in questione sia stato commesso non dal predetto calciatore n. 5 (Alessandro Malomo), bensì dal calciatore n. 11 del Prato (Andrea Romanò). Con reclamo al Giudice Sportivo, pertanto, la società Prato chiedeva, «previa ammissione e visione delle immagini allegate, di sanzionare con la squalifica che riterrà congrua il calciatore della parte istante n. 11 Romanò Andrea quale effettivo autore dell’infrazione sanzionata dall’Arbitro». Infatti, sostiene la reclamante (reclamo al Giudice Sportivo del 24.3.2014) «il n. 5 del Prato Malomo Alessandro dalle immagini risulta chiaramente lontano dal pallone che scorre davanti a lui ed al suo diretto avversario, senza che nessuno dei due provi neppure lontanamente ad intervenire sulla palla, che arriva direttamente nella zona dove sono posizionati il n. 2 del Lecce, che subisce il fallo da rigore, ed il n. 11 del Prato che lo causa». Con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 135/DIV il Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico, premesso che la società «allegava alla richiesta video sintesi della gara per l’utilizzo ai sensi dell’art. 35 comma 1.2 C.G.S.; che verificata la piena garanzia tecnica e documentale delle riprese televisive si è proceduto all’esame delle stesse; che dalla visione dell’episodio appare chiaro ed inequivocabile che a commettere il fallo è il n. 11 della società Prato Romanò Andrea e non il n. 5 Malomo Alessandro», deliberava «di squalificare per una gara effettiva il calciatore Romanò Andrea della società Prato per aver commesso fallo su un avversario lanciato a rete senza ostacolo». Con ulteriore reclamo in data 26 marzo 2014 la medesima società A.C. Prato S.p.A. chiedeva che, essendo stato accertato l’errore tecnico commesso dall’arbitro nella individuazione del calciatore autore del fallo, fosse disposta la ripetizione della gara, in quanto il predetto errore avrebbe, appunto, danneggiato la società Prato che si sarebbe vista privare dell’apporto di un calciatore ingiustamente espulso in luogo dell’effettivo autore del fallo. Ciò inficerebbe la regolarità della gara, con conseguente necessità «di ripetizione della stessa a norma dell’art. 17 comma 4 lett c) C.G.S.». Deduceva, in tal ottica, la A.C. Prato S.p.A., di ben conoscere (ma non condividere) l’orientamento della C.G.F. secondo cui i filmati possono essere utilizzati nei soli procedimenti riguardanti l’irrogazione di sanzioni disciplinari ai tesserati e non anche nei procedimenti relativi all’esito gara, evidenziando, nel contempo, «come nel presente procedimento non venga prodotto quale mezzo di prova alcun video dalla cui visione si possa o meno accertare un “errore” da parte dell’arbitro, in quanto tale errore risulta già accertato in via definitiva dal Giudice Sportivo presso la Lega Pro nella delibera pubblicata sul Com. Uff. n. 135/DIV del 25 marzo 2014». Nell’instaurato procedimento interveniva la società U.S. Lecce s.p.a., come rappresentata e difesa, presentando proprie controdeduzioni. Eccepiva, anzitutto, la U.S. Lecce l’inammissibilità e/o improcedibilità dell’avverso reclamo, attesa l’omessa comunicazione «alla scrivente del preannuncio di reclamo (dichiarazione di reclamo) a mente di quanto previsto dall’art. 33, comma 5, C.G.S.». Osservava, a tal proposito, in particolare, «come il legislatore federale con l’espressione “copia della dichiarazione e dei motivi di reclamo e del ricorso” utilizzi una locuzione che intende chiaramente riferirsi a due distinte fattispecie: l’una, quella del preannuncio di reclamo, l’altra quella della presentazione del reclamo / ricorso motivato». Ad ogni buon conto, riteneva la U.S. Lecce S.r.l. che, anche a non voler ritenere assorbente la predetta eccezione, «appare lapalissiano che l’avverso reclamo sia da ritenersi inammissibileo, comunque, come nel caso di specie si appalesi l’incompetenza e/o il difetto diiuspostulandi di Codesto Ecc.mo Giudice vertendosi su fatti che investono decisioni di natura tecnica o disciplinare adottate in campo dall’arbitro». In tal ottica, infatti, la fattispecie sarebbe «sussumibile nell’ambito dell’art. 29, comma 3, sopra citato, atteso che il “fatto” da cui scaturirebbe l’irregolarità della gara rientra tra le “decisioni di natura tecnica o disciplinare adottate in campo dall’arbitro” assolutamente insindacabili, anche solo incidentalmente, da parte dell’Organo di Giustizia Sportiva». Evidenziava, poi, la U.S. Lecce: a) la decisione del Giudice Sportivo invocata dalla reclamante «non può considerarsi facente parte del “fascicolo processuale” in difetto di produzione e/o trasmissione»; b) stante il chiaro disposto dell’art. 35 C.G.S. nessun atto diverso dai rapporti dell’arbitro, degli assistenti e del quarto ufficiale, può essere utilizzato ai fini del presente procedimento; c) la decisione del G.S. invocata dall’A.C. Prato può essere utilizzata solo al fine dell’irrogazione di sanzioni disciplinari; d) «la c.d. prova televisiva, nei procedimenti aventi per oggetto la regolarità delle gare, non può essere utilizzata non solo in via diretta ma neppure in via mediata»; e) «appare evidente inoltre che, in armonia con le generalissime regole dell’efficacia inter partesdall’accertamento di un fatto di rilevanza giuridica non potrebbe avere nessun rilievo assoluto nell’odierno procedimento un fatto accertato in altro procedimento in cui la scrivente non è stata parte ne poteva esserlo». Per quanto sopra la U.S. Lecce S.p.A. concludeva chiedendo dichiararsi l’inammissibilità e/o la improcedibilità del reclamo proposto dalla A.C. Prato S.p.A. e, comunque, «accertare e dichiarare il proprio difetto di competenza e/o la propria carenza di potestasiudicandi; nel merito rigettare l’avverso reclamo poiché infondato». Con specifica memoria difensiva presentata il 31 marzo 2014 la A.C. Prato S.p.A. contestava l’ammissibilità delle controdeduzioni presentate dalla U.S. Lecce s.p.a., ritenendo, comunque, che quanto sostenuto, tanto in via di eccezione, quanto nel merito, dalla U.S. Lecce s.p.a. fosse infondato. In particolare, l’eccezione di inammissibilità del reclamo per difetto di comunicazione alla controparte sarebbe infondata, come anche il richiamo alla decisione dell’Alta Corte di Giustizia sportiva n. 16 del 2012 che atterrebbe all’esame della riserva scritta prevista nei procedimenti ex art. 29, comma 5 e 6, C.G.S. che trattano questioni diverse da quelle qui in esame. Con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 138/DIV il Giudice Sportivo presso la Lega Pro respingeva il reclamo proposto dalla società A.C. Prato S.p.A., confermando il risultato della gara acquisito sul campo (Prato 1 - Lecce 3). A tal fine osservava il predetto Giudice Sportivo che l’art. 17, comma 4, C.G.S. prevede la facoltà degli organi di giustizia sportiva di valutare l’influenza sul regolare svolgimento della gara di fatti che per loro natura non sono valutabili con criteri esclusivamente tecnici. Ciò premesso il Giudice Sportivo riteneva che la suddetta norma, di chiaro contenuto residuale, dovesse ritenersi applicabile, «con le dovute e opportune valutazioni, solo in riferimento a situazioni che non trovino specifico rimedio in norme appositamente previste nel medesimo C.G.S.». Pertanto, considerato che l’art. 35, comma 1.2, C.G.S. prevede la possibilità per gli organi di giustizia sportiva di modificare le risultanze degli atti ufficiali a fronte della prova dell’errore di persona commesso dall’arbitro, atteso il carattere di specialità della predetta norma, la fattispecie in esame deve ritenersi sottratta all’applicazione dell’art. 17, comma 4, C.G.S.. Avverso la suddetta decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Pro propone, come detto, reclamo la A.C. Prato S.p.A.. Premette, anzitutto, la società reclamante, di non voler invocare nel presente procedimento l’accertamento di un fatto (ossia l’errore di persona commesso dall’arbitro) per il tramite dell’esame di filmati video, considerato che « l’errore di persona commesso dall’Arbitro durante la gara Prato/Lecce del 23.3.2014 è già stato accertato in altro e diverso procedimento». La reclamante, dunque, «contesta la motivazione addotta dal Giudice Sportivo nella delibera impugnata, non solo perché smentisce quanto lo stesso giudice aveva in precedenza affermato in casi analoghi, ma perché contrasta chiaramente con la costante giurisprudenza degli organi di Giustizia Sportiva ed in particolare della Corte di Giustizia Federale». A tal proposito la società reclamante richiama alcuni precedenti giurisprudenziali che confermerebbero che «l’errore di persona commesso dall’arbitro nell’irrogazione di una sanzione disciplinare, sia questa riferita alla mancata espulsione di un calciatore ammonito due volte, oppure all’espulsione di un calciatore diverso rispetto all’autore del fallo, costituisce non solo un fatto per sua natura non valutabile con criteri esclusivamente tecnici ma idoneo ad influire sul regolare svolgimento della gara, integrando così i presupposti previsti dall’art. 17 comma 4 C.G.S. per l’applicazione del rimedio previsto alla lettera c) del citato articolo, ovvero la ripetizione della gara». In via istruttoria, la società reclamante richiede che la C.G.F. si avvalga dei poteri di accertamento e di indagine attribuiti dall’art. 34, commi 4 e 5, C.G.S. e quindi richieda un «un supplemento di referto sia all’arbitro dell’incontro Prato/Lecce del 23.3.2014 che all’assistente dell’arbitro che si trovava di fronte all’azione dalla quale è scaturito il fallo che ha impedito al calciatore del Lecce di segnare una rete». Conclude, l’A.C. Prato S.p.A, chiedendo che, in riforma della delibera impugnata, sia dichiarata irregolare la gara Prato-Lecce del 23 marzo 2014, e, di conseguenza, sia ordinata, ai sensi dell’art. 17, comma 4, lett. c), C.G.S., la ripetizione della gara stessa, rimettendo gli atti alla Lega Italiana Calcio Professionistico per quanto di competenza. Con riferimento al suddetto reclamo proposto dell’A.C. Prato S.p.A., la U.S. Lecce S.p.A. ha depositato una propria memoria difensiva, chiedendo il rigetto del reclamo medesimo, con conseguente conferma del provvedimento del Giudice Sportivo. Reiterate, anzitutto, le eccezioni preliminari già articolate in sede di giudizio di prime cure, ribadisce, la U.S. Lecce, come la fattispecie concreta sia pienamente sussumibile nell’ambito dell’art. 29, comma 4, C.G.S.. Evidenzia, inoltre, come «nei procedimenti afferenti la regolarità della gara gli unici mezzi di prova utilizzabili siano da considerarsi quelli previsti dall’art. 35, 3.1, C.G.S.». Ribadisce, altresì, come la decisione del G.S. pubblicata sul Com. Uff. n. 35/div sia stata resa al solo fine della irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti di tesserati e non comporta alcun accertamento utilmente spendibile nell’odierno procedimento. Del resto, prosegue la U.S. Lecce S.p.A., anche alla luce della ratio di cui al richiamato art. 35 CGS «non appare ammissibile l’utilizzo in via mediata delle risultanze della prova televisiva per accertamento di un fatto diverso dalla non commissione di una infrazione del regolamento di giuoco». Con riferimento alla concreta fattispecie osserva, peraltro, la U.S. Lecce S.p.A. come non sia revocabile in dubbio che «la A.C. Prato avrebbe dovuto disputare la restante parte della gara in inferiorità numerica e che l’eventuale erronea indicazione del soggetto destinatario del cartellino rosso non abbia avuto una effettiva influenza sulla regolarità di svolgimento della gara». Alla seduta del 17 aprile 2014 sono comparsi, innanzi a questa Corte l’avv. Fabio Giotti per la
reclamante A.C. Prato S.p.A. e l’avv. Saverio Sticchi Damiani per la resistente U.S. Lecce S.p.A.. Dopo i rispettivi interventi, i procuratori delle parti hanno richiamato le proprie già articolate deduzioni ed argomentazioni difensive, insistendo nelle conclusioni già rassegnate in atti. Esaurita la discussione, chiuso il dibattimento, la Corte, all’esito della camera di consiglio, ha pronunciato la decisione di cui al dispositivo sulla base dei seguenti MOTIVI Occorre, preliminarmente, esaminare l’eccezione di inammissibilità del reclamo, articolata dalla U.S. Lecce S.p.A., per difetto di comunicazione alla stessa della “dichiarazione” di reclamo da parte della A.C. Prato S.p.A.. L’eccezione è priva di pregio. Infatti, il preannuncio di reclamo è stato, nel caso di specie, correttamente effettuato da parte della A.C. Prato S.p.A. che, come disposto dalla normativa federale, ha poi provveduto a comunicare alla U.S. Lecce S.p.A. i motivi di reclamo. Recita, a tal proposito, l’art. 33, comma 5, C.G.S.: «I reclami e i ricorsi, sottoscritti dalle parti o dai loro procuratori, devono essere motivati e trasmessi, a cura degli interessati, agli Organi competenti con le modalità e nei termini fissati dall’art. 38. Copia della dichiarazione e dei motivi del reclamo o del ricorso deve essere inviata, contestualmente, all’eventuale controparte». La predetta norma si riferisce solo alla dichiarazione ed ai motivi di reclamo: solo questi atti devono, dunque, essere comunicati alla controparte e non anche, invece, il preannuncio di reclamo. In altri termini, questo Collegio, aderendo a conforme giurisprudenza della Corte Federale (cfr. Com. Uff. n. 31/C del 21 febbraio 2005), non nutre alcun dubbio sul fatto che l’obbligo di trasmissione alla controinteressata della “dichiarazione” di reclamo, prevista dall’art. 33, comma 5, C.G.S. non riguarda il “preannuncio” di reclamo. Quest’ultimo, infatti, è atto ontologicamente diverso dalla dichiarazione di reclamo (alla quale deve, quindi, essere riferito l’anzidetto obbligo di comunicazione), svolgendo esso la mera funzione di atto prodromico alla vera e propria
manifestazione della volontà di proporre reclamo avverso l’esito di una gara, volontà che si concretizza soltanto con l’inoltro del reclamo, la cui comunicazione alla società controinteressata è di per sé sola idonea e sufficiente alla salvaguardia del diritto di difesa della stessa. Nella fattispecie, dunque, la mancata comunicazione del preannuncio di reclamo non comporta alcuna violazione della normativa federale e non si traduce in alcuna violazione del diritto di difesa. Tanto è vero, con riguardo al caso di specie, che la U.S. Lecce S.p.A. ha ritualmente proposto proprie controdeduzione, certamente ammissibili nel presente procedimento, anche in considerazione della domanda avanzata dalla reclamante società (ripetizione della gara) e quindi dell’evidente (contro)interesse della stessa U.S. Lecce S.p.A. a prendere parte al procedimento e contraddire nel medesimo. Ritenuto, dunque, sotto tale profilo, ammissibile il reclamo proposto dalla A.C. Prato S.p.A. questa C.G.F. ritiene che lo stesso non meriti accoglimento e, debba pertanto, essere respinto, con piena e integrale conferma della impugnata decisione del Giudice Sportivo e del risultato acquisito
sul campo (Prato 1 – Lecce 3). In tale prospettiva deve, anzitutto, osservarsi che se è vero che l’art. 17, comma 4, C.G.S., dispone che «quando si siano verificati, nel corso di una gara, fatti che per la loro natura non sono valutabili con criteri esclusivamente tecnici, spetta agli Organi della giustizia sportiva stabilire se e in quale misura essi abbiano avuto influenza sulla regolarità di svolgimento della gara», è altrettanto vero che l’art. 29, comma 3, C.G.S., prevede che «i Giudici Sportivi giudicano, altresì, in prima istanza sulla regolarità dello svolgimento delle gare, con esclusione dei fatti che investono decisioni di natura tecnica o disciplinare adottate in campo dall’arbitro, o che siano devoluti alla esclusiva discrezionalità tecnica di questi ai sensi della regola 5 del Regolamento di Giuoco». Nel caso di specie, il fatto dedotto in giudizio non appare (a differenza delle fattispecie già oggetto delle decisioni adottate da questa C.G.F. e richiamate nell’atto di reclamo) suscettibile di valutazione da parte degli organi di giustizia sportiva, riferendosi a fatto che riveste natura disciplinare-agonistica oggetto di specifico provvedimento del direttore di gara e, dunque, sotto tale profilo, insindacabile in questa sede di giustizia sportiva. Il fatto-errore di cui trattasi non può, pertanto, ritenersi “idoneo ad influenzare la regolarità della gara” ai sensi della sopra ricordata disposizione di cui all’art. 17, comma 4, C.G.S.. Deve, poi, in ogni caso, evidenziarsi come non possono essere in alcun modo condivise le argomentazioni spese della società reclamante a sostegno della propria richiesta di ripetizione della gara. Deve, a tal proposito, rammentarsi il dettato normativo di cui all’art. 35, comma 1.2, C.G.S.: «gli Organi della giustizia sportiva hanno facoltà di utilizzare, quale mezzo di prova, al solo fine dell’irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti di tesserati, anche riprese televisive o altri filmati che offrano piena garanzia tecnica e documentale, qualora essi dimostrino che i documenti ufficiali indicano quale ammonito, espulso o allontanato soggetto diverso dall’autore dell’infrazione». Come si evince chiaramente da un’analisi sia letterale, sia sistematica della prima citata disposizione, l’uso della prova per immagini è ammesso solo ed esclusivamente ai fini della irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti dei tesserati. Di conseguenza, l’asserito “accertamento” insito nella decisione del G.S., basato sull’esame dei filmati video, non può essere utilizzato in questa sede, ove si discute del merito gara. La prima decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Pro, infatti, è stata adottata in forza della c.d. prova televisiva ai sensi dell’art. 35, comma 1.2, C.G.S., e, pertanto, la stessa non può che valere ed avere efficacia ai fini dell’irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti di tesserati. In definitiva, la chiara formulazione della norma, già da un punto di vista meramente letterale, esclude che la c.d. prova televisiva possa essere utilizzata, seppur in via “mediata”, per l’accertamento di un fatto, quale la doppia ammonizione di un calciatore non sanzionata con la dovuta espulsione, oppure l’espulsione di un calciatore in luogo dell’effettivo autore del fallo sanzionato, che, avendo avuto influenza sulla regolarità dello svolgimento della gara, può determinare la ripetizione della stessa. La non ammissibilità della c.d. prova televisiva per finalità diverse da quelle specificamente indicate dalla norma risulta altrettanto evidente da un punto di vista sistematico. Se, infatti «l’utilizzo delle riprese televisive come mezzo di prova consentisse di attestare l’esistenza di un fatto idoneo ad influenzare la regolarità dello svolgimento di una gara con conseguente possibilità per gli Organi di giustizia sportiva di ordinare la ripetizione della gara, si perverrebbe alla conclusione, inaccettabile per la stessa sopravvivenza del sistema, che non solo nei casi quali quello in esame, ma in tutti i casi, anche quelli di cui al comma 1/1.3 - relativi ai fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernenti l’uso di espressione blasfema, non visti dall’arbitro, che di conseguenza non ha potuto prendere decisioni - potrebbe essere chiesta ed ordinata la ripetizione della gara ove l’Organo di giustizia sportiva, irrogando la sanzione della squalifica, abbia implicitamente accertato che il calciatore sanzionato ha commesso un’infrazione, non vista dall’arbitro, per la quale doveva essere espulso dalla gara» (cfr. CGF, Com. Uff. n. 169/CGF del 12 febbraio 2012). In altri termini, chiara ed evidente è la ratio del disposto normativo di cui all’art. 35 sopra richiamato: l’ordinamento federale ha inteso evitare che fatti teoricamente idonei a dare luogo alla ripetizione di una gara possano essere accertati anche con le riprese televisive nella presumibile consapevolezza che l’allargamento dei mezzi di prova potrebbe determinare un profluvio di richieste in tal senso e, di conseguenza, una molteplicità di ripetizioni di gare, con conseguenti rallentamenti e anomalie dei vari campionati. Orbene, siffatta ratio della norma e le esigenze del sistema non mutano di certo qualora si pretenda di utilizzare, ai fini di cui trattasi, un “accertamento” contenuto in una decisione di un organo della giustizia sportiva che, essendo basato sulla prova ammessa dall’art. 35, non può che essere effettuato (e quindi avere efficacia) all’interno del procedimento teso alla eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari ai tesserati e non anche per il merito gara. Del resto, il presupposto è sempre e comunque quello dell’utilizzo dei filmati video e non può, dunque, di certo ignorarsi, nel presente procedimento ed ai fini dell’esame della domanda (ripetizione della gara) avanzata in questa sede dalla reclamante, che la decisione del Giudice Sportivo, invocata dalla medesima A.C. Prato S.p.A. a sostegno del proprio assunto, è, appunto, basata su quel presupposto, ossia la c.d. prova televisiva che l’ordinamento, invece, ammette solo ai sensi (e, per gli effetti) di cui all’art. 35, comma 2.1, C.G.S.. Accogliendo la tesi della società reclamante si legittimerebbe una inammissibile “dilatazione” dell’uso della c.d. prova televisiva e si svuoterebbe del tutto la predetta norma del suo contenuto, oltre che della ratio e della funzione che
le sono proprie. Peraltro, e in conclusione, come già questa Corte ha avuto modo di affermare, «per la eventuale irrogazione della sanzione della ripetizione della gara, fanno piena prova circa il comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento della gara di cui è chiesta la ripetizione solo i rapporti dell’arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale e i relativi eventuali supplementi e, dagli atti depositati in giudizio» (CGF, Com. Uff. n. 169/CGF del 12 febbraio 2012). Orbene, sotto tale profilo, non può, nel caso di specie, ritenersi dimostrato che nel corso della gara dedotta in giudizio si siano verificati fatti oggettivamente accertabili ed idonei ad influenzare la regolarità di svolgimento della stessa. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dall’A.C. Prato di Prato. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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