COMITATO REGIONALE PIEMONTE VALLE D’AOSTA – STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc-crto.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N° 41 del 20.11.2014 Delibere della Corte Sportiva di Appello Territoriale a) Ricorso del calciatore DARIO SCOZZAFAVA avverso la decisione del Giudice Sportivo pubblicata sul comunicato ufficiale n. 29 del Comitato Regionale Piemonte e Valle d’Aosta del 9.10.2014 in riferimento alla gara TROFARELLO – CMC MONTIGLIO MONFERRATO del 5 ottobre 2014 valida per il Campionato di I categoria – Girone F

COMITATO REGIONALE PIEMONTE VALLE D’AOSTA – STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc-crto.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N° 41 del 20.11.2014 Delibere della Corte Sportiva di Appello Territoriale a) Ricorso del calciatore DARIO SCOZZAFAVA avverso la decisione del Giudice Sportivo pubblicata sul comunicato ufficiale n. 29 del Comitato Regionale Piemonte e Valle d’Aosta del 9.10.2014 in riferimento alla gara TROFARELLO – CMC MONTIGLIO MONFERRATO del 5 ottobre 2014 valida per il Campionato di I categoria – Girone F Con il ricorso in oggetto il ricorrente lamenta l’eccessività della sanzione inflittagli dal Giudice Sportivo: squalifica per dieci gare effettive ai sensi dell’art.11 comma 2 CGS Il materiale istruttorio in atti, costituito dal rapporto arbitrale, non consente di mettere in discussione la dinamica dei fatti così come contestata ed accertata dal G.S. Le dichiarazioni, rese nel corso dell’audizione del 24.10.2014, con le quali il ricorrente esclude di aver utilizzato una terminologia discriminatoria nei conforti del giocatore avversario sono mere allegazioni prive di riscontro ed, anzi, smentite dal direttore di gara nel suo rapporto che sul punto è preciso e circostanziato. L’unica questione da affrontare, quindi, è quella relativa all’entità della sanzione inflitta. Al riguardo, occorre preliminarmente osservare (in quanto sollecitati sul punto dal ricorrente) che non é applicabile al caso in esame l’istituto della sospensione di cui all’art.16 comma 2 bis CGS in quanto la sospensione può operare esclusivamente con riferimento alle sanzioni inflitte alle società relative: alla disputa di una o più gare a porte chiuse (art.18, comma 1, lett. d) ovvero con uno o più settori chiusi agli spettatori (art. 18, comma1, lett. e) ed alla squalifica dal campo (art.18, comma1, lett.f). In ogni caso, nonostante la pregevolezza delle argomentazioni, questa Corte ritiene di non poter aderire alla interpretazione della difesa dello Scozzafava secondo la quale il minimo sancito dall’art.11 comma 2 CGS non sarebbe inderogabile. L’interpretazione difensiva poggia su quanto stabilito nel comma 1 dell’art.16 del CGS in virtù del quale al G.S. sarebbe riconosciuto un potere discrezionale nello stabilire l’entità della pena a seconda della natura e della gravità della infrazione anche attraverso l’eventuale riconoscimento di circostanze attenuanti. Ciò troverebbe esatta conferma in una recente decisione della Corte di Giustizia Federale che in un caso analogo a quello del ricorrente (delibera 28.3.2014 pubblicata nel C.U. 031/CGE), in applicazione dell’art.16 commi 1 e 4 CGS, ha ridotto a cinque gare l’originaria sanzione della squalifica per dieci gare. La decisione federale si sposerebbe perfettamente allo SCOZZAFAVA perchè questi, così come il calciatore beneficiato della riduzione nella citata delibera, ha intrapreso una attività di volontariato (presso il centro giovanile Valdocco di Torino) meritevole di apprezzamento ai fini del comma 4 dell’art.16 CGS ovvero in aggiunta alla sanzione disciplinare. Sostiene la difesa che se la Corte Federale ha ridotto la sanzione nei termini indicati imponendo in aggiunta il percorso rieducativo di cui è stata data prova ed invitando la società di appartenenza 56 (l’Atalanta, nel caso di specie) a inviare agli Organi requirenti federali una relazione circa il regolare svolgersi del percorso in questione, alle stesse conclusioni potrebbe giungere questa Corte in quanto il provvedimento federale dimostrerebbe la derogabilità del minimo sancito nell’art.11 comma 2 CGS. Come detto però questa Corte è di diversa opinione e ciò per ragioni logiche e sistematiche Anzitutto, dalla decisione della Corte di Giustizia Federale non è dato comprendere se la stessa abbia o meno affrontato la questione della derogabilità del minimo sanzionatorio previsto dall’art.11, comma 2. CGS. Non se ne fa alcun cenno, né esplicitamente, né tacitamente. E’ pur vero che vi è un richiamo alle disposizioni di cui all’art.16, commi 1 e 4 CGS, che potrebbe lasciar pensare che la Corte si sia posto il problema e lo abbia risolto nel senso della derogabilità, ritenendo principio generale assoluto e superiore quello della discrezionalità degli Organi di Giustizia Sportiva nella commisurazione delle sanzioni; è altrettanto vero, però, che nel caso affrontato dai Giudici Federali non è dato sapere se gli stessi abbiano ritenuto il calciatore effettivamente responsabile della violazione dell’art.11 CGS atteso che, tra i motivi di difesa espressamente richiamati nella delibera in questione, vi sono anche quelli relativi alla “insussistenza di una finalità di discriminazione razziale nella frase pronunciata e dell’elemento soggettivo di tale condotta”, come dire: non ti ho insultato per la tua razza, ma per la condotta che hai tenuto nei miei confronti (nel caso che qui ci occupa, il ricorrente non ne fa una questione di elemento soggettivo, ma di sussistenza della frase discriminatoria che, come detto, è invece indubbia). E’ del tutto evidente che ove la Corte Federale abbia ritenuto di escludere l’intento discriminatorio nelle offese oggetto di giudizio, la sanzione poi effettivamente irrogata (5 giornate più il percorso rieducativo) rappresenta il naturale sviluppo del potere discrezionale nella quantificazione della pena all’interno di ampi limiti sanzionatori quali sono quelli previsti per le offese “neutre”. Pertanto, di fronte alla incertezza delle ragioni che hanno mosso la Corte Federale nella sua decisione, non si può che fare ricorso ad un’interpretazione più sistematica, fermo restando che non è revocabile in dubbio il potere discrezionale degli Organi di Giustizia Sportiva ove esercitato all’interno dei limiti stabiliti dalle norme del CGS. D’altra parte, che l’interpretazione più armonica con l’intero impianto sanzionatorio del CGS sia quella più rigorosa (ovvero minimo inderogabile nel caso di comportamento discriminatorio), emerge dalla lettura della norma generale sulle sanzioni contenuta nell’art.19. In tale disposizione, al suo comma 1, il legislatore sportivo, laddove ha stabilito in via generale la tipologia delle sanzioni senza precisarne il minimo se non quello assoluto della squalifica per una gara, ha espressamente fatta salva la loro commisurazione alla natura ed alla gravità dei fatti commessi (art.16 comma 1); siccome al comma 4, laddove nel tipizzare alcune condotte dei calciatori con le rispettive sanzioni, ha sancito dei minimi e dei massimi diversi da quelli generali, prevedendone espressamente la derogabilità, facendo espressamente “salva l’applicazione di circostanze attenuanti o aggravanti”. Tali espresse clausole di riserva testimoniano che, laddove si è voluto rendere superabili i limiti sanzionatori stabiliti nelle norme sportive, lo si è espressamente previsto; non così nel caso dell’art.11 CGS. Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Corte Sportiva d’Appello delibera di respingere il ricorso di Dario SCOZZAFAVA. Dispone l’incameramento della a tassa di reclamo versata dal ricorrente. 57
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