F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 011/CFA del 05 Dicembre 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 036/CFA del 19 Marzo 2015 e su www.figc.it RICORSI: 1. Calc. BUONAIUTO CHRISTIAN 2. Calc. CARINI FILIPPO 3. Calc. DI MATTEO LUCA 4. Calc. IMPROTA RICCARDO 5. Calc. LA CAMERA GIOVANNI 6. Calc. MELCHIORRI FEDERICO 7. Calc. ROCCHI TOMMASO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 7.500,00 INFLITTA A CIASCUNO DEI RECLAMANTI SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA LATINA/PADOVA DEL 28.2.2014- NOTA N. 7792/635 PF13-14 AM/BLP DEL 26.6.2014 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 16/TFN del 30.10.2014)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 011/CFA del 05 Dicembre 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 036/CFA del 19 Marzo 2015 e su www.figc.it RICORSI: 1. Calc. BUONAIUTO CHRISTIAN 2. Calc. CARINI FILIPPO 3. Calc. DI MATTEO LUCA 4. Calc. IMPROTA RICCARDO 5. Calc. LA CAMERA GIOVANNI 6. Calc. MELCHIORRI FEDERICO 7. Calc. ROCCHI TOMMASO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 7.500,00 INFLITTA A CIASCUNO DEI RECLAMANTI SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA LATINA/PADOVA DEL 28.2.2014- NOTA N. 7792/635 PF13-14 AM/BLP DEL 26.6.2014 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 16/TFN del 30.10.2014) Premesso che con deferimento del Procuratore Federale del giugno 2014 i calciatori Christian Buonaiuto, Filippo Carini, Luca Di Matteo, Riccardo Improta, Giovanni La Camera, Federico Melchiorri e Tommaso Rocchi, tesserati all’epoca dei fatti per la Società Calcio Padova S.p.A., venivano sottoposti a giudizio per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S., per avere “deciso di sfilarsi le maglie di gioco e di abbandonarle a terra, cedendo così ad una illegittima pretesa a loro rivolta da propri sedicenti tifosi. Così di fatto legittimando un comportamento ingiurioso ed aggressivo degli stessi (…)”, al termine della partita del Campionato Italiano di Serie “B” del 28.2.2014 disputata presso lo Stadio comunale di Latina tra la squadra locale e il Padova e terminata con la sconfitta della squadra ospite per tre reti a zero. Il Tribunale Federale Nazionale, con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 16/TFN Sezione Disciplinare del 30.10.2014, riconosciuta la responsabilità per il verificarsi dei fatti imputati ai deferiti, ha condannato questi ultimi al pagamento dell’ammenda di € 7.500,00 ciascuno; costoro propongono ora gravame dinanzi a questa Corte Federale d’Appello Nazionale nei confronti della decisione di prime cure sostenendo in via preliminare l’inapplicabilità ai calciatori appellanti e per i fatti loro contestati delle nuove disposizioni recate da Codice di giustizia sportiva novellato con modificazioni entrate in vigore il 2.8.2014 e segnatamente l’applicabilità al caso di specie dei nuovi termini di durata del giudizio disciplinare. Nel merito gli appellanti sostengono che sia stato violato il principio della parità delle parti atteso che il Tribunale federale ha disposto lo stralcio della posizione relativa al calciatore Renato Kelic in quanto non risultava essere stato raggiunto dalla convocazione per la riunione (del 30 ottobre 2014) presso il medesimo Tribunale, determinato in favore di quel deferito una posizione di indubbio vantaggio rispetto agli altri incolpati. In secondo luogo, sempre nel merito, sostengono che la condotta contestata agli appellanti sia irrilevante sotto il profilo disciplinare, atteso che il Tribunale avrebbe dovuta considerarla alla stregua di un mero “atto di rispetto dei valori dello sport e di quei tifosi – che si badi non avevano posto in atti condotte minacciose – che per quei colori avevano affrontato un viaggio di 600 Km!” (così, testualmente a pag. 11 dell’atto di appello); d’altronde l’azione contestata è avvenuta in epoca successiva rispetto alla conclusione della gara ed addirittura “dopo che la terna arbitrale aveva abbandonato il terreno di gioco” (così, testualmente a pag. 11 dell’atto di appello) Per le suindicate ragioni gli appellanti, in accoglimento del gravame, chiedevano l’annullamento della sentenza del Tribunale federale e, conseguentemente delle sanzioni inflitte ed in subordine, contestando comunque la eccessività della sanzione inflitta, ne chiedevano la riduzione, atteso che non potevano punirsi dei giocatori che in luogo di tirare le maglie verso i sostenitori della squadra di militanza le avevano depositate nel terreno di gioco. Considerato che per l’evidente connessione soggettiva ed oggettiva che intercorre tra di loro tutti i ricorsi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente. Le vicende contestate ai calciatori oggi reclamanti in sede di appello in sede di deferimento della Procura federale si appalesano come effettivamente realizzate, anche per quel che riguarda la sequenza dei fatti sviluppatisi al temine dell’incontro della Serie B del Campionato di calcio disputatasi in Latina il 28.2.2014 tra il Latina ed il Padova.; Precisato che non può condividersi il contenuto della eccezione preliminare sollevata dai reclamanti – e già respinta dal Tribunale Federale - circa la doverosa applicabilità alla presente procedura delle disposizioni introdotte nel Codice di Giustizia Sportiva nel giugno e nell’agosto 2014. Sostengono gli appellanti che il procedimento non si è concluso nel termine di 90 gg. previsto dall’art. 38 C.G.S. nella versione novellata, tuttavia la novella contiene disposizioni transitorie che confermano l’applicazione della disciplina temporale vigente nel precedente Codice per tutto il periodo “transitorio”. Del resto una siffatta interpretazione – idonea a superare sia il principio del “favor rei” che quello del “tempus regit actum” che nella specie non possono trovare applicazione – è perfettamente in linea con quanto stabilito dall’art. 64 del Codice di Giustizia del CONI. Parimenti non può condividersi la seconda eccezione preliminare avente ad oggetto una presunta violazione del principio di parità delle parti processuali, del quale costituisce espressione l’art. 2, comma 2, C.G.S., che sarebbe stata provocata dallo stralcio della posizione del calciatore (co-incolpato nel deferimento) Renato Kelic, atteso che proprio la norma summenzionata trova applicazione con riferimento alle parti processuali che si trovino a coltivare posizioni di interesse nel procedimento contenziose contrapposte tra di loro e non, come nel caso che qui interessa, che si trovino nella medesima posizione processuale (nella specie di co-incolpati). Ne deriva che lo stralcio della posizione del Kelic non da luogo a condizioni di vantaggio né di pregiudizio, allo stesso tempo, con riferimento alle posizioni processuali degli odierni appellanti. Rilevato che nel merito il principale motivo di ricorso, volto a provocare l’annullamento della decisione qui impugnata, non può considerarsi meritevole di apprezzamento favorevole da parte di questa Corte federale d’appello perché il comportamento posto in essere dai deferiti ha costituito una piana ed acritica esecuzione di quanto preteso dai sostenitori della squadra del Padova ed in nessun caso può essere considerato l’espressione di un gesto spontaneo dei calciatori (quale, ad esempio, può ritenersi il consueto lancio delle maglie verso il pubblico a fine gara). Né miglior considerazione può avere la considerazione espressa dagli appellanti secondo la quale i fatti si sarebbero verificati al termine della gara e quando la terna arbitrale aveva già lasciato il campo di gioco, in quanto tali puntualizzazioni non incidono sulla gravità del gesto realizzato dai deferiti e sulla significativa rilevanza diseducativa di un comportamento assolutamente e pianamente capace di assecondare la volontà della tifoseria. Ritenuto nondimeno che ferma la gravità della condotta mantenuta dai calciatori, si ritiene congruo ricalibrare l’entità delle sanzioni inflitte agli stessi tenendo conto di un generale principio di proporzionalità sia con riguardo al ruolo ricoperto nella squadra sia con riferimento agli stipendi percepiti dai calciatori medesimi. In ragione degli appena espressi criteri appare la Corte stima congruo confermare l’entità della sanzione a carico del capitano Tommaso Rocchi, in ragione del ruolo ricoperto e della circostanza che immediatamente dopo il vice-capitano provvedeva a sottostare al rituale “imposto” dai tifosi. Diversamente la Corte ritiene congruo riformulare l’entità della sanzione a carico degli altri odierni appellanti (vale a dire i calciatori Christian Buonaiuto, Filippo Carini, Luca Di Matteo, Riccardo Improta, Giovanni La Camera e Federico Melchiorri) riformulandola in € 5.000,00). Per questi motivi la C.F.A. riuniti i reclami, respinge quello proposto dal calciatore Rocchi Tommaso, accoglie in parte gli altri reclami riducendo la sanzione dell’ammenda a € 5.000,00. Dispone incamerarsi la tassa per il calciatore Rocchi Tommaso, restituirsi per i restanti reclami.
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