COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.figclnd-fvg.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 96 del 19.03.2015 Delibere della Corte Sportiva di Appello Territoriale RECLAMO DELLA ASD SANT’ANDREA SAN VITO (Juniores Provinciali) avverso le squalifiche fino al 30/06/2015 del calciatore STREDANSKY Adam, e fino al 15/06/2015 del calciatore DZINIC Velid (in c.u. n° 40 del 04.03.2015 e 41 del 06.03.2015 Del. Gorizia)

COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.figclnd-fvg.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 96 del 19.03.2015 Delibere della Corte Sportiva di Appello Territoriale RECLAMO DELLA ASD SANT’ANDREA SAN VITO (Juniores Provinciali) avverso le squalifiche fino al 30/06/2015 del calciatore STREDANSKY Adam, e fino al 15/06/2015 del calciatore DZINIC Velid (in c.u. n° 40 del 04.03.2015 e 41 del 06.03.2015 Del. Gorizia) Con tempestivo reclamo la ASD SANT’ANDREA SAN VITO impugnava la pronuncia con cui il GST aveva squalificato i suoi calciatori: - STREDANSKY Adam fino al 30/06/2015, “Perché, in qualità di capitano della squadra, per protestare contro una decisione dell’arbitro, raggiungeva lo stesso muovendo da una distanza di circa 20 metri con fare chiaramente minaccioso; arrivato di fronte all’arbitro, il calciatore lo spingeva intenzionalmente con il petto senza provocargli particolari conseguenze fisiche. Tuttavia il calciatore accompagnava il gesto di protesta con una frase blasfema.” - DZINIC Velid fino al 15/06/2015, “Perché scagliava intenzionalmente e con veemenza il pallone di gioco addosso all’arbitro in segno di protesta contro una sua decisione attingendolo all’altezza dei polpacci e accompagnando il gesto con un’espressione blasfema. L’arbitro non subiva particolari conseguenze dall’accaduto. Mentre l’arbitro comminava al calciatore l’espulsione, quest’ultimo alzava il tono di voce e protestava con una frase gravemente ingiuriosa.” Con inedita integrazione di reclamo, presentata ancora entro il termine dei sette giorni dal c.u. contenente il provvedimento impugnato, la reclamante allegava una chiavetta contenente “immagini registrate riferite alle circostanze richiamate nell’atto” dalle quali, a suo dire, si ricaverebbe come l’espulsione del calciatore DZINIC “sia stata disposta attorno al 14° minuto del primo tempo e non al 30° come erroneamente riportato nel referto arbitrale”, ed inoltre quale sarebbe stata la effettiva condotta del calciatore STREDANSKY, ed “in particolare come sia stato quest’ultimo a lanciare il pallone”. Concludeva quindi la reclamante chiedendo, quanto al calciatore STREDANSKY, la riforma e riduzione della squalifica e quanto al calciatore DZINIC l’annullamento del provvedimento o in subordine la riforma con riduzione della sanzione inflitta “in quanto i provvedimenti adottati sono incoerenti con il principio di corrispondenza tra sanzione e gravità del fatto e di correlata equità” sul presupposto che ”ciò che è riportato dall’arbitro nel referto non sia coerente con le circostanze relative agli addebiti contestati”. Il reclamo è solo parzialmente fondato, in ordine alla quantificazione della sanzione, e non certo in ordine alla sostanza della violazione commessa. Preliminarmente la CSA rileva che a nulla valgono le dichiarazioni rilasciate dagli stessi giocatori il cui comportamento è stato sanzionato dall’arbitro. Si tratta infatti di dichiarazioni compiacenti rese da parti interessate all’esito del giudizio e come tali da considerarsi prive di qualsiasi valenza sul piano probatorio, in particolare se poste a contrastare la refertazione arbitrale. Altrettanto è a dirsi per quanto riguarda il filmato, allegato in un secondo momento dalla reclamante, atteso che l’art. 35/1.2 stabilisce che i filmati possono essere considerati dagli Organi di Giustizia Sportiva qualora “offrano piena garanzia tecnica e documentale”, il che non ricorre nel caso in esame, e comunque “qualora essi dimostrino che i documenti ufficiali indicano quale ammonito, espulso o allontanato soggetto diverso dall’autore dell’infrazione” il che neppure ricorre nella fattispecie concreta. A sua volta, l’art. 35 CGS al punto 1.3 per come richiamato dal punto 1.4, ammette l’utilizzo dei un filmato “al fine di dimostrare che il tesserato medesimo non ha in alcun modo commesso il fatto di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernente l’uso di espressione blasfema, sanzionato dall’arbitro”. Sennonché, non essendovi nel provvedimento del GST alcun riferimento a condotta violenta che sia stata perpetrata nei confronti dell’arbitro neppure sotto questo ulteriore profilo ricorrono gli estremi per prendere in esame il filmato inviato dalla reclamante. L’impugnazione proposta dall’ASD SANT’ANDREA SAN VITO contro il provvedimento disciplinare adottato dal GST si risolve, così, in definitiva, in una mera negazione dei fatti descritti dal direttore di gara. Orbene, per giurisprudenza costante di questa Corte Sportiva, già Commissione Disciplinare Territoriale, la semplice negazione dei fatti iscritti a referto si scontra frontalmente con il principio essenziale della giustizia sportiva, dettato dall’art. 35/1.1 CGS: “I rapporti dell’arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare”. Motivare il reclamo semplicemente contestando la ricostruzione dei fatti resa dall’arbitro nel referto, come ha fatto la reclamante nella prima parte, non porta argomenti logici al processo sportivo che possano essere almeno analizzati dalla Corte, a cui resterebbe a priori inibita ogni valutazione critica del provvedimento impugnato, se non fosse che l’ASD SANT’ANDREA - SAN VITO ha anche poggiato le sue lagnanze sulla eccessività della sanzione in relazione alla condotta descritta a referto. Ciò posto, non può che confermarsi la sussistenza della violazione e, con essa, l’applicabilità di sanzione. Tuttavia, questa Corte sportiva, quanto all'entità delle sanzioni applicate, alla luce di quanto riportato nel referto dell’arbitro, coglie la motivata lagnanza della reclamante e ritiene che effettivamente le condotte dei calciatori non siano state tali da configurare condotta violenta nei confronti dell’ufficiale di gara. Sia la spinta col petto che il lancio del pallone non sono stati indirizzati a procurargli dolore fisico, secondo la corrente accezione di violenza nei confronti dell’arbitro, ma sono consistite in gravi e plateali manifestazioni di contrarietà alla decisione, di mancanza di riguardo e quanto a DZINIC di volontà ingiuriosa. Entrambi, poi, si sono espressi in modo blasfemo, il che comporta un’ulteriore e diversa tipologia di sanzione. L’art. 19 punto 4 lett. a) C.G.S. contempla come sanzione “minima” per i calciatori responsabili di condotta gravemente ingiuriosa e irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara, e sempre salva l’applicazione di circostanze attenuanti o aggravanti, la squalifica per due giornate. L’art. 19 punto 3 bis CGS dispone a carico dei calciatori resisi artefici di espressione blasfema “la sanzione minima della squalifica di una giornata”. Reputa questa CSA di considerare le condotte rivolte all’arbitro come reiterate inaccettabili, volgari e ingiuriose contestazioni, condite per entrambi da espressione blasfema, disponendo quindi una ridefinizione, a sei giornate di gara complessive per STREDANSKY, in quanto capitano della squadra, e cinque giornate di gara per DZINIC. La riforma parziale del provvedimento oggetto di reclamo impone di disporre per la restituzione della tassa. P.Q.M. La Corte Sportiva di appello: a) Accoglie per quanto di ragione il reclamo, e per l’effetto, contiene in sei giornate di gara la squalifica del calciatore STREDANSKY Adam e in cinque giornate di gara la squalifica del calciatore DZINIC Velid; b) dispone non provvedere all’addebito della tassa reclamo a carico della reclamante.
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