COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.figclnd-fvg.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 105 DEL 16/04/2015 Delibere della Corte Sportiva di Appello Territoriale RECLAMO dell’ A.S.D. EDMONDO BRIAN (Campionato Promozione – Gir. A) in merito al provvedimento del GST che ha respinto il ricorso e disposto a suo carico la perdita della gara “E. BRIAN” – RIVIGNANO del 21.02.2015 con il risultato di 0-3 (in C.U. n. 96 dd. 19.03.2015).

COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.figclnd-fvg.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 105 DEL 16/04/2015 Delibere della Corte Sportiva di Appello Territoriale RECLAMO dell’ A.S.D. EDMONDO BRIAN (Campionato Promozione – Gir. A) in merito al provvedimento del GST che ha respinto il ricorso e disposto a suo carico la perdita della gara “E. BRIAN” - RIVIGNANO del 21.02.2015 con il risultato di 0-3 (in C.U. n. 96 dd. 19.03.2015). Con articolato provvedimento pubblicato sul C.U. n° 96 dd. 19.03.2015 il G.S.T. accertava “inequivocabilmente che l’A.S.D. ‘E. Brian’ non aveva utilizzato, per tutta la durata della gara, un calciatore nato dall’1.01.1996” in violazione della specifica norma contenuta in comunicato ufficiale n. 1 dell’1.07.2014 che impone alle squadre partecipanti al campionato di Promozione l’obbligo di impiegare - sin dall’inizio della gara e per l’intera sua durata - contemporaneamente almeno un calciatore nato dal 1° gennaio 1995 ed uno nato dal 1° gennaio 1996. Conseguentemente, ne rigettava il ricorso ed infliggeva alla A.S.D. E. BRIAN (tra l’altro) “la punizione sportiva della perdita della gara “E. BRIAN” - RIVIGNANO del 21.02.2015 con il punteggio di 0 – 3 (art. 17, punto 5, lett. c) del C.G.S. ed art. 18, punto 2, del C.G.S.)”. Con reclamo d.d. 26.03.2015, trasmesso tempestivamente anche alla controparte interessata A.S.D. Rivignano, che non ha fatto seguire repliche, la società reclamante chiedeva l’ammissione di una serie di istanze istruttorie e concludeva per la revoca della punizione sportiva della perdita della gara affermando essere intervenuto un “errore tecnico” dell’Arbitro e del suo Assistente, consistito nella imposizione alla reclamante di una sostituzione che la stessa aveva richiesto, ma in realtà non voleva più effettuare. Ulteriormente, in subordine, affermava che comunque l’errata sostituzione dovuta all’errore tecnico fosse ininfluente ai fini del risultato, e chiedeva l’omologa della gara con il risultato (1 – 0) acquisito sul campo. La lagnanza della società verte infatti sul fatto che al 38’ del 2° tempo, sul risultato di 1-0 in suo favore, il Direttore di Gara e l’Assistente, con asserita veemente condotta consistita in ripetuti richiami verbali e gestuali, avrebbero (testualmente) “impedito all’allenatore < di revocare la richiesta di sostituzione” di un calciatore “1996”, già richiamato dalla panchina per sostituirlo con uno di età superiore, che era già pronto a metà campo ad entrare in sostituzione. In altri termini, la veemente condotta degli Ufficiali di Gara avrebbe coartato la volontà manifestata dalla stessa Società di rinunciare a quella sostituzione che aveva sì richiesto, ma che, perfezionandosi, avrebbe comportato (come ha comportato) la violazione della norma. La società chiedeva di essere sentita, e la Corte Sportiva di Appello le dava udienza il 09.04.2015. Nel corso dell’udienza, gli Avvocati che rappresentavano la società reclamante, hanno esposto pienamente le loro ragioni e, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già formulate in reclamo, hanno prodotto due dischi DVD raffiguranti le fasi oggetto di contestazione nonché una trasmissione televisiva di una TV locale che ha dato spazio alla vicenda; producevano altresì copia degli esposti dd 04.04.2015 che la Società aveva effettuato contro l’Arbitro della gara e trasmessi, tra le altre autorità federali, alla Procura Federale e alla Procura presso l’AIA; producevano infine uno stralcio di un c.u. del C.R. Campano del 2011 in cui veniva trattato un deferimento contro un Arbitro incolpato di aver falsato le risultanze a referto. La reclamante lamenta in questa sede che il GST avrebbe errato nel dare peso insuperabile ex art. 35/1.1 CGS al rapporto ed ai supplementi di rapporto, senza considerare la “malafede” dei due Ufficiali di Gara che, secondo la valutazione data dalla Società, nella verbalizzazione e nel supplemento richiesto dal GST avrebbero negato le loro responsabilità circa l’errata sostituzione (non certo per favorire l’avversaria, ma) per paura di incorrere a loro volta in sanzioni (dall’Organizzazione Arbitrale) per aver taciuto ed anzi nascosto l’errore tecnico compiuto. Per dare corpo alla sua tesi, la Società richiama un precedente del TAS di Losanna e richiama genericamente i precedenti del TNAS presso il CONI. AMMISSIBILITÀ: preliminarmente, la Corte Sportiva di Appello dà atto di aver ritenuto ammissibile il reclamo, nonostante la netta violazione addebitabile alla reclamante del disposto di cui all’art. 4/7 del Reg. LND (“Gli atti ufficiali delle società devono essere redatti su carta intestata o recare in calce il timbro Sociale”). Il reclamo, infatti, è stato steso su fogli bianchi, non intestati, firmati in calce dal presidente in assenza di apposizione (almeno) del timbro della società. La Corte Sportiva di Appello FVG prende (d’ufficio) questa nuova posizione per la prima volta, contrastando la propria inveterata giurisprudenza in tema. Infatti, nella estate scorsa è intervenuta una integrale rivisitazione dei Principi del processo sportivo ad opera del C.O.N.I. (Deliberazione n. 1519 Consiglio Nazionale C.O.N.I. del 15 luglio 2014). Il principio del processo sportivo C.O.N.I. (art. 2/5 Principi), riportato anche nell’art. 2/5 CGS C.O.N.I. (Deliberazione n. 1518 Consiglio Nazionale C.O.N.I. del 15 luglio 2014 ), che deve ritenersi fonte primaria rispetto alla regolamentazione federale, infatti dispone che “I vizi formali che non comportino la violazione dei principi di cui al presente articolo non costituiscono causa di invalidità dell’atto”. In altri termini, ogni violazione meramente formale che non incide sui principi del Giusto Processo, non può portare alla inammissibilità né all’invalidità dell’atto che la contiene. Ma, attenzione, l’ammissibilità trova ragione alla luce della richiamata nuova norma, dopo la verifica che la CSA ha comunque effettuato in ordine alla riferibilità alla società reclamante del contenuto del reclamo. Infatti, il reclamo è stato inoltrato via fax dalla linea telefonica dello Studio dell’Avvocato presso cui la società ha eletto domicilio, per cui la violazione dell’art. 4/7 del Reg. LND non pone in dubbio che il reclamo provenga effettivamente dalla Società e, pur commessa dalla reclamante, non dà riscontri sostanziali restando mero “vizio formale” che non può più costituire “causa di invalidità dell’atto”. NEL MERITO: il reclamo è manifestamente infondato. 1) Il principio per cui ex art. 35 CGS “I rapporti dell’arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare” non può essere messo in discussione, essendo cardine irrinunciabile su cui poggia l’esigenza di celerità e speditezza del procedimento sportivo disciplinare della FIGC e, quindi, l’efficacia e l’essenza stessa della Giustizia Sportiva. 2) TAS/CAS: È ben vero che, nella pronuncia che la reclamante richiama, il TAS/CAS di Losanna ha disposto che a fronte della malafede dell’arbitro il Giudice può assumere altrove gli argomenti su cui basare la decisione, ma quella decisione non è applicabile alla fattispecie per molteplici motivi. Segnatamente: - il TAS/CAS non è Organo istituzionalmente competente a decidere in ordine a questa fattispecie, che assume esclusivo rilievo in ambito endofederale FIGC; - il TAS/CAS, in ogni caso, può interpretare, ma non ha facoltà di disapplicare le regole di Giustizia Sportiva interne ad una federazione nazionale; - il TAS/CAS nella fattispecie ricordata ha interpretato ed applicato norme di Giustizia Sportiva della Federazione Internazionale Hockey, e non il CGS della FIGC, che fa parte di diverso ed autonomo Ordinamento sportivo; - anche se in quella occasione il TAS/CAS anziché l’Ordinamento della Federazione Internazionale Hockey avesse adottato l’ordinamento FIFA, che è Organismo internazionale cui fa ultimo richiamo l’art. 30 dello Statuto FIGC, e che prevede all’art. 66 del suo statuto che “FIFA recognises the independent Court of Arbitration for Sport (CAS) with headquarters in Lausanne (Switzerland) to resolve disputes between FIFA, Members, Confederations, Leagues, Clubs, Players, Officials, intermediaries and licensed match agents”, resta pur sempre fermo il principio portato al comma successivo per cui il TAS/CAS “shall primarily apply the various regulations of FIFA and, additionally, Swiss law”: il TAS/CAS applica le regole FIFA integrate, ove necessario, dalla legge svizzera, il che in assenza di specifico richiamo, manifestamente collide con la materia disciplinare, strettamente nazionale, rigorosamente endofederale qui in rilievo. 3) TNAS: Neppure può tornare utile alla tesi della reclamante il richiamato art. 20 del regolamento TNAS (oggi Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I.). Al contrario, lo stesso TNAS, non si è mai spinto a riformare il provvedimento dell’organo di giustizia endofederale per superare il contenuto del rapporto arbitrale. Da ultimo, cfr lodi 30.09.2013 (A.U. ed estensore Massimo Zaccheo: “I fatti oggetto della sanzione sono descritti nel rapporto del giudice di gara; ai sensi dell’art. 35 CGS il rapporto fa piena prova del comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Ne consegue che la veridicità di tale referto non è revocabile in dubbio se non nei limiti e nei casi previsti dal comma 1.2 del richiamato art. 35. Il principio indicato è ormai consolidato nella giurisprudenza di questo Tribunale. Si veda sul punto per tutti TNAS 23 aprile 2012 Moraschini/FIGC; TNAS 6 novembre 2012 Cavaliere/FIGC; TNAS 29/11/2011Pucci/FIGC; TNAS 25/7/2012 Cavallo/FIGC”) e 17.10.2013 (A.U. ed estensore Marcello de Luca Tamajo: “La reclamante ha descritto nelle proprie difese che l’errore tecnico risiederebbe nel fatto che l’Assistente e l’Arbitro hanno “impedito all’allenatore della reclamante di revocare la richiesta di sostituzione, obbligandolo al cambio”. Ciò avrebbero fatto “sollecitando con veemenza il cambio, il primo ribadendo per almeno otto volte ad Elvis Isteri che doveva uscire, fino al momento in cui lo stesso, sentitosi obbligato, lo ha accontentato”. Anche volendo sposare assolutamente la descrizione del “fatto” resa dalla reclamante, il che la CSA non vuole, è evidente che senza un apporto violento, non c’è possibilità da parte degli Ufficiali di Gara di “imporre” o di “impedire” alcuna condotta a chicchessia. Al contrario, la sostituzione è stata portata a termine per libera volontà, manifestata per fatti concludenti, dagli interpreti tesserati per la reclamante, liberi di autodeterminarsi. Dalla stessa descrizione fatta dalla reclamante, emerge chiaro che Direttore di Gara ed Assistente non hanno fisicamente impedito alla Società di interrompere la procedura di sostituzione del calciatore, né hanno imposto la sostituzione con altri metodi coercitivi che abbiano inciso sulla spontanea autodeterminazione dei tesserati quali un atto di forza, di violenza, o una minaccia di fatto grave ed ingiusto, e neppure con metodi portati con inganno. In quest’ultimo caso, peraltro, l’inganno sarebbe stato irrilevante perché avrebbe coinciso con la violazione dell’onere di conoscenza delle regole del giuoco: ex art. 2/2 CGS “L'ignoranza dello Statuto e delle norme federali non può essere invocata ad alcun effetto”. Infatti l’inganno ipotetico degli Ufficiali di Gara avrebbe potuto attecchire solo nella ignoranza delle procedure di sostituzione dello staff tecnico e dei calciatori interessati, dando così spazio alla applicazione dell’art. 2/2 CGS. Così, solo se la reclamante avesse denunciato che la “veemenza” con cui gli Ufficiali di Gara hanno spinto per la ripresa del gioco fosse consistita in un atto di forza, di violenza, o in una minaccia di fatto grave ed ingiusto, il reclamo avrebbe potuto trovare in ipotesi fondamento, e solo nella denuncia di un “fatto” di tale portata la CSA avrebbe avuto modo di disporre un supplemento istruttorio, delegando alla Procura Federale. In tutti gli altri casi, compreso quello descritto in reclamo, la sostituzione è avvenuta con il pieno e libero concorso della volontà dei tesserati interessati i quali, resisi conto che l’Arbitro -come era suo dovere- sollecitava con vigore, o forse anche con veemenza la ripresa del gioco, comunque non hanno perso la facoltà di scelta tra due condotte: (i) interrompere la procedura di sostituzione (con la prospettiva che il Direttore di Gara, applicando il Regolamento, avrebbe potuto prendere dei provvedimenti disciplinari per la perdita di tempo che si stava verificando), oppure: (ii) portarla a compimento (con la prospettiva di violare la norma di cui al cu n° 1). Hanno optato per la seconda soluzione. Nell’interpretazione delle Regole del Gioco e linee guida per arbitri, che danno specificazione alla Regola 3, richiamata dal GST, troviamo infatti la facoltà in capo al calciatore in procinto di essere sostituito di rifiutare la sostituzione, e la previsione “tecnica”, in tal caso, che il Direttore di Gara lasci “che la gara prosegua”. Il calciatore richiamato dalla panchina per la sostituzione, usando le parole della reclamante, “sentendosi obbligato, lo ha accontentato”. Quindi il calciatore, pur nell’indiscutibile stress del momento, ha “scelto”, ha liberamente scelto tra le due condotte percorribili (restare comunque in campo ovvero uscire dal campo) quella che lui, forse inesperto, per nulla supportato dallo staff tecnico, riteneva foriera di minor danno. Ha “scelto” sbagliando, in una situazione critica dovuta esclusivamente alla condotta dello staff tecnico della sua squadra, che lo ha colpevolmente lasciato nell’incertezza di come atteggiarsi in ordine a quella sostituzione. Ma v’è di più: sarebbe stato sufficiente che lo staff tecnico richiamasse in panchina il calciatore che era già pronto all’ingresso in sostituzione. Vedendo il compagno tornare in panchina, il calciatore richiamato per la sostituzione non si sarebbe più “sentito obbligato” ad uscire dal campo. In proposito, non sono ammissibili né il filmato, comunque estraneo alle previsioni di cui all’art. 35 CGS, né le allegate dichiarazioni di tesserati, che possono tutt’al più essere considerate come espressioni di parte, integranti il reclamo e che, in ogni caso, non portano argomenti sufficienti a lenire l’errore dello staff tecnico della reclamante. Appare evidente dal contesto, chiaro e manifesto, che gli Ufficiali di gara si sono limitati a sollecitare, anche se con veemenza, anche se forse con gestualità evidenti, la velocizzazione della procedura di sostituzione per evitare la (antisportiva) perdita di tempo che la società stava perpetrando (a sette minuti dalla fine della gara in vantaggio per 1 – 0). Tale condotta degli Ufficiali di Gara, lungi dal percorrere sentieri di errore tecnico, si evidenzia del tutto lecita, anzi doverosa nell’ottica di una ordinaria gestione del tempo di gioco. Nessuna violenza, né fisica né psicologica emerge dal referto di gara, non solo, ma neppure dalla stessa ricostruzione della reclamante; nessuna minaccia di danno né grave, né ingiusto. Più realmente emerge dalla stessa narrazione del fatto resa dalla reclamante una ignoranza regolamentare di chi ha provveduto a portare a compimento la procedura di sostituzione che ormai più non voleva. 5) In ordine alla domanda subordinata presentata dalla società, va ricordato che la norma violata presenta automaticamente la sua sanzione, senza lasciare molto spazio interpretativo: “L’inosservanza delle predette disposizioni < sarà punita con la sanzione della perdita della gara prevista dall’art. 17, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva”. D’altro canto, è evidente che sul risultato di 1 – 0 a sette minuti dalla fine della gara la violazione perpetrata alla norma di cui al c.u. n. 1 non possa dirsi ininfluente. Sette minuti di gioco più (l’immancabile) recupero oltre il 90° minuto corrispondono a circa un decimo del tempo di gioco effettivo, e la violazione della norma lesa per un così significativo periodo, in ragione di un risultato che non è per nulla consolidato, non può che aver falsato l’equilibrio della gara. P.Q.M. La Corte Sportiva di Appello Territoriale F.V.G. così dispone: - rigetta il reclamo e, per l’effetto, conferma la sanzione della perdita della gara con il punteggio di 0 – 3; - dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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