F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 046/CFA del 17 Aprile 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 060/CFA del 25 Maggio 2015 e su www.figc.it 2. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI IMPROCEDIBILITÀ DEL DEFERIMENTO PROPOSTO A CARICO DEI SIGG. REPACE LUIGI, PRESIDENTE P.T. DEL C.R. UMBRIA, EMILI CARLO, FORTI NALDINO, PALMERINI GIUSEPPE, LOMBRICI ROBERTO E CICIONI MARIO (COMPONENTI P.T. DEL C.R. UMBRIA) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS C.G.S. (NOTA N.3671/896 PF 12-13 SP/BLP DEL 25.11.2014) (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 38/TFN – Sez. Disc. del 16.03.2015)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 046/CFA del 17 Aprile 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 060/CFA del 25 Maggio 2015 e su www.figc.it 2. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI IMPROCEDIBILITÀ DEL DEFERIMENTO PROPOSTO A CARICO DEI SIGG. REPACE LUIGI, PRESIDENTE P.T. DEL C.R. UMBRIA, EMILI CARLO, FORTI NALDINO, PALMERINI GIUSEPPE, LOMBRICI ROBERTO E CICIONI MARIO (COMPONENTI P.T. DEL C.R. UMBRIA) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS C.G.S. (NOTA N.3671/896 PF 12-13 SP/BLP DEL 25.11.2014) (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 38/TFN – Sez. Disc. del 16.03.2015) Il 25.11.2014 il Procuratore Federale ha deferito dinanzi al Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare: a) il Sig. Luigi Repace, nella qualità di Presidente pro tempore del Comitato Regionale Umbria; b) i Signori Carlo Emili, Naldino Forti, Giuseppe Palmerici, Roberto Lombrici e Mario Cicioni, tutti nella qualità di componenti pro tempore del Comitato Regionale Umbria, per rispondere della violazione dell’art. 1 bis C.G.S., per avere concorso tra loro a formare e sottoscrivere due appendici ai verbali di riunione del Comitato Regionale Umbria n. 8 del 29.3.2008 e n. 9 del 29.04.2010 (il solo Sig. Mario Cicioni limitatamente a quest’ultimo verbale), da ritenersi non veridici in quanto difformi per contenuto, modalità e tempo alla realtà effettiva che invece volevano diversamente attestare, con l’aggravante della finalità illecita e del clamore avuto dalla vicenda, comportante danno all’immagine della F.I.G.C.. Nel giudizio celebrato davanti al Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare, il Sig. Luigi Repace ha eccepito, in via preliminare, la nullità dell’atto di deferimento per essere stato omesso il proprio interrogatorio; è stata quindi eccepita l’improcedibilità dell’azione disciplinare per violazione dell’art. 32, comma 11, del vecchio C.G.S.; in via subordinata, la prescrizione dell’azione disciplinare in quanto, ritenendo applicabile sul punto quanto previsto dall’art. 45 del C.G.S. CONI, la prescrizione nel caso di specie sarebbe maturata in data 30.6.2014 (il deferimento reca la data del 25.11.2014); in via ulteriormente subordinata, laddove ritenuta non applicabile direttamente la disciplina del C.G.S. CONI, è stata espressa, ai sensi dell’art. 56, comma III, del predetto Codice, la richiesta di parere alla Sezione Consultiva del Collegio di Garanzia sull’interpretazione della norma in esame. Nel merito, i deferiti hanno escluso ogni profilo di personale responsabilità rilevante ai fini disciplinari, sottolineando, peraltro, come il G.U.P. del Tribunale di Perugia, in data 13.1.2015, nel procedimento penale circa i reati di falso contestati ed oggetto anche del deferimento in questione, avesse pronunciato nei confronti del Repace e degli altri coimputati sentenza di non luogo a procedere poiché il fatto non sussiste. Il T.F.N., con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 38/TFN – Sez. Disc. del 16.3.2015, ha accolto l’eccezione sollevata dalla difesa dei deferiti in ordine alla improcedibilità dell’azione disciplinare per violazione dell’art. 32, comma 11, del vecchio C.G.S.. Sostiene infatti il T.F.N. che “in data 28 giugno 2012 la Procura federale, dietro richiesta della stessa, aveva acquisito dalla Procura della Repubblica di Perugia l’avviso di conclusione delle indagini preliminari relative al procedimento a carico del Sig. Repace, del Sig. Palmerini e di altri consiglieri del comitato regionale umbro e pertanto in quella data ed in quella circostanza la Procura stessa aveva preso cognizione della contestazione di falso elevata nei confronti dei predetti soggetti. Visto e considerato che l’avviso di conclusione delle indagini conteneva già i capi di imputazione concernenti l’ipotesi di falsità dei verbali del comitato regionale umbro, la Procura federale avrebbe dovuto attivarsi mediante l’apertura di un fascicolo sin dal momento in cui aveva acquisito il documento in questione ben sapendo che il termine per la conclusione delle indagini, secondo quanto disposto dall’art. 32, comma XI, C.G.S. all’epoca vigente, era quello del 30 dicembre 2012. Di contro la Procura federale ha aperto l’inchiesta nei confronti del Sig. Repace, del Sig. Palmerini e degli altri consiglieri deferiti e non costituiti nel presente procedimento, solamente in data 23 aprile 2013 sul presupposto della richiesta di rinvio a giudizio di cui la Procura federale era venuta a conoscenza in data 9 agosto 2012”. Avverso tale decisione ha proposto ricorso in appello il Procuratore Federale con atto del 23.3.2015 svolgendo due motivi di impugnazione: a) con il primo motivo, il Procuratore ha dedotto l’erroneità della sentenza per avere falsamente applicato l’art. 32, comma 11, C.G.S. vigente all’epoca dei fatti; sostiene il Procuratore che il momento della denuncia dei fatti, in base al quale individuare nel caso concreto il termine entro il quale le indagini avrebbero dovuto essere concluse ai sensi dell’art. 32, comma 11 C.G.S., non possa coincidere, nel caso di specie, con la formale acquisizione da parte della Procura Federale dell’atto di comunicazione di chiusura delle indagini ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p. In questo atto, infatti, sarebbero state indicate solo le imputazioni a carico dei soggetti sottoposti alle indagini, ma non sarebbero state affatto esposte le circostanze dalle quali desumere l’addebito della falsità dei verbali in contestazione. La conoscenza di tali più circostanziati elementi sarebbe infatti stata acquisita dalla Procura Federale solo al momento della trasmissione da parte della Procura della Repubblica di Perugia, in data 9.8.2012, della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei deferiti; sarebbe pertanto proprio questa circostanza ad avere valore decisivo, consentendo nel caso concreto di individuare il termine entro il quale le indagini avrebbero dovuto essere concluse ai sensi dell’art. 32, comma 11 C.G.S. previgente (e quindi il 30.6.2013). In conclusione, la decisione del TFN che ha giudicato improcedibile il deferimento sarebbe errata, avendo ricondotto al ricevimento da parte della Procura Federale dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p., e quindi la data del 28.6.2012, il momento della “denuncia dei fatti” che avrebbe imposto alla Procura di concludere le indagini entro il 30.12.2012. b) Con il secondo motivo di impugnazione, svolto in via subordinata, il Procuratore federale ha dedotto l’erroneità della sentenza per avere fatto derivare dall’accertamento della conclusione delle indagini oltre il termine del 31.12.2012 la conseguenza della improcedibilità del deferimento; sostiene infatti il Procuratore Federale che, nel caso in cui lo svolgimento delle indagini si protragga oltre i termini stabiliti dall’art. 32, comma 11 C.G.S. previgente, conseguirebbe solo la inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine, non potendosi discorrere di improcedibilità del deferimento in assenza di una specifica previsione in tal senso; tenuto conto che la procedibilità dell’azione in senso tecnico può essere fatta dipendere, sotto il profilo cronologico, soltanto dall’eventuale prescrizione del fatto illecito commesso. La decisione gravata, quindi, dovrebbe in ogni caso essere annullata con la trasmissione degli atti ai primi giudici per l’esame del merito ai sensi dell’art. 37.4 C.G.S.. Avverso l’appello hanno resistito i Signori Repace, Emili, Forti e Palmerini con memoria nella quale hanno dedotto l’illegittimità della produzione effettuata dalla Procura Federale nonché l’infondatezza dei motivi di gravame dovendosi ritenere corretta la motivazione della decisione dei primi giudici. Alla riunione del 14.4.2015 davanti alle Sezioni Unite della Corte Federale d’appello sono comparsi il Procuratore Federale ed il deferito Repace assistito dai propri difensori i quali hanno illustrato le proprie difese insistendo nell’accoglimento delle rispettive conclusioni. La Corte ritiene che l’appello debba trovare accoglimento con riferimento al secondo motivo di gravame svolto in via subordinata dal Procuratore Federale. Ed infatti la Corte deve osservare come l’avviso della conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 415 c.p.p., acquisito dalla Procura federale in data 28.6.2012, non possa non rappresentare un atto in possesso di tutti i requisiti in base ai quali si possa ritenere integrata nel caso concreto la “denuncia dei fatti” in relazione alla quale, ai sensi dell’art. 32.9 C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, la Procura Federale doveva svolgere le indagini necessarie ai fini dell’accertamento di violazioni statutarie e regolamentari. Esso, infatti, nella fattispecie contiene la circostanziata descrizione di capi di imputazione concernenti le ipotesi di falsità dei verbali del Comitato regionale umbro e rappresenta, seppure in sintesi, le circostanze di fatto contestate; inoltre, riproducendo addirittura l’immagine fotostatica dei verbali stessi nelle parti ritenute oggetto di alterazione, individua, in tal modo, significativi elementi idonei anche a consentire riscontri di natura probatoria. Peraltro, la circostanza che il predetto atto (avviso ex art. 415 bis c.p.p.) sia pervenuto alla Procura Federale a seguito della propria richiesta di acquisizione nel contesto di un più ampio rapporto collaborativo con la Procura della Repubblica di Perugia per l’accertamento di fatti, relativi alla condotta dei deferiti, rilevanti per lo svolgimento delle proprie attribuzioni in relazione alle condotte oggetto di deferimento per cui si procede ed a quelle oggetto di altro connesso procedimento, contraddice la tesi dell’Organo requirente secondo il quale avrebbe effettivamente avuto cognizione dei fatti qui addebitati al Repace ed agli altri componenti del Comitato regionale umbro solo con la successiva acquisizione della copia della richiesta di rinvio a giudizio dei deferiti. Pertanto, avendo la Procura Federale ricevuto la denuncia del fatto in data 28.6.2012 (mediante l’acquisizione della comunicazione ex art. 415 bis c.p.p.), correttamente il T.F.N. ha ritenuto che le conseguenti indagini, a norma dell’art. 32, comma 11, C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, in assenza di proroga (nella fattispecie non richiesta dalla Procura Federale) da parte della Corte di Giustizia Federale, avrebbero dovuto essere concluse entro il 31 dicembre della stagione successiva e quindi entro il 31.12.2012. Tuttavia, pur muovendo da tale corretta premessa, il TFN trae conseguenze in ordine alla procedibilità del deferimento che non possono essere condivise da questa Corte. Infatti, a giudizio del T.F.N., al mancato rispetto del termine per la conclusione dell’indagine conseguirebbe l’improcedibilità del deferimento. Tale conclusione non trova riscontro nell’ordinamento federale. Al riguardo la Corte ritiene che il mancato rispetto da parte della Procura Federale dei termini stabiliti dall’art. 32, comma 11, C.G.S. vigente all’epoca dei fatti non possa condurre a tale preclusiva conclusione. Vi sono infatti ragioni, sia di carattere letterale che di carattere sistematico, che escludono la correttezza della decisione del T.F.N. sul punto specifico. Sotto il primo profilo, stante il principio di tassatività delle cause di improcedibilità al quale deve essere riconosciuta portata generale, l’assenza di una previsione nell’ordinamento federale che riconduca espressamente tale conseguenza al tardivo compimento dell’indagine da parte della Procura Federale preclude che possa venire in esame tale valutazione tanto più che, in ambito processuale (rectius procedimentale), andrebbero comunque evitate interpretazioni formalistiche. Sotto il profilo squisitamente sistematico, inoltre, deve essere considerato che - fermo restando il richiamato principio della tassatività delle ipotesi di improcedibilità – la ricerca della soluzione idonea a colmare quella che nel C.G.S. all’epoca vigente (ed in particolare nell’art. 32, comma 11 oggi sostituito dall’art. 32 quinquies nuovo C.G.S.) appariva essere una lacuna, imponga l’individuazione della norma dell’ordinamento generale (diritto comune) che governi l’ipotesi che presenti maggiori similitudini ed analogie con quella oggi posta all’attenzione della giustizia sportiva. Si deve quindi fare riferimento ad una norma che regoli una fattispecie simile, che sia espressione di un principio e che persegua uno scopo pratico replicabile per la fattispecie non regolata nell’ordinamento sportivo. Nel compimento di tale operazione, peraltro, si deve tenere presente che solo con il C.G.S. CONI, al quale opera esplicito riferimento il nuovo C.G.S. F.I.G.C. entrato in vigore il 1.7.2014, è stato stabilito, all’art. 2, comma 6, che “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”. Pertanto, fino all’entrata in vigore del nuovo C.G.S. F.I.G.C. – che, detto incidentalmente, nel richiamare i principi del processo civile accoglie inevitabilmente nell’ordinamento sportivo il principio della tassatività delle ipotesi di improcedibilità reiteratamente affermato dalla giurisprudenza delle sezioni civili della Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. lav., 28.1.2009 n. 2171; Cassazione civile, sez. lav., 3.8.2004 n. 14869) – l’individuazione della norma utilizzabile per il caso non disciplinato ben avrebbe potuto essere compiuta, in mancanza di un espresso richiamo, anche prescindendo dal ricorso prioritario al codice di rito del processo civile. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, “in assenza di specifiche norme del presente Codice e degli altri regolamenti federali, gli Organi della giustizia sportiva adottano le proprie decisioni in conformità ai principi generali di diritto applicabili nell'ordinamento sportivo nazionale e internazionale, nonché a quelli di equità e correttezza sportiva”. In tale contesto, pertanto, non può non essere tenuto in considerazione che il codice di procedura penale e, in particolare, l’art. 407, comma 3, stabilisce che “salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati”. La conseguenza del tardivo esercizio dell’iniziativa del pubblico ministero è rappresentata, pertanto, in questo contesto, dalla inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente alla scadenza del termine. Si tratta di una soluzione che appare perfettamente coerente con la fattispecie oggetto di esame. Ed infatti la previsione di un termine per il compimento dell’attività inquirente si giustifica nell’ambito del generale principio del favor rei e del diritto di difesa che implicano che il soggetto sottoposto ad indagine “possa individuare un momento finale delle indagini che lo riguardano”, con la conseguenza che “la preclusione vada a colpire ogni attività inquirente espletata dopo la consumazione di detto termine” (Corte Giustizia Federale, sez. V, Com. Uff. n. 162/CGF 2008/2009, 6.4.2009). Peraltro, non può non essere rilevato come l’applicazione del medesimo principio anche nel presente caso appaia coerente con l’evoluzione normativa che ha condotto, il CONI prima e la stessa F.I.G.C. dopo, a ritenerne opportuno l’espresso accoglimento nel nuovo C.G.S. mediante l’introduzione di una disposizione chiaramente ispirata proprio al contenuto dell’art. 407, comma 3, c.p.p. L’art. 32 quinquies, comma 3, C.G.S., infatti stabilisce oggi che “la durata delle indagini non può superare quaranta giorni dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante. Su istanza congruamente motivata del Procuratore Federale, la Procura generale dello sport autorizza la proroga di tale termine per la medesima durata, fino ad un massimo di due volte, eventualmente prescrivendo gli atti indispensabili da compiere. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati. Possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato”. Per tali ragioni la Corte ritiene insussistente l’improcedibilità dichiarata dal T.F.N. con la decisione impugnata dal momento che l’azione disciplinare, anche se esercitata oltre la scadenza del termine stabilito per la conclusione delle indagini, ove non ricorra l’eventuale prescrizione del fatto illecito commesso deve comunque ritenersi validamente azionata; ferma restando l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre la scadenza del termine. Ne consegue che, ai sensi dell’art. 37, comma 4, C.G.S., la decisione debba essere annullata ed il giudizio debba essere rinviato al T.F.N. per l’esame del merito della questione, ivi compresa l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa dei deferiti; precisando tuttavia che, nello svolgimento di tale esame, il T.F.N. dovrà tenere conto solo degli atti di indagine validamente compiuti dalla Procura Federale fino al 31.12.2012, termine entro il quale le indagini avrebbero dovuto essere concluse in mancanza di richieste di proroga da parte della stessa Procura Federale; così delimitato il perimetro del materiale investigativo richiamato dalla Procura federale a sostegno del proprio deferimento, il T.F.N. dovrà anche valutare il fondamento e la rilevanza dell’eccezione svolta dalla difesa dei deferiti circa la tardività e la legittimità della produzione documentale della Procura. Per questi motivi la C.F.A., a Sezioni Unite, vista la fondatezza del motivo di appello di cui al n. II, accoglie il ricorso della Procura Federale n. 2) e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 37, comma 4, C.G.S., annulla la decisione di improcedibilità impugnata e rinvia al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare per l’esame del merito, nei sensi di cui in motivazione.
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