CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 27 del 05/09/2014 – Novara Calcio S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/ASD Mariano Keller

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 27 del 05/09/2014 – Novara Calcio S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/ASD Mariano Keller L’Alta Corte di Giustizia Sportiva composta da dott. Franco Frattini - Presidente dott. Dante D’Alessio prof. Massimo Zaccheo prof.ssa Virginia Zambrano - Relatore prof. Attilio Zimatore - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE introdotto dal ricorso iscritto al R.G. ricorsi 16/2014, prot. n. 00177 del 03.06.2014, ex art. 12 bis Statuto CONI in relazione all’art. 4 Codice Alta Corte di Giustizia, presentato in data 30 maggio 2014, da parte del Novara Calcio S.p.a. rappresentato e difeso dall’Avv. C. Di Cintio; CONTRO la FIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio, rappresentata e difesa dagli Avv. L. Medugno e L. Mazzarelli; NONCHÉ CONTRO la A.S.D. Mariano Keller, rappresentata e difesa dall’Avv. E. Chiacchio; 2 per l’annullamento della delibera della Commissione Vertenze Economiche, di cui al C.U. n. 12/D del 20.01.2014 (notificata in data 30.04.2014), con la quale era stato respinto il reclamo presentato dal Novara Calcio S.p.a. avverso la decisione C.U. n.3/E del 03.10.2013 della Commissione Premi di Preparazione, relativamente al riconoscimento del diritto della A.S.D. Mariano Keller a ricevere il pagamento ex art. 96 N.O.I.F. dell’importo di € 16.050.00 (sedicimilacinquanta/00), a titolo di premio di preparazione da parte della Società Novara Calcio S.p.a., contemporaneamente dichiarando la stessa Società tenuta a versare alla F.I.G.C. la somma di € 8.025,00 (ottomilaventicinque/00), a titolo di penale. Visti il ricorso e gli allegati; Vista la memoria di costituzione e risposta per FIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio; Vista la memoria di costituzione e risposta ex art. 5 del Codice dell’Alta Corte di Giustizia, per A.S.D. Mariano Keller; Vista la memoria difensiva ex art. 9, comma 3, del Codice dell’Alta Corte di Giustizia, per la Società Novara Calcio S.p.a.; Vista la decisione della Commissione Vertenze Economiche, di cui al C.U. n. 12/D del 20.01.2014, pronunciata su ricorso avverso la decisione della Commissione Premi di Preparazione; Vista la decisione della Commissione Premi di Preparazione C.U. n.3/E del 03.10.2013; Uditi, all’udienza pubblica del 24 giugno 2014, l’Avv. C. Di Cintio per la ricorrente Novara Calcio S.p.a.; per la resistente F.I.G.C., l’Avv. L. Medugno e l’Avv. L. Mazzarelli; per la parte intervenuta A.S.D. Mariano Keller, l’Avv. Michele Cozzone e l’Avv. Monica Fiorillo; Visti tutti gli atti e i documenti di causa; Udito il relatore, Prof. Virginia Zambrano Ritenuto in fatto A. - Con ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 16/2014, prot. n. 00177 del 03.06.2014, presentato in data 30 maggio 2014, la Società Novara Calcio S.p.a., come rappresentata e difesa dall’Avvocato C. Di Cintio, individuava: 1. preliminarmente, la competenza dell’Alta Corte di Giustizia, il ricorso avendo ad oggetto diritti indisponibili, oltre ad essere di notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo. La questione del premio di preparazione, della cui natura economica non era dato dubitare, non coinvolgeva – per parte ricorrente – il connesso profilo del diritto all’erogazione dello stesso. In quanto espressione di interessi di rilievo pubblicistico (al punto da determinare il legislatore statale ad intervenire per regolare la disciplina dei rapporti di lavoro in ambito sportivo, cfr., l. 1981/91) la tematica del diritto al premio di preparazione andava invece attratta all’orbita dei diritti indisponibili, con indubbio radicamento della competenza in capo all’Alta Corte di Giustizia, ex art. 1, comma 2, Codice Alta Corte di Giustizia. Si contestava l’interpretazione dell’art. 96 N.O.I.F., così come offerta dal C.U. 12/D della Commissione Vertenze Economiche secondo cui l’articolo in esame andrebbe interpretato nel senso che “il tesseramento deve sussistere in favore di un’unica società nel corso della stagione sportiva, fermo restando la significatività del relativo periodo ai fini della formazione”. Siffatta lettura, collegando fra loro significatività e diritto all’erogazione, avrebbe finito con l’esporre, sempre e comunque, tutte le società al pagamento del premio. 2. Nel merito si sottolineava l’erronea applicazione dell’art. 96 N.O.I.F. che, nel dettare criteri di quantificazione del premio, stabilisce altresì i parametri in virtù dei quali determinare la nascita del diritto all’erogazione dello stesso. L’espresso riferimento normativo “all’intera stagione sportiva” assurgendo a condicio sine qua non per la maturazione del diritto al premio non apriva – per parte ricorrente – ad alcun dubbio interpretativo. Si deduceva che il concetto di “intera stagione sportiva” non poteva che identificarsi con quello di vincolo annuale, tale lettura trovando ampia conferma nella stessa normativa federale. B – In data 6 giugno 2014, prot. n. 00181, si costituiva in giudizio, la F.I.G.C., per chiedere che il ricorso fosse dichiarato inammissibile e, comunque, infondato nel merito. 1.Si deduceva l’inammissibilità del ricorso per carenza del requisito della indisponibilità del diritto e di quello della notevole rilevanza della controversia, di cui all’art. 1, commi 2 e 3, Codice Alta Corte, sottolineandosi come la rilevanza della questione, lungi dall’essere profilo da valutare in astratto, andasse apprezzata in concreto. Si ribadiva, pertanto, la natura disponibile di un diritto, quello al premio di preparazione che, ex art. 96, comma 3, N.O.I.F., ben può anche essere oggetto di rinunzia. 2. Si evidenziava l’univocità e la uniformità di una giurisprudenza della Commissione Vertenze Economiche che declinava l’espressione controversa nei termini di “unicità del tesseramento nel corso della stagione sportiva”, pur se il periodo di tesseramento non copra la s.s. nella sua interezza. Inoltre si contestava, in nuce, qualsiasi legittimo 4 affidamento della Società Novara calcio S.p.a., come fondato su una diversa lettura della norma de qua. C – In data 18.06.2014, prot. n. 00188, ex art. 9, comma 3, Codice Alta Corte, la Società Novara calcio S.p.a. presentava memoria difensiva nella quale si insisteva sulla rilevanza della questione per l’ordinamento sportivo, sottolineandosi il rilievo di un intervento nomofilattico dell’Alta Corte, che definisse il significato dell’espressione “almeno una stagione sportiva”. In particolare, si deduceva che: 1. La questione dei premi di preparazione travalicava gli ambiti prettamente sportivi per assumere una valenza ed uno spessore pubblicistico che involgeva ragioni di equilibrio ed efficienza del mercato e, dunque, perseguiva interessi superiori quali, ad esempio, la competitività del mercato calcistico. Si ribadiva, quindi, il carattere indisponibile del diritto al premio previsto a tutela di siffatti interessi nonché l’impossibilità di discostarsi dal criterio dell’interpretazione letterale. 2. Sotto il profilo della natura del diritto (dalla cui indisponibilità dipende, come noto, il radicarsi della competenza in capo all’Alta Corte), riteneva parte ricorrente di dover sottolineare il vizio logico in cui sarebbe incorsa controparte nel confondere “premio” e “diritto al premio”. Mentre della disponibilità del primo non si sarebbe potuto dubitare, non altrettanto poteva sostenersi per il secondo profilo. Nella fattispecie de qua, infatti, non si sarebbero realizzati i presupposti per la maturazione del diritto al premio a vantaggio della A.S.D. Mariano Keller la cui situazione giuridica doveva qualificarsi in termini di mera aspettativa. Un’aspettativa che, non essendosi realizzata l’annualità di cui all’art. 96, comma 2, N.O.I.F., sarebbe rimasta tale. Il potenziale titolare, non essendosi verificati i presupposti per l’insorgenza del diritto, non poteva quindi né disporre di un diritto non sorto né “disporre delle norme che regolano i presupposti di accesso all’esercizio del diritto”. D – In data 19 giugno 2014, si è costituita in giudizio, ex art. 5 del Codice dell’Alta Corte di Giustizia, la A.S.D. Mariano Keller, con memoria volta a chiarire la vicenda, in fatto e in diritto, insistendosi nel sottolineare l’infondatezza del ricorso. In punto di diritto, in rapporto ai provvedimenti impugnati, si poneva in rilievo: 1. in via preliminare e pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso per aver ad oggetto diritti disponibili, ed essere stato presentato, dunque, in palese contrasto con la previsione di cui all’art. 2, comma 1, del Codice dell’Alta Corte di Giustizia. Si rilevava, in particolare, la rilevanza puramente economica del riconoscimento di cui all’art. 96 N.O.I.F. che – come noto – prevede un premio di preparazione, a vantaggio delle società che abbiano contribuito alla formazione tecnico/atletica di un giovane giocatore. La disponibilità/rinunciabilità del diritto – diritto di natura prettamente economica – poteva desumersi dalla stessa previsione di cui all’art. 96, comma 3, N.O.I.F. ove è chiaramente delineata la possibilità che le parti si accordino in merito alla corresponsione del premio, potendo le stesse addirittura transigere o rinunciare allo stesso. 2. Il ricorso doveva poi ritenersi inammissibile anche per la carenza del requisito della notevole rilevanza, per l’ordinamento sportivo, ex art. 1, comma 3, del Codice dell’Alta Corte di Giustizia. Considerato in diritto 1. Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, in considerazione della natura disponibile dei diritti oggetto della controversia. La Società Novara Calcio S.p.a., deducendo una non corretta interpretazione dell’art. 96, comma 2, in combinato disposto con l’art. 47 N.O.I.F., ha ritenuto di interporre ricorso all’Alta Corte, stimando che siano state violate regole basilari in tema di interpretazione, nonché frustrato lo scopo stesso della norma, volta alla tutela di interessi generali e di equilibrio del mercato. In tal senso, secondo la ricorrente, la competenza dell’Alta Corte non sarebbe in discussione, sia per la rilevanza della questione sia per il suo concernere diritti indisponibili. Orbene, appare evidente come preliminarmente debba essere trattato il profilo de quo, vale a dire quello della natura del diritto controverso e della sua rilevanza, giacché la competenza della Corte può radicarsi solo all’esito di siffatto positivo riscontro – come agevolmente si desume dall’art. 1, commi 2 e ss., nonché come pacificamente affermato da codesto Collegio. “Solo dopo l’accertamento di [ciò] si può passare all’esame dell’ulteriore requisito della rilevanza” (ex plurimis decis. n. 2/2010; decis. n. 16/2014). 2. Proprio sul piano della natura del diritto controverso, evidenzia parte ricorrente la necessità di distinguere fra premio e “diritto al premio”, ai fini dell’inequivocabile riconoscimento della competenza dell’Alta Corte. La distinzione è introdotta per evidenziare la non assimilabilità fra “premio”, il cui profilo intrinsecamente patrimoniale ne induce a ritenere la disponibilità, e “diritto al premio”, la cui esistenza (nella specie) sarebbe subordinata alla “ricorrenza dei presupposti che ne determinano la nascita” (p. 10 Memoria difensiva). E, poiché in tanto può disporsi di un diritto in quanto questo sia venuto ad esistenza, la condizione in cui si trovava la A.S.D. Mariano Keller si sarebbe al più potuta qualificare in termini di aspettativa che si sarebbe consolidata in diritto soltanto al trascorrere dell’annualità prevista dalla legge. Il mancato verificarsi della 6 condizione, e cioè il fatto che il giocatore Sylla non avesse maturato l’annualità di cui all’art. 96.2 N.O.I.F., faceva sì che, al più, la A.S.D. Mariano Keller potesse ritenersi titolare di una diversa situazione giuridica, qualificabile in termini di aspettativa. Non potendo né disporre del diritto non ancora sorto né delle norme che “regolano i presupposti di accesso all’esercizio del diritto”, una interpretazione coerente dell’art. 96.2 N.O.I.F. doveva condurre a ritenere la natura indisponibile del diritto controverso. 3. Il ragionamento non convince per molteplici ragioni. Il “premio”, a ben vedere, altro non è che un bene. Questo, nel significato inteso dalla dottrina tradizionale, è la res in grado di adempiere una determinata funzione socio/economica (Santoro Passarelli, Dottrine generali, 1966). Così identificato esso non si sovrappone, e tanto meno coincide, con il concetto di oggetto del diritto. La struttura del diritto è, tuttavia, strettamente connessa al bene che ne è l’oggetto. Basti pensare alla tradizionale distinzione fra beni mobili e beni immobili (art. 810 c.c.), la cui rilevanza si coglie in rapporto alle differenti regole che sovraintendono alla loro circolazione. La natura dell’oggetto conforma dunque il diritto, ritagliando una disciplina che tiene conto della essenza del bene (G. PUGLIESE, «Res corporales», «res incorporales» e il problema del diritto soggettivo, in RISG. 5, 1951, 237 ss. e in Scritti giuridici scelti, Napoli 1985, 225 s). Nella specie, l’oggetto del “diritto al premio” non in altro consiste che nel premio stesso, che ne influenza la disciplina e del cui carattere disponibile non può dubitarsi. Vero è che di regola, la disponibilità/indisponibilità del bene, lungi dall’essere una qualità intrinseca dello stesso è, piuttosto, frutto di una precisa scelta del legislatore il quale decide di privilegiare ora ragioni etiche, ora sociali, ora economiche. Del pari indubbio che, nel caso di specie, la natura disponibile del diritto al premio si desume dall’essenza stessa del bene (il premio), nonché da un ordito normativo che depone in senso contrario (cfr. art. 96.3 N.O.I.F.). 4. Né il richiamo al perseguimento di interessi generali, per ciò stesso connotati da finalità pubblicistiche, quali la tutela del mercato o il rispetto delle regole della competizione sportiva, basta ad attribuire ai diritti il carattere dell’indisponibilità. Non basta, cioè, invocare l'esistenza di una finalità di pubblico interesse perchè ne discenda automaticamente l’indisponibilità dei diritti acquisiti, qualora quei diritti non abbiano un oggetto intrinsecamente indisponibile o, comunque, non emerga una univoca opzione del legislatore in tal senso. Da ciò scaturisce che il diritto ad ottenere l'adempimento di un obbligo negoziale avente ad oggetto il pagamento di un premio di preparazione è, per sua natura, un diritto disponibile e non può, dunque, predicarsene l’indisponibilità. La negozialità del diritto al premio è qui legata, a fortiori, alla sua rinunziabilità e/o transigibilità la quale rinvia ad un potere dispositivo che l’ordinamento (valutata la 7 natura dell’oggetto del diritto) attribuisce alle parti, le quali possono sempre liberamente esercitarlo. 5. Neppure può sostenersi che il soggetto può disporre del diritto solo allorchè si verificano i presupposti per la sua nascita, poiché fino a quel momento vi sarebbe solo un’aspettativa. Il ricorso al concetto di aspettativa appare compiuto obiter, e in maniera del tutto atecnica, per indicare una situazione di attesa in cui si viene a trovare una persona in vista del possibile futuro conseguimento di un risultato. L’aspettativa non si risolve però nella “mera speranza” del verificarsi di un evento priva, come tale, di tutela giuridica. Essa è piuttosto da intendersi come una situazione cui l’ordinamento attribuisce rilevanza, favorendo l’attitudine a trasformarsi in diritto soggettivo e, dunque, operando come una sorta di “diritto al diritto”. Il diritto appare cioè strumentalmente connesso all’acquisto di altro diritto e, perciò stesso, ha un suo valore economico e può essere oggetto di atti di disposizione. D’altro canto, se si dovesse ritenere che si può disporre solo del diritto che si è acquistato, si dovrebbe concludere che, nella fase di pendenza dell’aspettativa, tutti i diritti sono indisponibili. Cosa che non è. Basti pensare, in tal senso, alla possibilità di ammettere negozi su bene futuro, ovverossia negozi in cui la deduzione della res futura si risolve in una clausola condizionale, per rendersi conto che l’obiezione di parte ricorrente non ha pregio. 6. Come noto l’accesso all’Alta Corte, oltre all’esaurimento dei rimedi o ricorsi previsti dal sistema di giustizia interno alle federazioni di appartenenza, si definisce in rapporto a controversie, aventi ad oggetto diritti indisponibili o per le quali non sia prevista la competenza del Tribunale nazionale arbitrale (art. 12 bis e ter Statuto CONI; art. 1 Codice Alta Corte; art. 1, 2, 3 e 5 Codice TNAS). Si tratta, in altri termini, di vera e propria competenza alternativa a quella del Tribunale nazionale di arbitrato (art. 12 ter Statuto CONI, art. 3, comma 2, Codice TNAS). In assenza di un criterio legislativo, la giurisprudenza di codesto Collegio è univoca nel ricondurre l’indisponibilità all’alveo dei diritti della personalità, delle posizioni di status familiae, (decisioni riguardanti la questione dell’unità familiare, lavoro, tutela di atleti minorenni), ovvero in relazione a posizioni concernenti la gestione di una federazione sportiva, l’iscrizione ai campionati, etc. Pur essendo tutt’altro che semplice offrire una definizione di diritto indisponibile, come riferito all’ordinamento sportivo (Dec. 1/2009), l’indisponibilità di cui si discorre incontra nell’irrinunciabilità del diritto un sicuro indice di identificazione. Nella specie è evidente che il diritto sotteso al ricorso de quo non rientri nel catalogo dei diritti indisponibili per una serie di ragioni evidenti, tra cui un ruolo non secondario gioca l’interpretazione della ratio della norma, nonché la previsione di cui all’art. 96.3 N.O.I.F. che fanno ritenere che il diritto, in quanto rinunziabile, sia perciò anche disponibile. Conclusione la quale preclude l’accesso a qualsiasi ulteriore argomentazione nel merito. Dal canto suo, proprio l’art. 12 bis Statuto Coni e le norme del Codice dell’Alta Corte consentono a questa di negare la propria cognizione allorché la concreta vicenda – in fatto e diritto – non rivesta interesse ai fini dell’esercizio delle sue funzioni. Il ricorso come già specificato è, dunque, inammissibile. 7. Ma l’inammissibilità del ricorso affiora finanche ove si sposti l’attenzione sul piano inclinato dell’interpretazione della norma controversa. È noto come il premio di preparazione rappresenti una sorta di collegamento fra mondi, quello del calcio professionistico da un lato e del dilettantismo, dall’altro. L’obiettivo è duplice, giacché esso assicura alle piccole società dilettantistiche l’opportunità economica di proseguire nel compimento della loro attività di formazione di giovani atleti e, in pari tempo, offre alle società professionistiche il vantaggio di avvalersi di validi atleti senza dover concorrere direttamente alla loro formazione di base. Si è in presenza, dunque, di un meccanismo di tipo solidaristico, in cui il contributo che le società maggiori sono tenute a pagare alle società inferiori, allorché vi sia un primo contratto con vincolo pluriennale, assolve alla funzione di creare condizioni di equilibrio nel mercato calcistico, al contempo incentivando la pratica sportiva. La logica della disposizione è, in altri termini, quella di assicurare alla società che abbia provveduto ad erogare un’adeguata preparazione ed un sufficiente allenamento (magari anche consentendo al giovane la partecipazione all’attività agonistica) un riconoscimento economico per siffatto periodo di formazione, Supportata da questa ratio, la disciplina offerta dall’art. 96 N.O.I.F. si completa con la previsione secondo cui “Il vincolo del calciatore per almeno una intera stagione sportiva è condizione essenziale per il diritto al premio” (comma 2, art. 96 N.O.I.F.). Il fulcro della questione sembra risiedere qui. Parte ricorrente stigmatizza l’irragionevole lettura offerta dalla giurisprudenza federale che, allontanandosi dal criterio dell’interpretazione letterale, ritiene che l’espressione “intera stagione sportiva” debba intendersi come riferita all’esclusività del tesseramento. Ma siffatta conclusione sarebbe tutt’altro che univoca, alla luce del richiamo all’annualità del vincolo, di cui sempre all’art. 96 N.O.I.F. Per risolvere la questione occorre, dunque, prendere le mosse da un corretto approccio alle regole di interpretazione. Se, infatti, è vero che l’interpretazione si dirige verso la norma, del pari indubbio è ritenere che l’attività interpretativa non sia né meccanica né meramente dichiarativa. Ciò che rileva ai fini dell’interpretazione è la verifica che un adeguato sforzo interpretativo sia stato profuso per offrire una lettura della norma conforme alla sua ratio e, comunque, in armonia con i principi della Costituzione. L’interpretazione, infatti, è il prodotto di un’attività complessa in cui l’essenza dell’enunciato normativo non si risolve nel mero “senso fatto proprio dalle parole” di cui all’art. 12 disp. prel. c.c., ma va piuttosto cercata, alla luce di una prospettiva teleologica, nel collegamento fra la singola norma e il sistema, fra la prima ed i principi generali. Non in legendo sed in intelligendum, leges consistunt, di talchè il mero dato letterale, pur formando la base “oggettiva” di lettura della norma non ne restituisce da sola il vero contenuto. E, se è vero che il punto di partenza è offerto pur sempre dal dato letterale e che l’interpretazione non può mai essere in contrasto con il testo, è anche vero che solo combinando siffatto criterio con quello logico-razionale è possibile approdare ad una corretta applicazione della norma alla fattispecie. Le stesse disposizioni di cui all’art. 12 disp. prel. c.c. lasciano aperte diverse possibilità interpretative, costringendo dottrina e giurisprudenza a risolvere il dualismo tra lettera e spirito o ratio della norma (L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna 1996, 105; G. Tarello, L’interpretazione della legge, Milano, 1980) e a rilevare la inadeguatezza dell’interpretazione puramente letterale. L’interpretazione è, a ben vedere, attività flessibile che vive e si alimenta dello scopo della norma, così contribuendo al raggiungimento delle finalità prefissate. Nella specie – pur dovendosi riconoscere la non cristallina formulazione dell’art. 96 N.O.I.F. – si deve ritenere che il collegamento fra unicità della stagione sportiva ed esclusività del tesseramento appare senz’altro conforme allo spirito della norma, oltre che assistito dal parametro della ragionevolezza. Ciò che conta (in conformità, appunto, con lo spirito della norma) è il rapporto esclusivo che si è instaurato in quella data stagione sportiva fra l’atleta e la società che si è occupata della sua formazione. Il ricorrente lamentava, ancora, l’irragionevolezza di una lettura della norma che, liberandosi della stretta aderenza alla lettera della disposizione, fosse poi costretta ad annettere rilievo al profilo della “significatività” del periodo di formazione. In altri termini, al fine di ridimensionare la portata della affermata regola generale della “esclusività del tesseramento in rapporto all’intera stagione sportiva” e per evitare di costringere sempre al pagamento del premio di preparazione, la giurisprudenza federale sarebbe stata costretta ad introdurre un parametro incerto e variabile, con buona pace per esigenze di certezza del diritto. A ben vedere, il rinvio alla significatività del periodo di formazione, lungi dal compromettere esigenze di certezza del diritto, soddisfa esigenze di ragionevolezza e assolve alla funzione specifica di dare contenuto alla norma; un contenuto che non può che specificarsi in rapporto alla valutazione del caso concreto e della singola concreta fattispecie. Anche sotto questo profilo, dunque, il rilievo di parte ricorrente non ha pregio. Ritenuta superabile la presunta preclusione letterale, ne consegue che la disposizione, come interpretata alla luce della ratio della norma, è conforme ai principi generali dell’ordinamento e, in particolare, a quel principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. che si sostanzia nel creare le condizioni per consentire alle persone la loro partecipazione alle formazioni sociali. Se è vero che la razionalizzazione del testo attraverso l'interpretazione non può spingersi (Cfr., C. Cost., 692/1988) al punto di travalicarne la lettera, è anche vero che l’interprete, considerando il contesto in cui va a collocarsi, può estrapolare dalla norma il significato che la connota. Tuttavia il pregio da attribuire, sotto il profilo dell’interpretazione, all’argomento della razionalità e della logicità della stessa, non deve rappresentare il comodo schermo dietro il quale occultare un enunciato normativo equivoco. La non chiara formulazione della norma – come sicuramente è il caso dell’art. 96 N.O.I.F. – è confermata da una giurisprudenza federale che univocamente, ma ripetutamente, è costretta a ribadire il legame fra stagione sportiva, esclusività del tesseramento, nonché a modellare l’ammontare del premio sul parametro della significatività del periodo di preparazione. Gli interventi giurisprudenziali, e la loro ricorrente frequenza, raccontano di un invito al legislatore federale affinché approdi ad una più limpida formulazione normativa. 8. La ricostruzione effettuata permette, peraltro, di escludere parimenti la rilevanza per l'ordinamento sportivo nazionale, confermando l’inammissibilità del ricorso per difetto altresì di tale rilevanza. La questione, infatti, va correttamente inquadrata come supra rassegnato e non come formulata dal ricorrente. Né in concreto – come pure correttamente controdedotto dalla resistente – può registrarsi una rilevanza da desumersi nella specifica controversia di cui in ricorso. P.Q.M. L’ALTA CORTE DI GIUSTIZIA SPORTIVA Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 16/2014, presentato, in data 3 giugno 2014, da parte della società Novara Calcio S.p.A. contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e la A.S.D. Mariano Keller avverso la delibera della Commissione Vertenze Economiche, resa in data 21 gennaio 2014 (C.U. 12/D del 21 gennaio 2014) con motivazioni notificate il 30 aprile 2014, che ha respinto il reclamo proposto dalla società Novara Calcio S.p.A. avverso la decisione della Commissione Premi di Preparazione (C.U. n. 3/E del 31 ottobre 2013), che aveva dichiarato la società Novara Calcio S.p.a. tenuta al pagamento della somma di euro 16.050,00, a titolo di premio di preparazione in favore della A.S.D. Mariano Keller, e della somma di euro 8.025,00, a titolo di penale in favore della FIGC. Dichiara inammissibile il ricorso e trasmette la decisione alla Giunta Nazionale del CONI, ai sensi dell’art. 1, comma 5, lett. d), del proprio Codice, per la relativa segnalazione alla Federazione competente in ordine all’art. 96 NOIF. Spese compensate. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 24 giugno 2014. Il Presidente F.to Franco Frattini Il Relatore F.to Virginia Zambrano Depositato in Roma in data 5 settembre 2014. Il Segretario F.to Alvio La Face
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