CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 5 del 23/02/2015 – Carlo di Blasi/ Federazione Italiana Kickboxing Muay Thai e Shoot Boxe

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 5 del 23/02/2015 – Carlo di Blasi/ Federazione Italiana Kickboxing Muay Thai e Shoot Boxe IL COLLEGIO DI GARANZIA Seconda Sezione Il Collegio composto dai sigg.ri: - Attilio Zimatore - Presidente - Maurizio Benincasa - Enrico del Prato - Relatore - Oreste Fasano - Silvio Martuccelli ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio iscritto al R.G. n. 12/2014 sul ricorso, datato 19 dicembre 2014, promosso da Carlo Di Blasi, residente in Milano, via Stilicone n. 21, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Valenti, e domiciliato presso lo studio dello stesso in Milano, via Santa Tecla n. 3 contro la Federazione Italiana Kickboxing Muay Thay e Shoot Boxe, con sede in Monza, via Alessandro Manzoni n. 18, rappresentata e difesa dall’avv. Luciano Daffarra avverso la decisione della Commissione di Giustizia di secondo grado della Federazione Italiana Kickboxing Muay Thay e Shoot Boxe n. 1 del 13 novembre 2014 nel procedimento n. 4/2013 R.G. deferimento e n. 1/2014 RG CG secondo grado, la quale, in parziale accoglimento dell’appello del sig. Carlo Di Blasi, ha applicato a quest’ultimo la sanzione dell’interdizione dalle cariche federali per un periodo di un anno, con decorrenza della sanzione dal momento in cui il sig. Carlo Di Blasi dovesse perfezionare il rapporto di tesseramento con la Federazione FIKBMS, confermando nel resto la decisione di primo grado. Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite, uditi, nell’udienza del 9 febbraio 2015, gli avv.ti Andrea Valenti, per il ricorrente, e Luciano Daffarra, per la resistente, udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore prof. Enrico del Prato Ritenuto in fatto 1. Il 19.12.2014 dott. Carlo Di Blasi (d’ora in poi DB) ha promosso ricorso, affidato ad undici motivi, contro la Procura Federale della Federazione Italiana Kickboxing Muay Thay e Shoot Boxe (d’ora in poi FIKB) chiedendo l’annullamento della decisione dianzi riferita, la quale, in parziale riforma della decisione della Commissione di Giustizia di primo grado n. 4 del 24.7.2014, gli ha comminato la sanzione dell’interdizione dalle cariche federali per il periodo di un anno, con decorrenza dal momento in cui egli divenisse nuovamente tesserato della federazione medesima. La FIKB si è costituita in udienza, cioè decorso il termine di dieci giorni dal ricevimento del ricorso, stabilito dall’art. 60 del codice della giustizia sportiva (c.g.s.). In ragione di ciò la difesa della FIKB è stata ammessa alla discussione orale, ma la memoria è stata dichiarata irricevibile. 2. I fatti da cui origina il giudizio sono pacifici. Essi attengono ad alcuni comunicati stampa pubblicati sul sito www.optagon.it e riconducibili a DB, che dapprima la Commissione di Giustizia di primo grado della FIKB del 24.7.2014, e quindi la decisione ora impugnata hanno ritenuto –sia pure con diversa intensità (la decisione di primo grado aveva comminato la medesima sanzione per un triennio)- palesemente lesivi della reputazione e dell’immagine della FIKB e del suo presidente dott. Falsoni: da qui l’assunto che DB abbia violato l’art. 8 del regolamento di giustizia della FIKB, vigente all’epoca, in materia di “dichiarazioni lesive”. Il contenuto di tali comunicati e del citato art. 8 sarà riportato più innanzi, in quanto attiene alla trattazione dell’undicesimo motivo del ricorso. Considerato in diritto 1. E’ preliminare l’eccezione della FIKB secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perché indirizzato alla “Procura Federale” della FIKB, anziché a quest’ultima direttamente. La sua infondatezza emerge dalla constatazione che la Procura Federale costituisce un organo della FIKB, quello, peraltro, deputato all’esercizio dell’azione disciplinare: conseguentemente l’indicazione della stessa come controparte non allude ad un soggetto diverso, bensì alla funzione esercitata nell’organizzazione federale. 2. Il ricorrente ricorda di essersi dimesso dalla FIKB il 21.2.2013 e che l’azione disciplinare è stata promossa, d’ufficio, il 17.7.2013, molti mesi dopo i fatti censurati –risalenti al periodo dicembre 2012-gennaio 2013-, quando egli non era più tesserato. Lamenta, perciò, nel primo motivo, l’erroneità della decisione impugnata là dove ha disatteso l’eccezione di assenza di “giurisdizione” nei suoi confronti richiamando l’art. 45.21 dello statuto FIKB, non più in vigore già al tempo del provvedimento, secondo cui “sono puniti coloro che, anche se non più tesserati, per fatti commessi in costanza di tesseramento, si rendono responsabili delle violazioni dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile”. Il motivo è infondato. Le previsioni statutarie, a cui l’associato soggiace per effetto del tesseramento, possono operare anche per il tempo successivo alla cessazione del vincolo associativo, purché riguardino vicende attinenti a quel vincolo e con effetti limitati ad esso. Ciò è avvenuto nella specie: sussiste, dunque, quell’inerenza che sostiene l’ultrattività dell’assoggettamento allo statuto. 3. Secondo, terzo e quarto motivo possono essere trattati congiuntamente. Essi concernono, sotto vari profili, la violazione di norme procedimentali e si risolvono nell’assunto che il procedimento disciplinare si sarebbe estinto. Anch’essi sono infondati. Nel secondo motivo, in particolare, il ricorrente lamenta la perenzione dei termini di durata del giudizio disciplinare previsti dall’art. 83 del Regolamento di Giustizia Sportiva FIKB entrato in vigore il 29.10.2014 (cfr. l’art. 101 del medesimo regolamento). Ora, sebbene il regolamento non contenga una disciplina transitoria e l’art. 83, comma 4, dello stesso colleghi all’inosservanza dei termini l’estinzione del procedimento disciplinare, dichiarabile anche d’ufficio, la vigenza della nuova disciplina sui procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore è da escludere in applicazione del principio generale secondo cui la modifica delle disposizioni che governano il processo non opera per i giudizi pendenti salva una previsione contraria: un principio, peraltro, sancito dall’art. 64.3 del Codice della Giustizia Sportiva, secondo cui “i procedimenti pendenti davanti agli organi di giustizia sportiva presso la Federazione al momento dell’entrata in vigore delle presenti disposizioni continuano in ogni caso a svolgersi in base a quelle previgenti”. Nel terzo motivo, subordinato al secondo, DB lamenta la violazione dell’art. 77, comma 5, del Regolamento di Giustizia Sportiva FIKB approvato nel 2006: esso prevede che “i procedimenti di primo e secondo grado devono essere definiti entro due (2) mesi rispettivamente dalla proposizione del reclamo, dal deferimento del Procuratore Federale o dalla proposizione dell’appello”. Sostiene il ricorrente che detto termine si sottrae ad una qualificazione in termini di perentorietà o ordinatorietà: a suo avviso, vertendosi in tema di procedimento amministrativo, andrebbe applicata la regola secondo cui lo spirare del termine si traduce nella illegittimità del provvedimento. L’infondatezza della censura discende dalla constatazione che, costituendo le federazioni sportive altrettante associazioni di diritto privato –dato, questo, pacifico dopo il d. lgs. 8.1.2004 n. 15- la giustizia federale è un fenomeno endoassociativo non assimilabile al procedimento amministrativo. Ne segue che, in difetto di una previsione espressa, come quella posta nell’art. 83, comma 4, del Regolamento di Giustizia Sportiva FIKB –nella specie inapplicabile per le ragioni già dette- i termini del procedimento sono da considerare ordinatori. Col quarto motivo DB deduce la violazione dell’art. 49, comma 7, del Regolamento di Giustizia Sportiva FIKB del 2006, in quanto l’indagine del Procuratore Federale avrebbe superato il termine ivi fissato in novanta giorni, prorogabile di ulteriori trenta giorni. Quanto illustrato nel precedente motivo rileva anche qui per attestare la portata meramente ordinatoria del termine, fermo restando che, nella specie, le indagini federali si sono protratte per 116 giorni, e nulla ostava a che il Procuratore Federale potesse concedersi –così come ha fattola proroga, dianzi riferita, del termine di 90 giorni. 4. Nel quinto motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 2.2. dei Principi di Giustizia Sportiva CONI e dell’art. 82.9 del Regolamento di Giustizia Sportiva FIKB in relazione all’art. 115 c.p.c. ed all’art. 76.1 del citato regolamento. Lamenta, in proposito, di avere richiesto alla FIKB copia della “delibera d’urgenza del Vice Presidente Vicario datata 23 maggio 2014 e ratificata nel primo Consiglio Federale successivo del 21 giugno 2014”, e che, in luogo della delibera richiesta (che era la n. 2/2014), gli era stata inviata un’altra delibera, adottata in pari data con le medesime modalità (la n. 1/2014), sottolineando che di ciò si è autonomamente avveduta la Commissione di Giustizia di secondo grado. Nella discussione orale la difesa della FIKB ha dedotto che l’invio di una delibera diversa da quella richiesta era da attribuire ad una svista della segreteria e che, comunque, il fatto non ha avuto alcuna incidenza sullo svolgimento del processo e sul diritto di difesa di DB. La questione, in sintesi, concerne la legittimità dello svolgimento dei dibattimenti dinanzi agli Organi di Giustizia presso le sedi del Procuratore e dei Presidenti degli Organi stessi, e cioè in luoghi diversi dalla sede istituzionale (prevista dall’art. 56 del Regolamento di Giustizia Sportiva FIKB). Relativamente a ciò DB lamenta che l’acquisizione della delibera del Vice Presidente che ha autorizzato il dibattimento fuori dalla sede istituzionale fosse illegittima e, conseguentemente, nulla la convocazione per lo svolgimento del procedimento disciplinare e dell’udienza dibattimentale in primo grado. Anche questo motivo è infondato, ed è, comunque, irrilevante. Riguardo al primo profilo non si ravvisano norme che impediscono l’acquisizione ufficiosa di documenti attinenti al procedimento disciplinare da parte degli organi giudicanti. Riguardo al secondo, resta il fatto che la difesa di DB si è potuta svolgere adeguatamente. 5. Il sesto motivo concerne sempre la sede del dibattimento in primo grado. DB censura la decisione di secondo grado per aver disatteso la doglianza secondo cui il Vice Presidente vicario non aveva il potere di assumere la deliberazione n. 2 del 23.5.2014 -riferita nel precedente motivo- e, quindi, respinto il gravame per il quale la stessa sarebbe nulla per difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell’art. 21 septies l. 241/1990 né ratificabile. L’interesse a tale censura è supportato dal ricorrente con la violazione del diritto di difesa: egli deduce di non aver potuto partecipare al dibattimento in primo grado a Bologna e che la sua presenza di persona –così come è avvenuto in secondo grado- avrebbe determinato una decisione di segno diverso. Anche questo motivo è infondato anzitutto perché, non essendovi una norma statutaria che rende inderogabile il luogo di celebrazione dei dibattimenti, il provvedimento che autorizza a svolgerli presso le sedi dei titolari degli organi della procedura disciplinare non presenta vizi. Detto provvedimento poteva essere adottato anche dal Vice Presidente vicario, non sussistendovi, nella specie, alcun ostacolo. Infine è infondato l’assunto che la FIKB sia un ente pubblico a base federativa. Per effetto del d. lgs. 8.1.2004 n. 15 –che ha modificato e integrato il d. lgs. 23.7.1999 n. 242- le federazioni sportive non hanno personalità pubblicistica e, dunque, non sono da annoverare tra gli enti pubblici. Esse sono associazioni di diritto privato –non riconosciute se non abbiano acquisito personalità giuridica-, che, nella logica della sussidiarietà sociale, svolgono attività di interesse generale. Ciò non esclude l’assoggettamento alla l. 241 del 1990 nella parte in cui la federazione persegue finalità di interesse generale mediante attribuzioni di prerogative pubblicistiche, e tuttavia rivela, nella specie, l’infondatezza della doglianza. 6. Anche il settimo motivo attiene alla deliberazione n. 2 del 23.5.2014. DB assume l’erroneità della decisione impugnata per aver disatteso, peraltro senza neppure considerarla, la deduzione di illegittimità –e dunque inefficacia- della determinazione del Vide Presidente vicario che aveva autorizzato lo svolgimento del dibattimento presso le sedi degli organi di giustizia federale. Sostiene, in particolare, che tale decisione, non contenendo limitazioni temporali, si sarebbe risolta in una modifica regolamentare, abrogando implicitamente l’art. 56 del Regolamento di Giustizia FIKB allora in vigore, secondo il quale “gli Organi di Giustizia hanno sede presso la sede nazionale della F.I.K.B. Essi si avvalgono, per l’espletamento delle loro funzioni, delle strutture esistenti presso la sede federale”. Il motivo è infondato, giacché dal tenore del citato art. 56 non è dato ricavare una prescrizione imperativa circa il luogo di svolgimento dei dibattimenti. 7. La questione della sede del dibattimento in primo grado riemerge nell’ottavo motivo, il quale concerne, sotto altro profilo, la deliberazione n. 2 del 23.5.2014. Il ricorrente assume la violazione dell’art. 23.8 dello statuto della FIKB in vigore al tempo dei fatti, secondo cui “il Presidente può assumere provvedimenti di estrema urgenza che dovranno essere sottoposti a ratifica da parte del Consiglio Federale, nella sua prima riunione utile. Il Consiglio Federale dovrà verificare se nei casi sottoposti sussistevano gli estremi ‘dell’estrema urgenza’ tali da legittimare il provvedimento”. Sostiene, in sintesi, che la deliberazione consiliare di ratifica del 21.6.2014 sarebbe illegittima perché non contiene la necessaria verifica circa i requisiti dell’estrema urgenza, e lamenta l’omessa motivazione sul punto. Anche questa censura è infondata poiché l’art. 23.8 dello statuto federale in vigore al tempo non imponeva al Consiglio Federale di dar contezza nel tenore della delibera delle ragioni per cui riteneva sussistenti i presupposti della ratifica, il cui accertamento può ritenersi implicito –salva una prova contraria, che non risulta offerta dal ricorrente- nell’adozione della ratifica stessa. 8. Anche il nono motivo ruota intorno alla delibera del Vice Presidente vicario n. 2 del 23.5.2014 ed alla determinazione consiliare di ratifica. Il ricorrente ne deduce l’erronea interpretazione da parte dei giudici di secondo grado sostenendo che l’autorizzazione a svolgere “a fini funzionali per garantire la massima operatività” lo svolgimento di eventuali dibattimenti “presso le sedi del Procuratore e del Presidente degli Organi di Giustizia di primo e secondo grado” non si riferirebbe agli eventuali studi professionali degli stessi, bensì alla loro sede istituzionale, cioè presso la sede nazionale della FIKB. L’infondatezza del motivo si comprende considerando che il significato offerto dal ricorrente non farebbe che riprodurre il tenore dell’art. 56 del Regolamento di Giustizi FIKG in vigore a suo tempo, di modo che la delibera in questione sarebbe del tutto priva di efficienza innovativa, e quindi inutile. Di contro l’esigenza di interpretare gli atti giuridici in modo da conferire ad essi qualche significato utile (art. 1367 c.c.) costituisce un principio applicabile anche alle determinazioni endoassociative in virtù del rinvio contenuto nell’art. 1324 c.c. 9. Col decimo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 64 del Regolamento di Giustizia FIKB in vigore all’epoca dei fatti. La decisione impugnata sarebbe errata là dove ha disatteso la richiesta di nullità dell’atto di deferimento del 12.11.2013, in quanto lo stesso indicherebbe per relationem i fatti su cui era fondato: donde la sua genericità e la violazione del principio di esatta conoscibilità delle “imputazioni”. Il motivo è infondato. Anzitutto il citato art. 64 non prevede specifici requisiti ai fini della validità del deferimento, ma si limita a stabilire che “tutti i provvedimenti degli Organi di Giustizia devono essere motivati”. In ogni caso –ed è questo il punto rilevante- non si ravvisa in concreto una violazione del principio secondo cui il deferito deve avere compiuta contezza dei fatti di cui è chiamato a rispondere, dacché DB ha comunque avuto modo di difendersi adeguatamente già a partire dal primo grado del giudizio. 10. E’ fondato l’undicesimo motivo, con cui il ricorrente censura la violazione dell’art. 8 del Regolamento di Giustizia FIKB a suo tempo in vigore. Detto articolo, per quanto rileva, così dispone: “1. E’ fatto divieto ai Tesserati di tenere comportamenti o esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione e della dignità della F.I.KB, dei suoi organi, organismi e strutture, nonché degli altri soggetti dell’ordinamento federale. 2. Il Tesserato che venga meno a tale divieto è punito con la sanzione della interdizione da un mese a tre anni. In tale ipotesi il soggetto Affiliato di appartenenza del Tesserato è punito con la sanzione pecuniaria da Euro 25,00 a Euro 500,00”. Il ricorrente ricorda che la Corte di Giustizia di secondo grado ha accolto parzialmente l’appello riducendo la sanzione inflittagli da tre anni ad un anno di interdizione dalle cariche federali, e ribadisce che l’allora Presidente della FIKB non attivò il deferimento né promosse iniziative in altre sedi (circostanza, quest’ultima, confermata in udienza dalla difesa di FIKB). Lamenta, perciò, che i giudici del gravame abbiano attribuito al citato art. 8 una portata che non gli è propria, avendo disatteso la tesi secondo cui le esternazioni censurate costituirono esercizio del diritto di critica, legittimo segnatamente in relazione alla campagna elettorale ed all’espletamento delle elezioni alle cariche organiche della FIKB, nel cui contesto esse avvennero. Per comprendere la fondatezza della censura è da premettere che il significato dell’art. 8 in questione –in funzione della sua corretta applicazione- deve essere ricostruito avendo riguardo al consolidato orientamento della Suprema Corte sull’esercizio del diritto di critica. Ciò perché si tratta di valutare giudizi e rilievi espressi pubblicamente. La critica, è noto, va demarcata dalla cronaca, che costituisce la narrazione della verità di fatti. La prima, pur muovendo dai fatti, si sostanzia nella formulazione di giudizi e beneficia senz’altro della copertura dell’art. 21 Cost. La liceità della cronaca e della critica quando incidono sulla riservatezza, l’immagine, la reputazione o l’identità personale, dipendono dalla coesistenza di tre presupposti: la verità dei fatti narrati, l’interesse sociale alla conoscenza degli stessi e la continenza dell’esposizione. Questa impostazione, generalmente praticata con riguardo alla cronaca ed alla critica giornalistica, opera anche relativamente alla critica esercitata mediante mezzi diversi. Occorre, inoltre, commisurare la valutazione circa la liceità alle posizioni rivestite dalle parti nel contesto sociale –e specificamente in quello dove la critica ha avuto luogo- ed alle circostanze in relazione alle quali la divulgazione ha avuto luogo. Pertanto l’ambito della lesività della reputazione della FIKB e dei suoi organi, organismi e strutture ai fini dell’art. 8 in esame deve essere stabilito avendo presenti i presupposti dianzi riferiti (verità della notizia, interesse sociale alla conoscenza della stessa e continenza) e plasmandone l’applicazione in relazione alle circostanze. Si tratta, in definitiva, di delimitare la portata della norma secondo il canone di ragionevolezza. In applicazione di questo principio la decisione di secondo grado avrebbe dovuto spiegare, pena l’illegittimità, il criterio applicativo –in relazione alla portata della disposizione regolamentare- che l’ha indotta a ritenere che le dichiarazioni di DB ne costituissero violazione. Essa, invece, si è limitata ad affermare che il diritto di critica, sebbene si concreti “nell’espressione di un giudizio o di un’opinione la quale, come tale, non può pretendersi rigorosamente oggettiva” e si risolva in “una valutazione di un fatto per sua natura fondata su un’interpretazione necessariamente soggettiva e, dunque, di parte”, “non può essere assoluto, trovando un limite invalicabile nel corrispondente diritto alla dignità ed al rispetto della persona, che, nel caso di specie (…) pare essere stato certamente travalicato”. Con ciò la decisione di secondo grado ha mostrato di ritenere, sostanzialmente, che la semplice divulgazione di critiche –sia pure rilevanti- al soggetto investito del munus presidenziale costituisse illecito disciplinare, senza considerare: -che, in relazione alle circostanze –la campagna elettorale in corso e la partecipazione ad essa del Falsoni contrastato dallo stesso DB- sussisteva, un interesse degli associati alla conoscenza dei fatti narrati; -che la continenza dell’esposizione va parametrata al contesto (la campagna elettorale, appunto), il quale può rendere leciti anche toni piuttosto accesi; -che, così come non vi era prova circa la verità dei fatti attribuiti al Presidente federale, neppure vi era la prova della loro falsità, giacché né lo stesso Presidente federale né altri soggetti eventualmente coinvolti avevano formulato esplicite smentite o intrapreso iniziative nelle sedi giudiziarie, lasciando così –elegantemente- presumere di non avervi attribuito soverchio peso. La decisione di secondo grado ha supportato la violazione dell’art. 8 ritenendo (pagg. 10-11) che i comunicati stampa, più innanzi riportati: -abbiano indotto nel lettore “la convinzione che il massimo organo federale, al pari di un potestà (rectius: podestà), abbia gestito la politica associativa federale in modo autoritario e non autorevole, comprando ad esempio il consenso funzionale alla sua rielezione, attraverso regalie e concessione di benefit vari agli affiliati e ai tesserati aventi diritto al voto”; -abbiano descritto il Presidente “come un soggetto capace di alterare le regole della democrazia associativa (adoperandosi secondo le accuse a comperare i voti necessari alla sua rielezione) e in grado di minare il risultato del massimo consesso associativo ovvero l’assemblea elettiva”; “disposto a comprare la collaborazione e compiacenza di quei dirigenti associativi che, facendosi promotori di risposte e quesiti, vengono percepiti (…) come soggetti ‘fastidiosi’ tanto da venire epurati oppure oggetto di tentativi di ‘acquisizione’ all’interno della federazione”. Ciò sarebbe avvalorato dalla pubblicazione di fotografie ritraenti le deportazioni compiute dai nazisti. Questi argomenti, tuttavia, da un lato non rispecchiano quanto espresso nei comunicati stampa di DB, dai quali, ad esempio, non è dato desumere che i costi e i benefits di cui narrano siano stati sostenuti personalmente dal Presidente in carica o, addirittura, dalla FIKB; dall’altro attribuiscono all’art. 8 del Regolamento di Giustizia Sportiva della FIKB vigente al tempo, un perimetro eccessivamente ampio e non in linea con il principio che questo Collegio ha dianzi riferito. Così correttamente ricostruita la portata dell’art. 8, la decisione impugnata appare averlo falsamente applicato, senza considerare tutti i dati che concorrono a determinarne il contenuto. 10.1. Ciò posto il Collegio ritiene che non occorrano ulteriori accertamenti di fatto (cfr. l’art. 62, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva), in quanto esso stesso può valutare se le dichiarazioni attribuite a DB rispecchino i requisiti il cui accertamento è stato omesso dalla decisione impugnata. A tal fine è bene riportare il tenore dei comunicati stampa quale risulta dalla pronuncia della Commissione di Giustizia di secondo grado (pagg. 9-10): -Comunicato stampa del 17.12.12, dal titolo “Assemblea FIKBMS: il parcheggio lo paga la FIKBMS…ma solo ad alcuni”: “Ecco che almeno un quesito ha avuto risposta. Avendo notato che alcuni colleghi non pagavano il parcheggio dell’albergo, ci siamo informati e…sorpresa: troviamo una lista di colleghi che hanno avuto financo il posto macchina garantito come benefit. Si tratta di personale lavorante e ciò non pare corretto e … di candidati e supporter della lista Falsoni”; -Comunicato stampa del 17.12.12 dal titolo “Assemblea FIKBMS: i pullman ci li paga?”: “Sono stati notati diversi pullman arrivati sia dal nord che dal sud carichi di supporter del presidente. La domanda sorge spontanea: ma chi li ha pagati, visto che nessuno dei viaggiatori ha dichiarato di aver pagato il biglietto di trasferta?”; -Comunicato stampa per 17.12.12 dal titolo “Assemblea FIKBMS: ma gli alberghi chi li paga?”: “Diversi delegati sono stati visti entrare e uscire da camere dell’albergo dell’assemblea. Parliamo di supporters del presidente in carica. Visto che ad uno dei nostri colleghi candidati il quale, provenendo da lontano, aveva chiesto se l’alloggio era a spese della federazione, era stato risposto che la federazione non pagava nessun viaggio o alloggio”; -Comunicato stampa del 19.12.12 dal titolo “Attenzione sono iniziate le epurazioni”: “Il Presidente lo aveva annunciato ‘In caso di vittoria non faremo prigionieri’. Ed ecco che l’immancabile Alfredo Zica, più realista del re, ubbidiente al diktat presidenziale subito elimina uno degli arbitri, rei di aver sostenuto e rappresentato la lista del rinnovamento, da una gara lombarda. Perfetto direi. È iniziata l’epurazione. Tutto ciò ricorda drammaticamente alcune delle pagine più scure della storia”; -Comunicato stampa del 31.1.13 dal titolo “Il sonno della ragione genera mostri”: “…nel nostro caso il presidente ha invece espresso la sua Fatwa personale contro chiunque si sia opposto alla sua candidatura. (omissis) Stefano Stradella in qualità di coordinatore dei promoters FIKBMS aveva inoltrato una serie di richieste che sono rimaste lettera morta. Non solo il consiglio le ha rifiutate ma Ennio ha cercato, al solito come fece pure con me, di ‘acquisire’ Stradella mettendolo in commissione. (omissis) Oggi nella lista dei giudici appare, come giudice unico l’avvocato Francesca Falsoni, figlia del presidente. Ovviamente non è casuale tale nomina”. Possiamo constatare, da un lato, che DB non ha affermato che i costi di cui parla sono stati sostenuti dal Presidente o, addirittura, dalla stessa Federazione; dall’altro che non vi è traccia di qualche “compravendita” di voti, la cui conoscenza sarebbe stata, peraltro, di sicuro interesse per gli associati. Inoltre il riferimento alla distribuzione delle cariche associative, per quanto tratteggiato con parole suggestive, non appare certo descrivere una pratica in sé illegittima –lo potrebbe essere solo in relazione all’adozione di determinati ulteriori criteri- né travalicare il limite della continenza nell’esposizione. Infine, l’accostamento dei comunicati ad una fotografia che evoca momenti cupi e sinistri della storia contemporanea, per quanto discutibile sotto il profilo del gusto, non appare illecito tenuto conto delle asperità che, anche in modo del tutto fisiologico, può assumere una tenzone elettorale. Pertanto la decisione impugnata va cassata senza rinvio. 11. La reiezione di dieci motivi del ricorso giustifica la compensazione delle spese. P.Q.M. Il COLLEGIO DI GARANZIA – SECONDA SEZIONE visto l’art. 62 del Codice della Giustizia Sportiva, ritenuto che non vi sia l’esigenza di ulteriori accertamenti di fatto, accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la decisione impugnata. Compensa integralmente le spese. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 9 febbraio 2014. Il Presidente F.to Attilio Zimatore Il Relatore F.to Enrico Del Prato Depositato in Roma in data 23 febbraio 2015 Il Segretario F.to Alvio La Face
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