F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 067/CFA del 04 Maggio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 008/CFA del 31 Luglio 2015 e su www.figc.it 7. RICORSO PER REVOCAZIONE EX ART. 39, COMMA 1, LETT. D) ED E) C.G.S., S.S.D. OLIMPUS OLGIATA 20.12 A.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA FINO AL 30.9.2017 INFLITTA AL CALC. MONARCHI ALESSANDRO IN RELAZIONE ALLA GARA OLIMPUS OLGIATA/S.FRANCESCA CABRINI DELL’8.2.2015 (DELIBERA DEL GIUDICE SPORTIVO PRESSO IL COMITATO REGIONALE LAZIO – COM. UFF. N. 162 DEL 12.2.2015)- (Delibera della Corte Sportiva di Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 229/LND del 17.4.2015)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO - 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 067/CFA del 04 Maggio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 008/CFA del 31 Luglio 2015 e su www.figc.it 7. RICORSO PER REVOCAZIONE EX ART. 39, COMMA 1, LETT. D) ED E) C.G.S., S.S.D. OLIMPUS OLGIATA 20.12 A.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA FINO AL 30.9.2017 INFLITTA AL CALC. MONARCHI ALESSANDRO IN RELAZIONE ALLA GARA OLIMPUS OLGIATA/S.FRANCESCA CABRINI DELL’8.2.2015 (DELIBERA DEL GIUDICE SPORTIVO PRESSO IL COMITATO REGIONALE LAZIO – COM. UFF. N. 162 DEL 12.2.2015)- (Delibera della Corte Sportiva di Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 229/LND del 17.4.2015) L’arbitro della gara O. Olgiata/S. Francesca Cabrini, dell’8.2.2015 (Campionato Regionale II Categoria Gir. L, Lazio), segnalava nel proprio referto che, al termine del primo tempo, intorno al 44° minuto, il giocatore della società O. Olgiata, Monarchi Alessandro, capitano della squadra, schierato con il numero 2, lo aggrediva. In particolare l’arbitro segnalava che era costretto ad espellere il Monarchi poiché quest’ultimo protestava in maniera veemente ed irriguardosa dopo che un suo compagno – il n. 4 Giordano Guglielmo- era stato espulso. Alla notifica del provvedimento disciplinare il Monarchi colpiva l’arbitro con un calcio ad una tibia. A causa del dolore e del clima ostile che si era venuto a creare l’arbitro decretava la sospensione dell’incontro e successivamente si recava presso il pronto soccorso dell’ospedale G.B. Grassi di Ostia. Il Giudice Sportivo squalificava il Monarchi sino al 10.2.2019. Proponeva impugnazione, con atto datato 16.2.2015, nell’interesse del giocatore la società O. Olgiata . Nell’impugnazione veniva evidenziato che il Monarchi non era assolutamente il responsabile del colpo alla gamba ricevuto dall’arbitro. Al riguardo venivano offerte numerose testimonianze anche di tesserati della squadra avversaria e di coloro i quali avevano udito l’arbitro affermare nello spogliatoio di aver riconosciuto il giocatore che gli aveva sferrato il calcio, dal colore giallo dei parastinchi. Questo poneva in serio dubbio la percezione dell’arbitro in quanto il calcio poteva non essere intenzionale e il giocatore comunque che lo aveva sferrato non poteva essere con certezza il Monarchi in quanto tutti i giocatori della società indossavano parastinchi gialli. Veniva sollecitata al riguardo una attività istruttoria a mezzo della Procura Federale e veniva chiesta, in via subordinata, una congrua riduzione della sanzione. La Corte sportiva di Appello Territoriale (Cfr. Com. Uff. nr. 229 del 17.4.2015), nel merito, riteneva anche alla luce dell’istruttoria espletata (Cfr. dic. dell’arbitro del 12.3.2015), infondata l’impugnazione in quanto l’arbitro era sicuro che a colpirlo era stato il calciatore Monarchi che poco prima era stato espulso. La Corte in accoglimento a parziale dell’impugnazione, riduceva la sanzione della squalifica fino al 30.9.2017. Proponeva ricorso per revocazione e revisione la Società. Con detto atto veniva rappresentato che la Corte Territoriale, aveva errato e non motivato in ordine alle dichiarazione fortemente contrastanti rilasciate dal Direttore di gara il quale si era contraddetto in merito alla visita cui si era sottoposto presso l’ospedale di Ostia. Erano poi state tralasciate del tutto le prove fornite dalla società nemmeno motivando sul punto la Corte Territoriale, veniva offerta una nuova dichiarazione nemmeno prodotta nel corso del precedente grado di giudizio, e che detto documento nuovo mai in precedenza disponibile, faceva emergere la sussistenza di un fatto ignorato durante le precedenti fasi di giudizio. Al riguardo detto fatto se conosciuto avrebbe portato a risultati diversi. Ritiene questa Corte che il reclamo è inammissibile. Affinché possa invocarsi l’istituto della revocazione è necessario che sussistano determinati presupposti. Infatti secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale (cfr. tra tutti C.d.S. 4097/2007 nonché C.d.S. 7489/2009) “la falsa percezione da parte del giudice de1la realtà processuale che giustifica e rende ammissibile l’istanza di revocazione deve consistere in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile che abbia portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti o dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato. Cosi inteso, l’errore di fatto in nessun modo può coinvolgere l’attività valutativa del giudice in relazione a situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività e quindi non ricorre quando si lamenta una presunta erronea o incompleta valutazione degli atti e delle risultanze processuali o un’anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, atteso che in questi casi si è in presenza di un errore di diritto (C.d.S., Sez. V, 19 marzo 2007, n. 1298; Sez. IV, 5 ottobre 2006, n. 5936; 24 marzo 2006, n. 1539). E’ stato altresì puntualizzato che l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione non soltanto deve, essere la conseguenza di una falsa percezione delle cose, ma deve avere anche carattere decisivo, nel senso di costituire il motivo essenziale e determinante della pronuncia impugnata per revocazione (Cass. civ., sez. I, 29 novembre 2006, n.25376); il c.d. abbaglio dei sensi, quindi, deve riguardare un fatto decisivo, dando luogo ad un stringente rapporto di consequenzialità tra l’erronea supposizione e la decisione resa, tale da poter affermare, con ragionevole certezza, che la seconda si fondi esclusivamente sulla prima (C.d.S., sez. V, 22 novembre 2005, n. 6485)”. Così come più volte statuito (cfr. da ultimo C. di S., A.P. n. 5/2014) “…La giurisprudenza del Consiglio di Stato e quella della Corte di Cassazione, invero, hanno pressoché univocamente individuato le caratteristiche dell'errore di fatto revocatorio, che, ai sensi rispettivamente dell'art. 81 n. 4 del R.D.17 agosto 1907, n. 642, ora dell'art. 106 c.p.a., e dell'art. 395, comma 4, c.p.c., può consentire di rimettere in discussione il contenuto di una sentenza, e ciò per evitare che il distorto utilizzo di tale rimedio straordinario dia luogo ad un inammissibile ulteriore grado di giudizio di merito, non previsto e non ammesso dall'ordinamento. E' stato, infatti, più volte ribadito che l'errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi delle citate disposizioni normative deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo ciò ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) dall'attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) dall'essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa (Cons. St., A.P., n. 1 del 2013 e n. 2 del 2010; sez. III, r ottobre 2012, n. 5162; 24 maggio 2012, n. 3053; sez. IV, 24 gennaio 2011, n. 503, 23 settembre 2008, n. 4607; 16 settembre 2008, n. 4361; 20 luglio 2007, n. 4097; e meno recentemente, 25 agosto 2003, n. 4814; 25 luglio 2003, n. 4246; 21 giugno 2001, n. 3327; 15 luglio 1999 n. 1243; C.G.A., 29 dicembre 2000 n. 530; sez. febbraio 2009, n, 708; 17 dicembre 2048, n. 6279; GG.A., 29 dicembre 2000, n. 530; Cass. Civ., sez. I, 24 luglio 2012, n. 12962; 5 marzo 2012, n. 3379; sez. III, 27 gennaio 2012, n. 1197); l'errore deve inoltre apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (C.d.S., sez. VI 25 maggio 2012, n. 2781; 5 marzo 2012, n. 1235) L'errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista o abbaglio dei sensi che ha provocato l'errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l'una emergente dalla sentenza e l'altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l'attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l'ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o abbaglio dei sensi (Cons. St., sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 1 dicembre 2010, n. 8385). Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale (senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e dì valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento), esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento, Cons. St., sez. ottobre 2012, n. 5212; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1725; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 15 maggio 2012, n. 2781; 16 settembre 2011, n. 5162; Cass. Civ., sez. I, 23 gennaio 2012, n. 836; sez. II, 31 marzo 2011, n. 7488). Inoltre, l'articolo 395 n. 4 c.p.c. prevede che sussiste errore di fatto se "il fatto non costituisce un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare"…”. Nel caso di specie si osserva che il Monarchi è stato sanzionato per due diverse condotte violente: - Spinta all’arbitro che cagionava la sua espulsione; - Calcio all’arbitro. Si osserva poi che a questa Corte di Giustizia Federale sono stati offerti nella sostanza gli stessi elementi difensivi forniti dal Monarchi (rectius dalla Soc. O. Olgiata) alla Corte Sportiva di Appello Territoriale. Al riguardo quindi in applicazione dei principi giurisprudenziali richiamati, si osserva che ragioni di contestazione del merito del giudizio non possono costituire fondamento per la revocazione. Ed infatti -se una più accorta valutazione da parte del Giudice di Appello avrebbe sicuramente consigliato comunque non la sola audizione dell’arbitro, ma anche una più compiuta attività istruttoria da delegare alla competente Procura, specialmente in presenza di circostanze contraddittorie e delle affermazioni dello stesso arbitro che dichiarava che tra lui ed il Monarchi si era frapposto il portiere dell’Olimpia (così dovendosi arguire che quanto mento l’arbitro non godeva di una visuale piena e completa) - si rileva questa Corte che con la qui invocata revocazione si cercano di reintrodurre tutti gli elementi difensivi in precedenza offerti apparendo così detta circostanza come attinente ad un apprezzamento in diritto del materiale probatorio offerto, che come tale al più porterebbe – secondo la prospettazione del ricorrente – ad una eventuale (e comunque indimostrata) erronea interpretazione delle circostanze controverse in presenza delle quali potrebbe al più trattarsi di un mero eventuale errore di diritto che in quanto tale impedisce l’esperimento del rimedio (ex art. 39 codice) invocato. A questo proposito, in realtà, si cerca con lo strumento della revocazione un terzo grado di giudizio inammissibile nell’ordinamento. Per questi motivi la C.F.A. dichiara inammissibile il ricorso per revisione ex art. 39 comma 2 C.G.S., come sopra proposto dalla società S.S.D. OlimpusOlgiata 20.12 A.r.l. di Roma. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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