F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 082/CFA del 25 Giugno 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 041/CFA del 21 Ottobre 2015 e su www.figc.it 3. RICORSO SIG. AMELIA STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER ANNI 3 DALL’ESERCIZIO DI ARBITRO EFFETTIVO INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI AGLI ARTT. 1 COMMA 1 C.G.S. E 40 COMMI 1, 2, 3 LETT. A) ED H) REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA 608/1153 PF 13 14/MS/VDB DEL 30.7.2014) (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 271/LND del 29.5.2015)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 082/CFA del 25 Giugno 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 041/CFA del 21 Ottobre 2015 e su www.figc.it 3. RICORSO SIG. AMELIA STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER ANNI 3 DALL’ESERCIZIO DI ARBITRO EFFETTIVO INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI AGLI ARTT. 1 COMMA 1 C.G.S. E 40 COMMI 1, 2, 3 LETT. A) ED H) REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA 608/1153 PF 13 14/MS/VDB DEL 30.7.2014) (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 271/LND del 29.5.2015) Il sig. Stefano Amelia, come rappresentato e difeso, ha proposto ricorso avverso la sanzione della sospensione per anni tre dall’esercizio dell’attività di arbitro effettivo inflitta dal Tribunale federale presso il Comitato regionale Lazio della L.N.D., provvedimento pubblicato sul Com. Uff. n. 271/LND del 29.5.2015. Di seguito, in breve, i fatti ed il procedimento. Il giorno 14.1.2014 si è disputata la gara Nuova Tivoli Calcio/Real Casilino, valevole per il campionato di I categoria laziale, girone E, conclusasi con il punteggio di 1 a 1 e diretta dall’arbitro effettivo Stefano Amelia della sezione A.I.A. di Latina. Questi, nel proprio referto di gara ha, tra l’altro, segnalato di aver espulso, al 49° del secondo tempo, il calciatore n. 9 del Real Casilino, sig. Mirko Strabioli, reo di averlo pesantemente insultato dopo l’annullamento di una sua segnatura, precisando, altresì, che dopo l’espulsione il predetto calciatore lo aveva colpito con tre calci sullo stinco destro, provocandogli forte dolore. Dalla lettura del medesimo referto di gara emergeva, poi, che, a fine gara, il predetto calciatore, dopo avere ulteriormente insultato e minacciato il direttore di gara, lo aveva colpito nuovamente con calci e pugni alla spalla destra e alla coscia destra, provocandogli dolore, tanto da farlo zoppicare. Alla luce dei fatti refertati il Giudice Sportivo presso il Comitato Regionale Lazio della L.N.D., con decisione pubblicata sul Com. Uff. n.138/15 del predetto Comitato, squalificava il calciatore Mirko Strabioli fino al 15.1.2008. Avverso la suddetta decisione la società Real Casilino proponeva impugnazione sostenendo che, al contrario di quanto riferito dal direttore di gara nel proprio referto, non vi sarebbe stato alcun contatto fisico tra lo stesso ed il calciatore Mirko Strabioli. Quest’ultimo, infatti, dopo aver subito l’annullamento della ennesima sua segnatura si sarebbe limitato ad una protesta veemente, senza alcuna violenza e aggressione fisica. Atteso il (notevole) contrasto tra le due versioni dei fatti la Commissione disciplinare territoriale convocava il direttore di gara che, nell’occasione, aveva modo di ribadire quanto già descritto nel proprio rapporto arbitrale. In particolare, l’arbitro confermava che, all’atto dell’espulsione, il calciatore Strabioli lo aveva colpito con tre calci ad uno stinco e, successivamente, al momento del rientro negli spogliati, lo aveva nuovamente attinto con calci e pugni tanto violenti che soltanto a fatica era riuscito a rientrare nel suo spogliatoio. Al termine dell’audizione il rappresentante AIA presso l’adìta Commissione dava lettura del referto dell’osservatore arbitrale, dal quale non emergeva la sussistenza di alcun contatto fisico, né aggressione ai danni del direttore di gara. Il predetto osservatore riferiva di aver solo visto l’assembramento al termine della gara, ma non l’aggressione segnalata nel referto ufficiale e che, entrato nell’immediatezza nello spogliatoio del sig. Amelia, a sua esplicita domanda, questi aveva risposto di non avere alcun problema. Peraltro, la Predetta Commissione territoriale dava atto del fatto che «a margine dell’audizione l’Arbitro lamentava che, in una precedente gara era stato mal valutato dall’Osservatore arbitrale, solo per ritorsione per pregressi dissapori interni all’associazione arbitrale, e poi che dopo la gara in questione, inspiegabilmente, non era stato più utilizzato, ipotizzando una sorta di congiura ai suoi danni». Pertanto, «a fronte della evidente ed inconciliabile dissonanza tra quanto riferito dal direttore di gara e quanto scritto dall’osservatore arbitrale ed in presenza delle affermazioni estremamente risentite del direttore di gara nei confronti dell’Associazione arbitrale» la Commissione riteneva opportuno un approfondimento istruttorio e, a tal fine, con ordinanza pubblicata nel Com. Uff. n. 18/CDT del 7.3.2014 del Comitato regionale laziale, trasmetteva gli atti alla Procura federale, affinché, «previa acquisizione del rapporto dell’osservatore arbitrale, l’audizione dello stesso ed eventualmente il confronto con il direttore di gara ed ogni altro esperimento istruttorio ritenuto utile e necessario», procedesse all’accertamento dei fatti oggetto del ricorso. La Procura Federale, dunque, provvedeva ad esperire le indagini richieste. In particolare, disponeva l’audizione di alcuni tesserati delle società Nuova Tivoli Calcio e Real Casilino, nonché dell’osservatore arbitrale della gara di cui trattasi e di alcuni rappresentanti AIA. Al termine dell’attività di accertamento ed indagine la Procura federale, nella propria relazione trasmessa alla Commissione territoriale, evidenziava come l’aggressione lamentata e refertata dall’arbitro Amelia non aveva trovato alcun riscontro, essendo stato, diversamente, accertato «il verificarsi di condotte di contestazione, ancorché veementi limitatamente al solo Strabioli Mirko, esclusivamente verbali». In particolare, nella propria relazione d’indagine, la Procura Federale evidenziava la «puntuale e dettagliata relazione dei fatti operata dall’Osservatore arbitrale, sig. Innocenzi, che non ha mostrato alcun tentennamento davanti all’esibizione dei reperti fotografici dei luoghi che mostrano, tra l’altro, un campo di gioco assolutamente aperto e privo di qualsiasi ostacolo visuale o aree coperte». Si esprimeva, poi, perplessità in ordine alla certificazione medica prodotta dal sig. Amelia a comprova della subita aggressione, evidenziandosi, in particolare, che «ancorché redatto su carta riportante i dati del sanitario» il certificato «risulta privo dell’apposizione del relativo timbro del professionista sulla sigla, del tutto anonima, posta alla fine del certificato» medesimo, mentre, quanto alla prognosi, la stessa «di non certa scarsa importanza (giorni 15)» appariva formulata senza che fosse stato ritenuto opportuno «un approfondimento, ad esempio strumentale (Rx, Tac, Eco, RM), delle lesioni». Veniva, infine, segnalata la condotta, «a dir poco anomala, del Sig. Stefano Amelia che, contravvenendo ad apposite disposizioni A.I.A. in materia di aggressioni in danno di Arbitri, non si reca presso alcun Pronto Soccorso, nonostante una refertata duplice aggressione di particolare violenza così come descritta, ne, tanto meno, ritiene opportuno avvisare i propri superiori di quanto accaduto, salvo richieste informazioni provenienti dai medesimi informati della vicenda da altre fonti, e rendendosi indisponibile anche alle convocazioni della Procura Federale; nonché mentendo alla Commissione Disciplinare Territoriale laddove ha lamentato la presenza di una congiura in suo danno concretizzatasi con le mancate designazioni successivamente alla data del 12.1.2014». Sotto quest’ultimo profilo, nella relazione della Procura federale si da atto che l’osservatore arbitrale «Sig.Innocenzi ha concluso le proprie dichiarazioni riferendo di aver visto, e conosciuto, il Sig. Amelia Stefano in occasione della gara oggetto di indagine e di averlo visto, successivamente, solo un’altra volta in occasione di un raduno arbitrale tenutosi a Nemi; nonché di non aver avuto alcun contrasto, di alcun genere, con il predetto Sig. Amelia». Il sig. Gennaro Palazzino, componente organo tecnico C.R.A. Lazio, quanto alla presunta duplice aggressione al direttore di gara sig. Amelia in occasione della partita Nuova Tivoli Calcio – Real Casilino, «ha dichiarato», si legge sempre nella predetta relazione di indagine della Procura federale, «di aver appreso tale vicenda non dal diretto interessato, bensì il lunedì successivo, dal Presidente del Comitato regionale Lazio dott. Melchiorre Zarelli nel corso di una telefonata in proposito». Il sig. Palazzino ha, quindi, riferito di aver immediatamente contattato il sig. Amelia «che ebbe a dirmi di non avermi avvisato, contravvenendo ad esplicite indicazioni vigenti, poiché era presente l’Osservatore Arbitrale che aveva visto tutto», evidenziando di non aver ritenuto opportuno approfondire la vicenda «anche perché, nell’ambito delle mie funzioni, già nel corso della presente stagione sportiva ero stato obbligato a riprenderlo 3 volte in ragione di sue condotte non appropriate, tra l’altro, nei confronti dell’osservatore arbitrale. In proposito presento copia di comunicazione A.I.A. del 12/12/2013 inviata all’Amelia, ove si comunicava, al medesimo, una sospensione nelle designazioni conseguente alla condotta tecnica, per quanto riguarda la direzione di gara, e disciplinare per quanto riguarda il comportamento tenuto nei confronti dell’Osservatore Arbitrale nel corso del colloquio tecnico post-gara». Aggiunge, poi, sempre il sig. Palazzino, che il sig. Amelia «ha dichiarato fatti non rispondenti al vero per quanto riguarda una sua mancata designazione successivamente alla gara del 12.1.2014. Infatti presento la stampa delle designazioni del predetto Amelia che in data 26.1.2014 e 1.2.2014 era stato designato per la direzione di gara di due partite dallo stesso rifiutate con giustificazioni accettate. Preciso inoltre che sempre l’Amelia era stato designato anche per il giorno 30.3.2014 ma ha rifiutato inviando certificato medico» (cfr. verbale dichiarazioni Palazzino in atti). Nello stesso senso, anche le dichiarazioni del sig. Andrea Sorrentino, associato A.I.A. della sezione di Roma 1 e designatore del C.R.A. per la I categoria, secondo cui, appunto, il sig. Amelia ha dichiarato fatti non corrispondenti al vero per quanto concerne l’asserita sua mancata designazione successivamente alla gara del 12.1.2014: infatti, «il predetto Arbitro è stato designato per altre 2 gare successive dallo stesso rifiutate con motivi personali così come per l’ultima designazione del 30.3.2014 dallo stesso rifiutata per motivi di salute» (cfr. verbale dichiarazioni Sorrentino in atti). Sulla base degli accertamenti istruttori svolti dalla Procura Federale la Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio della L.N.D. definiva il procedimento d’appello proposto dalla società Real Casilino avverso la sanzione inflitta al calciatore Mirko Strabioli. A tal fine, riteneva, la predetta CDT, di poter considerare accertato «senza possibilità di equivoci, che il calciatore Strabioli Mirko, non ha attinto il direttore di gara con calci e pugni come, invece, riferito dallo stesso nel suo referto. Si è accertato, altresì, che il calciatore ha effettivamente messo in atto una protesta molto accesa che non ha sconfinato nella violenza consumata solo per l’intervento dei compagni di squadra intervenuti nel frangente che lo hanno allontanato». Per queste ragioni la Commissione riteneva di dover «largamente» ridimensionare la sanzione a carico del calciatore, riducendo, appunto, la stessa dal 15.1.2018 al 30.6.2014 e di trasmettere «gli atti alla Procura Federale per il deferimento dell’arbitro effettivo Amelia Stefano», affermando di non poter non rilevare «come il direttore di gara si sia macchiato di una serie di violazioni regolamentari molto gravi avendo, dapprima, compilato un referto gravemente infedele ed avendo poi accusato il designatore arbitrale di un atteggiamento ostile, riferendo circostanze, quali le mancate designazioni, rivelatesi infondate». Con atto del 30.7.2014 la Procura Federale ha, dunque, deferito il sig. Stefano Amelia innanzi alla Commissione disciplinare territoriale presso il Comitato regionale Lazio della L.N.D. per la violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S. e 40, commi 1, 2, 3, lett. A), B), C), F), H), del Regolamento AIA. In particolare, al sig. Stefano Amelia veniva contestato: di aver refertato, contrariamente a quanto poi effettivamente accertato, di essere stato aggredito più volte dal calciatore Mirko Strabioli della società Real Casilina, in occasione della gara del 14.1.2014 disputatasi contro la Nuova Tivoli Calcio, causando allo stesso un’ingiusta sanzione di quattro anni di squalifica; di aver ingiustamente accusato, in sede di audizione presso la Commissione disciplinare del Lazio, l’organizzazione arbitrale; di non essersi presentato, sebbene ritualmente convocato, per ben tre volte innanzi agli organi competenti della Procura Federale. A seguito del suddetto deferimento la Commissione disciplinare presso il Comitato regionale Lazio disponeva la convocazione delle parti. All’udienza del 22.10.2014, tuttavia, nessuno era presente per parte deferita. L’organo giudicante (ora Tribunale Federale Territoriale, per effetto della riforma del Codice di Giustizia Sportiva, entrata in vigore nelle more del procedimento), «preliminarmente consultato il sito internet delle Poste italiane e acquisita la prova che la raccomandata è in giacenza presso l’ufficio postale di competenza dal 22.9.2014» riteneva «l’adempimento perfezionato», disponendo, dunque, procedersi alla discussione. La Procura Federale, quindi, chiedeva l’affermazione della responsabilità del deferito con conseguente sanzione di anni tre di sospensione. Il Tribunale federale territoriale, ritenuto che dalle risultanze in atti emergesse «in maniera inequivocabile il fatto contestato al deferito» e «considerata la gravità del comportamento» tenuto dal sig. Amelia, dichiarava lo stesso responsabile per le condotte contestate, determinando la correlata sanzione in anni tre di sospensione. Avverso la suddetta delibera di cui al Com. Uff. n. 83 del 7.11.2014 del Tribunale Federale presso il Comitato Regionale del Lazio della L.N.D. ha, come detto, interposto gravame il sig. Amelia Stefano, come rappresentato e difeso. Con il primo motivo di appello il ricorrente deduce nullità del Comunicato Ufficiale ove è pubblicata la decisione impugnata, per non essere lo stesso mai stato comunicato al sig. Stefano Amelia, nonché per l’incompetenza a decidere dell’organo giudicante di primo grado, non avendo lo stesso «potere decisionale sulla materia trattata e sulle relative contestazioni avanzate al sig. Amelia, quale appartenente alla AIA». In tal ottica, secondo la prospettazione del reclamante, essendo l’associazione di categoria degli arbitri autonoma, tanto sul piano organizzativo, quanto su quello disciplinare, sono stati attribuiti alla stessa «anche specifici poteri decisionali finalizzati a reprimere le infrazioni poste in essere dai propri associati nonché garantire il rispetto dei doveri regolamentari». Ed a al fine è stato istituito «un apposito procedimento disciplinare (art. 1 norme disciplina AIA) che si articola su un doppio grado di giudizio e rimesso nelle competenze proprie degli organi giudiziari interni all’Associazione Arbitri». Richiamata la norma di cui all’art. 3 del Regolamento AIA, a mente del quale «gli arbitri sono sottoposti […] alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o società della F.I.G.C.», il reclamante ritiene che i fatti contestati rientrino nella competenza esclusiva della giurisdizione domestica dell’AIA e che, quindi, «il Tribunale Federale non aveva alcun potere di decisione sul deferimento», atteso che lo stesso si fonderebbe «esclusivamente su obblighi e divieti tecnici connessi alla qualifica di Arbitro (redazione veritiera del referto arbitrale e rispetto del principio di colleganza e fedeltà) e non vanno ad integrare alcuna violazione delle norme federali considerate esterne all’Ordinamento AIA». In definitiva, ritiene il ricorrente che, seppur, le condotte contestate «abbiano influito su un terzo soggetto (calciatore) questo non trova collegamento con le contestazioni avanzate» allo stesso arbitro Amelia: con la conseguenza che «nemmeno l’elemento appena richiamato (presenza di altro soggetto facente parte dell’Ordinamento federale) può comportare l’attribuzione dei poteri all’organo interno alla F.I.G.C.». Per queste ragioni, quindi, il reclamante ha chiesto dichiararsi l’incompetenza a giudicare del Tribunale federale e, di conseguenza, annullarsi «la decisione impugnata e la sanzione in essa prevista nonché di trasmettere gli atti al Presidente Federale affinché lo inoltri all’Organo competente della Giurisdizione interna dell’AIA». Con il secondo motivo d’appello il ricorrente deduceva nullità dell’impugnata decisione per violazione del principio del contradditorio per effetto della mancata notifica degli atti del procedimento. In tal ottica, il ricorrente evidenzia come «l’organo procedente ha semplicemente accertato che la posta, inviata al sig. Amelia, risultava in giacenza presso l’ufficio postale e non ha atteso ed accertato i reali motivi per cui la stessa risultava in questo stato», né ha atteso «il ritorno della raccomandata di convocazione». Non avendo, dunque, proseguiva il ricorrente, la semplice ricevuta scaricata dal terminale delle poste circa lo stato della lettera, «alcun valore giuridico ai fini della notificazione», il Tribunale federale, «prima di procedere alla trattazione dell’udienza doveva attendere il ritorno della raccomandata e verificare se la stessa risultava: accettata (quindi notificata); non accettata o rimessa al mittente per compiuta giacenza. Nel caso di esito negativo della notifica, il Presidente del Tribunale poteva anche procedere ad effettuare la notifica presso la sezione AIA di appartenenza del sig. Amelia». Lamentava, pertanto, il ricorrente, la violazione del «principio del contraddittorio» e del diritto alla difesa, alla luce delle norme del “giusto processo” e, nello specifico, la violazione della disposizione di cui all’art. 38 CGS in tema di notifiche, anche considerato che la notificazione relativa al procedimento innanzi al Tribunale federale risultava essere stata indirizzata in via Paisiello n. 30, anziché in Largo Ascianghi, ove effettivamente il medesimo risiederebbe. Per queste ragioni l’appellante insta affinché la Corte federale d’appello voglia «dichiarare la nullità del presente giudizio e, di conseguenza, annullare la decisione impugnata e la sanzione in essa prevista», rinviando «il procedimento all’organo di 1° grado». Chiede, altresì, rimettersi «in termini il ricorrente al fine di esercitare il proprio diritto di difesa presentando memorie ed atti difensivi a proprio favore oppure richiedere applicazione di sanzione attraverso specifico accordo con la Procura Federale». Quanto al merito, il ricorrente riteneva che la Procura federale, all’esito degli accertamenti espletati, non ha valutato «gli eventi nel loro insieme» e, soprattutto, ha «riconosciuto valenza a determinati atti piuttosto che ad altri. Condotta tenuta anche dal Tribunale in sede di trattazione del giudizio», che, sempre a dire del ricorrente, nulla ha motivato «sul merito dei fatti contestati osservando come questi emergano in maniera “inequivocabile”». Certezza, questa, che, invece, non troverebbe «fondamento negli atti stessi del giudizio». A partire dalla affermata assenza di contatto fisico tra arbitro e calciatore di cui trattasi, considerato che «la percezione sui fatti» che ha avuto il direttore di gara «così come la descrizione esposta dalla società ricorrente nel procedimento di riduzione della sanzione applicata al medesimo calciatore, riportano il contrario. Infatti, basta richiamare quanto testualmente scritto nel ricorso: “il quale – riferito al calciatore Strabioli – tenuto di peso, fortuitamente colpiva con il piede sfiorando la gamba dello stesso direttore di gara”». Ed allora, argomenta il ricorrente, quanto riferito in referto arbitrale, alla luce dello stesso ricorso della società Real Casilino, «non è così “falso”», «così come non è del tutto “falso” il fatto che vi sia stato un contatto tra le parti. Circostanza questa confermata dal medesimo Strabioli nelle sue dichiarazioni rilasciate alla Procura Federale, in sede di audizione». Per determinare la sanzione da applicare al direttore di gara, invece, lamentava il ricorrente, si è dato «risalto a quanto percepito da terzi soggetti, i calciatori in campo e l’Osservatore arbitrale sugli spalti, che erano distanti dal luogo di accadimento degli eventi». Ad ogni buon conto, vi sarebbe una «chiara connessione tra le parole del direttore di gara e quanto esposto in sede di indagini dallo Strabioli» e, «di conseguenza, la contestazione prevista al capo A) del deferimento (violazione art. 40 comma 3 lett. a ed h) non risulta essere così evidente e lo scarso grado di certezza si determina proprio dalle parole riportate sopra che non escludono il contatto fisico anche se lieve» e, «in tal senso, forse, la sanzione applicata al direttore di gara in merito all’obbligo di fedeltà nella redazione del referto arbitrale poteva essere anche più gradata in quanto la pena comminata di 3 anni di sospensione risulta essere eccessiva rispetto al reale accadimento dei fatti». Quanto alla contestazione di cui al punto B) del capo d’incolpazione, la tesi difensiva si sostanziava nel fatto che la stessa si fonderebbe «esclusivamente sulla dichiarazione effettuata dal ricorrente a margine dell’audizione disposta dalla Commissione Disciplinare Territoriale», riguardo al procedimento d’appello relativo al reclamo proposto dalla società Real Casilino avverso la squalifica di anni 4 inflitta al proprio calciatore Mirko Strabioli. Infatti, le circostanze alla base di siffatta contestazione non sarebbero state «oggetto di alcuna attività d’indagine ed il deferimento trova origine solo dalle eventuali dichiarazioni del sig. Amelia, peraltro, non allegate al fascicolo procedimentale». Quanto, infine, alla mancata presentazione del sig. Amelia alle convocazioni, la stessa non potrebbe essere imputata allo stesso «in quanto il medesimo non ha mai avuto coscienza e conoscenza delle stesse in quanto notificate presso un indirizzo errato». Concludeva, dunque, il ricorrente, chiedendo accogliersi le seguenti richieste: «A) in via preliminare: di dichiarare nullo il procedimento per violazione degli artt. 3 e 40 comma 1 – 3 del Regolamento AIA ed art. 1 Norme di disciplina AIA e relativa incompetenza a decidere dell’organo giudicante di 1° grado; B) In via preliminare: dichiarare nullo il procedimento per violazione delle norme del Giusto Processo, del diritto di difesa e del principio del contraddittorio in assenza di notifica degli atti del procedimento al ricorrente e della relativa convocazione per l’udienza di trattazione del giudizio; C) In via principale: in assenza di elementi a supporto delle indagini espletate, riformare totalmente la sanzione applicata ed annullare la pena di 3 anni di sospensione; D) In subordine: tenuto conto della tenuità dei fatti e delle contestazioni avanzate al ricorrente, riformare parzialmente la sanzione ed applicare la pena nel minimo edittale oppure con l’entità che si ritiene più adeguata». Alla seduta fissata innanzi alla Corte Federale di Appello per il giorno 18.12.2014 sono comparsi il rappresentante della Procura Federale ed il reclamante sig. Stefano Amelia, assistito da difensore di fiducia. Dopo aver ampiamente illustrato le rispettive posizioni, il primo ha insistito per il rigetto dell’appello e la conferma della decisione impugnata, mentre parte reclamante ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni come in via gradata rassegnate nell’atto di impugnazione. Secondo la C.F.A. l’ordine logico delle diverse questioni agitate nel presente procedimento imponeva di verificare, in via preliminare, la sussistenza della competenza a giudicare, da parte di questa Corte (e, quindi, del Tribunale federale che ha pronunciato la decisione impugnata), sui fatti oggetto del giudizio, come contestati dalla Procura Federale. Sul punto, riteneva la C.F.A. che non fosse «rinvenibile, nella fattispecie, alcun problema in ordine al rapporto sussistente tra la giurisdizione domestica, propria dell’A.I.A., e quella della F.I.G.C., che ha competenza su tutti i tesserati ad essa afferenti, compresi gli arbitri. Sotto tale profilo è possibile, in primo luogo, osservare come residui, in ordine ai fatti contestati al reclamante, una competenza di questa Corte (e, dunque, del Tribunale di primo grado), considerato che le contestazioni di cui trattasi non hanno natura squisitamente disciplinare. Non può, dunque, trovare adesione l’assunto difensivo secondo cui non sussisterebbe alcuna “giurisdizione” degli organi di giustizia sportiva della F.I.G.C.. Il ricorrente, infatti, se è vincolato, nei limiti della giurisdizione domestica, alle regole proprie specificamente dettate per gli arbitri, deve, in quanto arbitro e tesserato F.I.G.C., ritenersi anche assoggettato alla normativa in materia di giustizia sportiva dettata dalla Federcalcio. Occorre muovere, anzitutto, da una lettura attenta dell’invocato dato normativo di cui all’art. 3 del Regolamento AIA, che così testualmente recita: “1. Gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della F.I.G.C. per le violazioni delle norme federali. 2. Sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o società della F.I.G.C.. 3. La Procura arbitrale deve segnalare alla Procura federale ogni notizia di presunta violazione di norme federali commesse da arbitri, nonché ogni presunta violazione di qualsiasi norma, anche associativa, commessa da arbitri in concorso con altro tesserato o società della F.I.G.C., nonché trasmettere alla stessa copia di eventuali atti di indagine già compiuti e di quanto comunque in suo possesso”. Muovendo dal citato dato positivo non si può che constatare come le incolpazioni oggetto del presente procedimento integrano fattispecie di carattere non meramente tecnico e comportamentali per le quali è sottratta la più ampia competenza giurisdizionale della F.I.G.C.. In particolare, il sopra richiamato art. 40, sempre del Regolamento AIA, dopo aver imposto agli arbitri di “svolgere le proprie funzioni con lealtà sportiva, in osservanza dei principi di terzietà, imparzialità ed indipendenza di giudizio, nonché a comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile alla attività sportiva, con trasparenza, correttezza e probità” (comma 1), e averli richiamati all’obbligo ‘di osservare lo Statuto e le altre norme della F.I.G.C., nonché ogni altra direttiva e disposizione emanata dagli organi federali’ (comma 2), al terzo comma, lettere prima menzionate, così testualmente dispone: “Gli arbitri, in ragione della peculiarità del loro ruolo, sono altresì obbligati: aሻ ad osservare il presente Regolamento, le norme secondarie ed ogni altra direttiva e disposizione emanata dai competenti organi associativi, nonché a rispettare il codice di etica e di comportamento; bሻ a mantenere tra loro rapporti verbali ed epistolari secondo i principi di colleganza e di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti; cሻ ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento della attività sportiva nei rapporti con colleghi e terzi, rispettoso dei principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale; dሻ a non adire qualsiasi via legale nei confronti di altri tesserati F.I.G.C. e associati per fatti inerenti e comunque connessi con l’attività tecnica sportiva e la vita associativa, senza averne fatto preventiva richiesta scritta al Presidente dell’AIA e senza aver poi ottenuto dal Presidente F.I.G.C. la relativa autorizzazione scritta a procedervi nei confronti di altri tesserati e direttamente dal Presidente AIA nei confronti di altri associati, salvo dopo il decorso di 60 giorni dalla richiesta in assenza di risposta; eሻ ad accettare, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo e dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, rinunciando ad adire qualsiasi Autorità Giudiziaria, la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla F.I.G.C. o dall’AIA, dai suoi Organi o soggetti delegati nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale, nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico; fሻ a collaborare fattivamente e lealmente con gli Organi disciplinari, nonché ad accettare il principio dell’assoluta insindacabilità delle decisioni di natura tecnica; gሻ a compilare con assoluta veridicità la propria scheda anagrafica personale tenuta dal Presidente di Sezione ed a segnalare immediatamente eventuali variazioni, compresi cambi di residenza e/o domicilio; hሻ ad assolvere con tempestività e con la massima fedeltà al potere referendario ed alle eventuali richieste di integrazione; […]”. Orbene, nel caso di specie vengono in rilievo non già (rectius: non solo) mere violazioni delle predette prescrizioni, nel senso che non ci trova di fronte a contestazioni di ordine tecnicodisciplinare attinenti alla funzione arbitrale, ma si è (quantomeno, anche) in presenza di violazioni comportamentali rilevanti ex art. 1 (ora 1 bis) C.G.S., norma, questa, posta infatti alla base della contestazione mossa dalla Procura federale. Si aggiunga, poi, in ogni caso, che la condotta contestata all’arbitro Stefano Amelia ha avuto indiscutibile influenza su terzi soggetti (calciatore Mirko Strabioli) e società della F.I.G.C. (Real Casilina). Per l’effetto, alla luce del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 3, comma 2, e 40 Regolamento A.I.A. e delle norme di cui agli artt. 1 bis e 30, comma 3, C.G.S., la fattispecie dedotta in giudizio rimane, comunque, assoggettata agli Organi di giustizia della F.I.G.C.. Di conseguenza, per quanto occorra, non può che escludersi, per i fatti contestati, la sussistenza della giurisdizione esclusiva domestica dell’AIA». Ritenuta, pertanto, infondata e, dunque, disattesa la preliminare eccezione di incompetenza a decidere in capo agli organi della giustizia sportiva presso la F.I.G.C., la C.F.A. riteneva, invece, fondata la seconda eccezione svolta dal reclamante in ordine alla lamentata violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, per difetto di notifica degli atti del procedimento. «Dall’esame degli atti acquisiti al fascicolo del procedimento», affermava la Corte, «emerge prova della notificazione dell’atto di deferimento effettuata, a mani del sig. Stefano Amelia, con raccomandata ricevuta in data 6.8.2014, seppur indirizzata in Latina, via Paisiello, n. 30, laddove, invece, il ricorrente afferma non risiedere. Analoga prova, tuttavia, non può ritenersi raggiunta in ordine alla notificazione dell’avviso relativo al procedimento innanzi al Tribunale federale del Lazio. In quest’ottica, infatti, a prescindere da ogni questione (non decisiva ai fini della definizione del presente giudizio) in merito alla efficacia probatoria della ricevuta scaricata dal terminale di Poste italiane circa lo stato della lettera ed al valore giuridico della stessa ai fini della notificazione, non può che prendersi atto del fatto che, dall’esame degli atti acquisiti al fascicolo del procedimento, non vi è dimostrazione alcuna che la convocazione prevista dall’art. 30, comma 10, C.G.S., da effettuarsi a cura del Tribunale federale, sia stata ritualmente notificata. Non è, infatti, a tal fine sufficiente il fatto che il predetto medesimo Tribunale abbia ritenuto “acquisita la prova che la raccomandata è in giacenza presso l’ufficio postale di competenza”, non risultando in atti che la stessa sia stata, comunque, effettivamente ricevuta dal deferito o quantomeno correttamente inviata in Latina, via Ascianghi n. 23, ove l’interessato ha effettivamente documentato di risiedere, come attestato dalla certificazione dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Latina e confermato dallo stesso presidente della sezione AIA di Latina a seguito consultazione della scheda anagrafica personale del sig. Stefano Amelia. Certo, residua qualche perplessità, specie in considerazione del fatto che, come prima detto, altra precedente comunicazione inviata al sig. Stefano Amelia all’indirizzo di via Paisiello n. 30 è stata dallo stesso personalmente ricevuta. Ma ritiene questo Collegio, anche alla luce della rinnovata attenzione riservata, in sede di riforma, dal legislatore sportivo e da quello federale ai temi del contraddittorio e della garanzia del diritto di difesa, che il solo fumus sull’esito positivo della notificazione non possa ritenersi sufficiente ad affermare il buon esito della stessa, specie a fronte del rischio di confiscare ingiustamente un grado di giudizio al soggetto deferito. Per queste ragioni, visto l’art. 37, comma 4, ult. periodo, C.G.S., che dispone che la Corte Federale di Appello, “se rileva la violazione delle norme sul contraddittorio annulla la decisione impugnata e rinvia all’Organo che ha emesso la decisione, per l’esame del merito”, questa Corte annulla la decisione del Tribunale federale presso il Comitato Regionale Lazio della L.N.D. impugnata dal sig. Stefano Amelia, pubblicata sul relativo Com. Uff. n. 83 del 7.11.2014, e, per l’effetto, rinvia per l’esame del merito al predetto Tribunale Federale». Alla nuova seduta fissata innanzi al Tribunale federale territoriale del Comitato Regionale Lazio della L.N.D. sono comparsi il deferito, assistito da legale di fiducia ed il rappresentante della Procura federale. Quest’ultimo ha concluso per l’affermazione di responsabilità del deferito, chiedendo applicarsi la sanzione di anni tre di sospensione dall’attività. Il difensore del deferito ha contestato integralmente i capi d’accusa, chiedendo disporsi il proscioglimento del sig. Amelia o, in subordine, applicarsi il minimo edittale. All’esito del dibattimento il Tribunale federale territoriale giudicava esauriente l’attività istruttoria compiuta dalla Procura Federale, idonea a dimostrare «che il referto compilato dal sig. Amelia non sia veritiero rispetto a quanto realmente accaduto durante la gara in esame». Del resto, aggiunge il giudice di prime cure, «non possono trovare accoglimento le doglianze mosse dal legale del sig. Amelia, tutte generiche, mancanti di adeguata documentazione a supporto nonché prive di riscontro concreto». Quanto al capo di incolpazione relativo alla mancata risposta alle convocazioni della Procura Federale, ritiene il Tribunale che «anche se non a conoscenza delle convocazioni, risulta che lo stesso per ben due volte abbia giustificato la sua assenza e pertanto nelle medesime circostanze avrebbe ben potuto concordare con la Procura federale, la data in cui presentarsi». Affermata, pertanto, la responsabilità del sig. Amelia per i fatti allo stesso ascritti, il Tribunale condannava lo stesso alla sanzione della sospensione per anni 3. Avverso siffatta decisione ha proposto, come rappresentato e difeso, appello il sig. Stefano Amelia. In via preliminare, il reclamante lamenta «incompatibilità dell’organo giudicante rispetto al procedimento in oggetto», in considerazione del fatto che «3 membri su 6 del medesimo organismo facevano parte della Commissione che aveva emesso il precedente Comunicato (po cassato) n. 83/LND del 7.11.2014». Richiamata, sul punto, giurisprudenza della Suprema Corte, il ricorrente evidenzia di non aver potuto tempestivamente avanzare istanza di ricusazione non essendo stato a conoscenza dei componenti del collegio giudicante «prima dello svolgimento dell’udienza ne proporla in quella stessa sede». Nel merito, ritiene il reclamante evidente come la Procura Federale, «all’esito degli accertamenti espletati in fase di indagine, non abbia valutato gli eventi nel loro insieme e, soprattutto, sia stata riconosciuta valenza a determinati atti piuttosto che ad altri». Quanto al punto A), si legge in ricorso, «l’elemento cardine che deve essere valutato dalla Corte per una attenta verifica dei fatti è quello della “percezione” intesa come sensazione avuta dal soggetto interessato durante l’accadimento dei fatti. In questo senso, la percezione che ha avuto l’arbitro, così come la descrizione esposta dalla società ricorrente nel procedimento di riduzione della sanzione applicata al medesimo calciatore, riportano un quadro differente rispetto ai fatti oggetto di verifica». Del resto, aggiunge il reclamante sul punto, c’è un certificato medico rilasciato il giorno dopo la gara, che «ha piena valenza probatoria e non può essere disconosciuto se non dal medico stesso», mentre l’Osservatore «era posizionato sulle tribune e non poteva avere la sensazione diretta di quanto stava accadendo sul terreno di gioco». Insomma, a dire del ricorrente, «la contestazione prevista al capo A) del deferimento non risulta essere così evidente e, forse, la sanzione applicata al direttore di gara in merito all’obbligo di fedeltà nella redazione del referto arbitrale poteva e doveva essere anche più graduata in quanto la pena comminata di anni 3 di sospensione risulta essere eccessiva rispetto al reale accadimento dei fatti». Quanto alla contestazione di cui al punto B), lamenta, il ricorrente, come la stessa si fondi esclusivamente sulla dichiarazione dallo stesso effettuata «a margine dell’audizione disposta dalla Commissione disciplinare territoriale». In altri termini, «i fatti alla base di questa contestazione non sono stati assolutamente oggetto di alcuna attività di indagine ed il deferimento trova origine solo dalle eventuali dichiarazioni del sig. Amelia, peraltro, non allegate al fascicolo procedimentale». Quanto, infine, al capo C) del deferimento, evidenzia ancora, il ricorrente, come la mancata risposta alla convocazione disposta dalla Procura federale sia dovuta «principalmente ad un mancato intendimento in quanto il sottoscritto, a seguito del ricevimento del primo avviso, ha ipotizzato che le seguenti convocazioni gli sarebbero arrivate direttamente. Nulla di tutto questo in quanto venivano comunque spedite presso un indirizzo di residenza che è stato dimostrato errato». Evidenziato, da ultimo, «vizio di generica motivazione della sentenza» e richiamata giurisprudenza federale in ordine alla determinazione della sanzione, il ricorrente conclude chiedendo, in via principale, «in assenza di elementi a supporto delle indagini espletate, riformare totalmente la sanzione applicata ed annullare la pena di anni 3 di sospensione», e, in via subordinata, «tenuto conto della tenuità dei fatti e delle contestazioni avanzate al ricorrente, riformare parzialmente la sanzione ed applicare la pena nel minimo edittale oppure con l’entità che si ritiene più adeguata». Alla seduta innanzi a questa Corte fissata per il giorno 25.6.2015 sono comparsi l’avv. Dario Perugini per la Procura Federale, il sig. Stefano Amelia, personalmente, ed il proprio difensore avv. Matteo Sperduti per delega. Il rappresentante della Procura ha chiesto conferma della decisione impugnata, ritenendo infondata la preliminare eccezione ex adverso sollevata in ordine alla composizione del collegio del Tribunale territoriale. La difesa del ricorrente ha insistito nell’accoglimento delle conclusioni di cui al ricorso, segnatamente, evidenziando l’eccessiva sproporzione tra la sanzione inflitta ed i capi di incolpazione. Chiuso il dibattimento, all’esito della camera di consiglio la Corte federale di appello ritiene che il ricorso non meriti accoglimento per i seguenti MOTIVI In via preliminare deve essere esaminata la questione di nullità della decisione impugnata quale conseguenza dell’asserito vizio nella costituzione del collegio giudicante, adombrata in ricorso. L’eccezione è priva di pregio. L’art. 37 C.G.S., allorché dispone che la Corte Federale di Appello, «se rileva la violazione delle norme sul contraddittorio annulla la decisione impugnata e rinvia all’Organo che ha emesso la decisione, per l’esame del merito», non prescrive che quest’ultimo debba riunirsi in diversa composizione. Ciò premesso, evidenziato che, laddove possibile, ragioni di opportunità consigliano che in sede di rinvio, il competente Tribunale Federale decida in diversa composizione, ritiene questo collegio che, anche a voler applicare alla fattispecie le disposizioni del codice di rito civile, nel caso di specie l’interessato non ha proposto alcuna tempestiva istanza di ricusazione. La circostanza della mancata conoscenza, prima della seduta, della composizione del collegio del Tribunale non impediva di certo all’odierno ricorrente di sollevare la questione di incompatibilità lamentata quantomeno nel corso della seduta svoltasi innanzi allo stesso organo di prime cure. In ogni caso, dunque, in difetto di tempestiva istanza di ricusazione avanzata da chi ne ha interesse, non potrebbe, comunque, essere dichiarata alcuna invalidità della sentenza. Del pari infondata l’eccezione di difetto di motivazione della decisione assunta dal Tribunale Federale Territoriale. Seppur in modo succinto, infatti, l’organo di primo grado ha motivato la propria decisione, esternando, seppur sinteticamente e con specifico richiamo alle risultanze degli atti dell’indagine istruttoria svolta dalla Procura Federale, l’iter logico che ha fondato il proprio convincimento. Nel merito, il ricorso non può trovare accoglimento. I fatti dedotti in controversia appaiono invero pacifici e, comunque, ampiamente accertati. In relazione alla gara Nuova Tivoli Calcio/Real Casilino, valevole per il campionato di I Categoria laziale, Girone E, disputatasi il giorno 14.1.2014 il sig. Stefano Amelia, arbitro designato per la direzione dell’incontro, ha, tra l’altro, refertato di essere stato pesantemente insultato dal sig. Mirko Strabioli, calciatore n. 9 del Real Casilino, dopo l’annullamento di una sua segnatura e che dopo l’espulsione, questi lo aveva colpito con tre calci sullo stinco destro, provocandogli forte dolore. A fine gara, poi, il predetto calciatore, dopo avere ulteriormente insultato e minacciato, aveva ulteriormente colpito l’arbitro con calci e pugni alla spalla destra e alla coscia destra, provocandogli dolore, tanto da farlo zoppicare. Tale versione dei fatti è stata successivamente confermata dallo stesso ricorrente innanzi alla Commissione disciplinare territoriale, avanti la quale lo stesso è stato convocato in ordine al ricorso proposto, avverso la suddetta decisione del Giudice Sportivo, dalla società Real Casilino, secondo cui, invece, a differenza di quanto scritto dal direttore di gara nel proprio referto, non vi sarebbe stato alcun contatto fisico tra lo stesso ed il calciatore Mirko Strabioli, essendosi, quest’ultimo, limitato ad una protesta veemente, senza alcuna violenza e aggressione fisica. Orbene, il complessivo materiale probatorio acquisito agli atti del procedimento non conferma la suddetta versione dei fatti dichiarata dal direttore di gara. Ritiene, in via del tutto preliminare, questo Collegio richiamare e riaffermare, per quanto superfluo, il principio cardine della prova privilegiata rivestita dai referti ufficiali di gara. Nel caso di specie, tuttavia, è bene chiarire sin da adesso, il referto del direttore di gara viene sostanzialmente smentito da altro componente AIA (l’Osservatore arbitrale). Peraltro, la ricostruzione dei fatti operata dal suddetto Osservatore trova conferma in specifiche circostanze fattuali. La decisione del presente procedimento, in altri termini, si fonda essenzialmente non sulla versione dei fatti resa dal calciatore interessato o dalla relativa società sportiva, bensì su altro, divergente, referto, ossia quello, appunto, dell’Osservatore, appartenente alla medesima istituzione arbitrale. L’Osservatore arbitrale ha affermato di aver si visto un assembramento al termine della gara, ma non già l’aggressione segnalata nel referto ufficiale dell’arbitro. Come evidenziato dalla relazione istruttoria della Procura federale, la relazione dei fatti operata dall’Osservatore arbitrale è stata «puntuale e dettagliata» e lo stesso «non ha mostrato alcun tentennamento davanti all’esibizione dei reperti fotografici dei luoghi che mostrano, tra l’altro, un campo di gioco assolutamente aperto e privo di qualsiasi ostacolo visuale o aree coperte». Sotto tale profilo, dunque, non trova conforto l’assunto difensivo secondo cui l’Osservatore, trovandosi sugli spalti e, quindi, «distante dal luogo di accadimento degli eventi», potrebbe non aver visto i calci e pugni inferti all’arbitro dal sig. Strabioli. Questa ricostruzione trova, poi, conferma, in ulteriori circostanze indiziarie: Anzitutto, lo stesso Osservatore, entrato nell’immediatezza dei fatti lamentati dal direttore di gara, nello spogliatoio dello stesso, ha esplicitamente domandato se vi fossero dei problemi, ricevendone risposta negativa; Il sig. Amelia, nonostante avesse, a suo dire, ricevuto ripetuti calci e pugni che avevano allo stesso causato dolore e che lo avevano anche costretto a zoppicare, non si è recato al Pronto Soccorso, come, peraltro, disposto dalla normativa A.I.A.; Il sig. Amelia, nonostante una refertata duplice aggressione di particolare violenza, così come descritta, non ha ritenuto opportuno avvisare i propri superiori arbitrali dell’accaduto. In tal ottica, infatti, il sig. Gennaro Palazzino, componente organo tecnico C.R.A. Lazio, ha dichiarato all’ufficio inquirente federale di aver appreso tale vicenda non dal diretto interessato, bensì il lunedì successivo, dal presidente del Comitato Regionale Lazio dott. Melchiorre Zarelli nel corso di una telefonata in proposito. Neppure utili elementi a favore della tesi difensiva possono trarsi dal certificato medico esibito dall’interessato. Come correttamente evidenziato nella relazione della Procura Federale, «ancorché redatto su carta riportante i dati del sanitario» il certificato «risulta privo dell’apposizione del relativo timbro del professionista sulla sigla, del tutto anonima, posta alla fine del certificato» medesimo, mentre, quanto alla prognosi, la stessa «di non certa scarsa importanza (giorni 15)» appare formulata senza che fosse stato ritenuto opportuno «un approfondimento, ad esempio strumentale (Rx, Tac, Eco, RM), delle lesioni». Privo di pregio, del pari, l’assunto difensivo in ordine alla necessità di una attenta verifica dell’elemento della “percezione”. In primo luogo, difatti, il direttore di gara deve refertare non già la propria percezione dei fatti, bensì i fatti nella loro esatta oggettività e reale accadimento. In ogni caso, nel caso di specie, vi è una notevole, incolmabile, differenza e distanza tra la percezione di un calcio ricevuto che ha forse sfiorato la gamba del direttore di gara e la descrizione di una vera e propria violenta duplice aggressione con calci, prima, e con calci e pugni, poi. Deve, poi, ritenersi accertata la responsabilità del ricorrente in ordine al secondo capo di incolpazione, per aver lo stesso ingiustamente accusato, in sede di audizione presso la Commissione disciplinare del Lazio, l’organizzazione arbitrale. Il sig. Gennaro Palazzino, componente organo tecnico C.R.A. Lazio, evidenziato come nell’ambito delle proprie funzioni, era già stato costretto a riprendere per ben tre volte il sig. Amelia «in ragione di sue condotte non appropriate, tra l’altro, nei confronti dell’osservatore arbitrale» e di aver anche adottato un provvedimento di sospensione nelle designazioni «conseguente alla condotta tecnica, per quanto riguarda la direzione di gara, e disciplinare per quanto riguarda il comportamento tenuto nei confronti dell’Osservatore Arbitrale nel corso del colloquio tecnico postgara», ha affermato che il sig. Amelia «ha dichiarato fatti non rispondenti al vero per quanto riguarda una sua mancata designazione successivamente alla gara del 12.1.2014. Infatti presento la stampa delle designazioni del predetto Amelia che in data 26.1.2014 e 1.2.2014 era stato designato per la direzione di gara di due partite dallo stesso rifiutate con giustificazioni accettate. Preciso inoltre che sempre l’Amelia era stato designato anche per il giorno 30.3.2014 ma ha rifiutato inviando certificato medico» (cfr. verbale dichiarazioni Palazzino in atti). Nella stessa direzione militano le dichiarazioni rilasciate dal sig. Andrea Sorrentino, associato A.I.A. della sezione di Roma 1 e designatore del C.R.A. per la I categoria, secondo cui, appunto, il sig. Amelia ha dichiarato fatti non corrispondenti al vero per quanto concerne l’asserita sua mancata designazione successivamente alla gara del 12.1.2014: infatti, «il predetto Arbitro è stato designato per altre 2 gare successive dallo stesso rifiutate con motivi personali così come per l’ultima designazione del 30.3.2014 dallo stesso rifiutata per motivi di salute» (cfr. verbale dichiarazioni Sorrentino in atti). Questa Corte, infine, ritiene fondato il deferimento anche quanto all’ultimo capo di incolpazione, relativo alla mancata presentazione, per ben tre volte, innanzi agli organi competenti della Procura Federale. In tale prospettiva, occorre considerare che, sebbene il ricorrente lamenti di non aver ricevuto le lettere di convocazione di cui trattasi, per ben due volte ha giustificato la propria assenza, così attestando di avere effettivamente avuto, quantomeno, di fatto, conoscenza delle medesime. Peraltro, essendosi reso indisponibile alle convocazioni di cui lo stesso ha giustificato l’impedimento, un comportamento in linea con la disposizione di cui all’art. 1 bis C.G.S. richiedeva, come correttamente rilevato dal Tribunale federale territoriale, quantomeno che lo stesso concordasse con la Procura Federale una possibile data in cui effettuare l’audizione. Affermata, dunque, la responsabilità del sig. Stefano Amelia per le violazioni contestate in deferimento, questa C.F.A. ritiene congrua e adeguata la sanzione come determinata dal Tribunale. Del resto, trattasi di violazioni molto gravi, che, da un lato hanno anche condotto (in primo grado) ad una (ingiusta) sanzione alquanto pesante (squalifica fino al 15.1.2008) a carico del calciatore Mirko Strabioli, dall’altro mostrano scarsa considerazione per le istituzioni sia arbitrali, sia federali, nonché limitato rispetto delle relative disposizioni normative e regolamentari. Per questi motivi la C.F.A., respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Amelia Stefano. Dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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