CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 37 del 04/08/2016 – Ercole di Nicola/Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 37 del 04/08/2016 – Ercole di Nicola/Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE composta da Franco Frattini – Presidente e Relatore Mario Sanino Attilio Zimatore Massimo Zaccheo Dante D’Alessio - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 23/2016, presentato, in data 27 maggio 2016, dal sig. Ercole Di Nicola (all’epoca dei fatti responsabile area tecnica, tesserato per la società l’Aquila Calcio 1927 s.r.l.), rappresentato e difeso dagli avv.ti Libera D’Amelio e Maurilio Prioreschi; contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli; per l'annullamento e/o la riforma della decisione emessa dalla Corte federale d'appello FIGC, Sezioni Unite, di cui al C.U. n. 114/CFA del 29 aprile 2016, con cui è stato respinto il reclamo dell'odierno ricorrente avverso la decisione assunta in primo grado endofederale (di cui al C.U. n. 48/TFN del 1° febbraio 2016), che aveva affermato la responsabilità dello stesso sig. Di Nicola, comminandogli, in continuazione, l’inibizione a svolgere qualsiasi attività in ambito federale per anni 5 e l'ammenda pari ad € 100.000,00; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza del 27 luglio 2016, l’avv. Maurilio Prioreschi, per il ricorrente, sig. Ercole Di Nicola; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC; udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, Franco Frattini. Ritenuto in fatto Sulla base di elementi emersi nel corso dell’inchiesta penale “dirty soccer” della Procura della Repubblica di Catanzaro, il sig. Ercole Di Nicola è stato deferito dalla Procura federale dinanzi al Tribunale federale nazionale per violazione dell’art. 7, comma 1, dell’art. 6, comma 1, dell’art. 7, comma 7, dell’art. 6 , comma 5, dell’art. 1 bis, comma 1, del Codice di giustizia sportiva. Il TFN ha accolto parzialmente le richieste della Procura federale ed ha inflitto al Di Nicola, in continuazione, la inibizione per 5 anni e l’ammenda di euro 100 mila. Avverso detta decisione il Di Nicola ha proposto reclamo alla Corte federale d’appello, che ha respinto la impugnazione. Ricorre il Di Nicola dinanzi al Collegio di garanzia deducendo: - che le sue prerogative difensive sarebbero state violate; - che il giudizio sportivo avrebbe dovuto essere sospeso in attesa delle conclusioni del giudizio - penale; - che la Procura avrebbe arbitrariamente frazionato le contestazioni disciplinari; - che sarebbero stati violati i principi sulla valutazione delle prove; - che per la gara Santarcangelo/L’Aquila non ricorrono i presupposti dell’illecito sportivo; - che il TFN avrebbe adottato criteri di applicazione della sanzione non comprensibili. La FIGC, costituitasi in giudizio, ha concluso e ampiamente argomentato per la infondatezza del ricorso. Considerato in diritto I fatti per i quali l’odierno ricorrente è stato sanzionato sono emersi nel corso di una ampia indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, denominata “dirty soccer”. L’indagine ha verificato l’esistenza di un ampio tessuto di relazioni illecite e di azioni compiute in Italia e all’estero, al fine di condizionare e alterare risultati di partite di calcio dei campionati delle leghe professionistiche e dilettantistiche, con elevati profitti criminali anche collegati alle scommesse sulle partite truccate. La figura dell’odierno ricorrente Di Nicola è già emersa in vicende che hanno condotto a sanzioni inibitorie, preclusive e pecuniarie, in un recente caso, con decisione di conferma da parte di questo Collegio a Sezioni Unite. Gli ulteriori episodi che hanno condotto alla sanzione, con la continuazione, in questa sede, si riferiscono alla alterazione di sette gare, alla violazione del divieto di effettuare scommesse, alla omessa denuncia in relazione alla alterazione di quattro gare, alla omessa denuncia di scommesse effettuate da altri tesserati e alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità. Il Di Nicola, col primo motivo, lamenta la violazione del suo diritto di difesa giacché egli era destinatario di misura cautelare penale e dunque privato della possibilità di partecipare personalmente al procedimento disciplinare, sicché la sua posizione avrebbe dovuto essere stralciata dal TFN. A prescindere dal fatto inequivocabile che i difensori del Di Nicola lo hanno costantemente rappresentato facendo valere nel suo interesse tutte le prerogative stabilite per l’incolpato dall’ordinamento sportivo, vi è un elemento oggettivo che consente di respingere agevolmente il motivo di ricorso. Il ricorrente ben avrebbe potuto, in luogo della richiesta di stralcio, chiedere all’ A.G. un provvedimento di autorizzazione ad assistere alle udienze del procedimento sportivo. Ciò il ricorrente non ha fatto, neppure quando l’A.G. ha respinto l’istanza di revoca delle misure cautelari personali. Con il secondo motivo, il ricorrente sostiene che il TFN avrebbe dovuto sospendere il procedimento disciplinare ex art. 38, comma 5, lett. a), CGS del CONI. Detta norma, anche sulla base del tenore letterale, stabilisce un precetto che palesemente conduce alla infondatezza della pretesa del ricorrente; si afferma, infatti, la piena indipendenza dell’azione disciplinare sportiva da quella penale per i medesimi fatti. E addirittura, il successivo art. 39, ultimo comma, CGS del CONI stabilisce che “in nessun caso” il procedimento può essere sospeso, salvo che, per legge, si debba decidere una pregiudiziale di merito già sottoposta alla cognizione dell’Autorità giudiziaria. Questo Collegio di Garanzia, con orientamento che si ribadisce, ha già affermato che il giudice sportivo, in assoluta autonomia rispetto a quello penale, può valutare in assoluta libertà gli elementi istruttori raccolti in sede penale, indipendentemente anche dal rilievo penale dei fatti rappresentati o dal fatto che vi sia stata sentenza di condanna penale (cfr. Collegio di Garanzia, dec. n. 14 del 2016, IV^ Sez.). Ed è, dunque, logica conseguenza del principio cardine di autonomia dell’ordinamento sportivo che il procedimento sportivo non possa e non debba essere sospeso (salvo il caso dell’articolo 39, ultimo comma, citato). Se, infatti, in pendenza del processo penale il tesserato potesse in qualche modo sottrarsi alle responsabilità nascenti dal suo vincolo di affiliazione sportiva, l’intero sistema della giustizia endofederale e di quella presso il CONI perderebbe significato (cfr. Collegio di Garanzia, dec. n. 11 del 2016, IV^ Sez.). Con il terzo motivo, il ricorrente afferma che la Procura federale avrebbe arbitrariamente frazionato le incolpazioni a suo carico in atti di deferimento distinti, con conseguente aggravamento delle sanzioni inflitte. Non è la prima volta che il Collegio esamina ricorsi relativi a vicende emerse nel filone di inchiesta “dirty soccer” che si riferisce ad alterazione o scommesse per oltre trenta gare; la Procura federale, nell’esaminare tante e così complesse vicende illecite, ha ragionevolmente dato priorità alle questioni che potevano comportare responsabilità delle società, dovendosi consentire l’ordinato inizio dei campionati tenendo conto di eventuali sanzioni incidenti sulla relativa posizione di iscrizione. Non vi è stato alcun “abusivo” frazionamento, ma semmai una trattazione prioritaria di alcuni casi rispetto ad altri per le richiamate esigenze funzionali sportive. Non è certo responsabilità della Procura il fatto che l’odierno ricorrente sia figura che appare nella maggioranza delle vicende “dirty soccer” con un ruolo rilevante. E, del resto, il lamentato frazionamento delle incolpazioni non ha condotto al cumulo delle sanzioni, bensì al più favorevole - per il ricorrente - calcolo con il principio della continuazione nell’illecito. E ciò a prescindere dal fatto che certo non potrebbe il Collegio, per il limite posto dall’art. 54 CGS CONI, deliberare la congruità o meno della misura della sanzione applicata dalla giustizia endofederale. Del tutto privo di pregio è il quarto motivo, con cui il ricorrente lamenta l’illegittimità dei criteri probatori seguiti dai giudici endofederali. È consolidato e condivisibile orientamento anche di questo Collegio che lo standard probatorio nel procedimento disciplinare sportivo non deve spingersi sino alla certezza assoluta della commissione dell’illecito (giacché in molti casi tale criterio vanificherebbe del tutto la possibilità di perseguire illeciti disciplinari, come nel caso che ci occupa), ma neppure sino al superamento del ragionevole dubbio, come è invece nell’ordinamento penale. Il grado di prova sportiva sufficiente per ritenere sussistente una violazione deve essere certo superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (tra le molte, cfr. Collegio di Garanzia, Sez. Un., dec. n. 6 del 2016). Per le incolpazioni a carico del sig. Di Nicola, la giustizia endofederale si è basata correttamente su indizi ed elementi probatori gravi, precisi e concordanti, tali da far conseguire un ragionevole affidamento sulla effettiva commissione dei gravi illeciti contestati. Anche il quinto motivo è infondato. Il Di Nicola ha, senza alcun dubbio, posto in essere molteplici atti volti alla alterazione di gare di calcio. Ai fini della sua responsabilità, ex art. 7, comma 1, del C.G.S., nessun rilievo esimente può avere la circostanza che i giocatori asseritamente coinvolti nella “combine” siano stati prosciolti per insufficienza di prove. L’illecito per il quale De Nicola è stato deferito, e poi condannato, costituisce illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, essendone elemento costitutivo il semplice compimento di atti diretti ad alterare la gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica che non derivi dal fisiologico risultato della gara. Non occorre, dunque, la prova che i giocatori contattati abbiano effettivamente collaborato alla “combine”, giacché l’illecito sussiste persino quando i giocatori contattati abbiano esplicitamente rifiutato la proposta di alterazione della gara (cfr., da ultimo, Collegio di Garanzia Sez. Un., dec. n. 3 del 2016). Infine, il Collegio deve respingere anche il sesto motivo, con cui il ricorrente lamenta la mancanza di criteri per la determinazione della comminata sanzione in continuazione. In realtà, se si considerano le richieste formulate dalla Procura federale, si comprende assai bene che il TFN ha accolto in parte la richiesta di deferimento e di sanzioni ed ha ritenuto adeguata la sanzione, con la continuazione, della inibizione per anni cinque e della ammenda di euro 100 mila. Non si ravvisa alcuna violazione di legge o manifesta ragionevolezza in tale determinazione, e non potrebbe il Collegio valutare la congruità nel merito della sanzione, essendogli precluso tale ambito di sindacato. Il ricorso va, dunque, respinto e le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. IL COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT SEZIONI UNITE Respinge il ricorso. Le spese seguono la soccombenza, liquidate, nella misura di € 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC. Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 27 luglio 2016. Il Presidente e Relatore F.to Franco Frattini Depositato in Roma in data 4 agosto 2016. Il Segretario F.to Alvio La Face
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