F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 129/CFA del 20 Maggio 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 018/CFA del 04 Agosto 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL SIG. STEFANO MARIO FANTINEL AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI ANNI 5 CON PRECLUSIONE; – AMMENDA DI € 30.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S. (ATTUALMENTE ART. 1BIS, COMMA 1), IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3, N.O.I.F. E ALL’ART. 19 DELLO STATUTO F.I.G.C., NONCHÉ ALL’ART. 8, COMMI 2 E 10, C.G.S. E ALL’ART. 94 COMMA 1, LETTERE A) E B), N.O.I.F. – NOTA N. 5753/662PF11-12 AM/MA DEL 10.12.2015 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 64/TFN del 24.3.2016)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 129/CFA del 20 Maggio 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 018/CFA del 04 Agosto 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL SIG. STEFANO MARIO FANTINEL AVVERSO LE SANZIONI: - INIBIZIONE DI ANNI 5 CON PRECLUSIONE; - AMMENDA DI € 30.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S. (ATTUALMENTE ART. 1BIS, COMMA 1), IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3, N.O.I.F. E ALL'ART. 19 DELLO STATUTO F.I.G.C., NONCHÉ ALL’ART. 8, COMMI 2 E 10, C.G.S. E ALL’ART. 94 COMMA 1, LETTERE A) E B), N.O.I.F. - NOTA N. 5753/662PF11-12 AM/MA DEL 10.12.2015 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 64/TFN del 24.3.2016) Il deferimento La Procura Federale ha aperto d’ufficio nel febbraio del 2012 il procedimento disciplinare n. 662 pf 11/12 avente per oggetto, a seguito della sentenza dichiarativa di fallimento della US Triestina Calcio spa, violazioni disciplinari in relazione agli artt. 16 e 21 delle N.O.I.F. Nel frattempo anche la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste aveva avviato un procedimento penale nei confronti degli amministratori della società medesima e, di conseguenza, a seguito dell’autorizzazione di quest’ultima, veniva acquisita da parte della Procura Federale tutta la documentazione rappresentativa degli elementi particolarmenti significativi di prova ai fini della eventuale individuazione delle violazioni disciplinari e relative responsabilità. Con provvedimento n. 5753/662 pf 11-12 AM/ma del 10.12.2015, il Procuratore federale aggiunto ha deferito il sig. Stefano Mario Fantinel, dal 26 novembre 2009 al 2 settembre 2011 presidente del consiglio di amministrazione ed amministratore delegato con ampi poteri gestionali ed economici della US Triestina Calcio spa, nonché socio di riferimento per lo stesso periodo, per le seguenti violazioni: a) art. 1, comma 1, CGS vigente all’epoca dei fatti (oggi, art. 1 bis, comma 1), in relazione all’applicazione della norma di cui all’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, e all'art. 19 dello Statuto F.I.G.C., per aver contribuito con i propri comportamenti, in relazione alla carica ricoperta e ai poteri esercitati, alla cattiva gestione e al dissesto economico patrimoniale della società, già in stato di grave situazione economico-patrimoniale al momento della sua cessazione dalla carica per le condotte specificatamente descritte nella parte motiva che qui si intende integralmente richiamata e, in particolare, per quelle indicate ai punti Al, A2, A3, A4, Bl, 82, B3, B4, B5, B7a, B7b, C, D, E, 12, 113, 114, 115, 116 e 117; b) per la violazione dell’art. 1, comma 1, (oggi, art. 1 bis, comma 1) del CGS, in relazione all’art. 8, comma 2 e comma 10, del CGS e all’art. 94, comma 1, lettere a) e b), delle NOIF per aver pattuito, prima, verbalmente durante la stagione sportiva e, poi, per iscritto in data 3 giugno 2008 e corrisposto con assegni e con bonifici nel mese di giugno 2008 ai calciatori Paolo Domenico Acerbis, Riccardo Gianni Allegretti, 2 Anderson Rodney De Oliveira, David Dei, Luigi Andrea Della Rocca, Giorgio Gorgone, Pablo Louro, Granoche, Andrea Milani, Mauro Minelli, Emanuele Pesaresi, Martin Petras, Nicola Princivalli, Federico Rizzi, Alessandro Sgrigna, Emiliano Testini, Georgios Kyriazis, Ildefonso Lima Sola e Jaroslav Sedivec “speciali gratificazioni”, in aggiunta al contratto economico depositato in Lega, definendo con i propri tesserati accordi che hanno previsto compensi e premi in contrasto con le norme regolamentari, con le pattuizioni contrattuali; comportamento, questo, diretto ad eludere la normativa federale in materia gestionale ed economica [con riferimento a tale incolpazione la Procura federale evidenzia come la Procura della Repubblica di Trieste abbia contestato la distrazione della somma di 90.000 euro, importi pagati in nero, senza previsione contrattuale e senza pagamento di imposte e contributi ai seguenti calciatori: Allegretti (€ 50.000,00), Granoche (€ 25.000,00) e Petras (€ 15.000,00)]; c) per la violazione dell’art. 1, comma 1, (oggi, art. 1 bis, comma 1), del CGS in relazione all’applicazione dell'art. 19 dello Statuto F.I.G.C., per la distrazione, dalla società US Triestina spa della somma di 648.000 euro in favore della società Punto Logistica & Distribuzione srl, a lui facente capo e presieduta dalla figlia Mariaelena Barbara Fantinel, a fronte della fattura n. 1 del 1 settembre 2009 di € 240.000,00 + IVA, per l’attività svolta per il trasferimento del calciatore Stankovic, tesserato per la somma di 60.000,00 euro, e a fronte della fattura n. 3 dd. 30 settembre 2009 di € 300.000,00 + IVA per l’attività svolta per il tesseramento del calciatore Hottor, tesserato a parametro zero, perché svincolato; operazioni ritenute inesistenti dalla Procura della Repubblica di Trieste; d) per la violazione dell’art. 1, comma 1, (oggi, art. 1 bis, comma 1), del CGS in relazione all’applicazione dell'art. 19 dello Statuto F.I.G.C., per la distrazione della somma di 600.000 euro a favore della ASD Triestina Camp, a fronte delle fatture n. 12 del 30.10.2006 di € 100.000,00 oltre I.V.A.; n. 1 dell'1.7.2007 di € 100.000,00 oltre I.V.A.; n. 2 del 31.10.2007 di € 100.000,00 oltre I.V.A.; n. 1 dell'1.8.2008 di € 200.000,00 oltre I.V.A. (per un importo totale, appunto, di € 600.000,00 IVA inclusa), per non meglio definite "prestazioni pubblicitarie" (operazioni definite inesistenti dalla Procura della Repubblica di Trieste). Evidenzia, a tal proposito, la Procura federale come la ASD Triestina Camp, noonostante fosse inattiva dall'estate del 2006, simulasse pagamenti a soggetti terzi che in realtà non avevano percepito nulla ed avevano firmato quietanze in bianco; il denaro, poi, veniva prelevato dai conti correnti della Triestina Camp e consegnati in contanti a Fantinel per un totale di € 495.200,00. Alla luce delle predette violazioni, la Procura federale ha chiesto, nel giudizio di prime cure, irrogarsi le seguenti sanzioni: inibizione di anni 5 (cinque), con preclusione da ogni rango e/o categoria della F.I.G.C., oltre alla ammenda di € 30.000,00 (Euro trentamila/00). La decisione di primo grado Il TFN ha ritenuto sussistere la responsabilità del sig. Stefano Maria Fantinel per i fatti di cui ai capi di incolpazione sopra indicati, emergendo dai documenti agli atti come, nell’ambito del procedimento penale instaurato presso il Tribunale di Trieste, al sig. Stefano Mario Fantinel siano state contestate numerose fattispecie di distrazione di denaro in danno della società fallita, e come il GUP di Trieste, su richiesta delle parti, abbia applicato allo stesso sig. Fantinel, in ordine ai reati ascritti, esclusi i fatti di bancarotta caso Longoni, la pena di anni uno, mesi quattro, giorni 20 di reclusione (pena sospesa). Ha affermato, quindi, conclusivamente, il TFN, non solo che il deferimento dovesse trovare accoglimento, ma anche che la sanzione dovesse essere irrogata nel tipo e nella misura richiesti dalla Procura federale, in quanto congrui rispetto ai fatti in contestazione, infliggendo, quindi, al sig. Stefano Maria Fantinel la sanzione della inibizione per anni 5, con preclusione da ogni rango e/o categoria della F.I.G.C., oltre all’ammenda di euro 30.000,00. Il ricorso Avverso la predetta decisione, pubblicata sul C.U. n. 64/TFN del 24 marzo 2016, ha proposto ricorso il sig. Stefano Mario Fantinel. Richiamata la giurisprudenza di settore, il ricorrente deduce l’erroneità del provvedimento di prime cure sulla scorta dei motivi di appello di seguito sintetizzati e che saranno in prosieguo passati in rassegna: 1) Il costrutto giuridico attoreo muove principalmente dal principio che non vi possa essere un alcun automatismo nell’applicazione dell’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, basato «sul solo presupposto 3 oggettivo dell’aver rivestito cariche sociali al momento della declaratoria fallimentare o nel biennio precedente», e che, «nella fattispecie concreta … a carico del Sig. Stefano Mario Fantinel non sia stato accertato, nella gestione della US Triestina Calcio S.p.A., il benché minimo comportamento scorretto o censurabile»; 2) le condotte oggetto delle due decisioni degli Organi di Giustizia Sportiva richiamate ai punti El ed E2 del deferimento non sarebbero rilevanti, trattandosi di addebiti (violazione del Regolamento Agenti di Calciatori in merito al lodo SCLOSA e rinuncia della Società alabardata alla disputa del Campionato Giovanissimi Regionali 2011/2012) che, oltre ad essere estremamente veniali e marginali, non interferirebbero con la tenuta amministrativa e contabile della società. Di contro, andrebbe valorizzata la circostanza della completa assenza di segnalazioni della CO.VI.SO.C. quanto al mancato pagamento di emolumenti ai tesserati e/od all'omesso versamento delle ritenute IRPEF e dei contributi ENPALS; 3) Né, d'altro canto, potrebbero incidere, più di tanto, i presunti episodi distrattivi mutuati dal procedimento penale, rispetto ai quali andrebbero richiamate, per “ogni dettaglio, le argomentazioni di cui alla consulenza tecnica di parte redatta, per conto del ricorrente, nel procedimento penale iscritto a suo carico”. 4) Il ricorrente, nel corso del tempo, attraverso il suo gruppo societario, avrebbe investito nella Triestina ingenti capitali, di ammontare ben superiore a quelli ipotizzati come distratti. Segnatamente, in ricorso si sottolinea come il sig. Fantinel, nel corso del tempo, attraverso il Gruppo societario a lui facente riferimento, abbia «investito nel Sodalizio medesimo … circa 11 (undici) milioni di euro; molti di più – se si vuol fare i conti della serva – di quelli ipotizzati dalla Procura della Repubblica siccome distratti». 5) mancherebbe il movente e/o la chiave di lettura della ipotizzata "sottrazione" di somme. Il ricorrente non avrebbe, con le operazioni "incriminate" (quelle afferenti ai calciatori STANKOVIC e HOTTOR), mai perseguito l'arricchimento personale impoverendo le casse societarie, ma avrebbe, viceversa, puntato alla valorizzazione dei giocatori via via acquisiti, sempre e solo a vantaggio del bilancio della U.S. TRIESTINA CALCIO S.p.A.; 6) Lo stesso andrebbe detto in riferimento alla vicenda inerente ai rapporti con la A.S.D. TRIESTINA CAMP, rispetto alla quale il sig. Fantinel non avrebbe ricoperto alcuna carica sociale e tantopiù il ruolo di legale rappresentante. Tutte le suindicate circostanze dovrebbero valere come esimenti ovvero quantomeno come attenuanti, rivelandosi la sanzione applicata decisamente sproporzionata rispetto ai fatti in addebito. Allegata al ricorso la consulenza tecnico-contabile di parte presentata in sede penale innanzi al Tribunale di Trieste, il reclamante chiede che, riconosciute la validità e la fondatezza delle ragioni in fatto e diritto enunciate in narrativa, sia accolto il ricorso avanzato e, per l’effetto, in via principale, chiede il proscioglimento da ogni addebito, con integrale annullamento delle sanzioni e, in subordine, una riduzione congrua delle punizioni medesime. Il giudizio d’appello e la decisione All’udienza fissata, per il giorno 20 maggio 2016, innanzi questa Corte federale di appello, sono comparsi gli avv.ti Cozzone e Roseti, per il ricorrente, nonché il prof. Catalano, per la Procura Federale. La difesa del reclamante ha ribadito ed illustrato i motivi di gravame, mentre il rappresentante della Procura Federale ha insistito per la reiezione del ricorso. Dichiarato chiuso il dibattimento, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti MOTIVI La Corte, letto l’atto di gravame, sentite le parti presenti ed esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il ricorso sia infondato e che, pertanto, vada respinto. Giusta quanto anticipato in narrativa, viene fatta oggetto di gravame la decisione del TFN pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 64/TFN che, in accoglimento del deferimento del Procuratore Federale, ha applicato, nei confronti del sig. STEFANO MARIO FANTINEL, la sanzione dell’inibizione di anni 5 (cinque), con preclusione da ogni rango e/o categoria della F.I.G.C., oltre all’ammenda di € 30.000,00 (Euro trentamila/00). Tanto in ragione di alcuni specifici fatti – come sopra descritti ed addebitati al ricorrente nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato con ampi poteri gestionali 4 ed economici della US Triestina Calcio s.p.a., - ritenuti espressione di cattiva gestione e concausa del dissesto economico – patrimoniale della suddetta società, poi fallita il 25.1.2012. La cornice giuridica di riferimento che governa la res iudicanda risulta, quanto all’applicata previsione sanzionatoria della preclusione, efficacemente scolpita nel parere interpretativo reso dalla Corte federale di cui al C.U. n. 21 CF del 28.6.2007 in ordine al perimetro operativo della disciplina di cui all’art. 21, commi 2 e 3, delle N.O.I.F.. Nel declinare il concreto contenuto precettivo della norma in commento la Corte ha concluso nel senso che «La “preclusione” di cui al terzo comma dell’art. 21 N.O.I.F. presuppone l’accertamento di profili di colpa dell’amministratore in carica al momento della dichiarazione di fallimento, accertamento con riferimento al quale non vi è motivo per derogare ai comuni criteri in materia di onere della prova: ciò con la precisazione che la colpa in questione non necessariamente deve riguardarsi sotto il profilo della sua influenza nella determinazione del dissesto della società, ma può più ampiamente concernere anche la scorrettezza di comportamenti (pure in particolare sotto il profilo sportivo) nella gestione della società». Orbene, procedendo nel solco delle descritte coordinate, non possono che ritenersi conclamati i plurimi, reiterati episodi di mala gestio analiticamente ricostruiti nel corso dell’intero procedimento. Ed, invero, muovendo dal ruolo di indiscussa primazia svolto dal ricorrente nel periodo in contestazione all’interno della società della Triestina, in virtù sia degli incarichi svolti che del relativo assetto societario, vanno qui richiamate le gravi condotte distorsive registrate nel periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento e sulla cui valenza illecita, stante il rapporto di chiara distonia con la normativa endofederale, non residuano dubbi come di seguito evidenziato. Segnatamente, trovano anzitutto conferma – come già rilevato nel giudizio di primo grado – le reiterate condotte di distrazione, di seguito individuate anche per relationem, mediante, cioè, rinvio all’atto di deferimento, cui si riconnette l’oggettivo depauperamento dell'impresa in ragione della sottrazione delle sue risorse per scopi estranei al soddisfacimento di esigenze proprie della società medesima. Sul punto, l’ampio corredo probatorio su cui riposa l’atto di deferimento trova decisivo riscontro nella pronuncia resa dal G.I.P. del Tribunale di Trieste n. 391/14 del 29.5.2014 e divenuta irrevocabile il successivo 13.7.2014 con la quale, al sig. Fantinel, è stata applicata, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 444 c.p.p., la pena di anni uno mesi quattro e giorni venti di reclusione. Il richiamato decisum riscontra, infatti, di per sè – rendendo recessiva ogni diversa ricostruzione - le fattispecie di distrazione contestate: - al capo A) in relazione ai punti I13, I14; - al capo B) parte finale in relazione al punto G; - al capo C) ed al capo D) dell’atto di deferimento che risultano pedissequamente mutuate dal procedimento penale definito con la richiamata pronuncia in relazione, tra gli altri, proprio ai suddetti addebiti. A conferma di quanto fin qui esposto occorre richiamare la disciplina normativa applicabile in subiecta materia. A tal riguardo, vale, anzitutto, premettere che, sul piano dell’ordinamento settoriale della cd. giustizia sportiva, una corretta esegesi del quadro regolatorio di riferimento non può non tener conto del complesso sistema di fonti normative che, per effetto della riforma di recente attuata, concorrono vicendevolmente a governare, nell’ambito di un ordinamento oramai strutturato come multilivello, le condotte ed i rapporti ascrivibili ad ambiti di rilievo endofederale. All’interno di siffatto, articolato, contesto normativo assume preminente rilievo il CGS del CONI che assurge a paradigma di legittimità per le singole disposizioni del CGS della FIGC ed, al contempo, a canone ermeneutico per una “lettura conforme” delle medesime disposizioni endofederali. Depone in tal senso la stessa piana lettura dell’articolo 1 del CGS della FIGC che, rubricato come “rapporti tra il Codice di giustizia sportiva della FIGC e le fonti normative superiori”, reca l’esplicito riconoscimento di un principio di gerarchia a tenore del quale “Il presente Codice di giustizia sportiva della FIGC è adottato in conformità alle norme dell’ordinamento statale, allo Statuto, ai Principi di giustizia sportiva e al Codice della giustizia sportiva del CONI, alle norme della FIFA e dell’UEFA.” Fanno poi sistema con il suddetto principio le ulteriori disposizioni compendiate ai successivi commi 2 e 3: la prima introduce una clausola cd. di residualità in favore del codice Coni, destinato dunque a riespandersi come disciplina di diretto riferimento ogni qualvolta non si rinvenga nell’ambito dell’ordinamento settoriale una specifica regula iuris. 5 Il comma terzo, invece, perimetra l’autonomia dell’ordinamento federale circoscrivendola alla «..qualificazione dei fatti ai fini disciplinari e degli organi di giustizia sportiva nella definizione dei giudizi...». Procedendo nel solco delle suddette coordinate mette conto evidenziare che l’articolo 39 del codice di giustizia sportiva del Coni espressamente disciplina l’efficacia della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari ovvero negli altri giudizi in cui si controverte intorno a illeciti il cui accertamento dipende da quello degli stessi fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale nei confronti dell’incolpato (cfr. commi 1 e 3). In siffatte evenienze l’articolo 39 cit. prevede espressamente (cfr. comma 1) che «davanti agli organi di giustizia la sentenza penale irrevocabile di condanna, anche quando non pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato…. quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso», precisando, al successivo comma 2, che «la stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti». In definitiva, alla stregua dei richiamati principi, non sono suscettivi di contestazione - siccome assorbite nel richiamato decisum, idoneo ad assolvere piena efficacia anche nell’ambito dell’ordinamento federale – la sussistenza dei fatti distrattivi in addebito, la loro commissione da parte dal sig. Fantinel, l’accertata illiceità penale. Vanno, pertanto, disattese le corrispondenti doglianze attoree mosse nel mezzo di ricorso che, peraltro, per i profili fin qui in rilievo, lungi dall’esprimere contestazioni puntuali e specifiche, si risolvono piuttosto in affermazioni generiche sulla irrilevanza ovvero sulla contenuta valenza offensiva degli addebiti, facendo per il resto rinvio – in violazione del principio cd. di autosufficienza – ad una relazione di consulenza tecnica confezionata nell’ambito del procedimento penale. Il suddetto approdo ermeneutico – quanto alla ritenuta sussistenza delle condotte distrattive in addebito – vale già di per se stesso a convalidare l’allarmante quadro di irregolarità lumeggiato nella decisione di prime cure. Il diffuso ricorso ad operazioni fraudolente, la rilevanza sintomatica delle descritte illecite transazioni e la significativa pregiudizievole incidenza delle relative ricadute sul piano della corretta gestione societaria, oltre che sulla situazione economico – patrimoniale della Triestina, già rendono di tutta evidenza la ritenuta, grave compromissione dei principi e dei valori su cui riposa l’ordinamento federale. Ciò nondimeno, le condotte fin qui passate in rassegna – cui indubbiamente si riconnette un giudizio di maggior gravità – non esauriscono il ventaglio degli addebiti che, sul piano dell’ordinamento sportivo, è possibile muovere al ricorrente nella gestione della Triestina. Ed, invero, vanno qui richiamati gli ulteriori episodi oggetto di contestazione, parimenti sintomatici di irregolarità, talvolta gravi e sistematiche, nella gestione amministrativa della società e che corroborano, nell’ambito di una necessaria visione di insieme, il grave disvalore della condotta tenuta dal ricorrente. Vengono in rilievo, anzitutto, le condotte descritte al capo B) del deferimento, nemmeno contestate in punto di fatto dal ricorrente, il quale, in violazione delle norme federali, ha reiteratamente pattuito – e corrisposto – l’erogazione in favore dei propri calciatori di compensi aggiuntivi e gratificazioni non previsti nei rispettivi contratti depositati in Lega (salvo poi, in taluni casi, imputarli, ex post, in conto retribuzione). Non può, infatti, essere revocata in dubbio la natura illecita di tali condotte siccome in plateale contrasto con il disposto di cui all’articolo 94 delle NOIF e delle altre disposizioni federali che, imponendo l’incondizionata trasparenza degli accordi economici, si pongono a presidio della effettività dei controlli periodici sul pagamenti degli emolumenti ai tesserati, sul versamento degli oneri previdenziali e fiscali, sulla regolarità dell’iscrizione ai campionati delle società affiliate. Irregolarità di rilievo nella gestione societaria risultano segnalate, per il periodo di più diretto interesse, anche dagli ispettori Covisoc, senza che la valenza sintomatica di tali anomalie possa ritenersi ridimensionata – come viceversa preteso dalla difesa del ricorrente – in ragione della mancata applicazione, per le suddette irregolarità, di mirati provvedimenti disciplinari: 1) ed, invero, con l'ispezione del 27 aprile 2010 veniva evidenziato che: - risultavano non adempiuti i versamenti per I.V.A. relativa all'anno 2009 e al mese di marzo 2010 per complessivi €. 637.556,00; - la società non risultava in regola con il parametro VP/DF al 31.12.2009 (calcolato 4,689 contro il minimo richiesto di 3,50); 6 2) con l’ispezione del 29 ottobre 2010 veniva evidenziato che: - vi era morosità nei confronti dei tesserati e dell'Erario per ritenute Irpef (ultimo stipendio e ritenute pagate: mese di giugno 2010), irregolarità nei versamenti Enpals e soprattutto una debitoria nei confronti dell'Erario per IVA e IRAP per l'anno 2010 pari ad € 1.236.360,97; 3) con l’ispezione del 31 marzo 2011 veniva evidenziato che: - la società non risultava in regola con i versamenti ENPALS; risultava uno scaduto IVA 2010 e primi mesi 2011 e di IRAP per un totale 1.690.613 (di cui 1.563.412 per IVA); 4) con l’ispezione del 21 settembre 2011 veniva posto in risalto che: - il Collegio sindacale nella seduta del 28 giugno 2011 aveva evidenziato l'esistenza di fatti e/o irregolarità di rilievo, con particolare riferimento al fatto che la società aveva omesso i versamenti IVA da marzo 2010 per un importo complessivo di 1.717.356,88; inoltre, il Collegio aveva ritenuto che i versamenti dei soci dovessero ritenersi postergati rispetto alla soddisfazione degli enti creditori (erario in particolare), di conseguenza il Collegio riteneva censurabili le disposizioni di pagamento effettuate dalla società a titolo di rimborso (€ 710.000,00) nei confronti del socio MFI SRL dei finanziamenti effettuati alla società in presenza di debiti tributari di rilevante entità. Infine, per completare il quadro fattuale di riferimento, occorre soggiungere che nel periodo in questione la società della Triestina e lo stesso ricorrente venivano sanzionati per la violazione delle norme federali poste a presidio di una corretta gestione amministrativa (cfr. Comunicato Ufficiale n. 58/CDN 2011/2012 del 27 gennaio 2012 e Comunicato Ufficiale n. 113 del 4 aprile 2013 della Lega Nazionale Dilettanti — Comitato Regionale Friuli Venezia Giulia). Quanto a tale ultimo profilo prive di pregio si rivelano le deduzioni difensive volte a ridimensionare – senza negare l’an delle sottostanti vicende – la portata offensiva di tali precedenti disciplinari. Non può, infatti, essere, in apice, condivisa l’impostazione metodologica seguita siccome caratterizzata dall’impropria atomizzazione, nel procedimento di valutazione della condotta del ricorrente, della stima dei suddetti antefatti. In tal modo, resta completamente obliterata quella necessaria visione di insieme che rappresenta, viceversa, una condizione irrinunciabile per una corretta analisi della complessiva condotta serbata dal ricorrente e del relativo impatto sulle vicende della Triestina. Ciò detto, la decisione impugnata merita conferma anche in punto determinazione della sanzione. Non vi è dubbio che le condotte addebitate al sig. Stefano Mario Fantinel sono gravi, plurime e reiterate in un consistente lasso di tempo e denotano, specie laddove valutate in modo non atomistico, ma secondo una prospettiva d’insieme, una scarsa considerazione dei precetti federali. Né gli investimenti richiamati dal reclamante sono idonei ad elidere i fatti per come accertati e la loro valenza disciplinarmente illecita. Deve, del resto, anche evidenziarsi come le condotte in relazione alle quali è stata affermata la responsabilità del reclamante hanno, quantomeno, agevolato o aggravato lo stato di decozione in cui versava la società di cui lo stesso era presidente ed amministratore delegato e come tutto ciò, su un piano generale, si rifletta, inevitabilmente, sull’ambito sportivo più generale, minando la regolarità delle competizioni sportive cui era iscritta a partecipare la società Triestina e ponendo a rischio lesione lo stesso bene fondamentale protetto dal presidio normativo federale. Ed allora, la sanzione della inibizione per anni cinque, con preclusione, appare giustamente remunerativa del disvalore sportivo che caratterizza le condotte illecite di cui trattasi, in considerazione della gravità e connotazione delle stesse, nonchè del ruolo svolto dal presidente Fantinel all’interno della compagine societaria. Sussistono, sotto tale profilo, come correttamente affermato dal Tribunale di prime cure, i presupposti per l’applicazione della sanzione della preclusione. In tale prospettiva, deve ancora essere qui richiamato il già citato parere interpretativo, reso dalla Corte di Giustizia Federale in data 28.6.2007, secondo cui «la preclusione di cui al terzo comma dell’art. 21 NOIF presuppone l’accertamento di profili di colpa dell’amministratore in carica al momento della dichiarazione di fallimento, accertamento con riferimento al quale non vi è motivo per derogare ai comuni criteri in materia di onere della prova: ciò con la precisazione che la colpa in questione non necessariamente deve riguardarsi sotto il profilo della sua influenza nella determinazione del dissesto della società, ma può ampiamente concernere anche la scorrettezza di comportamenti (pure in particolare sotto il profilo sportivo) nella gestione della società». Da tale affermazione possono essere tratti due principi fondamentali: 7 - non è possibile, sulla base del solo dato costituito dalla decozione della società sportiva, incolpare il dirigente per la violazione dell’art. 1, comma 1, CGS, occorrendo, invece provare l’esistenza di condotte colpose; - dette condotte non devono necessariamente essere tali da aver determinato il fallimento, ma è sufficiente che siano apprezzabili dal punto di vista sportivo, siccome consistenti in illeciti propriamente sportivi ovvero gestionali. Tali principi, peraltro coerenti con quelli, di carattere più generale, rinvenibili nella legge penale e nello stesso ordinamento sportivo, meritano di essere applicati anche in questa sede. Può ben accadere, infatti, che l’imprenditore sportivo incorra nel fallimento senza sua colpa e, in tal caso, non appare conforme ad equità e giustizia un’applicazione automatica delle sanzioni afflittive in capo a chi curava l’amministrazione sociale. Nel caso di specie, invece, essendo i comportamenti di cui si è detto, e per cui è stata riconosciuta ed affermata la responsabilità del presidente Fantinel, allo stesso direttamente riferibili anche sul piano soggettivo, avendo di essi piena coscienza e volontà, trova indiscutibile applicazione anche la sanzione della preclusione. Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto e, per l’effetto, va incamerata la tassa reclamo. Per questi motivi la C.F.A., Sezioni Unite, respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Stefano Mario Fantinel Dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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