CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 46 del 11/10/2016 – Salvatore Astarita/Antonio Ciccarone/Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 46 del 11/10/2016 – Salvatore Astarita/Antonio Ciccarone/Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE composta da Franco Frattini – Presidente Mario Sanino Attilio Zimatore - Relatore Massimo Zaccheo Dante D’Alessio - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nei procedimenti riuniti iscritti al R.G. n. 16/2016 e n. 17/2016, e precisamente : - al R.G. n. 16/2016 a seguito del ricorso (presentato in data 16 maggio 2016) proposto dal sig. Salvatore Astarita, residente in Napoli, Via Hanz Cristian Andersen n. 5, rappresentato e difeso dall’Avv. Gaetano Aita, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Eboli (SA), Via Leonardo da Vinci n. 27, contro la F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via Allegri n. 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Panama n. 58, nonché contro la Procura Federale presso F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via Allegri n. 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, avverso la decisione della Corte Federale d’Appello FIGC – Sezioni Unite – pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, con la quale è stato rigettato il ricorso e, per l’effetto, è stata confermata la decisione assunta in primo grado, in virtù della quale il ricorrente sig. Astarita è stato sanzionato in continuazione con la squalifica di 3 anni per l’associazione ex art. 9 del Codice della Giustizia Sportiva, oltre, sempre in continuazione, alla squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni e all’ammenda pari ad € 60.000,00; - nonché al R.G. n. 17/2016 a seguito del ricorso (presentato in data 16 maggio 2016) proposto dal sig. Antonio Ciccarone, residente in Eboli, Via Apollo XI n. 14, rappresentato e difeso dall’Avv. Gaetano Aita, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Eboli (SA), Via Leonardo da Vinci n. 27, contro la F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via Allegri n. 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Panama n. 58, nonché la Procura Federale presso F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via Allegri n. 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, avverso la decisione della Corte Federale d’Appello FIGC – Sezioni Unite – pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, con la quale è stato rigettato il ricorso e, per l’effetto, è stata confermata la decisione assunta in primo grado, in virtù della quale il ricorrente sig. Ciccarone è stato sanzionato in continuazione con la inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5 (cinque), oltre, sempre in continuazione, la inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni e all’ammenda pari ad € 85.000,00; riuniti i ricorsi, per la sostanziale identità delle questioni di diritto prospettate dai ricorrenti nella impugnazione della medesima decisione della Corte Federale d’Appello FIGC, di cui al C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle Parti costituite; uditi, nell’udienza del 21 giugno 2016, gli avvocati: Gaetano Aita, nell’interesse di entrambi i ricorrenti Signori Astarita e Ciccarone; Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, nell’interesse della F.I.G.C.; udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Attilio Zimatore. Ritenuto in fatto I. Nell’ambito di una vasta ed articolata indagine sul mondo del calcio, che ha preso avvio dall’attività investigativa svolta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro (e dal successivo procedimento penale), i Signori Salvatore Astarita e Antonio Ciccarone sono stati deferiti agli Organi della Giustizia Sportiva in relazione ad una serie di gravi illeciti sportivi loro ascritti dalla Procura Federale della FIGC. In particolare, ai due attuali ricorrenti sono state contestate molteplici condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e del risultato di numerose gare svoltesi nel 2014 nell’ambito del Campionato nazionale di Serie D. Il giudizio di primo grado si è concluso con l’irrogazione, per quanto qui rileva, delle seguenti sanzioni: - ASTARITA Salvatore: in continuazione, squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS in continuazione oltre, sempre in continuazione, a squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 60.000,00; - CICCARONE Antonio: in continuazione, inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5, oltre, sempre in continuazione, a inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 85.000,00. Avverso tale decisione i Signori Astarita e Ciccarone hanno proposto reclamo alla Corte Federale d’Appello, la quale sulla base di un’ampia e circostanziata motivazione e ad un puntuale esame del complesso materiale probatorio acquisito al procedimento, con decisione pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, ha rigettato i ricorsi dei Signori Astarita e Ciccarone. II. Detta decisione della Corte Federale d’Appello è stata impugnata dinanzi a questo Collegio di Garanzia, con distinti ricorsi, sia dal sig. Astarita che dal sig. Ciccarone. In particolare, il sig. Astarita, con ricorso depositato in data 16.5.2016, ha chiesto al Collegio di Garanzia di accogliere le seguenti conclusioni: << - ritenuta la illegittimità, ai sensi dell’art. 54 comma 1 CGS-C.O.N.I., della decisione della Corte Federale di Appello della F.I.G.C. – Sezioni Unite, il cui dispositivo è stato pubblicato sul C.U. n. 86/CFA del 07 marzo 2016 e le motivazioni pubblicate sul C.U. n. 105/CFA del 15 APRILE 2016 - con la quale, è stato rigettato il ricorso e per l’effetto è stata confermata la decisione del Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare, pubblicata sul Comunicato Ufficiale N° 48/TFN del 01/02/16, con la quale Astarita Salvatore, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la USD AKRAGAS CITTA’ DEI TEMPLI (SERIE D) è stato sanzionato in continuazione con la squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS in continuazione oltre, sempre in continuazione, a squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 60.000,00 – DISPORNE, per i motivi sopra esposti, ai sensi dell’art. 62 CGSCONI l’ANNULLAMENTO SENZA RINVIO OVVERO CON RINVIO unitamente a tutti gli atti presupposti, annessi, connessi, collegati e conseguenti …. >>. A sostegno del ricorso il sig. Astarita ha dedotto i seguenti nove motivi: << 1) Violazione degli artt. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Estinzione dell’azione disciplinare. 2) Violazione dell’art. 30 Statuto F.I.G.C. in riferimento agli art. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Nullità della decisione di secondo grado – Estinzione dell’azione disciplinare. 3) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 CGS (Associazione). 4) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1, 2 e 6 CGS (Illecito sportivo). 5) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 7 CGS (Omessa denuncia di illecito sportivo). 6) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse). 7) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 5 CGS (Obbligo di denuncia di scommesse) anche in riferimento all’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse) e dell’art. 81 C.P. 8) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6 commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7 e 8 del CGS in riferimento all’art. 19 commi 1 lett. F), H) e 6 CGS. 9) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6 commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7 e 8 del CGS in riferimento all’art. 19 commi 1 lett. C), F), H) e comma 3 CGS ed art. 81 C.P. >>. Il sig. Ciccarone, con ricorso depositato pure in data 16.5.2016, ha chiesto al Collegio di Garanzia di accogliere le seguenti conclusioni: << - ritenuta la illegittimità, ai sensi dell’art. 54 comma 1 CGS-C.O.N.I., della decisione della Corte Federale di Appello della F.I.G.C. – Sezioni Unite, il cui dispositivo è stato pubblicato sul C.U. n. 86/CFA del 07 marzo 2016 e le motivazioni pubblicate sul C.U. n. 105/CFA del 15 APRILE 2016 - con la quale, è stato rigettato il ricorso e per l’effetto è stata confermata la decisione del Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare, pubblicata sul Comunicato Ufficiale N° 48/TFN del 01/02/16, con la quale Ciccarone Antonio, all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS all’interno e nell’interesse della NEAPOLIS srl, è stato sanzionato “in continuazione con la inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5, oltre, sempre in continuazione, a inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 85.000,00 – DISPORNE, per i motivi sopra esposti, ai sensi dell’art. 62 CGS-CONI l’ANNULLAMENTO SENZA RINVIO OVVERO CON RINVIO unitamente a tutti gli atti presupposti, annessi, connessi, collegati e conseguenti … >>. A sostegno del ricorso il sig. Ciccarone ha dedotto i seguenti undici motivi (per errore materiale l’11° motivo è stato numerato, una seconda volta, con il n. 10): << 1) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 30 Statuto Federale – art. 1 bis commi 1 e 5 CGS. 2) Violazione degli artt. 1 e 30 Statuto Federale, dell’art. 19 commi 1 lett. C), H) e comma 3 CGS – dell’art. 1 bis commi 1 e 5 CGS. 3) Violazione degli artt. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Estinzione dell’azione disciplinare. 4) Violazione dell’art. 30 Statuto F.I.G.C. in riferimento agli art. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Nullità della decisione di secondo grado – Estinzione dell’azione disciplinare. 5) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 CGS (Associazione). 6) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1, 2 e 6 CGS (Illecito sportivo). 7) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 7 CGS (Omessa denuncia di illecito sportivo). 8) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse). 9) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 5 CGS (Obbligo di denuncia di scommesse) anche in riferimento all’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse) e dell’art. 81 C.P. 10) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6 commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7 e 8 del CGS in riferimento all’art. 19 commi 1 lett. F) ed H) e 6 CGS . 11) ( 1 ) Omessa e/o insufficiente motivazione – violazione a falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6, commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7, 8 del CGS in 1 ) Erroneamente numerato nel ricorso con il n. 10 riferimento all’art. 19 commi 1 lett. C, H, e comma 3 CGS ed art. 81 C.P.>> (per un evidente refuso, nel ricorso del sig. Ciccarone il motivo n. 11 è stato numerato ripetendo il n. 10). La F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio si è distintamente costituita in entrambi i ricorsi, contestando le tesi e le censure formulate dai sigg. Astarita e Ciccarone; e chiedendo, per entrambi, che i ricorsi siano dichiarati in parte inammissibili e comunque siano respinti perché infondati nel merito. Considerato in diritto 1. Preliminarmente il Collegio osserva che i motivi di ricorso dal n. 1 al n. 9 proposti dal ricorrente sig. Astarita corrispondono nella sostanza e nello sviluppo argomentativo ai motivi dal n. 3 al n. 11 proposti dal ricorrente sig. Ciccarone. Pertanto, nel seguito della motivazione di questa decisione, detti motivi possono essere e saranno esaminati congiuntamente. Del resto, proprio la sostanziale identità delle censure mosse da entrambi i ricorrenti avverso la medesima decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC, a Sezioni Unite (pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016), ha motivato la riunione dei due ricorsi. 2. Con i primi due motivi, il sig. Astarita censura la decisione impugnata per violazione degli artt. 34 e 34 bis del Codice di Giustizia Sportiva (di seguito, per brevità, designato semplicemente come CGS) della F.I.G.C. e degli artt. 37 e 38 CGS CONI, nonché per violazione dell’art. 30 dello Statuto F.I.G.C. in riferimento alle predette disposizioni. Premesso di aver proposto reclamo in appello l’8.2.2016, considerato che la Corte Federale ha rigettato il gravame con dispositivo pubblicato sul C.U. n. 086/CFA del 7.3.2016, sebbene le motivazioni siano state rese note solo il successivo 15.4.2016, con il C.U. n. 105/CFA, il ricorrente deduce l’estinzione del procedimento disciplinare di secondo grado perché conclusosi tardivamente, oltre il termine di 60 giorni previsto dalla normativa vigente. Attesa, poi, la natura arbitrale della pronuncia gravata, essa – secondo il ricorrente - dovrebbe essere dichiarata nulla “per vizi del patto compromissorio di cui all’art. 30 dello statuto Federale ovvero per l’omesso deposito delle motivazioni entro 10 giorni dal deposito del dispositivo (termine questo da intendersi a pena di decadenza)”. Sostanzialmente negli stessi termini si presentano i motivi nn. 3 e 4 formulati dal ricorrente sig. Ciccarone. I due motivi in esame sono entrambi infondati. Gli artt. 34 bis CGS FIGC e 38 CGS CONI dispongono che “Il termine per la pronuncia della decisione di secondo grado è di sessanta giorni dalla data di proposizione del reclamo” a pena di “estinzione del giudizio disciplinare”. Come più volte ribadito da questo Collegio, per l’individuazione del termine per la conclusione dell’azione disciplinare, l’ordinamento federale dà rilievo al momento in cui la decisione conclusiva del procedimento disciplinare o del giudizio di secondo grado è adottata, fermo restando che solo dopo la pubblicazione della pronuncia decorrono i termini per la sua possibile impugnazione. Ne consegue che “Per i giudizi collegiali, come quello in esame, il momento in cui la decisione dell’organo giudicante è pronunciata – in conformità alle disposizioni sopra indicate - è quello in cui, all’esito della camera di consiglio, la decisione è stata adottata e sottoscritta (anche solo nel dispositivo) dal Presidente e dal relatore del collegio giudicante. E di tale data fa fede, fino a querela di falso, la sottoscrizione degli organi giudicanti. Costituisce poi un necessario adempimento, immediatamente successivo, quello del deposito della decisione presso la Segreteria che provvede poi alla sua tempestiva pubblicazione” (Coll. Gar. CONI, Sez. Un., 22 marzo 2016, n. 13). Rilevato che nel caso in esame il dispositivo è stato pubblicato il 7.3.2016 e che il reclamo era stato presentato da entrambi i ricorrenti sigg. Astarita e Ciccarone in data 8.2.2016 se ne desume che la decisione è intervenuta entro il termine perentorio di 60 giorni decorrenti dalla data del reclamo dell’8.2.2016, come prescritto dalle citate disposizioni. Ne consegue che entrambi i motivi qui esaminati (per entrambi i ricorrenti) sono infondati. 3. Con il terzo motivo, il ricorrente sig. Astarita contesta la decisione impugnata per omessa e/o insufficiente motivazione, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 9 CGS. In particolare, assume che la pronuncia della Corte Federale è contraddittoria nella parte in cui ha ritenuto sussistere l’illecito associativo in capo all’Astarita (per i rapporti intrattenuti con Ciccarone e Moxedano) solo in riferimento alla Gara Neapolis-Sorrento e, nel contempo, ha sostenuto che l’associazione (costituita da Astarita, Ciccarone e Moxedano) potesse rinvenirsi solo in relazione alla Gara Neapolis-Akragas, per la quale il ricorrente non è stato sanzionato ai sensi dell’art. 9 CGS. La Corte Federale non avrebbe poi debitamente considerato l’occasionale coinvolgimento dell’Astarita nel sodalizio, atteso che il calciatore non avrebbe preso parte a tutti gli episodi di cui ai capi di incolpazione. Con il quarto motivo, il sig. Astarita lamenta la omessa e/o insufficiente motivazione, nonché la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 6, del CGS sia con riferimento alla Gara 8: Neapolis-Akragas del 9.11.2014 (2-2), che alla Gara 9: Neapolis-Sorrento del 23.11.2014 (3-0). Con riferimento alla prima, deduce il vizio di motivazione della sentenza per avere la Corte Federale ritenuto il ricorrente responsabile dell’illecito sportivo contestato sulla base del solo contenuto della conversazione telefonica intercorsa tra l’Astarita e il Moxedano, senza curarsi né di valutare la loro credibilità ed attendibilità e neppure di individuare ulteriori elementi da cui desumere la sua colpevolezza. Il ricorrente osserva, inoltre, che la Corte Federale non avrebbe neppure correttamente interpretato il termine “combine”, da intendersi come partecipazione all’illecito di almeno due soggetti, e non avrebbe motivato circa “l’effettiva volontarietà del fallo di mano e sul fatto che la conseguente espulsione abbia alterato la gara nel senso voluto dalla norma sanzionatoria”. Con riferimento alla seconda, precisa che, poiché il ricorrente si era limitato soltanto a mettere in contatto il Ciccarone con il Pignatta, ai cui rapporti era rimasto completamente estraneo, l’Astarita non poteva essere a conoscenza dell’intento illecito del Ciccarone e, conseguentemente, non avrebbe potuto commettere l’illecito sportivo di cui è stato ritenuto autore nella decisione impugnata, ferma restando una ipotesi di omessa denuncia di cui all’art. 7, comma 7, CGS. Con il quinto motivo, il ricorrente sig. Astarita lamenta ancora la omessa e/o insufficiente motivazione, nonché la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 7, del CGS, sia per la gara 5: Monopoli-Puteolana del 2.11.2014 (4-0), che per quella n. 6: Montalto–Frattese del 2.11.2014 (2-4). Censura la decisione impugnata per avere la Corte desunto la sua effettiva conoscenza dell’illecito dalla mera e non univoca accertata circostanza che il Ciccarone lo avesse invitato a scommettere, non mancando di puntualizzare che, per tale fatto, era stato già sanzionato. Analogo difetto motivazionale fa valere per la gara n. 11: F. Andria–Puteolana del 30.11.2014 (7-2), con riferimento alla quale la Corte avrebbe ricavato la consapevolezza dell’illecito soltanto dalla mancata denuncia della combine in sede di audizione, non considerando che, sebbene Astarita non avesse escluso che la partita potesse essere combinata, all’epoca dei fatti non ne aveva alcuna contezza. Con il sesto motivo, il sig. Astarita censura la decisione per omessa e/o insufficiente motivazione nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 2, del CGS della FIGC. Secondo il ricorrente, in difetto di prove circa l’effettiva esecuzione di scommesse da parte dell’Astarita o di soggetto terzo, la decisione della Corte Federale non avrebbe dato corretta applicazione alla citata disposizione, atteso che “l’art. 6, comma 2, CGS, a differenza dell’illecito sportivo, non punisce il tentativo e non è un illecito a consumazione anticipata, in quanto per la sua realizzazione occorre il verificarsi dell’evento”. Aggiunge che, sulla base del combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 6 CGS, Astarita, quale calciatore dilettante, a differenza degli altri calciatori professionisti, ben avrebbe potuto effettuare scommesse su qualsiasi partita ad eccezione di quelle afferenti al “proprio girone” di campionato. Con il settimo motivo, il ricorrente si duole della omessa e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata, nonché della violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, CGS anche in riferimento all’art. 6, comma 2, CGS e dell’art. 81 c.p. Sulla base di quanto già sostenuto con il sesto motivo, premesso che il calciatore dilettante sarebbe legittimato a scommettere, stante la liceità del comportamento assunto, la Corte avrebbe erroneamente applicato il quinto comma di cui al citato art. 6, il quale, invece, presuppone la configurabilità del comportamento sanzionato dal secondo comma. La Corte Federale non avrebbe poi considerato che, in applicazione dell’istituto del concorso formale di illeciti, di cui all’art. 81 c.p., la violazione prevista dal comma 5 (omessa denuncia) doveva essere reputata assorbita dal più grave illecito di cui al comma 2 dell’art. 6 (divieto di scommessa). Con l’ottavo motivo, il sig. Astarita lamenta la omessa e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 CGS, dell’art. 6, commi 2, 3, 5 e 6, CGS, nonché dell’art. 7, commi 1, 2, 6, 7 e 8, CGS in riferimento all’art. 19, commi 1, lett. f), e 6, CGS. Il ricorrente deduce l’erronea applicazione dell’ammenda come sanzione aggiuntiva alla squalifica per gli illeciti contestati all’Astarita, in quanto calciatore appartenente al settore dilettantistico; poiché tale sanzione, per espressa previsione del sesto comma dell’art. 19 CGS, avrebbe potuto essere irrogata solo in caso di “condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara”. Detta disposizione dovrebbe considerarsi speciale rispetto agli artt. 6 e 7 – norme generali disciplinanti il comportamento degli appartenenti alla sfera sportiva - che troverebbero un limite proprio nella disciplina specifica delle sanzioni di cui al Titolo II del CGS e, in particolare, nel citato art. 19. Analoghe argomentazioni - deducendo, ovviamente, diversi riferimenti fattuali a lui pertinenti - sono state sviluppate dal ricorrente sig. Ciccarone nel motivo n. 5 (nel quale, però, si fa riferimento alle gare nn. 1, 2, 7 e 9), nel motivo n. 6 (nel quale, però, si fa riferimento alle gare nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 11), nel motivo n. 7 (nel quale, però, si fa riferimento soltanto alla gara n. 8 Neapolis – Akragas), nel motivo n. 8 (nel quale, però, si fa riferimento alle gare nn. 2, 5, 6, 7, 9 e 11), nel motivo n. 9 e nel motivo n. 10. Parimenti, analoghe sono tutte le argomentazioni che fanno leva sull’appartenenza del ricorrente sig. Ciccarone al settore dilettantistico (sia per quanto attiene alla asserita liceità delle scommesse, sia per quanto riguarda l’asserita inapplicabilità della sanzione dell’ammenda). 4. Procedendo all’esame (per entrambi i ricorrenti) di tutti i motivi brevemente illustrati nel paragrafo che precede, il Collegio osserva anzitutto che, per unanime giurisprudenza, la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Coll. Gar. CONI, Sez. Un., decisione n. 4/2016; Cass,. n. 13054/2014; n. 42/2009; Cass., n. 21412/2006 per tutte). Ciò premesso, il Collegio ricorda che il primo comma dell’art. 54 CGS dispone che il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport "è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti". La disposizione riprende (parzialmente anche sotto il profilo lessicale) quanto disposto dall'art. 360 c.p.c., in ordine al quale si è formato un consistente contributo giurisprudenziale al quale il Collegio intende continuare a uniformarsi. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto, con specifico riferimento al vizio motivazionale, che ciò che rileva è solo l'omesso esame circa un fatto (punto nell’art. 54 CGS) decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti e cioè la pretermissione di quei dati materiali, già acquisiti e dibattuti nel processo, aventi portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio. Pertanto, i limiti di censura del sindacato motivazionale in sede di giudizio di legittimità sono estremamente ridotti, al punto che l’omesso esame di atti istruttori non integra di per sé il vizio di cui al n. 5, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., n. 19881/2014, n. 8053/2014, n. 11025/2014; Cass., Sez. Un., n. 14477/2015). Anche nel testo previgente del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l'obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto” (Cass., n. 25905/2014). Alla stregua delle precedenti considerazioni, le censure avanzate dal ricorrente sig. Astarita con il terzo, quarto e quinto motivo e dal ricorrente sig. Ciccarone con il quinto, sesto e settimo motivo vanno dichiarate inammissibili, risolvendosi tutte nel contrapporre una possibile soluzione (o possibile interpretazione dei fatti) diversa da quella adottata nella decisione impugnata. 5. Il sesto motivo del ricorso proposto dal sig. Astarita e, conformemente, l’ottavo motivo proposto dal sig. Ciccarone, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Quanto alla ritenuta inammissibilità, il Collegio osserva che, come si desume dalla motivazione della decisione impugnata, la Corte Federale ha accertato che il calciatore non si era limitato ad acquisire informazioni per una successiva attività di scommessa, ma aveva, invece, concretamente dato seguito ai suoi propositi effettuando puntate sulle gare indicate dal Ciccarone. Pertanto, perché fondata su una ricostruzione che non trova riscontro nella decisione impugnata, la censura proposta dal sig. Astarita è radicalmente inammissibile; e, allo stesso modo, risulta inammissibile la censura del sig. Ciccarone il quale lamenta una “mancanza di prove circa l’effettuazione di scommesse”, mentre la Corte Federale, con motivazione sufficiente e insindacabile, ne ha ritenuto provata l’esecuzione. Quanto alla infondatezza dei motivi in esame, giova premettere che, in relazione al divieto di scommesse per il settore dilettantistico, il secondo comma dell’art. 6 CGS dispone testualmente: “Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico e al settore giovanile è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, presso soggetti non autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC. Ai predetti è altres fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, presso i soggetti autorizzati a riceverle, relativamente a gare delle competizioni in cui militano le loro squadre”. Al fine di delineare l’esatto ambito di applicazione della norma, va evidenziato che, a differenza del primo comma, che pone un divieto assoluto di scommessa per “il settore professionistico”, il secondo capoverso del secondo comma, di cui al citato art. 6, limitatamente al settore dilettantistico e giovanile, consente di effettuare scommesse lecitamente - presso ricevitorie autorizzate – con esclusione, tuttavia, delle gare delle competizioni in cui militano le proprie squadre. Ne consegue che, diversamente dall’interpretazione suggerita dai ricorrenti, l’indicata disposizione riferisce testualmente il divieto a tutte le gare della medesima “competizione”, unitariamente considerata, senza dare alcun rilievo alla articolazione interna del campionato in differenti gironi. La interpretazione restrittiva prospettata dal ricorrente, volta a limitare il divieto di scommessa alle sole gare del girone di appartenenza del calciatore, oltre che sprovvista di adeguati indici normativi, si rileva infondata alla luce della ratio della norma, finalizzata ad assicurare, in ogni caso, la regolarità del campionato in cui è impegnata la propria squadra laddove la conoscenza diretta e/o indiretta di informazioni privilegiate da parte del calciatore potrebbe alterarne, in caso di scommessa, i risultati finali. In altri termini, anche nell’ipotesi in cui il calciatore si limitasse a scommettere solo su gare afferenti a diversi gironi rispetto a quello di appartenenza finirebbe, nondimeno, per influenzare il risultato del campionato in sé considerato, atteso che le società classificatesi nelle prime posizioni dei rispettivi gironi concorrono dell’unico titolo di Campione d’Italia di Serie D e i playoff valgono per gli eventuali ripescaggi in Lega Pro. Non v’è dubbio, allora, che il Campionato di Serie D, al quale partecipavano le società Akragas, Monopoli, Puteolana, Due Torri, Montalto, Frattese e Fidelis Andria, costituisca un’unica competizione, con conseguente applicazione del citato secondo comma dell’art. 6 ed infondatezza dei motivi di ricorso qui esaminati. 6. In dipendenza di quanto sopra esposto, devono dichiararsi assorbiti il settimo motivo del ricorso proposto dal sig. Astarita e il nono motivo proposto dal sig. Ciccarone (che muove dalla errata premessa che “colui che appartiene al settore dilettantistico era legittimato anche a scommettere”). Per mera completezza, a riguardo, si evidenzia, comunque, l’inapplicabilità dell’istituto regolato dall’art. 81 c.p.; come noto, caratteristica precipua del concorso formale è la sussistenza del binomio “unicità della condotta-pluralità degli illeciti”, sicché con una sola azione od omissione il trasgressore realizzi più violazioni, della medesima o di diverse disposizioni. Deve allora rilevarsi che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, le disposizioni di cui ai commi 2 e 5 dell’art. 6 CGS sanzionano condotte diverse ed autonome; la prima vieta la condotta attiva volta ad effettuare scommesse fuori dal consentito parametro normativo, la seconda punisce la condotta omissiva di chi, essendo a conoscenza che altri stiano per porre in essere taluno degli atti indicati dal comma 2, non ne informa, senza indugio, la Procura federale della FIGC. Accertata, per un verso, - con decisione insindacabile della Corte Federale - l’effettuazione di scommesse da parte di Astarita e Ciccarone e, per altro verso, il reciproco scambio di informazioni e l’omessa tempestiva informativa alla Procura Federale, considerato che i ricorrenti sono stati sanzionati per condotte distinte e autonome integranti illeciti differenti, non può che confermarsi la totale correttezza della decisione impugnata. 7. L’ottavo motivo del ricorso proposto dal sig. Astarita e, conformemente, il decimo motivo del ricorso proposto dal sig. Ciccarone, sono infondati. Come noto, il rapporto di specialità, presuppone che una determinata fattispecie (speciale) contenga tutti gli elementi costitutivi di un’altra (generale) insieme ad altri elementi, cosiddetti “specializzanti”. Ne discende che la norma generale ha portata applicativa più ampia rispetto a quella speciale, ma che ogni fattispecie da quest’ultima disciplinata, rientrerebbe, qualora la norma speciale venisse meno, nell’ambito applicativo di quella generale. In altre parole, la disposizione speciale disciplina un sottoinsieme delle fattispecie sussumibili in quella generale. E, secondo l’impostazione prevalente, il rapporto di specialità deve essere accertato unicamente sulla base di un confronto strutturale fra le fattispecie considerate in astratto. L’art. 19 disciplina, in termini generali, le “sanzioni a carico di dirigenti, soci e tesserati delle società” per i fatti commessi in “violazione dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile”, con la specificazione, al sesto comma, che “le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non soci di cui all’art. 1 bis, comma 5, nonché ai tesserati della sfera professionistica. Per le condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara, le ammende sono applicabili anche ai tesserati della sfera dilettantistica e giovanile”. Quanto alle specifiche sanzioni previste in tema di illeciti sportivi, il quinto comma dell’art. 7 CGS prevede che “i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, riconosciuti responsabili di illecito sportivo, sono puniti con una sanzione non inferiore all'inibizione o alla squalifica per un periodo minimo di quattro anni e con l’ammenda non inferiore ad euro 50.000,00”; quanto al divieto di scommesse, il terzo comma dell’art. 6 CGS sancisce che “la violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2 comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a tre anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000,00”, laddove il richiamato secondo comma disciplina espressamente l’ipotesi delle scommesse in ambito dilettantistico e giovanile. Ciò posto, dal confronto strutturale tra le fattispecie in esame, consegue che gli artt. 6 e 7 CGS sono norme che dettano una disciplina speciale per gli illeciti sportivi e in materia di scommesse, con uno specifico regime sanzionatorio che prevale sulla disciplina di portata generale, di cui al sesto comma dell’art. 19 CGS, la quale, in assenza delle prime, troverebbe senz’altro applicazione, così come trova applicazione in ipotesi diverse da quelle esaminate, in difetto di disciplina ad hoc sul versante sanzionatorio. Ne consegue l’infondatezza dei motivi qui esaminati rispetto a entrambi i ricorrenti. 8. Con il nono motivo, il ricorrente sig. Astarita censura la omessa e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 1, CGS, dell’art. 6, commi 2, 3, 5 e 6, CGS, dell’art. 7, commi 1, 2, 6, 7 e 8, CGS in riferimento all’art. 19, commi 1, lett. c), f), h), e comma 3, CGS e all’art. 81 c.p., deducendo l’erronea quantificazione della sanzione e la errata applicazione dell’istituto della continuazione. In particolare, la Corte Federale, nel confermare la decisione di primo grado, avrebbe applicato una squalifica esorbitante rispetto a quanto disposto dall’art. 19 CGS e avrebbe poi omesso qualsivoglia motivazione in ordine ai criteri adottati per l’aumento della sanzione in virtù del principio di continuazione. Analoghe censure sono state sollevate dal ricorrente sig. Ciccarone con il suo undicesimo motivo (per un refuso, indicato nel ricorso una seconda volta con il n. 10). Il ricorrente sig. Ciccarone, in particolare, ha lamentato che – in violazione delle disposizioni sopra riportate e dei principi stabiliti dall’art. 81c.p. - gli sia stata irrogata la esorbitante sanzione di anni 15 e mesi 6, con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., oltre a una ammenda pari a € 135.000,00. I motivi ora in esame, per entrambi i ricorrenti, si fondano tutti sostanzialmente su una asserita grave violazione compiuta dalla Corte Federale nell’applicazione delle regole in materia di continuazione; violazione che avrebbe portato alla irrogazione di sanzioni notevolmente superiori a quelle consentite. Come noto, il reato continuato è previsto dal secondo comma dell’articolo 81 c.p., ai sensi del quale “chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge” è soggetto alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo (come stabilito dall’art. 81, primo comma, c.p.). Con parole semplici, la ratio del cosiddetto cumulo giuridico risiede nel fatto che chi commette più reati con uno scopo unico dimostra minore inclinazione criminale di colui che realizza più reati con più scopi diversi. Per l’applicazione dell’istituto della continuazione, ispirato al principio del favor rei, devono sussistere i seguenti elementi costitutivi: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un unico disegno criminoso. L’ultimo requisito citato consente di distinguere l'ipotesi del concorso materiale da quella del reato continuato. Infatti, in difetto di uno scopo unitario, il concorso materiale impone di applicare il cumulo delle sanzioni per ogni violazione accertata; se, invece, gli stessi reati sono commessi sulla base di un disegno complessivo e unitario, trova applicazione la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo. Secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni, tali da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate, è compito specifico del giudice del merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (Cass. Pen., Sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; per Cass. Pen., Sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007, Allegra, Rv. 237643 e Sez. 5, n. 1863/99 del 26/11/1998, Esposito, Rv. 212519, dove si precisa che l'identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi). Una volta accertato il vincolo della continuazione tra le diverse condotte, ai fini della concreta determinazione della pena complessiva, il giudice del merito è tenuto a valutare i singoli reati (nel caso in esame, le singole violazioni) autonomamente e ad individuare, tra essi, quello più grave, facendo riferimento alla pena comminata in astratto, sulla base del genere e dell’entità, considerando il delitto sempre più grave della contravvenzione ancorché quest’ultima possa essere punita con una pena edittale maggiore di quella prevista per il delitto. Individuata la violazione più grave, il giudice deve tener conto delle singole circostanze in cui il reato si è manifestato e quindi, salvo che specifiche disposizioni lo escludano, è tenuto ad effettuare il doveroso giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti con quelle aggravanti avendo cura, in caso di prevalenza delle prime, di calcolare nel minimo l’effetto di riduzione e, in caso di prevalenza delle aggravanti, di calcolare nel massimo l’aumento (Cass., Sez. Unite, 13/6/2013, n. 25939; Cass., Sez. Unite, 27/11/2008, n. 3286). Effettuate le esposte operazioni, i reati satelliti perdono autonomia sanzionatoria e il relativo trattamento confluisce nella pena unitaria ancorché il giudice sia tenuto a calcolare, secondo la più rigorosa giurisprudenza, l'aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite anziché unitariamente (Cass. Pen., sez. V, 18/02/2015, n. 16015). Delineati i presupposti applicativi e le modalità di determinazione della sanzione nel reato continuato, il Collegio osserva che correttamente i ricorrenti lamentano la violazione del primo periodo del terzo comma dell’art. 19 CGS, in virtù del quale “La sanzione prevista alla lettera h) non può superare la durata di cinque anni”. Attraverso modalità non dissimili da quelle previste dai nn. 1, 2 e 3 del primo comma dell’art. 78 c.p., la citata disposizione introduce, per la sanzione della squalifica, il limite massimo di 5 anni disponendo espressamente, nel successivo periodo, che, qualora “gli Organi della giustizia sportiva … applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità, possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC”. Dal chiarissimo tenore letterale della norma emerge che, sia in caso di unicità di condotta illecita che, per quanto osservato, di continuazione da sanzionare con la squalifica, la sanzione complessiva non può in nessun caso superare i cinque anni, tanto è vero che nelle ipotesi di particolare gravità – fermo restando il limite massimo anzidetto - alla misura massima edittale può semmai accompagnarsi soltanto l’applicazione della prevista sanzione accessoria. Anche valorizzando la ratio dell’art. 78 c.p., cui appare ispirata la disposizione in esame, ben potrebbe sostenersi in termini generali che l’esposta conclusione resti valida anche in caso di cumulo materiale di violazioni e di concorso di illeciti concorrenti con altro continuato. Tanto premesso, nella odierna fattispecie la Corte Federale, pur seguendo l’impostazione fornita dal Tribunale Federale Nazionale nel provvedimento all’epoca reclamato e riconoscendo il vincolo della continuazione tra gli illeciti oggetto della decisione passata in giudicato del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, pubblicata sul C.U. n. 17 del 20 agosto 2015 (già sanzionati, per il sig. Astarita, con la squalifica per anni 2 e mesi tre, oltre che con l’ammenda di euro 25.000), e quelli oggetto del presente giudizio, nell’applicare, in relazione a questi ultimi, “la squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS e, sempre in continuazione, la squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di euro 60.000”, ha determinato complessivamente la sanzione della squalifica in anni 8 e mesi 3 (e l’ammenda in di 85.000 euro) in evidente violazione del citato primo periodo del terzo comma dell’art. 19 CGS, sia con riferimento ai fatti esaminati nel giudizio (n. 2 illeciti sportivi, n. 1 associazione, n. 4 omesse denunce di illecito, n. 4 divieto di scommesse e n. 4 omesse denunce di scommesse, per un totale di 6 anni di squalifica) che a tutti quelli avvinti dal vincolo della continuazione (8 anni di squalifica). La decisione impugnata è, inoltre, priva di qualsivoglia motivazione sia in ordine alla ravvisabilità della continuazione sia in ordine agli aumenti applicati per ciascun reato satellite in considerazione della pena prevista per il reato più grave. Su questo punto la decisione reclamata in questa sede si è limitata a confermare le sanzioni inflitte dal Tribunale Federale Nazionale, senza esporre alcuna motivazione (peraltro, assente anche nella decisione di prima istanza) né sulla continuazione né sulle conseguenze che dalla continuazione derivano nella quantificazione delle sanzioni. In altri termini, una volta ritenuto più grave il reato associativo – con decisione insindacabile in sede di legittimità - e considerata anche la precedente condanna (passata in giudicato) ritenuta in continuazione, la sanzione si sarebbe dovuta rideterminare analiticamente come analiticamente si sarebbe dovuto indicare l’aumento di pena per le altre violazioni accertate. Analoghe considerazioni valgono per l’undicesimo motivo di ricorso proposto dal sig. Ciccarone, con riferimento al quale il Collegio ravvisa gli stessi vizi sopra evidenziati: un assoluto difetto di motivazione sia in ordine alla continuazione sia in ordine alle conseguenze che da essa derivano nella quantificazione della sanzione. Anche con riferimento alla posizione del sig. Ciccarone nella decisione reclamata (così come nella precedente decisione di prima sede) difetta qualunque indicazione sui criteri adottati per l’incremento della sanzione a seguito del ravvisato vincolo di continuazione. In conclusione, per quanto attiene alle censure ora in esame, il Collegio accoglie il nono motivo di ricorso proposto dal sig. Astarita e l’undicesimo motivo di ricorso proposto dal sig. Ciccarone (l’undicesimo e non già il decimo, come erroneamente scritto nel dispositivo nel quale era stata seguita l’erronea numerazione contenuta nel ricorso de quo), rinviando il procedimento alla Corte Federale di Appello perché rinnovi la sua valutazione in ordine alla ravvisabilità della continuazione e alle conseguenze sulla quantificazione delle sanzioni inflitte ai ricorrenti, fornendone adeguata motivazione. 9. Rimangono da esaminare due motivi di ricorso proposti dal solo ricorrente sig. Ciccarone, il quale, con il primo ed il secondo motivo del suo ricorso, ha lamentato un asserito difetto di giurisdizione degli organi di giustizia sportiva, sostenendo (nel primo motivo) che egli “è estraneo all’ordinamento federale per cui non può essere giudicato dagli organi di giustizia sportiva non avendo mai sottoscritto alcuna clausola compromissoria”; e osservando (nel secondo motivo) che anche ove egli potesse essere qualificato come un tesserato della F.I.G.C., sarebbe decaduto dal tesseramento a seguito della sanzione (della inibizione per 5 anni) già inflittagli dal Tribunale Federale Nazionale con altra precedente decisione (di cui al C.U. n. 17/TFN del 20.8.2015) passata in giudicato. Il primo di detti motivi è inammissibile. A parte il fatto che negli atti difensivi nelle fasi di merito la questione non risulta formalmente sollevata, giova rilevare che nella decisione impugnata (come già nella precedente decisione del Tribunale Federale Nazionale) è stata evidenziata con adeguata motivazione sia la circostanza che il sig. Ciccarone operasse nell’ambito dell’ordinamento federale, sia che egli operasse molto attivamente e con ruoli sostanziali di rilievo all’interno della società Neapolis e nel suo interesse. E tanto basta per legittimare la giurisdizione degli organi di giustizia sportiva nei confronti del sig. Ciccarone e la sua assoggettabilità alle sanzioni stabilite dall’ordinamento sportivo. Sanzioni che risulterebbero palesemente inefficaci ed agevolmente eludibili ove, per sottrarsi ad esse, fosse sufficiente evitare il tesseramento presso la Federazione sportiva. Per le stesse ragioni ora illustrate, il secondo dei due motivi in esame deve reputarsi infondato: il fatto che il sig. Ciccarone fosse già stato colpito dalla sanzione della inibizione non esclude che egli, al momento della commissione delle gravi violazioni contestategli, rientrasse tra i soggetti rilevanti per l’ordinamento federale e soggiacesse perciò alla giustizia sportiva. 0 10. Considerato l’esito complessivo del procedimento, che - sia pure per uno solo dei motivi proposti dai ricorrenti - si conclude comunque con il rinvio alla Corte Federale di Appello, le spese di questa fase del procedimento devono essere compensate. P.Q.M. IL COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT SEZIONI UNITE Disposta la riunione dei ricorsi di cui in epigrafe per connessione oggettiva, Accoglie i ricorsi limitatamente al nono motivo formulato dal ricorrente sig. Salvatore Astarita e all’undicesimo (2 ) motivo formulato dal ricorrente sig. Antonio Ciccarone e rinvia alla Corte Federale d’Appello perché rinnovi la sua valutazione, secondo il criterio esposto in motivazione, in ordine alla ravvisabilità della continuazione e alle conseguenze sulla quantificazione di tutte le sanzioni, fornendone adeguata motivazione. Spese compensate. Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 21 giugno 2016. Il Presidente F.to Franco Frattini Il Relatore F.to Attilio Zimatore Depositato in Roma in data 11 ottobre 2016. Il Segretario F.to Alvio La Face (2) Undicesimo motivo e non decimo motivo come scritto nel dispositivo a seguito di un mero refuso e di un errore di numerazione già contenuto nel ricorso del sig. Ciccarone.
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