CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 50 del 20/10/2016 – Franco Fioretti /Federazione Italiana Gioco Bridge

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 50 del 20/10/2016 – Franco Fioretti /Federazione Italiana Gioco Bridge IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE composta da Dante D’Alessio - Presidente Laura Santoro - Relatrice Giovanni Iannini Cristina Mazzamauro Alfredo Storto - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 30/2016, presentato, in data 12 giugno 2016, dal Sig. Franco Fioretti, rappresentato e difeso dall’Avv. Giancarlo Fargnoli, contro la Federazione Italiana Giuoco Bridge - F.I.G.B.- rappresentata e difesa dall’Avv. Marco Naddeo, per l’impugnazione della decisione della Corte Federale d’Appello FIGB n. 2/2016, pubblicata il 1° giugno 2016, che, pronunciando su entrambi i capi di incolpazione ascritti al ricorrente, dai quali sono scaturiti due distinti procedimenti (n. 13/15 e n. 1/16), in parziale riforma della decisione di primo grado, ha irrogato la sanzione della sospensione per mesi 10, per la violazione dell’art. 48, c. 11, lett. a) e b), dello Statuto FIGB, relativamente al procedimento n. 13/15, a cui si aggiungono ulteriori giorni 40 di sospensione, per la violazione dell’art. 48, lett. c), del ripetuto Statuto, relativamente al procedimento n. 1/16; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza del 4 ottobre 2016, l’Avv. Giancarlo Fargnoli, per il ricorrente, Sig. Franco Fioretti; l’Avv. Claudio Brugnatelli, Procuratore Federale FIGB, per la Procura Federale FIGB, costituitasi in giudizio; e, infine, l’Avv. Marco Naddeo, per la resistente FIGB; udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, prof. Laura Santoro. Ritenuto in fatto Con sentenza del 19/3/2016, a seguito di atti di deferimento della Procura Federale nei procedimenti iscritti ai nn. 13/15 e 1/16, il ricorrente veniva condannato dal Tribunale Federale della F.I.G.B., previa riunione dei procedimenti stessi, alla sanzione della sospensione per mesi 11, quanto al deferimento n. 13/15, ed alla sanzione della sospensione per mesi 6, quanto al deferimento n. 1/16, per la violazione dell’art. 48, comma 11, lett. a, b e c, dello Statuto F.I.G.B. Il ricorrente proponeva appello con istanza di sospensiva in data 30 aprile 2016, cui seguiva il provvedimento della Corte Federale di Appello di rigetto dell’istanza di sospensione in data 4 maggio 2016 e la successiva decisione nel merito, con sentenza del 27 maggio 2016, che ha accertato e statuito a carico del ricorrente la violazione dell’art. 7 del Codice di comportamento sportivo del CONI (Divieto di dichiarazioni lesive della reputazione) e dell’art. 48 dello Statuto F.I.G.B., che recepisce la previsione di cui al citato art. 7, “in mancanza di previsione di pena edittale e sulla scorta di precedenti decisioni”, e ha ridotto la misura della pena in mesi 10 (otto mesi oltre la recidiva) per il primo deferimento, e in giorni 40 per il secondo, in ragione della opportunità di contenimento della sanzione nei minimi, in conformità a precedenti analoghi, salvo l’incremento pari a 1/6 della sanzione per la recidiva non specifica. Con atto del 13 giugno 2016 è stato presentato ricorso innanzi a questo Collegio per i seguenti motivi: A) Error in iudicando (violazione di norme di diritto) 1) “Erronea applicazione dell’art. 7 del codice deontologico del CONI” (leggasi: Codice di comportamento sportivo), relativamente al procedimento n. 13/15, là dove la Corte di Appello Federale ha valutato le dichiarazioni denigratorie fatte dal ricorrente in presenza dei 12 presidenti regionali, del Presidente Federale e del segretario generale come avvenute “pubblicamente”, così come previsto dalla citata disposizione, interpretando, quindi, tale avverbio nel significato di “alla presenza di più persone”. Il ricorrente sostiene, invece, che la norma di cui all’art. 7 vada applicata sol che le dichiarazioni lesive della reputazione siano “dirette ad un pubblico indeterminato con modalità incontrollate”. 2) “Erronea interpretazione dell’art. 56 cgfigb” (leggasi Statuto F.I.G.B.), relativamente al procedimento n. 13/15, là dove la Corte di Appello ha escluso che tra le competenze della Consulta dei Presidenti rientrino quelle in materia di Giustizia Sportiva, giacché, invece, nel disposto del secondo comma, lett. c, che riconosce “il compito di segnalare al Consiglio Federale orientamenti, problematiche e relative possibili soluzioni”, andrebbe ricompresa la facoltà di “ciascun presidente regionale (…) di chiedere una riforma dell’organizzazione della giustizia sportiva federale”. 3) “Erronea applicazione dell’art. 8 del codice deontologico del CONI” (leggasi: Codice di comportamento sportivo), relativamente al procedimento n. 1/16, là dove la Corte di Appello Federale, dopo avere richiamato il contenuto del citato art. 8 ed affermato che “Del tutto logico appare che chi è inquisito dalla Procura federale si rivolga a qualche presente o a terzi per ottenere testimonianze a discarico che possano dimostrare le sue tesi contrarie o mitigare la gravità del comportamento”, ha poi concluso nel senso del riconoscimento della violazione dell’art. 48, comma 11, lett. c, dello Statuto F.I.G.B. interpretando, quindi, l’atto della trasmissione del provvedimento di deferimento quale divulgazione di informazioni riservate, e non già, invece, quale “legittimo esercizio del diritto di difesa”. 4) “Omessa applicazione degli istituti della continuazione tra illeciti (art. 81 c.p.) e del bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti (art. 69 c.p.) e della putatività delle circostanze (art. 59 c.p.)”, con riguardo ad entrambi i procedimenti disciplinari. 5) “Mancata assunzione di una prova decisiva per disapplicazione del combinato disposto degli artt. 24 e 111 della Cost., 190 e 606 c.p.p. e 1 Reg. Giust. F.I.G.B., sulle testimonianze a discarico richieste dalla difesa sia in primo che in secondo grado”, in relazione ad entrambi i procedimenti disciplinari, stante che la Corte di Appello Federale ha ritenuto di non esercitare la facoltà di ammettere una nuova prova, trattandosi di “prova negativa”, e ciò “in base all’evidente presupposto che ben difficilmente il teste sarebbe in grado di escludere la verificazione di una determinata circostanza”. B) Error in procedendo (omessa o insufficiente motivazione) 1) Il ricorrente lamenta l’omessa motivazione in merito all’oltraggiosità delle esternazioni, riguardo alle quali lo stesso ha negato di avere pronunciato quella recante il riferimento alla collusione ed ha rilevato la non concordanza tra le testimonianze assunte nel giudizio di merito. 2) Il ricorrente contesta la contraddittorietà della motivazione circa il valore assegnato dalla Corte di Appello Federale alle testimonianze a favore della tesi accusatoria ed a quelle a favore della tesi difensiva. 3) Il ricorrente lamenta la parzialità e irragionevolezza della motivazione circa la riduzione della pena relativamente al procedimento n. 13/15, stante che la Corte di Appello Federale, pur avendo escluso “alcuna critica o insinuazione volta espressamente al Presidente della Federazione”, ha operato una “minuscola riduzione” della pena, mentre “ragionevolmente almeno una metà della sanzione inflitta dal tribunale era dovuta alle offese arrecate al presidente federale”. 4) Il ricorrente lamenta la contraddittorietà della motivazione circa l’applicazione della sanzione con riguardo al procedimento n. 1/16, stante che la Corte di Appello Federale avrebbe ritenuto “corretto l’invio della e-mail da parte di Fioretti il 30/12/2016 perché aveva diritto a difendersi in giudizio cercando le testimonianze degli altri 18 presidenti regionali italiani, tuttavia da questa premessa non fa discendere il di lui necessario proscioglimento”. Il ricorrente, in conclusione, chiede: a) l’accoglimento del ricorso con riforma della sentenza impugnata senza rinvio; b) il rinvio alla Corte di Appello della F.I.G.B. “magari in composizione diversa da quella del 27/5/2016”, con formulazione del principio di diritto cui uniformarsi; c) riduzione della pena, con riguardo al procedimento n. 13/15, nella misura congrua che il Collegio stabilisca in riferimento alla esclusione della originaria accusa di denigrazione al Presidente Federale, e, quale altra riduzione, in applicazione del principio di bilanciamento tra circostanze attenuanti ed aggravanti, “defalcando i 2 mesi di sospensione inflitti per la recidiva specifica”, con compensazione delle spese in caso di rigetto del ricorso. Con memoria depositata il 20 giugno 2016 si è costituita la F.I.G.B., nominando suo procuratore l’Avv. C. Brugnatelli, e la Procura Federale in persona dello stesso Avv. Brugnatelli, eccependo in primis l’inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale e, nel merito, contestando in toto i motivi esplicitati nell’atto di ricorso. In particolare, con riferimento al motivo sopra richiamato sub A/1, i resistenti hanno eccepito che l’espressione “pubblicamente”, impiegata nell’art. 7 del Codice di comportamento sportivo CONI, va interpretata nel senso che identifica “un fatto avvenuto davanti a più persone e percepito dai presenti” e, comunque, la norma di riferimento da applicare, che “non necessita di alcuna integrazione o interpretazione sistematica”, è quella contenuta nell’art. 48 del Regolamento di giustizia F.I.G.B. Con riguardo al motivo di ricorso sopra richiamato sub A/2, i resistenti hanno rilevato che le frasi oggetto di deferimento furono pronunciate al di fuori della Consulta Regionale e, comunque, la giustizia sportiva esula dalle materie di competenza di quest’ultima. Con riguardo al motivo di ricorso sopra indicato sub A/3, i resistenti hanno contestato il richiamo all’art. 8 del Codice di comportamento sportivo del CONI sul presupposto che “l’autonomia normativa riservata ad ogni Federazione non prevede la necessità di integrazioni normative ai propri regolamenti ed alle proprie regole interne”. E’ stata, comunque, contestata la violazione del disposto dell’art. 8 sopra citato per il fatto dell’invio “dell’atto di deferimento anche a soggetti non presenti agli accadimenti contestati”. Con riguardo al motivo di ricorso sopra richiamato sub A/4, i resistenti ne hanno eccepito l’inammissibilità e la non accoglibilità in quanto “si tratta di richiesta mai formulata nei precedenti gradi di giudizio”. Con riguardo al motivo di ricorso sopra richiamato sub A/5, i resistenti ne hanno eccepito l’inammissibilità in quanto concernente “accertamenti di fatto” che, come tali, “non possono essere oggetto di censura nel presente procedimento”. Hanno eccepito, altresì, l’irrilevanza, la non decisività e l’inammissibilità della prova indicata dal ricorrente, stante “la sua formulazione negativa”. Con riguardo ai motivi di ricorso sopra richiamati sub B/1, B/2 e B/3, i resistenti ne hanno eccepito l’inammissibilità in quanto tendenti a proporre “un riesame nel merito” ed hanno rilevato che la motivazione della Corte Federale d’Appello risulterebbe, in ogni caso, “adeguata ed esaustiva”, nonché “coerente, ponderata ed adeguata alla fattispecie”, e la determinazione della sanzione dalla stessa irrogata sarebbe “coerente ed adeguata”. La F.I.G.B. e la Procura Federale della stessa Federazione hanno concluso, quindi, chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso e comunque il suo rigetto in quanto infondato, con conferma integrale della sentenza della Corte Federale d’Appello. In data 21 giugno 2016 il ricorrente ha presentato “memoria difensiva a completamento del ricorso”, nella quale ha replicato all’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura ed ha insistito sui motivi già svolti nell’atto introduttivo del ricorso. Con posta elettronica del 24 giugno 2016 il ricorrente ha provveduto ad inviare alla segreteria di questo Collegio copia della procura speciale da lui conferita all’avv. Giancarlo Fargnoli in data 23/12/2015, “ai sensi dell’art. 83 c.p.c. (…) affinché lo assista e lo rappresenti in ogni fase attuale o futura del presente procedimento disciplinare” con “i più ampi poteri nella gestione e conclusione della vicenda dinanzi agli organi di giustizia sportiva”. Con ulteriore memoria del 1° luglio 2016, il ricorrente ha insistito sul rilievo della regolare costituzione del contradditorio, richiamando l’art. 7 del Codice dell’Alta Corte di Giustizia, in quanto ritenuto “tuttora applicabile”, e sottolineando il fatto che sul sito telematico del CONI si era data attestazione in data 16/6/2016 “dell’avvenuta presentazione del motivato ricorso del tesserato Fioretti Franco”. Con nuova memoria di costituzione ed intervento del 14 luglio 2016, la F.I.G.B., conferendo procura speciale all’Avv. M. Naddeo, ha insistito sull’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale e sull’infondatezza e contraddittorietà dei motivi spiegati dal ricorrente. In particolare, con riguardo ai motivi di impugnazione sopra riportati sub A/1, A/2 e A/5, la Federazione resistente ha rilevato che il concetto di ‘pubblicità’ espresso nelle disposizioni statutarie e regolamentari va interpretato anche alla luce del diritto penale “che include nel reato commesso ‘pubblicamente’ anche il fatto realizzato in un consesso che, per il luogo in cui è tenuto o per il numero degli intervenuti, o per scopo od oggetto, abbia caratteri di riunione non privata”. La Federazione ha, inoltre, evidenziato che “nel caso di specie (…) non può neppure essere invocato quale causa di giustificazione il diritto di critica, avendone le affermazioni contestate travalicato i limiti, come statuito dalla sentenza impugnata” e non sussistendo “alcuna finalità di pubblico interesse”, tale da rendere applicabile la scriminante in parola. Con riguardo ai motivi di impugnazione sopra richiamati sub A/3, A/4 e B/3, la F.I.G.B. ha rilevato quanto segue. Dal combinato disposto dell’art. 8 del Codice di comportamento sportivo CONI e dell’art. 48, lett. c, del Reg. Giust. F.I.G.B., discende l’ampiezza della previsione normativa che si riferisce “implicitamente anche alla notitia criminis segnalata ed eventualmente iscritta nell’apposito registro prima di essere condensata nel successivo atto di deferimento”. Pertanto - afferma la F.I.G.B. - “nel caso di specie la propalazione di notizie riservate è stata correttamente inquadrata nella cornice normativa di riferimento, contenendone la corrispondente sanzione mediante una ragionevole valutazione delle motivazioni del ricorrente e un oculato bilanciamento degli elementi circostanziali”. Con riguardo, poi, al richiamo alle circostanze putative operato dal ricorrente, la F.I.G.B. ha eccepito che esso risulta “incomprensibile, prima ancora che inammissibile”, giacché di esso “non è dato riscontrare traccia nell’incartamento processuale e finanche nel ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport”, ed è, inoltre, “viziata da contradictio in adiecto la richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione, che postula una ‘medesimezza del disegno criminoso’ incompatibile con la carenza di dolo rappresentata dallo stesso ricorrente”. Quanto, infine, al motivo sub B/3, concernente il vizio di motivazione in ordine alla riduzione della pena nel procedimento n. 13/15, la resistente ha di contro eccepito che “la sentenza di appello opera invece una chiara e precisa valutazione tesa a rapportare la sanzione alla gravità del fatto commesso e alle affermazioni pronunciate”. Con riguardo ai motivi di impugnazione sopra riportati sub B/1 e B/2, la F.I.G.B. ha rilevato che la sentenza impugnata reca “una minuziosa motivazione” in ordine alla ‘oltraggiosità’ delle affermazioni rese dal ricorrente e che soltanto in sede di gravame il ricorrente ha contestato di averle effettivamente pronunciate. La stessa ha aggiunto, inoltre, con riguardo al motivo di gravame concernente la contraddittorietà della motivazione in ordine alle testimonianze emendative, che l’esclusione della rilevanza delle testimonianze di cui il ricorrente ha chiesto l’acquisizione in appello è fondata su “un solido percorso logico-argomentativo”, basato, da un lato, sulla “natura standardizzata (prestampati) e formalistica delle dichiarazioni prodotte”, dall’altro, sulla “incapacità delle stesse di incrinare il dato di fatto, già cristallizzato nell’incarto processuale”. Pertanto, il motivo di impugnazione de quo si risolverebbe in “una proposta di rivisitazione del chiaro percorso logico-argomentativo esaustivamente svolto dalla Corte Federale di Appello”, che implicherebbe valutazioni di merito precluse all’esame di questo Collegio. La F.I.G.B. ha sollevato, infine, l’eccezione in ordine alla non accoglibilità delle conclusioni di parte ricorrente, là dove questa ha richiesto, in primo luogo, “il mero annullamento della sentenza della Corte Federale di Appello FIGB senza indicare gli ulteriori provvedimenti da assumere – determinando pertanto l’assurda conseguenza di lasciare il giudizio de quo privo di decisione” e, in secondo luogo, “in contraddizione con il punto precedente, il rinvio alla Corte di Appello della FIGB”. All’udienza del 26 luglio 2016 il Collegio ha emesso ordinanza collegiale, depositata il 27 luglio 2016, con la quale ha ordinato alla Federazione resistente di depositare: - copia di tutti gli atti, eventualmente non ancora depositati, riguardanti il giudizio di primo e secondo grado oggetto del ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia; - copia dei più recenti precedenti degli organi di giustizia della Federazione riguardanti fattispecie analoghe a quella esaminata (visto il riferimento contenuto nella decisione impugnata a tali precedenti nella parte riguardante la determinazione della misura delle sanzioni irrogate); - copia degli atti riguardanti i precedenti disciplinari del ricorrente, pure citati nelle decisioni oggetto di impugnazione, ai fini dell’applicazione della recidiva. A seguito dell’ordinanza collegiale recante l’incombente istruttorio a carico della F.I.G.B., questa, con nota del 6/9/2016, prot. n. 1876, ha provveduto a trasmettere a questo Collegio le sentenze della Corte d’Appello Federale n. 1/2015 e n. 14/2013 e la sentenza del Giudice Arbitro Nazionale n. 71/2013, quali precedenti fondanti il computo delle sanzioni, nonché copia dei precedenti della giustizia disciplinare concernenti il ricorrente, richiamati nella sentenza impugnata ai fini dell’applicazione della recidiva (sentenze della Corte d’Appello Federale n. 4/2014, n. 1/2015 e n. 2/2016). Il ricorrente, con memoria del 7/9/2016, ad ulteriore supporto dei motivi di ricorso, tra l’altro, ha richiamato il precedente del Collegio di Garanzia dello Sport a Sezioni unite n. 1/2015 e altri precedenti della giustizia sportiva della FIGB, non prodotti dalla resistente e, precisamente, le sentenze del Giudice Arbitro Nazionale n. 26/2013, n. 1/2013, n. 41/2014 e n. 56/2014. Lo stesso, con memoria del 17/9/2016, dopo aver richiamato le predette sentenze già menzionate nella precedente memoria, ha chiesto, in conclusione, che il Collegio “melius re perpensa voglia prosciogliere” il ricorrente “con la formula più ampia possibile per inesistenza dei fatti contestati, non solo oggettivamente ma anche soggettivamente”. Ha chiesto, altresì, in subordine, che “il procedimento venga ritrasmesso alla Corte Federale di appello in altra composizione, con i princìpi giuridici cui attenersi con particolare riguardo all’applicazione del giudizio di equivalenza dell’aggravante della recidiva con le attenuanti delle ragioni di particolare valore morale e sociale”. Ha chiesto, infine, la compensazione delle spese in caso di rigetto del reclamo. In data 19/9/2016 la Federazione resistente ha depositato istanza di trattazione differita del ricorso limitatamente all’orario. Con memoria del 23/9/2016 la Procura Federale della F.I.G.B., contestando le difese del ricorrente di cui alla memoria del 17/9/2016 sopra citata, ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque sia rigettato in quanto infondato, con conferma della sentenza impugnata. Con ulteriore memoria del 23/9/2016, parte ricorrente si è dichiarata favorevole all’istanza di postergazione dell’ora di udienza ed ha fatto richiesta di poter, in tale udienza, “concludere la discussione - come da consuetudine nei processi accusatori - per ultimo”. All’udienza del giorno 4 ottobre 2016 sono comparsi l’Avv. Giancarlo Fargnoli per la parte ricorrente, l’Avv. Marco Naddeo per la F.I.G.B e l’Avv. Claudio Brugratelli in rappresentanza della Procura Federale. Il ricorrente ha formulato eccezione pregiudiziale di inammissibilità della costituzione della Procura Federale; la Federazione resistente ha formulato eccezione pregiudiziale di tardività della memoria del ricorrente del 7/9/2016. Il Collegio ha rigettato entrambe le superiori eccezioni pregiudiziali. Considerato in diritto A fondamento del rigetto dell’eccezione pregiudiziale di inammissibilità della costituzione in giudizio della Procura Federale, osserva il Collegio che l’art. 47 del Regolamento di Giustizia della FIGB, che disciplina le “Attribuzioni del Procuratore federale”, stabilisce che “Le funzioni del Procuratore federale sono esercitate nelle indagini preliminari, nei procedimenti di primo grado e nei giudizi di impugnazione”. L’uso dell’espressione “giudizi di impugnazione” lascia intendere che il legislatore federale abbia voluto riferirsi a tutti i gradi di impugnazione e non solo, quindi, a quello di appello. Peraltro, è principio generale dei giudizi di impugnazione, nel diritto processuale civile, che il diritto di impugnare, sia in Appello che in Cassazione, sia riconosciuto a tutte le parti del processo (quindi anche al P.M.). Sul punto va, inoltre, richiamata la sentenza del Collegio di Garanzia a Sezioni Unite (n. 29/2016) che, nello statuire che la Federazione non può costituirsi a mezzo del suo Procuratore Federale, ne ha fondato la motivazione sul principio che quest’ultimo “può, rispettando termini e modalità stabilite, costituirsi in proprio”. A fondamento del rigetto dell’eccezione pregiudiziale di inammissibilità della memoria del ricorrente presentata il 7/9/2016, osserva il Collegio che l’art. 60, co. 4, del Codice della Giustizia Sportiva fissa in “dieci giorni prima dell’udienza” il termine ad quem per il deposito di memorie di parte, senza al contempo indicare alcun termine a quo. In assenza di tale ultima indicazione è da ammettersi, dunque, che ciascuna parte possa presentare memorie (quindi, anche più di una) ancor prima che sia fissata la data dell’udienza, purché sia rispettato il termine di dieci giorni da essa. Con riguardo all’eccezione della resistente in ordine all’impossibilità di accoglimento delle conclusioni di parte ricorrente, formulata nella memoria di costituzione e intervento della F.I.G.B. del 14/7/2016, osserva il Collegio che l’ordine (e il contenuto) delle domande formulate dal ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio si trae dalla lettura combinata delle conclusioni formulate dallo stesso, anche alla luce della memoria del 17/9/2016. Per quanto sopra, l’eccezione è da rigettare. Il Collegio ritiene, poi, non accoglibile l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura. In proposito, l’art. 58 del Codice della Giustizia Sportiva prevede che “la parte non può stare in giudizio se non col ministero di un difensore, munito di apposita procura” e l’art. 59, comma 3, lett. g, prevede che il ricorso debba contenere, tra gli altri elementi, “l’indicazione della procura al difensore”. L’art. 2, comma 6, del Codice della Giustizia sportiva prevede, poi, che ai procedimenti di giustizia sportiva si applicano le norme del codice di procedura civile “nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità” di tali procedimenti. Ciò posto, la Sezione deve osservare che, nella fattispecie, effettivamente, come eccepito dalle parti resistenti, il ricorso proposto dall’avv. Fargnoli non indicava espressamente anche la procura conferitagli dal dr. Fioretti. Peraltro, come si è ricordato nella ricostruzione in fatto, con posta elettronica del 24 giugno 2016 il ricorrente ha provveduto ad inviare alla segreteria di questo Collegio copia della procura speciale da lui conferita all’avv. Giancarlo Fargnoli, in data 23/12/2015, “ai sensi dell’art. 83 c.p.c. (…) affinché lo assista e lo rappresenti in ogni fase attuale o futura del presente procedimento disciplinare” con “i più ampi poteri nella gestione e conclusione della vicenda dinanzi agli organi di giustizia sportiva”. Quando è stato proposto il ricorso davanti al Collegio di Garanzia l’avv. Fargnoli era pertanto munito di procura. In conseguenza, tenuto conto che le citate disposizioni, di cui agli artt. 58 e 59 del Codice della Giustizia sportiva, non prevedono, per il caso di mancata osservanza delle prescrizioni in esse contenute, l’effetto della inammissibilità del ricorso e considerato che, a differenza della disciplina dettata dal codice di procedura civile, di cui all’art. 365, il requisito della procura non è riferito espressamente al contenuto del ricorso (art. 59), bensì alla legittimazione a stare in giudizio (art. 58), si deve ritenere che, tenuto conto del minore rigore formale proprio dei procedimenti di giustizia sportiva, non possa ritenersi inammissibile il ricorso proposto dal dr. Fioretti solo perché nello stesso non erano stati indicati gli estremi della procura conferita all’avv. Fargnoli. In ordine al primo motivo di impugnazione, sopra riportato sub A/1, osserva questo Collegio che correttamente la Corte di Appello Federale ha interpretato la norma contenuta nell’art. 7 del Codice di comportamento sportivo del CONI (di cui l’art. 48, comma 11, lett. b, dello Statuto FIGB ripete il contenuto) là dove, ai fini della configurazione dell’illecito consistente nella violazione del divieto di dichiarazioni lesive, essa prevede che i “giudizi o rilievi lesivi della reputazione, dell’immagine o della dignità personale di altre persone o di organismi operanti nell’ambito dell’ordinamento sportivo” siano espressi “pubblicamente”. Nel merito, nella sentenza impugnata si afferma che “il termine pubblicamente sta (…) ad intendere che il fatto sia avvenuto alla presenza di più persone e sia stato percepito da tutti i presenti all’avvenimento. Non si richiede che l’affermazione sia diretta al pubblico, e cioè alla folla (in incertam personam)”. Il ricorrente sostiene, invece, che le sue esternazioni non siano avvenute pubblicamente, riferendo il significato di tale avverbio, nel contesto della norma sopra richiamata, alle dichiarazioni esternate ad incertam personam. Non risulta giurisprudenza di questo Collegio sulla portata da assegnare alla disposizione in esame, per quel che concerne il significato dell’avverbio ‘pubblicamente’ impiegato nel Codice di comportamento sportivo del CONI, nonché nella normativa federale (v. art. 48, lett. b, Statuto F.I.G.B.). Ad avviso di questo Collegio, l’avverbio “pubblicamente” deve essere interpretato quale contrapposto all’avverbio “segretamente”, nel senso, quindi, di far rientrare, nell’ambito di applicazione degli artt. 7 e 48, lett. b, sopra citati, tutte le ipotesi in cui dichiarazioni denigratorie siano espresse, a prescindere dal numero degli astanti, con modalità tali da escludere la loro riservatezza. A conforto di questa interpretazione, possono richiamarsi alcuni precedenti della giurisprudenza di legittimità. Per le ragioni che saranno più oltre estesamente esposte in riferimento al 4° motivo di gravame, alle quali si rinvia, il richiamo va operato in particolare alla giurisprudenza civile e non a quella penale, come invece sostenuto sia dal ricorrente che dalla Federazione resistente. In proposito, utili spunti ermeneutici possono trarsi da alcune decisioni della Cassazione civile in materia di licenziamento e di acquisto della proprietà per usucapione, nelle quali si assegna al termine de quo il significato sopra riferito (cfr. Cass., sez. II, 23/7/2013, n. 17881, in cui il Giudice di legittimità conferma la sentenza di appello che aveva rigettato la domanda di usucapione di un lastrico solare a seguito della realizzazione di alcuni lucernari, sul presupposto che il lastrico di copertura non era visibile dalla pubblica via e ad esso si accedeva attraverso una scala stretta e chiusa da una porticina molto nascosta, restando i lucernari celati alla vista da un muretto; Cass., sez. lavoro, 24/2/2009, n. 8720, in cui, in un caso vertente sulla pretesa illegittimità del licenziamento comminato ad un lavoratore per l’assenza protratta per sette giorni dal lavoro, si riconosce che la dichiarazione del datore di lavoro circa il "non esservi lavoro", ai fini della ricorrenza di una causa di giustificazione dell’inadempimento del lavoratore, era avvenuta pubblicamente, ancorché effettuata in una riunione sindacale ristretta). Il rilievo operato da parte ricorrente, peraltro soltanto in questa fase del giudizio, in ordine al fatto che le dichiarazioni di cui si tratta siano avvenute “in un ambiente protetto dal segreto di ufficio”, non è accoglibile, stante che di esso non è stata fornita prova alcuna e, d’altra parte, esso appare smentito dallo stesso ricorrente il quale ha ammesso di avere fatto circolare notizia dei contenuti di tale riunione anche a soggetti che ad essa non avevano preso parte. Parimenti condivisibile è l’interpretazione dell’art. 56 dello Statuto F.I.G.B. operata dalla Corte di Appello Federale, nel senso di escludere che le dichiarazioni potessero essere non valutate perché espresse in una riunione tenutasi in occasione della Consulta dei Presidenti Regionali. Pertanto, correttamente la Corte di Appello Federale ha interpretato le dichiarazioni del ricorrente come espresse al di fuori di compiti istituzionali e, dunque, riferibili soltanto a posizioni soggettive personali. Anche il secondo motivo di gravame non è, quindi, accoglibile. In ordine al terzo motivo di gravame (concernente l’asserita, erronea applicazione dell’art. 8 del Codice di comportamento sportivo CONI) ed all’ultimo motivo (concernente l’asserita contraddittorietà della motivazione, in ordine all’applicazione della sanzione nel procedimento 1/16), il Collegio ritiene entrambi non accoglibili e fondati su un’errata lettura della decisione di secondo grado da parte del ricorrente, là dove si attribuisce alla Corte di Appello Federale di aver ritenuto “corretto l’invio della email” del 30/12/2015 da parte del ricorrente stesso, che recava in allegato l’atto di contestazione dell’addebito da parte della Procura Federale. Correttamente la Corte di Appello Federale ha evidenziato la differenza tra l’invio dell’atto di interpello ai Presidenti/Delegati, recante il richiamo all’atto di contestazione della Procura Federale, che, in quanto tale non può essere sanzionato, e l’invio, in allegato, dell’atto del procedimento disciplinare, il quale, invece, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 8 sopra citato, quale ipotesi di violazione del dovere di riservatezza ivi previsto. Non assume rilievo il fatto che la Corte d’Appello Federale abbia identificato l’allegato in parola nell’atto di deferimento, invece che nell’atto di contestazione (di cui all’art. 44, comma 4, Cod. Giust. CONI). Tale ultimo atto, infatti, rappresenta anch’esso un momento dell’azione disciplinare, collocandosi dopo la conclusione delle indagini, e prima della formulazione dell’atto di deferimento (laddove la Procura Federale ritenga di dover confermare l’intenzione espressa nell’atto di contestazione stesso). In ordine al quarto motivo di gravame, ritiene questo Collegio che esso non possa essere accolto per seguenti motivi. E’ preliminarmente erronea l’eccezione di parte resistente, formulata nella prima memoria di costituzione, là dove si afferma che, in riferimento al motivo di gravame de quo, “si tratta di richiesta mai formulata nei precedenti gradi di giudizio”. Ed infatti, come si evince dalla lettura della memoria difensiva del 7/5/2016, presentata dal ricorrente in sede di giudizio di appello, tale eccezione era stata in essa formulata. Non è, d’altra parte, condivisibile l’assunto, operato in più occasioni dal ricorrente, secondo cui “il tessuto del diritto sportivo” andrebbe completato con il rinvio alle norme del diritto penale. Come è noto, infatti, ai sensi dell’art. 2, comma 6, del Cod. Giust. Sportiva CONI, “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile”, e tale disposizione è stata trasfusa nei Regolamenti della Giustizia endofederali, tra i quali, per l’appunto, il Regolamento di Giustizia della F.I.G.B. (approvato con delibera n. 222 del 24/5/2016) (v. art. 1, comma 6). Non è, d’altra parte, confacente il richiamo all’art. 53 dello Statuto F.I.G.B. (approvato il 18/12/2014), nella parte in cui statuisce che “Per quanto non espressamente previsto dal Regolamento di Giustizia Sportiva, si rinvia ai Principi del Diritto Processuale Penale, Civile e Amministrativo, in quanto applicabili”. Detta norma, infatti, deve ritenersi implicitamente abrogata per effetto dell’entrata in vigore del Regolamento di Giustizia F.I.G.B. sopra citato. Né poteva dirsi applicabile al procedimento innanzi alla Corte d’Appello Federale, giacché il predetto Regolamento di Giustizia è entrato in vigore prima della decisione d’appello. Invero, il Regolamento di Giustizia della F.I.G.B. prevede espressamente la fattispecie del “concorso di circostanze aggravanti ed attenuanti” (art. 64) e, in proposito, questo Collegio osserva che il Giudice di appello non ha omesso di considerare tutti gli elementi dovuti ai fini di un’equilibrata commisurazione della sanzione disciplinare, mentre il ricorrente ha fatto un generale richiamo a pretese circostanze attenuanti generiche (non meglio identificate) ed a quelle correlate al “particolare valore morale”, peraltro non ricomprese tra le circostanze che il legislatore federale valuta espressamente quali attenuanti (art. 61 Reg. Giust. F.I.G.B.). In ordine al quinto motivo di gravame, attinente alla mancata assunzione di una prova decisiva, ed a quello attinente alla contraddittorietà della motivazione sul valore delle testimonianze, rileva il Collegio che essi attengono a valutazioni di merito che sono, per principio pacifico, insindacabili in questa fase del giudizio. Inoltre, anche il richiamo dell’art. 192 c.p. in materia di valutazione delle prove non appare fondato, stante la non applicazione di esso al procedimento disciplinare sportivo. Soccorre, invece, il richiamo alla giurisprudenza di questo Collegio e, in particolare, delle Sezioni Unite in tema di standard probatorio richiesto per il giudizio di condanna nel procedimento disciplinare sportivo (v. decisione n. 6/2016), in cui si afferma che “Il grado di prova richiesto non si spinge sino alla certezza assoluta della commissione dell’illecito (…), né al superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale”; “deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore alla esclusione di ogni ragionevole dubbio. A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale; sicché deve ritenersi adeguato un grado inferiore di certezza, ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla commissione dell’illecito”. In questo senso, secondo l’orientamento delle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia, il comportamento illecito, per avere valenza sul piano regolamentare e produrre effetti sul piano disciplinare, deve avere superato la fase della ideazione e quella preparatoria e deve essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato. Questo Collegio ritiene, in conclusione, che la Corte di Appello Federale abbia fatto corretta applicazione dei princìpi sopra richiamati. Risulta, peraltro, accertato che il ricorrente soltanto in sede di gravame ha contestato di aver pronunciato le frasi incriminate, mentre in primo grado ha contestato meramente che esse sono state estrapolate “da un più lungo ed articolato discorso sullo specifico tema del funzionamento della giustizia sportiva” (v. memoria difensiva n. 1 del 2/3/2016). In ordine al sesto motivo di gravame, sopra richiamato sub B/1, il Collegio rileva che esso non è accoglibile, posto che la Corte di Appello Federale ha motivato correttamente il suo giudizio in merito alla natura denigratoria delle dichiarazioni espresse dal ricorrente, ritenendo provato che lo stesso abbia pronunciato tutte e tre le frasi incriminate. In particolare, la sentenza impugnata, con un argomentato ragionamento e con richiami alla giurisprudenza di legittimità, esclude che le affermazioni denigratorie del ricorrente possano rientrare nell’esercizio del diritto di critica e, in quanto tali, risultare legittime. Questo Collegio, peraltro, non può sostituirsi al giudice del gravame nella valutazione dei fatti di causa, giacché, come è noto, il suo giudizio è di mera legittimità su vizi attinenti a violazione di legge e/o omessa o contraddittoria motivazione. Con riguardo, in specie, a quest’ultimo vizio, esso va riferito, secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questo Collegio, all’allegazione “di una asserita erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa”, ovvero alla “carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie” (sentenza n. 4/2015). Il rilievo che dette frasi, come accertato dal Giudice di secondo grado, non siano state riferite direttamente al Presidente Federale, non esclude la loro rilevanza ai fini disciplinari, giacché è risultato accertato, secondo la valutazione effettuata dai giudici di merito, insindacabile, come sopra detto, in questa fase del giudizio, che esse siano state dirette agli Organi della Giustizia “con altri Organi non indicati, che possono essere tutti gli Organi Istituzionali e cioè solo il Consiglio Federale e i suoi membri più autorevoli”. Deve essere, invece, accolto il motivo di gravame concernente il difetto di adeguata motivazione in relazione alla sanzione disposta dal Giudice di secondo grado con riferimento al procedimento 13/15, là dove, come sopra detto, la Corte di Appello Federale ha fondato la determinazione della misura della sanzione, pur parzialmente ridotta rispetto a quella inflitta all’esito del giudizio di primo grado, “sulla scorta di precedenti decisioni”. Rileva questo Collegio che, in assenza di una pena edittale per le infrazioni contestate, occorre fare ricorso, per la sua determinazione, in primo luogo al criterio dell’equità, come correttamente il Giudice di primo grado ha dichiarato di voler fare, piuttosto che richiamare solo i precedenti giurisprudenziali. Non risultano, quindi, corretti i parametri ai quali ha inteso riferirsi la Corte Federale per la determinazione della sanzione da irrogare nel caso concreto sottoposto al suo esame. Peraltro, dall’esame dei precedenti giurisprudenziali depositati dall’Amministrazione all’esito della disposta istruttoria e dei precedenti richiamati dal ricorrente nelle memorie del 7/9/2016 e del 17/9/2016, emerge che l’indirizzo giurisprudenziale della giustizia disciplinare della F.I.G.B. è nel senso di prevedere l’irrogazione di sanzioni di gran lunga più lievi di quelle irrogate nel caso in esame, per condotte similari o, in alcuni casi, prima facie anche più gravi, di quelle poste in essere dal ricorrente. Per questi motivi, ritiene questo Collegio che, pur risultando corretto l’accertamento della responsabilità disciplinare del ricorrente (anche per il giudizio n. 13/15), la sanzione irrogata, nella misura che si è ricordata, risulta sprovvista di adeguata motivazione ed appare chiaramente irragionevole, anche tenendo conto della recidiva accertata. Ciò comporta il rinvio della questione alla Corte d’Appello Federale per una nuova determinazione della sanzione da irrogare. P.Q.M. Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione Accoglie in parte il ricorso e, per l’effetto, dispone il rinvio alla Corte Federale d’Appello per le successive, ulteriori determinazioni. Spese compensate. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 4 ottobre 2016. Il Presidente F.to Dante D’Alessio La Relatrice F.to Laura Santoro Depositato in Roma in data 20 ottobre 2016. Il Segretario F.to Alvio La Face
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