COMITATO REGIONALE MARCHE – STAGIONE SPORTIVA 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figcmarche.it e sul Comunicato Ufficiale N°38 del 27/10/2005 Delibera della Commissione Disciplinare DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. ZENOBI FILIPPO E DELL’U.S. MAIOR DI MONTEMAGGIORE AL METAURO.

COMITATO REGIONALE MARCHE – STAGIONE SPORTIVA 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figcmarche.it e sul Comunicato Ufficiale N°38 del 27/10/2005 Delibera della Commissione Disciplinare DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. ZENOBI FILIPPO E DELL’U.S. MAIOR DI MONTEMAGGIORE AL METAURO. Il procedimento Con provvedimento del 18 aprile 2005 il Procuratore Federale della F.I.G.C. ha deferito a questa Commissione i soggetti indicati in epigrafe per rispondere: a) a) il primo della violazione dell’art. 1, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, con riferimento all’art. 27, comma 2°, dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio, per aver presentato atto di denuncia querela nei confronti di Canapini Antonino, per i fatti accaduti nel corso della gara Maior – Audax Montefelcino, disputata il 21 settembre 2003, senza avere richiesto ed ottenuto la prescritta autorizzazione del Presidente Federale ad adire le vie legali nei confronti dello stesso Canapini, con ciò contravvenendo ai principi di lealtà, probità e rettitudine sportiva; b) b) l’U.S. Maior – Montemaggiore per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del Codice di giustizia sportiva in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato. Con nota del 6 giugno 2005 questa Commissione, ai sensi dell’art. 37, comma 2, del Codice di giustizia sportiva, preliminarmente accertata l’avvenuta notificazione dell’atto di contestazione degli addebiti al deferito a cura della Procura Federale della F.I.G.C., ha disposto la notificazione dell’avviso di convocazione per la trattazione del giudizio, fissata per il giorno 28 giugno 2005, con l’avvertimento che gli atti sarebbero rimasti depositati nei termini di legge potendo le parti, entro tali termini, prenderne visione, richiederne copie e presentare memorie ed istanze e quant’altro ritenuto utile ai fini della difesa, ivi comprese le istanze di ammissione di testimoni ai sensi del 5° comma dell’art. 37 del Codice di giustizia sportiva. Alla riunione di trattazione come sopra fissata erano presenti: il rappresentante della Procura Federale della F.I.G.C. e le parti deferite. Il rappresentante della Procura Federale, ritenuta raggiunta la prova degli addebiti contestati, ribadendone la validità e la fondatezza, chiedeva dichiararsi la responsabilità dello Zenobi, con conseguente condanna alle sanzioni della squalifica per mesi sei e dell’ammenda di € 100,00 (cento). Chiedeva l’assoluzione per la Società, ritenuta estranea al fatto posto in essere dal proprio tesserato. Lo Zenobi chiedeva il proscioglimento dalle accuse assumendo che il fatto di violenza denunciato fu volontario, commesso dall’avversario lontano dall’azione di gioco, per il quale quindi non sussisterebbe la relativa scriminante. Un fatto di reato perseguibile d’ufficio, per il quale quindi non necessitava l’autorizzazione federale. Peraltro lo stesso asseriva di essersi limitato a riferire ai Carabinieri i fatti a mezzo querela denuncia presentata ad oltre un anno di tempo dall’episodio, oltre i termini di legge e di non essersi comunque costituito parte civile nel relativo procedimento penale. La Società chiedeva l’assoluzione in quanto estranea al fatto posto in essere a titolo strettamente personale dal proprio tesserato. Questa Commissione, previa riunione per connessione oggettiva di tre casi analoghi di deferimento, disponeva la sospensione dei relativi procedimenti e chiedeva al Presidente Federale della F.I.G.C. l’instaurazione del procedimento di interpretazione univoca presso la Corte Federale dello art. 27, 2° comma, dello Statuto Federale in ordine alle modalità interpretative della norma in relazione alla possibilità, effettiva o ipotetica, del conflitto di decisioni che la clausola compromissoria mira ad evitare. La Segreteria della Presidenza Federale, con nota del 14 settembre u.s., rigettava la richiesta come sopra formulata da questa Commissione, ritenendola superflua alla luce della disposizione contenuta nell’art. 27, 2°comma, dello Statuto Federale, invitando altresì la Commissione stessa ad adottare le proprie decisioni nell’ambito dell’autonomia di cui all’art. 30 dello Statuto Federale. Conseguentemente questa Commissione fissava la data della riunione per la prosecuzione dei procedimenti, alla quale, previa loro separazione, il procedimento a carico del calciatore Zenobi Filippo e dell’U.S. Maior veniva trattenuto per la decisione sulle conclusioni come sopra trascritte e ribadite dal rappresentante della Procura Federale della F.I.G.C. e dalle parti deferite, presenti alla riunione medesima. Motivi della decisione La Commissione, letti gli atti del procedimento, ascoltate le conclusioni del rappresentante della Procura Federale della F.I.G.C. e delle parti, ritiene il comportamento dei deferiti non censurabile. Occorre premettere che la Corte Federale della F.I.G.C., con decisione pubblicata in data 23 aprile 1996 sul Com. Uff. n. 5, ebbe modo di esprimere interpretazione univoca della norma di cui all’art. 24, comma 2, del precedente Statuto Federale: norma che è stata testualmente riproposta nell'attuale Statuto all’art. 27, 2° comma. Quindi, essendo stato confermato il testo del precedente articolo, risulta ovvia la validità attuale dell’interpretazione univoca effettuata dalla Corte Federale e la volontà della F.I.G.C. di mantenere i principi e la ratio della disposizione in esame come interpretati dalla Corte Federale, in quanto - in caso contrario - la norma avrebbe potuto e dovuto essere modificata nella stesura del nuovo Statuto. Il deferimento in esame deve quindi essere deciso alla luce del dettato della norma, ferma restando l’interpretazione univoca sopra richiamata della Corte Federale, la quale ha testualmente disposto che "la violazione dell'art. 24 comma 2 dello Statuto Federale (oggi art. 27, 2° comma) può configurarsi solo se sulla specifica materia fattuale sia intervenuto un provvedimento generale o una decisione particolare della Federazione. Nei casi in cui tali atti siano stati omessi non può ipotizzarsi violazione del predetto art. 24, salvo violazioni di altre norme dell'Ordinamento Federale." Nella motivazione della ridetta decisione la Corte Federale ha confermato i seguenti principi: a) a) l'autorizzazione ad adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria deve essere richiesta solo per l'esercizio di un’azione legale ad iniziativa di parte, quale può essere la presentazione di una querela, mentre non deve essere richiesta per gli esposti con i quali ci si limita a riferire all'Autorità Giudiziaria una “notitia criminis" procedibile d'ufficio; b) b) la ratio della norma va individuata nella necessità per la Federazione di “essere sovrana nell'ambito delle sue attribuzioni e competenze, sia pure nel rispetto della sovranità primaria dello Stato ed entro i limiti di una autonomia che non entri in collisione con la sovranità piena dello Stato. Un conflitto con i poteri di questo è sempre possibile, ma un contrasto di decisioni non deve essere determinato da un’azione volontaria di un appartenente alla Federazione senza che la stessa Federazione, previamente investita, abbia ritenuto pregiudizievole il ricorso ad un organo estraneo all'ambito federale. L'esistenza della Federazione si basa anche sulla autorità e validità dei suoi principi generali e delle sue decisioni particolari. Un eventuale contrasto con un organo estraneo, di giustizia o amministrativo, potrebbe essere pregiudizievole per l'esistenza stessa della Federazione." Da tali principi e necessità discende la norma in esame che prevede la clausola compromissoria con impegno dei tesserati di accettare i provvedimenti generali e le decisioni particolari della Federazione e dei suoi Organi con previsione della possibilità di concessione di una deroga, da richiedersi con istanza di autorizzazione, e della applicazione di una sanzione nei casi in cui il tesserato o la società si rivolga comunque alla Autorità Giudiziaria Ordinaria con una iniziativa di parte senza aver richiesto la deroga o senza averla ottenuta. La richiamata decisione della Corte Federale chiarisce meglio la portata dell’interpretazione univoca fornita, dei principi protetti dalla norma e della ratio di essa, specificando che il caso concreto posto alla valutazione della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Toscana riguardava la proposizione di una causa civile per il risarcimento danni derivante da una testata, con rottura del setto nasale, inferta da un giocatore avversario al deferito, nel tunnel degli spogliatoi, a fine gara (quindi fatto da considerarsi avvenuto nel corso della gara) e che non aveva trovato riscontro oggettivo negli atti ufficiali, con successiva richiesta del deferito di autorizzazione ad adire le vie legali e proposizione dell’azione civile di risarcimento danni da parte del deferito, nonostante il diniego della autorizzazione da parte della Federazione, stabilendo: a) a) che nel caso concreto in esame l’autorizzazione non doveva essere nemmeno richiesta, trattandosi di fatto relativo a reato perseguibile d'ufficio, per cui il diniego della richiesta autorizzazione doveva essere considerato privo di contenuto e quindi non rientrante nella categoria dei provvedimenti particolari cui il tesserato deve attenersi per non violare la clausola compromissoria; b) b) che la Federazione è estranea alle conseguenze risarcitorie derivanti da fatti costituenti reato (come tale non approvato da alcuna norma federale). Da tutto ciò discende che: - - non è necessario richiedere la deroga e quindi non esiste violazione della clausola compromissoria in tutti i casi in cui il tesserato si limita a riferire una “notitia criminis " per un reato procedibile d’ufficio; - - non è necessario richiedere la deroga e quindi non esiste violazione della clausola compromissoria in tutti i casi in cui il tesserato esercita l'azione civile di risarcimento del danno conseguente ad un fatto costituente fattispecie di reato procedibile d’ufficio, ancorchè avvenuto nel corso della gara; - - è necessario richiedere ed ottenere la deroga, onde non incorrere nella violazione della clausola compromissoria, soltanto nelle ipotesi in cui la decisione che deriva o deriverà dall’azione giudiziaria, volontariamente messa in moto dal tesserato, contrasta o può contrastare con un provvedimento generale o con una decisione particolare della Federazione, per cui, in tale ipotesi, è necessario verificare la sussistenza o meno del possibile conflitto di decisioni. Ciò precisato, si può esaminare il caso concreto posto al giudizio di questa Commissione Disciplinare. Risulta documentato agli atti del deferimento che Zenobi Filippo ha presentato in data 17 settembre 2004 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro un atto denominato “atto di querela-denuncia” chiedendo che si procedesse penalmente nei confronti del signor Canapini Antonino per il reato di cui all’art. 582 c.p. in conseguenza del fatto - reato che lo stesso Canapini avrebbe commesso il giorno 21 settembre 2003, colpendolo volontariamente al volto con una gomitata, per la qual cosa il Canapini era stato immediatamente espulso dal direttore di gara e successivamente squalificato dal Giudice Sportivo per tre gare. In conseguenza del colpo ricevuto lo Zenobi aveva riportato la frattura scomposta delle ossa nasali e la rottura di un dente, che avevano reso necessario un intervento chirurgico per la riduzione della frattura e l’applicazione di una placca contenitiva. Lo Zenobi dichiarava tutto ciò al Collaboratore dell’Ufficio Indagini della F.I.G.C. e consegnava allo stesso alcuni documenti, tra cui la copia dell’atto di querela-denuncia da egli presentato. Va rilevato che agli atti del presente procedimento non esiste alcun documento che accerti l’esistenza di un procedimento penale che abbia preso vita dalla presentazione dell’atto denominato “querela-denuncia“: infatti il denunciante Canapini Antonino ha inviato al Presidente del Comitato Regionale Marche – L.N.D. soltanto una fotocopia del verbale di identificazione di persona nei cui confronti vengono svolte le indagini nonché di elezione di domicilio per le notificazioni ed eventuale nomina di difensore di fiducia, nella quale peraltro si indica che il Canapini risulterebbe essere persona sottoposta ad indagini preliminari in ordine al reato di diffamazione (ciò va ascritto probabilmente ad un mero errore materiale). In ogni caso non esiste agli atti del deferimento alcun documento o prova certa che la presentazione della querela-denuncia abbia dato vita ad un procedimento penale che possa portare ad una sentenza in merito all’accaduto: quindi non esiste la benché minima prova che si possa verificare la possibilità concreta di un conflitto di decisioni. Tale ipotetico conflitto peraltro appare molto improbabile o impossibile da ipotizzare nel caso in esame atteso che il gesto del Canapini è stato giudicato colpevole e grave sia dal direttore di gara che dal Giudice Sportivo, i quali hanno rispettivamente espulso il Canapini dal campo il primo “per condotta violenta: pur non partecipando all’azione di gioco ha dato volontariamente una gomitata all’avversario, causandogli un grosso sanguinamento dal naso che ha richiesto l’intervento dell’ambulanza per accertamenti sanitari più approfonditi nel più vicino ospedale“ e squalificatolo per tre gare il secondo “per atto di violenza volontario nei confronti di un avversario, commesso lontano dall’azione di gioco. “ Nel rispetto dell’interpretazione univoca della Corte Federale, questa Commissione deve preliminarmente verificare se il tesserato deferito ha concretamente dato vita ad un’azione legale ad iniziativa di parte che può o poteva portare all’emanazione di una sentenza da parte del Giudice Penale con possibile contrasto con la decisione già emanata dalla Federazione. E’ agevole nel caso in esame verificare che tale fattispecie non ricorre. Lo Zenobi, pur avendo depositato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro un atto da egli stesso intitolato querela-denuncia, in realtà non ha presentato un atto idoneo a dar vita in concreto ad un’azione legale ad iniziativa di parte: infatti il predetto atto denominato “querela-denuncia” è stato depositato in data 17 settembre 2004, a quasi un anno di distanza dal fatto, che è avvenuto il 21 settembre 2003. Quindi la “querela-denuncia” presentata dal deferito non aveva e non poteva avere valore alcuno come atto che avesse potuto dar vita ad un’azione legale ad iniziativa di parte (indicato come vietato dalla Corte Federale in ossequio al disposto della clausola compromissoria), in quanto, come noto, l’art. 124 del Codice penale indica in tre mesi - a pena di decadenza - il termine per sporgere la querela, per cui scaduto tale termine l’azione penale eventualmente iniziata in mancanza della querela o con querela presentata tardivamente è nulla, mancando tale condizione di procedibilità. Pertanto lo Zenobi con il deposito della “querela-denuncia” non ha dato e non può aver dato inizio ad alcuna azione legale ad iniziativa di parte idonea a condurre – ipoteticamente – al conflitto di decisioni che la clausola compromissoria intende evitare. In base alle disposizioni del Codice penale, la “querela-denuncia” presentata dallo Zenobi può avere valore soltanto come esposizione di un fatto che, solo nel caso fosse stato ritenuto inquadrabile in una fattispecie procedibile d’ufficio, avrebbe potuto dar vita ad un procedimento penale (dell’esistenza effettiva del quale, peraltro, non esiste prova alcuna, non essendo a tal fine di rilievo alcuno il verbale di identificazione sopra ricordato): se un procedimento penale idoneo a giungere ad una decisione in ipotetico contrasto con quella già presa dalla F.I.G.C. ha avuto inizio (del che non esiste prova), lo stesso non sarebbe stato in ogni caso inquadrabile come procedimento scaturito dall’iniziativa di parte del tesserato, non essendo idoneo a tale scopo l’atto da egli presentato. Conformemente a quanto stabilito dalla Corte Federale, lo Zenobi va quindi assolto dall’accusa di aver violato la clausola compromissoria in quanto egli, depositando la “querela-denuncia” dopo la scadenza del termine per la presentazione della querela comunque non ha messo in atto un’azione legale ad iniziativa di parte che poteva condurre al conflitto di decisioni, protetto dall’art. 27, 2° comma, dello Statuto della F.I.G.C. A tale decisione è consequenziale l’assoluzione dell’U.S. Maior di Montemaggiore al Metauro. P.Q.M. la Commissione Disciplinare proscioglie dagli addebiti contestati il tesserato Zenobi Filippo e l’U.S. Maior di Montemaggiore al Metauro. Manda alla Segreteria del Comitato Regionale Marche per le comunicazioni di rito di cui all’art. 37, ultimo comma, del Codice di giustizia sportiva e direttamente alle parti interessate.
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