CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 1 GIUGNO 2007 – BRESCIA CALCIO SPA CONTRO F.I.G.C. E JUVENTUS F.C. SPA

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 1 GIUGNO 2007 - BRESCIA CALCIO SPA CONTRO F.I.G.C. E JUVENTUS F.C. SPA COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT C O L L E G I O A R B I T R A L E Il Collegio Arbitrale Avv. Mario Antonio Scino Presidente del Collegio Arbitrale On. Prof. Avv. Learco Saporito Arbitro Avv. Dario Buzzelli Arbitro nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”), riunito in conferenza personale in data 1 giugno 2007 presso la sede dell’arbitrato in Roma, ha deliberato all’unanimità il seguente LODO nel procedimento di Arbitrato (prot. n. 2116 del 28.11.2006) promosso da: Brescia Calcio SpA, con sede in Brescia alla Via Bazoli n. 10, in persona del suo Presidente e legale rappresentante p.t. Comm. Luigi Corioni, rappresentata e difesa dall’Avv. Bruno Catalanotti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Bologna, alla Via Don Bedetti n. 8 (tel. 051324060 / fax 051324075); attore contro Federazione Italiana Giuoco Calcio in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, alla Via Po n. 9 (tel. 06858231 / fax 0685823200 / e.mail ghp@ghplex.it); convenuta e contro Juventus F.C. SpA in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, Dott. Giovanni Cobolli Gigli e dell’Amministratore Delegato, Sig. Jean Claude Blanc, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Riccardo Montanaro, Andrea Gandini, Michele Briamonte e Prof. Stefano Vinti ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla Via Emilia n. 88 (tel. 064200741 / fax 0642007440 / e.mail s.vinti@vintieassociati.com); altra parte Premesse in fatto Il Brescia Calcio dedotta pregiudizialmente ,ai sensi dell’art. 27 dello Statuto Federale (così come vigente al momento della proposizione della domanda arbitrale), la devolubilità delle controversie tra la Federazione e le società affiliate, e tra le società affiliate, alla cognizione conciliativa ed arbitrale della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, adiva la Camera ai sensi dell’art. 12 comma 3 dello Statuto del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), nell’ambito delle sue funzioni conciliativa ed arbitrale, al fine di : 1) ottenere l’accertamento e la conseguente declaratoria che i danni patiti per la mancata partecipazione al campionato di serie A 2005-2006 dal Brescia Calcio, retrocesso in serie B nel campionato 2004-2005, sono effetto degli illeciti sportivi commessi nel suddetto campionato dalla Juventus, nonché della condotta della F.I.G.C., nella persona del presidente, dott. Franco Carraro, del vicepresidente dott. Innocenzo Mazzini, e dei suoi dirigenti, sig. Luigi Bergamo e dott. Pierluigi Pairetto, in carica all'epoca dei fatti, siccome in prosieguo specificata; 2) la conseguente condanna della Juventus F.C. s.p.a., nonché della F.I.G.C. al risarcimento dei danni materiali e morali sofferti dal Brescia Calcio, da quantificarsi nel corso del procedimento, in ragione della mancata partecipazione al campionato di serie A 2005-2006; 3)l' accertamento dell'illegittimità del rifiuto della F.I.G.C. di riammettere al prossimo campionato di serie A 2006-2007 il Brescia Calcio e per l'effetto, la declaratoria del conseguente obbligo della F.I.G.C. di risarcire il Brescia Calcio dei danni materiali e morali da esso sofferti per la mancata partecipazione al prossimo campionato di serie A 2006-2007; 4)l’accertamento della responsabilità della società in questione, nonché della F.I.G.C., per la causazione del pregiudizio patito dal Brescia Calcio a causa dei suddetti illeciti; La domanda arbitrale prendeva le mosse, così come indicato nell’atto introduttivo dell’istante società, “dal procedimento per illecito sportivo promosso con atto in data 22/06/2006 dalla Procura Federale avanti alla Commissione d’Appello Federale, nei confronti, tra gli altri soggetti, della società Juventus F.C. s.p.a, per rispondere a titolo di responsabilità diretta e presunta ex art. 2, 6 e 9 del C.G.S., procedimento al quale partecipava anche il Brescia Calcio, (ammesso, sin dal 1° grado di giudizio, al dibattimento, quale terzo portatore di interessi indiretti, compresi quelli di classifica (ex art. 29, 3 co. C.G.S.)],” e nell’ambito del quale “ la Commissione d’Appello Federale con decisione di cui al C.U. n.1/C del 14/07/2006 ha statuito: • la responsabilità diretta della società Juventus F.C. s.p.a. per violazione degli artt. 2 e 6, con irrogazione della sanzione della revoca della assegnazione dello scudetto 2004/2005, della non assegnazione del titolo di campione d’Italia 2005/2006, la retrocessione all’ultimo posto in classifica sempre del campionato 2005/2006, la penalizzazione di 30 punti da scontare nella stagione sportiva 2006/2007.” Avverso la decisione della Commissione d’Appello Federale proponevano appello alla Corte Federale, tra gli altri, la società sanzionata, nonché il Brescia Calcio. Evidenziava la società istante come “ La Corte Federale con decisione del 04/08/2006, di cui al C.U. n.2/CF, in parziale riforma della decisione della C.A.F. statuiva: ♦ la responsabilità diretta della società Juventus ex artt. 2 e 6 C.G.S., confermando la sanzione della revoca della assegnazione dello scudetto 2004/2005, la sanzione della non assegnazione del titolo di campione d’Italia 2005/2006, la retrocessione all’ultimo posto in classifica sempre del campionato 2005/2006, la penalizzazione di 17 punti da scontare nella stagione sportiva 2006/2007, la squalifica per 3 gare di campionato del campo di giuoco e l’ammenda di € 80.000,00.”, rilevando che “successivamente, il Brescia Calcio, con atto in data 08/08/2006, sottoscritto anche dal Sindaco di Brescia in rappresentanza dell'Amministrazione Comunale e della comunità bresciana, chiedeva al Commissario Straordinario della F.I.G.C. l'iscrizione, anche in soprannumero, al campionato di serie A 2006-2007, sul presupposto dell'attuale titolarità in capo a sé del diritto sportivo abilitante alla partecipazione al campionato della massima serie e, comunque, quale risarcimento in forma specifica del danno sofferto per responsabilità ascrivibile alla F.I.G.C. per la violazione dell'obbligo di garanzia statutariamente contemplato (v. Statuto F.I.G.C.: Titolo I- La Federazione: art. 3 lett. c., Funzioni della F.I.G.C.; e Titolo IV- Le Garanzie: art. 29 n. 1, Ufficiali di Gara).” “Ad onta delle reiterate sollecitazioni, rivolte personalmente anche al subcommissario avv. Paolo Nicoletti, soltanto il 31/08/2006 -dopo, cioè, la pubblicazione del calendario della stagione calcistica 2006-2007- la F.I.G.C. informava la scrivente società che "la richiesta di ammissione alla serie A (…) non può trovare accoglimento" (doc. 2).” (così la difesa della società istante). Quanto sopra premesso, la società Brescia Calcio deduceva a conforto delle spiegate richieste i seguenti motivi: 1) L’accertata alterazione dello svolgimento e della classifica finale, nel suo complesso, del campionato di serie a 2004-2005 ad opera della Juventus f.c.. 2) Il pregiudizio che avrebbe patito il Brescia Calcio in conseguenza degli illeciti commessi dalla Juventus f.c. s.p.a. siccome accertati dalla corte federale nel campionato di serie a del 2004-2005. 3) La concorrente responsabilità a titolo commissivo ed omissivo della F.I.G.C. nella causazione dei danni sofferti dal Brescia Calcio. 4) l'obbligo della Juventus f.c. s.p.a. e della f.i.g.c. di risarcire il Brescia Calcio per la mancata partecipazione al campionato di serie a 2005-2006. La prima serie di motivi si fonda sulla decisione della Corte Federale, che avrebbe condiviso sul punto l'assunto della C.A.F., da cui emergerebbe in modo inconfutabile che lo svolgimento del campionato di calcio 2004-2005 risulterebbe essere stato alterato dal condizionamento della classe arbitrale. Ciò emergerebbe sia dalle motivazioni sulla ipotizzata responsabilità di Moggi che dalle motivazioni riguardo la pena inflitta alla società Juventus. Lamenta, infatti, il Brescia Calcio che ,in relazione al campionato 2004-2005 in cui classificandosi dopo le trentotto giornate di regular season al penultimo posto, veniva retrocesso nella serie inferiore a causa dei motivi suindicati, che sarebbero stati accertati dalle richiamate decisioni degli organi di giustizia sportiva di Codesta Federazione, in base alle quali “può considerarsi appurato che l’accertata “alterazione del campionato 2004- 2005 nel suo complesso” non solo ha impedito alla società lombarda di conseguire il risultato sportivo correlato alle proprie capacità tecniche (danno da "perdita di chance"), ma anche e soprattutto ha avuto come effetto diretto la sua retrocessione nella serie inferiore. “ (così la difesa del Brescia Calcio). La ritenuta fraudolenta modificazione del corso ordinario del torneo, a causa del condizionamento della classe arbitrale in favore della Juventus, avrebbe interessato non solo le partite della società torinese, ma anche -e sempre al fine di favorire quest'ultimaquelle disputate tra le sue dirette concorrenti (Milan ed Inter, in particolare) e le squadre di seconda fascia, in lotta con il Brescia per non retrocedere. Rileva, a supporto delle proprie argomentazioni, la società istante come la classifica finale di quel campionato, con dieci squadre in tre punti, fosse suscettibile, quindi, di decisiva variazione per effetto della modifica anche di un solo risultato. Valutando congiuntamente le due situazioni, dovrebbe ritenersi a giudizio del Brescia Calcio, “secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit, che la squadra lombarda, se si fosse "giocato pulito", sarebbe rimasta con ogni probabilità in serie A. E', invece, retrocessa e di tale evento sportivo, di enorme gravità per il Brescia, non può che considerarsi responsabile la Juventus!” (cfr. istanza arbitrato Brescia). Secondo l’istante società la F.I.G.C. non può essere ritenuta esente da addebiti per la retrocessione del Brescia Calcio, in quanto sarebbe emerso “dal procedimento avanti alla C.A.F. ed alla Corte Federale un comportamento da parte dei vertici federali, che costituisce causa concorrente con il descritto comportamento della Juventus, nella produzione dell'evento lesivo.” La difesa del Brescia Calcio “.. si riferisce in primis ai rapporti intercorsi con Moggi e Giraudo dai designatori arbitrali Bergamo e Pairetto, nonché dal Presidente dell'A.I.A. Lanese, nonché, a proposito della partita Lecce-Parma, valutata ai sensi dell'art. 6 C.G.S. dal vicepresidente Mazzini, a proposito dei quali si richiamano integralmente i "passaggi" della decisione della Corte Federale….Non di meno va negativamente sottolineata per la sua valenza eziologica in relazione all'evento lesivo patito dal Brescia il comportamento del Presidente della F.I.G.C., Carraro, inadempiente degli obblighi di controllo della regolarità dello svolgimento dei campionati, statutariamente contemplati….A tal ultimo riguardo, vale la pena di intrattenersi brevemente sul rapporto esistente tra la Federazione e le singole società, che ha la sua fonte nell'atto di affiliazione e, dunque, nell’accordo associativo…La F.I.G.C. avrebbe tradito in modo evidente le proprie funzioni e “violato i propri obblighi contrattuali, non impedendo che il campionato 2004-2005 si svolgesse in modo inquinato dal condizionamento del settore arbitrale posto in essere da Moggi e Giraudo in favore della Juventus ed in taluni casi (v. episodio Lecce-Parma per l'attività fraudolenta svolta dal vicepresidente Mazzini), addirittura favorendo la verificazione di tali illecite condotte.” (così istanza arbitrale del Brescia). A fronte di tale inadempimento, ritenuto grave, la società istante ha reclamato ai sensi dell’art. 1218 c.c. il ristoro dei danni patiti. Il Brescia Calcio agiva in sede arbitrale per un’altra serie di motivi: 1) In relazione all'illegittimo rifiuto della F.I.G.C. di riammettere il Brescia Calcio nel campionato di serie A 2006-2007. 2) in relazione al conseguente pregiudizio patito dal Brescia Calcio e sulle ragioni giuridiche della sua richiesta risarcitoria nei confronti della F.I.G.C. Il Brescia Calcio, muovendo dall’ atto del 08/08/2006, sottoscritto anche dal Sindaco di Brescia in rappresentanza dell'Amministrazione Comunale e della Comunità Bresciana, con cui chiedeva al Commissario Straordinario della F.I.G.C. l'iscrizione al campionato di serie A 2006-2007 (sul presupposto della titolarità in capo a sé del diritto sportivo abilitante alla partecipazione al campionato della massima serie e, comunque, quale risarcimento in forma specifica del danno sofferto per asserita responsabilità ascrivibile alla F.I.G.C. per la violazione dell'obbligo di garanzia statutariamente contemplato) riteneva l’illegittimità della risposta federale del 31/08/2006 con cui la F.I.G.C. informava la scrivente società che "la richiesta di ammissione alla serie A (…) non può trovare accoglimento" e che le richieste risarcitorie non potevano trovare fondamento "per l'assoluta inesistenza di qualsivoglia rapporto eziologico tra i danni lamentati e l'operato federale". La fondatezza e la legittimità della istanza di (re)iscrizione alla serie A del campionato 2006-2007 si incentra secondo la parte istante su tre situazioni rilevanti: (a) la titolarità in capo al Brescia del diritto sportivo a partecipare alla seria A, quale conseguenza dell'invalidità del campionato 2004-2005, all'esito del quale l'istante retrocedette,ai sensi dell’art. 52 N.O.I.F; (b) la violazione del rapporto associativo intercorrente tra il Brescia Calcio e la F.I.G.C. le cui regole risulterebbero violate dai vertici federali, laddove essi, e soprattutto, il Presidente dell'epoca, dott. Carraro, si sarebbero sottratti all'obbligo di garantire il corretto e regolare svolgimento delle gare. (c) i rapporti tenuti con Moggi e Giraudo dal vice-presidente dott. Mazzini, dai designatori arbitrali Bergamo e Pairetto, nonché dal presidente dell'A.I.A. Lanese -riferibili alla F.I.G.C. in base alla nota normativa civilistica-, da cui si evincerebbe che la F.I.G.C. abbia concorso come causa concorrente nella produzione dell'evento lesivo. Ritiene,dunque, il Brescia che l’obbligazione in capo alla FIGC nei confronti del Brescia, in relazione al vincolo associativo, abbia natura risarcitoria ..” nel senso di ricostituire in favore del danneggiato la situazione in cui si trovava prima dell'accadimento lesivo; il che può avvenire per equipollente ovvero in forma specifica; precisava inoltre che “.. seppure adeguato a criteri di giustizia ed equità, il risarcimento per equivalente costituisce un rimedio, che si pone come sostitutivo e sussidiario, un minus rispetto al diritto primario alla reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c.” .(difese Brescia Calcio). Le dispiegate domande si fonderebbero inoltre su “nuovi” temi del giudizio arbitrale: il lodo nel giudizio arbitrale F.I.G.C.-Juventus reso il 27.10.2006 e le risultanze della vicenda Gea, quali evidenziate dal procedimento penale relativo. Un terzo ordine di motivi si fonda sul danno da perdita di chance. La domanda relativa a tale aspetto, muovendo dal diniego dell’accoglimento della richiesta di riammissione nel campionato di serie A come risarcimento del danno in forma specifica, sarebbe rappresentata dal pregiudizio subito dalla società lombarda per non aver potuto conseguire, a seguito della ritenuta come accertata alterazione dello svolgimento del campionato e della sua classifica finale, il risultato che si era prefissato: la permanenza nella massima serie. Il tema, in altri termini, è quello della risarcibilità del danno conseguente della perdita di chance, intesa come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene e non come una mera aspettativa di fatto, sì da costituire un’entità patrimoniale a sé stante giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, anche se ritenuta in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità; nel caso di specie assume il Brescia Calcio che nel campionato di calcio 2004-2005 –ove regolarmente disputato- avrebbe realizzato il fine prospettato della “salvezza”. Circa l’entità dei danni lamentati, la società istante indicava l’entità del pregiudizio patito in euro 15.000.000,00 per ciascun campionato, secondo i criteri di valutazione contemplati dall’art. 1223 c.c., che prevedono la risarcibilità del danno emergente e del lucro cessante. A titolo esemplificativo ne indicava alcune “voci”: innanzitutto, il pregiudizio per la mancata partecipazione al massimo campionato, concretatosi nella perdita della possibilità di negoziazione di importanti e lucrose sponsorizzazioni, in relazione anche alla maggiore visibilità del marchio per lo sponsor cosiddetto “ufficiale”, per le sponsorizzazioni minori, nonché per tutte le altre forme di vendita della pubblicità, dalla cartellonistica nello stadio, agli altri spazi interessati all’evento sportivo. Il Brescia Calcio lamentava , altresì, la diminuzione degli incassi delle gare, sia interne che esterne, nonché degli introiti dei diritti televisivi, allegando a tal fine apposita documentazione. Inoltre richiedeva il risarcimento del danno conseguente alla dequalificazione del patrimonio giocatori, nonché della lesione dell'immagine. La società Brescia calcio rassegnava, conseguentemente, le proprie conclusioni, nel merito, nel senso della previa declaratoria della responsabilità della società Juventus Football Club s.p.a e della F.I.G.C., ciascuna in persona del suo legale rappresentante, ed in solido tra loro, in relazione: • alla retrocessione in serie B del Brescia Calcio, avvenuta al termine del campionato 2004-2005, e, quindi alla sua mancata partecipazione al campionato di serie A 2005-2006, nonché alla sua mancata riammissione e partecipazione al campionato di serie A 2006-2007; • ovvero, comunque, alla perdita da parte del Brescia Calcio della chance di conseguire nel campionato di calcio di serie A 2004-2005, all’esito di un corretto svolgimento della competizione, il risultato sportivo ed economico correlato alle proprie capacità tecnicoagonistiche; e quindi “riconoscere il diritto della società Brescia Calcio al risarcimento di tutti i conseguenti danni patiti, e, pertanto, condannare le parti convenute, in solido tra loro, a corrispondere al Brescia Calcio s.p.a per i titoli descritti in narrativa, l’importo di € 15.000.000,00 per ciascun campionato, e, quindi, complessivamente di € 30.000.000,00 ovvero il diverso, maggiore ovvero minore, importo, che verrà accertato, anche in via equitativa, in corso di giudizio; con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite e con condanna delle parti convenute al pagamento degli onorari del Collegio Arbitrale e delle spese del procedimento arbitrale;” In via istruttoria la società istante richiedeva al collegio di : ♦ ordinare alla F.I.G.C. l’esibizione di tutti gli atti e documenti relativi al procedimento che ha portato all’adozione, da parte della Commissione d’Appello Federale della decisione pubblicata con C.U. n. 1/C in data 14/07/2006, e, da parte della Corte Federale, della decisione pubblicata con C.U. n. 2/CF in data 04/08/2006, ivi compresi gli atti dell’Ufficio Indagini della F.I.G.C. direttamente esperiti ovvero acquisiti presso altri Uffici, in particolare presso la Procura della Repubblica di Napoli; ♦ acquisire presso la Lega Nazionale Professionisti il contratto relativo ai diritti televisivi per i campionati di calcio 2005-2006 e 2006-2007, nonché ogni altra documentazione utile all’accertamento del pregiudizio patito dal Brescia Calcio s.p.a. per la mancata partecipazione ai campionati di serie A 2005-2006 e 2006-2007; ♦ disporre, ove necessario, consulenza tecnica volta alla quantificazione di tutti i danni patiti dal Brescia Calcio s.p.a. per la mancata partecipazione ai campionati di serie A 2005-2006 e 2006-2007. Così si concludeva l’stanza arbitrale. Con successiva memoria istruttoria del 26.3.07, la società istante, in replica alle deduzioni della Juventus e della FIGC, precisava che : “La causa petendi nella dedotta fattispecie è costituita, per quanto attiene entrambi i soggetti escussi, dalla alterazione dello svolgimento e della classifica finale del campionato 2004-2005, trasgressiva del principio neminem laedere (responsabilità per illecito extracontrattuale ovvero aquiliana), in conseguenza delle condotte poste in essere da Giraudo e Moggi, rispettivamente amministratore delegato e direttore generale della Juventus e, per la F.I.G.C., per il concorso in suddette condotte del presidente Carraro, del vice presidente Mazzini, dei designatori arbitrali Bergamo e Pairetto, del presidente dell’A.I.A. Lanese, degli arbitri Rocchi, Messina, Tagliavento, Dondarini, e dell’assistente Baglioni. Per la F.I.G.C., inoltre, si ravvisa nei fatti sopra enunciati responsabilità anche contrattuale, in relazione al rapporto associativo inter partes, a titolo colposo (per culpa in vigilando e violazione dell’obbligo di garanzia) e doloso (in concorso nelle condotte come sopra ascritte ai dirigenti federali lato sensu intesi). Ebbene, il Brescia Calcio ritiene che prova inconfutabile e, sotto ogni profilo, esauriente, dei fatti fondativi del diritto al risarcimento dei danni fatto valere nel presente giudizio, provenga dalle seguenti fonti: ♦ i tre rapporti informativi n. 554/39-44 prot. 2004 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli redatti dal Reparto Operativo-Nucleo Operativo, seconda sezione, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma in data 19/04/2005, 02/11/2005 e 20/01/2006, corredati dagli atti, anche su supporto informatico, allegati; ♦ l’invito a comparire nei confronti di 41 persone sottoposte ad indagini emesso in data 11/05/2006 dalla Procura della Repubblica di Napoli-Direzione Distrettuale Antimafia nel procedimento n. 43915/02 R relativo ai delitti di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), sequestro di persona (art. 605 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.), frode in competizioni sportive (art. 1 l. 13/12/1989 n.401), nonché gli atti di indagine espletati dai Magistrati di detto Ufficio, direttamente ovvero per delega, nel procedimento; ♦ l’avviso di conclusione delle indagini emesso ex art. 415 c.p.p.; ♦ la relazione del Capo dell’Ufficio Indagini alla Procura Federale della F.I.G.C. in data 19/06/2006 a carico, tra gli altri, del dott. Antonio Giraudo, del sig. Luciano Moggi, delle società Juventus, Lazio e Fiorentina; ♦ la relazione del Capo dell’Ufficio Indagini alla Procura Federale della F.I.G.C. in data 31/07/2006 a carico, tra gli altri, del sig. Pasquale Foti e della società Reggina Calcio; ♦ gli atti di deferimento avanti alla C.A.F. emessi dal Procuratore Federale nei confronti degli incolpati (persone fisiche e giuridiche), rispettivamente in data 23/07/2006 e 07/08/2006; ♦ le decisioni della C.A.F. in data 14/07/2006 e 17/08/2006; ♦ la decisione della Corte Federale in data 04/08/2006 relativa al primo procedimento; • il lodo reso il 27/10/2006 dal Collegio Arbitrale di Codesta Camera nel procedimento n. 1336 promosso dalla Juventus F.C. s.p.a. contro la Federazione Italiana Gioco Calcio; ♦ la richiesta di rinvio a giudizio emessa in data 08/02/2007 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nel procedimento n. 29606/05 R.G.N.R. a carico di Moggi Luciano ed altri (c.d. G.e.a.), nonché gli atti ad essa allegati [tra i quali le dichiarazioni rese al P.M. da Corrado Grabbi, Pietro Franza, Franco Baldini, Ermanno Pieroni, Giorgio Perinetti (cfr. pag. 16-19 istanza di arbitrato)]. Trattasi di un imponente compendio documentale –già noto, ad eccezione del procedimento G.e.a., alle Controparti ed al Collegio- costituito da alcune migliaia di pagine (in particolare: 1596 quelle dei tre rapporti informativi dei Carabinieri del N.O. di Roma), dal quale emerge in modo inequivocabile il sistema di compromissione della regolarità dei campionati ideato e posto in essere da Giraudo e Moggi con il coinvolgimento di soggetti rivestenti ruoli e svolgenti funzioni specifiche nel mondo del calcio (presidente e vice presidente della F.I.G.C., presidente della A.I.A., designatori arbitrali, arbitri, designatore degli assistenti dei direttori di gara, assistenti, dipendenti federali, presidenti e dirigenti delle società di calcio Lazio, Fiorentina, Milan, Reggina ed Arezzo).” (così il Brescia nella citata memoria del 26.3.07) Gli atti di indagine della Procura della Repubblica di Napoli, sono indicati dalla società Brescia Calcio “materiale probatorio “privilegiato”, in ragione della qualità del soggetto da cui promana, in via diretta ed indiretta, della completezza del quadro di fatti e persone che delinea, dell’assoluta attendibilità dell’attribuzione dei fatti ai soggetti chiamati a risponderne, della persuasività della ricognizione giuridica della fattispecie sotto il profilo della correttezza del riferimento delle condotte alle norme penali incriminatrici.” Assume significativo rilievo, per la difesa del Brescia, anche la documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Roma all’Ufficio Indagini “per quanto è emerso nel corso del procedimento sulla G.E.A., a proposito di arbitri e designatori che avrebbero favorito anche nel campionato 2004-2005 le squadre appartenenti alla “galassia Moggi” (Messina, Reggina, Siena e Udinese, le prime tre concorrenti dirette del Brescia nelle lotta per non retrocedere)…Di contro, i decisum della C.A.F. e della Corte Federale vengono evocati dalla scrivente difesa solo subordinatamente, in relazione al condiviso giudizio che l’opera di condizionamento arbitrale svolta da Giraudo e Moggi, secondo le note modalità, nel campionato 2004-2005 ne determinò l’alterazione, non solo quanto allo svolgimento, ma anche in relazione alla classifica finale, tanto da dar luogo come effetto diretto di ciò alla revoca dello scudetto vinto sul campo dalla Juventus (e non, lamenta il Brescia, anche all’annullamento delle retrocessioni in serie B, come sarebbe stato altrettanto doveroso sul piano etico, prima ancora che giuridico!)”.(così il Brescia Calcio). La società istante nelle note difensive e nelle memorie istruttorie ha individuato le fonti di prova dei fatti costitutivi dell'azione risarcitoria spiegata contro la Juventus (ex art. 2043 c.c.) e la F.I.G.C. (ex contractu per violazione degli obblighi di garanzia ed anche ex art. 2043 c.c.) “ soprattutto negli atti e documenti facenti parte del procedimento n.43915/02R pendente avanti alla Procura della Repubblica di Napoli…… ed in particolare “la trascrizione integrale, versata nella presente memoria, di un atto fondamentale del procedimento in corso avanti alla Procura della Repubblica di Napoli, cioè l'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari emesso il 10/06/2006 dal predetto Ufficio Giudiziario.” (cfr. memoria istruttoria del Brescia Calcio) Con riferimento alla trascrizione del citato avviso ex art. 415 bis c.p.p. la difesa del Brescia sottoponeva ulteriori richieste al Collegio: “1) di ammettere, in caso di rigetto della stessa, l'escussione come teste su tutti i fatti di causa dell'autore dei rapporti alla Procura della Repubblica di Napoli, il magg. Attilio Auricchio del Nucleo Operativo, seconda sezione, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, attualmente presso il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri in Roma; 2) di espletare, ove necessario ovvero utile per l’accertamento dei danni patiti dalla società istante, consulenza tecnica volta ad interpretare i dati contenuti nella prodotta documentazione; 3) di fissare apposita udienza per lo svolgimento degli adempimenti istruttori, siccome richiesti ovvero sollecitati. Da tali istanze istruttorie la difesa del Brescia con memoria del 21.5.2007 formulava l’istanza di sospensione del procedimento arbitrale, domanda già enunciata nel corso dell’udienza di discussione del 17 maggio 2007, e conseguentemente di trasferire l’azione civile di risarcimento nel giudizio penale. Con la stessa memoria del 21.5.07 la società istante, in via subordinata, richiama la valutazione probatoria dei seguenti atti: ♦ i tre rapporti informativi n. 554/39-44 prot. 2004 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli redatti dal Reparto Operativo-Nucleo Operativo, seconda sezione, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma in data 19/04/2005, 02/11/2005 e 20/01/2006, corredati dagli atti, anche su supporto informatico, allegati, in primis le molte centinaia di conversazioni telefoniche ritualmente trascritte, dalle quali emerge con cristallina chiarezza lo scellerato intreccio di relazioni, attraverso il quale l’amministratore delegato ed il direttore generale della Juventus, Giraudo e Moggi, ed alti dirigenti della F.I.G.C. Mazzini, Ghirelli, Pairetto, Bergamo, Lanese, Mazzei, in concorso con altri soggetti, tra i quali alcuni noti arbitri ed assistenti, determinavano il risultato delle singole gare, asservivano ai propri illeciti fini e condizionavano tutti i momenti della vita della F.I.G.C.; e ciò, grazie all’omissione di ogni doveroso controllo da parte della presidenza della F.I.G.C., in violazione dell’obbligo statutario di garanzia. ♦ l’invito a comparire nei confronti di 41 persone sottoposte ad indagini emesso in data 11/05/2006 dalla Procura della Repubblica di Napoli-Direzione Distrettuale Antimafia nel procedimento n. 43915/02 R relativo ai delitti di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), sequestro di persona (art. 605 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.), frode in competizioni sportive (art. 1 l. 13/12/1989 n.401), nonché gli atti di indagine espletati dai Magistrati di detto Ufficio, direttamente ovvero per delega, nel procedimento; ♦ l’avviso di conclusione delle indagini emesso ex art. 415 c.p.p.; ♦ la relazione del Capo dell’Ufficio Indagini alla Procura Federale della F.I.G.C. in data 19/06/2006 a carico, tra gli altri, del dott. Antonio Giraudo, del sig. Luciano Moggi, delle società Juventus, Lazio e Fiorentina; ♦ la relazione del Capo dell’Ufficio Indagini alla Procura Federale della F.I.G.C. in data 31/07/2006 a carico, tra gli altri, del sig. Pasquale Foti e della società Reggina Calcio; ♦ gli atti di deferimento avanti alla C.A.F. emessi dal Procuratore Federale nei confronti degli incolpati (persone fisiche e giuridiche), rispettivamente in data 23/07/2006 e 07/08/2006; ♦ le decisioni della C.A.F. in data 14/07/2006 e 17/08/2006; ♦ la decisione della Corte Federale in data 04/08/2006 relativa al primo procedimento; • il lodo reso il 27/10/2006 dal Collegio Arbitrale di Codesta Camera nel procedimento n. 1336 promosso dalla Juventus F.C. s.p.a. contro la Federazione Italiana Gioco Calcio; ♦ la richiesta di rinvio a giudizio emessa in data 08/02/2007 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nel procedimento n. 29606/05 R.G.N.R. a carico di Moggi Luciano ed altri (c.d. G.e.a.), nonché gli atti ad essa allegati [tra i quali le dichiarazioni rese al P.M. da Corrado Grabbi, Pietro Franza, Franco Baldini, Ermanno Pieroni, Giorgio Perinetti (cfr. pag. 16-19 istanza di arbitrato)]. Da tali documenti, di alcune migliaia di pagine, emergerebbe “ in modo inequivocabile il sistema di compromissione della regolarità dei campionati ideato e posto in essere da Giraudo e Moggi con il coinvolgimento di soggetti rivestenti ruoli e svolgenti funzioni specifiche nel mondo del calcio (presidente e vice presidente della F.I.G.C., presidente della A.I.A., designatori arbitrali, arbitri, designatore degli assistenti dei direttori di gara, assistenti, dipendenti federali, presidenti e dirigenti delle società di calcio Lazio, Fiorentina, Milan, Reggina ed Arezzo)…Gli atti investigativi della procura di Napoli avrebbero consentito l’acquisizione di ulteriori decisive prove circa i rapporti tra i componenti del sodalizio criminoso e gli arbitri ed ha coinvolto nelle accuse anche le società Reggina e Messina (con oltre dieci partite dalle predette disputate sub judice, per l’esistenza di prove della “alterazione” dolosa dei loro risultati).” Confermava , per il resto, le rassegnate conclusioni. Si costituiva la società Juventus Football Club S.p.A., (con gli Avv.ti Riccardo Montanaro, Andrea Gandini e Michele Briamonte del Foro di Torino e con il Prof. Avv. Stefano Vinti di Roma) che deduceva eccezioni preliminari di rito e argomentazioni di merito. In particolare: a) “quanto alle eccezioni preliminari, l’azione avversaria è inammissibile e improcedibile perché non esiste nessuna volontà compromissoria della Juventus né alcuna clausola compromissoria e/o statutaria legittimante la competenza della Camera di Conciliazione e Arbitrato; in secondo luogo, e ben emerge dagli ultimi scritti avversari, essa è una mera duplicazione della domanda di risarcimento in forma specifica (riammissione alla Serie A) già rassegnata – e respinta – dagli organi della giustizia sportiva, e non può essere rivolta nei confronti della Juventus che è dunque carente di legittimazione passiva; b) quanto al merito, non esiste alcun presupposto logico prima ancora che giuridico per il risarcimento dei pretesi milionari lamentati dalla ricorrente, né sotto il profilo dell’atto illecito, né sotto il profilo del nesso di causalità né, infine sotto il profilo dell’ingiustizia del danno.” (Così difesa Juventus, memoria 23.3.07). La Juventus contestava che le azioni asseritamene illecite e le imputazioni di Luciano Moggi fossero idonee a giustificare la vocatio in jus della società esponente, in quanto le pretese risarcitorie lamentate derivavano non solo da atti compiuti da soggetti non riferibili a Juventus, ma da fatti nemmeno ipoteticamente ascrivibili ai “fatti di Juventus”. La mancata ammissione in Serie A, in definitiva, non avrebbe potuto essere imputata alla Società esponente, e così i pretesi danni asseritamene derivati. La domanda sarebbe inoltre infondata per l’inesistenza di alcun illecito “in quanto i comportamenti di Luciano Moggi hanno dato luogo all’incriminazione di quattro sole partite, nessuna delle quali ha riguardato il Brescia Calcio (e in nessuna delle quali è stato rinvenuto un illecito sportivo). Nei confronti di quest’ultima società nessun atto rilevante ai fini del diritto è stato compiuto, e tantomeno alcun atto “illecito” (difesa Juventus). Si costituiva altresì la Federazione Italiana Giuoco Calcio, di seguito denominata F.I.G.C., osservando che “la domanda avversaria è intesa a far valere la responsabilità aquiliana dei soggetti convenuti (..), ai quali si imputa di aver tenuto (…) condotte illecite causative di un danno ingiusto, in quanto tale riarcibile ex art. 2043 c.c. .” ; la F.I.G.C.rimarca che “alla Federazione si rimprovera di aver contribuito, con il concorso dei propri dirigenti coinvolti nella vicenda (…) ad alterare la regolarità del campionato di serie A relativo alla stagione sportiva 2004-2005 (…). (…) La responsabilità della Federazione (…) viene fatta valere in virtù del principio di immedesimazione organica (…) che (…) non può essere utilmente invocato nel caso in esame. E ciò per un duplice ordine di ragioni: a) innanzi tutto perché i dirigenti federali, che hanno trattenuto rapporti privati non consentiti con Luciano Moggi e Antonio Giraudo, non hanno agito nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali (….) b) ed in secondo luogo perché –per costante insegnamento dottrinale e giurisprudenziale- allorquando i titolari del munus abbiano agito (…) con dolo, la ricorrenza di questa condizione psicologica elide in radice il rapporto di immedesimazione organica e dunque il meccanismo di propagazione dell’imputabilità. ♦ rileva, poi, la F.I.G.C. l’inesistenza di “alcuna controversia tra il Brescia e la Federazione, non avendo quest'’ultima avuto alcuna partecipazione (né diretta né indiretta) ai fatti, che si assumono forieri del danno lamentato dall’attrice”; lamenta, ancora, la Federazione che “è stata proprio la F.I.G.C. (per il tramite dei propri organi inquirente, requirenti e giudicanti) a permettere la scoperta, il perseguimento, l’accertamento e la punizione degli illeciti commessi. Sicchè sarebbe paradossale che essa dovesse oggi essere chiamata a rispondere degli effetti pregiudizievoli derivanti da condotte indebitamente poste in essere da tesserati ed affiliati nei confronti dei quali sono stati esercitati con il dovuto rigore i poteri repressivi previsti dalla vigente normativa federale”. (così F.I.G.C. a pag. 3-5 memoria costituzione) ; La Federazione deduce inoltre che “l’ammissione in via straordinaria sollecitata dal sodalizio bresciano (…) non avrebbe potuto poggiare su alcun fondamento normativo ed il suo diniego non può, quindi, aver dato luogo alla lesione di una situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela; non esistendo, per le ragioni dette, alcun obbligo di soddisfare la suddetta richiesta , è ontologicamente inconfigurabile l’esperimento di un’azione di danno fondata sul presupposto della violazione di un diritto (rectius: interessse legittimo) inesistente!”.(così difesa FIGC). DECISIONE Esaminati tutti gli atti e i documenti del presente procedimento, il collegio prende in esame tutte le questioni proposte dalle parti. 1) Occorre preliminarmente esaminare la questione della sospensione del procedimento arbitrale sollevata all’udienza del 10/07/2007 dalla difesa del Brescia Calcio, che ha invocato in proposito la favorevole giurisprudenza della Suprema Corte (v. sentenza in data 04/07/2000 n. 8936). Il Brescia Calcio ritiene sussistente la condizione della ricorrenza di un rapporto di pregiudizialità tra i procedimenti pendenti nel caso in esame, in cui le indagini di ordine penale (le indagini della procura presso il Tribunale di Napoli principalmente) hanno avuto come oggetto il delitto di associazione per delinquere finalizzato al compimento di più delitti di frode in competizione sportive (riferiti, a giudizio della parte istante, anche alle partite sub judice Bologna-Lazio, Lazio-Parma, Chievo-Lazio, Chievo-Fiorentina e Siena Milan, l’esito “taroccato” delle quali avrebbe determinato la retrocessione del Brescia (così espressamente difesa del Brescia calcio). La “pendenza” del procedimento penale -intesa ai sensi dell’art. 405 c.p.p., come già intervenuto esercizio dell’azione penale- dovrebbe essere valutata, secondo la tesi della difesa del Brescia Calcio, solo al momento della decisione sull’istanza stessa in concreto accertata dal Collegio presso la Segreteria del predetto Ufficio Giudiziario. A sostegno di tale istanza il Brescia ha dedotto che la procura di Napoli avrebbe emesso un “secondo avviso ai sensi dell’art. 415 bis Cpp che avrebbe ampliato l’indagine penale”; lo stesso difensore ha inoltre dichiarato che “il Pubblico Ministero che conduce l’indagine presso la Procura del Tribunale di Napoli starebbe per formalizzare la richiesta di rinvio a giudizio”. Sia la FIGC che Juventus S.p.a. si opponevano alla richiesta dell’attrice, non sussistendo, a loro giudizio, né i presupposti soggettivi né quelli oggettivi della sospensione necessaria sia perchè nessuna delle parti del giudizio arbitrale sarebbe destinataria degli atti della Procura di Napoli sia perché non conforme al principio più volte affermato dalla Suprema Corte quello per cui “la sospensione necessaria ricorre solo qualora risultino pendenti procedimenti legati da un rapporto di pregiudizialità, tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logico – giuridico dell’altro” (v. ex multiis Cass. 10576 del 24 ottobre 1998; Cass. n. 10558 del 23 ottobre 1998). Non esisterebbero, secondo le convenute, nemmeno due procedimenti, né il procedimento penale, che sorge al momento in cui il materiale accusatorio raccolto superi il vaglio del censore della legalità delle attività di indagini e del preposto all’avvio del processo penale, ossia del Giudice per l’Udienza Preliminare (l’art 424 del codice di procedura penale). Difetterebbe inoltre il conflitto logico tra la decisione sulla richiesta di risarcimento extracontrattuale richiesto dal Brescia e l’eventuale processo penale per associazione a delinquere a carico di altri soggetti, diversi dalle parti del presente arbitrato. ( a sostegno citano cfr. Consolo, in Dell’Appello avverso le sentenze non definitive, Riv. Proc. Civ., 1985, pag. 821 ss); cfr. Cipriani, in Sospensione del processo, Voce dell’Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, 1993, XXX). Le parti discutevano oralmente le questione e illustravano diffusamente le loro posizioni con memorie all’uopo autorizzate dal Collegio. Ritiene il Collegio che la richiesta di sospensione non sia fondata. Il Brescia argomenta la propria richiesta sulla base della sentenza della S.C. del 27.4.2000 n. 8936. Tale pronuncia ha espresso il seguente principio di diritto: “nel giudizio arbitrale,gli arbitri, quando rilevano che la soluzione di una questione ad essi deferita dipenda dall’accertamento ad opera del giudice penale di un fatto costituente reato, possono sospendere il giudizio arbitrale ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (non dell’art. 819 c.p.c., che contempla le questioni incidentali civili o amministrative)”. Chiarito che la norma cui occorre riferirsi è l’art. 295 c.p.c., occorre verificare se vi siano i presupposti per la sua applicazione e, quindi, per la sospensione del presente procedimento per pregiudizialità rispetto ad un altro processo. È noto che, a seguito della mancata riproduzione, nel codice di procedura penale, dell’art. 3, secondo comma, del codice abrogato, il nostro ordinamento non è più ispirato al principio dell'unità della giurisdizione e della prevalenza del giudizio penale su quello civile. Va anzi ritenuto che i due processi siano destinati a rimanere, in linea di principio, autonomi e separati. Anche di recente la Suprema Corte ha ribadito che il giudice civile (ma il discorso è evidentemente estensibile al giudice arbitrale) “deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità (civile) con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale, con la conseguenza che lo stesso giudice civile non è vincolato a sospendere il giudizio avanti a lui pendente in attesa della definizione del giudizio penale correlato” (Cass. 18.1.2007, n. 1095). Nel caso di specie l’attrice chiede la condanna di F.I.G.C. e Juventus al risarcimento dei danni morali e materiali sofferti a causa di illeciti sportivi e della mancata ammissione del Brescia al campionato di serie A. Le indagini penali hanno invece ad oggetto, secondo quanto riferito dall’istante a pag. 3 della memoria, il delitto di associazione per delinquere finalizzato al compimento di più delitti di frode in competizione sportiva. Risulta peraltro, dalle stesse allegazioni del Brescia Calcio, che attualmente non sia stato chiesto il rinvio a giudizio dei soggetti destinatari del provvedimento ex art. 415 bis c.p.p. e che pertanto, allo stato, non penda alcun processo penale che possa pregiudicare il presente giudizio arbitrale. Va ricordato, a tale ultimo proposito, che presupposto dell’applicazione della sospensione ex art. 295 c.p.c. è l’avvenuto esercizio dell’azione penale ai sensi dell’art. 405 c.p.p., non potendo configurarsi neppure in astratto una pregiudizialità tra un processo pendente e uno che non è neppure iniziato (ciò per giurisprudenza costante: cfr., ex plurimis, Cass. 21.5.1999, n. 4952). Anche a prescindere da tale rilievo, altri elementi fanno propendere per l’infondatezza dell’istanza. Ed invero, in ossequio al richiamato principio di autonomia tra processo civile e penale, la semplice comunanza dei fatti posti alla cognizione del giudice civile e di quello penale non appare idonea a giustificare un provvedimento di sospensione, occorrendo invece una pregiudizialità effettiva, ossia, la possibilità concreta che l’esito del processo penale spieghi efficacia di giudicato sulle questioni affrontate in sede civile (così, ad es., Cass. 16.12.2005, n. 27787). In tali ipotesi non rientra il caso di specie. Innanzitutto, come rilevato dalla difesa della FIGC, non vi è coincidenza tra i soggetti destinatari dei provvedimenti richiamati dal Brescia e le parti del presente giudizio. Inoltre, l’accertamento di responsabilità penali in capo a soggetti legati da rapporti organici con la società sportiva convenuta non comporterebbe un accertamento con efficacia di giudicato della responsabilità della società sportiva stessa nella commissione di illeciti civili. Sulla scorta dei rilevi che precedono, l’istanza di sospensione deve essere rigettata. 2) Chiarito quanto precede, deve altresì essere esaminata la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità della domanda sollevata dalla FIGC. La FIGC, a sostegno dell’eccezione di non devolubilità in arbitrato della res litigiosa in oggetto, premette che le richieste del Brescia riposano sulla modifica dei risultati acquisiti sul campo, il che “postulerebbe necessariamente una previa pronuncia caducatoria dell’omologazione di quei risultati. Obbiettivo quest’ultimo che non può essere sicuramente perseguito in questa sede, giacché l’art. 27.3 dello Statuto federale sottrae espressamente alla cognizione arbitrale le controversie relative alla omologazioni dei risultati di gara. Di ciò è sembrata essere consapevole la stessa controparte, propendendo dinanzi alla CAF – sotto forma di richiesta di revocazione- un singolare reclamo diretto ad ottenere l’invalidazione di tutti i risultati di gara sfavorevoli realizzati dal Brescia nel corso della stagione sportiva conclusasi con la sua retrocessione. Questa bizzarra iniziativa impugnatoria, in ragione della sua palese abnormità, è stata ovviamente dichiarata inammissibile in limine. Ma la sua proposizione sta a dimostrare che la pretesa di proclamarsi detentrice del titolo sportivo, che ne avrebbe legittimato la permanenza in serie A, non può essere coltivata dalla società istante se non in presenza di una corrispondente modifica della classifica finale (nel nostro caso mai avvenuta). Ed è appena il caso di aggiungere che, ove mai si intendesse sostenere che a tanto avrebbe dovuto provvedere la Corte Federale in conseguenza degli illeciti accertati, la doglianza sarebbe inammissibile, in quanto avrebbe dovuto essere formulata –a tutto voler concedere- nel procedimento arbitrale attivato dalla società Juventus F.C. avverso la decisione della Corte federale. Ma in tale procedimento la soc. Brescia, pur avendone avuto la facoltà, non ha ritenuto di spiegare, con la proposizione di un atto di intervento, alcuna domanda.” (così, testualmente, la difesa FIGC). D’altra parte la società istante, a sostegno dell’ammissibilità delle proprie domande, osserva che esse ineriscono alla revocazione delle omologazioni dei risultati delle partite disputate non dal Brescia, bensì dalla Juventus; rileva inoltre la difesa dell’istante che la adita C.A.F. ha disatteso la domanda per ragioni non di merito, ma soltanto processuali. Il Brescia calcio sottolinea che il procedimento innanzi alla C.A.F. non avrebbe alcun rapporto con l’odierna controversia, come sarebbe agevolmente desumibile dalla doverosa comparazione tra i pertinenti elementi connotativi (causa petendi , petitum, natura del procedimento), che qualificano il primo come mezzo di impugnazione straordinario di provvedimenti di organi di giustizia sportiva volto alla invalidazione formale di risultati di gare omologate dal giudice sportivo, e la seconda come azione di risarcimento di danno ex contractu ed aquiliana. Inconferente, dunque, sarebbe per il Brescia calcio, il richiamo alla esclusione dal giudizio arbitrale contemplata dall’art. 27 per le controversie di natura tecnico disciplinare decise in via definitiva dagli organi di giustizia federali relative ad omologazione di risultati sportivi. Ciò premesso, il Collegio ritiene fondata l’eccezione sollevata dalla FIGC nei termini di seguito illistrati. Le richieste del Brescia presuppongono, quale antecedente logico giuridico, la modifica dei risultati acquisiti sul campo, il che postulerebbe necessariamente una previa pronuncia caducatoria dell’omologazione di quei risultati, decisione che è preclusa al collegio dall’art. 27.3 dello Statuto federale, vigente al momento della domanda, che sottrae espressamente alla cognizione arbitrale le controversie relative alla omologazioni dei risultati di gara. Né sembra rilevare, in contrario, il fatto che la società istante agisca per il risarcimento dei danni asseritamente derivanti dalla illegittima formazione della graduatoria del campionato 2004-2005 e dalla sua esclusione dai campionati di serie A successivi. Ciò perché l’accoglimento di una tale domanda comporterebbe pur sempre l’accertamento, con efficacia di giudicato tra le parti del presente procedimento, della illegittimità dell’omologazione dei risultati di gara. Va richiamato, a questo proposito, l’orientamento secondo cui “La non conformità di una situazione giuridica al diritto oggettivo (cosiddetta antigiuridicità in senso oggettivo), quale elemento costitutivo della fattispecie attributiva del diritto al risarcimento del danno ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, non può essere accertata in via incidentale e senza efficacia di giudicato” (Cass. civ. Sez. II, 27/03/2003, n. 4538). Di ciò è sembrata essere consapevole la stessa controparte, che ha proposto dinanzi alla CAF –sotto forma di richiesta di revocazione- un reclamo diretto ad ottenere l’invalidazione di tutti i risultati di gara sfavorevoli realizzati dal Brescia nel corso della stagione sportiva conclusasi con la sua retrocessione. Deve pertanto ritenersi inammissibile la domanda avanzata dal Brescia Calcio, implicando necessariamente essa una pronuncia relativa alla omologazione dei risultati di gara, sottratta espressamente alla cognizione arbitrale dall’art. 27. 3 dello Statuto federale. Ritiene peraltro il Collegio che la domanda presentata dal Brescia Calcio risulti comunque tardiva, poiché presentata oltre il termine di decadenza stabilito dall’art. 5, comma 1, del regolamento della Camera. In base a questa disposizione, le controversie di competenza della camera devono essere proposte, «a pena di decadenza entro e non oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia». Si tratta, evidentemente, di un termine di preclusione, espressamente qualificato come “perentorio” dalla norma richiamata. Tale termine deve essere inquadrato nel generale istituto della decadenza, disciplinato dagli artt. 2964 e ss. c.c., e valutato alla luce di tali parametri normativi. Ritiene il Collegio che il termine decadenziale valga sia per le azioni volte all’annullamento dell’atto che per quelle risarcitorie. La lettera e la ratio del Regolamento della Camera depongono in questo senso. La norma non pone infatti alcuna distinzione tra le due ipotesi: già il semplice dato letterale, dunque, suggerisce chiaramente l’indicata conclusione. Ciò, d’altra parte, appare coerente con la funzione del termine nel sistema di soluzione delle controversie amministrato dalla Camera. Tale sistema, infatti, garantisce una sollecita definizione delle controversie, a condizione che queste siano tempestivamente proposte: ciò anche per evitare che la facilità del meccanismo procedurale e il contenimento dei costi del giudizio consentano un esasperato ricorso al conflitto, anche come mezzo improprio di pressione rispetto al normale svolgimento delle vicende federali. È, dunque, coessenziale alla natura stessa dei rimedi speciali previsti dall’ordinamento sportivo la tempestività dei relativi interventi in modo che rimanga garantito l’ordinato corso delle manifestazioni e delle competizioni agonistiche e la civile e serena convivenza all’interno della comunità sportiva. Inoltre, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il Collegio può rilevare d’ufficio tale decadenza ai sensi dell’art. 2969 c.c., Bisogna, a questo punto, individuare il dies a quo del termine decadenziale così configurato. Secondo le allegazioni della parte istante, l’origine della controversia dovrebbe farsi risalire alla comunicazione del diniego Federale all’iscrizione del campionato 2006/2007 formulata dal Brescia. Il Collegio non condivide tale assunto. La controversia, infatti, trae origine dai fatti, asseritamente illeciti, posti in essere dalla Juventus nel campionato 2004-2005, nonché dall’asserita inottemperanza della FIGC all’obbligo di vigilanza. Inoltre, i pregiudizi lamentati dal Brescia Calcio risalgono alla mancata iscrizione al campionato 2005-2006 e alla conseguente perdita di chances rispetto alla eventuale promozione in serie A nel campionato 2006-2007. Ne segue che il più recente dei fatti da cui trae origine la presente controversia è proprio la mancata iscrizione del Brescia nel campionato 2005-2006. Quanto alla conoscenza di tali fatti, essa può essere collocata temporalmente, al più tardi, al momento in cui vennero irrogate per la prima volta sanzioni disciplinari alla Juventus (decisione della Corte d’Appello Federale di cui al C.U. del 14 luglio 2006). Sin da tale momento il Brescia, essendo venuto a conoscenza degli asseriti illeciti posti in essere dalla Juventus, e avendo già subito il pregiudizio costituito dalla mancata iscrizione al campionato 2005-2006, avrebbe potuto instaurare il presente procedimento arbitrale, finalizzato, per l’appunto, al risarcimento dei danni subiti, senza per ciò, peraltro, pregiudicare l’intervento effettuato nei procedimenti innanzi alla CAF e alla Corte Federale, e volto al diverso scopo di incidere sulle sanzioni concretamente irrogate nei confronti della Juventus. È nel termine di trenta giorni dalla conoscenza di questi fatti che andava dunque proposta l’azione, attraverso la proposizione dell’istanza di conciliazione, che è stata, invece, presentata in data 4.9.2006. Non può neppure valere a rimettere in termini il Brescia Calcio la richiesta di ammissione al campionato del giorno 8 agosto 2006 e la lettera di risposta della FIGC del 31 agosto 2006. Quest’ultima missiva non assume infatti alcuna valenza provvedimentale, in quanto non incide sulla posizione giuridica del Brescia Calcio, ma si limita a ribadire i provvedimenti già assunti in sede sportiva e, conseguentemente, a constatare l’inesistenza, in capo allo stesso Brescia Calcio, di titoli sportivi idonei all’iscrizione al campionato 2006-2007. Conclusivamente, nel caso in esame, l’istanza arbitrale avanzata dal Brescia Calcio s.p.a. si appalesa, oltrechè inammissibile, improponibile, in quanto avanzata senza il rispetto del termine di cui all’art. 4, co. 1 del Regolamento sopra citato, ferma restando eventuale diversa valutazione da parte di altri ordini giurisdizionali, anche in connessione o a seguito degli esiti dei procedimenti penali in corso. I rilevati profili di inammissibilità e di improponibilità appaiono assorbenti rispetto alle altre questioni preliminari sollevate dalle parti. Quanto alle spese, il Collegio ritiene che, essendo state accolte questioni preliminari, tra cui quelle sollevate dalla FIGC, le spese per il funzionamento del Collegio Arbitrale debbano essere poste a carico del Brescia Calcio. PQM IL COLLEGIO ARBITRALE definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione 1. dichiara l’inammissibilità e l’improponibilità dell’istanza arbitrale proposta dal Brescia Calcio SpA; 2. dichiara i rilevati profili di inammissibilità e di improponibilità assorbenti rispetto alle altre questioni preliminari sollevate dalle parti; 3. pone a carico del Brescia Calcio SpA, fermo restando il vincolo di solidarietà tra le parti, gli onorari e le spese per il funzionamento del Collegio Arbitrale nella misura liquidata dalla Camera con provvedimento ai sensi dell’art. 22 del Regolamento; 4. dispone che i diritti amministrativi versati dalle parti siano incassati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Così deliberato all’unanimità dei voti in conferenza personale degli arbitri riuniti presso la sede dell’arbitrato in data 1 giugno 2007. Il presente lodo è stato preventivamente sottoposto al controllo formale della Camera ai sensi dell’art. 20 del Regolamento e sottoscritto in numero di quattro (4) originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Mario Antonio Scino Presidente F.to Learco Saporito F.to Dario Buzzelli
DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it