CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 24/11/2006 TRA A.C. Arezzo S.p.A. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 24/11/2006 TRA A.C. Arezzo S.p.A.
contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
I L C O L L E G I O A R B I T R A L E
On. Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani Presidente del Collegio Arbitrale
Avv. Guido Cecinelli Arbitro
Prof. Marcello Foschini Arbitro
Prof. Avv. Luigi Fumagalli Arbitro
Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport (“Regolamento”) su congiunta richiesta delle parti;
riunito in conferenza personale in data 24 novembre 2006, presso la sede
dell’arbitrato, in Roma, ha deliberato all’unanimità il seguente
L O D O
nel procedimento di arbitrato (prot. n. 1805 del 26.10.2006) promosso da:
A.C. Arezzo S.p.A., in persona del suo presidente e legale rappresentante pro
tempore, Comm. Piero Mancini, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio D’Avirro, ed
elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Firenze, Via dei Conti 3
istante
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via Gregorio Allegri 14, in
persona del suo Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore,
Dott. Luca Pancalli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Gallavotti e Luigi
Medugno ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Via Po 9
convenuta
Il Collegio Arbitrale,
vista l’istanza arbitrale della ricorrente e le relative domande, tese all’annullamento
della decisione in data 26 agosto-1 settembre – pubblicata con Comunicato Ufficiale
n. 7/CF del 1 settembre 2006 - con la quale la Corte Federale della FIGC infliggeva
all’A.C. Arezzo s.p.a. la sanzione della penalizzazione di punti 6 da scontare nel
campionato 2006/2007;
viste le richieste e le memoria della resistente e le relative conclusioni che si limitano
a chiedere il rigetto di tutte le domande avversarie e la conferma integrale delle
statuizioni rese dalla Corte Federale;
vista la concorde richiesta formulata dalle parti nell’udienza del 24 novembre 2006 a
«pronunciare il lodo con procedura d’urgenza, comunicando alle parti il dispositivo
della pronuncia, accompagnato da una motivazione in forma sintetica sui punti
fondamentali della controversia»;
ritenuta la ammissibilità del ricorso e la sussistenza della competenza del Collegio
Arbitrale a conoscere delle domande proposte, essendo soddisfatte tutte le
condizioni a tal riguardo previste, poiché:
• si è infruttuosamente esperito il procedimento di conciliazione
disciplinato dagli artt. 3 ss. del Regolamento della Camera, chiuso con
verbale del 06 ottobre 2006;
• che successivamente l’ all’A.C. Arezzo s.p.a. ha presentato istanza di
arbitrato innanzi alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport;
• che si è costituita la FIGC non contestando la competenza ed anzi
successivamente presentando dichiarazione del commissario
straordinario legale rappresentante pro tempore di espressa
accettazione dell’arbitrato, anche in deroga a quanto previsto dall’art.
27 St. FIGC;
• che all’udienza arbitrale del 24 novembre 2006 le parti, accettando il
regolamento della Camera senza alcuna riserva in ordine ai poteri del
Collegio Arbitrale, accettando altresì la designazione del Collegio
Arbitrale e dichiarando di non avere motivi di ricusazione nei confronti
dello stesso, si sono richiamate ai rispettivi atti, ribadendo le conclusioni
già prese;
affermato il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere
devolutivo del giudizio arbitrale, atteso che:
• il Regolamento conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale
riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non
quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso
proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i
suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio
denunciabile, con la conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale
sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al
“merito” della decisione impugnata;
• il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento
di una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti
tecnici d’ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri
dell’organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto
impugnato;
• l’arbitrato presso la Camera non può essere qualificato quale terzo
grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché
esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il
quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la
Camera si è creato, infatti, un meccanismo di risoluzione delle
controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle
federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai
sensi dell’art. 3.1 della d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17
ottobre 2003 n. 280). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche
all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al
sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né
l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento
disciplinare può essere ritenuto organo della federazione;
• dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di
impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento
disciplinare in quanto atto, ma una controversia relativa alla volontà
definitivamente manifestata dalla federazione;
• tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come
l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella
volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua
risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella
volontà si è formata;
• siffatta soluzione è coerente con quella adottata nell’ordinamento
sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve
essere interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello
sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna
(Svizzera), al quale l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è
principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia
sportiva) che l’organo arbitrale possa considerare – senza vincoli
derivantigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto
e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai
significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni
e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale
operante in seno alla Camera può avvalersi.
acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale;
esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della
valutazione della istanza della società ricorrente;
ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini
genericamente equitativi o di clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza
arbitrale, che:
a. l’art. 9 comma 3 del CGS introduce nell’ambito dell’ordinamento sportivo
una particolare forma di responsabilità presunta delle società “per gli illeciti
sportivi a loro vantaggio che risultino commessi da persone ad essa
estranee”, allo scopo di evitare che le società possano ricorrere all’opera
di terzi per commettere illeciti sportivi dai quali traggono vantaggio, così
assicurandosi il rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni
rapporto riferibile all’attività sportiva;
b. al fine di evitare applicazioni inique della norma, la disposizione prevede la
possibilità della prova contraria, riconoscendo che la presunzione di
responsabilità si abbia per superata se dalle prove fornite dalla società,
dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini o dal dibattimento, risulti anche in
via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha partecipato
all’illecito o lo ha ignorato;
c. la presunzione di responsabilità può essere quindi superata non solo
quando si accerti l’estraneità della società a qualunque forma di
partecipazione materiale o morale, ma anche nel caso in cui la prova di
partecipazione sia insufficiente o contraddittoria;
d. un illecito sportivo sussiste a prescindere dalla effettiva alterazione del
risultato di una gara, o dal conseguimento di un vantaggio in classifica
(art. 6 comma 5 CGS), giacché, per precisa scelta ordinamentale, la soglia
di punibilità della condotta antisportiva viene anticipata al livello del
compimento degli atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una
gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica;
e. il materiale probatorio in atti è sufficiente per ritenere dimostrata la
responsabilità presunta della Ricorrente, ai sensi dell’art. 9 comma 3 del
CGS, attesi essenzialmente il significato e le finalità dei comportamenti
posti in essere dai protagonisti della vicenda, mentre non assume rilevo,
alla luce delle considerazioni che precedono (punto d), l’effettiva
alterazione degli esiti dell’incontro Arezzo-Salernitana;
f. in particolare vi è prova che, il giorno antecedente la partita tra l’Arezzo e
la Salernitana del 14 maggio 2005, l’assistente arbitrale Titomanlio,
designato per la partita, ebbe un colloquio con il Vice Designatore della
CAN Gennaro Mazzei in occasione di un raduno arbitrale tenutosi a
Coverciano, in cui venne discussa la conduzione della gara del giorno
seguente, come pacificamente confermato dalle dichiarazioni rese
all’Ufficio Indagini sia dal Titomanlio che dal Mazzei, e dalla circostanza
che il designatore arbitrale, Paolo Bergamo, avesse, prima di detto
incontro, preavvertito il Titomanlio del fatto che sarebbe stato avvicinato
dal suo vice;
g. l’obiettivo di tale contatto non poteva che essere quello di sollecitare un
trattamento “orientato” da parte del Titomanlio nell’espletamento del suo
incarico di assistente arbitrale, posto che la giustificazione addotta dai
diretti interessati, secondo cui il Mazzei si sarebbe limitato a giustificare
l’assegnazione di Titomanlio ad una partita di serie B e ad esortare il
guardalinee a fare del proprio meglio, appare priva di senso. Infatti il
Titomanlio, per sua stessa ammissione (v. dichiarazioni rilasciate all’ufficio
indagini il 10 giugno 2006), non ha mai diretto “grandi partite”, di talché la
sua designazione per un importante incontro di serie B non poteva
apparire né inconsueta né punitiva. Ed inoltre il “fare del proprio meglio”,
costituisce una mera ovvietà, essendo insito nella funzione di direzione di
una competizione sportiva quella di operare al meglio delle proprie
possibilità. Né del resto risulta o è stato allegato che il Titomanlio avesse
dato luogo, nel corso della stagione, a comportamenti giustificanti un
ammonimento informale da parte dei designatori affinché migliorasse la
qualità delle sue prestazioni;
h. tale ricostruzione appare confermata dal tenore della conversazione
telefonica tra il Titomanlio e il Meani intercorsa, successivamente alla
gara, in data 16 maggio 2005, dal quale appare evidente come l’assistente
arbitrale fosse stato oggetto di pressioni da parte del vice designatore
Mazzei allo scopo di condizionare l’andamento dell’incontro in favore della
squadra dell’Arezzo. Sono inequivocabili, in particolare, gli inviti di Mazzei
a tenere riservato il colloquio (riservatezza che non avrebbero avuto
ragion d’essere se avesse semplicemente chiesto la “massima attenzione”
alle situazioni di gioco), e il diretto riferimento di Titomanlio a due episodi
in cui ha interrotto per “il rischio che pareggiasse” altrettante azioni di
attacco della Salernitana, a commento dei quali l’Assistente chiosa con
una qualche dose di cinismo: “ho detto mò vado su perché almeno,
almeno che la cosa sia pulita … capisci?”. E non meno concludenti sono
la frase “sono già in tensione perché lì cioè la vittoria era necessaria però
sai non è che gli ha spianato la strada”, che lo stesso Titomanlio non
riesce a giustificare dinanzi all’Ufficio indagini, e l’ammissione che non
poteva spiegare a Luci (osservatore arbitrale) le vere ragioni (interrompere
sul nascere le azioni potenzialmente pericolose della Salernitana) del suo
eccessivo interventismo in campo (“… non gli potevo mica dire sta attento
che stava premendo”). Il fatto che si possa opinare, sulla base della
visione del filmato della partita, che la vanteria del Titomanlio di aver
adempiuto a tale incarico fosse corrispondente al vero, non modifica
l’attendibilità di una ammissione resa in un contesto confidenziale. Del
resto sarebbe stato privo di senso, dal punto di vista del Titomanlio,
fregiarsi con il Meani di un titolo di demerito quale quello di aver
condizionato una gara se non vi fosse stato da parte sua un effettivo
intento di assecondare la richiesta dei vertici arbitrali. Senza considerare
poi, che le dichiarazioni di Luci all’Ufficio indagini, se pure possono essere
inesatte negli specifici riferimenti a singoli episodi di gioco, sono
chiarissime ed univoche circa l’eccesso di zelo di Titomanlio nel segnalare
i falli della Salernitana;
i. contrariamente a quanto sostenuto dalla parte istante, la decisione degli
organi di giustizia sportiva non si basa affatto sulla mera valutazione del
cui prodest, ossia sulla considerazione a posteriori di chi abbia tratto
vantaggio da una condotta illecita (che comunque è elemento indiziario
della massima importanza), bensì su un’interpretazione assai più attenta e
realistica dei comportamenti umani. Occorre infatti porsi la domanda su
quale interesse potesse essere così cogente da indurre il Mazzei
(complice probabilmente Bergamo, che aveva preannunciato a Titomanlio
il colloquio riservato con Mazzei) a dispiegare i suoi buoni uffici presso il
Titomanlio per condizionarne l’operato. Stante l’assenza di qualsivoglia
ipotizzabile ragione legata alla posizione istituzionale di terzietà della
categoria arbitrale, all’evidenza tale interesse doveva essere correlato alla
tutela di finalità proprie della società favorita. È poi lo stesso Mazzei, del
resto, a spiegare a Titomanlio le ragioni del suo interessamento, e cioè le
forti pressioni ricevute – espresse con una frase ben più colorita – che non
potevano che provenire dalla Società che si è avvantaggiata dal suo
intervento. Ed infatti, a precisa richiesta di Meani, Titomanlio chiarisce
che a esercitare pressioni su Mazzei era proprio “l’Arezzo”;
j. le pressioni sui designatori, alterando la posizione di terzietà, imparzialità
e indipendenza, sono più che sufficienti ad integrare un comportamento
sleale. Ove poi abbiano raggiunto anche uno dei soggetti partecipanti alla
gara, che per sua esplicita ammissione (nella conversazione telefonica
intercettata) ha assunto comportamenti conseguenti, ve n’è quanto basta
per presumere – in base all’id plerumque accidit – che la società non sia
rimasta estranea all’illecito;
k. la presunzione di responsabilità dell’Arezzo, a vantaggio del quale l’illecito
è stato commesso, non può ritenersi superata, poiché non sono emersi
seri e fondati dubbi circa la sua partecipazione o anche la mera
conoscenza dello stesso, come richiesto nella pur complessa
formulazione della previsione del codice di giustizia, rispetto alla quale si
condividono le considerazioni della Corte federale. In particolare, non è
stato fornito alcun argomento che evidenzi la contraddittorietà di tale
conclusione, ovvero che l’illecito compiuto da Mazzei e Titomanlio si sia
svolto per interessi del tutto estranei alla società.
l. la mancata individuazione del dirigente o funzionario o di altro soggetto
contiguo all’Arezzo che possa aver funto da tramite nella realizzazione
dell’illecito non esclude l’applicabilità del meccanismo di imputazione della
responsabilità presunta, il quale, proprio in quanto tale, prescinde
dall’individuazione di un autore materiale del fatto che sia organicamente
ricollegabile alla società stessa (poiché, altrimenti, la responsabilità
presunta non si distinguerebbe da quella oggettiva);
m. la sanzione ridotta di sei punti di penalizzazione applicata dalla Corte
federale appare proporzionata alla natura dell’illecito accertato e alla sua
imputazione a mero titolo di responsabilità presunta e va pertanto
confermata;
n. alla luce di quanto precede, gli onorari e le spese di arbitrato nonché le
spese di difesa della FIGC, quantificate in Euro 1.500, oltre ad accessori
di legge, devono essere posti a carico della Ricorrente. I diritti
amministrativi versati dalle parti devono essere incamerati dalla Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale
all’unanimità, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa
ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione
1. respinge le istanze dell’A.C. Arezzo S.p.A.;
2. pone le spese del presente arbitrato, per onorari e spese del Collegio arbitrale e
del CONI, da liquidarsi con separata ordinanza, a carico dell’A.C. Arezzo S.p.A.;
3. pone a carico dell’A.C. Arezzo S.p.A. le spese di difesa della FIGC, liquidate in
Euro 1.500, oltre ad accessori di legge;
4. dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
Così deciso in Roma, all’unanimità e in conferenza personale degli arbitri, il giorno 24
novembre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
F.to Giulio Napolitano