CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 27/10/2006 TRA A.C.F. Fiorentina S.p.a. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio e F.C. Messina Peloro s.r.l.
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 27/10/2006 TRA A.C.F. Fiorentina S.p.a.
contro Federazione Italiana Giuoco Calcio e F.C. Messina Peloro s.r.l.
I L C O L L E G I O A R B I T R A L E
On. Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani Presidente del Collegio Arbitrale
Avv. Guido Cecinelli Arbitro
Prof. Marcello Foschini Arbitro
Prof. Avv. Luigi Fumagalli Arbitro
Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport (“Regolamento”) su congiunta richiesta delle parti;
riunito in conferenza personale in data 27 ottobre 2006, presso la sede dell’arbitrato,
in Roma, ha deliberato all’unanimità il seguente
L O D O
nel procedimento di arbitrato (prot. n. 1420 del 14.09.2006) promosso da:
A.C.F. Fiorentina S.p.a., in persona del legale rappresentante Carlo Montagna,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Prof. Giuseppe Morbidelli, Alberto M. Bruni e Prof.
Duccio M. Traina ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Firenze, Via La
Marmora 14;
ricorrente
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma alla Via Gregorio Allegri n.
14, in persona del Procuratore Antonio Di Sebastiano, rappresentata e difesa dagli
Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno ed elettivamente domiciliata presso lo studio
del primo in Roma, Via Po n. 9
resistente
e con l’intervento del
F.C. Messina Peloro s.r.l., in persona del legale rappresentante Ing. Vincenzo
Franza, assistita, ai fini della presente procedura, dagli Avv.ti Carmelo Briguglio,
Enrico Lubrano e Prof. Filippo Lubrano, presso il cui studio è elettivamente domiciliata
in Roma, Via Flaminia n. 79 (Studio Legale Lubrano & Associati)
terza intervenuta
visto l’accordo compromissorio stipulato dalle parti in sede di conciliazione in data 23
agosto 2006, con l'adesione prestata dalla FIGC alla proposta della società istante, in
deroga alla eccezione alla competenza arbitrale sancita dall'art. 27 dello Statuto della
FIGC;
vista l’istanza arbitrale della ricorrente e le relative domande, tese all’annullamento
della decisione in data 25 luglio 2006 con cui la Corte Federale della FIGC ha irrogato
alla società A.C.F. Fiorentina s.p.a. le sanzioni della penalizzazione di 30 punti da
scontare nella classifica 2005-2006, di 19 punti da scontare nella classifica della
stagione sportiva 2006-2007, della squalifica del campo di gara per tre giornate di
campionato e dell’ammenda di Euro 100.000;
viste la memoria della resistente e le relative conclusioni, che si limitano a chiedere la
conferma delle sanzioni inflitte dalla Corte Federale della FIGC e quindi precludono a
questo Collegio ogni reformatio in peius;
vista l’istanza di intervento del terzo intervenuto, che richiede la conferma delle
sanzioni, e la memoria successivamente depositata, con la quale si è chiesta una
definizione della controversia «con la massima clemenza»;
vista la concorde richiesta formulata dalle parti nell’udienza del 12 ottobre 2006 a
«pronunciare il lodo con procedura d’urgenza, comunicando alle parti il dispositivo
della pronuncia, accompagnato da una motivazione in forma sintetica su tutti i punti in
fatto e in diritto fondamentali ai fini della soluzione della controversia»;
ritenuta la ammissibilità del ricorso e la sussistenza della competenza del Collegio
Arbitrale a conoscere delle domande proposte, essendo soddisfatte tutte le condizioni
a tal riguardo previste, poiché
• si è infruttuosamente esperito il procedimento di conciliazione disciplinato
dagli artt. 3 ss. del Regolamento della Camera; e
• in esito al tentativo di conciliazione le parti hanno concluso patto arbitrale
ad hoc, integrativo delle previsioni dell’art. 27 dello Statuto della FIGC, con
il quale si è fondata la competenza di un collegio arbitrale da costituirsi in
base al Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra
di esse insorta in relazione alla decisione della Corte Federale della FIGC
in data 25 luglio 2006;
affermato il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere
devolutivo del giudizio arbitrale, atteso che
• per effetto dell’accordo raggiunto in sede di conciliazione in data 29 agosto
2006 le parti hanno aderito al Regolamento della Camera senza riserva
alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale;
• il Regolamento conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale riesame
del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle
derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle
parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di
volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la
conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale sono deducibili questioni
attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione
impugnata;
• il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di
una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti tecnici
d’ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell’organo
arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto impugnato;
• l’arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo grado del
procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è
riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata
“volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un
meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai
sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla
giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220,
convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280). L’attività della Camera, per quanto
riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere
ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata,
né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento
disciplinare può essere ritenuto organo della federazione;
• dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di
impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento
disciplinare in quanto atto, ma una controversia relativa alla volontà
definitivamente manifestata dalla federazione;
• tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come
l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà
si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non
influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata;
• siffatta soluzione è coerente con quella adottata nell’ordinamento sportivo
internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere
interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.),
organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale
l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art.
R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) che l’organo arbitrale possa
considerare – senza vincoli derivantigli dal procedimento disciplinare
contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal
fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle
parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il
Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi;
acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale;
esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della
valutazione della istanza della società ricorrente;
ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini
genericamente equitativi o di clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza
arbitrale:
a) che dal carattere devolutivo dell’impugnazione proposta e dalla piena
cognizione della controversia spettante a questo Collegio arbitrale deriva
l’assorbimento delle censure svolte dalla Ricorrente alla decisione
impugnata sotto il profilo della violazione del principio generale del giudice
naturale precostituito per legge (artt. 25, 97, 101 e 111 Cost.), delle regole
federali che individuano il giudice di primo grado per i soggetti che non
ricoprono la carica di dirigenti federali, e del principio del contraddittorio, in
relazione ad una pretesa eccessiva compressione dei termini processuali,
poiché lo svolgimento dell’arbitrato ha consentito, nel pieno rispetto del
contraddittorio e dei diritti della difesa, l’esame della controversia di fronte a
giudicante investito del potere di conoscerla per effetto di manifestazione di
volontà dell’istante e della convenuta, come dalle stesse parti riconosciuto
nel corso dell’udienza; che in ogni caso le censure sopra menzionate non
sarebbero accoglibili, in quanto sul punto appaiono condivisibili le
considerazioni svolte dalla Corte federale;
b) che non accoglibile appare la dedotta censura di illegittimità della decisione
impugnata per indebita utilizzazione di intercettazioni telefoniche acquisite
in altro procedimento, poiché l’art. 270 c.p. esprime un principio nell’ambito
del processo penale la cui applicazione non è estensibile ad altri
procedimenti, e in particolare, in quelli disciplinari; né altresì appare
accoglibile la dedotta censura della mancata sospensione del procedimento
disciplinare in presenza di prosecuzione delle indagini penali, attesa, per
giurisprudenza consolidata, l’indipendenza del procedimento disciplinare da
quello penale;
c) che non condivisibile appare altresì la censura mossa dalla ricorrente alla
decisione impugnata sotto il profilo della violazione dei diritti della difesa
cagionata da una asserita «selezione a "senso unico" delle intercettazioni
telefoniche operata nel giudizio» innanzi agli organi di giustizia federale,
atteso che alla ricorrente incombeva comunque l’onere di offrire un
principio di prova in ordine all’esistenza di ulteriori conversazioni telefoniche
tra i propri dirigenti e terzi idonee a fornire elementi probatori a favore della
società medesima;
d) di dover condividere, quanto alla definizione della nozione di illecito sportivo
ex art. 6.1 CGS, le affermazioni della Corte Federale, atteso che per la
configurazione di un illecito sportivo che debba realizzarsi attraverso la
componente arbitrale deve essere raggiunta la piena prova, al di là di ogni
ragionevole dubbio, sia della concreta idoneità a raggiungere il risultato
perseguito dell’atto diretto ad alterare lo svolgimento o il risultato di una
gara o ad assicurare un vantaggio in classifica, sia dell’avvenuto contatto,
pure a mezzo di semplice telefonata, con almeno uno dei membri della
terna arbitrale;
e) che costituisce violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità cui
sono tenuti i soggetti dell’ordinamento della FIGC l'attivazione di canali,
anche istituzionali, al fine di ottenere "attenzione", se non esplicitamente
"favore" da parte della terna arbitrale, in quanto condotta potenzialmente
idonea a falsare, tanto più in contesti comportamentali e dichiarativi
oggettivamente ambigui, l'imparzialità della funzione arbitrale; tale
violazione è aggravata se il canale attivato conduce all’instaurazione di un
contatto diretto con i soggetti che partecipano alla designazione della terna
arbitrale e/o con i componenti della terna nell’imminenza della gara;
f) che la violazione di tali obblighi ha trovato un ambiente giuridico e
istituzionale favorevole sia nella mancanza nell’ordinamento federale di
adeguati presidi normativi e procedurali a tutela delle funzioni terze e
neutrali e nel grave sconfinamento dai compiti amministrativi e dai doveri
deontologici degli organi direttivi federali e di designazione arbitrale; sia
nell’assenza di modelli organizzativi interni alla società idonei a garantire la
assoluta correttezza e trasparenza delle condotte individuali dei tesserati e
a prevenire la commissione di illeciti;
g) che, contrariamente a quanto eccepito dalla ricorrente, deve affermarsi, ai
fini del giudizio sulla posizione della società, la valutabilità dei
comportamenti individuali sia dei Sig. Andrea Della Valle e Sandro
Mencucci, in quanto dalla comunicazione della A.C.F. Fiorentina s.p.a. del
25 gennaio 2005, acquisita agli atti del giudizio, risulta che dal 18 dicembre
2004 il dott. Andrea della Valle e il dott. Sandro Mencucci sono
rispettivamente Presidente e Amministratore Delegato con poteri di
rappresentanza in ambito federale; sia del Sig. Diego Della Valle, il quale,
pur figurando formalmente come semplice presidente onorario della
società, si presentava ed era normalmente riconosciuto nell’ambito sportivo
come soggetto agente in nome e per conto dell’A.C.F. Fiorentina s.p.a.,
anche in considerazione del ruolo di socio accomandatario della società
azionista di maggioranza dell’A.C.F. Fiorentina s.p.a.;
h) che, pur con l’attenuante derivante dall’esigenza di reagire a pregressi
episodi arbitrali sfavorevoli alla società e reputati oggetto di pratiche
ritenute persino dolosamente discriminatorie, la A.C.F. Fiorentina s.p.a., ai
sensi dell’art. 2 CGS, deve considerarsi responsabile dei comportamenti
individuali e collettivi, disgiunti e congiunti, dei Sig. Diego Della Valle,
Andrea Della Valle e Sandro Mencucci, perché gravemente lesivi dei doveri
di lealtà e probità sportiva di cui all’art. 1 CGS;
i) in particolare, che, conformemente a quanto ritenuto dalla Corte Federale,
l'A.C.F. Fiorentina s.p.a. deve ritenersi responsabile a titolo di
responsabilità diretta per le gravi violazioni all'art. 1 CGS poste in essere
dai Sig. Andrea della Valle e Sandro Mencucci, per avere essi, nella fase
finale del campionato e a immediato ridosso di partite decisive per la
permanenza in serie A dell’A.C.F. Fiorentina s.p.a., ripetutamente
interloquito con il Vice-Presidente federale per sollecitare favore e
benevolenza;
j) che l’A.C.F. Fiorentina s.p.a. deve considerarsi altresì responsabile (poco
importa in questa sede se a titolo di responsabilità oggettiva o diretta per le
considerazioni prima svolte in ordine al ruolo sostanziale di fatto assunto
nella compagine sociale) anche delle condotte poste in essere dal Sig.
Diego Della Valle in grave violazione dell’art. 1 CGS; in particolare, per
avere egli direttamente interloquito con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo, fino a partecipare a un incontro riservato, così creando un
ambiente oggettivamente idoneo a indurre nel designatore arbitrale la
convinzione di potersi attivare per assicurare alla A.C.F. Fiorentina s.p.a.
attenzione e benevolenza da parte delle terne arbitrali nell’aspettativa che
da ciò potesse in cambio derivare un appoggio al disegno di riordino
organizzativo e gestionale del settore arbitrale e al proprio ruolo nell’ambito
di esso, ipotizzato anche nelle conversazioni con il Vice-Presidente
federale;
k) che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte Federale, l’A.C.F.
Fiorentina s.p.a. non può invece considerarsi responsabile, a titolo
oggettivo, di illecito sportivo ai sensi dell’art. 6 CGS, destinato a realizzarsi
in relazione alla partita Lecce-Parma, mancando prova del compimento da
parte di Diego della Valle di atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara,
nell’ambito dell’illecito disegno concertato tra i signori Innocenzo Mazzini,
Paolo Bergamo e Massimo De Santis;
l) che l’A.C.F. Fiorentina s.p.a. deve considerarsi sanzionabile a titolo di
responsabilità presunta ai sensi dell’art. 9 CGS, non essendo emerso dalle
prove fornite dalla società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini e dal
dibattimento, il fondato e serio dubbio che la società non abbia partecipato
all’illecito concertato dal Vice-Presidente federale e dal designatore
arbitrale, con il concorso del direttore di gara della partita Lecce-Parma, e/o
lo abbia ignorato o comunque non inteso nella sua reale efficienza causale,
atteso il tenore delle conversazioni telefoniche le cui trascrizioni sono state
riversate in atti;
m) che la penalizzazione di punti 30 irrogata per il campionato 2005-2006,
comportante la perdita di 5 posizioni in classifica con il passaggio dal 4° al
9° posto, deve considerarsi adeguatamente afflittiva in relazione alle gravi
violazioni dell’art. 1 CGS imputabili a titolo di responsabilità diretta e
oggettiva all’A.C.F. Fiorentina s.p.a. e della violazione dell’art. 9 CGS
imputabile a titolo di responsabilità presunta all’’A.C.F. Fiorentina s.p.a. sia
sul piano sportivo sia sul piano economico, in quanto ha precluso la
partecipazione alla Champions League, il cui diritto era stato conseguito sul
campo, e alla Coppa Uefa, oltre a determinare una sensibile riduzione dei
contributi federali;
n) che la penalizzazione di punti 19 irrogata per il campionato 2006-2007 va
ridotta in ragione della riqualificazione dei fatti qui operata, dovendo essa
rideterminarsi in punti 15, pur mantenendo un’adeguata e seria funzione
monitoria;
o) che non appare “conferente” la sanzione della squalifica del campo,
trattandosi di pena funzionale alla repressione di fatti di violenza verificatisi
nel corso di competizioni sportive o di violazioni di norme di sicurezza,
ipotesi che non ricorrono nel caso in esame. Può, invece, disporsi la
conversione di tale sanzione nell’obbligo di devolvere un importo
corrispondente alla quota di incasso per la vendita di biglietti relativa alle
prime tre partite casalinghe, a favore della FIGC, con vincolo di
destinazione a finalità di promozione dell’attività giovanile e dilettantistica,
quale modalità di riparazione “in forma specifica” della lesione dei principi di
lealtà, correttezza e probità per la quale la Ricorrente è stata sanzionata;
p) che la sanzione dell'ammenda (quantificata in Euro 100.000) in favore della
FIGC consente di opportunamente graduare l'afflittività della sanzione,
anche sul piano economico;
q) che gli onorari e le spese di arbitrato debbano essere posti a carico di
entrambe le parti, nella misura del 70% a carico della Ricorrente e nella
misura del 30% a carico della Resistente, mentre, sussistendo giusti motivi,
le rispettive spese di difesa devono essere integralmente compensate;
r) che debbano essere trattenute le somme versate dalla terza intervenuta a
titolo di partecipazione alle spese di arbitrato;
s) che i diritti amministrativi versati devono essere incamerati dalla Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale
all’unanimità, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa
ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione:
1. conferma la penalizzazione inflitta con riguardo alla stagione 2005-2006;
2. riduce la penalizzazione inflitta per il campionato di serie A 2006-2007 a punti 15;
3. converte la squalifica del campo, già sospesa in via cautelare, nell’obbligo di
devolvere entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente lodo un importo
corrispondente alla quota di incasso per vendita di biglietti relativa alle prime tre
partite casalinghe del campionato 2006-2007 a favore della FIGC, con vincolo di
destinazione a finalità di promozione dell’attività giovanile e dilettantistica;
4. conferma l’ammenda inflitta nell’importo di Euro 100.000 a favore della FIGC;
5. pone le spese del presente arbitrato, per onorari e spese del Collegio arbitrale, da
liquidarsi con separata ordinanza, a carico della A.C.F. Fiorentina s.p.a. quanto al
70% ed a carico della FIGC quanto al restante 30%;
6. dispone la integrale compensazione tra le parti delle rispettive spese di difesa;
7. dispone che vengano trattenute le somme versate dal F.C. Messina Peloro s.r.l. a
titolo di partecipazione alle spese di arbitrato;
8. dispone che tutti i diritti amministrativi versati siano incamerati dalla Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
Così deciso in Roma, in conferenza personale degli arbitri, il giorno 27 ottobre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
F.to Giulio Napolitano