CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 2/3/2004 TRA Piacenza Football Club S.p.a., e Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 2/3/2004 TRA Piacenza Football Club S.p.a., e Federazione Italiana Giuoco Calcio COLLEGIO ARBITRALE PROF. AVV. PIER LUIGI RONZANI – PRESIDENTE DEL COLLEGIO PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA – ARBITRO AVV. CIRO PELLEGRINO - ARBITRO Lodo Arbitrale Parziale nel procedimento di Arbitrato promosso da: Piacenza Football Club S.p.a., con sede in Piacenza, Via Gorra n. 25, in persona del Presidente Dott. Fabio Grilli, ed elettivamente domiciliata in Piacenza, Via Cavour n. 24, presso e nello Studio dell’Avv. Claudio Borgoni, che la rappresenta e difende giusta delega in calce alla memoria prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 0049 del 15.01.2004 - ATTRICE - CONTRO Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via A. Allegri n. 14, in persona del Presidente Dott. Franco Carraro, ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Po n. 9, presso e nello Studio dell’Avv. Mario Gallavotti, che la rappresenta e difende giusta delega contenuta nell’atto di costituzione prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 1547 del 24.12.2003 - CONVENUTA - E NEI CONFRONTI DI Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a., con sede in Ciserano (BG), Corso Europa – Zingonia, in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, sig. Ivan Ruggeri, ed elettivamente domiciliata in Roma, via degli Scialoja n. 3, presso e nello Studio dell’avv. Luisa Melara, che la rappresenta e difende giusta delega in calce all’atto di intervento prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 164 del 21.02.2004 - INTERVENTORE - FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO In data 17.10.2003, Piacenza Football Club S.p.a. (di seguito anche «Piacenza») ha dato corso alla procedura di Conciliazione innanzi alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, con il deposito di istanza relativa ad una controversia insorta nei confronti della F.I.G.C., riguardante l’organizzazione del Campionato di Calcio di Serie A della stagione 2003/2004. In data 21.11.2003, il Conciliatore, prof. avv. Massimo Coccia, preso atto del mancato accordo tra le parti, ha dichiarato estinta la procedura di conciliazione. Successivamente, con atto depositato presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport il 20.12.2003, prot. n. 1544/723, il Piacenza Football Club S.p.a. ha proposto istanza di arbitrato ex artt. 7 ss. del Regolamento, per la risoluzione della controversia riguardante «l’organizzazione del campionato di calcio di serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’iscrizione ad esso delle squadre partecipanti». Con atto del 24.12.2003, la F.I.G.C. si è costituita nel giudizio arbitrale, chiedendo la nomina di un collegio giudicante, a’ sensi dell’art. 11 del Regolamento, trattandosi di controversia afferente la posizione anche di altri soggetti, e quindi di Arbitrato con più di due parti. Con atto di pari data, il Presidente della Camera, prof. avv. Pier Luigi Ronzani, ha nominato il Collegio Arbitrale, di cui ha assunto la presidenza, altresì designando, quali arbitri, il prof. avv. Maurizio Benincasa e l’avv. Ciro Pellegrino. Gli avv.ti prof. Maurizio Benincasa e Ciro Pellegrino hanno trasmesso la rituale dichiarazione di accettazione, a’ sensi dell’art. 14 del Regolamento. Gli arbitri si sono riuniti per la prima volta il 2.1.2004, ribadendo la propria accettazione della nomina, e si sono costituiti formalmente in Collegio. Il Collegio Arbitrale ha dato, altresì, atto che con lettera del 29.12.2003, inviata alle parti costituite, l’ufficio della Camera ha invitato quest’ultime, da un lato a trasmettere ai terzi interessati, già individuati o da individuare, i documenti già depositati presso la Camera; dall’altro, e in particolare la F.I.G.C. a dare tempestivo avviso ai suddetti interessati al fine di consentire le attività procedimentali previste dal Regolamento. Il Collegio ha, quindi, fissato la prima udienza il 29.1.2004, concedendo termine al 15.1.2004 per deposito di memorie difensive, e ulteriore termine al 26.1.2004 per deposito di eventuali memorie di replica. Nel rispetto dei termini fissati, Piacenza e F.I.G.C. hanno depositato le rispettive memorie difensive. Nello stesso giorno del 15.1.2004, il Collegio ha posticipato al 7.2.2004 la prima udienza. In data 26.1.2004, poi, il Piacenza e la F.I.G.C. hanno depositato le proprie memorie di replica. Successivamente, all’udienza del 7.2.2004, all’esito negativo del tentativo di conciliazione, il Collegio ha invitato le parti ad illustrare le questioni preliminari e pregiudiziali. Al termine dell’audizione degli avvocati delle parti, il Collegio si è riservato. In data 21.2.2004, l’Atalanta Bergamasca Calcio (nel prosieguo anche «Atalanta») ha depositato un atto di intervento nel giudizio arbitrale. Il Collegio si è riunito in data 24.2.2004 e, preso atto dell’istanza di intervento dell’Atalanta, al fine di garantire il pieno contraddittorio tra le parti, ha fissato l’udienza del 2.3.2004, demandando alla Segreteria del Collegio di provvedere alla trasmissione all’interventore di tutti gli atti e documenti depositati dalle parti. Il Collegio si è, altresì, riservato ogni altro provvedimento, anche sulle eccezioni pregiudiziali e preliminari sollevate. In data 2.3.2004, il Collegio ha emesso lodo parziale con il quale ha dichiarato l’inammissibilità dell’intervento spiegato dall’Atalanta, riservandosi ogni provvedimento sulle spese di funzionamento del Collegio e sulle spese legali. A’ sensi dell’art. 20.4 del Regolamento, il dispositivo è stato reso noto anticipatamente, con riserva di comunicare, come in effetti si comunica, il testo integrale del lodo con l’esposizione dei MOTIVI Nell’istanza di arbitrato depositata il 20.12.2003, il Piacenza ha contestato l’organizzazione del Campionato di Calcio di Serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’ammissione ad esso della squadre partecipanti, adducendo, a sostegno delle proprie domande, i seguenti fatti. La Lega Nazionale Professionisti, constatata l’irregolare situazione patrimoniale della A. S. Roma S.p.a. (di seguito, anche, breviter, «Roma»), con il comunicato ufficiale n. 8 del 22.7.2003 ha negato ad essa l’iscrizione al campionato di Calcio di serie A 2003/2004. A seguito del ricorso presentato dalla Roma, la F.I.G.C., con comunicato ufficiale n. 19/A del 31.7.2003, reputandone regolarizzata la posizione, in virtù della presentazione di garanzie fideiussorie, ne ha disposto l’ammissione al Campionato. Nel prosieguo, tali fideiussioni si sono rivelate irregolari e, pertanto, il Consiglio Federale, con delibera del 20.8.2003, ha assegnato alla Roma termine sino al 26.8.2003 per la presentazione di nuove fideiussioni in sostituzione delle precedenti. Da informazioni diffuse a mezzo stampa, tuttavia, sarebbero emersi dubbi circa il rispetto da parte della Roma dell’orario ultimo previsto per la presentazione, nonché della regolarità delle fideiussioni dell’Ancona Calcio. La F.I.G.C., dopo gli accertamenti dell’Ufficio Indagini ex art. 27 Cod. Giust. Sport., avrebbe «riammesso» la Roma al campionato, con comunicato ufficiale n. 64 del 28.8.2003. Nessuna verifica avrebbe, al contrario, riguardato l’Ancona, con evidente disparità di trattamento rispetto alle altre società coinvolte, Roma, Napoli e Spal. Sulla base dei fatti siccome sopra riportati, il Piacenza ha affermato che «con la delibera del 20.8.2003, la FIGC ha determinato, in effetti, l’irregolare composizione del campionato di serie A: quanto alla Roma, riammettendola indebitamente, e quanto all’Ancona, omettendo di adottare provvedimenti di sorta nei suoi confronti, benché la società versasse nelle stesse condizioni che avevano indotto la FIGC ad intervenire […] nei confronti della Roma». Pertanto, Roma e Ancona non avrebbero dovuto partecipare al Campionato di Serie A e, conseguentemente, avrebbero avuto titolo ad essere iscritte a tale torneo, rispettivamente, l’Atalanta e il Piacenza. Per azionare tale pretesa avanti alle autorità giudiziarie ordinarie, il Piacenza, in data 18.8.2003, ha inoltrato alla F.I.G.C. richiesta di esonero dalla clausola compromissoria. Tale esonero sarebbe stato negato, in data 25.8.2003, senza alcuna motivazione. Nell’impossibilità di adire, dunque, la giustizia ordinaria, il Piacenza ha avviato la procedura avanti alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, reputandone la competenza sulla base dell’asserita assenza di altra competente autorità in base agli statuti e ai regolamenti di C.O.N.I. e F.I.G.C. Il Piacenza ha posto a fondamento delle proprie pretese le seguenti argomentazioni di diritto. Con riferimento all’Ancona, la fideiussione presentata sarebbe stata rilasciata da una società posta in liquidazione coatta amministrativa sin dal luglio del 1989, come sarebbe facilmente riscontrabile dalla consultazione del sito internet dell’ISVAP. Tale circostanza, che non sarebbe stata oggetto di alcuna verifica da parte della F.I.G.C., comporterebbe l’irregolarità della garanzia e, conseguentemente, l’esclusione dell’Ancona dal Campionato 2003/2004. Per quanto riguarda la Roma, ad essa la F.I.G.C. avrebbe concesso un termine per la sostituzione della fideiussione irregolare di cui più sopra, in considerazione della sua buona fede. Ora, la buona fede non avrebbe alcuna rilevanza tale da giustificare la possibilità offerta alla Roma di regolarizzare la propria posizione. Ad ogni modo, sarebbe arduo comprendere come la F.I.G.C. abbia potuto accertare, per tramite dell’Ufficio Indagini, la buona fede della Roma, atteso che tutti gli atti erano coperti da segreto, sin dal 5.8.2003, in quanto oggetto di sequestro penale. Inoltre, e costituirebbe il «vero punto focale» della controversia, i termini per il deposito delle nuove garanzie sarebbero stati fissati da autorità sprovvista del relativo potere e in mancanza, in ogni caso, delle condizioni richieste. Quanto al primo profilo, il potere di riapertura dei termini sarebbe, semmai, spettato al CONI, in virtù dell’art. 3, comma 5, del D.L. 220/03. Peraltro, tale disposizione sarebbe stata emanata con esclusivo riferimento al cd. “caso Catania”. Quanto, d’altra parte, al profilo di merito, non sarebbe dato ravvisare le condizioni previste dall’art. 3, comma 5, per l’adozione dei provvedimenti di carattere straordinario e transitorio. Infine, il provvedimento con cui la F.I.G.C. ha negato al Piacenza l’autorizzazione, in deroga alla clausola compromissoria, di adire le ordinarie autorità giudiziarie, sarebbe carente di motivazione, ed emesso dalla stessa autorità che avrebbe dovuto essere controparte nell’eventuale giudizio ordinario. In esito a tali argomentazioni, il Piacenza così ha precisato le proprie domande: « l’Organo Arbitrale disponga: - l’annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003 (doc. 1), nella parte in cui rimette in termini l’A. S. ROMA S.p.a. per depositare presso la F.I.G.C. – CO.VI.SO.C. idonee garanzie in sostituzione di quelle già presentate, rispettivamente di € 7.500.000,00 e € 7.138.675,00, e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; - l’annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n° 64/A pubblicato il 28 agosto 2003 (doc. 2), nella parte in cui conferma i provvedimenti di ammissione al campionato di competenza delle società A. S. ROMA S.p.a. e S. S. CALCIO NAPOLI S.p.a., e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; - l’annullamento dell’ammissione / iscrizione dello ANCONA CALCIO S.p.a. al campionato di Calcio di serie A 2003/2004; - l’annullamento del campionato di serie A come attualmente in svolgimento, l’ammissione ad esso del Piacenza Football Club e la sua ripetizione nei termini e con le modalità che parranno più opportune; - l’annullamento della nota FIGC 25.8.2003 con cui è stato negato l’esonero dalla clausola compromissoria richiesto dalla società esponente in data 18.8.2003; - la determinazione e la liquidazione di ogni ulteriore danno, anche patrimoniale, patito o patiendo dalla società esponente, nella misura che, allo stato, si quantifica in € 10.000.000 o nella somma maggiore o minore che verrà accertata nel corso del procedimento arbitrale o da liquidarsi in via equitativa; - con condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato; - con condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al rimborso degli onorari, dei diritti e delle spese di lite sopportati dal Piacenza Football Club s.p.a.; - con condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al rimborso dei diritti amministrativi versati dal Piacenza Football Club s.p.a.». In via istruttoria, poi, il Piacenza ha chiesto al Collegio, nella medesima istanza, di ordinare alla F.I.G.C. l’esibizione delle fideiussioni S.B.C. e Sanremo, oltre che dei documenti assunti dalla CO.VI.SO.C. a strumento di valutazione per l’iscrizione di Roma e Ancona al Campionato di Serie A 2003/2004. La F.I.G.C. nella propria memoria difensiva del 15.1.2004 ha eccepito l’inammissibilità delle domande avversarie per una pluralità di ragioni. Per un verso, infatti «la funzione e la struttura del giudizio arbitrale […] sono compatibili esclusivamente rispetto alle controversie nelle quali sia dato ravvisare lo spontaneo raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti, e cioè, in due sole parti sostanziali, sempreché tale raggruppamento sia coerente con il tipo di azione proposta». Dunque, nel caso di specie, dal momento che la domanda del Piacenza coinvolgerebbe gli interessi di tutte le società partecipanti al campionato di Serie A nella stagione 2003/2004 - oltre che quelle partecipanti al torneo di Serie B, in ragione del «rapporto osmotico necessariamente esistente tra i diversi campionati» - ciò comporterebbe il litisconsorzio necessario di tutte le società interessate, «ciascuna delle quali riveste, nei confronti dei possibili esiti del giudizio, una posizione individuale autonoma […] condizionata da fattori contingenti ed estrinseci, non riconducibili alla “struttura ed alla regolamentazione normativa dell’azione proposta”: insuscettibile, in quanto tale, di aggregazione unitaria in un polo omogeneo di interessi riferibili ad un singolo centro di imputazione di interessi rispetto ad un polo opposto di segno contrario». Da tale argomentazione deriverebbe l’ulteriore, connessa preclusione procedurale consistente nella mancata integrazione del contraddittorio, già nella fase conciliativa, nei confronti di tutti i possibili litisconsorti. Per altro verso, la lite non sarebbe compromettibile in arbitri, dal momento che riguarderebbe interessi legittimi. Le posizioni giuridiche soggettive dedotte dal Piacenza costituirebbero interessi legittimi in conseguenza dalla natura amministrativa degli atti di ammissione al campionato di Serie A, emessi dalla Federazione nella sua funzione amministrativa delegata dal C.O.N.I., ai sensi dell’art. 12 della Legge 91/1981. Infatti, «In forza di tale investitura derivante dall’Ente pubblico preposto al vertice dell’ordinamento di settore, la Federazione – limitatamente all’esercizio di queste attribuzioni – agisce come soggetto titolare di una funzione amministrativa disciplinata da una fonte normativa primaria». Nel merito, poi, non risponderebbe al vero l’affermazione del Piacenza secondo cui l’Ancona sarebbe stata iscritta al Campionato di Serie A in virtù della presentazione di fideiussioni irregolari. Infatti, l’Ancona avrebbe utilizzato, per la copertura dell’eccedenza del proprio indebitamento, versamenti postergati infruttiferi. Da ciò deriverebbe la carenza di interesse ad agire della società attrice, poiché in nessun caso essa potrebbe essere ripescata e ammessa a giocare il Campionato di Serie A. Infatti, seppure «per assurdo» dovesse essere estromessa dal Campionato la Roma, la squadra che avrebbe diritto al ripescaggio sarebbe l’Atalanta, la prima delle squadre retrocesse nella serie cadetta. Con riferimento alla posizione della Roma, essa sarebbe stata ammessa al Campionato il 31.7.2003 con delibera del Consiglio Federale pubblicata con comunicato ufficiale 19/A. Peraltro, tale provvedimento non sarebbe mai stato oggetto di impugnazione. Successivamente l’Ufficio Indagini avrebbe accertato che tale società sarebbe stata vittima di un tentativo di truffa in relazione a una delle due fideiussioni presentate; in conseguenza di ciò il Consiglio Federale avrebbe concesso ad essa, con delibera del 20.8.2003 di cui al c.u. 56/A, un termine per la sostituzione della fideiussione irregolare. Il provvedimento del 28.8.2003 con cui il Consiglio Federale ha preso atto della sostituzione della garanzia quindi «non è un provvedimento ammissivo». Venendo, poi, al lamentato diniego di esonero dal vincolo di giustizia, esso risulterebbe «totalmente irrilevante» ai fini del giudizio arbitrale, dal momento che non avrebbe comportato alcuna limitazione al diritto di difesa dell’istante società. Infatti, tale circostanza «oltre ad essere assolutamente ininfluente rispetto agli esiti del presente giudizio», paleserebbe un comportamento processuale contraddittorio, poiché il Piacenza «ha con un comportamento concludente affidato la tutela delle proprie ragioni ad una sede interna all’ordinamento settoriale sportivo». Pertanto, risulterebbe chiara «la temerarietà della lite instaurata dal Piacenza» sulla base, come essa sarebbe, di indiscrezioni giornalistiche e dopo che lo stesso Piacenza aveva prima proposto e poi abbandonato un procedimento innanzi al T.A.R. del Lazio contro l’allargamento del campionato di Serie B a 24 squadre. Sulla scorta di tali argomentazioni, la F.I.G.C. ha così rassegnato le proprie conclusioni: «Il Collegio voglia: a) in via principale ed in rito, accertare l’inammissibilità o comunque l’improcedibilità delle domande promosse dal Piacenza nel presente procedimento; b) in via gradata, sempre in rito, accertare la carenza di legittimazione ad agire del Piacenza per difetto di interesse; c) in via ulteriormente subordinata e nel merito accertare e dichiarare la legittimità dei provvedimenti impugnati dalla società attrice e comunque rigettare tutte le domande del Piacenza perché infondate in fatto ed in diritto. Con vittoria di spese, competenze ed onorari, e condanna della società istante al pagamento in via esclusiva delle spese di funzionamento del Collegio». Il Piacenza, nella memoria difensiva del 15.1.2004, con particolare riferimento alla questione del litisconsorzio necessario sollevata dalla F.I.G.C., ha osservato che oggetto dell’arbitrato sarebbe la contestazione delle deliberazioni assunte dalla Federazione in tema di iscrizione al Campionato di Serie A 2003/2004 e che nessuna pretesa sarebbe azionata nei confronti delle società calcistiche. Pertanto, le squadre non sarebbero parti sostanziali del presente giudizio arbitrale, ma, al più, controinteressati. E, in quanto tali, esse non avrebbero alcuna facoltà di intervenire nella procedura arbitrale. Peraltro, «l’interevento di Roma, Ancona o di altre società calcistiche finirebbe per alterare l’equilibrio processuale amplificando artificialmente il contraddittorio […] mentre le parti sostanziali non sono che due: il Piacenza Calcio e la FIGC». Nella propria memoria di replica del 26.1.2004, la F.I.G.C ha ribadito e precisato la propria posizione in merito al litisconsorzio necessario. Infatti, ha affermato che se il Collegio accogliesse l’istanza del Piacenza, si verificherebbe l’effetto della ricomposizione dei campionati di Serie A e B, previo annullamento di quelli in corso di svolgimento. Una simile pronuncia, dunque, inciderebbe sui diritti soggettivi delle 18 squadre di Serie A e delle 24 squadre di Serie B. Per la F.I.G.C., l’effetto dirompente di tale pronuncia, in caso di accoglimento della domanda del Piacenza, sarebbe indice del carattere pretestuoso e strumentale delle tesi proposte dalla società attrice. Pertanto, dovrebbe essere pronunciata, alternativamente, la inammissibilità e/o improcedibilità delle domande del Piacenza, ovvero disposta l’integrazione del contraddittorio alle squadre portatrici di interesse. Nella memoria di replica del 26.1.2004, il Piacenza ha affrontato, in primis, il problema della pluralità di parti del procedimento arbitrale, rilevando che il Regolamento lo prevederebbe espressamente, e ribadendo, in tal modo, la competenza della Camera. Ha, poi, precisato che il diritto di individuare le proprie controparti spetterebbe esclusivamente al soggetto che promuove l’azione. Altri soggetti avrebbero potuto divenire parti processuali o attraverso un intervento spontaneo o perché «chiamati a garanzia o in manleva dalla FIGC». Sotto altro profilo, il Piacenza si è occupato del problema dell’oggetto della controversia che, nelle ricostruzioni della F.I.G.C., non sarebbe compromettibile per arbitri in quanto costituito dalla lesione di interessi legittimi. Ebbene, in base al disposto dell’art. 3 del D.L. 220/2003, convertito con legge 280/2003, le controversie della medesima natura della presente sarebbero assegnate alla competenza del Giudice amministrativo, fatta salva la validità di eventuali clausole compromissorie, a prescindere dalle posizioni giuridiche soggettive azionate. Peraltro, sarebbero numerose le pronunce della Camera aventi ad oggetto la stessa materia del presente Arbitrato. Con riguardo alla pretesa carenza di interesse ad agire del Piacenza, di cui alla memoria F.I.G.C., parte attrice ha rilevato che sarebbe ininfluente l’argomentazione ivi proposta, dal momento che all’emergere delle irregolarità relative alla posizione dell’Ancona, nulla sarebbe stato fatto, in evidente disparità di trattamento rispetto alla Roma. Le fideiussioni presentate, infatti, sarebbero state necessarie per la regolare iscrizione al Campionato di Serie A e, dunque, la loro irregolarità avrebbe dovuto comportare l’esclusione dell’Ancona con conseguente ammissione del Piacenza a tale torneo, stante anche la necessaria esclusione della Roma. Relativamente alla posizione della Roma, il Piacenza, nel ribadire quanto già espresso nelle sue precedenti memorie, ha precisato ulteriormente che l’illegittimità del C.U. F.I.G.C. n. 56/A del 20.8.2003 deriverebbe dal contrasto con il D.L. 220/03, convertito con Legge 280/03. Il provvedimento della Federazione avrebbe chiaramente rimesso in termini la Roma e, contrariamente a quanto ritenuto dalla F.I.G.C., non potrebbe essere considerato una «presa d’atto dell’avvenuta sostituzione della fideiussione inidonea con altra idonea». Nulla, poi, sarebbe stato osservato da controparte circa la carenza di potere dell’organo che ha assunto il provvedimento de quo. Il Piacenza si è soffermato, inoltre, sulla questione del diniego del vincolo di giustizia e ha argomentato che la scelta di adire gli organi di giustizia sportiva sarebbe conseguita proprio all’impossibilità di rivolgersi alla magistratura ordinaria. D’altra parte, l’autorizzazione ad azionare le proprie pretese avanti alle autorità giudiziarie ordinarie sarebbe stata richiesta prima dell’emanazione del D.L. 220/03, che attualmente riserva al giudice sportivo la disciplina di siffatte questioni. Pertanto, sarebbe da considerare «non solo ingiusta ed ingiustificata, ma financo inattendibile» l’accusa, mossa dalla FIGC, di temerarietà della lite instaurata. In limite di memoria, il Piacenza ha rinnovato le istanze istruttorie già proposte con l’istanza di arbitrato del 20.12.2003. Nell’atto di intervento del 21.2.2004, l’Atalanta Bergamasca Calcio ha riferito di aver avuto notizia in data 17.2.2004, dalla lettura della testata giornalistica “Tuttosport”, di presunti ritardi di Roma e Napoli nella presentazione delle garanzie richieste per l’iscrizione al Campionato di Serie A 2003/2004. Il giorno successivo l’Atalanta avrebbe appreso dalla testata giornalistica “La Gazzetta dello Sport” della pendenza, avanti alla Camera, di un giudizio arbitrale nei confronti della F.I.G.C. Tale procedura avrebbe avuto per oggetto l’illegittima iscrizione ai campionati di Calcio 2003/2004 di Roma, Lazio, Ancona e Napoli. L’istante, nel campionato di Serie A 2002/2003, era giunta al 15° posto, così retrocedendo in Serie B. Pertanto, ha reputato di avere titolo ad intervenire nel procedimento arbitrale perché, presumendo che il giudizio avesse ad oggetto la domanda di esclusione di Roma e Napoli dal campionato in corso, a causa dei ritardi di cui sopra, in caso di esclusione di tali ultime squadre e nell’eventualità di una ripetizione del torneo in corso, essa avrebbe avuto diritto, da un lato, al ripescaggio; dall’altro al risarcimento del danno conseguente alla mancata partecipazione al torneo per effetto dell’illegittima esclusione. L’Atalanta Bergamasca Calcio ha così rassegnato le proprie conclusioni. «Che il Collegio Arbitrale si compiaccia di: a) accertare e dichiarare l’illegittimità e/o l’illiceità, per violazione delle norme federali, dell’iscrizione al campionato di calcio Serie A-Tim 2003-2004 della società AS Roma Spa, e/o di ogni altra società all’esito di quanto emergerà in corso di giudizio, e conseguentemente, accertare e dichiarare l’illegittima esclusione dal corrente campionato di Serie A-Tim della Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a.; per l’effetto: 1) ordinare alla FIGC di pronunciare l’annullamento del campionato di Serie A-Tim stagione sportiva 2003-2004; 2) ordinare alla FIGC di disporre la ripetizione del campionato di Serie A-Tim stagione sportiva 2003-2004 iscrivendo, in luogo della AS Roma Spa, e/o di ogni altra società risultata a seguito del presente giudizio arbitrale illecitamente e/o illegittimamente iscritta, la società Atalanta Bergamasca Calcio Spa; b) in ogni caso in ragione di quanto chiesto al capo sub a) condannare la FIGC al risarcimento in favore della Atalanta Bergamasca Calcio Spa di tutti i danni subiti e subendi a causa dell’illegittima esclusione dal corrente campionato di Serie A-Tim, danni da liquidarsi anche in via equitativa, ma che comunque sin d’ora si quantificano nella somma complessiva non inferiore a € 25.000.000,00, oltre accessori di legge; c) con vittoria di spese per l’assistenza legale e di giudizio arbitrale, ivi compresi i compensi degli arbitri componenti del Collegio. La società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. per quanto dedotto in premessa chiede: 1) di avere copia di tutti gli atti e documenti versati nel presente giudizio dalle parti oggi costituite; 2) che alla FIGC venga ordinata la produzione in giudizio di tutta la documentazione relativa alle iscrizioni al campionato di serie A-Tim stagione sportiva 2003-2004, ivi compresa quella relativa agli atti Co.Vi.Soc. Con espressa riserva di svolgere istanze istruttorie anche all’esito delle suddette richieste. Salvo e impregiudicato ogni altro diritto». La domanda dell’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. non può essere accolta per le ragioni che saranno subito esposte. 1. Competenza Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport In attuazione del decreto legislativo 242/1999 il CONI – quale articolazione del grande movimento sportivo che fa copia al CIO – ha adottato il nuovo Statuto. I principi dell’ordinamento sportivo internazionale e gli indirizzi del CIO sono evocati proprio nella disposizione dedicata alla potestà statutaria del CONI e, dunque, divengono criteri direttivi dell’esercizio di questa. L’ordinamento statale prende così atto anche dei limiti che esso stesso incontra nel disciplinare il CONI. All’autonomia statutaria del CONI, la normativa rimette espressamente una serie di materie, dando altresì all’Ente la possibilità di individuarne altre. Tra queste, ad esempio, l’istituzione di organi di garanzia e giustizia sportiva, rimessa appunto all’autonoma valutazione del CONI, come tra l’altro suggerito anche dalla commissione parlamentare bicamerale per la riforma amministrativa, durante l’iter di approvazione del decreto in argomento. Lo Statuto del CONI ha dunque previsto all’art.12 l’istituzione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, che si pronuncia definitivamente sulle controversie riguardanti le Federazioni sportive nazionale che abbiano statutariamente accettato tale competenza. E, per l’appunto, l’art. 27 dello Statuto F.I.G.C., prevede che le vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico, relative alle decisioni della F.I.G.C. nelle materie comunque attinenti all’attività sportiva, siano devolute, su istanza della parte interessata, alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, esauriti i gradi interni di giustizia federale. Il Decreto Legge 19 agosto 2003 n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito con Legge del 17 ottobre 2003 n. 280, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 18 ottobre 2003, all’art. 2, ribadisce il principio di autonomia tra ordinamento della Repubblica e ordinamento sportivo, riservando a quest’ultimo, tra l’altro, la disciplina delle questioni aventi ad oggetto «l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive» All’art.3 viene stabilito che esauriti i gradi di giustizia sportiva, ogni controversia che abbia ad oggetto atti della Federazione sportiva nazionale – non riservati agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi del citato art.2 – sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli Statuti e dai regolamenti del CONI e delle Federazioni sportive nazionali. Nel caso di specie, alla luce di quanto sopra richiamato, il combinato disposto degli articoli 12 dello Statuto del CONI e 27 dello Statuto FIGC, legittima il Collegio a pronunciarsi sulla presente controversia, avente ad oggetto «l’organizzazione del Campionato di Calcio di Serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’iscrizione ad esso delle squadre partecipanti». 2. Compromettibilità in arbitrato della lite La Federazione ha sostenuto che la lite non sarebbe compromettibile in arbitrato per un duplice, concorrente, ordine di ragioni. In primo luogo, il giudizio arbitrale non potrebbe non vedere quali litisconsorti necessari tutte le società di Serie A e B; tuttavia, tale pluralità di parti sarebbe incompatibile con il procedimento arbitrale. In secondo luogo, la controversia avrebbe ad oggetto interessi legittimi e, dunque, non sarebbe compromettibile in arbitrato, non avendo questi ultimi il connotato della disponibilità. La ricostruzione non è condivisibile. Quanto al primo punto, infatti, il Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, all’art. 11, comma 2, prevede espressamente l’ipotesi di arbitrato con più di due parti. Non solo, ma la stessa pronuncia della Suprema Corte di Cassazione citata dalla Federazione (Cass. Civ., Sez. I, 15.4.1988 n. 2983, RV 458533), se letta nella sua interezza, rivela che l’impossibilità di attivare un giudizio arbitrale pluriparte può derivare, eventualmente, dalla presenza di una clausola compromissoria cd. binaria, per l’impossibilità di uno spontaneo raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti. Tale tipo di clausola prevede la devoluzione di determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali nominati dalle parti, ed il terzo nominato dagli arbitri di parte ovvero, in caso di disaccordo, dal Presidente del Tribunale. Tuttavia, nell’ordinamento sportivo, nell’eventualità di arbitrato con pluralità di parti, è dettata una disciplina ad hoc di designazione degli arbitri, che esclude il procedimento normalmente previsto dalle clausole compromissorie cd. binarie. Per l’appunto, come indicato in narrativa, e proprio su richiesta della F.I.G.C. del 24.12.2003, nel presente procedimento il Collegio è stato nominato dal Presidente della Camera, ai sensi dell’art. 11, comma 2, del Regolamento. Ad ogni modo le argomentazioni articolate dalla F.I.G.C. hanno perso qualsiasi pertinenza, alla luce della modificazione delle domande operata dal Piacenza con le note del 26.3.2004. Infatti, a seguito di tale variazione, che ha limitato il petitum al risarcimento del danno, oltre che all’annullamento dell’atto di diniego dell’esonero dalla clausola compromissoria, viene meno qualsiasi possibilità di pluralità di parti, per la carenza di interesse ad agire di ogni eventuale interventore. Quanto al problema della compromettibilità in arbitrato di questioni afferenti ad interessi legittimi, giova ribadire che, a mente del decreto legge 220/2003 art. 2, comma 1, è riservata all’ordinamento sportivo, in via generale e senza distinzione tra diritti soggettivi, interessi legittimino o diritti relativi, ogni controversia attinente «l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive». Conseguentemente, l’art. 3 del medesimo decreto legge devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo le controversie non riservate agli organi dell’ordinamento sportivo in virtù dell’art. 2. Peraltro, anche nell’ambito della giurisdizione esclusiva del Tribunale Amministrativo, il decreto legge fa salvo «quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive [...]». Il richiamato art. 27 dello Statuto F.I.G.C., prevede che le vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico, relative alle decisioni della F.I.G.C. nelle materie comunque attinenti all’attività sportiva, siano devolute, su istanza della parte interessata, alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, esauriti i gradi interni di giustizia federale. L’art. 27, dunque, non formula distinzioni tra controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi ovvero interessi legittimi, ma si riferisce alle vertenze relative alle «materie comunque attinenti all’attività sportiva». Pertanto, la lite è compromettibile in arbitrato. 3. Inammissibilità dell’intervento autonomo ex art. 105, comma 1, c.p.c. di Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. Ancora in via preliminare, il Collegio reputa doversi pronunciare sull’ammissibilità dell’atto di intervento dell’Atalanta. Esso è proposto ai sensi dell’art. 105, comma primo, cod. proc. civ., e si basa su un interesse ad agire autonomo e indipendente rispetto a quello delle parti originarie del giudizio arbitrale. A tal riguardo, non pare inutile ricordare che, a mente di concorde dottrina e giurisprudenza, è possibile distinguere tre categorie di intervento volontario, a seconda della connessione esistente tra la situazione giuridica che il terzo fa valere ed il rapporto giuridico oggetto del giudizio tra le parti originarie. La giurisprudenza del Supremo Collegio, peraltro, ha chiarito che il potere di qualificazione dell’intervento spetta all’organo giudicante, in base ad una valutazione oggettiva della situazione sostanziale dedotta dal terzo, e senza che sia vincolante la denominazione indicata dalla parte (Cass. n. 3080 del 1978; Cass., n. 1990 del 1969). In particolare, si qualifica autonomo, ovvero litisconsortile, l’intervento con il quale il terzo proponga nei confronti di una delle parti una domanda connessa a quella originariamente proposta dalle parti, per identità di oggetto e di causa pretendi. A quest’ultima categoria pare doversi sussumere l’intervento dispiegato dall’Atalanta, la quale società, peraltro, in tal modo qualifica la propria domanda nella successiva memoria del 12.3.2004. Infatti, con l’atto del 21.2.2004, l’Atalanta ha chiesto al costituito Collegio Arbitrale di dichiarare l’illegittimità del provvedimento di iscrizione al Campionato della Roma ovvero di ogni altra società, all’esito dell’istruttoria, vantando il proprio conseguente, ed autonomo, diritto ad essere ripescata al posto della società capitolina. Come emerso dai fatti, la Lega Nazionale dei Professionisti, con il Comunicato Ufficiale n. 8 del 22.7.2003 non ha iscritto la Roma al Campionato di Serie A 2003/2004, constatatane l’irregolare situazione finanziaria, come da parere della CO.VI.SO.C. A seguito del ricorso presentato dalla Roma, la F.I.G.C., con Comunicato Ufficiale n. 19/A del 31.7.2003, ne ha deliberato la ammissione, ritenendone regolarizzata la situazione patrimoniale. L’emergere delle contestazioni sulla regolarità delle garanzie prestate dalla Roma non ne ha mai comportato l’esclusione dal Campionato 2003/2004. Infatti, con la delibera del 20.8.2003 n. 56/A, il Consiglio Federale si è limitato a concedere alla Roma un termine per la sostituzione delle predette garanzie. Pertanto, con il Comunicato Ufficiale del 28.8.2003 n. 64/A, il Consiglio Federale ha deliberato «di confermare, per quanto possa occorrere, i provvedimenti di ammissione ai campionati di competenza delle società A.S. Roma S.p.a., S.S. Calcio Napoli S.p.a. e Spall S.p.a., assunti in data 31.07.2003». Orbene, risulta chiaro che il provvedimento di ammissione della Roma al Campionato è il Comunicato Ufficiale n. 19/A del 31.7.2003. Tale portata non è stata modificata da alcun successivo atto e, pertanto, è questa la delibera impugnata dall’Atalanta con il proprio intervento del 21.2.2004. È parimenti evidente, d’altra parte, che tale impugnazione avanti alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport è tardiva. Infatti, a mente dell’art. 4 Regolamento, una controversia può essere sottoposta alla Camera entro 60 giorni dalla data di conoscenza dell’atto contestato. Conoscenza che si deve presumere avvenuta il 31.7.2003, dal momento che in tale data è stata curata la pubblicazione ufficiale da parte della F.I.G.C. del proprio provvedimento. Peraltro, ad una non dissimile conclusione si deve pervenire, anche a voler far decorrere il termine di impugnazione dalla data delle delibere di concessione del termine per la sostituzione delle garanzie, ovvero di conferma dell’ammissione al Campionato, rispettivamente assunte in data 20.8.2003 e 28.8.2004. Una decisione di diverso segno, da parte di questo Collegio, comporterebbe l’aggiramento delle norme che regolano l’accesso all’arbitrato, dilatando in modo irragionevole e inaccettabile i termini per adire la Camera. In altre parole, è pur vero che esigenze di economia processuale hanno indotto il Legislatore a prevedere la facoltà di intervento autonomo. Tuttavia, la domanda del soggetto interventore litisconsortile deve possedere tutti i titoli per essere astrattamente dispiegata in un giudizio autonomo. Diversa la situazione dell’Atalanta, il cui diritto ad adire questa Camera è irrimediabilmente venuto meno per il decorso del termine di 60 giorni dalla legale conoscenza dell’atto reputato lesivo delle sue posizioni soggettive. Peraltro, ove si volesse consentire l’intervento autonomo dell’Atalanta, si perverrebbe all’assurdo processuale della partecipazione di un soggetto alla fase arbitrale senza aver previamente esperito la fase conciliativa, così come previsto dal Regolamento. Pertanto, l’atto di intervento è inammissibile. Il profilo di inammissibilità è assorbente e vieta ogni ed ulteriore pronuncia nel merito. 4. Spese di arbitrato e spese di lite Si rimanda al lodo definitivo, a’ sensi dell’art. 22, comma 3, del Regolamento, per la pronuncia attinente alle spese. Così deciso in conferenza personale tra gli Arbitri il 2 marzo 2004. F.to Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani F.to Avv. Ciro Pellegrino F.to Prof. Avv. Maurizio Benincasa
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