CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 26/3/2004 TRA Piacenza Football Club S.p.a.e Federazione Italiana Giuoco Calcio
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it
LODO ARBITRALE DEL 26/3/2004 TRA Piacenza Football Club S.p.a.e Federazione Italiana Giuoco Calcio
COLLEGIO ARBITRALE
PROF. AVV. PIER LUIGI RONZANI – PRESIDENTE DEL COLLEGIO
PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA – ARBITRO
AVV. CIRO PELLEGRINO - ARBITRO
Lodo Arbitrale Parziale
nel procedimento di Arbitrato promosso da:
Piacenza Football Club S.p.a., con sede in Piacenza, Via
Gorra n. 25, in persona del Presidente Dott. Fabio Grilli,
ed elettivamente domiciliata in Piacenza, Via Cavour n.
24, presso e nello Studio dell’Avv. Claudio Borgoni, che la
rappresenta e difende giusta delega in calce alla memoria
prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 0049 del 15.01.2004
- ATTRICE -
CONTRO
Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma,
Via A. Allegri n. 14, in persona del Presidente Dott.
Franco Carraro, ed elettivamente domiciliata in Roma, Via
Po n. 9, presso e nello Studio dell’Avv. Mario Gallavotti,
che la rappresenta e difende giusta delega contenuta
nell’atto di costituzione prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n.
1547 del 24.12.2003
- CONVENUTA -
E NEI CONFRONTI DI
Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a., con sede in
Ciserano (BG), Corso Europa – Zingonia, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro-tempore, sig. Ivan
Ruggeri, ed elettivamente domiciliata in Roma, via degli
Scialoja n. 3, presso e nello Studio dell’avv. Luisa Melara,
che la rappresenta e difende giusta delega in calce all’atto
di intervento prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 164 del
21.02.2004
- INTERVENTORE -
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
In data 17.10.2003, Piacenza Football Club S.p.a.
(di seguito anche «Piacenza») ha dato corso alla procedura
di Conciliazione innanzi alla Camera di Conciliazione e
Arbitrato per lo Sport, con il deposito di istanza relativa
ad una controversia insorta nei confronti della F.I.G.C.,
riguardante l’organizzazione del Campionato di Calcio di
Serie A della stagione 2003/2004.
In data 21.11.2003, il Conciliatore, prof. avv.
Massimo Coccia, preso atto del mancato accordo tra le
parti, ha dichiarato estinta la procedura di conciliazione.
Successivamente, con atto depositato presso la
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport il
20.12.2003, prot. n. 1544/723, il Piacenza Football Club
S.p.a. ha proposto istanza di arbitrato ex artt. 7 ss. del
Regolamento, per la risoluzione della controversia
riguardante «l’organizzazione del campionato di calcio di
serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’iscrizione
ad esso delle squadre partecipanti».
Con atto del 24.12.2003, la F.I.G.C. si è costituita
nel giudizio arbitrale, chiedendo la nomina di un collegio
giudicante, a’ sensi dell’art. 11 del Regolamento,
trattandosi di controversia afferente la posizione anche di
altri soggetti, e quindi di Arbitrato con più di due parti.
Con atto di pari data, il Presidente della Camera,
prof. avv. Pier Luigi Ronzani, ha nominato il Collegio
Arbitrale, di cui ha assunto la presidenza, altresì
designando, quali arbitri, il prof. avv. Maurizio Benincasa
e l’avv. Ciro Pellegrino.
Gli avv.ti prof. Maurizio Benincasa e Ciro Pellegrino
hanno trasmesso la rituale dichiarazione di accettazione,
a’ sensi dell’art. 14 del Regolamento.
Gli arbitri si sono riuniti per la prima volta il
2.1.2004, ribadendo la propria accettazione della nomina,
e si sono costituiti formalmente in Collegio.
Il Collegio Arbitrale ha dato, altresì, atto che con
lettera del 29.12.2003, inviata alle parti costituite, l’ufficio
della Camera ha invitato quest’ultime, da un lato a
trasmettere ai terzi interessati, già individuati o da
individuare, i documenti già depositati presso la Camera;
dall’altro, e in particolare la F.I.G.C. a dare tempestivo
avviso ai suddetti interessati al fine di consentire le
attività procedimentali previste dal Regolamento. Il
Collegio ha, quindi, fissato la prima udienza il 29.1.2004,
concedendo termine al 15.1.2004 per deposito di
memorie difensive, e ulteriore termine al 26.1.2004 per
deposito di eventuali memorie di replica.
Nel rispetto dei termini fissati, Piacenza e F.I.G.C.
hanno depositato le rispettive memorie difensive.
Nello stesso giorno del 15.1.2004, il Collegio ha
posticipato al 7.2.2004 la prima udienza.
In data 26.1.2004, poi, il Piacenza e la F.I.G.C.
hanno depositato le proprie memorie di replica.
Successivamente, all’udienza del 7.2.2004, all’esito
negativo del tentativo di conciliazione, il Collegio ha
invitato le parti ad illustrare le questioni preliminari e
pregiudiziali. Al termine dell’audizione degli avvocati delle
parti, il Collegio si è riservato.
In data 21.2.2004, l’Atalanta Bergamasca Calcio ha
depositato un atto di intervento nel giudizio arbitrale.
Il Collegio si è riunito in data 24.2.2004 e, preso
atto dell’istanza di intervento dell’Atalanta, al fine di
garantire il pieno contraddittorio tra le parti, ha fissato
l’udienza del 2.3.2004, demandando alla Segreteria del
Collegio di provvedere alla trasmissione all’interventore di
tutti gli atti e documenti depositati dalle parti. Il Collegio
si è, altresì, riservato ogni altro provvedimento, anche
sulle eccezioni pregiudiziali e preliminari sollevate.
In data 2.3.2004, il Collegio ha emesso lodo parziale
con il quale ha dichiarato l’inammissibilità dell’intervento
spiegato dall’Atalanta, riservandosi ogni provvedimento
sulle spese di funzionamento del Collegio e sulle spese
legali. In pari data, su richiesta del Piacenza, il Collegio
ha assegnato alle parti termine al 12.3.2004 per deposito
di memorie contenti precisazioni o modificazioni delle
domande, delle eccezioni e delle conclusioni proposte; e
successivo termine al 19.3.2004 per repliche. Ha, altresì,
fissato la successiva udienza il 26.3.2004.
In data 12.03.2004, Piacenza e F.I.G.C. hanno
depositato le rispettive memorie autorizzate.
In pari data, peraltro, l’Atalanta, a seguito della
pronuncia di inammissibilità della formulata domanda di
intervento adesivo autonomo, ha depositato un nuovo
atto di intervento «per sostenere le domande proposte dal
Piacenza Calcio s.p.a. con l’istanza di arbitrato o comunque
quelle eventualmente modificate e/o precisate nel corso del
medesimo giudizio».
In data 19.3.2004, la F.I.G.C. ha depositato la
propria memoria di replica.
All’udienza del 26.3.2004, il Piacenza ha riformulato le proprie conclusioni, mediante deposito di note.
Il Collegio, nel corso dell’udienza, in considerazione
della precisazione delle conclusioni formulata dal
Piacenza, ha dichiarato l’inammissibilità dell’interevento
ad adiuvandum dell’Atalanta, riservandosi ogni
provvedimento sulle spese di funzionamento del Collegio e
sulle spese legali. A’ sensi dell’art. 20.4 del Regolamento,
il dispositivo è stato reso noto anticipatamente, con
riserva di comunicare, come in effetti si comunica, il testo
integrale del lodo con l’esposizione dei
MOTIVI
Nell’istanza di arbitrato depositata il 20.12.2003, il
Piacenza ha contestato l’organizzazione del Campionato di
Calcio di Serie A 2003/2004, con particolare riferimento
dell’ammissione ad esso della squadre partecipanti,
adducendo, a sostegno delle proprie domande, i seguenti
fatti.
La Lega Nazionale Professionisti, constatata
l’irregolare situazione patrimoniale della A. S. Roma S.p.a.
(di seguito, anche, breviter, «Roma»), con il comunicato
ufficiale n. 8 del 22.7.2003 ha negato ad essa l’iscrizione
al campionato di Calcio di serie A 2003/2004.
A seguito del ricorso presentato dalla Roma, la
F.I.G.C., con comunicato ufficiale n. 19/A del 31.7.2003,
reputandone regolarizzata la posizione, in virtù della
presentazione di garanzie fideiussorie, ne ha disposto
l’ammissione al Campionato.
Nel prosieguo, tali fideiussioni si sono rivelate
irregolari e, pertanto, il Consiglio Federale, con delibera
del 20.8.2003, ha assegnato alla Roma termine sino al
26.8.2003 per la presentazione di nuove fideiussioni in
sostituzione delle precedenti.
Da informazioni diffuse a mezzo stampa, tuttavia,
sarebbero emersi dubbi circa il rispetto da parte della
Roma dell’orario ultimo previsto per la presentazione,
nonché della regolarità delle fideiussioni dell’Ancona
Calcio.
La F.I.G.C., dopo gli accertamenti dell’Ufficio
Indagini ex art. 27 Cod. Giust. Sport., avrebbe
«riammesso» la Roma al campionato, con comunicato
ufficiale n. 64 del 28.8.2003.
Nessuna verifica avrebbe, al contrario, riguardato
l’Ancona, con evidente disparità di trattamento rispetto
alle altre società coinvolte, Roma, Napoli e Spal.
Sulla base dei fatti siccome sopra riportati, il
Piacenza ha affermato che «con la delibera del 20.8.2003,
la FIGC ha determinato, in effetti, l’irregolare composizione
del campionato di serie A: quanto alla Roma,
riammettendola indebitamente, e quanto all’Ancona,
omettendo di adottare provvedimenti di sorta nei suoi
confronti, benché la società versasse nelle stesse
condizioni che avevano indotto la FIGC ad intervenire […]
nei confronti della Roma».
Pertanto, Roma e Ancona non avrebbero dovuto
partecipare al Campionato di Serie A e,
conseguentemente, avrebbero avuto titolo ad essere
iscritte a tale torneo, rispettivamente, l’Atalanta
Bergamasca Calcio S.p.a. (di seguito, breviter, «Atalanta»)
e il Piacenza.
Per azionare tale pretesa avanti alle autorità
giudiziarie ordinarie, il Piacenza, in data 18.8.2003, ha
inoltrato alla F.I.G.C. richiesta di esonero dalla clausola
compromissoria. Tale esonero sarebbe stato negato, in
data 25.8.2003, senza alcuna motivazione.
Nell’impossibilità di adire, dunque, la giustizia
ordinaria, il Piacenza ha avviato la procedura avanti alla
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport,
reputandone la competenza sulla base dell’asserita
assenza di altra competente autorità in base agli statuti e
ai regolamenti di C.O.N.I. e F.I.G.C.
Il Piacenza ha posto a fondamento delle proprie
pretese le seguenti argomentazioni di diritto.
Con riferimento all’Ancona, la fideiussione
presentata sarebbe stata rilasciata da una società posta
in liquidazione coatta amministrativa sin dal luglio del
1989, come sarebbe facilmente riscontrabile dalla
consultazione del sito internet dell’ISVAP.
Tale circostanza, che non sarebbe stata oggetto di
alcuna verifica da parte della F.I.G.C., comporterebbe
l’irregolarità della garanzia e, conseguentemente,
l’esclusione dell’Ancona dal Campionato 2003/2004.
Per quanto riguarda la Roma, ad essa la F.I.G.C.
avrebbe concesso un termine per la sostituzione della
fideiussione irregolare di cui più sopra, in considerazione
della sua buona fede. Ora, la buona fede non avrebbe
alcuna rilevanza tale da giustificare la possibilità offerta
alla Roma di regolarizzare la propria posizione.
Ad ogni modo, sarebbe arduo comprendere come la
F.I.G.C. abbia potuto accertare, per tramite dell’Ufficio
Indagini, la buona fede della Roma, atteso che tutti gli atti
erano coperti da segreto, sin dal 5.8.2003, in quanto
oggetto di sequestro penale.
Inoltre, e costituirebbe il «vero punto focale» della
controversia, i termini per il deposito delle nuove garanzie
sarebbero stati fissati da autorità sprovvista del relativo
potere e in mancanza, in ogni caso, delle condizioni
richieste.
Quanto al primo profilo, il potere di riapertura dei
termini sarebbe, semmai, spettato al CONI, in virtù
dell’art. 3, comma 5, del D.L. 220/03. Peraltro, tale
disposizione sarebbe stata emanata con esclusivo
riferimento al cd. “caso Catania”.
Quanto, d’altra parte, al profilo di merito, non
sarebbe dato ravvisare le condizioni previste dall’art. 3,
comma 5, per l’adozione dei provvedimenti di carattere
straordinario e transitorio.
Infine, il provvedimento con cui la F.I.G.C. ha
negato al Piacenza l’autorizzazione, in deroga alla clausola
compromissoria, di adire le ordinarie autorità giudiziarie,
sarebbe carente di motivazione, ed emesso dalla stessa
autorità che avrebbe dovuto essere controparte
nell’eventuale giudizio ordinario.
In esito a tali argomentazioni, il Piacenza così ha
precisato le proprie domande:
« l’Organo Arbitrale disponga:
- l’annullamento del Comunicato Ufficiale della
F.I.G.C. n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003 (doc.
1), nella parte in cui rimette in termini l’A. S. ROMA
S.p.a. per depositare presso la F.I.G.C. – CO.VI.SO.C.
idonee garanzie in sostituzione di quelle già
presentate, rispettivamente di € 7.500.000,00 e €
7.138.675,00, e della sottostante delibera del
Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto 2003,
nella parte in cui dispone come sopra;
- l’annullamento del Comunicato Ufficiale della
F.I.G.C. n° 64/A pubblicato il 28 agosto 2003 (doc.
2), nella parte in cui conferma i provvedimenti di
ammissione al campionato di competenza delle
società A. S. ROMA S.p.a. e S. S. CALCIO NAPOLI
S.p.a., e della sottostante delibera del Consiglio
Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003, nella
parte in cui dispone come sopra;
- l’annullamento dell’ammissione / iscrizione dello
ANCONA CALCIO S.p.a. al campionato di Calcio di
serie A 2003/2004;
- l’annullamento del campionato di serie A come
attualmente in svolgimento, l’ammissione ad esso
del Piacenza Football Club e la sua ripetizione nei
termini e con le modalità che parranno più
opportune;
- l’annullamento della nota FIGC 25.8.2003 con cui
è stato negato l’esonero dalla clausola
compromissoria richiesto dalla società esponente in
data 18.8.2003;
- la determinazione e la liquidazione di ogni
ulteriore danno, anche patrimoniale, patito o
patiendo dalla società esponente, nella misura che,
allo stato, si quantifica in € 10.000.000 o nella
somma maggiore o minore che verrà accertata nel
corso del procedimento arbitrale o da liquidarsi in via
equitativa;
- con condanna della Federazione Italiana Giuoco
Calcio al pagamento degli onorari e delle spese di
arbitrato;
- con condanna della Federazione Italiana Giuoco
Calcio al rimborso degli onorari, dei diritti e delle
spese di lite sopportati dal Piacenza Football Club
s.p.a.;
- con condanna della Federazione Italiana Giuoco
Calcio al rimborso dei diritti amministrativi versati
dal Piacenza Football Club s.p.a.».
In via istruttoria, poi, il Piacenza ha chiesto al
Collegio, nella medesima istanza, di ordinare alla F.I.G.C.
l’esibizione delle fideiussioni S.B.C. e Sanremo, oltre che
dei documenti assunti dalla CO.VI.SO.C. a strumento di
valutazione per l’iscrizione di Roma e Ancona al
Campionato di Serie A 2003/2004.
La F.I.G.C. nella propria memoria difensiva del
15.1.2004 ha eccepito l’inammissibilità delle domande
avversarie per una pluralità di ragioni. Per un verso,
infatti «la funzione e la struttura del giudizio arbitrale […]
sono compatibili esclusivamente rispetto alle controversie
nelle quali sia dato ravvisare lo spontaneo raggruppamento
degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e
contrapposti, e cioè, in due sole parti sostanziali,
sempreché tale raggruppamento sia coerente con il tipo di
azione proposta». Dunque, nel caso di specie, dal
momento che la domanda del Piacenza coinvolgerebbe gli
interessi di tutte le società partecipanti al campionato di
Serie A nella stagione 2003/2004 - oltre che quelle
partecipanti al torneo di Serie B, in ragione del «rapporto
osmotico necessariamente esistente tra i diversi
campionati» - ciò comporterebbe il litisconsorzio
necessario di tutte le società interessate, «ciascuna delle
quali riveste, nei confronti dei possibili esiti del giudizio,
una posizione individuale autonoma […] condizionata da
fattori contingenti ed estrinseci, non riconducibili alla
“struttura ed alla regolamentazione normativa dell’azione
proposta”: insuscettibile, in quanto tale, di aggregazione
unitaria in un polo omogeneo di interessi riferibili ad un
singolo centro di imputazione di interessi rispetto ad un
polo opposto di segno contrario». Da tale argomentazione
deriverebbe l’ulteriore, connessa preclusione procedurale
consistente nella mancata integrazione del
contraddittorio, già nella fase conciliativa, nei confronti di
tutti i possibili litisconsorti.
Per altro verso, la lite non sarebbe compromettibile
in arbitri, dal momento che riguarderebbe interessi
legittimi. Le posizioni giuridiche soggettive dedotte dal
Piacenza costituirebbero interessi legittimi in
conseguenza dalla natura amministrativa degli atti di
ammissione al campionato di Serie A, emessi dalla
Federazione nella sua funzione amministrativa delegata
dal C.O.N.I., ai sensi dell’art. 12 della Legge 91/1981.
Infatti, «In forza di tale investitura derivante dall’Ente
pubblico preposto al vertice dell’ordinamento di settore, la
Federazione – limitatamente all’esercizio di queste
attribuzioni – agisce come soggetto titolare di una funzione
amministrativa disciplinata da una fonte normativa
primaria».
Nel merito, poi, non risponderebbe al vero
l’affermazione del Piacenza secondo cui l’Ancona sarebbe
stata iscritta al Campionato di Serie A in virtù della
presentazione di fideiussioni irregolari. Infatti, l’Ancona
avrebbe utilizzato, per la copertura dell’eccedenza del
proprio indebitamento, versamenti postergati infruttiferi.
Da ciò deriverebbe la carenza di interesse ad agire della
società attrice, poiché in nessun caso essa potrebbe
essere ripescata e ammessa a giocare il Campionato di
Serie A. Infatti, seppure «per assurdo» dovesse essere
estromessa dal Campionato la Roma, la squadra che
avrebbe diritto al ripescaggio sarebbe l’Atalanta, la prima
delle squadre retrocesse nella serie cadetta.
Con riferimento alla posizione della Roma, essa
sarebbe stata ammessa al Campionato il 31.7.2003 con
delibera del Consiglio Federale pubblicata con
comunicato ufficiale 19/A. Peraltro, tale provvedimento
non sarebbe mai stato oggetto di impugnazione.
Successivamente l’Ufficio Indagini avrebbe accertato che
tale società sarebbe stata vittima di un tentativo di truffa
in relazione a una delle due fideiussioni presentate; in
conseguenza di ciò il Consiglio Federale avrebbe concesso
ad essa, con delibera del 20.8.2003 di cui al C.U. 56/A,
un termine per la sostituzione della fideiussione
irregolare. Il provvedimento del 28.8.2003 con cui il
Consiglio Federale ha preso atto della sostituzione della
garanzia quindi «non è un provvedimento ammissivo».
Venendo, poi, al lamentato diniego di esonero dal
vincolo di giustizia, esso risulterebbe «totalmente
irrilevante» ai fini del giudizio arbitrale, dal momento che
non avrebbe comportato alcuna limitazione al diritto di
difesa dell’istante società. Infatti, tale circostanza «oltre
ad essere assolutamente ininfluente rispetto agli esiti del
presente giudizio», paleserebbe un comportamento
processuale contraddittorio, poiché il Piacenza «ha con un
comportamento concludente affidato la tutela delle proprie
ragioni ad una sede interna all’ordinamento settoriale
sportivo».
Pertanto, risulterebbe chiara «la temerarietà della
lite instaurata dal Piacenza» sulla base, come essa
sarebbe, di indiscrezioni giornalistiche e dopo che lo
stesso Piacenza aveva prima proposto e poi abbandonato
un procedimento innanzi al T.A.R. del Lazio contro
l’allargamento del campionato di Serie B a 24 squadre.
Sulla scorta di tali argomentazioni, la F.I.G.C. ha
così rassegnato le proprie conclusioni:
«Il Collegio voglia:
a) in via principale ed in rito, accertare
l’inammissibilità o comunque l’improcedibilità
delle domande promosse dal Piacenza nel
presente procedimento;
b) in via gradata, sempre in rito, accertare la
carenza di legittimazione ad agire del Piacenza
per difetto di interesse;
c) in via ulteriormente subordinata e nel merito
accertare e dichiarare la legittimità dei
provvedimenti impugnati dalla società attrice e
comunque rigettare tutte le domande del
Piacenza perché infondate in fatto ed in diritto.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari, e
condanna della società istante al pagamento in
via esclusiva delle spese di funzionamento del
Collegio».
Il Piacenza, nella memoria difensiva del 15.1.2004,
con particolare riferimento alla questione del
litisconsorzio necessario sollevata dalla F.I.G.C., ha
osservato che oggetto dell’arbitrato sarebbe la
contestazione delle deliberazioni assunte dalla
Federazione in tema di iscrizione al Campionato di Serie A
2003/2004 e che nessuna pretesa sarebbe azionata nei
confronti delle società calcistiche. Pertanto, le squadre
non sarebbero parti sostanziali del presente giudizio
arbitrale, ma, al più, controinteressati. E, in quanto tali,
esse non avrebbero alcuna facoltà di intervenire nella
procedura arbitrale. Peraltro, «l’interevento di Roma,
Ancona o di altre società calcistiche finirebbe per alterare
l’equilibrio processuale amplificando artificialmente il
contraddittorio […] mentre le parti sostanziali non sono che
due: il Piacenza Calcio e la FIGC».
Nella propria memoria di replica del 26.1.2004, la F.I.G.C ha ribadito e precisato la propria posizione in merito al litisconsorzio necessario. Infatti, ha affermato che se il Collegio accogliesse l’istanza del Piacenza, si verificherebbe l’effetto della ricomposizione dei campionati di Serie A e B, previo annullamento di quelli in corso di svolgimento. Una simile pronuncia, dunque, inciderebbe sui diritti soggettivi delle 18 squadre di Serie A e delle 24 squadre di Serie B. Per la F.I.G.C., l’effetto dirompente di tale pronuncia, in caso di accoglimento della domanda del Piacenza, sarebbe indice del carattere pretestuoso e strumentale delle tesi proposte dalla società attrice. Pertanto, dovrebbe essere pronunciata, alternativamente, la inammissibilità e/o improcedibilità delle domande del Piacenza, ovvero disposta l’integrazione del contraddittorio alle squadre portatrici di interesse.
Nella memoria di replica del 26.1.2004, il Piacenza
ha affrontato, in primis, il problema della pluralità di parti
del procedimento arbitrale, rilevando che il Regolamento
lo prevederebbe espressamente, e ribadendo, in tal modo,
la competenza della Camera. Ha, poi, precisato che il
diritto di individuare le proprie controparti spetterebbe
esclusivamente al soggetto che promuove l’azione. Altri
soggetti avrebbero potuto divenire parti processuali o
attraverso un intervento spontaneo o perché «chiamati a
garanzia o in manleva dalla FIGC».
Sotto altro profilo, il Piacenza si è occupato del
problema dell’oggetto della controversia che, nelle
ricostruzioni della F.I.G.C., non sarebbe compromettibile
per arbitri in quanto costituito dalla lesione di interessi
legittimi. Ebbene, in base al disposto dell’art. 3 del D.L.
220/2003, convertito con legge 280/2003, le controversie
della medesima natura della presente sarebbero
assegnate alla competenza del Giudice amministrativo,
fatta salva la validità di eventuali clausole
compromissorie, a prescindere dalle posizioni giuridiche
soggettive azionate. Peraltro, sarebbero numerose le
pronunce della Camera aventi ad oggetto la stessa
materia del presente Arbitrato.
Con riguardo alla pretesa carenza di interesse ad
agire del Piacenza, di cui alla memoria F.I.G.C., parte
attrice ha rilevato che sarebbe ininfluente
l’argomentazione ivi proposta, dal momento che
all’emergere delle irregolarità relative alla posizione
dell’Ancona, nulla sarebbe stato fatto, in evidente
disparità di trattamento rispetto alla Roma. Le
fideiussioni presentate, infatti, sarebbero state necessarie
per la regolare iscrizione al Campionato di Serie A e,
dunque, la loro irregolarità avrebbe dovuto comportare
l’esclusione dell’Ancona con conseguente ammissione del
Piacenza a tale torneo, stante anche la necessaria
esclusione della Roma.
Relativamente alla posizione della Roma, il
Piacenza, nel ribadire quanto già espresso nelle sue
precedenti memorie, ha precisato ulteriormente che
l’illegittimità del C.U. F.I.G.C. n. 56/A del 20.8.2003
deriverebbe dal contrasto con il D.L. 220/03, convertito
con Legge 280/03. Il provvedimento della Federazione
avrebbe chiaramente rimesso in termini la Roma e,
contrariamente a quanto ritenuto dalla F.I.G.C., non
potrebbe essere considerato una «presa d’atto
dell’avvenuta sostituzione della fideiussione inidonea con
altra idonea». Nulla, poi, sarebbe stato osservato da
controparte circa la carenza di potere dell’organo che ha
assunto il provvedimento de quo.
Il Piacenza si è soffermato, inoltre, sulla questione
del diniego del vincolo di giustizia e ha argomentato che la
scelta di adire gli organi di giustizia sportiva sarebbe
conseguita proprio all’impossibilità di rivolgersi alla
magistratura ordinaria. D’altra parte, l’autorizzazione ad
azionare le proprie pretese avanti alle autorità giudiziarie
ordinarie sarebbe stata richiesta prima dell’emanazione
del D.L. 220/03, che attualmente riserva al giudice
sportivo la disciplina di siffatte questioni.
Pertanto, sarebbe da considerare «non solo ingiusta
ed ingiustificata, ma financo inattendibile» l’accusa, mossa
dalla FIGC, di temerarietà della lite instaurata. In limite
di memoria, il Piacenza ha rinnovato le istanze istruttorie
già proposte con l’istanza di arbitrato del 20.12.2003.
Nell’atto di intervento del 21.2.2004, l’Atalanta
Bergamasca Calcio ha riferito di aver avuto notizia in data
17.2.2004, dalla lettura della testata giornalistica
“Tuttosport”, di presunti ritardi di Roma e Napoli nella presentazione delle garanzie richieste per l’iscrizione al Campionato di Serie A 2003/2004. Il giorno successivo l’Atalanta avrebbe appreso dalla testata giornalistica “La Gazzetta dello Sport” della pendenza, avanti alla Camera, di un giudizio arbitrale nei confronti della F.I.G.C. Tale procedura avrebbe avuto per oggetto l’illegittima iscrizione ai campionati di Calcio 2003/2004 di Roma, Lazio, Ancona e Napoli. L’istante, nel campionato di Serie A
2002/2003, era giunta al 15° posto, così retrocedendo in Serie B. Pertanto, ha reputato di avere titolo ad intervenire nel procedimento arbitrale perché, presumendo che il giudizio avesse ad oggetto la domanda di esclusione di Roma e Napoli dal campionato in corso, a
causa dei ritardi di cui sopra, in caso di esclusione di tali ultime squadre e nell’eventualità di una ripetizione del torneo in corso, essa avrebbe avuto diritto, da un lato, al ripescaggio; dall’altro al risarcimento del danno conseguente alla mancata partecipazione al torneo per effetto dell’illegittima esclusione.
L’Atalanta Bergamasca Calcio ha così rassegnato le
proprie conclusioni.
«Che il Collegio Arbitrale si compiaccia di:
a) accertare e dichiarare l’illegittimità e/o
l’illiceità, per violazione delle norme federali, dell’iscrizione
al campionato di calcio Serie A-Tim 2003-2004 della
società AS Roma Spa, e/o di ogni altra società all’esito di
quanto emergerà in corso di giudizio, e conseguentemente,
accertare e dichiarare l’illegittima esclusione dal corrente
campionato di Serie A-Tim della Atalanta Bergamasca
Calcio s.p.a.; per l’effetto: 1) ordinare alla FIGC di
pronunciare l’annullamento del campionato di Serie A-Tim
stagione sportiva 2003-2004; 2) ordinare alla FIGC di
disporre la ripetizione del campionato di Serie A-Tim
stagione sportiva 2003-2004 iscrivendo, in luogo della AS
Roma Spa, e/o di ogni altra società risultata a seguito del
presente giudizio arbitrale illecitamente e/o
illegittimamente iscritta, la società Atalanta Bergamasca
Calcio Spa;
b) in ogni caso in ragione di quanto chiesto al
capo sub a) condannare la FIGC al risarcimento in favore
della Atalanta Bergamasca Calcio Spa di tutti i danni
subiti e subendi a causa dell’illegittima esclusione dal
corrente campionato di Serie A-Tim, danni da liquidarsi
anche in via equitativa, ma che comunque sin d’ora si
quantificano nella somma complessiva non inferiore a €
25.000.000,00, oltre accessori di legge;
c) con vittoria di spese per l’assistenza legale e
di giudizio arbitrale, ivi compresi i compensi degli arbitri
componenti del Collegio.
La società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. per
quanto dedotto in premessa chiede:
1) di avere copia di tutti gli atti e documenti
versati nel presente giudizio dalle parti oggi costituite;
2) che alla FIGC venga ordinata la produzione in
giudizio di tutta la documentazione relativa alle iscrizioni al
campionato di serie A-Tim stagione sportiva 2003-2004, ivi
compresa quella relativa agli atti Co.Vi.Soc.
Con espressa riserva di svolgere istanze istruttorie
anche all’esito delle suddette richieste.
Salvo e impregiudicato ogni altro diritto».
Nella memoria del 12.3.2004, il Piacenza, con
riferimento all’eccepita improcedibilità dell’arbitrato «per
non esserne parti eventuali ulteriori soggetti coinvolti», ha
ribadito che tali soggetti potrebbero «tutt’al più» rivestire
la qualifica di controinteressati, nei confronti dei quali -
come si evincerebbe anche da uno specifico precedente
della Camera - non sussisterebbe alcun dovere di
coinvolgimento ab origine nella procedura arbitrale.
Comunque, in presenza di più soggetti interessati
alla controversia, il Regolamento della Camera
prevederebbe quale facoltà del Conciliatore quella di
«invitare a partecipare al procedimento di conciliazione
altre parti, se ritiene che abbiano un interesse rilevante e
diretto nella questione». Quindi, la completezza del
contraddittorio nella fase conciliativa non sarebbe onere
della parte istante e la sua mancata integrazione non
determinerebbe l’improcedibilità nella successiva fase
arbitrale.
Seppure “per assurdo” si volesse riconoscere il
diritto dei controinteressati a essere coinvolti ab origine
nel procedimento, la mancata integrazione del
contraddittorio avrebbe effetto solo sulle domande volte a
ottenere l’annullamento del campionato e delle
ammissioni ad esso di Roma e Ancona. La richiesta di
risarcimento danni «conseguente all’accertamento anche
solo incidentale delle illegittimità denunciate», e quella
relativa al mancato diniego del vincolo di giustizia non ne
verrebbero compromesse, e pertanto resterebbe
confermata la procedibilità dell’arbitrato.
Quanto ai danni patiti dall’istante, essi
deriverebbero tanto dall’ammissione al Campionato di
Serie A di Roma e Ancona e dal conseguente mancato
ripescaggio del Piacenza, quanto dall’illegittima
ammissione al Campionato di Serie B del Napoli.
I danni derivanti dalla pretesa illegittima
partecipazione di Roma e Ancona al Campionato di Serie
A 2003/2004, deriverebbero dalla «perdita di chance,
dalla lesione della propria immagine sportiva, da una
drastica diminuzione degli introiti per la cessione dei diritti
televisivi, per la diminuzione delle sponsorizzazioni, per la
diminuzione degli abbonamenti».
Con riferimento ai danni derivanti dalla
partecipazione al Campionato di Serie B 2003/2004 del
Napoli, essi discenderebbero dalla «suddivisione della cd.
“mutualità” anche con il Napoli, dall’incremento dei costi di
gestione per disputare un maggior numero di partite, da
una minore introito di diritti televisivi».
Nel precisare le conclusioni, il Piacenza ha ribadito
quanto già chiesto nell’istanza di arbitrato e ha formulato
un’ulteriore domanda:
«in ogni caso, ed anche in evento di rigetto totale o
parziale delle domande di cui sopra […] o di dichiarazione
della loro improcedibilità, accertare e dichiarare in via
incidentale l’illegittimità del Comunicato Ufficiale della
FIGC n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003, nella parte in
cui rimette in termini l’ A.S. Roma S.p.a. per depositare
presso la F.I.G.C.-CO.VI.SO.C. idonee garanzie in
sostituzione di quelle già presentate, rispettivamente di €
7.500.000,00 e € 7.138.675,00, e della sottostante
delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto
2003, nella parte in cui dispone come sopra; del
Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n. 64/A pubblicato il 28
agosto 2003, nella parte in cui conferma i provvedimenti di
ammissione al campionato di competenza delle società A.S.
Roma S.p.a e S.S. Calcio Napoli S.p.a., e della sottostante
delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto
2003, nella parte in cui dispone come sopra;
dell’ammissione/iscrizione dell’Ancona Calcio S.P.A. al
campionato di Calcio di serie A 2003/20; del campionato di
serie A come attualmente in svolgimento; della nota
F.I.G.C. 25.8.2003 con cui è stato negato l’esonero dalla
clausola compromissoria richiesto dalla società esponente
in data 18.8.2003; di ogni altro atto connesso e/o
dipendente e/o presupposto. Conseguentemente,
determinare e liquidare ogni danno, anche patrimoniale,
patito o patiendo dalla società esponente per effetto delle
illegittimità di cui sopra e della conseguente mancata
partecipazione del Piacenza Football Club al Campionato di
serie A 2003/2004; danni che, allo stato, si quantificano in
€ 10.000.000,00 o nella somma maggiore o minore che
verrà accertata nel corso del procedimento arbitrale o da
liquidarsi in via equitativa; con condanna della F.I.G.C. al
pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato; con
condanna della F.I.G.C. al rimborso degli onorari, dei diritti
e delle spese di lite sopportati dal Piacenza Football Club;
con condanna della F.I.G.C. al rimborso dei diritti
amministrativi versati dal Piacenza Football Club». Ferme
le istanze istruttorie già formulate.
La F.I.G.C., d’altra parte, nella propria memoria del
12.3.2004 ha affermato che la declaratoria di
inammissibilità dell’intervento dell’Atalanta, pronunciata
da questo Collegio con provvedimento del 2.3.2004,
riproporrebbe in modo insuperabile la già eccepita
eccezione di rito in merito alla inammissibilità della
domanda del Piacenza per carenza di interesse ad agire.
Con l’atto del 12.3.2004, l’Atalanta ha proposto una
domanda di intervento ad adiuvandum, sostenendone
l’ammissibilità per il suo carattere non innovativo sul
piano oggettivo del giudizio. A maggior ragione esso
dovrebbe essere reputato legittimo in casi in cui, come
quello di specie, l’arbitrato si configurerebbe con pluralità
di parti, per la natura della controversia tale «da poter
dispiegare effetti diretti o riflessi su altri soggetti,
legittimandone, così, la loro partecipazione al giudizio».
Nel merito, e con particolare riferimento alle
garanzie presentate da Roma e Napoli, il provvedimento
della F.I.G.C. sarebbe illegittimo non solo per la
circostanza che tali fideiussioni sarebbero state rilasciate
da un intermediario finanziario, SBC, e non da un Istituto
di Credito o Compagnia Assicurativa, come sarebbe
espressamente previsto dalle norme federali, ma
soprattutto perché, comunque, esse sarebbero state
depositate il 29.7.2003 e, quindi, quando il termine
perentorio del 28.7.2003, ore 19, era ormai spirato.
In conclusione d’atto, l’Atalanta così scrive:
«Per il resto si rinvia a quanto ampiamente dedotto
ed eccepito dal Piacenza Calcio s.p.a. e si chiede, pertanto,
a Codesto Ill.mo Collegio l’accoglimento delle domande così
come proposte e/o modificate dalla società istante».
Nella memoria di replica del 19.3.2004, la F.I.G.C.
ha svolto i suoi ragionamenti in merito ad una pluralità di
argomenti difensivi.
Prendendo le mosse dall’intervento dell’Atalanta,
parte convenuta ha chiesto lo stralcio dal fascicolo di
causa della «nuova “memoria di costituzione e di intervento
ex art. 105 c.p.” prodotta dalla Soc. Atalanta Bergamasca».
La domanda troverebbe il suo fondamento nella
pronunciata inammissibilità del primo atto di intervento
proposto dall’Atalanta, che negherebbe definitivamente
all’istante l’ingresso nel procedimento arbitrale. La
riproposizione del medesimo atto processuale violerebbe il
principio del ne bis in idem e, pertanto, sarebbe
inammissibile. Peraltro, ad un non diverso risultato si
dovrebbe pervenire anche volendo reputare di natura
meramente adesiva e dipendente tale intervento, cosa, per
la verità, oggetto di discussione tra le parti. Infatti,
secondo F.I.G.C., consentire l’ingresso di un nuovo
soggetto, non costituito tempestivamente nel giudizio
arbitrale, significherebbe correre il rischio di dilatare in
modo indefinito la definizione della lite, poiché «Ove il
Collegio dovesse dare ingresso in questa fase ad ulteriori
interventi (concedendo termine alle parti già costituite per
prendere posizione al riguardo), al successivo
appuntamento processuale non potrebbe essere negato
l’intervento di altre società a vario titolo coinvolte nella
materia oggetto del contendere». L’alto numero di società
potenzialmente interventrici finirebbe per paralizzare la
capacità decisoria del Collegio Arbitrale.
Sul versante dell’integrità del contraddittorio, la
F.I.G.C. ha ribadito che le società a carico delle quali è
stato chiesto l’accertamento dell’illegittima iscrizione al
campionato sarebbero contraddittori necessari, a
prescindere dal mancato riconoscimento di tale ruolo da
parte del Piacenza, dal momento che il petitum
inciderebbe direttamente sugli interessi di tali società.
Esse, peraltro, non sarebbero state messe in condizione di
partecipare alla fase conciliativa e di esprimere, in quella
sede, il loro assenso o dissenso alla devoluzione in
arbitrato della controversia. La mancata partecipazione al
procedimento conciliativo vizierebbe in modo irreparabile
l’integrità del contraddittorio e, pertanto, ciò
precluderebbe definitivamente la delibazione della
domanda dell’attrice. A chiosa di tale argomentazione, la
convenuta Federazione ha ribadito che, rispetto alla
richiesta di invalidazione del campionato, si
configurerebbero come dirette controinteressate, oltre, in
generale, a tutte le società di A e di B, anche e
particolarmente quelle che hanno conseguito una
posizione tale da garantire la partecipazione alle prossime
competizioni UEFA ovvero la permanenza nella massima
serie. Né varrebbe riportarsi al precedente costituito dal
lodo emesso nel giudizio riguardante la Società L’Aquila
Calcio. In quel caso, infatti, la ricorrente avrebbe
contestato la legittimità di provvedimenti che le avevano
negato l’iscrizione al campionato, malgrado la presenza
dei titoli sportivi. L’Aquila Calcio avrebbe, dunque, agito
per la tutela di un interesse direttamente leso dagli atti
federali, di cui invocava l’annullamento. Inoltre, la
stagione agonistica non aveva ancora avuto inizio e,
dunque, nessuna società poteva essere danneggiata nelle
proprie posizioni giuridiche. Il Consiglio Federale, in
quella circostanza, poté, difatti, stilare il nuovo
organigramma della serie C1 prevedendo la possibilità di
individuare le società da inserirvi all’esito del
procedimento allora in corso avanti alla Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Pertanto, in quel
caso non vi sarebbe stata alcuna esigenza di salvaguardia
del contraddittorio e, dunque, le decisioni emesse dalla
Camera in quella vicenda non costituirebbero un
precedente applicabile nel giudizio in corso.
Rimanendo sul problema del contraddittorio, ma
considerandolo per altro profilo, la F.I.G.C. ha affermato,
ribadendo in ciò la posizione già espressa nella prima
memoria, che il Collegio non potrebbe assolvere il ruolo
decisorio affidatole dal Piacenza nemmeno se fosse
possibile integrare il contraddittorio. Infatti, «la trama dei
rapporti sottesi al thema decidendum è talmente
complessa» da determinare una pluralità di posizioni
processuali dei soggetti interventori, impedendo, in tal
modo, il raggruppamento delle parti in due blocchi unitari
e omogenei di interessi simmetricamente contrapposti.
L’osservazione del Piacenza sulla possibilità di arbitrati
con pluralità di parti non sarebbe di rilievo, dal momento
che le norme volte a consentire lo svolgimento di tale
specie di arbitrato avrebbero come mira di risolvere il
problema di nomina degli arbitri; ma le parti, ad ogni
modo, si contrapporrebbero sempre in due blocchi di
interessi contrapposti. Qui, al contrario, l’impedimento
risiederebbe nell’impossibilità di ricondurre la lite a tale
schema bipolare.
Nel prosieguo della memoria, la F.I.G.C. ha speso
alcune considerazioni sul carattere indisponibile della
situazione giuridica dedotta dalle parti, tema, anch’esso
del quale si era già occupata la prima memoria. In
particolare, la difesa della convenuta Federazione ha
riproposto l’argomentazione della natura sostanzialmente
amministrativa degli atti da essa emanati, e qui
contestati, nell’esercizio di un potere amministrativo
conferitole dal C.O.N.I., ai sensi dell’art. 12 della legge n.
91/1981. Conseguentemente, le posizioni vantate in
relazione a tali atti dai soggetti dell’ordinamento sportivo
non potrebbero essere qualificate come diritti soggettivi,
bensì come interessi legittimi. Ma la lite riguardante tali
interessi legittimi non sarebbe compromettibile in
arbitrato, in ragione della indisponibilità delle relative
posizioni soggettive. I riferimenti normativi addotti dal
Piacenza per controbattere a questa argomentazione
sarebbero stati travisati. Infatti, pur vero che la legge
205/2000 ha consentito la devoluzione in arbitrato delle
controversie appartenenti alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, esse dovrebbero, comunque,
riguardare la lesione di diritti soggettivi. Per altro verso, la
legge 280/2003, investendo il giudice amministrativo di
giurisdizione esclusiva in materia di contenzioso sportivo,
avrebbe ampliato la sua potestas iudicandi senza, per
questo che da tale potestas siano rimasti esclusi gli
interessi legittimi «restando questi ultimi soggetti ad esso
[…] tutte le volte che sia riscontrabile, nella definizione
dell’assetto del rapporto controverso, l’esercizio d un potere
pubblico […] capace di affievolire i diritti soggettivi che ne
risultino eventualmente incisi», come sarebbe avvenuto,
per l’appunto, nel caso di specie.
In esito di memoria, infine, la F.I.G.C. ha
prospettato profili di irrazionalità delle domande
rassegnate dall’attrice nella memoria datata 12.3.2004.
Nelle conclusioni, infatti, che, peraltro, parrebbero alla
convenuta figurare domande modificative del petitum, la
richiesta di ottenere risarcimento del danno cagionato
dagli atti della Federazione sarebbe avanzata a
prescindere dalla procedibilità delle domande di merito,
ovvero a prescindere dall’effettiva antigiuridicità o
illegittimità di tali atti.
Nelle note depositate all’udienza del 26.3.2004, il
Piacenza ha così riformulato le proprie conclusioni:
«Il Piacenza Football Club s.p.a., come rappresentato e difeso in atti, dichiara di rinunciare, come rinuncia, alle domande concernenti: l'annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n° 56/A pubblicato il 20 agosto
2003, nella parte in cui rimette in termini l'A.S. ROMA S.p.a. per depositare presso la F.I.G.C.-CO.VI.SO.C. idonee garanzie in sostituzione di quelle già presentate, rispettivamente di € 7.500.000,00 e € 7.138.675,00, della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra, e di ogni altro atto connesso e/o dipendente e/ o presupposto; l'annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n°64/A pubblicato il 28 agosto 2003, nella parte in cui conferma i provvedimenti di ammissione al campionato di competenza delle società A.S. ROMA S.p.a. e S.S. CALCIO NAPOLI S.p.a., della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra, e di ogni altro atto connesso e/ o dipendente e/ o presupposto; l'annullamento
dell'ammissione/ iscrizione dell'ANCONA CALCIO S.P.A. al campionato di Calcio di serie A 2003/2004 e di ogni altro atto connesso e/ o dipendente e/ o presupposto; l'annullamento del campionato di serie A come attualmente in svolgimento e la sua ripetizione, con ordine alla F.I.G.C. di fissarne i termini e le modalità più opportune.
Ribadisce e conferma le proprie domande ed eccezioni per il resto, e così, formula le proprie conclusioni:
Piaccia al Collegio Ill.mo:
1. annullare la nota FIGC 25.8.2003 con cui è stato negato l'esonero dalla clausola compromissoria richiesto dalla società esponente in data 18.8.2003;
1. in ogni caso, ed anche in evento di rigetto totale o
parziale della domanda di cui sopra, o di dichiarazione
della sua improcedibilità, accertata e dichiarata in via
incidentale l'illegittimità del Comunicato Ufficiale della
F.I.G.C. n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003, nella
parte in cui rimette in termini l'A.S. ROMA S.p.a. per
depositare presso la F.I.G.C.- CO.VI.SO.C. idonee
garanzie in sostituzione di quelle già presentate,
rispettivamente di € 7.500.000,00 e € 7.138.675,00, e
della sottostante delibera del Consiglio Federale della
F.I.G.C. del 20 agosto 2003, nella parte in cui dispone
come sopra; del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C.
n°64/A pubblicato il 28 agosto 2003, nella parte in cui
conferma i provvedimenti di ammissione al campionato
di competenza delle società A.S. ROMA S.p.a. e S.S.
CALCIO NAPOLI S.p.a., e della sottostante delibera del
Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003,
nella parte in cui dispone come sopra; dell'ammissione/
iscrizione dell'ANCONA CALCIO S.P.A. al campionato di
Calcio di serie A 2003/20; del campionato di serie A
come attualmente in svolgimento; della nota FIGC
25.8.2003 con cui è stato negato l'esonero dalla
clausola compromissoria richiesto dalla società
esponente in data 18.8.2003; di ogni altro atto connesso
e/ o dipendente e/ o presupposto; accertata e
dichiarata altresì - sempre in via incidentale -
l'illegittima esclusione dal predetto campionato di serie
A come attualmente in svolgimento del PIACENZA
FOOTBALL CLUB S.P.A., determinare e liquidare ogni
danno, anche patrimoniale, patito o patiendo dalla
società esponente per effetto delle illegittimità di cui
sopra e della conseguente mancata partecipazione del
Piacenza Football Club al Campionato di serie A
2003/2004; danni che, allo stato, si quantificano in
€10.000.000,00 o nella somma maggiore o minore che
verrà accertata nel corso del procedimento arbitrale o
da liquidarsi in vai equitativa; con condanna della
F.I.G.C. al pagamento degli onorari e delle spese di
arbitrato; con condanna della F.I.G.C. al rimborso degli
onorari, dei diritti e delle spese di lite sopportati dal
Piacenza Football Club; con condanna della F.I.G.C. al
rimborso dei diritti amministrativi versati dal Piacenza
Football Club. Ferme le già formulate istanze
istruttorie».
La domanda dell’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. non può essere accolta per le ragioni che saranno subito esposte.
MOTIVI
1. Competenza Camera di Conciliazione e Arbitrato
per lo Sport
In attuazione del decreto legislativo 242/1999 il CONI – quale articolazione del grande movimento sportivo che fa copia al CIO – ha adottato il nuovo Statuto.
I principi dell’ordinamento sportivo internazionale e gli indirizzi del CIO sono evocati proprio nella disposizione dedicata alla potestà statutaria del CONI e, dunque, divengono criteri direttivi dell’esercizio di questa.
L’ordinamento statale prende così atto anche dei limiti che esso stesso incontra nel disciplinare il CONI.
All’autonomia statutaria del CONI, la normativa rimette espressamente una serie di materie, dando altresì all’Ente la possibilità di individuarne altre. Tra queste, ad esempio, l’istituzione di organi di garanzia e giustizia sportiva, rimessa appunto all’autonoma valutazione del CONI, come tra l’altro suggerito anche dalla commissione parlamentare bicamerale per la riforma amministrativa, durante l’iter di approvazione del decreto in argomento.
Lo Statuto del CONI ha dunque previsto all’art.12 l’istituzione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, che si pronuncia definitivamente sulle
controversie riguardanti le Federazioni sportive nazionale che abbiano statutariamente accettato tale competenza.
E, per l’appunto, l’art. 27 dello Statuto F.I.G.C., prevede che le vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico, relative alle decisioni della F.I.G.C. nelle materie comunque attinenti all’attività sportiva, siano devolute, su istanza della parte interessata, alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, esauriti i gradi interni di giustizia federale.
Il Decreto Legge 19 agosto 2003 n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito con Legge del 17 ottobre 2003 n. 280, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 18 ottobre
2003, all’art. 2, ribadisce il principio di autonomia tra ordinamento della Repubblica e ordinamento sportivo, riservando a quest’ultimo, tra l’altro, la disciplina delle questioni aventi ad oggetto «l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive»
All’art.3 viene stabilito che esauriti i gradi di giustizia sportiva, ogni controversia che abbia ad oggetto atti della Federazione sportiva nazionale – non riservati agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi del citato art.2 – sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole
compromissorie previste dagli Statuti e dai regolamenti del CONI e delle Federazioni sportive nazionali.
Nel caso di specie, alla luce di quanto sopra richiamato, il combinato disposto degli articoli 12 dello Statuto del CONI e 27 dello Statuto FIGC, legittima il Collegio a pronunciarsi sulla presente controversia, avente ad oggetto «l’organizzazione del Campionato di Calcio di Serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’iscrizione ad esso delle squadre partecipanti».
2. Compromettibilità in arbitrato della lite
La Federazione ha sostenuto che la lite non sarebbe compromettibile in arbitrato per un duplice, concorrente, ordine di ragioni.
In primo luogo, il giudizio arbitrale non potrebbe non vedere quali litisconsorti necessari tutte le società di Serie A e B; tuttavia, tale pluralità di parti sarebbe incompatibile con il procedimento arbitrale. In secondo luogo, la controversia avrebbe ad oggetto interessi legittimi e, dunque, non sarebbe compromettibile in arbitrato, non avendo questi ultimi il connotato della disponibilità.
La ricostruzione non è condivisibile.
Quanto al primo punto, infatti, il Regolamento della
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, all’art.
11, comma 2, prevede espressamente l’ipotesi di arbitrato con più di due parti.
Non solo, ma la stessa pronuncia della Suprema Corte di Cassazione citata dalla Federazione (Cass. Civ., Sez. I, 15.4.1988 n. 2983, RV 458533), se letta nella sua interezza, rivela che l’impossibilità di attivare un giudizio arbitrale pluriparte può derivare, eventualmente, dalla presenza di una clausola compromissoria cd. binaria, per l’impossibilità di uno spontaneo raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti. Tale tipo di clausola prevede la devoluzione di determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali nominati dalle parti, ed il terzo nominato dagli arbitri di parte ovvero, in caso di disaccordo, dal Presidente del Tribunale.
Tuttavia, nell’ordinamento sportivo, nell’eventualità di arbitrato con pluralità di parti, è dettata una disciplina ad hoc di designazione degli arbitri, che esclude il procedimento normalmente previsto dalle clausole compromissorie cd. binarie. Per l’appunto, come indicato in narrativa, e proprio su richiesta della F.I.G.C. del
24.12.2003, nel presente procedimento il Collegio è stato nominato dal Presidente della Camera, ai sensi dell’art.
11, comma 2, del Regolamento.
Ad ogni modo le argomentazioni articolate dalla F.I.G.C. hanno perso qualsiasi pertinenza, alla luce della modificazione delle domande operata dal Piacenza con le note del 26.3.2004. Infatti, a seguito di tale variazione, che ha limitato il petitum al risarcimento del danno, oltre che all’annullamento dell’atto di diniego dell’esonero dalla clausola compromissoria, viene meno qualsiasi possibilità
di pluralità di parti, per la carenza di interesse ad agire di ogni eventuale interventore.
Quanto al problema della compromettibilità in arbitrato di questioni afferenti ad interessi legittimi, giova ribadire che, a mente del decreto legge 220/2003 art. 2, comma 1, è riservata all’ordinamento sportivo, in via generale e senza distinzione tra diritti soggettivi, interessi legittimino o diritti relativi, ogni controversia attinente
«l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive».
Conseguentemente, l’art. 3 del medesimo decreto legge devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo le controversie non riservate agli organi dell’ordinamento sportivo in virtù dell’art. 2.
Peraltro, anche nell’ambito della giurisdizione esclusiva del Tribunale Amministrativo, il decreto legge fa salvo «quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive [...]». Il richiamato art. 27 dello Statuto F.I.G.C., prevede che le vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico, relative alle decisioni della F.I.G.C. nelle materie comunque attinenti all’attività sportiva, siano devolute, su istanza della parte interessata, alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, esauriti i gradi interni di giustizia federale. L’art. 27, dunque, non formula distinzioni tra controversie aventi ad oggetto
diritti soggettivi ovvero interessi legittimi, ma si riferisce alle vertenze relative alle «materie comunque attinenti all’attività sportiva».
Pertanto, la lite è compromettibile in arbitrato.
3. Inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum ex
art. 105, comma 2, c.p.c. di Atalanta Bergamasca
Calcio S.p.a.
L’interevento spiegato dall’Atalanta con l’atto del
12.3.2004 ha natura adesiva e, infatti, è privo di portata innovativa sul piano oggettivo del giudizio.
La società bergamasca ne ha asserito la legittimità sul presupposto che la pronuncia arbitrale potesse
«dispiegare effetti diretti o riflessi su altri soggetti».
Ebbene, nel corso del giudizio il Piacenza ha rinunciato alle domande di annullamento degli atti della Federazione, tranne alla domanda riguardante l’annullamento dell’atto di diniego dell’esonero dagli obblighi derivanti dalla clausola compromissoria. L’attrice ha, altresì mantenuto la richiesta di risarcimento del danno derivante dall’asserita illegittima esclusione dal Campionato di Serie A.
Appare di tutta evidenza, dunque, che la domanda così come riformata in corso di giudizio dalla società istante, non può né in astratto né in concreto «dispiegare effetti diretti o riflessi» sull’Atalanta.
Conseguentemente, la domanda di intervento di quest’ultima società è inammissibile per carenza del
requisito essenziale dell’azione costituito dall’interesse ad agire, a mente dell’art. 100 cod. proc. civ.
Il profilo di inammissibilità è assorbente e vieta ogni ed ulteriore pronuncia nel merito.
4. Spese di arbitrato e spese di lite
Si rimanda al lodo definitivo, a’ sensi dell’art. 22, comma
3, del Regolamento, per la pronuncia attinente alle spese.
Così deciso in conferenza personale tra gli Arbitri il
26 marzo 2004.
F.to Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani
F.to Avv. Ciro Pellegrino
F.to Prof. Avv. Maurizio Benincasa