CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 7/2/2002 TRA Atalanta Bergamasca Calcio SpA e FIGC
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it
LODO ARBITRALE DEL 7/2/2002 TRA Atalanta Bergamasca Calcio SpA e FIGC
Il Collegio Arbitrale composto da:
Dott. Renato Papa Presidente del Collegio
arbitrale
Prof.Avv. Angelo Piazza Arbitro nominato dalla parte
attrice
Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro nominato dalla parte
convenuta
Riunito in conferenza personale in data 23 novembre 2004, in Roma,
ha deliberato all’unanimità il seguente
LODO ARBITRALE
Nel procedimento arbitrale (prot. n. 360 del 28.04.04) promosso da:
Atalanta Bergamasca Calcio SpA, in persona del Presidente e legale
rappresentante p.t. Sig. Ivan Ruggeri, rappresentata e difesa dall’Avv.
Luisa Melara, giusta procura, ed elettivamente domiciliata presso lo
studio della medesima in Via degli Scialoja n. 3– 00196 Roma (tel.
0697748121 – fax 0636007959)
- attrice -
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), in persona del
Presidente e legale rappresentante Dr. Franco Carraro, rappresentata e
difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno, giusta delega,
ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Via Po n. 9
– 00198 Roma (tel. 06858231 - fax 0685823200)
convenuta -
FATTO
1. In data 22 luglio 2003 il Consiglio Direttivo della
Lega Nazionale Professionisti FIGC deliberava, su parere
conforme della COVISOC, di non ammettere la società AS
Roma s.p.a. al campionato di competenza (serie A) per la
stagione sportiva 2003/2004 per le seguenti ragioni:a)
eccedenza di indebitamento per € 47.417.000,00; b) debito di
cui all’art. 4 lettera b), Reg. L.N.P. € 4.285.361,64; c) debito di
cui all’art. 4 lettera a) Reg. L.N.P. € 2.815.488,70;d) debito
scaduto conto campionato € 844.603,90; e) omesso deposito
presso la L.N.P. di numero 51 liberatorie relative a tesserati.
2. In data 24 luglio 2003 la società AS Roma s.p.a.,
avvalendosi della facoltà riconosciuta dal Comunicato Ufficiale
n° 151/A del 28 aprile 2003, proponeva ricorso avverso la
suddetta decisione della Lega avanti la FIGC.
3. In data 31 luglio 2003 il Consiglio Federale della
FIGC accoglieva il reclamo ed ammetteva la società AS Roma
s.p.a. al campionato di Serie A-Tim 2003/2004, sul presupposto
della ritualità e regolarità della documentazione depositata, a
sensi di quanto previsto dal CU n° 151/A deI 28.4.2003, e cioè
nel termine del 28 luglio 2003 h 19,00. La regolarizzazione
della documentazione si sostanziava con il deposito da parte
della società AS Roma di fideiussione a garanzia delle
contestate differenze R/l rispetto a quanto previsto dal CU
n°151/A.
4. Successivamente, la FIGC disponeva una
indagine federale interna, conclusasi con la relazione
dell’Ufficio indagini del 19 agosto 2003, dalla quale emergeva
che la fideiussione depositata dalla AS Roma s.p.a., recava una
firma di soggetto non più rappresentativo (Sig.ra Ruja) della
società garante (SBC s.p.a.) e che detta firma era stata
disconosciuta.
5. Ai sensi dell’art. 22/CGS il Presidente della FIGC
chiedeva alla Corte Federale di emettere parere in merito alla
possibilità di riapertura dei termini per il deposito dei
documenti per l’iscrizione ai campionati per le società Roma,
Napoli e Spal.
6. La Corte Federale con CU n° 7 del 20 agosto
2003 dichiarava che: “..è principio pacifico che là dove un
termine non sia stato incolpevolmente osservato, per vicende
del tutto estranee al soggetto a carico del quale quel termine era
stato fissato, l’organo che originariamente lo aveva fissato ben
può disporre la riapertura dello stesso.. ..Per le considerazioni
che precedono la Corte Federale esprime il parere che, ove sia
accertata la sussistenza dei presupposti sopra specificati possa
con figurarsi la possibilità di una riapertura dei termini,
concedendo alle società Roma, Napoli e Spal termine
simmetricamente proporzionato, e comunque non eccedente
quello a suo tempo fissato con il Comunicato n. 151/A del 28
aprile 2003, per regolarizzare la loro posizione, sostituendo le
fideiussioni a suo tempo presentate con altre effettivamente
idonee a fornire le garanzie richieste”.
7. Il Consiglio Federale-FIGC con C.U. n° 56/A del
20 Agosto 2003 sulla base della premessa di aver preso atto del
rapporto dell’Ufficio indagini e di aver udito la relazione del
Gen. Pappa, e che dalla predetta relazione — avuto riguardo
alle garanzie fideiussorie — risultava che le stesse erano state
contestate nella loro autenticità e che il comportamento delle
società era connotato da buona fede, e preso atto, altresì, del
succitato parere della Corte Federale, così deliberava: “alle
società AS Roma, SS Calcio Napoli s.p.a. e Spal s.p.a. è
concesso termine fino al 26 agosto 2003 ore 19,00 per
depositare presso la FIGC.-Covisoc idonee garanzie in
sostituzione di quelle già presentate. Riservandosi ogni
ulteriore provvedimento all’esito del parere che la COVISOC
dovrà esprimere successivamente al predetto adempimento.. .”
8. Il Consiglio Federale-FIGC, con CU n° 64/A del
28 agosto 2003, preso atto del parere espresso dalla COVISOC,
per la quale risultava adempiuto quanto richiesto, deliberava di
confermare i provvedimenti di ammissione ai campionati di
competenza delle società AS Roma, SS Calcio Napoli s.p.a. e
Spal s.p.a. assunti in data 31 luglio 2003.
9. Con lettera raccomandata a/r dell’8 marzo 2004 la
Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a., chiedeva alla FIGC di
accertare la sussistenza di un ulteriore vizio che inficiava
l’iscrizione della AS Roma Calcio s.p.a. al campionato di seria
A-Tim 2003/2004 costituito dal mancato deposito nei termini
perentori di cui al CU 151/A della fideiussione (poi risultata
falsa) rilasciata dalla SBC.
10. Con la stessa missiva, la società Atalanta
Bergamasca Calcio s.p.a. rivolgeva istanza alla FIGC del
seguente tenore letterale:
- “ revocare e/o annullare in sede di autotutela interna i
prvvedimenti assunti in data 3 1/07/2003 (CU 20/A) e
28/08/2003 (CU 64/A) ed aventi ad oggetto l’ammissione della
società AS Roma s.p.a. al campionato di Serie A-Tim
2003/2004;
- disporre l’annullamento del Campionato di serie A-Tim
2003/2004 per la parte fino ad oggi disputata;
- iscrivere la società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. al
Campionato di Serie A-Tim 2003/2004;
- in subordine a quanto sopra e nella denegata ipotesi di non
annullamento del campionato in corso riconoscere: 1)la
responsabilità funzionale della FIGC, diretta e/o in relazione al
rapporto organico corrente con i responsabili degli Organismi
Federali che vi hanno dolosamente e/o colposamente
partecipato per l’illegittima ed illecita iscrizione della AS
Roma s.p.a. al Campionato di Serie A-Tim 2003/2004, e quindi
per la lesione del diritto della società Atalanta Bergamasca
Calcio s.p.a. a parteciparvi; 2)riconoscere che i danni subiti
dalla società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. per l’illegittima
esclusione ammontano al minimo ad € 25.000.000,00; 3)
emanare ogni provvedimento necessario per dar corso alla
immediata liquidazione del predetto danno”
11. Con lettera raccomandata a/r datata 17 marzo
2004 il Segretario Generale della FIGC, in riscontro della citata
istanza, comunicava alla Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a.
che: “è stato ritenuto che non possono essere prese in esame le
richieste dei provvedimenti di autotutela aventi ad oggetto la
revoca della ammissione al Campionato della società Roma,
nonché quelle risarcitorie formulate con la citata missiva”.
12. La Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a., preso atto
della risposta della FIGC, con istanza prot. n. 0258 del 27
marzo 2004, avviava la procedura di conciliazione presso la
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport ai sensi
dell’art. 4 del Regolamento della Camera. La procedura si
concludeva con verbale del conciliatore designato, Prof. Avv.
Massimo Coccia, datato 5 aprile 2004, il quale “preso atto della
comunicazione inviata in data odierna dall’Avv. Mario
Gallavotti in nome e per conto della FIGC, con la quale si
afferma l’inammissibilità dell’istanza e l’inconciliabilità della
controversia prospettata dalla Atalanta Bergamasca Calcio
s.p.a.; ritenuta l’inutilità e dilatorietà di una convocazione delle
parti per la evidente impossibilità di addivenire ad una
conciliazione, dichiara concluso il presente procedimento per
mancato accordo”.
IL PROCEDIMENTO ARBITRALE
I. La società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., con istanza
del 28 aprile 2004, prot. 360, notificata il 29 aprile 2004, ha
avviato presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport rituale procedimento di arbitrato ai sensi dell’art. 7
del Regolamento della Camera nei confronti della
Federazione Italiana Giuoco Calcio chiedendo il
risarcimento dei danni che l’Atalanta avrebbe subito a
seguito della dedotta illiceità dei provvedimenti adottati
dalla FIGC in ordine all’iscrizione al Campionato di Serie A
2003-2004 della squadra della A.S. Roma ed alla non
iscrizione al medesimo campionato della società istante. Le
lamentele dell’Atalanta si fondano, principalmente, su le
seguenti circostanze:
A. “I documenti presentati dalla AS Roma s.p.a. non
erano riconducibili a fideiussioni rilasciate né da Istituti
bancari, né tanto meno da compagnie assicurative
giacché la SBC era ed è società che svolge attività di
intermediazione finanziaria;
B. Il documento depositato quale ‘fideiussione’ tale non
era in quanto privo degli elementi formali e sostanziali
necessari per assurgere a giuridica esistenza;
C. Il “documento” è stato depositato il 29 luglio 2003,
pertanto qualsivoglia atto doveva ritenersi irricevibile da
parte della FIGC e suoi organi non solo per la sua
giuridica inesistenza evincibile “ictu oculi”, ma anche
perché presentato quando oramai spirato il termine
perentorio del 28 Luglio 2003 h 1 9,00”.
***
II. La Federazione Italiana Giuoco Calcio si costituiva in data
11.05.2004 depositando memoria di costituzione e risposta
prot. n.400/ARB per chiedere la declaratoria di
inammissibilità e comunque l’infondatezza in fatto e in
diritto delle domande proposte dall’istante.
In via pregiudiziale, la FIGC eccepiva la improponibilità o
inammissibilità della domanda avversaria ritenendo la
materia oggetto del contendere non compromettibile in
arbitrato per una serie di ragioni:
A . Il petitum azionato dalla società istante
implicherebbe, secondo la difesa della FIGC, non
soltanto l’accertamento dell’illegittimità dei
provvedimenti adottati dalla FIGC, ma anche la
dichiarazione della illiceità della condotta tenuta dalla
Roma, previa verifica dello stato soggettivo di dolo o di
colpa nel quale versava la società capitolina al momento
della presentazione della fideiussione rilasciata dalla
SBC. La richiesta di risarcimento, perciò, continua la
difesa, non trova unico fondamento nell’illegittimità dei
provvedimenti federali con i quali è stata disposta
l’ammissione della Roma al campionato nazionale di
Serie A stagione 2003-2004, ma anche nella condotta
della A.S. Roma che avrebbe agito non in buona fede o
incolpevolmente depositando le fideiussioni rivelatesi in
un secondo momento false perché sottoscritte da un
soggetto non munito di poteri vincolanti per la società
garante (SBC).
La domanda così proposta dall’Atalanta postulerebbe a
dire della difesa della FIGC: “un litisconsorzio
necessario rispetto alla Roma, titolare di una posizione
individuale autonoma, insuscettibile di aggregazione
unitaria in un polo omogeneo di interessi riferibile alla
FIGC simmetricamente confliggente rispetto al polo
opposto riferibile agli interessi dell’Atalanta. Il che
impedisce, ovviamente, quello spontaneo
raggruppamento in due blocchi di interessi contrapposti
delle situazioni soggettive dedotte in lite, che rende
possibile l’incardinamento della controversia nello
schema binario costituente l’indefettibile presupposto
per il deferimento della vertenza alla cognizione
arbitrale”.
B. La pretesa avanzata dall’Atalanta pur
concretizzandosi nel risarcimento del danno per
equivalente si configura come interesse legittimo
pretensivo per definizione in suscettibili di essere
compromesse in arbitrato, non possedendo il connotato
della disponibilità. Infatti, a sostegno di tale assunto la
difesa della FIGC affermava che gli atti di ammissione
al campionato di Serie A, dei quali si chiede
l’accertamento di illegittimità, sono stati emanati
nell’esercizio dei poteri di controllo demandati alla
Federazione dall’art. 12 della legge n. 91/1981, e che tali
poteri sono attribuiti alle Federazioni sportive “per
delega del C.O.N.I., secondo modalità e principi da
questo approvati” . Pertanto, continua la difesa, in forza
di tale investitura derivante dall’Ente pubblico preposto
al vertice dell’ordinamento di settore, la Federazione -
limitatamente all’esercizio di queste attribuzioni - agisce
come soggetto titolare di una funzione amministrativa
disciplinata da una fonte normativa primaria. Con la
conseguenza che le posizioni giuridiche soggettive, che
risultano incise da tali atti, vanno qualificate come
interessi legittimi .
C. In ragione della circostanza che la domanda
risarcitoria è inammissibile senza previo annullamento
degli atti della FIGC, e che nel caso di specie tali atti
sono orami inoppugnabili, l’istanza di arbitrato
presentata dall’Atalanta è improcedibile.
III. In data 28.05.2004 si costituiva il Collegio Arbitrale,
che fissava per il giorno 8 Luglio 2004 la prima udienza
e contestualmente concedeva alla parti termine fino al 14
Giugno 2004 per memorie e al 24 Giugno 2004 per
repliche.
IV. Nel rispetto del termine concesso dal Collegio
Arbitrale, l’Atalanta depositava memoria autorizzata
prot. n. 522 ritenendo le eccezioni sollevate dalla difesa
della FIGC circa l’improcedibilità della domanda
avanzata dall’istante infondate in quanto:
A. Sulla necessità dell’instaurazione del contraddittorio
con la A.S. Roma S.p.A., la difesa dell’istante
obiettava che la partecipazione al giudizio è
necessaria quando l’azione tende alla costituzione o
al mutamento di un rapporto plurisoggettivo unico ed
attuale e non quando si chiede in via meramente
incidentale e con effetto limitato alle parti del
giudizio un accertamento che riguarda anche la parte
non presente.
B. Sul carattere di interesse legittimo della posizione
giuridica azionata dall’istante sostenuto dalla FIGC,
la difesa dell’Atalanta obiettava, per confutare tale
assunto, che il sindacato sulla legittimità o meno
degli atti e dei comportamenti della Federazione di
cui al presente giudizio, non riguarda l’attività di
controllo sull’equilibrio finanziario delle società
devoluto alla Federazione.
Infatti, sulla base del decreto legislativo 242/99 (che
ha riconosciuto la natura di associazioni con
personalità giuridica di diritto privato delle
Federazioni Sportive) e del decreto Legislativo
157/2004( che ha rimesso allo statuto del Coni il
compito di individuare la tipologia degli atti a
rilevanza pubblicistica) la difesa dell’istante riteneva
che a “prescindere dalla valenza pubblicistica o
meno dell’attività posta in essere dalle Federazioni
gli atti da esse emanati sono assoggettati alle norme
e agli istituti di diritto privato”.
C. Inoltre, sosteneva che l’azione di risarcimento del
danno proposta per l’esercizio illegittimo delle
funzioni di vigilanza controllo e garanzia spettanti
alla Federazione, concerne una questione di diritto
soggettivo, azionabile a prescindere
dall’accertamento dell’illegittimità dell’azione
amministrativa .
D. Infine, in ogni caso, secondo la difesa dell’istante,
sussisteva la competenza del Giudice adito in quanto
il ricorso all’arbitrato si pone come deroga alla
giurisdizione statale, non rilevando la qualificazione
giuridica della posizione fatta valere, posto che la
Camera e l’Arbitrato attivato presso la stessa opera
quale deroga all’organo giudicante statale per
qualsiasi tipo di controversia sportiva rispetto ai
giudici ordinari o speciali .
V. In data 24 Giugno2004 la FIGC depositava
memoria autorizzata prot. n. 579, con cui insisteva
sull’inammissibilità della domanda azionata
dall’istante in quanto:
- la lesione a ristoro della quale la società bergamasca
ha agito si sarebbe realizzata con l’emanazione di atti
che, portando a compimento la procedura di
iscrizione, hanno definitivamente individuato
l’organico delle diciotto squadre, includendo tra le
partecipanti anche la Roma. Di tali atti è stata data
notizia con il comunicato ufficiale n. 64/A del 28
Agosto 2004, pertanto da tale data, a dire della difesa
della FIGC, decorreva il termine di 60 g. previsto
dall’art. 4.1 del Regolamento per adire Codesto
Collegio. Pertanto, secondo la difesa della FIGC la
sopravvenuta inoppugnabilità di quest’atto determina
un’invalicabile cesura tra condotta ritenuta foriera di
danno e la lesione patrimoniale che si assume esserne
derivata.
- Nel merito riteneva la mancanza di nesso eziologico
fra danno lamentato e attività provvedimentale posta
in essere dalla FIGC.
- La difesa sosteneva, inoltre, che, anche qualora il
Collegio ravvisasse nei fatti denunciati un’attività
provvedimentale potenzialmente foriera di danno,
sarebbe comunque necessario attendere l’esito del
procedimento penale in corso promosso dalla Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Roma per far
luce sulla vicenda relativa al deposito della primitiva
fideiussione. Infatti, se venisse accertato che
l’omessa rilevazione dell’irregolarità della
fideiussione sia dipesa da comportamento infedele
dell’agente della Federazione verrebbe meno la
legittimazione passiva della Federazione rispetto
all’azione risarcitoria proposta nei suoi confronti.
- Infine, veniva eccepita l’irrilevanza della doglianza
mossa da controparte circa la provenienza della
fideiussione da pare di una società finanziaria, in
quanto la COVISOC aveva già ritenuto idonee le
fideiussioni rilasciate da soggetti in possesso dei
requisiti previsti da T.U. della legge bancaria.
VI .All’udienza del 08.07.2004 il Collegio preso atto
dell’impossibilità di addivenire ad una conciliazione
della controversia concedeva alle parti per il 15 Luglio
2004 termine per memorie e per il 22 Luglio 2004
termine per repliche.
VII. Nel rispetto dei termini fissati dal Collegio entrambe le
parti depositavano memorie.
VIII. Con la memoria autorizzata prot. n. 704 l’Atalanta
contestava le eccezioni sollevate dalla FIGC ribadendo
come:
A. In relazione alla presunta non ricorribilità della presente
controversia in arbitrato, la difesa richiamava l’art. 27
dello Statuto della FIGC, l’art 12 dello Statuto del Coni
e l’art. 7 del Regolamento della Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, dalla cui lettura
congiunta risulta, secondo l’istante, che qualora la
controversia riguardi una Federazione Sportiva
Nazionale e sia stata accettata statutariamente la
competenza arbitrale della Camera di conciliazione e
arbitrato per lo Sport, la controversia può essere
sottoposta ad istanza dell’affiliato ad un procedimento
arbitrale presso la camera di conciliazione e arbitrato.
B. In relazione, poi, alla presunta decadenza per la
mancata impugnazione degli atti forieri di danno, la
difesa dell’istante evidenziava che: 1) l’Atalanta non era
e non è parte del procedimento che ha visto
l’ammissione della AS Roma s.p.a. al campionato di
serie A-Tim 2003/2004; 2) i c.d. comunicati ufficiali
danno esclusiva notizia e conoscenza dell’esito positivo
o negativo del procedimento che vede una data società
ammessa o esclusa da un campionato sportivo, ma non è
dato ovviamente conoscere che sta “a monte” dell’iter
che ha condotto d una certa decis; 3) il• termine di
ipotetica decadenza, anche ai fini dell’art. 4.1. del
Regolamento della Camera, può venire in
considerazione solo quando si configura la situazione
giuridica “della contrapposizione” della Federazione alla
società affiliata. Secondo la difesa della società, la
necessità di attivare la procedura sarebbe insorta a
seguito della decisione del Consiglio Federale riunitosi
in data 17 marzo 2004 con la quale si è ritenuto di non
prendere in esame “le richieste dei provvedimenti in
autotutela aventi ad oggetto la revoca dell’ammissione
al campionato della società Roma, nonché quelle
risarcitorie formulate con la citata missiva”.
C. In ordine alla pretesa sussistenza di una pregiudiziale
penale che darebbe luogo ad una ipotesi di sospensione
necessaria del procedimento arbitrale, la difesa
richiamava l’art. 295 c.p.c., laddove prevede la
sospensione del processo civile quando la decisione
dipenda dalla definizione di altra causa, per cui il primo
giudizio, oltre ad essere pendente in concreto ed a
coinvolgere le stesse parti, investa una questione a
carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile
antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale
pregiudichi in tutto od in parte la soluzione della causa
da sospendere. Nel caso di specie la difesa sostiene che :
“è più che manifesta l’insussistenza di qualsivoglia
rapporto di pregiudizialità, non dibattendosi, tra l’altro,
sulle medesime questioni e non essendo coinvolti i
medesimi soggetti”.
D. In ordine al merito della questione, la difesa dell’istante
sottolinea le violazioni commesse dalla FIGC, in quanto
la fideiussione presentata dalla Roma non era di
provenienza di un Istituto di credito o di una compagnia
assicurativa come previsto dalla normativa federale che
non fa riferimento alla possibilità di ritenere, sulla base
di alcun parere reso dall’ufficio giuridico interno della
Federazione fideiussioni idonee rilasciate da soggetti in
possesso dei requisiti previsti dal T.U.B.
IX. In pari data la FIGC depositava brevi note difensive
prot. n. 703 ribadendo la decadenza in cui sarebbe
incorsa la Atalanta per non aver adito in conformità a
quanto stabilito dall’art. 4.1. la Camera nel termine di
decadenza. Infatti poiché degli atti che controparte
presume forieri di danno è stata data notizia nel C.U. n.
64/A del 28 agosto 2003, il termine ultimo per attivare la
procedura arbitrale in oggetto sarebbe stato
inderogabilmente il successivo 27 ottobre 2003.
X. Con memoria di replica prot. n. 789, depositata il
22.07.2004, l’Atalanta sosteneva che l’eccezione
d’improponibilità dell’istanza di arbitrato sollevata da
controparte per decadenza è inammissibile in quanto non
sollevata in sede di conciliazione, pertanto in detta sede
a dire della difesa, qualsiasi rilievo sarebbe precluso.
XI. Con memoria di replica prot.n. 798, depositata il
22.07.2004, la FIGC ribadiva come l’Atalanta avesse
tardivamente attivato il rimedio arbitrale in quanto il
danno asseritamene sofferto dalla stessa è da addebitare
all’ammissione in serie A della Roma. Pertanto, il
successivo rifiuto di agire in autotutela opposto dalla
F.I.G.C. alla richiesta dell’Atalanta, volta ad ottenere la
revoca del provvedimento di ammissione- “non ha
dispiegato alcun effetto lesivo autonomo: è la stessa
Atalanta a riconoscere nei propri scritti difensivi che la
lesione patita è derivata dalla ammissione della
compagine capitolina”.
XII. All’udienza del 16 Settembre 2004, la difesa della
FIGC depositava note di udienza in cui eccepiva la
tardività delle domande svolte dalla ricorrente sulla base
delle statuizioni già rese dal Collegio Arbitrale, che ha
definito un’analoga controversia promossa dalla Soc.
Piacenza F.C. ( lodo in data 27 aprile 2004).
Infatti, la difesa della FIGC ribadiva come, nel lodo
richiamato, il Collegio Arbitrale, chiamato a
pronunciarsi sulla ammissibilità dell’intervento proposto
in quella sede dalla Società orobica ai sensi dell’art. 105,
I comma, c.p.c., dopo avere qualificato tale intervento
come autonomo ovvero litisconsortile (cfr. pag. 53, I
cpv., lodo sopracitato), ha correttamente osservato che
“la domanda del soggetto interventore litisconsortile
deve possedere tutti i requisiti per essere astrattamente
dispiegata in un giudizio autonomo” . Pertanto, in
applicazione di questo principio, la difesa riteneva che
l’azione impugnatoria introdotta dalla Soc. Atalanta con
il suo primitivo atto di intervento in quel giudizio
(risalente al 21 febbraio 2004) doveva considerarsi
inammissibile per tardività.
Il Collegio nella stessa udienza fissava i termini al 23
Settembre 2004 per la precisazione delle istanze
istruttorie, documenti e conclusione e al 30 Settembre
2004 per repliche e prove contrarie.
XIII. L’Atalanta con memoria prot. n. 1349 depositata in
data 23.09.2004 ribadiva l’inammissibilità
dell’eccezione sollevata da controparte circa
l’intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 4.1 del
Regolamento, in quanto:
a. i termini perentori di impugnazione rientrano nel
generale istituto della decadenza i cui principi sono
fissati negli artt. 2964 e ss. c.c.. Uno dei principi
cardine dell’istituto della decadenza è da
individuarsi, secondo la difesa, nella norma che
stabilisce che la decadenza può trovare, in via
esclusiva, la sua fonte o nella legge o nel contratto.
Sostiene la difesa dell’Atalanta che: “Il Regolamento
della Camera,— Camera che è istituita presso il
CONI ma che non ne costituisce un organo — non è
né una legge, né, tanto meno, un contratto al quale le
Federazioni sportive e le società affiliate vi
aderiscono”.
b. Essendo la Federazione una associazione
riconosciuta regolamentata dalle norme di diritto
privato l’impugnazione delle delibere (art. 23 c.c.)
non è assoggettata ad alcun termine di decadenza,
ritiene la difesa dell’Atalanta, bensì di prescrizione:
in ipotesi di delibera annullabile cinque anni; in
ipotesi di delibera nulla senza limiti di tempo. In
siffatto contesto normativo, anche ove si volesse
sostenere che il Regolamento della Camera è un
contratto, comunque, la previsione contenuta all’art.
4 non potrebbe essere interpretata nei sensi affermati
nel lodo Piacenza c/FIGC perché sarebbe nulla, a
sensi dell’art. 2936 c.c., in base al quale : “è nullo
ogni patto diretto a modificare la disciplina legale
della prescrizione”.
c. Sempre, in tale sede, la difesa dell’Atalanta
presentava istanze istruttorie consistenti: nella prova
per testimoni, nell’ordine di esibizione da parte della
FGCI di diversi documenti e fascicoli relativi
all’iscrizione della Roma al Campionato di serie A
2003-2004, nonché nella richiesta di CTU tesa ad
accertare e quantificare i danni subiti dall’istante.
XIV. In data 22.09.2004 la FIGC depositava memoria
autorizzata n. prot. 1338, con cui ribadiva l’infondatezza della
pretesa avversaria secondo la quale l’azione risarcitoria non
sarebbe sottoposta a termine decadenziale in quanto la richiesta
di danni è inscindibilmente legata all’azione d’annullamento.
Pertanto l’azione di annullamento sarebbe improponibile per
avvenuto decorso del termine all’uopo prescritto per impugnare
la decisione da parte della F.I.G.C. di ammettere la A.S. Roma
al campionato di serie A valevole per la stagione sportiva 2003-
2004, rendendo conseguentemente inammissibile anche la
domanda risarcitoria, non essendo più consentito al Collegio di
delibare sulla legittimità di atti che, essendo divenuti
intangibili, si sottraggono al suo sindacato sia ai fini di un
accertamento di invalidità meramente incidentale sia ai fini
della loro eventuale disapplicazione.
XV. Con memoria di replica n. prot. 1424 depositata il
30.09.2004, la Atalanta bergamasca s.p.a. eccepiva
l’impossibilità di richiamare in termini di giudicato processuale
il lodo Piacenza/FIGC in quanto:
- Secondo la giurisprudenza richiamata “..la soluzione
implicita o esplicita di questioni pregiudiziali di rito,
avendo funzione meramente preparatoria della
decisione finale sul merito, non può formare oggetto
di cosa giudicata in senso sostanziale, ma può
operare soltanto con effetti limitati al processo in cui
è stata pronunziata”
- l’autorità di giudicato presuppone che tra la
precedente causa e quella in atto vi sia in modo
rigoroso l’identità:dei soggetti, del “petitum” e delle
“causa petendi”, situazione che non ricorre nella
controversia che occupa.
XVI. Con memoria di replica n. prot. 1431 depositata il
30.09.2004, la FIGC affermava che:
A. La regola di giudizio resa nel lodo Piacenza circa
l’inammissibilità della domanda per tardività doveva
essere applicata anche nel presente procedimento.
B. Anche ad ammettere che la proposizione dell’azione
risarcitoria non soggiaccia alla eccepita preclusione
temporale, alla proponibilità della domanda osterebbe
l’indiscussa inoppugnabilità degli atti amministrativi, da
cui è derivato il danno lamentato.
C. L’inammissibilità dei mezzi istruttori richiesti in quanto:
-quanto alla prova per testi è inammissibile perché volta
a confutare le risultanze documentali emergenti dagli atti
amministrativi inoppugnati, che hanno fede privilegiata
del documento federale, che in quanto atto pubblico
costituisce prova documentale superabile solo con la
querela di falso.
-quanto al preteso danno economico, la difesa della
FIGC contesta ed impugna la documentazione all’uopo
tardivamente prodotta.
XVII. In data 5 novembre 2004, a seguito della rinuncia
all’incarico del Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani, ai sensi
dell’art. 15 del Regolamento della Camera, il Dott.
Renato Papa era nominato Presidente del Collegio
arbitrale. Il Collegio, nella nuova composizione, si
riuniva il 12 Novembre 2004 e disponeva la
convocazione delle parti per l’udienza del 23 Novembre
2004.
XVIII. All’udienza del 23 Novembre 2004 le parti
precisavano le conclusioni. In particolare, l’Avv. Melara
chiedeva il rigetto delle eccezioni pregiudiziali avanzata da
controparte richiamando anche il disposto dell’art. 6 del
Regolamento della Camera; gli Avv.ti Gallavotti e Medugno
insistevano per l’accoglimento delle eccezioni pregiudiziali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve preliminarmente esaminarsi la questione relativa alla
tardività dell’istanza presentata dall’Atalanta Bergamasca
calcio s.p.a., ai fini della valutazione della proponibilità o
meno della relativa azione. La questione è fondata nei
termini di seguito illustrati.
2. La Figc muove dall’assunto che le statuizioni rese nel lodo
Piacenza/Figc - laddove il collegio arbitrale ha rilevato la
inammissibilità del primitivo atto di intervento dispiegato
dalla società orobica per tardività della domanda
autonomamente introdotta in quella sede – hanno valore di
giudicato tra le parti.
3. Il Collegio ritiene infondata tale tesi: manca, infatti,
l’identità del petitum tra questa controversia (qui,
meramente risarcitorio) e quella allora decisa (lì,
demolitorio dell’atto federale e soltanto in conseguenza di
ciò risarcitorio), essendo, almeno in astratto, il petitum
risarcitorio separabile da quello di annullamento (fermi i
necessari coordinamenti sostanziali e processuali). Anche la
causa petendi, nella prospettazione di parte attrice, è
diversa, traendo origine da una successiva istanza di
annullamento del campionato e di risarcimento del danno in
caso contrario.
4. L’eccezione relativa alla tardività dell’istanza di parte
attrice, dunque, deve essere valutata con pienezza di
giudizio da questo Collegio, non essendovi alcun giudicato
tra le parti. Si deve, allora, esaminare la disposizione
contenuta nell’art. 4, co. 1, del Regolamento della Camera
(nel testo approvato dalla Giunta nazionale del CONI il 21
ottobre 2003, applicabile ratione temporis alla presente
controversia): questo stabilisce che una controversia può
essere sottoposta alla Camera «entro sessanta giorni dalla
data di conoscenza dell’atto contestato».
5. Si tratta, evidentemente, di un termine perentorio di azione,
che, come correttamente rileva parte attrice nelle sue
memorie, deve essere inquadrato nel generale istituto della
decadenza, disciplinato dagli artt. 2964 e ss. c.c., e valutato
alla luce di tali parametri normativi. Né, a smentire questa
conclusione, può valere l’argomento, sollevato peraltro
soltanto nell’ultima udienza del 23 novembre, fondato sulla
presunta derogabilità di tale termine, ai sensi dell’art. 6. co.
3, del Regolamento (da cui discenderebbe, ai sensi del
codice di procedura civile, la inconfigurabilità dello stesso
quale decadenziale). La collocazione sistematica dell’art. 6,
co. 3, del Regolamento, infatti, rivela chiaramente che i
termini astrattamente derogabili in base a tale previsione
sono esclusivamente quelli successivi all’esercizio
dell’azione e non quello per la proposizione della stessa.
6. Ai fini della soluzione della presente controversia, bisogna
dunque verificare:
a) se la previsione regolamentare sia idonea a stabilire un
termine di decadenza, in conformità a quanto previsto
dall’ordinamento giuridico;
b) se tale termine di decadenza sia destinato ad operare per
qualsiasi controversia;
c) se, nel caso in esame, tale termine sia effettivamente
spirato.
7. Con riguardo al primo punto, bisogna necessariamente
muovere dalla premessa che i termini di decadenza possono
essere stabiliti esclusivamente dalla legge o dal contratto. Il
ricorrere della prima ipotesi, come affermato giustamente
da parte attrice, deve essere radicalmente escluso, non
potendo certo il Regolamento della Camera configurarsi
come atto avente forza di legge, né ad esso rinviando altra
fonte normativa primaria o secondaria.
8. Deve, invece, affermarsi il carattere schiettamente
contrattuale del rinvio che le parti del contratto associativo,
nell’apposita clausola compromissoria contenuta nell’art.
27 Statuto Figc, operano al Regolamento della Camera.
Questo, in tal modo, viene a costituire oggetto della volontà
contrattuale delle parti, le quali, come riconosciuto dalla
stessa parte attrice, ben possono prevedere consensualmente
termini di decadenza. Del tutto inconferente, in proposito, è
l’eccezione secondo cui una previsione del genere
richiederebbe la sottoscrizione specifica della clausola, ai
sensi dell’art. 1341 c.c. Secondo giurisprudenza costante
della Cassazione, infatti, la disciplina delle condizioni
generali di contratto non trova applicazione in caso di
adesione a contratti associativi (Cass., 30 marzo 1981, n.
1826; Cass 19 giugno 1990, n. 6167; Cass. 9 aprile 1993, n.
4351).
9. La seconda questione riguarda l’applicabilità del termine di
decadenza a qualsiasi genere di controversia o, invece,
soltanto a quelle volte all’annullamento dell’atto federale. Il
collegio, in proposito, ritiene che all’atto emanato da una
federazione sportiva non possano automaticamente
trasporsi le categorie interpretative e gli istituti propri
dell’atto amministrativo. Il termine dei sessanta giorni,
dunque, non deriva dal regime generale di impugnazione
degli atti amministrativi. Si tratta, invece, di un termine
coerente con il carattere endoassociativo del conflitto, che
trova significative conferme in relazione ad altri fenomeni
‘comunitari’ (le delibere condominiali devono essere
impugnate entro trenta giorni, quelle societarie entro
novanta).
10. Proprio questi esempi confermano che l’analogo termine di
decadenza introdotto contrattualmente nei confronti degli
atti federali non determina la nullità del patto, ai sensi
dell’art. 2965 c.c. Nei contesti ‘comunitari’, dunque,
termini relativamente brevi non appaiono certo tali da
rendere «eccessivamente difficile a una delle parti
l’esercizio del diritto». Né alcuna confusione, in proposito,
può farsi tra regime legale della prescrizione, termine legale
per l’azione in giudizio e termine convenzionale per
l’accesso alla procedura arbitrale (Cass., n. 8700/2000).
11. Rimane da verificare se il termine possa valere
indifferentemente per le azioni volte all’annullamento
dell’atto e per quelle risarcitorie. La lettera e la ratio del
Regolamento della Camera depongono in questo secondo
senso. Nessuna differenza, infatti, è fatta nel regolamento
tra le due ipotesi: già il semplice dato letterale, dunque,
suggerisce chiaramente l’indicata conclusione. Ciò, d’altra
parte, appare coerente con la funzione del termine nel
sistema di soluzione delle controversie amministrato dalla
Camera. Il sistema, infatti, garantisce una tempestiva
soluzione delle controversie, a condizione che queste siano
tempestivamente proposte: ciò anche per evitare che la
facilità del meccanismo procedurale e il contenimento dei
costi del giudizio consentano un esasperato ricorso al
conflitto, anche come mezzo improprio di pressione rispetto
al normale svolgimento delle vicende federali. È, dunque,
coessenziale alla natura stessa dei rimedi speciali previsti
dall’ordinamento sportivo la tempestività dei relativi
interventi in modo che rimanga garantito l’ordinato corso
delle manifestazioni e delle competizioni agonistiche e la
civile e serena convivenza all’interno della comunità
sportiva.
12. Non sussiste, d’altra parte, alcuna presunta incompatibilità
tra termine di decadenza ed azione risarcitoria. Proprio
l’esempio evocato da parte attrice, relativo al regime delle
delibere societarie di cui all’art. 2377 c.c., conferma questa
impostazione. La norma, infatti, nel prevedere che «le
deliberazioni che non sono prese in conformità della legge
o dello statuto possono essere impugnate dai soci assenti,
dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio
di sorveglianza e dal collegio sindacale», nonché che «i
soci che non rappresentano la parte di capitale indicata nel
comma precedente e quelli che, in quanto privi di voto, non
sono legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al
risarcimento del danno loro cagionato dalla non
conformità della deliberazione alla legge o allo statuto»,
stabilisce che «l’impugnazione o la domanda di
risarcimento del danno sono proposte nel termine di
novanta giorni dalla data della deliberazione». Da ciò si
trae un’insuperabile conferma sistematica della piena
ammissibilità di un termine di decadenza, comune alle
azioni impugnatorie e a quelle risarcitorie, e relativamente
breve, ma non per questo tale da rendere eccessivamente
oneroso l’esercizio del diritto.
13. Bisogna, a questo punto, verificare come debba essere
calcolato nella presente controversia il termine decadenziale
così configurato. Afferma, in proposito, parte attrice che
l’origine della controversia si radicherebbe nella
comunicazione della Figc del 17 marzo 2004 con la quale
essa dichiarava di non poter prendere in esame la richiesta
di risarcimento avanzata dalla società.
14. Il Collegio non condivide tale assunto. La controversia,
infatti, nel caso di specie, non può che trovare la sua fonte
nell’atto asseritamente illegittimo di iscrizione al
campionato dell’A.S. Roma. È nel termine (previsto dal
Regolamento della Camera e oggetto del rinvio contenuto
nella clausola compromissoria federale) di sessanta giorni
dalla conoscenza di quell’atto (verificatasi il 28 agosto e
pertanto trascorsi il 27 ottobre 2003) che andava proposta
l’azione (attraverso, innanzi tutto, l’istanza di conciliazione,
presentata, invece, soltanto in data 27 marzo 2004). Non
può dunque valere a rimettere in termini l’Atalanta la
richiesta successivamente avanzata di annullamento del
campionato e di risarcimento del danno e la lettera di
risposta della Figc. Da un lato, questa non assume alcuna
valenza provvedimentale. Dall’altro, fonte della pretesa
risarcitoria è l’asseritamente illegittimo atto di iscrizione al
campionato dell’A.S. Roma, non il presunto diniego di
annullamento del campionato in sede di autotutela
(trattandosi, comunque, di legittimo atto discrezionale non
potrebbe mai essere considerato ingiusto e dunque
costituire fonte di risarcimento del danno).
15. Non può, poi, invocarsi la tardiva e comunque sopravvenuta
conoscenza (secondo parte attrice, addirittura verificatasi
all’inizio del 2004) di uno o più vizi dell’atto asseritamente
illegittimo o illecito. Già nel corso della procedura di
iscrizione ai campionati, infatti, erano emerse alcune
anomalie (anch’esse, tra l’altro, soltanto ora denunciate
nell’istanza di arbitrato) tali da consentire, almeno in
termini di mero fumus, l’adozione delle opportune iniziative
di tutela, che invece, non furono esperite dall’Atalanta, a
differenza di altre società. Sarebbe bastata, nel caso di
specie, la richiesta di accesso agli atti della procedura per
verificare la regolarità della documentazione presentata e il
fondamento di un’eventuale azione costitutiva o risarcitoria.
Persino le notizie di stampa relative ai vizi delle procedure
di iscrizione ai campionati cui fa riferimento parte attrice
sono ben precedenti alla data di presunta conoscenza del
vizio indicata dall’Atalanta. Non ricorrono, dunque, in
alcun modo i rigorosi presupposti richiesti dalla
giurisprudenza per l’eccezionale rimessione in termini del
soggetto decaduto dall’azione.
16. Conclusivamente, nel caso in esame, l’istanza arbitrale
avanzata dall’Atalanta bergamasca calcio s.p.a. va
dichiarata improponibile, in quanto avanzata senza il
rispetto del termine di cui all’art. 4, co. 1. del Regolamento
sopra citato, ferma restando eventuale diversa valutazione
da parte di altri ordini giurisdizionali, anche in connessione
o a seguito degli esiti dei procedimenti penali in corso. La
dichiarazione di improponibilità dell’istanza preclude al
Collegio qualsiasi esame del merito.
Spese
1. In applicazione dell’art. 23 del Regolamento della Camera,
il Collegio, tenendo conto del notevole tempo occorso agli
arbitri (complessivamente 60 ore), della complessità della
controversia, della capacità finanziaria delle parti e della
circostanza che la controversia è stata impostata in termini
risarcitori e dunque come una questione di ordine
commerciale, dopo aver acquisito il prescritto parere
conforme del Consiglio di Presidenza della Camera, ritiene,
ai sensi dell’applicabile Tabella, che gli onorari dell’organo
arbitrale, vadano complessivamente determinati in Euro [...]
omissis [...], oltre a Euro [...] omissis [...] per spese generali
(10%), oltre agli oneri accessori dovuti e alle spese
documentate effettivamente sostenute come da notule dei
membri del Collegio, con deduzione di quanto già
corrisposto a titolo di acconto e fondo spese. In conformità
all’art. 23.2 del Regolamento della Camera, gli onorari e le
spese generali vanno ripartiti nella misura del quaranta per
cento per il presidente del collegio e del trenta per cento per
gli altri arbitri. I totali da corrispondere a saldo ai singoli
arbitri, tenuto conto di quanto sopra, sono liquidati in
separata ordinanza.
2. Quanto alla ripartizione tra le parti, il Collegio ritiene che,
essendo state accolte le eccezioni preliminari sollevate dalla
FIGC, gli onorari e le spese dell’arbitrato, nonché le spese
di difesa, da liquidare in via equitativa in complessivi Euro
[...] omissis [...], e i diritti amministrativi debbano essere
posti a carico dell’Atalanta Bergamasca s.p.a.
P.Q.M.
Il Collegio arbitrale, definitivamente pronunciando nel
contraddittorio tra le parti:
1. Dichiara improponibile l’istanza arbitrale presentata
dall’Atalanta Bergamasca s.p.a..
2. Condanna l’Atalanta Bergamasca s.p.a. al pagamento
degli onorari e delle spese dell’arbitrato, nonché delle spese
di difesa e dei diritti amministrativi.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2004, nella conferenza
personale degli arbitri e con voti unanimi.
Letto, confermato e sottoscritto.
F.to Dott. Renato Papa
F.to Prof.Avv. Angelo Piazza
F.to Prof. Avv. Giulio Napolitano